La collezione come forma d'arte

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«Esistono […] modi svariati di incrociare l’arte, di catturare la bellezza, anche, e talvolta meglio, dedicandosi ad altro; questa bellezza anzi ha vita e pensieri propri e diversi, sfumature e sentimenti, freschezza e potenza che non si ritrovano altrove. Anche in questo senso collezionare è un esercizio estetico e la collezione assimilabile a un tipo di “opera”.»

elio grazioli

In copertina: Karsten Bott, Uno di ognuno, veduta dell’installazione “Von Jedem Eins” alla Kunsthalle Mainz, 2011 Foto Norbert Miguletz © Kunsthalle Mainz © Karsten Bott, by siae 2012

Nella stessa collana: 1. Maria Perosino (a cura di) Effetto terra 2. Marco Tonelli Pino Pascali – Il libero gioco della scultura 3. Stefano Pirovano Forma e informazione – Nuove vie per l’astratto nell’arte del terzo millennio 4. Alberto Zanchetta Frenologia della vanitas – Il teschio nelle arti visive

la collezione come forma d’arte — elio grazioli

la collezione come forma d’arte

Elio Grazioli è critico d’arte, insegna Storia dell’arte contemporanea all’Università e all’Accademia di Belle Arti di Bergamo. È direttore artistico della manifestazione “Fotografia Europea” di Reggio Emilia e codirettore della collana “Riga” per l’editore Marcos y Marcos, per la quale ha curato i volumi dedicati a Marcel Duchamp (1993), Alberto Giacometti (1996), Pablo Picasso (1996), Constantin Brancusi (2001), Francis Picabia (2003), Kurt Schwitters (2009). Fra le sue pubblicazioni: Corpo e figura umana nella fotografia (1998), Arte e pubblicità (2001), La polvere nell’arte (2004), Piero Manzoni (2007), Ugo Mulas (2010).

ISBN 978-88-6010-072-6

€ 18,00

Se ogni epoca ha un suo modo di collezionare, quello contemporaneo è segnato da un reciproco legame con la pratica artistica, tanto che le due attività spesso si sovrappongono fin quasi a confondersi. Gli esempi abbondano: da Joseph Cornell, cacciatore di bizzarrie con cui compone scatole divinatorie, a Claes Oldenburg, che espone come opera propria una raccolta di oggetti d’affezione; da Marcel Broodthaers, per cui il collezionare è all’origine della scelta di diventare artista, a Hans-Peter Feldmann che, sulla scia di Malraux, da anni ritaglia, classifica e incolla immagini per un insolito museo. Il collezionismo non è più solo affare di chi, non artista, raccoglie oggetti in quantità rilevante, ma diventa modalità espressiva di chi li accumula per costruire opere d’arte secondo il principio warburghiano del montaggio. D’altro canto, lo stesso collezionista è un artista che accetta di esprimersi tramite immagini dotate di un forte potere simbolico, tanto da essere quasi un’estensione della sua persona. Appena l’occhio li cattura, gli oggetti si caricano di qualità supplementari: spogliati della loro funzione, un sapiente lavoro di accostamenti e rimandi crea fra loro dialoghi inattesi, dando vita a un insieme organico che non tollera mutilazioni. La collezione assume così lo statuto di opera d’arte. Eclettismo, trasversalità, soffio personale definiscono una tipologia di collezione agli antipodi rispetto a quella chiusa e preordinata dei musei. A questa dimensione più privata e creativa fa riferimento Elio Grazioli il quale, nel ricostruire il percorso che dalla Wunderkammer porta al collage e all’assemblage, racconta un collezionismo non utilitarista ma passionale, meno vetrina di rappresentanza e più gioco per intenditori che sappiano apprezzare le articolazioni impreviste. Pratica, questa, che ha molto da insegnare a quelle istituzionali: una maggiore libertà e una necessità più sentita.


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