«Una vera rivelazione.» Times Literary Supplement «Una biografia non convenzionale in cui emergono tutti quegli aspetti della vita di Bacon che sfuggono a uno studio accademico. Nessuno più di Farson ha le carte in regola per restituire l’arguta compagnia di Bacon e la vita sfrenata del sottobosco londinese.» Lynn Barber, Independent on Sunday
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«Un libro provocatorio e di grande intrattenimento, popolato di personaggi veri, raccolti per strada.» David Mellor, Daily Telegraph
Nella stessa collana: 1. Mark Stevens - Annalyn Swan De Kooning. L’uomo, l’artista 2. Calvin Tomkins Robert Rauschenberg. Un ritratto 3. Bernard Marcadé Marcel Duchamp. La vita a credito 4. Gail Levin Edward Hopper. Biografia intima 5. Hunter Drohojowska-Philp Georgia O’Keeffe. Pioniera della pittura americana 6. Annie Cohen-Solal Leo & C. Storia di Leo Castelli
Francis Bacon. Una vita dorata nei bassifondi
Foto di copertina:
«“Ho sempre pensato all’amicizia come il luogo in cui due persone si fanno a pezzi a vicenda” diceva. “Solo in questo modo si può imparare qualcosa l’uno dall’altro.” Quando il regista Gavin Millar [...] lo definì “gentile”, ripetei la parola incredulo. Sapeva essere gentile ma poteva pure essere un mostro, anche se un mostro sacro.»
Daniel Farson
Daniel Farson, figlio del leggendario corrispondente americano Negley Farson, all’età di diciassette anni diventò il più giovane giornalista parlamentare della House of Commons. Mentre lavorava come fotografo per Picture Post, capitò a Soho e conobbe Francis Bacon. Dopo aver lavorato come intervistatore televisivo e aver condotto una serie di programmi di successo, si trasferì nel Devon per dedicarsi alla scrittura. Fra aspre polemiche riguardo al suo stile di vita poco ortodosso e alle sue crociate per i diritti degli omosessuali e dei travestiti, si affermò anche come scrittore. Tra i suoi titoli, il bestseller Jack the Ripper (Jack lo Squartatore), The Man Who Wrote Dracula (L’uomo che scrisse Dracula) e Soho in the Fifties (Soho negli anni cinquanta). È morto nel 1997.
Daniel Farson
Francis Bacon Una vita dorata nei bassifondi
«Stronzate!» esclama Bacon spazientito quando Daniel Farson gli chiede se è contento di essersi guadagnato un posto nell’Olimpo della storia dell’arte. La reazione è sincera, non gliene importa degli orpelli della fama, figuriamoci della posterità. «Da morti non serviamo più a nulla, è finita» ripete. Non crede in Dio, nella moralità o nell’amore, ma si definisce comunque un ottimista. Un ottimista del nulla, che campa della “sensazione del momento”. La vita è così insensata, tanto vale farne qualcosa di straordinario: il paradosso nietzschiano guida anche un approccio alla pittura improntato alla capacità di sfruttare l’“incidente creativo”, come quando getta a caso il colore sulla tela per vedere che cosa può tirarne fuori. Simile a un funambolo in bilico fra astrattismo e figurazione, si muove abbinando a una casualità intenzionale il calcolo del giocatore d’azzardo. Bacon rema contro l’ondata della moda artistica, che in questi anni abbraccia l’astratto: vuole dipingere la tragica bellezza della vita e se arriva a distorcere la figura umana è solo per trarne una verità più grandiosa e violenta. Analogo intento sembra animare questo libro – vivida memoria personale anziché biografia ufficiale – che riesuma materiali di prima mano raccolti nel corso di un’amicizia iniziata nel 1951 in un locale di Soho e durata oltre quarant’anni. Quello di Farson è il racconto sboccato e senza veli di un artista fuori misura, capace di amori smodati e odi feroci, di slanci magnanimi e spietate calunnie. Fra una bevuta di champagne e una frecciata al vetriolo, lo seguiamo nelle spumeggianti scorrazzate “tra i bassifondi e il Ritz”, al cui capolinea c’è sempre Soho, la bohème di Londra, la seconda casa, se non la prima, di scrittori e artisti che consumano il loro talento nell’alcol. Per Bacon la discesa nel sottobosco omosessuale va di pari passo con l’inarrestabile ascesa artistica: i capolavori in cui esplode una sessualità furiosa passeranno alla storia, ma se qualcuno gli chiede di che cosa si occupi, risponde caustico: «Sono una vecchia checca».
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