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Undine - Un amore per sempre

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Sul più bello

Sul più bello

sconnesso, discontinuo, frammentario. Dall’infanzia in Svizzera con una famiglia adottiva e senza amore, ai primi ricoveri in manicomio, fino all’arrivo nella pianura emiliana, poco più che un barbone, Ligabue è escluso da tutti e lo sarà per sempre. Nessuno lo vuole, nessuno lo capisce, tutti lo isolano, lo provocano e sbeffeggiano. Con cinismo e lucidità, la pellicola indugia però sull’instabilità di Toni, incapace di accettare un rifiuto, insofferente alla tensione e portato all’autodistruzione.

In mezzo a tanto non detto Volevo nascondermi riesce però a lanciare un importante messaggio di normalizzazione della malattia mentale, rappresentata sempre con dolorosa limpidezza e mai in modo caricaturale. Ad emergere è il fragile equilibrio fra i dolori dell’anima di Ligabue, perennemente in fuga dagli altri e da se stesso, e la sua arte solo apparentemente sullo sfondo, ma in realtà amato nascondiglio in cui ritrovarsi. In mezzo a tanta solitudine, povertà e tristezza, ci sono infatti anche sprazzi di irrefrenabile bellezza. Per questo l’approccio formale impressionista, i campi lunghi sul Po e sulla natura circostante, i lampi di luce e le linee d’ombra che attraversano lo spazio battuto e vissuto da Ligabue, sembrano la voce naturale di questa opera cupa ma gentile, di questo ritratto rispettoso ed umanizzante dell’artista. Un uomo che prima di dipingere galli, oche, cani, tigri, ghepardi, sente dentro di sé la loro profonda animalità, la introietta, la mima, la percepisce interiormente, trasformandola in pittura. Perché “siamo tutti animali” grida il protagonista ed è ad essi che Ligabue riserva il suo affetto terreno.

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La messa in scena della società contadina emiliana di epoca fascista, con i suoi volti che sembrano usciti da un film di Olmi, alterna ambienti claustrofobici, come il manicomio, ad ambienti esterni all’aria aperta, l’ esibizione con le galline e con i bambini, le corse in moto sotto i portici. Notevole e puntuale appare il lavoro sul realismo delle lingue parlate, fra tedesco svizzero, dialetto emiliano e la lingua di Toni, che rappresenta un misto di entrambe.

Il vero elemento portante della pellicola è però l’interpretazione di Elio Germano, uno tra i migliori attori del cinema italiano odierno, che va oltre il trucco e convince con una prova furibonda ma precisissima, mai puramente imitatoria, debordante senza essere mai sopra le righe. Per “tutti gli storti, tutti gli sbagliati, tutti gli emarginati, tutti i fuori casta” del mondo, è la dedica di Germano in occasione dell’Orso d’Argento come migliore attore alla Berlinale 2020, seguito anche dal David. L’attore si è calato alla perfezione nel personaggio, studiandone con minuzia le caratteristiche fisiche ed artistiche. Impressiona nella potente scena di preparazione alla pittura: la metamorfosi del corpo che libera il suo spirito animale e sfida la tela bianca in un confronto fisico. È nell’ambito di questo trasporto, corporale ed emotivo, che il film accetta di prendersi i suoi rischi maggiori. Anche se qualche scivolone c’è, come la scena onirica poco prima del finale, voluta a tutti costi, in cui sul letto di morte l’amico Mazzacurati immagina di realizzare un busto di Ligabue.

veronica Barteri

di Christian Petzold

Origine: Francia, Germania, 2020 Produzione: Florian Klerner Von Gustorf, Michael Weber, Schramm Film Koeerner & Weber, coprodotto Les Films du Losange Regia: Christian Petzold Soggetto e Sceneggiatura: Christian Petzold Interpreti: Paula Beer (Undine Wibeau), Franz Rogowski (Christoph), Maryam Zaree (Monika), Jacob Matschenz (Johannes), Anne Ratte-Polle (Anna) Durata: 90’ Distribuzione: Europictures Uscita: 24 settembre 2020

NNel bar di fronte al museo in cui lavora, Undine chiede a Johannes di dimostrare il suo amore aspettandola di ritorno dopo la prima pausa al lavoro. In caso contrario, dice, si troverebbe costretta ad ucciderlo. La donna, una storica, lavora come guida in un museo che ripercorre le trasformazioni della città di Berlino. Alla pausa, torna al bar ma l’uomo non c’è. Qui viene raggiunta da Christoph, un subacqueo industriale, che era rimasto colpito dalla sua presentazione e che maldestramente fa cadere l’acquario che si trova all’interno del locale. Tra i due, dopo essere stati travolti dall’acqua, sboccia un amore a prima vista.

Undine raggiunge in treno Christoph, che aveva appena avuto un

incontro ravvicinato con un pesce gatto di due metri. I due consumano l’amore in stanza e a sera decidono di immergersi nel lago con le mute da sub. L’uomo guida la donna sott’acqua fino a un muro che reca una scritta: “Undine”. Ma in quel momento lei si allontana spogliandosi dell’attrezzatura. Christoph la cerca e la vede passare “a bordo” del pesce gatto, poi la raggiunge e la trova ormai priva di sensi. A riva opera una rianimazione a ritmo di Stayin’ Alive dei Bei Gees. La donna si riprende ma chiede di essere rianimata nuovamente. Prima che riparta, Christoph le regala un sommozzatore in miniatura, lo stesso dell’acquario rotto.

Tornata a lavoro, Undine riceve un incarico extra che la impegnerà il giorno successivo e la costringerà a studiare tutta la notte. Nel frattempo fa cadere il sommozzatore che perde una gamba, riattaccata successivamente con la colla. A sera viene raggiunta da Christoph che le chiede di tenere il suo discorso per poterla ascoltare.

Il mattino seguente la donna accompagna l’uomo alla stazione dei treni e nel tragitto incrocia Johannes con la nuova fidanzata. Poi, lungo la strada per il lavoro viene raggiunta da quest’ultimo che le dice di essere ancora innamorato di lei e che la aspetterà al solito bar durante la pausa. Questa volta la aspetta davvero e le chiede di fuggire insieme.

Tornata nel suo appartamento, Undine riceve una telefonata da Christoph che a quanto pare ha scoperto l’incontro al bar e, nonostante i tentativi di spiegazioni, sembra non voler ascoltare. Il giorno seguente la donna raggiunge il luogo di lavoro del fidanzato che però è transennato dalla polizia. L’uomo ha avuto un incidente: oltre ad avere danni a una gamba sembra essere cerebralmente morto. Arrivata in ospedale, Undine racconta della telefonata della sera precedente ma le viene detto che l’uomo è in quello stato da più di un giorno. Scioccata dalla notizia, prende il treno e invece di tornare a casa sua, raggiunge quella di Johannes e lo affoga nella piscina. Poi raggiunge il lago e si immerge. In quello stesso istante Christoph si risveglia dal coma.

Dopo la convalescenza, l’uomo si mette alla ricerca della donna. Suona al suo campanello ma la casa è abitata da due sconosciuti. Poi chiede informazioni a una collega del museo che però dice di non vederla da mesi.

Due anni dopo l’incidente Christoph decide di immergersi nuovamente, nonostante la sua attuale fidanzata non sia completamente d’accordo. Mentre ripara una tubatura Undine gli tocca una mano e poi si dilegua. Turbato dalla visione, riemerge e va subito a controllare la telecamera ma della donna non trova traccia.

Quella stessa notte l’uomo esce di nascosto per andare al lago e chiamare Undine. La fidanzata lo segue e lo guarda da un ponte, spaventata, mentre si immerge. Christoph, dopo essere riuscito a rivedere e toccare Undine, riemerge stringendo tra le mani il sommozzatore dell’acquario.

CChristian Petzold, uno dei più acclamati esponenti della Scuola di Berlino, scrive e dirige Undine - Un amore per sempre, un’opera all’apparenza minimalista, con una storia ridotta all’osso e dialoghi all’essenziale (dove si gioca spesso sul non detto), ma che nasconde una cura al dettaglio e al simbolismo tale da rasentare il poetico. Anche in essa il regista inserisce delle costanti della sua cinematografia: il protagonismo femminile, con l’interpretazione magnetica di Paula Beer valsa l’Orso d’Argento al Festival di Berlino come miglior attrice, e l’attenzione alla Storia e all’architettura. Undine è una storica che racconta ai visitatori del Märkisches Museum la storia urbanistica della città attraverso dei plastici che sono parecchio “attenzionati” dalla macchina da presa (interessante è l’espediente degli zoom su zone del plastico che si trasformano, in montaggio, nelle zone reali della città e che ricorda vagamente la tecnica corrispondente utilizzata per Shining e il suo labirinto).

L’acqua è il leitmotiv e l’immagine più forte della pellicola: è simbolo di vita e di inizio, dando origine alla storia tra Undine e Christoph (e di fatto anche al film), ma è anche simbolo di chiusura, della storia tra i due (e del film), e di morte, quella di Johannes.

Ma l’acqua come elemento ha ripercussioni anche sul piano del discorso, non solo in quello prettamente narrativo: la sua influenza è tale che per la stragrande maggioranza del film sembra di sentire in sottofondo il fruscio delle onde e a volte una sorta di sgocciolio; inoltre i due personaggi principali vivono e convivono con e grazie ad essa e tutto ciò che interessa la loro vita sembra accadere in acqua. Christoph è un palombaro che, in quanto tale, passa più tempo immerso nell’acqua che nell’aria; Undine, come suggerisce il nome, è invece l’incarnazione del folklore tedesco, con particolare riguardo al mito delle ondine. Queste ultime sono creature (che troviamo nelle opere sull’alchimia di Paracelso) assimilabili alle ninfe; la tradi-

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