isola isole insulae
isola isole insulae
incontri e riflessioni al suono della parola isola
incontri e riflessioni al suono della parola isola
Remo Salvadori
Remo Salvadori
isola isole insulae incontri e riflessioni al suono della parola isola
Remo Salvadori
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L’isola in mezzo all’acqua Alfredo Albiani
Dice lʼantico mondo cinese che tutto è
Dice lʼantico mondoDice cinese che tutto è energia, qi 气. Che il qi si presenta in due forme, più lʼantico mondo cineseche che tuttoèè èenergia, energia, 气. Dice l’antico lʼantico mondo cinese tutto Dice mondo cinese tutto qiqi气. . eYANG , si inseguono, si accom Che il qi si presenta in due forme, più densa e più leggera e che queste YIN Che ilil qi si presenta in due forme, una più densa e una più leggera, e che YIN queste Che ilqiqi presenta due forme, piùdensa densa più leggera chequeste queste YIN Che sisi presenta inin due forme, più e epiù leggera e eche eYANG , si inseguono, si accompagnano, si trasformano eYANG ,sisiinseguono, inseguono,sisisiaccompagnano, accompagnano,si trasformanoincessantemente eYANG , si yin e yang inseguono, accompagnano, sisitrasformano trasformano incessantemen� uno nellʼaltra. incessantemente te uno nellʼaltra. uno nell’altra. uno incessantemente unonellʼaltra. nellʼaltra. incessantemente Lʼuniverso esiste per il gioco del qi, co L’universo esiste per il gioco del qi, condensato e rarefatto, caldo, secco e freddo, freddo, umido, Yin e Yang, emblemi d Lʼuniverso esiste per il gioco del qi, condensato e rarefatto, caldo, secco e Lʼuniverso per gioco del condensato erarefatto, rarefatto,caldo, caldo, seccoe e Lʼuniverso il ilgioco del qi,qi,condensato secco umido, Yinesiste eesiste Yang,per emblemi dei fenomeni, che sie completano etrasformano si trasformano uno nellʼaltro alla ricerca freddo, umido, Yin efreddo, Yang, umido, emblemi dei fenomeni, che si completano e si Yin e Yang, emblemi dei fenomeni, che si completano freddo, umido, Yin e Yang, emblemi dei fenomeni, che si completano e esisi uno nell’altro alla ricerca di un equilibrio cheè mai è raggiunto. Da questa conti� ricerca dellʼequilibrio, questa continua trasformano uno nellʼaltro alla ricerca di un equilibrio che mai raggiunto. Da trasformanouno unonellʼaltro nellʼaltroalla allaricerca ricercadidiununequilibrio equilibrioche chemai maiè èraggiunto. raggiunto.Da Da trasformano sonoilil taiji taiji 太 ,espressione del Dao nua ricerca dell’equilibrio, sfuggendo uno all’altro lo yin yang sono questa continua ricerca dellʼequilibrio, sfuggendo uno allʼaltro lo yin yang questa continuaricerca ricerca dellʼequilibrio, sfuggendo unoallʼaltro allʼaltrololoyin yinyang yang questa continua dellʼequilibrio, sfuggendo uno sono il taiji 太 espressione del 道,, materializzato materializzato nella manifestazione. espressione del Dao nella manifestazione. Ilmanifestazione. cielo è il qi più yang e la terra il qi p sonoil iltaiji taiji太 太 Dao espressione delDao Dao道, 道,materializzato materializzato nellamanifestazione. sono espressione del nella Il cielo è il qi più yang e la terra il qi più yin, il primo si espande, il secondo contrae e nellasiloro continua interazio Il cielo è il qi più yang e laèterra ilpiù qi yang più yin, il primo siqiespande il primo secondo si cielo terrail ilqi piùyin, yin,il ilprimo espande secondosisi Il Ilcielo è il ilqiqipiù yang e elalaterra più sisiespande il ilsecondo mantiene eman� distrugge ogni cosa ed ev contrae e nella loro continua interazione creano la corrente che genera, contrae e nella lorocontrae continua interazione creano interazione la corrente che genera nellaloro lorocontinua continua creano correnteche chegenera genera contrae e enella interazione creano lalacorrente mantiene e distrugge ogni cosa ed evento. tiene e distrugge ogni ogni cosa edcosa evento. mantiene distrugge ognicosa evento. mantiene e edistrugge ededevento. Alla primavera che è yin morente, seg Alla primavera che è yin morente, segue lo yang massimo dell’estate, cui segue segue lo yang decadente fino al mass Alla primavera che Alla è yinprimavera morente, che segue lo yang massimo dellʼestate, cui yin morente,segue segue yangmassimo massimo dellʼestate, cui Alla primavera chefino è èyin lolosolstizio yang dellʼestate, cui lo yang decadente almorente, massimo yin del invernale, dove raggiunge raggiunge il suo apice. segue lo yang decadente fino al massimo yin del solstizio invernale dove segue lo yang decadente fino al massimo yin del solstizio invernale dove segue lo yang decadente fino al massimo yin del solstizio invernale dove cioè il suo apice, per continuare poi in una nuova primavera. Instancabilmente, Per continuare poi in una nuova prima raggiunge il suo apice. raggiungeil ilsuo suoapice. apice. raggiunge tutto si ripete,instancabilmente, mai simile a se stesso, comunque rinnovato. con tutto che si ripete, mai simile a se Per continuare poiciclicamente in una nuova primavera, ciclicamente Percontinuare continuarepoi poiininuna unanuova nuovaprimavera, primavera,instancabilmente, instancabilmente,ciclicamente ciclicamente Per Sicon condensa la terra, cielo è simile rarefatto e nel mezzo sta l’essere umano con i suoi con tutto che si ripete, mai simile a ripete, seilstesso, comunque rinnovato. tuttoche chesisiripete, maisimile stesso,comunque comunquerinnovato. rinnovato. con tutto mai a asesestesso, Si condensa propri cicli individuali e collettivi. Il tutto nel ciclo delle stagioni cadenzate la dalterra, il cielo è rarefatt propri cicli individuali e collettivi. Il tutt Si condensa la terra, ilcondensa rarefatto nel mezzo lʼessere umano conlʼessere i suoi umano con i suoi sole e cielo dallaèluna. terra,ileilcielo cielo rarefatto nel mezzo SiSicondensa lalaterra, è èrarefatto e enel mezzo lʼessere umano con i suoi sole e dalla luna. propri cicli individuali e collettivi. Il tutto nel ciclo delle stagioni cadenzate dal propri cicliindividuali individuali collettivi. Iltutto tuttonel nelciclo ciclo delle stagionicadenzate cadenzate dal cicli e ecollettivi. stagioni dal Epropri la salute, segno di armonia delIlmicrocosmo edelle del macrocorpo, è la capacità sole e dalla luna. sole e dalla luna. sole e dalla luna. di adattarsi ai cambiamenti, trovando la giusta strada, Dao nella mappa E la salute,mute� segno di armonia del micr vole della realtà. di adattarsi ai cambiamenti, trovando E la salute, segno di armonia del microcosmo e del macrocorpo, è la capacità salute,segno segnodidiarmonia armoniadel delmicrocosmo microcosmoe edel delmacrocorpo, macrocorpo,è èlalacapacità capacità E Elalasalute, mutevole dellaso�realtà. L’umano, quindi, si deve continuamente adattare ai cambiamenti di clima, di adattarsi ai cambiamenti, trovando la giusta strada, Dao nella mappa adattarsi cambiamenti, trovando giustastrada, strada,Dao Daonella nellamappa mappa didiadattarsi aiaicambiamenti, trovando lalagiusta Lʼumano, quindi, si deve continuamen mutevole della realtà. ciali, affettivi, della propria crescita e a tutta la manifestazione. mutevoledella dellarealtà. realtà. mutevole sociali, affettivi, della propria crescita Lʼumano, quindi, si deve continuamente adattare ai cambiamenti di clima, Nel piccolo pianeta Terra il cielo e la terra dialogano con lo yang, fuoco Lʼumano, quindi, deve continuamente adattare cambiamenti clima,che Lʼumano, quindi, sisideve continuamente adattare aiaicambiamenti didiclima, sociali, affettivi, della propria crescita ed propria a tutta la manifestazione sociali, affettivi, crescita tuttala manifestazione sociali, affettivi, della propria in crescita a atutta manifestazione al suo massimo sidella trasforma acquaed eed scende a la bagnare il suolo, e lo yin che Nel piccolo pianeta terra il cielo e la te diviene massa e genera calore che sale verso il cielo. suo massimo si trasforma in acqua e Nel piccolo pianetaNel terra il cielo e la terra dialogano con lo yang, fuoco che al piccolopianeta pianetaterra terrail ilcielo cieloe elalaterra terradialogano dialoganocon conloloyang, yang,fuoco fuocoche chealal Nel piccolo L’umano come canale di comunicazione tra cielo eyin terra trasporta, divienecondensa, massa e genera calore che sa suo massimo si trasforma in acqua e scende a bagnare il suolo, e lo che suomassimo massimosisitrasforma trasformaininacqua acquae escende scendea abagnare bagnareil ilsuolo, suolo,e eloloyin yinche che suo Lʼumano trasforma l’energia dell’uno verso l’altro, attraverso percorsi sulla pelle ecome all’in�canale di comunicazio diviene massa e genera calore chee sale verso il cielo. diviene massa genera calore chesale saleverso versoil ilcielo. cielo. diviene massa e genera calore che trasforma lʼenergia dellʼuno verso lʼalt Lʼumano come canale di tra cielo editerra trasporta, terno delcomunicazione corpo. Ècanale trasformatore flusso, ma anche modulatore, amplificatore Lʼumano comecanale comunicazione tracielo cielocondensa, terratrasporta, trasporta, condensa, Lʼumano come didicomunicazione tra e eterra condensa, allʼinterno del corpo. trasforma lʼenergia dellʼuno verso lʼaltro, attraverso percorsi sulla pelle e otrasforma inibitore. trasformalʼenergia lʼenergiadellʼuno dellʼunoverso versolʼaltro, lʼaltro,attraverso attraversopercorsi percorsisulla sullapelle pellee e allʼinterno del corpo. allʼinternodel delcorpo. corpo. allʼinterno
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L’isola in mezzo all’acqua Alfredo Albiani
Dice lʼantico mondo cinese che tutto è
Dice lʼantico mondoDice cinese che tutto è energia, qi 气. Che il qi si presenta in due forme, più lʼantico mondo cineseche che tuttoèè èenergia, energia, 气. Dice l’antico lʼantico mondo cinese tutto Dice mondo cinese tutto qiqi气. . eYANG , si inseguono, si accom Che il qi si presenta in due forme, più densa e più leggera e che queste YIN Che ilil qi si presenta in due forme, una più densa e una più leggera, e che YIN queste Che ilqiqi presenta due forme, piùdensa densa più leggera chequeste queste YIN Che sisi presenta inin due forme, più e epiù leggera e eche eYANG , si inseguono, si accompagnano, si trasformano eYANG ,sisiinseguono, inseguono,sisisiaccompagnano, accompagnano,si trasformanoincessantemente eYANG , si yin e yang inseguono, accompagnano, sisitrasformano trasformano incessantemen� uno nellʼaltra. incessantemente te uno nellʼaltra. uno nell’altra. uno incessantemente unonellʼaltra. nellʼaltra. incessantemente Lʼuniverso esiste per il gioco del qi, co L’universo esiste per il gioco del qi, condensato e rarefatto, caldo, secco e freddo, freddo, umido, Yin e Yang, emblemi d Lʼuniverso esiste per il gioco del qi, condensato e rarefatto, caldo, secco e Lʼuniverso per gioco del condensato erarefatto, rarefatto,caldo, caldo, seccoe e Lʼuniverso il ilgioco del qi,qi,condensato secco umido, Yinesiste eesiste Yang,per emblemi dei fenomeni, che sie completano etrasformano si trasformano uno nellʼaltro alla ricerca freddo, umido, Yin efreddo, Yang, umido, emblemi dei fenomeni, che si completano e si Yin e Yang, emblemi dei fenomeni, che si completano freddo, umido, Yin e Yang, emblemi dei fenomeni, che si completano e esisi uno nell’altro alla ricerca di un equilibrio cheè mai è raggiunto. Da questa conti� ricerca dellʼequilibrio, questa continua trasformano uno nellʼaltro alla ricerca di un equilibrio che mai raggiunto. Da trasformanouno unonellʼaltro nellʼaltroalla allaricerca ricercadidiununequilibrio equilibrioche chemai maiè èraggiunto. raggiunto.Da Da trasformano sonoilil taiji taiji 太 ,espressione del Dao nua ricerca dell’equilibrio, sfuggendo uno all’altro lo yin yang sono questa continua ricerca dellʼequilibrio, sfuggendo uno allʼaltro lo yin yang questa continuaricerca ricerca dellʼequilibrio, sfuggendo unoallʼaltro allʼaltrololoyin yinyang yang questa continua dellʼequilibrio, sfuggendo uno sono il taiji 太 espressione del 道,, materializzato materializzato nella manifestazione. espressione del Dao nella manifestazione. Ilmanifestazione. cielo è il qi più yang e la terra il qi p sonoil iltaiji taiji太 太 Dao espressione delDao Dao道, 道,materializzato materializzato nellamanifestazione. sono espressione del nella Il cielo è il qi più yang e la terra il qi più yin, il primo si espande, il secondo contrae e nellasiloro continua interazio Il cielo è il qi più yang e laèterra ilpiù qi yang più yin, il primo siqiespande il primo secondo si cielo terrail ilqi piùyin, yin,il ilprimo espande secondosisi Il Ilcielo è il ilqiqipiù yang e elalaterra più sisiespande il ilsecondo mantiene eman� distrugge ogni cosa ed ev contrae e nella loro continua interazione creano la corrente che genera, contrae e nella lorocontrae continua interazione creano interazione la corrente che genera nellaloro lorocontinua continua creano correnteche chegenera genera contrae e enella interazione creano lalacorrente mantiene e distrugge ogni cosa ed evento. tiene e distrugge ogni ogni cosa edcosa evento. mantiene distrugge ognicosa evento. mantiene e edistrugge ededevento. Alla primavera che è yin morente, seg Alla primavera che è yin morente, segue lo yang massimo dell’estate, cui segue segue lo yang decadente fino al mass Alla primavera che Alla è yinprimavera morente, che segue lo yang massimo dellʼestate, cui yin morente,segue segue yangmassimo massimo dellʼestate, cui Alla primavera chefino è èyin lolosolstizio yang dellʼestate, cui lo yang decadente almorente, massimo yin del invernale, dove raggiunge raggiunge il suo apice. segue lo yang decadente fino al massimo yin del solstizio invernale dove segue lo yang decadente fino al massimo yin del solstizio invernale dove segue lo yang decadente fino al massimo yin del solstizio invernale dove cioè il suo apice, per continuare poi in una nuova primavera. Instancabilmente, Per continuare poi in una nuova prima raggiunge il suo apice. raggiungeil ilsuo suoapice. apice. raggiunge tutto si ripete,instancabilmente, mai simile a se stesso, comunque rinnovato. con tutto che si ripete, mai simile a se Per continuare poiciclicamente in una nuova primavera, ciclicamente Percontinuare continuarepoi poiininuna unanuova nuovaprimavera, primavera,instancabilmente, instancabilmente,ciclicamente ciclicamente Per Sicon condensa la terra, cielo è simile rarefatto e nel mezzo sta l’essere umano con i suoi con tutto che si ripete, mai simile a ripete, seilstesso, comunque rinnovato. tuttoche chesisiripete, maisimile stesso,comunque comunquerinnovato. rinnovato. con tutto mai a asesestesso, Si condensa propri cicli individuali e collettivi. Il tutto nel ciclo delle stagioni cadenzate la dalterra, il cielo è rarefatt propri cicli individuali e collettivi. Il tutt Si condensa la terra, ilcondensa rarefatto nel mezzo lʼessere umano conlʼessere i suoi umano con i suoi sole e cielo dallaèluna. terra,ileilcielo cielo rarefatto nel mezzo SiSicondensa lalaterra, è èrarefatto e enel mezzo lʼessere umano con i suoi sole e dalla luna. propri cicli individuali e collettivi. Il tutto nel ciclo delle stagioni cadenzate dal propri cicliindividuali individuali collettivi. Iltutto tuttonel nelciclo ciclo delle stagionicadenzate cadenzate dal cicli e ecollettivi. stagioni dal Epropri la salute, segno di armonia delIlmicrocosmo edelle del macrocorpo, è la capacità sole e dalla luna. sole e dalla luna. sole e dalla luna. di adattarsi ai cambiamenti, trovando la giusta strada, Dao nella mappa E la salute,mute� segno di armonia del micr vole della realtà. di adattarsi ai cambiamenti, trovando E la salute, segno di armonia del microcosmo e del macrocorpo, è la capacità salute,segno segnodidiarmonia armoniadel delmicrocosmo microcosmoe edel delmacrocorpo, macrocorpo,è èlalacapacità capacità E Elalasalute, mutevole dellaso�realtà. L’umano, quindi, si deve continuamente adattare ai cambiamenti di clima, di adattarsi ai cambiamenti, trovando la giusta strada, Dao nella mappa adattarsi cambiamenti, trovando giustastrada, strada,Dao Daonella nellamappa mappa didiadattarsi aiaicambiamenti, trovando lalagiusta Lʼumano, quindi, si deve continuamen mutevole della realtà. ciali, affettivi, della propria crescita e a tutta la manifestazione. mutevoledella dellarealtà. realtà. mutevole sociali, affettivi, della propria crescita Lʼumano, quindi, si deve continuamente adattare ai cambiamenti di clima, Nel piccolo pianeta Terra il cielo e la terra dialogano con lo yang, fuoco Lʼumano, quindi, deve continuamente adattare cambiamenti clima,che Lʼumano, quindi, sisideve continuamente adattare aiaicambiamenti didiclima, sociali, affettivi, della propria crescita ed propria a tutta la manifestazione sociali, affettivi, crescita tuttala manifestazione sociali, affettivi, della propria in crescita a atutta manifestazione al suo massimo sidella trasforma acquaed eed scende a la bagnare il suolo, e lo yin che Nel piccolo pianeta terra il cielo e la te diviene massa e genera calore che sale verso il cielo. suo massimo si trasforma in acqua e Nel piccolo pianetaNel terra il cielo e la terra dialogano con lo yang, fuoco che al piccolopianeta pianetaterra terrail ilcielo cieloe elalaterra terradialogano dialoganocon conloloyang, yang,fuoco fuocoche chealal Nel piccolo L’umano come canale di comunicazione tra cielo eyin terra trasporta, divienecondensa, massa e genera calore che sa suo massimo si trasforma in acqua e scende a bagnare il suolo, e lo che suomassimo massimosisitrasforma trasformaininacqua acquae escende scendea abagnare bagnareil ilsuolo, suolo,e eloloyin yinche che suo Lʼumano trasforma l’energia dell’uno verso l’altro, attraverso percorsi sulla pelle ecome all’in�canale di comunicazio diviene massa e genera calore chee sale verso il cielo. diviene massa genera calore chesale saleverso versoil ilcielo. cielo. diviene massa e genera calore che trasforma lʼenergia dellʼuno verso lʼalt Lʼumano come canale di tra cielo editerra trasporta, terno delcomunicazione corpo. Ècanale trasformatore flusso, ma anche modulatore, amplificatore Lʼumano comecanale comunicazione tracielo cielocondensa, terratrasporta, trasporta, condensa, Lʼumano come didicomunicazione tra e eterra condensa, allʼinterno del corpo. trasforma lʼenergia dellʼuno verso lʼaltro, attraverso percorsi sulla pelle e otrasforma inibitore. trasformalʼenergia lʼenergiadellʼuno dellʼunoverso versolʼaltro, lʼaltro,attraverso attraversopercorsi percorsisulla sullapelle pellee e allʼinterno del corpo. allʼinternodel delcorpo. corpo. allʼinterno
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Quando nell’umano sale lo yin piove quando scende lo yang c’è il sole
dice Chuang Zi, uno dei maestri daoisti dell’antichità. Se i canali nell’umano sono pervi, aperti al flusso, nello scambio che si crea tra cielo e terra, egli stesso diventa strumento di guarigione del pianeta e della società, tramite la guarigione consapevole di sé. Trasformando il gioco, da guerra, spigolosa e grezza, a danza fluida ed elegante, un’alternanza armoniosa tra gli elementi necessari. È dai Daoisti che si genera la cosmogonia, dallo studio diretto della natura, dal� la sua osservazione fuori e dentro il proprio corpo, dalla coltivazione dei pro� pri territori interiori, dall’estrazione alchemica che può trasformare o meno in luce e armonia ogni evento umano, lungo il Dao segnato dalle tappe che sono le malattie, i disastri naturali, gli avvenimenti storici, passi necessari al raggiun� gimento della consapevolezza del singolo e della collettività. L’isola in mezzo all’acqua rappresenta la condizione iniziale di ciascuno di noi, che siamo comparsi come materia su e nell’acqua e tutta la nostra vita è com� binazione di acqua, terra e cielo. E ogni più piccola parte di materia in qualsiasi forma è elemento in cui si rispecchiano le leggi di tutto il creato.
Ciò che è qui in questo momento è ovunque nell’Universo Ciò che non è qui non è da nessuna parte nell’Universo
La forma, la struttura e l’energia che si esprimono in ciascun livello possono esse� re modulate come un’orchestra da minerali, piante, animali e, soprattutto, umani. Il loro porsi in un punto risonante può causare una modifica in tutto il sistema e da un piccolo movimento nascere un grande mutamento. Creare una rete attiva consapevolmente, interagendo con la volontà che espri� me il mondo stesso, parte del cosmo, è come massaggiare l’intero sistema, con� trobilanciando la tendenza termodinamica all’appiattimento energetico, cre� ando una fonte interiore di nuove energie.
I canali del qi sul corpo umano sono come corde di uno strumento con cui par� tecipare alla grande sinfonia del Creato, dove l’esecuzione di armonie motorie, emozionali e cognitive porta l’universo e il singolo ad accordarsi uno nell’altro. Così si genera il Cosmo. Gli umani influenzati dalle stelle a loro volta possono influenzarle, riscrivendo il patrimonio genetico delle azioni universali. Ponendosi come costellazione, come segno e carattere scritto sul suolo, muovendosi nelle armonie del respiro, generano una magica trasformazione riaprendo percorsi e creando ponti fra cielo e terra, muovendosi nel tai ji quan focalizzando nel qigong. Fuori e dentro. Qui ora e ovunque nel tempo.
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Quando nell’umano sale lo yin piove quando scende lo yang c’è il sole
dice Chuang Zi, uno dei maestri daoisti dell’antichità. Se i canali nell’umano sono pervi, aperti al flusso, nello scambio che si crea tra cielo e terra, egli stesso diventa strumento di guarigione del pianeta e della società, tramite la guarigione consapevole di sé. Trasformando il gioco, da guerra, spigolosa e grezza, a danza fluida ed elegante, un’alternanza armoniosa tra gli elementi necessari. È dai Daoisti che si genera la cosmogonia, dallo studio diretto della natura, dal� la sua osservazione fuori e dentro il proprio corpo, dalla coltivazione dei pro� pri territori interiori, dall’estrazione alchemica che può trasformare o meno in luce e armonia ogni evento umano, lungo il Dao segnato dalle tappe che sono le malattie, i disastri naturali, gli avvenimenti storici, passi necessari al raggiun� gimento della consapevolezza del singolo e della collettività. L’isola in mezzo all’acqua rappresenta la condizione iniziale di ciascuno di noi, che siamo comparsi come materia su e nell’acqua e tutta la nostra vita è com� binazione di acqua, terra e cielo. E ogni più piccola parte di materia in qualsiasi forma è elemento in cui si rispecchiano le leggi di tutto il creato.
Ciò che è qui in questo momento è ovunque nell’Universo Ciò che non è qui non è da nessuna parte nell’Universo
La forma, la struttura e l’energia che si esprimono in ciascun livello possono esse� re modulate come un’orchestra da minerali, piante, animali e, soprattutto, umani. Il loro porsi in un punto risonante può causare una modifica in tutto il sistema e da un piccolo movimento nascere un grande mutamento. Creare una rete attiva consapevolmente, interagendo con la volontà che espri� me il mondo stesso, parte del cosmo, è come massaggiare l’intero sistema, con� trobilanciando la tendenza termodinamica all’appiattimento energetico, cre� ando una fonte interiore di nuove energie.
I canali del qi sul corpo umano sono come corde di uno strumento con cui par� tecipare alla grande sinfonia del Creato, dove l’esecuzione di armonie motorie, emozionali e cognitive porta l’universo e il singolo ad accordarsi uno nell’altro. Così si genera il Cosmo. Gli umani influenzati dalle stelle a loro volta possono influenzarle, riscrivendo il patrimonio genetico delle azioni universali. Ponendosi come costellazione, come segno e carattere scritto sul suolo, muovendosi nelle armonie del respiro, generano una magica trasformazione riaprendo percorsi e creando ponti fra cielo e terra, muovendosi nel tai ji quan focalizzando nel qigong. Fuori e dentro. Qui ora e ovunque nel tempo.
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Stop. L’arte di fermarsi Flavio Ambrosini
Non vi è cosa per quanto lontana che non possa raggiungere il pensiero Parmenide
Il pubblico del grande teatro tace assorto e attratto. Il grande danzatore spicca un interminabile volo, come un agilissimo animale volante. È Nureyev, il più grande. Arriva di fronte a Giselle. Il volo si arresta. Magica potenza del control� lo. È immobile e si china su di lei per sollevarla. Claudio Abbado è salito sul podio tra gli applausi. Ora il silenzio è religioso. Le braccia del maestro, ferme, sembrano sospendere il tempo. L’impulso creativo, la misura del pensiero musicale scatta come un lampo. La vita nasce dallo stop. Enrico V davanti ai suoi pochi, gli Happy Few destinati a giocare il tutto per tutto nella battaglia di San Crispino. Poche frasi, semplici, “insieme… gloria… memoria… onore… diritto”. E gli “stop”, tra una frase e l’altra, necessari perché gli occhi del re e dei suoi pari si incontrino, si promettano dedizione, pronun� cino in silenzio la sfida. Fermi per quell’attimo decisivo che unirà tutti per la vita e la morte. Il teatro, il luogo dell’apparizione, dove i fantasmi Gespenst divengono rappre� sentazione Gestalt (alt contiene una radice di arresto) e prendono forma, prescri� ve e insegna l’arte del fermarsi. Dalle prove, quella essenziale forma di “arresto” che consente di capire, ma an� che di tentare. Bivio di scelte necessarie, lo “stop” del regista è la chiave di volta di ogni arcata concettuale, emotiva, linguistica. Il regista che riflette ricorda come dall’arresto del flusso del testo, dalla pausa nel percorso, dal blocco, quasi doloroso, della parola o del gesto, dalla sconsola� ta sensazione di impotenza a proseguire (la crisi), nel suo attore o nel sé attore, è apparsa la luce, l’apparizione del vero. È il movimento essenziale al vero che richiede l’arresto.
1. Parmenide, Poema (o Sulla Natura), frammento I.
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Stop. L’arte di fermarsi Flavio Ambrosini
Non vi è cosa per quanto lontana che non possa raggiungere il pensiero Parmenide
Il pubblico del grande teatro tace assorto e attratto. Il grande danzatore spicca un interminabile volo, come un agilissimo animale volante. È Nureyev, il più grande. Arriva di fronte a Giselle. Il volo si arresta. Magica potenza del control� lo. È immobile e si china su di lei per sollevarla. Claudio Abbado è salito sul podio tra gli applausi. Ora il silenzio è religioso. Le braccia del maestro, ferme, sembrano sospendere il tempo. L’impulso creativo, la misura del pensiero musicale scatta come un lampo. La vita nasce dallo stop. Enrico V davanti ai suoi pochi, gli Happy Few destinati a giocare il tutto per tutto nella battaglia di San Crispino. Poche frasi, semplici, “insieme… gloria… memoria… onore… diritto”. E gli “stop”, tra una frase e l’altra, necessari perché gli occhi del re e dei suoi pari si incontrino, si promettano dedizione, pronun� cino in silenzio la sfida. Fermi per quell’attimo decisivo che unirà tutti per la vita e la morte. Il teatro, il luogo dell’apparizione, dove i fantasmi Gespenst divengono rappre� sentazione Gestalt (alt contiene una radice di arresto) e prendono forma, prescri� ve e insegna l’arte del fermarsi. Dalle prove, quella essenziale forma di “arresto” che consente di capire, ma an� che di tentare. Bivio di scelte necessarie, lo “stop” del regista è la chiave di volta di ogni arcata concettuale, emotiva, linguistica. Il regista che riflette ricorda come dall’arresto del flusso del testo, dalla pausa nel percorso, dal blocco, quasi doloroso, della parola o del gesto, dalla sconsola� ta sensazione di impotenza a proseguire (la crisi), nel suo attore o nel sé attore, è apparsa la luce, l’apparizione del vero. È il movimento essenziale al vero che richiede l’arresto.
1. Parmenide, Poema (o Sulla Natura), frammento I.
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Con l’ali ferme, tese al dolce nido Dante
E l’arresto è il movimento. Questa grande e semplice conquista comporta una immersione nel sé, e un riemergere della consapevolezza che ci rende “parte del tutto”. Berkley, il profeta della percezione estetica, definiva la realtà intera “il linguaggio di Dio”: un infinito sistema di correlazioni di significato, che solo se colto e fermato nella dimensione dell’uomo può essere inteso. Lungo, macerante lavoro quello dell’attore, paziente e severo comando quello del regista (ut pictura poesis), che scava a definire il quadro della scena dell’ani� ma, della percezione della forma, del disegno compiuto del senso. Ascesi? Forse. Jerzy Grotowsky imponeva al suo grande interprete ������������ Ryszard Cie� slack, l’orientale immobilità, atarassica, del “Principe Costante” fondando un principio formativo che ha modificato profondamente l’arte del teatro con� temporaneo. Il condizionamento prodotto nel proprio corpo dalla capacità dell’arresto, qua� si mistico, della tensione biologica diviene un movimento interpretativo di straordinaria potenza, non dissimile dalla impenetrabile fissità delle maschere dei wocezcek di Tadeusz Kantor. La morte sezionata e “fermata” in un atto di consumazione quotidiana di tanta arte contemporanea è dunque la teatralizzazione del pensiero. Lo stop che ci consente di riunire nella prossimità dell’intelligenza il ritmo eterno della no� stra presenza.
Il tempo è una fuggevole immagine dell’eternità Platone
Le forme, divenute assai popolari, delle principali arti marziali dell’estremo oriente sono essenzialmente definibili come arte del fermarsi. La grande bravu� ra del maestro di karate o la capacità di resistenza e di vittoria del sumo, come del ju-jitsu sono articolazioni del capitolo della descrizione dell’eternità. La voce, immobilizzazione di un’immagine sonora nel canto (la nota infinita dell’acuto o la continua consequenzialità della melodia), rimanda all’idea stes� sa di infinito, cioè arresto. La filosofia greca dei primordi fissa l’essere in sé nell’immobilità e legge il divenire (il passare dal nulla all’essere e dall’essere al nulla) come la fondamentale aporia. «Come può ciò che è, o meglio l’essere (e non l’ente), non essere?» Immagi� nando con Platone una via mediana irrimediabilmente fallace (e necessaria al tempo stesso) che consiste nell’ipostatizzare nell’Empireo un mondo di Idee (ousia) eterne e immutabili di cui la realtà non è che evanescente immagine. Ecco perché l’arte diviene necessità nell’universo umano: per salvare nell’im� mobilità la sostanza eterna dell’essere (direbbe un platonico). Ma certamente in questa prassi (lungo i sentieri della doxa, la – falsa – opinio� ne), l’arresto, lo stop è il momento generativo. La pittura, che tenta la fissazione del movimento (e che non a caso nella dis� soluzione delle sue forme tornerà al movimento puro abdicando all’eternità), diviene immagine all’eternità. Nelle figure di Vermeer o nella fissità ieratica di Friederich l’essenza della vita si trasforma nella consapevole fissità eterna. Nella morte del divenire.
2. Renato Palazzi, Kantor: la materia e l'anima, Titivillus, Corazzano 2010.
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Con l’ali ferme, tese al dolce nido Dante
E l’arresto è il movimento. Questa grande e semplice conquista comporta una immersione nel sé, e un riemergere della consapevolezza che ci rende “parte del tutto”. Berkley, il profeta della percezione estetica, definiva la realtà intera “il linguaggio di Dio”: un infinito sistema di correlazioni di significato, che solo se colto e fermato nella dimensione dell’uomo può essere inteso. Lungo, macerante lavoro quello dell’attore, paziente e severo comando quello del regista (ut pictura poesis), che scava a definire il quadro della scena dell’ani� ma, della percezione della forma, del disegno compiuto del senso. Ascesi? Forse. Jerzy Grotowsky imponeva al suo grande interprete ������������ Ryszard Cie� slack, l’orientale immobilità, atarassica, del “Principe Costante” fondando un principio formativo che ha modificato profondamente l’arte del teatro con� temporaneo. Il condizionamento prodotto nel proprio corpo dalla capacità dell’arresto, qua� si mistico, della tensione biologica diviene un movimento interpretativo di straordinaria potenza, non dissimile dalla impenetrabile fissità delle maschere dei wocezcek di Tadeusz Kantor. La morte sezionata e “fermata” in un atto di consumazione quotidiana di tanta arte contemporanea è dunque la teatralizzazione del pensiero. Lo stop che ci consente di riunire nella prossimità dell’intelligenza il ritmo eterno della no� stra presenza.
Il tempo è una fuggevole immagine dell’eternità Platone
Le forme, divenute assai popolari, delle principali arti marziali dell’estremo oriente sono essenzialmente definibili come arte del fermarsi. La grande bravu� ra del maestro di karate o la capacità di resistenza e di vittoria del sumo, come del ju-jitsu sono articolazioni del capitolo della descrizione dell’eternità. La voce, immobilizzazione di un’immagine sonora nel canto (la nota infinita dell’acuto o la continua consequenzialità della melodia), rimanda all’idea stes� sa di infinito, cioè arresto. La filosofia greca dei primordi fissa l’essere in sé nell’immobilità e legge il divenire (il passare dal nulla all’essere e dall’essere al nulla) come la fondamentale aporia. «Come può ciò che è, o meglio l’essere (e non l’ente), non essere?» Immagi� nando con Platone una via mediana irrimediabilmente fallace (e necessaria al tempo stesso) che consiste nell’ipostatizzare nell’Empireo un mondo di Idee (ousia) eterne e immutabili di cui la realtà non è che evanescente immagine. Ecco perché l’arte diviene necessità nell’universo umano: per salvare nell’im� mobilità la sostanza eterna dell’essere (direbbe un platonico). Ma certamente in questa prassi (lungo i sentieri della doxa, la – falsa – opinio� ne), l’arresto, lo stop è il momento generativo. La pittura, che tenta la fissazione del movimento (e che non a caso nella dis� soluzione delle sue forme tornerà al movimento puro abdicando all’eternità), diviene immagine all’eternità. Nelle figure di Vermeer o nella fissità ieratica di Friederich l’essenza della vita si trasforma nella consapevole fissità eterna. Nella morte del divenire.
2. Renato Palazzi, Kantor: la materia e l'anima, Titivillus, Corazzano 2010.
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L’isola dei maestri comacini Stefano Andi
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L’isola dei maestri comacini Stefano Andi
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Lo spirito dell’uomo, sostanza eterea, ineffabile, cerca la materia per sentire, formare se stesso. La leggerezza dello spirito si riveste della pesantezza della materia per cercare l’equilibrio in sé stesso. Questo è il modo con cui nascono dolmen e menhir, portali e architravi, colonne e pilastri, capitelli e trabeazioni, archi, volte. Nelle fibre di una trave che si distende da un lato all’altro dello spazio non c’è solo la potenza e il peso della materia, ma anche il potere del pensiero che la concepisce e il senso dall’azione che la getta.
Pagina precedente, bassorilievo dell’ambone nella Basilica dell’Isola di S. Giulio, XII secolo.
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Appartata in un’ansa tranquilla di quel ramo che volge a sudovest verso il capo� luogo lariano, quasi all’inizio della biforcazione del Lago di Como, si trova una piccola porzione di terra, l’Isola Comacina. Se si giunge sull’isola, dopo pochi minuti di traversata in barca, si trova una lingua di terra con una modesta chie� setta, un ristorante e un paio di piccoli edifici moderni, di un certo pregio, e nulla più; solo boscaglia e radi sentieri tra i rovi. Ma se si cerca con attenzione, si scopre che sull’isola si trovano le tracce al suolo di almeno sette costruzioni, le fondamenta di sette grandi fabbriche, chiese o edifici sacri. Com’è possibile che un’isola così piccola e insignificante, brulla e inospitale, sia stata un tempo così abitata ed edificata? Esiste una cultura nell’Alto Medioevo, quella dei Longobardi, che ha svolto un ruolo straordinariamente importante di civilizzazione della penisola italiana, in un periodo di decadenza della civiltà antica, quella romana, crollata su se stessa. I Longobardi, stirpe germanica, scendono in Italia nel VII secolo, si sta� biliscono in gran parte della penisola, è il primo popolo barbaro a convertirsi spontaneamente al Cristianesimo. Dei Longobardi si conoscono gli usi e i costumi all’origine rozzi e primitivi, il forte volere e la dignità, il coraggio e la fierezza, comuni a tutti i popoli barbari migranti. Si ricorda la formulazione di una giurisprudenza innovativa (Editto di Rotari), basata più sui fatti concreti della vita e sul valore dell’individuo, opposta a quella di Roma, grandiosa, ma che poggia su principi astratti e sovrapersonali. Non esiste un’architettura longobarda, non si conosce una produzione artistica, ad eccezione di un discreto corpus di oggetti preziosi di oreficeria e altre arti minori (le cosiddette arti suntuarie), che in parte sono anche in comune con al� tri popoli nordici. Ai Longobardi, normalmente, non si riconosce nemmeno la paternità di una delle più notevoli forme d’arte decorativa, quella degli intrecci, che ornerà in modo strabiliante e pervasivo, esuberante e multiforme, tutte le fabbriche d’architettura d’Europa per secoli e secoli a seguire. Una delle caratteristiche fondamentali del Romanico, che troviamo già presen� te in molti edifici sacri preromanici e ritroveremo ancora per secoli nel Gotico e, trasformato, fin nel Rinascimento, è l’incorniciatura decorativa di ogni aper� tura dell’edificio, delle finestre ma soprattutto delle porte, con un ricco appara� to di motivi con figure e disegni in rilievo, scolpiti nella pietra a ornare, a dare evidenza e significato all’esperienza della soglia.
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Lo spirito dell’uomo, sostanza eterea, ineffabile, cerca la materia per sentire, formare se stesso. La leggerezza dello spirito si riveste della pesantezza della materia per cercare l’equilibrio in sé stesso. Questo è il modo con cui nascono dolmen e menhir, portali e architravi, colonne e pilastri, capitelli e trabeazioni, archi, volte. Nelle fibre di una trave che si distende da un lato all’altro dello spazio non c’è solo la potenza e il peso della materia, ma anche il potere del pensiero che la concepisce e il senso dall’azione che la getta.
Pagina precedente, bassorilievo dell’ambone nella Basilica dell’Isola di S. Giulio, XII secolo.
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Appartata in un’ansa tranquilla di quel ramo che volge a sudovest verso il capo� luogo lariano, quasi all’inizio della biforcazione del Lago di Como, si trova una piccola porzione di terra, l’Isola Comacina. Se si giunge sull’isola, dopo pochi minuti di traversata in barca, si trova una lingua di terra con una modesta chie� setta, un ristorante e un paio di piccoli edifici moderni, di un certo pregio, e nulla più; solo boscaglia e radi sentieri tra i rovi. Ma se si cerca con attenzione, si scopre che sull’isola si trovano le tracce al suolo di almeno sette costruzioni, le fondamenta di sette grandi fabbriche, chiese o edifici sacri. Com’è possibile che un’isola così piccola e insignificante, brulla e inospitale, sia stata un tempo così abitata ed edificata? Esiste una cultura nell’Alto Medioevo, quella dei Longobardi, che ha svolto un ruolo straordinariamente importante di civilizzazione della penisola italiana, in un periodo di decadenza della civiltà antica, quella romana, crollata su se stessa. I Longobardi, stirpe germanica, scendono in Italia nel VII secolo, si sta� biliscono in gran parte della penisola, è il primo popolo barbaro a convertirsi spontaneamente al Cristianesimo. Dei Longobardi si conoscono gli usi e i costumi all’origine rozzi e primitivi, il forte volere e la dignità, il coraggio e la fierezza, comuni a tutti i popoli barbari migranti. Si ricorda la formulazione di una giurisprudenza innovativa (Editto di Rotari), basata più sui fatti concreti della vita e sul valore dell’individuo, opposta a quella di Roma, grandiosa, ma che poggia su principi astratti e sovrapersonali. Non esiste un’architettura longobarda, non si conosce una produzione artistica, ad eccezione di un discreto corpus di oggetti preziosi di oreficeria e altre arti minori (le cosiddette arti suntuarie), che in parte sono anche in comune con al� tri popoli nordici. Ai Longobardi, normalmente, non si riconosce nemmeno la paternità di una delle più notevoli forme d’arte decorativa, quella degli intrecci, che ornerà in modo strabiliante e pervasivo, esuberante e multiforme, tutte le fabbriche d’architettura d’Europa per secoli e secoli a seguire. Una delle caratteristiche fondamentali del Romanico, che troviamo già presen� te in molti edifici sacri preromanici e ritroveremo ancora per secoli nel Gotico e, trasformato, fin nel Rinascimento, è l’incorniciatura decorativa di ogni aper� tura dell’edificio, delle finestre ma soprattutto delle porte, con un ricco appara� to di motivi con figure e disegni in rilievo, scolpiti nella pietra a ornare, a dare evidenza e significato all’esperienza della soglia.
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Passare dallo spazio esterno, della vita pratica e dell’azione quotidiana allo spa� zio interno, sacro, meditativo e di contemplazione religiosa, era un’esperienza particolare che per una cultura spiritualista e un’anima aperta emotivamente al soprasensibile, come ancora era quella del Medioevo, rappresentava il fonda� mento esistenziale per ogni uomo. Il “passaggio della soglia” era ed è ancora oggi, o almeno dovrebbe esserlo, un’e� sperienza di completezza della coscienza che rende l’essere umano cittadino dei due mondi, quello dello spirito e quello della materia. Il costruttore medioe� vale degli spazi sacri era a conoscenza di questa realtà e sottolineava con le figu� re di incorniciatura delle aperture questo momento di trapasso e lo faceva con un’articolazione e diversificazione di motivi che non erano casuali o arbitrari. Dal punto di vista dello sviluppo storico artistico, oltre che da quello della gra� dualità e tipologia dell’esperienza della coscienza, la successione dei motivi de� corativi va dagli intrecci geometrici, che è la tipica invenzione dei Longobardi, ai festoni vegetali che arricchiscono il ductus della linea dell’intreccio con le figure di foglie, frutti, steli, calici, fronde, spighe; fino alle fasce decorative dove compaiono forme di animali, selvatici o domestici, forme mostruose o favolose che rappresentano i segni dello zodiaco, oppure le stagioni dell’anno, ma anche le tentazioni e i superamenti morali e spirituali. Si giunge in fine alla comparsa della figura umana, sia in forma di personaggi della società del tempo, rappresentanti le arti e mestieri, i lavori e le occupazio� ni nei mesi dell’anno, sia nella raffigurazione di individualità importanti nella storia civile, religiosa e spirituale dell’epoca o del passato, come sovrani e reggi� tori, patriarchi e profeti, santi e sante. Il culmine di quest’ascesa dal regno minerale a quello umano e sovrumano, in un crescendo di nobilitazione e perfezionamento, con il preludio delle figure umanizzate delle allegorie delle virtù e dei vizi, delle arti liberali o delle disci� pline morali e conoscitive (filosofia, teologia), è dato e preannunciato dal coro di figure delle gerarchie spirituali, dall’effigie del Cristo o della Trinità. Quest’arte dell’incorniciatura richiedeva naturalmente una conoscenza teolo� gica e filosofica, una sapienza immaginativa e figurativa, impersonata dai saggi e dalle guide spirituali del tempo (teologi e mistici, fondatori di ordini religiosi e abati), ma era di necessità affidata a una categoria di artisti ed esecutori, ar� tigiani e scalpellini, intagliatori e decoratori, che realizzavano concretamente
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nella pietra, poi nel legno e con la pittura, i motivi sacri individuati. Presso i Longobardi, iniziatori cristiani in epoca preromanica di questa straor� dinaria arte dell’intreccio geometrico dinamico prevalentemente nella pietra, esisteva una comunità di artisti e artigiani, chiusa e configurata in modo rigo� roso, educata e dedita a questo compito costruttivo e sacrale dell’edificazione dei luoghi di culto dotati di queste caratteristiche artistico religiose (vedi Paolo Diacono, Historia Langobardorum). Questa comunità aveva una sede centrale di formazione e di educazione delle maestranze e delle guide di quest’arte architettonica e scultorea e questa sede era l’Isola Comacina (vedi Rudolf Kutzli, Die langobardische Kunst, Verlag ������ Urach� haus, 1974). In questo luogo, appartato e suggestivo, dove la terra si fonde con l’acqua, isola� to ma al centro dell’estesa regione dove si era insediato il regno longobardo tra Cividale del Friuli e la Val di Susa, tra Pavia e Spoleto e Benevento, era collocata la scuola di formazione artistica, anche mistico-religiosa e manuale-artigianale, delle schiere di capomastri, operai, scalpellini, che soprassederanno alla realiz� zazione di tutte le fabbriche dell’Alto Medioevo, quelle scomparse, appunto, di fondazione longobarda, ma anche quelle del Medioevo maturo, fino alle forme di protoromanico, romanico e gotico. Più documenti storici ricordano coloro che portarono questo impulso in tutta Europa, i famosi Maestri Comacini, ma non riconoscono la loro discendenza longobarda; riconoscono la loro forza propulsiva, di irradiazione di un impulso, le loro capacità artistiche e tecniche, la loro influenza e diffusione in tutte le nazioni europee, fino a quando si trasformeranno o si fonderanno con le con� fraternite di costruttori gotici del Centro Europa, ma non accettano chiaramen� te il substrato spirituale, religioso, mistico e misterico della loro arte e del loro fondamento artistico-tecnico. Esemplare di questo fraintendimento è l’interpretazione del nome stesso dei Maestri Comacini, che lo fa derivare da un’origine tecnicista (i costruttori “cum machinis”, con attrezzature di cantiere; ma quale costruttore non le aveva?), piuttosto che dalla più diretta ed evidente origine geografica: i maestri del lago di Como, i comacini. L’Isola Comacina era quindi un centro di preparazione, d’irradiazione della cultura spirituale ma anche materiale, ideale ma concreta, dell’epoca dove il
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Passare dallo spazio esterno, della vita pratica e dell’azione quotidiana allo spa� zio interno, sacro, meditativo e di contemplazione religiosa, era un’esperienza particolare che per una cultura spiritualista e un’anima aperta emotivamente al soprasensibile, come ancora era quella del Medioevo, rappresentava il fonda� mento esistenziale per ogni uomo. Il “passaggio della soglia” era ed è ancora oggi, o almeno dovrebbe esserlo, un’e� sperienza di completezza della coscienza che rende l’essere umano cittadino dei due mondi, quello dello spirito e quello della materia. Il costruttore medioe� vale degli spazi sacri era a conoscenza di questa realtà e sottolineava con le figu� re di incorniciatura delle aperture questo momento di trapasso e lo faceva con un’articolazione e diversificazione di motivi che non erano casuali o arbitrari. Dal punto di vista dello sviluppo storico artistico, oltre che da quello della gra� dualità e tipologia dell’esperienza della coscienza, la successione dei motivi de� corativi va dagli intrecci geometrici, che è la tipica invenzione dei Longobardi, ai festoni vegetali che arricchiscono il ductus della linea dell’intreccio con le figure di foglie, frutti, steli, calici, fronde, spighe; fino alle fasce decorative dove compaiono forme di animali, selvatici o domestici, forme mostruose o favolose che rappresentano i segni dello zodiaco, oppure le stagioni dell’anno, ma anche le tentazioni e i superamenti morali e spirituali. Si giunge in fine alla comparsa della figura umana, sia in forma di personaggi della società del tempo, rappresentanti le arti e mestieri, i lavori e le occupazio� ni nei mesi dell’anno, sia nella raffigurazione di individualità importanti nella storia civile, religiosa e spirituale dell’epoca o del passato, come sovrani e reggi� tori, patriarchi e profeti, santi e sante. Il culmine di quest’ascesa dal regno minerale a quello umano e sovrumano, in un crescendo di nobilitazione e perfezionamento, con il preludio delle figure umanizzate delle allegorie delle virtù e dei vizi, delle arti liberali o delle disci� pline morali e conoscitive (filosofia, teologia), è dato e preannunciato dal coro di figure delle gerarchie spirituali, dall’effigie del Cristo o della Trinità. Quest’arte dell’incorniciatura richiedeva naturalmente una conoscenza teolo� gica e filosofica, una sapienza immaginativa e figurativa, impersonata dai saggi e dalle guide spirituali del tempo (teologi e mistici, fondatori di ordini religiosi e abati), ma era di necessità affidata a una categoria di artisti ed esecutori, ar� tigiani e scalpellini, intagliatori e decoratori, che realizzavano concretamente
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nella pietra, poi nel legno e con la pittura, i motivi sacri individuati. Presso i Longobardi, iniziatori cristiani in epoca preromanica di questa straor� dinaria arte dell’intreccio geometrico dinamico prevalentemente nella pietra, esisteva una comunità di artisti e artigiani, chiusa e configurata in modo rigo� roso, educata e dedita a questo compito costruttivo e sacrale dell’edificazione dei luoghi di culto dotati di queste caratteristiche artistico religiose (vedi Paolo Diacono, Historia Langobardorum). Questa comunità aveva una sede centrale di formazione e di educazione delle maestranze e delle guide di quest’arte architettonica e scultorea e questa sede era l’Isola Comacina (vedi Rudolf Kutzli, Die langobardische Kunst, Verlag ������ Urach� haus, 1974). In questo luogo, appartato e suggestivo, dove la terra si fonde con l’acqua, isola� to ma al centro dell’estesa regione dove si era insediato il regno longobardo tra Cividale del Friuli e la Val di Susa, tra Pavia e Spoleto e Benevento, era collocata la scuola di formazione artistica, anche mistico-religiosa e manuale-artigianale, delle schiere di capomastri, operai, scalpellini, che soprassederanno alla realiz� zazione di tutte le fabbriche dell’Alto Medioevo, quelle scomparse, appunto, di fondazione longobarda, ma anche quelle del Medioevo maturo, fino alle forme di protoromanico, romanico e gotico. Più documenti storici ricordano coloro che portarono questo impulso in tutta Europa, i famosi Maestri Comacini, ma non riconoscono la loro discendenza longobarda; riconoscono la loro forza propulsiva, di irradiazione di un impulso, le loro capacità artistiche e tecniche, la loro influenza e diffusione in tutte le nazioni europee, fino a quando si trasformeranno o si fonderanno con le con� fraternite di costruttori gotici del Centro Europa, ma non accettano chiaramen� te il substrato spirituale, religioso, mistico e misterico della loro arte e del loro fondamento artistico-tecnico. Esemplare di questo fraintendimento è l’interpretazione del nome stesso dei Maestri Comacini, che lo fa derivare da un’origine tecnicista (i costruttori “cum machinis”, con attrezzature di cantiere; ma quale costruttore non le aveva?), piuttosto che dalla più diretta ed evidente origine geografica: i maestri del lago di Como, i comacini. L’Isola Comacina era quindi un centro di preparazione, d’irradiazione della cultura spirituale ma anche materiale, ideale ma concreta, dell’epoca dove il
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costruire un edificio significava creare un’opera al massimo grado materica, ma intrisa di profonda spiritualità, veicolo dell’evoluzione animica dell’individuo (iniziazione). Questo spiega perché sull’Isola Comacina troviamo le tracce antiche di così tante costruzioni religiose e perché essa ancora oggi emana un’atmosfera in� cantata e misteriosa. Un’aura che è stata però offuscata, una realtà che è stata cancellata, secoli dopo, quando l’arte comacina si era diffusa in tutto il mondo e quando l’idealità spirituale-materiale dell’epoca si era trasferita in altre sedi. Il regno longobardo era finito sotto l’urto congiunto della Chiesa romana alle� ata all’imperio secolare dei Franchi; la stirpe longobarda si era estinta con gli ultimi epigoni sfortunati, ma primi sognatori di una futura italianità (Berenga� rio e Arduino d’Ivrea). L’Isola Comacina era partecipe di una nuova stagione storica, quella del trapas� so da una coscienza antica aristocratica e feudale alla nuova coscienza indivi� duale, democratica, delle libere città e dei liberi Comuni. Quando la città guida di questo movimento, Milano, viene temporaneamente ma pesantemente sconfitta dalle forze dell’istituzione feudale (Federico I Bar� barossa), la distruzione totale, al suolo, con spargimento di sale sulle macerie, non colpisce solo lei, ma anche alcuni alleati. L’Isola Comacina intorno al 1169 viene rasa al suolo e gli abitanti deportati. Da allora sopravvivono ricordi e memorie di un senso “Altro”. Quest’isola, l’Isola Comacina, nasconde antiche vicende che ne facevano un luogo di preparazione e di elevazione, di irraggiamento e di riferimento. Da luogo geografico conchiuso, nel tempo, attraverso l’arte dei suoi maestri essa è fluita nel mondo e ha creato un’epoca di civiltà. Ora, non è più necessario racchiudere fra mura o in un solo fazzoletto di terra lo spirito di un impulso di civilizzazione e di fraternità. È però possibile creare un ambito di pensieri, di sentimenti, di comportamenti che unisca in una nuova visione. Se quest’ambito ha forza, trova anche il modo nel tempo di configurarsi. Questo luogo allora, quest’isola diventa più un porto di approdi e un porto di ripartenze. L’isola che c’è.
Fregio longobardo a intrecci, Como, Museo civico.
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costruire un edificio significava creare un’opera al massimo grado materica, ma intrisa di profonda spiritualità, veicolo dell’evoluzione animica dell’individuo (iniziazione). Questo spiega perché sull’Isola Comacina troviamo le tracce antiche di così tante costruzioni religiose e perché essa ancora oggi emana un’atmosfera in� cantata e misteriosa. Un’aura che è stata però offuscata, una realtà che è stata cancellata, secoli dopo, quando l’arte comacina si era diffusa in tutto il mondo e quando l’idealità spirituale-materiale dell’epoca si era trasferita in altre sedi. Il regno longobardo era finito sotto l’urto congiunto della Chiesa romana alle� ata all’imperio secolare dei Franchi; la stirpe longobarda si era estinta con gli ultimi epigoni sfortunati, ma primi sognatori di una futura italianità (Berenga� rio e Arduino d’Ivrea). L’Isola Comacina era partecipe di una nuova stagione storica, quella del trapas� so da una coscienza antica aristocratica e feudale alla nuova coscienza indivi� duale, democratica, delle libere città e dei liberi Comuni. Quando la città guida di questo movimento, Milano, viene temporaneamente ma pesantemente sconfitta dalle forze dell’istituzione feudale (Federico I Bar� barossa), la distruzione totale, al suolo, con spargimento di sale sulle macerie, non colpisce solo lei, ma anche alcuni alleati. L’Isola Comacina intorno al 1169 viene rasa al suolo e gli abitanti deportati. Da allora sopravvivono ricordi e memorie di un senso “Altro”. Quest’isola, l’Isola Comacina, nasconde antiche vicende che ne facevano un luogo di preparazione e di elevazione, di irraggiamento e di riferimento. Da luogo geografico conchiuso, nel tempo, attraverso l’arte dei suoi maestri essa è fluita nel mondo e ha creato un’epoca di civiltà. Ora, non è più necessario racchiudere fra mura o in un solo fazzoletto di terra lo spirito di un impulso di civilizzazione e di fraternità. È però possibile creare un ambito di pensieri, di sentimenti, di comportamenti che unisca in una nuova visione. Se quest’ambito ha forza, trova anche il modo nel tempo di configurarsi. Questo luogo allora, quest’isola diventa più un porto di approdi e un porto di ripartenze. L’isola che c’è.
Fregio longobardo a intrecci, Como, Museo civico.
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L’isola e lo shamìr Haim Baharier
Qualsiasi lembo di terra è potenzialmente isola. Se lo si immerge, lo si trae e gli si dà persistenza circondandolo da ciò che terra non è. L’isola è separazione. Esiste una separazione che domina anche la materia stessa: la prima isola in assoluto fu acqua contigua ad acqua. Nacque quando il Creatore nei primi giorni dell’Opera divise le acque superiori da quelle inferiori. Solo un atto di discernimento le separava. Fu dunque incor� porea la prima isola: materia che combaciava con uguale materia, apparente� mente indistinta ma divisa. Questa assenza di contaminazione che esalta l’atto di discernimento mi ripor� ta a una tradizione midrashica che parla dello shamìr, un verme che appare e scompare soltanto una volta nella storia. Quando il re Salomone costruisce il Santuario di Gerusalemme gli è proibito usare il ferro e il fuoco per edificarlo. Lì non ha corso ciò che ferisce. Compare allora shamìr, verme deposto sulle li� nee tracciate sulle pietre e che strisciandovi sopra le divide in blocchi. Sagoma e scinde senza apporto alcuno se non di se stesso. Shamìr è come un sostantivo del verbo shmr, custodire. E shamìr custodisce l’antica sapienza che precede ogni atto creativo; la consa� pevolezza di una sapienza inattingibile ma necessaria che sta dietro ogni luogo della verifica, come lo è il santuario. Lo shamìr ci insegna che non occorre ma� teria che arriva da fuori per immaginare per noi un’etica profonda e pregnante; un’etica che a un certo punto ci valuterà, ci giudicherà. Come, da sempre, valu� tiamo noi stessi rispetto a ciò che creiamo. La tradizione dice che lo shamìr servì anche a incidere le lettere sulle pietre preziose che ornavano gli indumenti del Sommo Sacerdote. Vi incise le lettere dell’alfabeto e i nomi delle 12 tribù di Israel. Shamìr servì dunque anche la parola. Alle isole, come alle parole, ciascuno di noi dà dei confini. Ma l’essere lì tutti insieme, a condividere o a dissentire, ci fa capire che la separatezza unisce più di qualsiasi ponte.