Il MAXXI a raggi X. Indagine sulla gestione privata di un museo pubblico

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Teoria e politica dello sviluppo presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Camerino, dove è stato docente di Scienza dell’amministrazione e ha presieduto il corso di laurea in Scienze politiche, ha insegnato negli atenei di Roma La Sapienza, Viterbo, Ferrara e Kyoto e fatto parte del consiglio universitario naziona-

«È finita la stagione dell’incertezza e delle vacche magre. […] Un provvidenziale emendamento del Parlamento integra, in via permanente, il fondo di ben cinque milioni di euro annui. […] La controversa gestione finanziaria di un patrimonio culturale dello Stato merita di essere approfondita nei risvolti politico-burocratici, nelle responsabilità di ordine amministrativo e nelle sue implicazioni di carattere reputazionale.»

le. È stato membro del comitato tecnico-scientifico per i beni e i servizi culturali della Regione Lombardia e direttore del progetto di ricerca cnr: “Modelli organizzativi e gestionali per lo sviluppo delle attività culturali nei musei e negli spazi espositivi”. Tra le sue pubblicazioni in materia di economia e politica dell’arte e della cultura: Assetti organizzativi e strumenti normativi per la gestione e lo sviluppo sostenibile dei musei pubblici (2006).

Alessandro Monti  Il maxxi a raggi x

Alessandro Monti, già professore ordinario di

Aperto nel maggio 2010 con grande successo di pubblico e commissariato nel maggio 2012 per squilibri di bilancio, il maxxi è attualmente in fase di laborioso rilancio con un diverso consiglio di amministrazione. Sul difficile decollo di questa nuova istituzione museale pesano ambiziosità progettuali, carenze manageriali e risor-

Il maxxi a raggi x

se finanziarie altalenanti. Frutto di scelte politiche prive di una puntuale analisi di costi e benefici per la collettività, e caratterizzato dall’anomala condizione di museo statale affidato in gestione a una fondazione di diritto priva-

Indagine sulla gestione privata di un museo pubblico

to, il maxxi è nato senza una chiara e convincente giustificazione culturale rispetto ad alternative di maggiore utilità sociale. Il pamphlet di Alessandro Monti ricostruisce i risvolti politico-burocratici di una creazione “a tavolino” e gli aspetti controversi della gestione operativa che ha dovuto misurarsi con un contesto caratterizzato da un eccesso di offerta di spa-

Alessandro Monti

zi museali ed espositivi e dall’inadeguatezza del suo contenitore: progettato infatti dal celebre architetto iracheno Zaha Hadid e costato complessivamente all’erario oltre centottanta milioni di euro, l’imponente edificio di cemento si è rivelato più scenografico che funzionale.

Nella stessa collana:

Questa trattazione approfondita dei nodi cru-

1. Karine Lisbonne – Bernard Zürcher

ciali e dei punti deboli si conclude con una se-

Arte contemporanea: costo o investimento?

rie di indicazioni propositive volta a superare

Una prospettiva europea

le attuali criticità e migliorare le future per-

2. Olav Velthuis, Imaginary economics

formance, ripensando le priorità strategiche e

Quando l’arte sfida il capitalismo

programmatiche della Fondazione a livello or-

3. Paul Werner, Museo S.p.a.

ganizzativo, operativo e relazionale. L’obietti-

La globalizzazione della cultura

vo è quello di mettere in evidenza i possibili

4. Alexander Alberro Arte Concettuale e strategie pubblicitarie

€ 12,00 978-88-6010-153-2

vantaggi di una maggiore trasparenza e un maggiore coinvolgimento del personale nella

5. Adriana Polveroni – Marianna Agliottone

gestione, oltre che la necessità di selezionare

Il piacere dell’arte. Pratica e fenomenologia del

di più l’offerta culturale, una selezione che va-

collezionismo contemporaneo in Italia

lorizzi soprattutto le collezioni permanenti e

6. Mario Abis – Gianni Canova (a c. di)

finalmente faccia del maxxi un punto di rife-

I festival del cinema. Quando la cultura rende

rimento a livello nazionale.



arte economia 7


© 2014 Johan & Levi Editore Progetto grafico Paola Lenarduzzi Impaginazione Smalltoo Stampa Arti Grafiche Bianca & Volta, Truccazzano (mi) Finito di stampare nel mese di luglio 2014 isbn 978-88-6010-153-2 Johan & Levi Editore www.johanandlevi.com l presente volume è coperto da diritto d’autore e nessuna parte di esso può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti d’autore.

STAMPATO SU CARTA

Volume realizzato nel rispetto delle norme di gestione forestale responsabile, su carta certificata PaperlinX Core.


Alessandro Monti

Il maxxi a raggi x Indagine sulla gestione privata di un museo pubblico



A Matteo e Sofia, nati nel xxi secolo



Sommario

Introduzione

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1. L’architettura del maxxi: un contenitore più scenografico

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che funzionale 2. Lo stato da garante a competitor protetto. La creazione del maxxi

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tra ambiziosità progettuali e scelte politiche affrettate 2.1 Un museo sulla carta. Le contraddizioni di un progetto

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politico artificioso

2.2 Contrapposizioni tra istituzioni e aspirazioni individuali

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3. La Fondazione maxxi. Anomalie e inconvenienti di una gestione

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privatistica nata “a tavolino”

3.1 Le spinte del legislatore e le tappe forzate del processo costitutivo

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3.2 Il commissariamento del maxxi tra interessi politici, carenze

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manageriali, penuria e discontinuità delle risorse

3.3 Le incongruenze della gestione privatistica di un

museo pubblico. Le erogazioni dello Stato e i finanziamenti

altalenanti della arcus spa

3.4 Ambiguità statutarie e incompletezza dell’assetto regolamentare:

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discrezionalità nella gestione 3.5 La querelle sulla retribuibilità di un presidente a titolo onorifico.

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Il contenzioso aperto e le contraddizioni del ministero vigilante

4. I nuovi musei maxxi e il contesto strutturale e operativo

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dell’arte contemporanea in Italia 4.1 Eccesso di spazi espositivi e di offerta culturale. Tendenze

innovative e risposta del pubblico in un assetto asimmetrico

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4.2 Vitalità e vulnerabilità di un sistema espositivo disarticolato.

4.3 maxxi Arte e maxxi Architettura: fabbrica di mostre e di eventi

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Il Piano per l’arte contemporanea e i suoi limiti 51

tra eccellenza e routine. I rischi involutivi

5. Esiti insoddisfacenti della gestione

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5.1 Carenze e discrasie informative. Il nodo della trasparenza

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5.2 Boom di visitatori: un successo più apparente che reale

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5.3 Tasso di affluenza del pubblico alle mostre: alcuni confronti

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6. Indicazioni propositive per una nuova direzione di marcia

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e per migliorare la performance operativa 6.1 Sul fronte etico-politico, strategico e programmatico

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6.2 Sul fronte giuridico-istituzionale

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6.3 Sul fronte organizzativo, funzionale e relazionale

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Note

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Riferimenti bibliografici per approfondimenti

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Abbreviazioni

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Indice delle tavole

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Indice dei nomi

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Introduzione

Prima ancora di quanto non avvenga per l’economia italiana, e per la maggior parte delle istituzioni culturali, per la Fondazione maxxi – Museo nazionale delle arti del xxi secolo, che gestisce due musei a Roma, il maxxi Arte e il maxxi Architettura, è finita la stagione dell’incertezza e delle vacche magre. Un provvidenziale emendamento del Parlamento al decreto legge n. 91/2013 (governo Letta, ministro Bray)1 integra, in via permanente, il fondo di gestione di ben cinque milioni di euro annui. Così, il contributo statale che, a seguito della spending review, dal 2014 sarebbe dovuto calare da 2.200.000 a 900.000 euro annui, come prevedeva il bilancio del ministero per i Beni e le attività culturali (cap. 5514) per il triennio 2013-2015, ha quintuplicato invece il suo valore. Una soluzione obbligata per evitare il ripetersi dell’impasse che nel maggio 2012 ha bruscamente interrotto la continuità del processo di start up e inciso negativamente sull’immagine di un complesso museale pubblico a meno di due anni dalla sua apertura. La controversa gestione finanziaria di un patrimonio culturale dello Stato, apparentemente superata con il tardivo intervento del legislatore, merita di essere approfondita nei risvolti politico-burocratici, nelle responsabilità di ordine amministrativo e nelle sue implicazioni di carattere reputazionale. Innanzitutto occorre accertare se la raggiunta stabilizzazione finanziaria sia sufficiente di per sé a realizzare l’ambizioso progetto di fare del «primo museo per la creatività contemporanea, l’arte e l’architettura […] un centro di eccellenza in grado di comunicare al mondo non solo il made in Italy ma lo stile di vita italiano», come annuncia la guida del maxxi che si rifà alle previsioni dell’atto costitutivo della Fondazione (art. 6). Si tratta, cioè, di dare evidenza empirica all’impressione che a frenare lo sviluppo della nuova istituzione abbiano concorso non solo insufficienza e instabilità nei trasferimenti statali ma anche un insieme di anomalie strutturali

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·  Il maxxi a raggi x ·

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e di criticità organizzative, alcune delle quali permangono per carenza di regolamentazione e vigilanza ministeriale, condizionandone il rilancio. Le pagine che seguono contengono una lettura critica riferita tanto alle scelte del policy maker che hanno portato alla nascita del nuovo complesso museale e alla precarietà del suo assetto giuridico-istituzionale e funzionale, tanto alle iniziative assunte dal consiglio di amministrazione nominato dopo la fine del commissariamento straordinario della Fondazione nell’ottobre 2012. Parte di una più ampia ricerca su innovazione e regolamentazione nella governance e nell’offerta culturale di alcuni dei maggiori musei e spazi espositivi di arte contemporanea in Italia, l’indagine non ha potuto giovarsi della fattiva collaborazione delle strutture amministrative della Fondazione e dell’organo di vigilanza. La ritrosia nel fornire dati statistici ed elementi conoscitivi, più volte richiesti, necessari per una puntuale ricostruzione dei vari passaggi della vicenda costitutiva e dei suoi esiti, mostra come l’opacità della burocrazia ministeriale attraversi anche quella ordinata a tutelare e valorizzare i beni culturali. Ciò non ha impedito, però, di pervenire a un quadro sufficientemente completo dello stato e delle prospettive del maxxi, chiamato a misurarsi con il contesto strutturale e operativo dell’arte contemporanea assai variegato e innovativo, sinteticamente ricostruito nel testo. L’analisi della documentazione ufficiale accessibile, inclusi gli atti di sindacato ispettivo del Parlamento, integrata con indagini dirette, operazioni di benchmarking, nonché l’esame delle informazioni e riflessioni di fonte tecnico-scientifica e giornalistica, evidenzia come la legislazione di riferimento, i provvedimenti ministeriali e le decisioni operative adottate dagli organi di governo della Fondazione abbiano concorso, ognuno per la loro parte e ai relativi livelli di responsabilità, al formarsi delle défaillance attuali e di quelle pregresse. Di seguito si darà una breve sintesi delle criticità, insieme ad alcune indicazioni propositive per superarle e per migliorare le future performance. Tre sono i fronti di intervento individuati che coinvolgono diversi ambiti e livelli di responsabilità. Il primo fronte, di carattere etico-politico, riguarda l’opportunità di riconsiderare gli obiettivi strategici e programmatici della Fondazione maxxi puntando più sulla creatività che sul consumo delle opere d’arte e favorendo più la conoscenza dell’impatto sociale dell’architettura che la tutela dei suoi interessi economici. Il secondo fronte di intervento, di carattere giuridicoistituzionale, riguarda le indispensabili modificazioni statutarie e la loro


· Introduzione ·

attuazione normativa, unitamente alla regolamentazione della governance e dell’attività museale. L’ultimo fronte attiene ad alcuni aggiustamenti organizzativi, funzionali e relazionali che si propongono di assicurare vantaggi da maggiore trasparenza, coinvolgimento nella gestione, selettività dell’offerta culturale e vigilanza ministeriale. La bibliografia finale contiene ampi riferimenti per ulteriori approfondimenti.

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1 L’architettura del maxxi: un contenitore più scenografico che funzionale

Al centro dell’intricata vicenda che approfondiremo nelle pagine seguenti è la sede fisica del nuovo Museo nazionale delle arti del xxi secolo. È necessario dunque cominciare con sintetici cenni a chi l’ha disegnata e a chi l’ha costruita, all’aspetto esterno e alla sua articolazione interna, ai costi e alla sua funzionalità. Progettato nel 1998 dall’architetto iracheno Zaha Hadid insieme all’architetto tedesco Patrick Schumacher, vincitori nel 1999 di un affollato concorso pubblico internazionale (duecentocinquanta domande), il complesso museale è stato faticosamente inaugurato dopo dodici anni. Le imprese italiane che l’hanno realizzato1 hanno dovuto affrontare alcune peculiarità progettuali. La progettazione strutturale esecutiva e i lavori di costruzione hanno dovuto tenere conto della complessità di un edificio nel suo insieme «fortemente iperstatico e caratterizzato da soluzioni formali esasperate (rarefazione degli appoggi procedendo dall’alto verso il basso fino a diventare esili sostegni, grandi sbalzi e aperture), nonché dall’irregolarità della distribuzione delle masse e la loro anomala collocazione rispetto alla rigidezza della struttura».2 Costato complessivamente all’erario oltre centottanta milioni di euro, il triplo dei centodieci miliardi di vecchie lire previsti originariamente nel bando di concorso, il nuovo complesso museale si è rivelato un contenitore in gran parte inadeguato alle esigenze funzionali. Ubicato in via Guido Reni, al quartiere Flaminio di Roma, l’edificio che ospita i musei maxxi Arte e maxxi Architettura è un imponente fabbricato di cemento e poco vetro. Articolato su cinque grandi gallerie, lo spazio coperto ha carattere soprattutto scenografico. Nonostante la sua vastità (21.200 m2), la superficie espositiva è soltanto di 10.000 m2: una sproporzione palpabile guardando l’atrio di ben 520 m2. Se si eccettua l’area terminale della galleria superiore (n. 5) aggettante verso la piazza con un’ampia vetrata, la maggior parte degli ambienti, con pareti eccessivamente alte (fino a nove

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·  Il maxxi a raggi x ·

metri) e colori grigi, risulta scarsamente illuminata dalla luce naturale. La permanenza interna dei visitatori è scandita più dalla spiacevole lunghezza dei corridoi e la scomodità delle scale che non da un’accogliente calorosità degli spazi. C’è la possibilità di un rifugio, quando aperto, nell’auditorium che però è di appena duecentoquaranta posti (284 m2). Le strutture direzionali sono collocate all’esterno in una palazzina di tufo e laterizi insieme alle strutture di supporto (il base: biblioteca, archivio, studi e editoria) che un fine critico di arte contemporanea come Mauro Covacich considera “il posto più europeo di Roma”. Se la massa di cemento armato è esteticamente e funzionalmente discutibile, la piazza circostante (19.640 m2) è diventata un luogo di socializzazione urbana: l’area attrezzata a giardinetto con giochi e panchine è assai apprezzata dalle famiglie del quartiere con bambini e dagli anziani. Con la sua dignitosa semplicità, la superstite facciata della ex caserma Montello, in parte demolita per far posto alla nuova megastruttura, ne fa risaltare la pretenziosità stilistica.

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2 Lo Stato da garante a competitor protetto. La creazione del maxxi tra ambiziosità progettuali e scelte politiche affrettate Aperto nel maggio 2010 con grande successo di pubblico e commissariato nel maggio 2012 per squilibri di bilancio, il Museo nazionale delle arti del xxi secolo è attualmente in fase di laborioso rilancio. Sullo stop and go di questa nuova istituzione museale pesa un intreccio di fattori: ambiziosità progettuali, aspirazioni individuali, carenze manageriali e risorse finanziarie altalenanti. Frutto di scelte politiche prive di una puntuale analisi di costi e benefici per la collettività, la nascita del maxxi è avvenuta senza una chiara e convincente giustificazione culturale rispetto ad alternative di maggiore utilità sociale, incurante delle molteplici implicazioni sulla funzionalità del sistema museale ed espositivo di arte moderna e contemporanea e delle inevitabili sovrapposizioni e contrapposizioni con istituzioni pubbliche già efficacemente operanti.

2.1  Un museo sulla carta. Le contraddizioni di un progetto politico artificioso Nonostante l’assenza di impellenti lacune museali ed espositive di arte contemporanea di rango nazionale da colmare. Nonostante la presenza della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea (gnamc) retta da un’apposita Soprintendenza, in via di ampliamento (da 15.000 a 23.000 m2) per le opere del xxi secolo, e dell’Istituto nazionale per la grafica (ing) che raccoglie, studia e espone anche la produzione grafica artistica contemporanea, incluse fotografie e opere multimediali. Nonostante la periodica attività di strutture organizzative di livello internazionale nel campo delle esposizioni temporanee come la Fondazione La Biennale di Venezia (arte e architettura), la Fondazione La Triennale di

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Milano (design, arti decorative e architettura), la Fondazione La Quadriennale di Roma (arte), tutte ampiamente sostenute dallo Stato. Nonostante il clima di crisi progressiva della finanza pubblica con i conseguenti disagi di funzionamento a livello centrale e periferico dell’amministrazione dei beni culturali per il rarefarsi del personale e la mancata copertura dei posti di ruolo liberati dal turnover. Nonostante tutto ciò, a partire dalla xiii legislatura (1996-2001), Parlamento e Governo, segnatamente i governi Prodi-Veltroni, D’Alema-Melandri, Amato-Melandri, si sono adoperati senza sosta nel reperimento di ingenti risorse pubbliche, spesso sottratte ad altri impieghi sociali, destinate prima alla individuazione del sito, poi alla progettazione e alla costruzione e infine alla gestione del complesso edilizio di grandi dimensioni ritenuto indispensabile per ospitare un nuovo museo nazionale di arte contemporanea e di architettura, poi etichettato per le “arti del xxi secolo”. Partito in tono minore, attraverso la mera istituzione di un “Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee e dei nuovi musei”, con il rango di servizio coordinato e indirizzato dalla Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanea del mibac, il progetto legislativo è andato via via crescendo sulla carta, per “partenogenesi” e scatole cinesi. Così all’atto stesso della nascita del Centro, la legge istituisce al suo interno due nuovi enti fittizi: il “Museo delle arti contemporanee” e il “Museo dell’architettura” (legge 237/1999, art. 1, comma 1). Pure se palesemente sovrapposto, nelle funzioni e nelle attività a strutture statali pubbliche già operanti, il legislatore e il governo, prima surrettiziamente, poi sempre più esplicitamente, hanno spinto per l’avvento “a tutti i costi” del nuovo complesso museale, incuranti della concomitante contrapposizione con il progetto di ampliamento della Galleria nazionale di arte moderna e contemporanea. Anzi, i sostenitori del maxxi si sono giovati dell’impasse dei lavori di esecuzione dell’ampliamento, impantanati nella querelle distruzione/ricostruzione/conservazione della nuova ala Cosenza di oltre 8.000 m2 già iniziata alle spalle della Galleria e basata sul progetto dello studio Diener & Diener.1 Le difficoltà burocratiche a procedere nel progettato ampliamento della gnamc, assai meno costoso della costruzione di una nuova sede ma “deliberatamente” lasciato in stallo (l’area designata è tuttora occupata dal manufatto costruito e degradato ed è ancora lì il mega cartello che annuncia la realizzazione del progetto dello studio Diener & Diener di Basilea e


·  Lo Stato da garante a competitor protetto  ·

l’affidamento alla soprintendente pro tempore Bianca Alessandra Pinto della responsabilità del procedimento) hanno offerto così un’insperata e ulteriore giustificazione alla creazione del maxxi e un impulso ai relativi stanziamenti pubblici.

2.2  Contrapposizioni tra istituzioni e aspirazioni individuali Prospettata come una scelta innovativa ottimale, la creazione di un ulteriore museo nazionale costituisce, invece, una soluzione di ingiustificata discontinuità non solo artistica ma anche giuridico-istituzionale rispetto alla funzione centrale svolta finora efficacemente dalla gnamc, nei confronti della quale la nuova struttura resta completamente autonoma, priva di memoria storica, fino a configurarsi come soggetto sostanzialmente indipendente da ogni controllo tecnico-scientifico, amministrativo e contabile. Un’operazione politica del tutto inconsueta nel panorama della pubblica amministrazione dei beni culturali nei paesi dell’Unione Europea. Emblematico il caso del Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, in una situazione di ristrettezza di spazi espositivi analoga a quella alla gnamc, anziché costruire un nuovo museo di arte contemporanea si è preferito puntare sull’allargamento di altri 8.000 m2 della superficie espositiva esistente e mantenere la continuità e unitarietà della gestione delle collezioni e dei nuovi acquisti, incaricando del progetto il celebre architetto francese Jean Nouvel, con una spesa di novantadue milioni di euro, poco più della metà di quella sborsata per il maxxi. La decisione politica, per certi aspetti avventata, poco meditata nelle sue molteplici implicazioni, non è stata indolore. Ha comportato effetti di portata più generale che, come si vedrà, hanno investito ambito e funzioni della stessa amministrazione centrale assorbendone parte delle risorse. Si è infatti andati oltre il ruolo di garanzia e sostegno alle iniziative connesse alla produzione di opere d’arte e di architettura svolto dal ministero per i Beni e le attività culturali (mibac)2 con una apposita Direzione generale,3 per agire direttamente nel sistema museale e nel mercato espositivo, fino ad alterare il precario equilibrio pubblico/privato. La scelta va ricondotta non solo al prevalere di un approccio privatistico nella gestione del patrimonio culturale dello Stato, ma anche ad aspirazioni dell’alta burocrazia ministeriale e dei vertici politici dell’amministrazione, interessati a governare in prima persona la nuova struttura.

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·  Il maxxi a raggi x ·

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Significativa al riguardo l’assunzione dell’incarico di presidente della Fondazione maxxi da parte prima del direttore generale della soppressa Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanea,4 ideatore/ animatore del progetto, poi del ministro per i Beni e le attività culturali dei governi D’Alema (21 ottobre 1998-18 dicembre 1999 e 22 dicembre 1999-14 aprile 2000) e del governo Amato (24 aprile 2000-31 maggio 2001) che ha dato avvio e sostenuto l’operazione politica concepita dal precedente ministro Veltroni del governo Prodi (17 maggio 1996-9 ottobre 1998) appartenente allo stesso partito politico. Dal mibac provengono anche i direttori e vari collaboratori del maxxi Arte e del maxxi Architettura. Paradossalmente il mibac, attraverso il maxxi, ha finito per porsi in concorrenza non solo con l’intero apparato museale ed espositivo pubblico e privato dell’arte contemporanea e dell’architettura ma pure con se stesso. Per sopravvivere all’ambiziosità degli obiettivi statutari, infatti, il maxxi è stato costretto a competere con la gnamc e l’ing sia pure nella veste di competitor protetto, fino a insidiare il ruolo a livello nazionale egregiamente svolto da Venezia, centro nevralgico su scala mondiale per l’organizzazione di rassegne di arte contemporanea e di architettura che si alternano a cadenza biennale con grande successo (l’ultima Biennale d’Arte ha avuto oltre 475.000 visitatori da giugno a novembre 2013), cui si aggiungono le manifestazioni della Triennale di Milano (124.000 visitatori nel 2013).


3 La Fondazione maxxi. Anomalie e inconvenienti di una gestione privatistica nata “a tavolino” Sul tormentato decollo della nuova istituzione museale incidono non solo l’ambiziosità progettuale e politica che ne è all’origine, non solo l’inadeguatezza della struttura fisica che la ospita, ma anche le anomalie e gli inconvenienti dell’artificiosità della sua creazione “a tavolino”. Alla scelta politica di conferire personalità giuridica privatistica alla Fondazione, deputata a gestire i due nuovi musei, sono seguiti forzature nei tempi e nelle modalità di formazione e attuazione dell’atto costitutivo, apporti finanziari inadeguati e altalenanti, la querelle sulla retribuibilità della carica onorifica del presidente del cda e la discrezionalità nella gestione operativa che l’incompletezza dell’assetto organizzativo e regolamentare e talune ambiguità statutarie hanno contribuito ad alimentare.

3.1  Le spinte del legislatore e le tappe forzate del processo costitutivo Se il primo governo D’Alema, ministro Melandri, con la legge 12 luglio 1999, n. 237 (art. 1), si era limitato a istituire il “Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee e di nuovi musei” dichiarandolo «sede del Museo delle arti contemporanee» e, al tempo stesso, istituendo sulla carta nell’ambito del Centro pure il “Museo dell’architettura”, il governo Berlusconi, ministro Bondi, è andato ben oltre. Senza alcuna preventiva e puntuale analisi dei costi e benefici per la collettività, ha disposto la trasformazione del Centro in una Fondazione di diritto privato con due nuovi musei statali da gestire, promuovere e valorizzare. La decisione è stata inserita in un provvedimento legislativo omnibus del tutto improprio, la legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), che all’articolo 25 attribuisce al ministero compiti che si sono poi rivelati meramente ornamentali. Con la nuova normativa, infatti, vengono soppressi i poteri di coordinamento e indirizzo sulle attività

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del Centro il quale, trasformato ora in Fondazione, è sottoposto alla mera vigilanza della Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale e non alla più appropriata Direzione generale per il paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanea. L’eccessiva celerità che ha caratterizzato poi la sequenza temporale degli adempimenti procedurali per la nascita della Fondazione – più adatta a interventi straordinari di emergenza che all’attività ordinaria della pubblica amministrazione – si è accompagnata a improvvisazione nei contenuti normativi con effetti controproducenti sulla gestione. Così, il 15 luglio 2009, a meno di due settimane dall’entrata in vigore della legge n. 69/2009, si assiste all’emanazione di un decreto ministeriale che approva l’atto costitutivo e lo statuto e, contestualmente, nomina il consiglio di amministrazione della Fondazione e il suo presidente disponendo il trasferimento in uso dell’immobile museale alla Fondazione stessa. A tambur battente, il 29 luglio 2009 il decreto viene tramutato in atto notarile. Anche il riconoscimento della personalità giuridica alla Fondazione, con l’iscrizione nell’apposito registro presso la Prefettura di Roma, cui era condizionata l’efficacia delle disposizioni ministeriali, avviene all’insegna della rapidità: meno di tre mesi, il 21 ottobre 2009. La tempestiva acquisizione delle basi giuridiche per rendere formalmente operante la Fondazione, se ha accelerato i tempi per l’inaugurazione “politica” del maxxi, non ha favorito un’adeguata tutela del patrimonio museale e della sua corretta fruizione. La compressione dei tempi fisiologici necessari a istruire adeguatamente gli adempimenti tecnici e normativi per la regolare apertura al pubblico del museo, avvenuta il 30 maggio 2010, non ha consentito la piena attuazione normativa e organizzativa dello statuto, indispensabile per conferire regolarità e funzionalità all’attività istituzionale e contrattuale della Fondazione.

3.2  Il commissariamento del maxxi tra interessi politici, carenze manageriali, penuria e discontinuità delle risorse La nomina di un commissario straordinario per sei mesi, disposta a meno di due anni dall’apertura del museo a seguito delle dimissioni del consiglio di amministrazione della Fondazione maxxi rassegnate per sfuggire all’onta dell’annunciato provvedimento ministeriale di scioglimento per squilibri di bilancio, se conferma l’inadeguatezza della scelta politica


·  La Fondazione maxxi ·

all’origine della creazione giuridica della nuova istituzione, solleva interrogativi sulla sostenibilità del quadro contabile e dell’assetto finanziario nell’impegnativa opera di rilancio della gestione amministrativa e della conduzione museale. La singolarità dei modi e tempi del passaggio da un consiglio di amministrazione della Fondazione all’altro ha richiamato l’attenzione del Parlamento che, sia alla Camera dei deputati1 che al Senato della Repubblica,2 ha promosso numerosi atti di sindacato ispettivo nei confronti del ministro per i Beni e le attività culturali, il quale non ha fornito però alcuna risposta. Alcune interrogazioni parlamentari hanno avanzato l’ipotesi che gli squilibri di bilancio siano stati provocati con l’intento di rimuovere il cda in carica, ritenuto inadeguato, nominare un commissario straordinario e poi un nuovo cda più affidabile, al quale erogare i finanziamenti pubblici prima negati. D’altro canto i componenti il consiglio di amministrazione della Fondazione, Pio Baldi, Roberto Grossi e Stefano Zecchi, hanno dichiarato pubblicamente3 come proprio i massicci tagli lineari nei trasferimenti erariali (-75% nel biennio 2011-2012), una sorta di disinvestimento/ripensamento dello Stato, sarebbero all’origine del deficit contabile di oltre 2,7 milioni euro, della mancata approvazione del bilancio di previsione per il 2012 (cfr. tav. 1) e poi delle loro formali dimissioni il 9 maggio 2012, cui ha fatto seguito il commissariamento dell’ente e un periodo di precarietà funzionale e di rallentamento nell’attività operativa. In effetti, l’analisi del quadro contabile mostra come, a fronte degli 8,3 milioni di euro preventivati per le spese di funzionamento nell’esercizio 2012, le risorse disponibili fossero appena 5,6 milioni, di cui meno di 2,6 milioni quelle a carico dello Stato. Per coprire lo squilibrio e mettere la Fondazione in condizioni di approvare il bilancio preventivo del 2012 non è stato sufficiente nominare commissario straordinario della Fondazione il segretario generale del mibac, che ha “miracolosamente” raccolto oltre un milione e mezzo di nuove sponsorizzazioni e di contribuzioni private e l’apporto di 400.000 euro da parte della arcus spa, società interamente controllata dallo stesso mibac. Si è dovuto ricorrere all’erogazione di un contributo aggiuntivo dello Stato di ben un milione di euro, disposto dalla legge 16 ottobre 2012, n. 182 (Disposizioni per l’assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l’anno finanziario 2012). Nonostante questi “soccorsi” il bilancio consuntivo del maxxi anche per il 2012 presenta un disavanzo che, secondo la relazione dei revisori dei

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·  Il maxxi a raggi x ·

conti, supera i 669.000 euro aggiungendosi a quello relativo al 2011 che era stato di 711.000 euro, mentre nel 2010 si sarebbe registrato un avanzo di 2,4 milioni di euro.

tav. 1 – bilancio preventivo (non approvato) della fondazione maxxi per l’esercizio finanziario 2012 (in migliaia di euro) ricavi/entrate

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Biglietteria (escluso aggio)

1.000,0

Ricavi per sponsorizzazione e contributi di terzi

812,0

Servizi aggiuntivi

908,3

Altri ricavi

30,5

Contributi Regione Lazio

500,0

Donazioni private

200,0

Contributo mibac

2.066,4

totale ricavi/entrate

5.517,3

totale costi/uscite

8.310,0

sbilancio costi/ricavi

-2.872,7

Fonte: Antonia Pasqua Recchia, commissario straordinario maxxi, Bilancio dell’attività del maxxi e nuove prospettive, Roma, 16 ottobre 2012.

3.3  Le incongruenze della gestione privatistica di un museo pubblico. Le erogazioni dello Stato e i finanziamenti altalenanti della arcus spa La scelta politica di attribuire alla Fondazione natura giuridica privatistica ha avuto negative implicazioni sulla modalità e sui contenuti della gestione operativa. Una scelta che è andata al di là della possibilità, riconosciuta al mibac dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, di costituire nuovi soggetti per favorire la valorizzazione di beni culturali pubblici d’intesa con altre istituzioni nell’ambito di una puntuale azione programmatica (art. 112, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42). Una scelta che ha avuto effetti negativi rispetto a quelli ragionevoli di attenuazione dei vincoli burocratici che avvolgono spesso l’attività dei musei statali. Ne è derivata, infatti, la sottrazione dell’ente al controllo di Parlamento e Corte dei conti che, abbinata a una vigilanza ministeriale lacunosa e tar-


·  La Fondazione maxxi ·

diva, si è tradotta in ampi margini di discrezionalità degli organi decisionali con effetti ostativi sulla piena trasparenza gestionale di un patrimonio pubblico di notevole valore. L’incongruenza di questa scelta appare più evidente ove si consideri che la Fondazione maxxi: – usufruisce di quindici unità di personale cedute dal mibac e a carico dello Stato per un costo di 517.000 euro annui; – assorbe ben la metà delle risorse del fondo destinato al Piano per l’arte contemporanea per l’acquisto di nuove opere d’arte (art. 3 della legge n. 29/2001) e ciò nonostante le risorse disponibili del fondo si siano progressivamente ridotte da circa cinque milioni del 2002 a meno di due milioni l’anno; – gode di contributi statali al proprio fondo di gestione con somme che hanno oscillato dai 1,6 milioni di euro nel 2009 (a museo ancora chiuso) ai 6,5 milioni di euro del 2014 e che, grazie all’art. 6, comma 5 bis della legge n. 112 del 2013 si sono stabilizzate in via permanente in almeno cinque milioni annui; – dispone sia delle strutture immobiliari museali, conferite in uso al proprio fondo di dotazione per un valore inventariale di 183,5 milioni di euro, sia di tutte le opere d’arte e d’architettura per un valore inventariale di ben 20,6 milioni di euro e un valore d’uso gratuito stimato in oltre 5 milioni di euro.

tav. 2 – trasferimenti dello stato per il funzionamento della fondazione maxxi negli anni 2009-2014 (in migliaia di euro) anno

contributo (1 )

personale mibac (2)

piano arte contemporanea (3)

totale contributi

valore d’uso opere

totale trasferimenti

2010

1.815,3

517,1

1.198,2

1.637,1

5.156,3

6.793,4

3.530,6

5.156,3

8.686,9

2011

1.133,9

517,1

2012

2.265,3 (4)

517,1

825,2

2.476,2

5.156,3

7.632,5

802,1

3.584,5

5.156,3

2013

2.218,6

8.740,8

517,1

818,3

3.554,0

5.156,3

8.710,3

2014

5.000,0 (5)

517,1

1.000,0

6.517,1

5.156,3

11.673,4

2009

(1) Art. 5 della legge n. 69/2009. (2) Quindici unità di personale del mibac cedute al maxxi secondo apposito protocollo. (3) Art. 3 della legge n. 29/2001. (4) Incluso il contributo aggiuntivo di un milione di euro disposto dalla legge 16 ottobre 2012, n. 182. (5) Art. 6, comma 5bis del decreto legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito nella legge 7 ottobre 2013, n. 112. Fonte: elaborazioni su dati dei bilanci di previsione del mibac e del maxxi.

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·  Il maxxi a raggi x ·

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Come mostra la tavola 2, si tratta di un volume di trasferimenti erariali, effettivi (finanziari e di personale) e virtuali, che, superando 11,6 milioni di euro nel 2014, costituisce la maggiore fonte di entrata della Fondazione. I ricavi dalla vendita dei biglietti (un milione di euro, escluso aggio) e dai servizi aggiuntivi e gli ulteriori contributi pubblici (Regione Lazio, arcus ecc.) e privati, infatti, rappresentano nel loro insieme una quota nettamente inferiore a quella proveniente dallo Stato. Nella composizione delle fonti di finanziamento del maxxi specifica attenzione merita la consistenza e la discontinuità degli apporti forniti dalla arcus spa, controllata dal mibact e deputata al sostegno di iniziative per lo sviluppo della cultura e dell’arte attraverso l’impiego di una quota percentuale degli stanziamenti statali per le infrastrutture sulla base di criteri stabiliti con decreto interministeriale.4 Il ricorso alla società arcus, in un primo tempo motivato per integrare l’esaurita disponibilità dei fondi a suo tempo stanziati per i lavori di costruzione, è poi proseguito in modo altalenante nell’entità delle cifre erogate per fronteggiare ulteriori esigenze di funzionamento museale per complessivi 32,2 milioni di euro. In particolare: – nel triennio 2006-2008, appositamente stanziati nella legge finanziaria, sono stati erogati ben 23,7 milioni di euro al Provveditorato alle opere pubbliche per completare la costruzione del compendio di via Guido Reni; – nel 2009 sono stati assegnati ulteriori quattro milioni per «completamento del museo, allestimenti, mostre inaugurali e realizzazione del sito web»; – nel 2010 risultano attribuiti due milioni da destinare alla «conservazione, valorizzazione e allestimenti del museo»; – nel biennio 2012-2013 figurano elargiti contributi per complessivi 2,5 milioni per valorizzazione e restauri (cfr. tav. 3). Quanto alle polemiche sollevate dal contributo di 400.000 euro riconosciuto alla Fondazione maxxi durante il mandato del commissario straordinario (maggio-ottobre 2012) e non durante il mandato del precedente cda poi disciolto, nonostante la penuria di risorse per il funzionamento ordinario sussistesse anche allora, va osservato che il contributo non può essere ricondotto alla fase di liquidazione nella quale si sarebbe trovata arcus, poiché il relativo scioglimento della società, poi revocato, non era stato ancora disposto dal governo Monti.5


·  La Fondazione maxxi ·

Pure a fronte della rilevante acquisizione di risorse pubbliche di varia provenienza, la Fondazione maxxi, giovandosi della veste giuridica privatistica che gli consente di non sottostare agli obblighi di trasparenza stabiliti a carico degli enti pubblici dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (artt. 5 e 11), ha finora evitato di trasmettere i propri bilanci alla Corte dei conti per i controlli di legittimità degli atti e delle spese. Bilanci neppure depositati presso la propria biblioteca per la pubblica consultazione, né postati sul sito web nel rispetto delle più elementari regole di trasparenza e di garanzia della propria accountability. Al riguardo vale la pena segnalare come la società per azioni arcus, sottoposta anch’essa alla vigilanza ministeriale quale partecipata del mibac – ma a opera della Direzione generale per l’organizzazione, gli affari generali, l’innovazione, il bilancio e il personale, diversa dalla dgvpc che vigila il maxxi – pur potendo astenersi dal farlo, abbia invece deciso di rendere pubblici regolarmente sul proprio sito istituzionale i bilanci, le relazioni dei revisori dei conti, i decreti interministeriali con i programmi di intervento e il loro stato di avanzamento. 25 tav. 3 – erogazioni finanziarie della società arcus al maxxi dal 2006 al 2013 esercizi finanziari

importo (migliaia di euro)

destinazione

2006

7.900

lavori di costruzione

2007

7.900

lavori di costruzione

2008

7.900

lavori di costruzione

2009

4.000

allestimenti, mostre inaugurali, sito web

2010

nd

2011

2.000

conservazione, valorizzazione, allestimento

2012

400

progetto di valorizzazione

2013

400

progetto di valorizzazione

2013

1.700

restauro compendio ex caserma Mondello

totale erogazioni

32.200

Fonte: Decreti interministeriali mibac-mit di approvazione dei programmi di intervento dell’arcus spa ai sensi dell’art. 3 del decreto legge n. 72/2004 e del decreto interministeriale n. 182/2008.


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