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Fellinopolis

mente femminile diretta da Philippa Lowthorpe (The Crown) e co-sceneggiata da Gaby Chiappe (L’ora più bella) e Rebecca Frayn (The Lady - L’amore per la libertà) che, attraverso un approccio semplice e didascalico, ripercorre un pezzo di storia del femminismo inglese attraverso gli eventi che portarono al sabotaggio della ventesima edizione di Miss Mondo 1970. Un evento di fondamentale importanza non solo per la nascita del #MeToo, ma anche per l’annosa questione della discriminazione razziale che, fino a quel momento, escludeva qualsiasi donna di diversa provenienza etnica dai concorsi di bellezza.

Nel film infatti, è possibile evidenziare due storyline parallele che si ritroveranno a convergere nella stessa traiettoria: se da un lato viene affrontato il tema dell’emancipazione femminile e delle lotte che si sono susseguite, dall’altra viene mostrato il punto di vista delle donne di colore in gara, con Miss Grenada, che ai tempi è stata la prima donna di colore a vincere la competizione, e Miss Africa del Sud, arrivata seconda. Quello che viene fuori è l’interessante scontro/incontro tra questi due “mondi” (le femministe e le modelle che partecipano al concorso), le motivazioni di ciascuna e la forza anche politica di toccare temi razziali efficacemente collegati a quelli dei diritti delle donne. Non a caso la regista è stata abile a mostrare i fatti in maniera oggettiva, dimostrando quindi un rifiuto per estremismi di sorta. Mentre invece vengono condannati personaggi come quello di Bob Hope, emblema della Hollywood più retrograda e maschilista, incapace di apprezzare il vero valore delle donne se non quello di mero oggetto.

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Nonostante i buoni propositi, il film però non ha la forza necessaria di elevarsi a semplice commedia per un pubblico young adult. Le cause sono riscontrabili a partire da una sceneggiatura poco accurata e da una regia fin troppo televisiva che - unita ad una scarsa caratterizzazione dei personaggi e delle dinamiche del momento storico ricostruito - evidenziano i limiti di una pellicola poco appassionante.

Riesce a stupire invece l’elegante comparto scenografico (Cristina Casali) e la ricchezza dei costumi (Charlotte Walter) - con quest’ultimi premiati al British Independent Film Awards 2021 - che restituiscono alla perfezione il fascino ribelle dell’epoca.

Gran cast d’attori: oltre all’accoppiata Keira Knightley (Orgoglio e pregiudizio) e Gugu Mbatha-Raw (La ragazza del dipinto), con quest’ultima - una delle attrici britanniche più in ascesa, negli ultimi anni, sono degne di nota anche le partecipazioni di Rhys Ifans (Notting Hill), Greg Kinnear (The Last Song) e della promettente attrice irlandese Jessie Buckley (A proposito di Rose).

Il concorso è stato presentato in anteprima nazionale all’undicesima edizione del Bari International Film Festival 2020 ma, a causa della pandemia di COVID-19 il suo passaggio in sala è stato interrotto anzitempo per poi essere distribuito in Italia a partire dal 2 gennaio 2021 su Premium Video on Demand su Sky Primafila, iTunes, GPlay, Rakuten TV, TIMVISION, Chili e Infinity.

aleSSio D’anGelo

di Silvia Giulietti

FELLINOPOLIS Origine: Italia, 2020 Produzione: Iframe SRL, in collaborazione con Libera Università del Cinema Regia: Silvia Giulietti Soggetto e Sceneggiatura: Silvia Giulietti Interpreti: Lina Wertmüller (Se stessa), Nicola Piovani (Se stesso), Dante Ferretti (Se stesso), Maurizio Millenotti (Se stesso), Ferruccio Castronuovo (se stesso), Norma Giacchero (Se stessa) Distribuzione: Officine Ubu Durata: 80’ Uscita: 10 giugno 2021

DDal nero, scorrono immagini dei set di alcuni film diretti da Federico Fellini. Il regista riminese impartisce ordini attraverso il megafono, dirige gli attori, coordina le figurazioni. Una musica incalzante accompagna la sequenza di montaggio. Poi, il titolo del film. Roma, oggi. Immagini degli studi cinematografici di Cinecittà svelano il Teatro 5, all’interno del quale vennero girati molti dei film di Fellini. Altre sequenze tratte dalla lavorazione di alcuni film, soprattutto E la nave va, La città delle donne e Ginger e Fred. A narrare le immagini e il privilegio di averle potute cogliere è Ferruccio Castronuovo, regista e autore che si occupò, nel decennio 1976-86, del backstage dei lavori di Fellini. L’uomo, in inquadratura frontale, narra il primo incontro con il regista cinque volte premio Oscar e la magia di poter assistere alla costruzione del mondo felliniano sul set. Come lui, altri collaboratori, all’epoca poco più che giovani addetti ai lavori, raccontano, in inquadratura frontale, il loro primo incontro con Fellini e l’inizio del loro rapporto artistico, umano e lavorativo. Tra gli altri, la regista Lina Wertmuller (aiuto regia in vari film di Fellini), il compositore Nicola Piovani (autore delle musiche degli ultimi tre film di Fellini), il costumista Maurizio Millenotti, la segretaria di edizione Norma Giacchero e lo scenografo Dante Ferretti. Artisti, ognuno col proprio bagaglio di competenze rico-

nosciute da Fellini, al servizio del Maestro per aiutare a fare ordine tra suggestioni, fantasie, sogni e incubi tipiche del suo peculiare universo. Si sussegue poi un lungo montaggio di dettagli e particolari scenografici con protagonisti attrezzisti, macchinisti ed elettricisti intenti a organizzare il caos del set, tra binari, stativi, e trucchi artigianali vari utilizzati per raccontare la grande bugia del cinema. È l’universo di Fellini, ordinatamente caleidoscopico, gerarchicamente anarchico, serissimamente ludico. Gli storici collaboratori approfondiscono poi il metodo di lavoro del regista riminese: la scelta minuziosa e al contempo improvvisata di volti scovati, spesso per caso, tra le strade di Roma o Napoli, l’atmosfera sul set, sempre a metà tra il ginnasiale e il tirannico e ancora il lavoro di traduzione della sceneggiatura da mero testo a vera e propria costruzione (ir)reale di fronte alla macchina da presa. Nello specifico, vengono analizzati gli ultimi tre lavori di Fellini, definiti da Piovani “di ricerca”, nel costante tentativo, da parte del regista riminese, di smarcare se stesso, di rifiutare l’autocompiacimento, di non cedere alla tentazione della facile citazione. Le sequenze montate delle immagini di Castronuovo vengono alternate a interventi di Mastroianni, Cardinale e altri attori sul set, così come accompagnate dalla voce fuori campo dello stesso Fellini. I blocchi tematici sono invece introdotti o spezzati dalle animazioni a cura di Luca Siano. La parte finale del documentario mette a fuoco gli ultimi anni del regista: la difficoltà nel lavorare, i rifiuti dei produttori e, infine, la malattia. I vari collaboratori raccontano poi il loro ultimo incontro con Fellini, che si spegnerà la mattina del 31 ottobre 1993. Scorrono le immagini della camera ardente allestita, non a caso, proprio all’interno del Teatro 5 degli studi cinematografici di Cinecittà. D Dopo Gli angeli nascosti di Luchino Visconti (2007) Silvia Giulietti prosegue, con Fellinopolis, la sua indagine attorno al genio cinematografico visto e raccontato attraverso lo sguardo dei collaboratori, avvalendosi, in questo caso, della mano e degli occhi di un collega, il regista Ferruccio Castronuovo, testimone diretto del modus operandi di Fellini sul set. A lui solo fu infatti concesso, nel decennio 1976-86, di presenziare, munito di macchina da presa, tra gli incredibili allestimenti scenografici coniati da Dante Ferretti per Fellini, con lo scopo di raccontare, se mai fosse possibile, la tecnica registica di uno degli artisti più misteriosi, sfuggenti, criptici della storia del cinema nazionale e internazionale.

Silvia Giulietti plasma, attraverso il montaggio curato assieme ad Antonello Basso, l’incredibile repertorio di Castronuovo, non limitandosi a mostrare contraddizioni, smorfie e sfumature di un artista già ampiamente analizzato come Federico Fellini, ma ponendo il fuoco sul cinema come mestiere, nello specifico all’interno degli studi cinematografici di Cinecittà durante il loro ultimo periodo di gloria ed eccellenza. Particolare rilievo meritano quindi le immagini degli addetti ai lavori tutti, dall’ultimo macchinista fino al caporeparto, ognuno impegnato, quasi come durante la messa in scena di uno spettacolo liceale, a fare il proprio, vuoi girando una manovella, vuoi ondeggiando una bandiera, vuoi maneggiando una macchina del fumo. Nella stortura della verità felliniana, la purezza passa per la bugia, la realtà per la verosimiglianza, ed è così che il mare di plastica de La nave va sembra mare ancor più del mare, malinconico e luccicante. È il Fellini del tramonto, della ricerca, della verità raccontata a capriole, poiché tutto è già stato detto, indagato, raggiunto. Notevole emerge la capacità di un maestro del cinema già premiato, celebrato e riconosciuto in tutto il mondo come era il Fellini del decennio raccontato, di saper riconoscere la capacità altrui, di valorizzare, responsabilizzare, coinvolgere talenti, all’epoca ancora acerbi, come Dante Ferretti, Lina Wertmuller, Nicola Piovani, Maurizio Milenotti, Norma Giacchero e lo stesso Ferruccio Castronuovo. Fellini si affidò loro, durante la lavorazione dei suoi ultimi tre film, per sperimentare, ricercare, approfondire ancora, sfiorando il linguaggio televisivo, storcendo l’immagine, aggiungendo per arrivare alla sottrazione finale del silenzio assoluto raggiunto ne La voce della luna.

Il buon lavoro di Silvia Giulietti trova dunque il suo spazio tra la miriade di documentari riguardanti il regista riminese prodotti negli ultimi decenni, facendo luce non tanto su aspetti biografici già ampiamente affrontati da altri (il rapporto con le donne, con la moglie o con il paranormale) ma riportando il cinema, il fare cinema, di Federico Fellini e dei suoi collaboratori al centro del discorso. “Fellini era un mondo”, dichiara Lina Wertmuller alla macchina da presa. Grazie a Fellinopolis, quel mondo è ora un po’ meno sconosciuto.

Presentato alla Festa del cinema di Roma 2020 in occasione del centenario della nascita di Federico Fellini, il documentario di Silvia Giulietti, prodotto da iFrame, è uscito nelle sale italiane il 10 giugno 2021, distribuito da Officine Ubu.

GiorGio FeDerico MoSco

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