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Le sorelle Macaluso

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Mare fuori

Mare fuori

spruzzino per i detergenti. Dorme poco, la notte si risveglia e mette il contenuto dello spruzzino in una bottiglietta d’acqua. Nel frattempo William viene chiamato da uno dei ragazzi che lo minaccia per un credito che William non risolve. Questi va in chiesa, poi al mare. Infine, recupera un pacco nascosto sotto un muro.

Il fidanzato, in macchina, insegue di nuovo il piccolo fuoristrada dove sta la collega odiata da Silvana, che torna al parco per allenarsi. Lui sostituisce la bottiglietta della donna con la propria, piena di veleno. Lei beve l’acqua avvelenata, l’avvelenatore va via.

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William raggiunge il tizio che lo minaccia con una pistola: gli spara e lo uccide.

Silvana si aggira tra i ruderi romani, sente delle voci, è agitata - è un sogno anche questo. Vede video di gattini, sorride. Di fronte a casa, dalla finestra vede un legionario, è impaurita. Il soldato prova ad entrare in casa, lei chiama disperata qualcuno, il telefono non funziona. Chiede aiuto dal terrazzo. Il legionario riesce ad entrare in casa, infine in terrazzo. Vede Silvana, che è nascosta, terrorizzata sotto un tavolo. Il legionario le dice qualcosa in latino e le dona un bracciale con la testa di un leone.

La donna che al pomeriggio aveva bevuto l’acqua con il veleno in piena notte si alza con dolori, beve dell’acqua.

Silvana si sposa in barca con il fidanzato. Nella stessa barca fanno festa. Passa del tempo, Silvana dice al marito che la collega è tre giorni che non va al lavoro. Nel frattempo, la nostra protagonista va a correre in un parco e vede la collega bere dalla bottiglietta: è solo la sua immaginazione. Una sera cammina su un ponte e perde il telefono cellulare.

Sfilate e manifestazioni non meglio definite.

L’anziano chiama dal cellulare il numero del fidanzato, dicendo a Silvana di aver trovato il cellulare. Lei va a recuperare il telefono a casa del signore, a letto malandato. Entra a casa del vecchio, si guardano. La voce fuori campo dell’anziano recita la morale del film. L La precedente lunga e pedante sinossi ha la pretesa di essere anche una raffigurazione critica del film: una fatica, quella di raccogliere ogni snodo del film, fatta per render conto della velenosa polpetta che spetta da digerire allo spettatore che incappi in questa visione. Un ammasso di elementi narrativi slegati tra loro, senza avere cittadinanza in nessuna formula sperimentale o avanguardistica, stanno dietro il sonoro insuccesso di critica e di pubblico subito dal simpatico Fabio Del Greco, in questa occasione anche attore. C’è da dire che tale dilettantismo, quello irrimediabile e della peggior specie, al quinto lungometraggio indica una certa impermeabilità alla qualità, caratteristica quantomai inquietante. Il film viene salvato da qualche momento di comicità involontaria, e da una idea iniziale interessante: mescolare video personali e domestici ad una messa in scena di finzione, idea non inedita ma con del potenziale. Purtroppo l’imperizia ha condotto a un inevitabile tracollo.

SerGio Scavio

di Emma Dante

Origine: Italia, 2020 Produzione: Rosamont, Minimum Fax Media, con Rai Cinema Regia: Emma Dante Soggetto: dalla pièce teatrale omonima di Emma Dante Sceneggiatura: Emma Dante, Elena Stancanelli, Giorgio Vasta Interpreti: Alissa Maria Orlando (Katia giovane), Laura Giordani (Katia adulta), Rosalba Bologna (Katia anziana), Susanna Piraino (Lia giovane), Serena Barone (Lia adulta), Maria Rosaria Alati (Lia anziana), Anita Pomario (Pinuccia giovane), Donatella Finocchiaro (Pinuccia adulta), Ileana Rigano (Pinuccia anziana), Eleonora De Luca (Maria giovane), Simona Malato (Maria adulta), Viola Pusateri (Antonella) Durata: 89’ Distribuzione: Teodora Film Uscita: 10 settembre 2020

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Rimaste probabilmente orfane, le cinque sorelle Macaluso vivono affittando colombi per i matrimoni grazie a un allevamento spontaneo formatosi nella loro casa. Quella mattina il loro socio ne chiede ottanta e, una volta accontentato, le giovani iniziano a vestirsi per andare al mare. Antonella, la più piccola, osserva le sorelle con ammirazione mentre si preparano e chiede a Pinuccia, che si sta truccando, di metterle un po’ di rossetto. Nel frattempo Lia legge e fa dispetti e Katia si preoccupa di non rimare a digiuno.

Nel tragitto per il mare, Maria mostra la sua passione per la danza e Antonella si lascia trasportare. Qui si imbattono in una sorta di parco pieno di dinosauri in cartapesta che decidono di esplorare e dal quale Katia e Lia rubano un uovo.

Arrivate al Charleston, uno stabilimento balneare esclusivo, dopo aver scavalcato perché non autorizzate, si buttano in acqua senza svestirsi e iniziano a schizzarsi a vicenda. Maria ripropone il suo balletto e tutte la imitano. Una volta concluso, si allontana dal

gruppo e raggiunge il cinema all’aperto dove lavora la sua ragazza.

Nel frattempo le altre sorelle tentano di salire su una scala sotto un pontile per raggiungere lo stabilimento ed entrare furtivamente. Pinuccia non crede sia una buona idea e si allontana; Antonella invece si lascia trasportare da Lia. Quando Maria torna allo stabilimento, la tragedia è già avvenuta.

Molti anni dopo, Lia e Pinuccia vivono ancora insieme in quella casa/voliera, anche se il loro rapporto non è dei migliori. Katia intanto le sta raggiungendo in macchina, accompagnata dal marito che si mostra parecchio petulante sulla necessità di vendere l’immobile al più presto. Maria fa lo stesso dopo aver concluso il turno di lavoro. La rimpatriata è stata organizzata da quest’ultima che ha un annuncio da fare. Intanto Lia legge, Maria si abbandona a una danza e Pinuccia si trucca. In quel momento appare la piccola Antonella che le chiede del rossetto.

Di nuovo insieme in quella casa iniziano a preparare la tavola con il corredo buono ma Katia rompe un piatto. Mentre tutte si chiedono il motivo della cena, Maria, che sembra debole, va a farsi un bagno. A fine cena la vediamo vomitare nel cestino e poi tentare di incollare pezzo per pezzo il piatto rotto. Purtroppo non può essere ricomposto interamente perché manca un piccolo frammento.

Servito il dolce inizia una discussione tra Lia e Pinuccia che diventa molto violenta e costringe Katia e Maria a separarle. Ma i litigi continuano incessantemente. Tutto questo rancore alla fine ritorna al passato e capiamo essere scaturito da quel giorno al mare, giorno in cui la piccola Antonella perse la vita. Maria allora va in camera, indossa un tutù, torna in cucina e dice a tutte di avere un cancro, poi si abbuffa dei dolci avanzati.

Tempo dopo, Lia, ormai anziana, libera l’armadio dai vestiti, toglie i quadri dal muro e i libri dalla libreria; poi rompe i vetri con i quali la voliera al piano di sopra era stata chiusa, aprendo la strada al ritorno dei colombi e intanto ripensa alla morte di Antonella. Dopo si fa un bagno, ricuce il vestito buono e immagina Maria, morta anch’essa, che le legge un libro come in passato. Poco tempo dopo Katia raggiunge Pinuccia: Lia è morta. Contemporaneamente, le due sorelle rimaste, sembrano aver trovato un acquirente per la casa, che manda gli operai a rimuovere i mobili il giorno stesso del funerale.

Quel maledetto ricordo però è ancora vivido. Dopo essere salita sulla scala, Antonella si spaventa alla vista di un bagnino che la sgrida e la fa scivolare causando la sua morte.

LLe sorelle Macaluso è l’adattamento cinematografico dell’omonimo spettacolo teatrale che ha portato la regista (di entrambe le produzioni) Emma Dante, alla vittoria nel 2014 di quello che è considerato il riconoscimento più importante in Italia in questo ambito, il premio Ubu.

Come adattamento, il film perde le storie accessorie e conserva solo lo scheletro centrale, addolcito narrativamente grazie alla collaborazione in fase di sceneggiatura di Elena Stancanelli e Giorgio Vasta. Ma con ciò la regista non rinuncia ai tratti fondamentali della sua poetica: la descrizione e la comunicazione dell’universo culturale siciliano (siamo a Palermo, anche suo luogo di nascita), l’uso del dialetto (un po’ alleggerito per il grande schermo), lo studio dei corpi (ripresi spesso senza veli, in posizioni contorte o da angolazioni particolari), il tono spesso leggero ma intriso perennemente di drammaticità (in questo caso è esemplare l’utilizzo della musica extradiegetica in una scena in particolare, quella in cui le sorelle si recano spensierate in spiaggia, d’estate, commentata dalla canzone Inverno di Fabrizio De André, cantata da Franco Battiato), eccetera.

La pellicola, secondo la regista, parla anche del tempo che passa inesorabile e per questo è suddivisa in tre atti, distinti da tre età anagrafiche differenti: gioventù, vita adulta e anzianità. Questo eterno scorrere colpisce evidentemente chi vive mentre chi non c’è più, seppur ancora presente, appare cristallizzato nella memoria (altro grande tema) e nel ricordo. Per questo motivo Antonella sarà sempre la bambina che era il giorno della sua morte.

Proprio dalla memoria scaturisce il rancore che genera i conflitti in età adulta tra le sorelle. La responsabilità sull’accaduto è la scintilla che accende un fuoco di problemi psicologici derivati. Risentimenti che non possono e non riescono a essere colmati o risolti, identicamente a un piatto che si rompe: può essere incollato ma se manca anche solo un piccolo frammento, esso non tornerà mai come era prima. Persino quando la situazione sembra poco conflittuale

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