Nanda Vigo . Light is Life Nanda Vigo . Light is Life
Spazio, ultima frontiera. […] diretti all’esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà fino ad arrivare dove nessun uomo è mai giunto prima. Grazie a nonna Ida Sidonia, al Terragni, a Flash Gordon, al Piero, al Lucio, al Giò, a Gene Roodenberry, a De Pisis, al Marco P., a Remo, a Giobatta, a questo pianeta. Nanda Vigo
Space, the final frontier. […] to explore strange new worlds, to seek out new life and new civilizations, to boldly go where no man has gone before. Thanks to my grandmother Ida Sidonia, to Terragni, to Flash Gordon, to Piero, to Lucio, to Giò, to Gene Roodenberry, to De Pisis, to Marco P., to Remo, to Giobatta, to this planet. Nanda Vigo
Nanda Vigo . Light is Life
Fare luce
Come un filo di neon piegato su se stesso fino a farsi al-
l’arte novecentesca come Piero Manzoni e Lucio Fontana)
fabeto e parola. Il nome di Nanda Vigo non riesco a im-
e che contamina il feticismo funzionalista di certi proget-
maginarlo che così, come lei stessa l’ha scritto nel percor-
tisti con ibridazioni e meticciati mai ovvi, mai prevedibili,
so complesso del suo Light Project: nandavigo. Scritto con
mai risaputi.
la luce. Guizzante di luce. Luce di senso, luce di sensazio-
Il design ne guadagna, non ne esce imbastardito. E l’arte
ne.
ritrova nel gesto di Nanda Vigo il sapere e il sapore antico
Pochi altri “artisti” del nostro tempo hanno saputo usare
dell’artigianato d’alta scuola, e il rumore del lavoro di bot-
la luce come ha fatto Nanda Vigo in quasi mezzo secolo
tega e del trucco di officina. Ospitare le sue opere in una
di attività: a cavallo fra arte, architettura e design, fautri-
mostra che si colloca nel ciclo di esposizioni generate dal-
ce di quella “integrazione delle arti” che certi conservato-
la Collezione Permanente del Design Italiano della Trien-
rismi avrebbero voluto mantenere ben distinte e separate,
nale di Milano è molto più che un atto dovuto. È un omag-
Nanda Vigo ha sempre perseguito un’idea del fare artisti-
gio, un rilancio, un’occasione. Forse, a suo modo, anche
co-progettuale capace di coinvolgere l’utente/spettatore in
un tentativo di “fare luce”.
una ridefinizione esperienziale del proprio vissuto. I suoi Cronotopi, così come i suoi Stimolatori di spazio, sono prima
Silvana Annicchiarico
di tutto spazi che si vivono. Non che si vedono, non che si sentono, non che si usano. Ci penetri dentro e subito ti trovi alle prese con una pratica illusionistica che riplasma lo spazio e il tempo, e che usa i vetri e gli specchi per immergerti in una sorta di liquido amniotico in cui la luce è tanto più determinante quanto più è sospesa e impalpa-
La Triennale di Milano dedica la mostra “Nanda Vigo. Li-
bile, ubiqua e imprendibile, segreta e sfuggente.
ght is Life” alla memoria del suo ex Presidente Alfredo de
Tra riflessi e trasparenze, Nanda Vigo lancia sulla scena ra-
Marzio, che avrebbe voluto pubblicare il libro sull’artista co-
zionale del progetto la provocazione di un melting pot lin-
me volume inaugurale di una nuova collana da lui ideata,
guistico ed emozionale che viene da lontano (forse, anche,
all’interno della sua inesausta e preziosa attività editoriale
dalla sua personale frequentazione con grandi maestri del-
e intellettuale.
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Shedding light
Like a neon tube bent back to form an alphabet and a word.
fetishistic functionalism of certain designers with hybrids
This is the only way I can imagine Nanda Vigo’s name, as
that are never obvious, never predictable, never well-worn.
she herself wrote it in the complex path of her Light Project:
Far from being debased, design benefits from this proce-
nandavigo. Written in light. Beaming out light. The light
dure. And in the gesture of Nanda Vigo art rediscovers the
of meaning, the light of sensation.
ancient wisdom and taste of the finest artisanship, the
Few other “artists” of our time have managed to use li-
sound of the workshop. To play host to her works in an
ght as Nanda Vigo has in almost fifty years of activity: stradd-
exhibition which is part of a cycle generated by the Per-
ling art, architecture and design, an advocate of the inte-
manent Collection of Italian Design of the Milan Trienna-
gration of the arts that certain conservatives would have
le is much more than a duty. It is a reappraisal, a new turn,
preferred to keep clearly distinct and separate, Nanda Vi-
an opportunity. Perhaps, in its way, also an attempt to “shed
go has always pursued an idea of artistic practice capable
light”.
of involving the user/spectator in a redefinition of his own experience. Her Chronotopes, like her Stimulators of spa-
Silvana Annicchiarico
ce, are first of all spaces to be experienced. Not to be seen, not to be heard, not to be used. You enter into them and immediately you find yourself up against an illusionist practice that reshapes space and time, and that uses glass and mirrors to plunge you into a sort of amniotic fluid in which the more the light is suspended, impalpable, ubiquitous, elusive, and secret, the more it is decisive. With her reflections and transparencies, Nanda Vigo laun-
The Milan Triennale dedicates the exhibition “Nanda Vigo.
ches a provocation on the rational scene of design, the pro-
Light is Life” to the memory of its former President Alfre-
vocation of a linguistic and emotional melting pot that co-
do de Marzio, who would have liked to publish the book
mes from afar (perhaps also from her close personal rela-
on the artist as the first volume in a new series conceived
tionship with great masters of twentieth-century art like Pie-
by him, part of his inexhaustible and invaluable publishing
ro Manzoni and Lucio Fontana) and that contaminates the
and intellectual activity.
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Nanda Vigo: «Light is Life» Dominique Stella
Nanda Vigo è un personaggio unico nella storia dell’arte
sta da bambina, durante la guerra, a Como, è stato come
contemporanea. A partire dagli anni sessanta ha influen-
scoprire “lo Spazio”, un mondo di possibilità. Anche do-
zato una generazione di artisti e di designer con l’esem-
po ho sempre cercato quelle esperienze che facevano usci-
plarità del suo lavoro, scegliendo la costante originalità e
re l’arte dalle due dimensioni […].
il rinnovo continuo, lontano dagli stereotipi e dai marchi
«Ho scoperto anche il lavoro pittorico di Mario Radice,
di fabbrica. All’applicazione sistematica di formule di suc-
il fatto che architettura e pittura potevano integrarsi, fon-
cesso ha sempre privilegiato la sperimentazione, estendendo
dersi, che la seconda non era un accessorio secondario del-
la sua curiosità a una ricerca profonda che, per il suo ap-
la prima. E poi, Terragni mi ha lasciato questa devozione
proccio e le sue radicali prese di posizione, la identifica co-
per il vetrocemento che non mi ha più abbandonato».
me artista: performance, installazioni, happening fanno par-
La sua immaginazione percorre molteplici territori, pri-
te del suo linguaggio artistico, parallelamente a un’attività
vilegiando l’esplorazione rispetto all’analisi; il che la rende
di architetto che l’ha portata naturalmente verso il design.
diversa dai suoi contemporanei, legati a un settarismo mo-
È curioso constatare come la nostra società, apparen-
derno che lei ha sempre evitato per operare in tutta libertà
temente così libera, abbia raramente concesso agli artisti
e senza pregiudizi, ispirandosi a teorie filosofiche piutto-
una notorietà in ambiti tanto complementari quali l’arte,
sto che a dottrine estetiche cui non ha mai aderito. Nan-
l’architettura e il design. Spesso si accetta il riconoscimen-
da Vigo rivendica una libertà creativa assoluta, lontano dal-
to in una sola disciplina. Prendiamo l’esempio di un mae-
le correnti, dalle scuole e dalle mode. Convinta che un’ar-
stro tanto celebre come Le Corbusier, adulato come ar-
te autentica possa ispirare le forme della società a venire,
chitetto, tollerato come designer e assolutamente non ri-
essa va oltre i riferimenti contemporanei e traccia le vie di
conosciuto come pittore, benché si sia dedicato con co-
un futuro prossimo. È questo innanzitutto a rendere Nan-
stanza a questa forma artistica, producendo un’opera che
da Vigo un’artista.
è rimasta per lo più in ambito privato. La molteplicità del
Nata a Milano, in una famiglia di origini francesi e au-
lavoro di Nanda Vigo tocca questi tre ambiti con uguale
stroungariche, l’educazione di Nanda Vigo è stata profon-
successo. La sua attitudine di ricercatrice ostinata si espri-
damente segnata dall’autorità di una nonna severa e al con-
me nelle tre discipline, operando in uno spirito di comple-
tempo attenta al mondo, che ha permesso all’adolescen-
mentarietà.
te di formarsi entro punti di riferimento che lasciavano spazio alla ricchezza culturale e al tempo stesso le insegnava-
Gli incontri determinanti
no l’autonomia. Il rapporto con la nonna, dalla forte per-
Come punto di partenza Nanda Vigo ha scelto l’architet-
sonalità e apertura mentale, costituisce il riferimento prin-
tura, che ha studiato al Politecnico di Losanna. «Grazie a
cipale della sua infanzia. Unico ricordo importante di suo
Terragni» dice Nanda «e alla Casa del Fascio in cui il ce-
padre: l’amicizia che lo legava a De Pisis e che le permise
mento e la luce giocano nello spazio, e il riflesso del cielo
di incontrare questo personaggio con il quale trovò un’im-
di Como diventa architettura.» È un ricordo d’infanzia, ra-
mediata complicità. All’età di sei anni, incontrò per la pri-
dice del suo immaginario. In un’intervista di Franco Raggi
ma volta l’artista: «Parlava poco e quasi con nessuno; mi
pubblicata su Flare , racconta il suo stupore: «Il mio illu-
si rivolse come se fossi un’adulta, come se avesse sentito
minamento è stato la Casa del Fascio di Terragni; l’ho vi-
che potevo comprendere la sua arte… la capii più tardi ve-
1
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Nanda Vigo: «Light is Life» Dominique Stella
Nanda Vigo is a unique figure in the history of contemporary
mo, and it was like discovering “Space”, a world of possi-
art. From the seventies onwards, by choosing constant orig-
bilities. I have always looked for the sort of experiences that
inality and renewal over stereotypes and “factory brands”,
allow art to escape from its two dimensions. […]
she has influenced a generation of artists and designers for
«I also discovered the painting of Mario Radice, the pos-
whom her work has been an example. She has always pre-
sibility of integrating and combining architecture and paint-
ferred experimentation to the systematic application of suc-
ing, the fact that painting was not a secondary accessory
cessful formulas, involved in an activity of profound research
of architecture. And then Terragni also conveyed to me a
which, due to her approach and her radical stances, iden-
love for glass floors that has never left me».
ties her as an artist: performances, installations, and hap-
Her imagination ranges over many different territories,
penings are part of her artistic language, together with her
favouring exploration over analysis; which makes her different
practice as an architect, which has naturally led her towards
from her contemporaries, bound to a modern sectarianism
design.
that she has always shunned in order to work in complete
It is interesting to see how Western society, apparent-
freedom, without prejudices, inspired by philosophical the-
ly so free, has rarely granted artists fame in the spheres of
ories rather than aesthetic doctrines to which she has nev-
art, architecture and design, even though they are natu-
er ascribed. Nanda Vigo demands absolute creative freedom,
rally complementary. Recognition is often given for only one
far from currents, schools, and fashions; convinced that au-
discipline. Take the example of Le Corbusier, adulated as
thentic art can inspire the future forms of society, Nanda goes
an architect, tolerated as a designer and completely un-
beyond contemporary references, tracing the paths of a near
recognised as a painter, although he devoted himself con-
future. In this she is first of all an artist.
stantly to painting, producing an oeuvre which remained
She was born in Milan into a family of French and Aus-
for the most part in the private sphere. The multiplicity of
tro-Hungarian origins. Her upbringing was marked deeply
the work of Nanda Vigo has touched these three disciplines
by the authority of a grandmother who was strict but at
with equal success. By expressing her attitude of stubborn
the same time interested in the outside world, which al-
research in all three spheres, she works with the aim of
lowed the young Nanda to develop her character within
achieving complementarity.
boundaries that also included cultural interests and taught her to be independent. Her grandmother, an extremely
Decisive encounters
strong character and a great openmindedness, was the main
As a starting point Nanda Vigo chose architecture, which
presence in her childhood. Her only clear memory of her
she studied at the Polytechnic of Lausanne. «Thanks to Ter-
father is his friendship with De Pisis, which allowed her to
ragni» says Nanda «and the Casa del Fascio in which the
meet an artist with whom she formed an immediate bond.
concrete and the light play in the space, and the reflection
She met De Pisis for the first time when she was six years
of the Como sky becomes architecture.» It is a childhood
old: «He spoke very little, with hardly anyone; he spoke to
memory, the root of her imaginary universe. In an interview
me as if I were an adult, as if he felt that I could under-
with Franco Raggi published in Flare,1 she described her as-
stand his art… I understood it only later when I saw his
tonishment: «My illumination was Terragni’s Casa del Fa-
work; and I realised that he could have achieved much more
scio. I discovered it as a young girl, during the war, in Co-
if he had not been subject to the oppression which re9
Ottantesimo compleanno di Giò Ponti, 1971, Milano, Italia Giò Ponti’s 80th birthday, 1971 Milan, Italy
dendo il suo lavoro; e compresi che avrebbe potuto dare molto di più, se non avesse subito quelle oppressioni che lo hanno represso e reso triste. Tuttavia per me rappresentò una rivelazione… fu così che, più tardi, cominciai a dipingere. Seguivo i corsi al Politecnico di Losanna e allo stesso tempo le lezioni di pittura all’Accademia di Belle Arti, queste ultime più da dilettante. All’epoca dipinsi alcuni quadri, ma poi ho preferito il disegno e ho privilegiato la matita rispetto al pennello. Tuttavia né la sola arte né la sola architettura mi sono mai bastate, ed è per questo che ho sempre sviluppato queste due passioni congiuntamente». Il percorso di Nanda Vigo è dunque del tutto originale: essa appartiene al mondo dell’architettura e del design, ma anche a quello dell’arte; la sua curiosità naturale l’ha portata a contraddistinguersi come artista più che come architetto, e ha profondamente segnato il suo design. Nan-
Giò Ponti e Lucio Fontana. In questi due personaggi fuori
da spiega questa ambivalenza con il fatto che la ricerca e
dalla norma che in quegli anni, a Milano, incarnano l’avan-
la sperimentazione sono più agevoli nell’ambito artistico
guardia si ritrova questa caratteristica costante della doppia
e constata che: «la ricerca, la si può fare solamente nel
influenza dell’architettura e dell’arte, benché appartenesse-
mondo dell’arte, perché l’architettura e il design com-
ro a sfere che allora non s’incontravano mai. Per la giovane
portano costrizioni tali da intralciare la libertà del proget-
artista di quel tempo, furono due miti: «Fontana aveva co-
to; eppure, anche se ragiono più da artista che da archi-
minciato a realizzare le installazioni luminose, che m’incu-
tetto, ho comunque bisogno degli elementi strutturanti che
riosivano moltissimo. Queste due personalità illuminavano
ho appreso dall’architettura. Inoltre, ho percepito la su-
Milano, città in cui all’epoca succedeva molto poco. La sto-
perficie della tela come un elemento poco vivibile, ed è
ria dell’arte si fermava a Sironi […]. Ma i meriti di Ponti e
per questo che ho sentito la necessità di creare installa-
Fontana non erano riconosciuti nella giusta misura dai miei
zioni che inglobano lo spettatore e nelle quali egli può evol-
coetanei, che qualificavano Ponti come “eclettico” critican-
vere».2
do l’eterogeneità della sua ispirazione al di là di ogni limite
È negli Stati Uniti che Nanda Vigo compie le sue prime
imposto. Ponti era universale, nel senso egizio del termine,
esperienze professionali. Il suo percorso iniziatico passa per
che unisce il religioso, il mistico e la conoscenza intima del
un breve soggiorno nell’atelier di Frank Lloyd Wright, a Ta-
mondo; egli seppe restituire tutto questo in un’opera esem-
liesin West. La sua formazione prosegue con uno stage a
plare che non ha niente a che vedere con l’eclettismo, ca-
San Francisco, dove si confronta con l’architettura di tipo
somai con la globalità di un sapere applicato ad ambiti tan-
“ingegneristico” nella quale tuttavia non ritrova il contat-
to diversi quali l’architettura, il design, la pittura e perfino la
to con gli elementi costruttivi, il rapporto tattile con i ma-
scenografia. Lo stesso vale per Fontana nell’ambito artisti-
teriali e l’esecuzione artigianale, che per lei costituiscono
co. Ho cercato in questi due personaggi una conferma sulle
le condizioni sine qua non per la realizzazione di un au-
ricerche che stavo allora conducendo, perché all’epoca gli ar-
tentico progetto architettonico.
tisti lavoravano ancora tutti sulla tela. C’era tutt’al più Piero
Il suo cammino la riporta a Milano tra la fine del ’58 e l’i-
Manzoni, che aveva portato la pittura al punto zero… ma
nizio del ’59. È il periodo mitico di Brera, dell’incontro con
non bisogna dimenticare che eravamo tutti figli di Duchamp».3
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Nanda Vigo con / with Lucio Fontana, 1964 Galleria Vinciana Milano, Italia / Milan, Italy
It was in the United States that Nanda Vigo had her first professional experience. Her initiation began with a brief spell in the studio of Frank Lloyd Wright, in Taliesin West. Her training continued with a period of work experience in San Francisco, where she met “engineering-based” architecture, in which she did not find the contact with the elements of construction, the tactile relationship with the materials and the manual craftsmanship which for her are the essential conditions for the development of an authentic architectural project. She returned to Milan towards the end of 1958. This was the mythical period of Brera and of her meeting with Giò Ponti and Lucio Fontana. These two unique figures, who incarnated the avantgarde in Milan during these years, were united by the common characteristic of the dual influence of architecture and art, even though they belonged to pressed him and made him sad. For me, however, he was
spheres that never came into contact at the time. For young
a revelation… this is how, later, I began to paint. I followed
artists Ponti and Fontana were legends: «Fontana had be-
the courses at the Polytechnic of Lausanne and also the
gun to create his light installations, which fascinated me.
painting lessons at the Academy of Fine Arts, the latter more
These two figures illuminated Milan, a city where very lit-
as a dilettante. I did some paintings at the time, but later
tle was happening at that time. The history of art stopped
I chose drawing and preferred the pencil to the paintbrush.
with Sironi… But the merits of Ponti and Fontana were not
However, neither art alone nor architecture alone have ever
sufficiently recognised by my contemporaries, who labelled
been enough for me, which is why I have always devel-
Ponti as “eclectic”, criticising the heterogeneous nature of
oped these two loves together».
his inspiration. Ponti was universal, in the Egyptian sense of the term, which combines the religious, the mystical, and
Nanda Vigo’s career is thus entirely original: she belongs to
profound knowledge of the world; and he managed to con-
the world of architecture and design, and at the same time
vey all this in an exemplary body of work that has nothing
to that of art; her natural curiosity has always distinguished
to do with eclecticism, but with the universality of a knowl-
her more as an artist than as an architect, and has had a
edge applied to spheres as different as architecture, design,
profound influence in her design work. Nanda explains this
painting and even set design. The same is true of Fontana
ambivalence with the fact that research and experimenta-
in the sphere of art. I tried to meet these two men in or-
tion are easier in the sphere of art, noting that: «Research
der to confirm the validity of my research, because all oth-
is only possible in the world of art, because architecture and
er artists at the time still worked on canvas. There was Piero
design entail constrictions that hinder the freedom of the
Manzoni, I suppose, who had brought painting to ground
project; but even if I think more as an artist than as an ar-
zero… but we should not forget that we were all the chil-
chitect, I still need the structure-giving elements that I learned
dren of Duchamp».3
from architecture. Moreover, the surface of the canvas seemed to me to be an element that could not be experi-
The cultural context of Nanda Vigo’s early career
enced, so I felt the need to create installations that incor-
In 1949 Fontana began to produce his light installations
porate the spectator, in which he can evolve».
(Ambienti spaziali), defining the concepts behind them in
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Nanda Vigo con / with Germana Marucelli, 1967 Ambiente cronotopico vivibile Galleria Apollinaire Milano, Italia / Milan, Italy
Nanda Vigo con / with Piero Manzoni, 1962 Milano, Italia / Milan, Italy
ity and of proportions, an architecture that would be “spatial” in the use of new materials like Woods’ light and neon. As a demonstration of these theories, in 1951 Fontana produced an enormous neon arabesque hanging above the monumental staircase at the Triennale. The installation, entitled Concetto spaziale, became the primary example of a luminous, aerial concept underlining the monumental nature of a space. On various occasions during the fifties, Fontana applied his ideas to the creation of architectonic elements involving light. He thus experimented with the use of light, which integrated architecture, design and art. For Nanda Vigo the research of this great precursor in light installations was a confirmation of concepts that would allow her to develop her work in the context of a school of thought that combined art and architecture. She was thus led naturally to use light as the basic material of her works. the Manifesti dello spazialismo and in the Manifiesto blan-
On the occasion of the 1964 Triennale she also worked with
co – Fontana’s first manifesto, drawn up in 1946 in Buenos
Fontana on the creation of a light installation entitled
Aires in collaboration with other artists. Here he proposed
Utopias.
a move towards “dynamism”, a subtle reference to Futurism, with a hint of Surrealism in the use of automatism.
The end of the fifties and the beginning of the sixties were
The Primo manifesto dello spazialismo was written in 1947,
marked in Milan by a lively cultural scene. These were the
immediately after Fontana’s return to Italy. In it he took up
famous years of Brera, when artists, a small group of peo-
some of the ideas in the Manifiesto blanco, also underlin-
ple short of financial resources but full of intellectual de-
ing certain fundamental distinctions: Art is not immortal,
termination, gathered at the Jamaica bar or at Jenny’s.
it is eternal, which frees art from its material contingen-
It was here, in 1959, that Nanda Vigo met Manzoni, their
cies. The other important difference is the acknowledge-
encounter leading to an immediate bond that would last
ment of the values of the past – unlike in the previous ma-
until Manzoni’s death in 1963. An exceptional passion unit-
nifesto, in which, with reference to the Futurists, he rec-
ed these two exuberant spirits that turned life into an artis-
ommended a tabula rasa of the past. He states that: «We
tic happening. Jamaica was a café where also other expo-
are convinced that […] nothing of the past will be destroyed,
nents of this “avantgarde”, totally unknown at the time,
neither the means nor the ends». In this manifesto he al-
used to go, and several famous photos by Uliano Lucas and
so refers to the word “spatial”, the “pure universal, sus-
Ugo Mulas record the presence of Fontana, Manzoni, Gi-
pended aerial image”. Other texts would follow: the Sec-
anni Colombo, Enrico Castellani, Vincenzo Agnetti and many
ondo manifesto dello spazialismo in 1948, the Proposta di
others. Nanda Vigo has always pointed out that this peri-
un regolamento del movimento spaziale in 1950, and then
od, which in hindsight seems to be mythical, was at the time
the Manifesto tecnico dello spazialismo in 1951 – on the
a moment of confusion from which Italian art was able to
occasion of the International Congress of Proportions at the
emerge thanks only to a spirit of emulation that tied Milan
9th Milan Triennale – in which Fontana introduced refer-
to Paris and Düsseldorf through an exchange of ideas be-
ences to architecture, missing in the other manifestos. He
tween the artists of the Zero Group in Germany, thanks to
imagined an architecture independent of the laws of grav-
the presence of Yves Klein and Jean Tinguely in France, and 13
Mostra “Nul”, 1965 (artisti del Gruppo Zero con E.L.L. de Wilde, il direttore del museo / Zero Group artists with E.L.L de Wilde the director of the museum)
Rotterdam, Paesi Bassi / The Netherlands (Per gentile concessione di / courtesy of Stedelijk Museum)
Nanda Vigo alle prime armi, contesto culturale
in cui Fontana introduce riferimenti all’architettura, assen-
Dal 1949 Fontana cominciava a realizzare gli Ambienti spa-
ti invece negli altri manifesti. Egli immagina un’architettu-
ziali, installazioni luminose il cui concetto era stato defini-
ra indipendente dalle leggi di gravità e dalle proporzioni,
to nel Manifiesto blanco e nei Manifesti dello spazialismo.
un’architettura “spaziale” nell’impiego di nuovi materiali co-
Nel primo, redatto a Buenos Aires nel 1946 in collabora-
me la luce di Wood e il neon. A dimostrazione di queste
zione con altri artisti, Fontana raccomandava un rinnova-
teorie, Fontana realizza nel 1951 un immenso arabesco di
mento nel “dinamismo”, sottile richiamo al Futurismo, con
neon a strapiombo sulla scalinata monumentale della Trien-
una punta di Surrealismo nell’applicazione dell’automatismo.
nale. L’installazione, intitolata Concetto spaziale, diventa il
Il Primo manifesto dello spazialismo fu scritto nel 1947, im-
riferimento assoluto di un concetto luminoso, aereo, che sot-
mediatamente dopo il ritorno di Fontana in Italia. Egli vi ri-
tolinea la monumentalità di uno spazio. In diverse occasioni
prende alcuni elementi del Manifiesto blanco sottolinean-
nel corso degli anni cinquanta, Fontana applicò le sue con-
do tuttavia alcune differenze fondamentali, come: «L’arte
cezioni alla realizzazione di elementi architettonici che met-
è eterna, ma non immortale», concetto che libera l’arte dal-
tevano in scena la luce. L’artista milanese sperimentava così
le sue contingenze materiali. L’altra importante differenza
la via dello spazio, che integrava architettura, design e arte.
è il riconoscimento dei valori del passato – mentre nel ma-
Le ricerche di questo grande precursore in materia di in-
nifesto precedente, in riferimento ai futuristi, egli racco-
stallazioni luminose rappresentarono per Nanda Vigo la con-
mandava la tabula rasa del passato. Egli ora afferma: «sia-
ferma di concetti che le avrebbero permesso di sviluppare
mo convinti che […] nulla verrà distrutto del passato, né mez-
il suo lavoro nell’ambito di una scuola di pensiero che uni-
zi, né fini». In questo manifesto egli fa anche riferimento
va arte e architettura. Nanda sarà dunque naturalmente por-
alla parola “spaziale”, pura immagine aerea, universale, so-
tata a utilizzare la luce come materiale di base delle sue
spesa. Seguiranno altri testi: il Secondo manifesto dello spa-
opere, come dimostra in occasione della sua partecipazio-
zialismo nel 1948, la Proposta di un Regolamento del Mo-
ne alla Triennale del 1964, dove realizzò con Lucio Fonta-
vimento Spaziale, nel 1950, e poi il Manifesto tecnico del-
na un Ambiente spaziale intitolato Utopie.
lo spazialismo nel 1951 – in occasione del Congresso In-
La fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta
ternazionale delle Proporzioni alla IX Triennale di Milano –
sono segnati, a Milano, da una certa effervescenza cultu-
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Ambiente cronotopico, 1970 Galleria Il Punto Calice L. (Sv), Italia / Italy
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rale. Sono i famosi anni di Brera, quando gli artisti – in realtà un piccolo gruppo di personaggi privi di mezzi ma intellettualmente determinati – si riunivano al bar Jamaica o al Jenny. È qui che nel 1959 Nanda Vigo incontra Manzoni: da uno sguardo nascerà un’immediata complicità e una passione eccezionale tra questi due spiriti eccessivi che trasformarono la vita in happening artistico, conclusosi con la morte drammatica di Manzoni nel 1963. Anche altri esponenti di quella “avanguardia”, allora totalmente sconosciuta, frequentavano il Jamaica, e alcune celebri fotogra-
e il ’65, una serie di esposizioni collettive dei principali mem-
fie di Uliano Lucas o di Ugo Mulas ricordano la presenza
bri del gruppo al quale si erano uniti Enrico Castellani,
di Fontana, Manzoni, Gianni Colombo, Enrico Castellani,
Gotthard Graubner, Daniel Spoerri, François Morellet, So-
Vincenzo Agnetti e molti altri. Nanda Vigo insiste nel sot-
to, Paul Bury, Arnulf Rainer e altri. Si occupò personalmen-
tolineare come questo periodo, che a posteriori ci appare
te del trasporto delle opere, viaggiando dal Belgio all’Olan-
mitico, fosse in realtà un momento di smarrimento dal qua-
da, dalla Germania alla Francia. A Milano l’esposizione fu or-
le l’arte italiana poté risollevarsi solamente grazie a un’e-
ganizzata nello studio di Lucio Fontana, in corso Monforte.
mulazione europea che univa Milano a Parigi e a Düssel-
L’impegno di Nanda Vigo si era manifestato in prece-
dorf attraverso gli scambi fra gli artisti del Gruppo Zero in
denza, con la creazione del gruppo Punto Uno. Nel 1961
Germania, grazie alla presenza di Yves Klein o di Jean Tin-
aveva chiesto a Fontana di redigere un manifesto, dichia-
guely in Francia, e a quella di artisti come Manzoni o Ca-
razione d’intenti annessa al Manifiesto blanco e ai Mani-
stellani a Milano. Certo non grazie a un riconoscimento,
festi dello spazialismo, al quale i giovani artisti che condi-
che arrivò solo in un secondo momento, ma per lo meno
videvano l’ideale artistico di Fontana avrebbero potuto ade-
attraverso la complicità che univa gli artisti. Il Gruppo Ze-
rire. Quest’ultimo definì un programma in quattro punti,
ro di Düsseldorf aspirava alla rottura con il passato e al su-
che fu ratificato da Dada Maino, Nanda Vigo, Azuma, Toyo-
peramento di tutte le esperienze plastiche; esso elaborava
fuku, Hsiao Chin e Calderara. I quattro princìpi fondamentali
l’idea di un’“arte allargata” che riconsiderasse lo spazio ar-
erano i seguenti:
tistico e che al posto dei colori facesse intervenire elementi o oggetti insoliti, come la luce o il movimento. I principa-
1 – Superare il ricordo per affidare all’idea la nostra an-
li esponenti del gruppo erano Otto Piene, Heinz Mack e
sia di esprimerci.
Günther Uecker. La maturazione delle loro idee raggiunse
2 – Affermare uno spazio che è dimensione spirituale
le esperienze di altre personalità emergenti della scena europea, come Lucio Fontana che proprio allora stava arrivando alla formulazione del suo Concetto spaziale, o Pie-
per definire la misura della nostra necessità. 3 – Realizzare ordine, armonia, equilibrio, purezza: l’essenziale.
ro Manzoni la cui riflessione critica mirava a ridurre la pit-
4 – Data la condizione finita nell’infinito, nella realtà del
tura alla sua espressione minimale, piuttosto che Jean Tin-
lo spirito trovare la verità dell’essere.
guely con il suo gusto per la sperimentazione e l’utilizzo del movimento, o infine Yves Klein con la sua ricerca sul-
Malgrado il suo impegno nella creazione di Punto Uno, Nan-
l’immaterialità e il suo lavoro sulla monocromia. Dopo la
da Vigo non partecipò alle esposizioni che seguirono, a cau-
morte di Manzoni nel 1963, Nanda Vigo mantenne il con-
sa delle divergenze fra i membri del gruppo sui concetti fi-
tatto con il Gruppo Zero, organizzando in Italia, tra il ’64
losofici che non furono rispettati. Tuttavia, la definizione de-
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Documento scritto a mano da Lucio Fontana, manifesto del gruppo Punto Uno, 1961 Milano, Italia Handwritten document by Lucio Fontana, manifesto of the Punto Uno group, 1961 Milan, Italy