In un’epoca in cui le ideologie e le scuole di pensiero hanno perso la capacità di proporre modelli culturali forti, in cui le identità nazionali tendono via via a fondersi all’interno di una dimensione globale e le peculiarità dei singoli linguaggi visivi si sono da tempo dissolte a favore della contaminazione, è lecito chiedersi se sia ancora possibile leggere la contemporaneità in termini di un solo medium – nella fattispecie la scultura – circoscritto a una specifica realtà nazionale. Sullo sfondo di tali interrogativi Alessandra Galasso sonda le radici della scultura contemporanea nelle sue molteplici declinazioni e accezioni, ne rintraccia le origini e passa in rassegna la produzione più recente degli artisti italiani che utilizzano questa modalità espressiva. La sua analisi muove da una prospettiva storica che abbraccia l’intera tradizione scultorea del Novecento, con i radicali mutamenti che l’hanno contrassegnata, e individua, infine, nel panorama delle pratiche artistiche italiane dell’ultimo decennio l’emergere di strategie visive originali e nuove chiavi di lettura del reale. Terreno comune ai trenta nomi proposti in Laboratorio italia - giovani scultori italiani è la consapevolezza di muoversi tra rivendicazioni di antiche identità e recenti adesioni a contesti multiculturali, tra il recupero di canoni estetici tradizionali e la volontà di riformularli con sguardo e materiali inediti, coniugando, ciascuno a suo modo, ricerca e tradizione, storie personali e “spirito del tempo”.
gradually dissolving into a global context, and the distinctive characteristics of individual aesthetic languages faded out some time ago in favour of contamination, it is legitimate to ask whether we can still consider the contemporary period in terms of one single medium – in this case sculpture – within the boundaries of a specific national context. With these questions in mind, Alessandra Galasso explores the roots of contemporary sculpture in its many facets and declinations, traces its origins and presents the most recent work of the Italian artists engaged in this expressive genre. Her analysis commences from a historical perspective, embracing the entire sculpture tradition of the 20th century, and the radical changes that characterised it, then looks to the Italian art panorama of the last decade, identifying original visual strategies and new interpretations of our complex reality. The thirty artists presented in Laboratorio italia - young italian sculptors, all share the awareness of combining old identities with new multicultural contexts, the practice of recovering traditional aesthetic canons with the desire to reinvent them from a new angle, and with new materials. All the artists blend experimentation and tradition in their own ways, and combine their own personal stories with the zeitgeist. Alessandra Galasso (Genova, 1965) è critica e curatrice di arte contemporanea. È stata Exhibition Coordinator e Associate Curator al p.s.1 Contemporary Art Center di New York e Chief Curator al magasin - Centre National d’Art Contemporain di Grenoble. Ha collaborato per molti anni al Domenicale de Il Sole 24 Ore e ad altre testate. Fra le pubblicazioni più recenti: OntanElegia (2004), Body Proxy (2004) e Painting Codes (2006). Per Johan & Levi editore ha curato Keith Haring a Milano (2005) e Aldo Lanzini (2007). Alessandra Galasso (Genoa, 1965) is a contemporary art critic and curator. She worked as Exhibition Coordinator and Associate Curator at p.s.1 Contemporary Art Center in New York, and was Chief Curator at magasin - Centre National d’Art Contemporain in Grenoble. For many years she was a contributor to the Domenicale, the weekly cultural section of Il Sole 24 Ore, as well as to other magazines and newspapers. Among her most recent publications: OntanElegia (2004), Body Proxy (2004), and Painting Codes (2006). For Johan & Levi editore she edited Keith Haring a Milano (2005) and Aldo Lanzini (2007).
€ 38.00
giovani scultori italiani young italian sculptors
In an age where ideologies and schools of thought have lost the capacity to forge strong cultural models, where national identities are
Laboratorio italia giovani scultori italiani young italian sculptors a cura di / edited by Alessandra Galasso
LABORATORIO ITALIA giovani scultori italiani / young italian sculptors a cura di / edited by Alessandra Galasso
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L’arte nell’era del dubbio Viviamo in un mondo complesso, un mondo in cui le ideologie, le scuole di pensiero, le correnti hanno perduto la loro tradizionale capacità persuasiva, la loro forza di determinare modelli culturali dominanti. Da oltre quarant’anni, tale fenomeno è comunemente definito Postmodernismo. A questo punto, dovrebbe essere un concetto acquisito che la complessità rappresenta un tratto fondativo e caratteristico della contemporaneità e delle sue espressioni artistiche, e che essa costituisce una ricchezza immensa, un’occasione epocale, e non un limite, o peggio, l’inizio della fine, come talvolta paventato. Gli scultori italiani under 40, presentati in questo libro, rispecchiano tale complessità, e dimostrano di essere in grado di coniugare, ciascuno a suo modo, ricerca e tradizione, storie personali e "spirito del tempo". Un’analisi della scultura contemporanea, e in particolare di quella italiana attuale, non può tuttavia prescindere dalla storia della scultura del Novecento e dagli innumerevoli mutamenti che l’hanno contrassegnata. Da un punto di vista critico e teorico, la mia indagine parte dalla constatazione che la storia della scultura del Novecento fornisce gli elementi necessari a comprendere – meglio di ogni altra espressione artistica – il pensiero postmoderno, così come l’analisi della pittura, nello stesso arco di tempo, rispecchia efficacemente la storia del Modernismo. Ritengo che questa distinzione dipenda dal fatto che mentre un dipinto (e per estensione una generica immagine bidimensionale, che si tratti di un disegno o di una fotografia) crea al proprio interno uno spazio immaginario, la scultura si colloca in uno spazio reale con cui è obbligata a interagire: una scultura non può ignorare ciò che si trova fuori da sé. Grazie a tale specificità la scultura ha dimostrato di essere l’espressione artistica più sensibile nel registrare i cambiamenti culturali del Novecento. Prima di intraprendere questa mia analisi, desidero fare una premessa che prendo in prestito dallo storico dell’arte statunitense Thomas McEvilley il quale considera la contemporaneità nella prospettiva di un ricorso storico. Condivido la sua idea secondo la quale una fase in ascesa (goes up), in questo caso il Postmodernismo, segue a un’epoca che si è conclusa (comes down) il Modernismo. Nella storia del pensiero occidentale ogni periodo di certezza dogmatica, di valori assoluti e princìpi indiscutibili è stato seguito da un periodo di relativismo, di scetticismo indagatorio, che McEvilley chiama "l'era del dubbio". Nella lunga e assai erudita introduzione a Sculpture in the Age of Doubt,1 McEvilley passa in rassegna alcuni tra questi passaggi Art in the Age of Doubt We live in a complex world, a world where ideologies, schools of thought and philosophical currents have lost their traditional sway and their ability to determine dominant cultural models. For over forty years this phenomenon has generally been described as Postmodernism. By now it should therefore be a given that complexity is a basic, characteristic trait of the contemporary period and its artistic expressions, and that it represents an enormous resource, and an epochal opportunity, not a limit, or worse, the beginning of the end, as is sometimes feared. The generation of Italian sculptors under the age of forty presented in this book reflect this complexity and each artist shows the ability to bring together experimentation and tradition, personal stories and the zeitgeist in their own individual way. An analysis of contemporary sculpture, and the Italian one in particular, cannot be isolated from the history of 20th century sculpture, and the countless changes that characterise it. From a critical, theoretical point of view, my exploration starts with a simple assumption: that the history of 20th century sculpture, more any other form of artistic expression, gives us all the elements to comprehend Postmodernism, much in the same way as an analysis of painting from the same period reflects the history of Modernism. I believe that the difference depends on the fact that while a painting (and by extension a generic two-dimensional image, be it a drawing or a photograph) creates its own imaginary space within the artwork, sculpture resides in a real space, hence it is forced to relate to that: a sculpture cannot ignore what lies around it. This specific attribute is what makes sculpture the artistic expression most sensitive to the cultural changes of the 20th century. Before I begin I would like to introduce a premise borrowed from the work of the American art historian Thomas McEvilley who considers the contemporary era from a historic perspective: one phase (Postmodernism) 'goes up', following the end of another era (Modernism), which 'comes down'. In the history of Western philosophy, periods characterised by dogmatic certainties, absolute values and indisputable principles have usually been followed by periods dominated by ‘relativism’, a sceptical, critical attitude which McEvilley calls ‘ages of doubt’.
What Goes Up Must Come Down.* Riflessioni sulla scultura contemporanea in Italia / Considerations on Contemporary Sculpture in Italy — di / by Alessandra Galasso
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epocali più significativi, come quello che avvenne tra l’era di Pericle e della democrazia ateniese e quella ellenistica o alessandrina, tra il Cristianesimo medioevale e il Rinascimento, fino ad arrivare al Novecento con la fine del Modernismo a cui è succeduto il Postmodernismo, epoca nella quale viviamo. Ogni “epoca di dubbio” è comunemente descritta attraverso alcuni concetti ricorrenti: indeterminazione, discontinuità, insicurezza (recentemente tra i più gettonati), irrazionalità, disgregazione, confusione, delegittimazione, “liquidità”... Al contrario dei valori e dei princìpi assoluti che sono tradizionalmente considerati razionali, il dubbio è invece associato all’irrazionalità. La filosofia, tuttavia, insegna che è vero esattamente il contrario. A conferma di tutto ciò, le “epoche delle certezze” si contraddistinguono per una particolare chiusura verso l’esterno, nei confronti degli altri popoli e delle altre culture, mentre le “epoche del dubbio” sono caratterizzate paradossalmente da una maggiore apertura all’altro, a ciò che è diverso da noi. Così come il Modernismo – che McEvilley nei suoi testi descrive come l’espressione culturale del periodo colonialista occidentale (dal tardo Ottocento fino al 1949, dichiarazione di indipendenza dell’India, e il 1976, ritiro delle truppe portoghesi da Timor Est) – si caratterizza per una chiusura autarchica rispetto alle culture non occidentali, il Postmodernismo si connota per il suo multiculturalismo. Non foss’altro che per questo singolo aspetto del Postmodernismo, ci sarebbe già di che rallegrarsi; essere passati da un’epoca di certezze che ha visto il suo momento di massimo fulgore nel tragico affermarsi dei totalitarismi, con i loro morti e le loro devastazioni, a un’era di relativismo costituisce un cambiamento culturale che andrebbe celebrato ogni giorno. Ma, si sa, le sirene delle verità assolute sono sempre pronte a risuonare, e i soldati sempre pronti a partire. Questa premessa mi pareva necessaria al fine di inquadrare il periodo in cui viviamo in una prospettiva storica di più ampio respiro e, soprattutto, per contestare coloro che, di volta in volta, parlano di morte dell’arte e che rimpiangono i tempi in cui era semplice stabilire che cosa fosse arte e che cosa no. Detto ciò, per comprendere i linguaggi, le modalità espressive e i riferimenti estremamente eterogenei che contraddistinguono gli artisti contemporanei – e in particolare gli artisti-scultori che operano oggi in Italia – ritengo sia utile compiere un viaggio attraverso la storia dell’arte del Novecento, con particolare attenzione alla scultura e alla scena artistica italiana. In the long, learned introduction to Sculpture in the Age of Doubt,1 McEvilley presents some of the most significant transitional shifts, such as that from the era of Pericles and Athenian democracy to the Hellenistic period under Alexander the Great, and between Medieval Christianity and the Renaissance, up to the 20th century with the end of Modernism and the advent of Postmodernism, our current era. Each ‘age of doubt’ is usually described in a number of recurrent concepts: uncertainty, discontinuity, insecurity (one of the most popular of late), irrationality, disgregation, confusion, delegitimisation, ‘fluidity’… Unlike absolute principles and values, which are traditionally held to be rational, doubt is associated with irrationality. Yet philosophy teaches that the exact opposite is true. This is borne out by the fact that the ‘ages of certainty’ are characterised by considerable closure towards the outside world, other peoples and other cultures, while paradoxically the ‘ages of doubt’ are characterised by greater openness to the outside world, to diversity. In this way, while Modernism – that McEvilley describes as the cultural expression of the Western colonialist period (from the late 19th century up to 1949, the year of India’s declaration of independence, and 1976, when Portuguese troops withdrew from East Timor) – is characterised by an autarchic closure to non-Western culture, Postmodernism is known for its multicultural approach. This one aspect of Postmodernism alone should give cause for joy: the transition from an age of certainties which culminated in the tragic supremacy of totalitarianisms, with their death and destruction, to an era of relativism, represents a cultural shift that should be celebrated daily. But, as we well know, the trumpeters of absolute truths are always ready to sound, and the troops are always ready to march. I felt this introduction was necessary in order to set the current period in a broader historical context, and above all to purge those periodic laments over the death of art, harking back to the days when it was easy to establish what was and was not art. Having said that, in order to gain a better understanding of the styles, artistic approaches and extremely heterogeneous references that characterise the work of contemporary artists – and as far as this book is concerned, the artists/sculptors working in Italy today – I feel that it is useful to explore the history of 20th century art, with particular attention to sculpture and the Italian artistic scene.
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I pionieri di un’arte nuova Potrebbe sembrare paradossale che l’iniziatore della scultura moderna sia stato un pittore, il francese Paul Cézanne (18391906) il quale provocò una rottura di portata storica con quella tradizione artistica che, a partire dal Rinascimento, era rimasta legata alla rappresentazione. Cézanne si definiva “il primitivo di un’arte nuova” e fu lui che, in reazione all’Impressionismo a cui interessava soprattutto la rappresentazione di sensazioni soggettive, volle creare un nuovo classicismo, un’arte che cercasse una chiarezza della forma e un principio architettonico della composizione. A partire dal Cubismo si attua un radicale cambio di prospettiva: non più la rappresentazione di un’immagine ottica, per quanto elaborata, ma la creazione di un simbolo, anche se questo conserva tracce e riferimenti all’oggetto fenomenologico. L’impatto dell’opera di Cézanne risulta ancora più evidente se lo si paragona a un suo coevo, Auguste Rodin – all’epoca considerato il più grande scultore vivente – che voleva ritornare a un’idea di scultura che si ricollegasse direttamente a Michelangelo, liquidando l’arte dei secoli che seguirono in quanto afflitti da manierismi e decadentismi. Tra il Monumento a Balzac (1897) di Rodin e Uccello (1912) di Constantin Brancusi (che aveva lavorato nello studio di Rodin) passano pochi anni che paiono secoli. Da una parte c’è il tentativo di riallacciarsi al passato – a quella che viene considerata l’età dell’oro della scultura, rappresentata dal Rinascimento italiano e in particolare da Michelangelo – con un’arte che pone al centro la rappresentazione della figura umana come massima espressione estetica, e dall’altra la nascita del Modernismo che cerca nuovi canoni, diversi riferimenti estetici, nuove regole compositive, nuove divinità da idolatrare. 2 A ciò si aggiunge, nei primi decenni del Novecento, l’apparizione (vera e propria epifania) dei readymade – oggetti di produzione industriale, "già pronti", riproposti senza l'apporto di alcuna modifica significativa – che mineranno le basi stesse del Modernismo creando le premesse dell’arte postmoderna. L’eredità dei readymade di Duchamp diverrà una sorta di fiume carsico, pronto a riaffiorare a momenti alterni lungo tutto il Novecento. Si pensi per esempio all’esperienza del Black Mountain College con John Cage, Robert Rauschenberg e Jasper Johns tra la fine degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta, o ancora l’arte concettuale e le performance degli anni sessanta e settanta, fino a una piena consapevolezza della lezione di Duchamp con il citazionismo e il New Dada degli anni ottanta e l’affermarsi del multiculturalismo e dell’installazione negli anni novanta. The Pioneers of a New Art It might seem paradoxical that the initiator of modern sculpture was a painter, the French artist Paul Cézanne (1839-1906), who heralded a momentous rupture with artistic traditions that had been linked to representation since the Renaissance. Cézanne defined himself as ‘the primitive of a new art’, and reacted to Impressionism – which was mainly interested in representing subjective sensations – with the desire to found a new form of classicism, in a quest for clarity of form and architectural principles of composition. With the advent of Cubism there was a radical change in perspective: the focus was no longer on the representation of an optical image, however elaborate, but on the creation of a symbol, though this may bear traces of and references to the phenomenological object. The impact of Cezanne’s work appears even more evident if we compare it to that of his contemporary, Auguste Rodin – then held to be the greatest living sculptor – who wanted to return to an idea of sculpture directly linked to the work of Michelangelo, dismissing the work of the intervening centuries as afflicted by mannerism and decadence. The few years which separate Rodin’s Monument to Balzac (1897) and Bird (1912) by Constantin Brancusi (who had worked in Rodin’s studio) might as well be centuries. On the one hand there was the desire to connect up with the past, with what was seen as the golden age of sculpture, represented by the Italian Renaissance and Michelangelo in particular, with a form of art which saw the representation of the human figure as its supreme aesthetic expression; on the other hand there was the advent of Modernism, heralding a search for new canons, new aesthetic references, new rules of composition and new divinities to worship. 2 Alongside this, the beginning of the 20th century saw the appearance – a genuine revelation – of readymades: everyday objects displayed without any major alterations, which undermined the very foundations of Modernism and laid the groundwork for postmodern art. The legacy of Duchamp’s readymades became a kind of underground river, which readily resurfaced at various points during the 20th century: take the example of the Black Mountain College, with John Cage, Robert Rauschenberg and Jasper Johns between the end of the forties and the beginning of the fifties, or the conceptual and performance art of the sixties and seventies, up to full awareness of Duchamp’s message, with citationism and New Dada in the eighties and the emergence
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Anche se è stato detto e scritto fino all’esaurimento, l’opera di Duchamp costituisce il nucleo originario del pensiero postmoderno, e di conseguenza dell’arte contemporanea. La cultura del metallo Per meglio comprendere i passaggi che hanno determinato tale cambiamento, occorre tuttavia fare un ulteriore passo indietro. Dalla seconda metà dell’Ottocento, il metallo diventa simbolo dello sviluppo industriale. È soprattutto il Costruttivismo russo – e in particolare Vladimir Tatlin – ad assumere il ferro e l’acciaio a emblema della struttura produttiva moderna. A tal proposito si parla di una vera e propria “cultura dei metalli”, che secondo il Costruttivismo russo rappresentava un’apertura democratica, sia per il mondo produttivo sia nei confronti del pubblico. Si crede cioè che esista una forza espressiva intrinseca al materiale adottato. Il progetto per il Monumento alla Terza Internazionale di Tatlin (1919), una scultura in ferro e vetro alta quattrocento metri, che oltre ad assolvere la funzione di monumento doveva contenere al suo interno la sede del Comintern, pur non essendo stato mai realizzato, riassume questo atteggiamento estetico e filosofico, e può essere considerato una vera e propria icona del Modernismo. Nello stesso periodo nascono le prime opere di arte cinetica di Naum Gabo e László Moholy-Nagy, che restano storicamente rilevanti per il loro ricorso a nuove tecnologie e materiali. Gli artisti che aderirono a questo movimento erano convinti che tale ricorso fosse più importante rispetto alla creazione di uno stile personale. Il metallo assurge quindi a simbolo della modernità. L’introduzione della saldatura, successiva alle opere costruttiviste, consente di attuare un recupero della manualità, del gesto dell’artista che forgia la materia. In questa prospettiva si comprende perché il metallo sia stato ritenuto la materia per eccellenza della scultura fino agli anni cinquanta, periodo in cui si è consumato l’ultimo exploit (e relativo canto del cigno), del Modernismo. Iniziatore del culto del metallo fu Pablo Picasso (1881-1973) accanto a un altro artista spagnolo, Julio González (1876-1942). Non è un caso che questi due artisti aderirono per un periodo al Cubismo; la scultura in metallo accoglie ed esalta tutti i princìpi della pittura cubista, permettendo di creare quella sovrapposizione di piani che resta la sua principale caratteristica. La prolificità di Picasso, unita alla malleabilità del metallo, lo portò a creare i celebri assemblages che pur risentendo of multiculturalism and the installation in the nineties. Although it has been said and written ad infinitum, Duchamp’s oeuvre represents the original nucleus of postmodern thought, and therefore contemporary art. The Culture of Metal In order to get a better understanding of what led to this change, we need to take another step back. From the second half of the 19th century, metal became the symbol of industrial development. Above all, Russian Constructivism – and Vladimir Tatlin in particular – used iron and steel as an emblem of modern production. People talked about a genuine ‘culture of metal’, which according to the Russian Constructivists represented a democratic openness, both in terms of industry and towards the public, as if the material in question possessed some kind of intrinsic force. Tatlin’s Monument to the Third International (1919), a four hundred metre high iron and glass sculpture never implemented, which as well as being a monument was intended to host the seat of Comintern, encapsulates this aesthetic and philosophical approach, and can be considered a genuine icon of Modernism. At the same time the first works of Kinetic Art by Naum Gabo and László Moholy-Nagy appeared, of historical relevance due to their use of new technologies and materials. The artists who embraced this movement believed that their use of these materials should be seen as more important than the creation of a personal style. Metal thus became a symbol of modernity. Following the Constructivist works, the introduction of welding saw a return to manual skills, and the image of the artist literally forging matter. In this context it is easy to see why metal continued to be regarded as the definitive material for sculptures until the fifties, the decade which saw the final exploits (and relative swansong) of Modernism. It was Pablo Picasso (1881-1973) who initiated this worship of metal, along with another Spanish artist, Julio González (1876-1942). It is no coincidence that both artists embraced Cubism for a period: metal sculptures exalt all the principles of Cubist painting, with the characteristic overlying planes. Picasso’s prolific production, combined with the malleability of metal, led to the creation of famous assemblages which, while influenced by readymades, remained
Giovani scultori italiani Young Italian Sculptors
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«Trasformare segni comuni nella sostanza di una visione particolare. Il processo artistico individuale è un metabolismo che trasforma le cose in una determinata mentalità, in una certa identità, in un’immaginazione individuale. Il mio operare artistico è il processo performativo di questa relazione particolare. […] Strappare fogli di carta oppure forarli molte volte ai bordi determina un cambiamento di sostanza. Ridefinire, trasformare, disegnare, cambiare la sostanza, ricreare a partire da un punto. Il particolare mi permette di percepire uno spazio incommensurabile in cui ricreo me stesso.» Nelle sue opere Gianni Caravaggio tende a prediligere materiali deperibili (zucchero, lenticchie, cioccolato, ghiaccio...) la cui forma, e il più delle volte la stessa composizione, è destinata a cambiare, ad alterarsi da un punto di vista formale e sostanziale fino a eventualmente disintegrarsi. Si tratta quindi di opere in divenire, che superano ogni staticità formale mettendo in scena la dimensione processuale, temporale dell’operare dell’artista e innescando una serie di significati metaforici; sculture fenomenologiche davanti alle quali siamo invitati a essere testimoni oculari. «Transforming common signs into the substance of a particular vision. The individual artistic process is a metabolism that transforms things into a certain mentality or identity, an individual imagination. My artistic approach is the performative dimension of this particular relationship. […] Ripping sheets of paper or punching holes repeatedly around the edges leads to a change in susbstance. Redefining, transforming, designing, changing the substance, recreating something from a certain starting point. Detail enables me to perceive an immeasurable space where I recreate myself.» In his works Gianni Caravaggio tends to choose perishable materials (sugar, lentils, chocolate, ice…), the form of which, and more often than not the composition itself, is destined to change, to mutate in terms of shape and substance until it eventually disintegrates. They are therefore works in progress that transcend static form and play out the processual, temporal dimension of the artist’s actions, generating a series of metaphors; they are phenomenological sculptures we are invited to witness in person. Nato a Rocca San Giovanni (ch) nel 1968. Vive e lavora a Milano. / Born in Rocca San Giovanni (Chieti) in 1968. Lives and works in Milan. Mostre personali / Solo Exhibitions 2008 "Scenario", collezionemaramotti, Reggio Emilia; “Gianni Caravaggio", francesca kaufmann, Milano; “Gianni Caravaggio: già 39 anni su questo pianeta”, cur. L. Pratesi, Centro Arti Visive La Pescheria, Pesaro - Gallery Paul Andriesse, Amsterdam 2007 “Attendere un mondo nuovo”, Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea, Torre Pellice (to); “Spreco di energia assoluta”, francesca kaufmann, Milano 2006 “Premio Castello di Rivoli”, cur. M. Beccaria, Castello di Rivoli - Museo d'Arte Contemporanea, Torino 2004 “E altri grovigli temporali”, francesca kaufmann e / and Nike Studio, Milano; “Cause”, Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea, Torre Pellice (to) 2003 “Tempo drogato”, francesca kaufmann, Milano 2001 “What Does Your Soul Look Like”, Tomio Koyama Gallery, Tokyo 2000 “New View”, francesca kaufmann, Milano. Principali mostre collettive / Selected Group Exhibitions 2008 “Energie sottili della materia”, cur. M. Vescovo, China National Academy of Painting, Beijing 2007 “In cima alle stelle. L’universo tra arte, archeologia e scienza”, cur. P. Carofano - A. Cittera - A. Crippa - L. Di Corato - F. Mezzana - R. Poggiani Keller - M. Ronc, Forte di Bard, Aosta 2006 “La città di Leonardo. L’arte contemporanea, Milano e Leonardo”, cur. L. Pratesi, Centre culturel français de Milan - Palazzo delle Stelline, Milano; “xii Biennale Internazionale di Scultura di Carrara”, cur. B. Corà, Comune di Carrara / Carrara Town Hall; “Young Italian Artists at the Turn of the Millennium”, cur. G. di Gropello, Galleria Continua, Beijing 2005 “Beyond the Ego. The Italian Project”, Moscow Biennale, cur. O. Maleeva, Museum of Contemporary History of Russia, Moscow; “Generations of Art. 10 anni alla far”, cur. G. Verzotti, Fondazione Antonio Ratti, Como 2004 “Art et Cartographie”, iselp - Institut supérieur pour l’étude du langage plastique, Brussels 2003 “Italianamente”, cur. C. Corbetta, Gallery uks, Oslo 2002 “Nuovo spazio italiano”, cur. F. Cavallucci - G. Nicoletti - G. Verzotti, mart - Palazzo delle Albere, Trento; “Collezionismi”, cur. A. Bonito Oliva - S. Risaliti, Palazzo delle Papesse, Siena 2001 “Leggerezza. Aktuelle Positionen italienischer Kunst”, cur. M. Ackermann - G. Jovine, Lenbachhaus, Munich; “La gam costruisce il suo futuro. Tre anni di acquisizioni di arte contemporanea”, gam - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino; “p.s.1 Studio Program”, cur. G. Di Pietrantonio, Palazzo delle Esposizioni, Roma; “Tracce di un seminario” (visiting professor Haim Steinbach), cur. G. Di Pietrantonio - A. Vettese, Viafarini, Milano.
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In un'altra dimensione, 2008 (In another dimension) - dimensioni variabili / variable dimensions Multistrato verniciato, zinco. «A terra giace l’angolo di una parete, strappato con un gesto violento. Da vicino quel pezzo divelto sembra stia subendo una trasmutazione: l’azione ha prodotto un cambiamento in un’altra dimensione, una trasformazione ancora in atto.» G.C. Multilayer painted wall, zinc. «A corner of the wall has been ripped and now lays on the ground. From a close range the piece of wall seems to be transmuting: the action produced a change to another dimension, a still on-going transformation.» G.C.
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Lo stupore è nuovo ogni giorno, 2008
risulta una forma solida che genera delle relazioni tra la
(Astonishment is new every day) - dimensioni
materia organica e quella inorganica. Si tratta di un
variabili / variable dimensions
mondo nuovo che andrà ad aggiungersi ad altri mondi precedentemente creati.» G.C.
Carta, vernice, borotalco, alluminio. «Ho strappato il bordo di un foglio di cartoncino
Aluminium, paint, plaster, flour.
ottenendo una sagoma ovale, più vitale. L’ho strofinata
«A long pole made of aluminium pipes reaches out of a
con del borotalco, come si fa con un neonato. Ho poi
window, collecting rain that flows on a small mound of
steso un leggero velo di vernice argento sulla carta e ho
plaster and flour. The result is a solid form that creates a
realizzato dei fori, da cui il borotalco passa disegnando
relationship between the organic and inorganic matter.
per terra la costellazione stellare al momento della mia
A new world that will add to other, previously created
nascita. Il titolo è una parafrasi di un frammento del
worlds.» G.C.
filosofo presocratico Eraclito di Efeso: "Il sole è nuovo ogni giorno".» G.C. Paper, paint, talcum powder, aluminium. «I tore the edge of a sheet of cardboard, so as to give it a more vital oval shape. I rubbed some talcum powder on it, as if it were a newborn, then I placed a thin layer of silver paint on the paper and made holes in it, so that talcum could fall on the ground and draw my birth constellation. The title is a paraphrase of the quotation by the presocratic philosopher Heraclitus of Ephesus: 'The sun is new each day'». G.C.
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L’ignoto, 2005/06 (The unknown) - cm 26×26×30 Marmo nero di marquiña, vaselina. «Ho plasmato con della vaselina l’angolo superiore di un piccolo cubo di marmo nero, con l’intento di riorganizzare, vivificandole, le sue naturali venature bianche. La forma rappresenta l’universo che si spinge fuori dai propri limiti, verso l’ignoto. Come l’osservatore, non mi colloco quindi dentro, ma fuori dall’universo, in un immenso spazio demiurgico.» G.C. Black Marquiña marble, Vaseline. «I shaped with Vaseline the upper corner of a small cube of black marble to reorganise and enliven its natural white veins. The resulting form represents the universe that reaches out its limits, toward the unknown. Just like the observer, I am not inside the universe but outside it, in an immense demiurgic space.» G.C.
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Catturatore di volumi, 2005 (Capturer of volumes) - dimensioni variabili / variable dimensions Tubo di alluminio, filo di nylon, vernice, polistirolo. «Un filo di nylon rosso avvolge una forma frastagliata di polistirolo, attraversa un lungo tubo di alluminio e ne fuoriesce aggrovigliandosi e formando un volume vaporoso. Il filo rosso cattura volumi concreti tirandoli dentro il percorso tubolare per trasformarli in una nuova materia, in un volume energetico. Allo stesso tempo considero l’opera un mio autoritratto.» G.C. Aluminium pipe, nylon, polystyrene, paint. «The red nylon thread is wrapped around a jagged polystyrene form, it passes through an aluminium pipe and then it tangles, thus creating a vaporous volume. The red thread captures concrete volumes and brings them along inside the pipe, so as to transform them into a new matter, an energetic volume. I also consider the work as a self-portrait.» G.C.
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«Ricamare, come camminare, è un esercizio del tempo; il punto è un passo; l'insieme direzionato dei punti e dei passi produce un percorso, un disegno. Così mettere insieme pezzi di tessuto. Il ricamo considerato come "pratica" prettamente femminile non mi interessa. Il mio modo di ricorrervi deriva da un'esperienza autodidatta e strumentale; non rispetta regole o modelli codificati. […] In tutti questi anni di viaggio “cetaceo” la metafora più spesso usata riguardava la capacità "contenitiva" della balena. Le balene contengono, raccolgono nella loro massa altra massa. Materia vivente, idee, sogni, transatlantici e grandi edifici, ponti sospesi e dirigibili. E molta gente, tante persone. Tutto contengono. E sfuggono, non si fan trovare, laggiù in quell’acqua così densa, dove i colori si fermano per diventare blu, nero di suono.» La ricerca artistica di Claudia Losi è dedicata alla relazione tra l’essere umano e la natura, al viaggio e all’esplorazione in quanto occasioni di conoscenza. Camminare e fare esperienza dei luoghi costituiscono aspetti centrali di tale ricerca a cui si uniscono gli interessi dell’artista che abbracciano discipline diverse, come le scienze naturali, la geografia e la cartografia, la letteratura e la poesia. Attraverso il frequente ricorso al ricamo e ad altre tecniche, l’artista riproduce nelle sue opere licheni, ghiacciai, mappe geologiche, ricalcandone i ritmi, nel tentativo di “ricucire” un legame ideale tra la natura e l’essere umano. «Embroidery, like walking, is an exercise of time: each stitch is a step, and the guided whole of stitches or steps produces a route, a design. Like putting pieces of fabric together. Embroidery considered as a purely female 'practice' does not interest me. My use of it derives from a self-taught, instrumental approach, and does not respect rules or established models. […] In these years of 'cetacean' travel the most frequently used metaphor regarded the whale’s 'containing' aspect. Whales are containers, gathering other mass in their mass: living matter, ideas, dreams, transatlantic ships and huge buildings, suspension bridges and airships. And many people, many individuals. They contain everything, then they vanish, not to be found, down in that dense water where the colours stop and become blue black sound.» Claudia Losi’s work is dedicated to the relationship between human beings and nature, to travel and exploration as opportunities for gathering knowledge. Walking and experiencing places are key aspects of her oeuvre, combined with her other fields of interest: various different disciplines from natural sciences, geography and cartography, to literature and poetry. In embroidery, and using other techniques, she reproduces lichens, glaciers and geological maps, tracing their patterns in an attempt to 'sew' an ideal bond between human beings and nature. Nata a Piacenza nel 1971. Vive e lavora a Piacenza. / Born in Piacenza in 1971. Lives and works in Piacenza, Italy. Mostre personali / Solo Exhibitions 2008 “Balena Project, Birmingham 08”, cur. H. Legg, ikon Gallery, Birmingham, uk; “La coda della balena e altri progetti. 1995-2008”, cur. a.titolo-progetti per l'arte contemporanea - A. Salvadori, Museo Marino Marini, Firenze; “Patterns of Identity”, cur. S. Wendt, Stenersen Museum Oslo, Norway 2007 “Hamish Fulton, Claudia Losi”, cur. G. Di Pietrantonio, La Marrana Arte Ambientale, Monte Marcello, Ameglia (sp); “Arduenna”, cur. A. Grulli, Fortezza della Brunella, Aulla (ms) 2006 “Claudia Losi”, Galleria Monica De Cardenas, Milano 2005“Balena Project / Ecuador ‘05”, macc de Guayaquil e / and Cento Cultural Universidad CatÓlica de Quito, Ecuador 2004 “Balena Project e altre storie”, cur. G. Scardi, Piazza Garibaldi - Castello, Lerici (sp); “Claudia Losi - Antonio Marras. Uno più uno meno”, cur. G. Altea, ex Caserma dei Carabinieri, Alghero; “BalenaProject_balena di Fiume”, cur. a.titolo progetti per l'arte contemporanea, The Beach, Murazzi Po, Torino; “BalenaProject - animazione”, cur. A. Pioselli - G. Scardi, Viafarini, Milano 2003 “Mari”, Galleria Monica De Cardenas, Milano 2002 “Tre Regni”, cur. R. Daolio, Spazio Mobile, Rocca Sforzesca, Imola (bo) 2000“Marmagne”, cur. G. Scardi, Luigi Franco Arte Contemporanea, Torino 1997 “Licheni”, Placentia Arte, Piacenza. Principali mostre collettive / Selected Group Exhibitions 2008 “soft cell. Dinamiche nello spazio in Italia / Space Dynamics in Italy”, cur. A. Bruciati, gc.ac - Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Monfalcone (go) 2007 “still life, Art, Ecology & the Politics of Change, Sharjah Biennial 8”, cur. E. Scharrer - J. Watkins - M. Kazem, United Arab Emirates; “Open Air”, cur. M. Paderni - I. Saccani, Orto Botanico Università di Parma; “La Giovine Italia. L’arte italiana rende omaggio a Giuseppe Mazzini”, cur. R. Barilli, Pinacoteca Nazionale, Bologna- Galleria d’arte Fabbrica, Sala dei Sacchi e / and Sala delle Colonne, Gambettola (fc) 2005 “Generations of Art. 10 anni alla far”, cur. G. Verzotti, Fondazione Antonio Ratti, Como 2003 “Innatura”, cur. A. Detheridge, x Biennale Internazionale per la Fotografia, Palazzo Bricherasio, Torino; “Racconto del Filo”, cur. F. Pasini - G. Verzotti, mart, Rovereto (tn); “Cover Theory”, cur. M. Senaldi, Officina della Luce - ex Centrale Emilia, Piacenza 2001 “Assab One - La generazione emergente dell’arte in Italia”, cur. L. Garbarino - R. Pinto, Assab One - ex Stabilimento gea, Milano 2000 “Italian Studio Program 2000/2002 - p.s.1 Italian Bureau Selection”, cur. G. Di Pietrantonio, S8Zero, Palazzo delle Esposizioni, Roma.
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Processo Formale Vivente, 2008 (Living formal process) - Ø cm 14 Ricamo su seta, cotone. Le opere traggono spunto da un’installazione realizzata in occasione della Biennale di Sharjah, capitale dello stato omonimo degli Emirati Arabi, tenutasi nell’aprile del 2007. Il ricamo, composto da una serie di disegni sovrapposti, è stato realizzato in un laboratorio della città di Sharjah e raffigura alcuni elementi di materia organica millenaria da cui trae origine il petrolio. L’opera evoca un processo di stratificazione analogo a quello geologico. Embroidered silk, cotton. The works are inspired by an installation created for the Biennial held in Sharjah, the capital of the state of the same name in the United Arab Emirates, in April 2007. The embroidery, which features a series of overlaid designs, was created in a workshop in the city of Sharjah, and depicts various elements of the millenary organic matter that oil originates from. The work evokes a process of stratification which resembles that of a geological nature.
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Shigras, 2006 10 elementi / elements, cm 25×35 cad. / each Lana, tessuto, nastro. Realizzate da un gruppo di donne di Guamote, sulla Atti d’amore, 2002/2003
Cordillera andina dell’Ecuador, questi nidi-borse
(Acts of love ) - cm 30×30×30
riproducono motivi decorativi tradizionali di quella zona insieme ad alcuni testi inviati dall’artista e tradotti
Feltro, ovatta, filo elastico.
in spagnolo dalle donne che hanno partecipato al
Atti d’amore è una serie di opere in panno, sospese a varie
progetto.
altezze per mezzo di fili elastici. Sono raffigurate coppie di animali (mante, serpenti, cani, una donna col suo
Wool, fabric, ribbon.
piccolo...) colti mentre si riproducono, si proteggono o
Made by a group of women from Guamote in the
si relazionano. Il progetto, nato in occasione di una
Andean Cordillera in Equador, these nests/bags feature
mostra alla Rocca Sforzesca di Imola, è stato pensato
traditional decorative motifs of that area along with
per la Sala delle Armi: a immagini di morte l’artista ha
various phrases sent by the artist to the women who
voluto contrapporre gesti semplici di vita quotidiana.
participated in the project and translated them into Spanish.
Felt, cotton wool, elasticated thread. Atti d’amore is a series of works in cloth, suspended at varying heights on elasticated threads. They depict pairs of creatures (mantas, snakes, dogs, a woman with her little one…) in the act of reproducing, protecting themselves or interrelating. The project was created for an exhibition at the Rocca Sforzesca in Imola, and conceived for the Armory: the artist sets simple everyday actions against images of death.
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For Ryökan Project, dal / since 1999 dimensioni variabili / variable dimensions Filo di lana, seta. L’idea nasce in parte dalla storia di Ryökan, poeta e monaco zen vissuto nella seconda metà del xviii secolo in Giappone. Si racconta che portasse con sé un gomitolo di filo ricamato con peonie e farfalle, col quale giocare coi bambini che incontrava. L’opera iniziale si compone di sette gomitoli sui quali "galleggiano" sette ipotetiche fasi della deriva dei continenti. Silk, wool thread. The idea is partly inspired by the story of Ryökan, a poet and Zen monk who lived in Japan in the second half of the eighteenth century. It is said that he carried with him a ball of thread embroidered with peonies and butterflies, so that he could use it to play with children he met. The initial work is composed of seven balls of thread on which the seven hypothetical phases of the continental drift are ‘floating’.
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Dopo il Danubio, 2001 (After the Danube) - 10 elementi / elements, cm 180×80×30 cad. / each Coperte militari imbottite di stracci, lana. L’opera trae spunto da un viaggio che l’artista fece in Serbia nel 1998, e da alcune immagini raccolte in un mercato rionale di Belgrado. In particolare fu colpita da alcune enormi carpe che boccheggiavano in una vasca di vetro: un’immagine di soffocamento e sofferenza che rifletteva il clima di tensione che si respirava all’epoca in quell’area. Army blankets stuffed with cloths, wool. The piece is inspired by a journey the artist made through Serbia in 1998, and various images of a local market in Belgrade. She was particularly struck by some enormous carps that were gasping in a glass tank: an image of suffocation and suffering that mirrored the climate of tension in that area at the time.
Arthur’s Seat Project, 1999/2000 12 elementi / elements, cm 90×75 Cotone ricamato. L’artista ha chiesto ad alcune donne kossovare, serbe e albanesi di ricamare ciascuna un frammento dell’immagine stilizzata di Arthur’s Seat, il vulcano spento che sorge vicino a Edimburgo in Scozia: un luogo che ha una rilevanza personale per l'artista ma che le donne non hanno mai visto. Embroidered cotton. The artist asked a group of Serb, Kosovan and Albanian women to each embroider a stylized fragment of Arthur’s Seat, the dead volcano located near Edinburgh in Scotland: a place that has a personal relevance for the artist but which the women have never seen.