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Burraco fatale

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Lasciami andare

Lasciami andare

te una seduta del circolo: Gloria, una ex alcolista con difficoltà economiche, dice di essere in partenza per il Marocco. Da ciò Marco capisce che è stata lei a dare tutte le informazioni a Perla, la quale aveva il solo scopo di rivendergli la casa, invendibile altrimenti. Scoperto l’inganno, l’uomo affronta la truffatrice e la accusa di fronte a tutti, minacciando di denunciarla. La donna ammette di avere difficoltà economiche ma non si pente di ciò che ha fatto e dice di aver visto davvero Leo.

Alla luce di tutto ciò, Clara non riesce a spiegarsi come abbia fatto il sensitivo a sapere tutte quelle cose.

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Un anno dopo Anita e Marco sono tornati insieme ma lui non ha dimenticato. Nonostante sia passato del tempo, torna dal sensitivo per chiedere chiarimenti. Il medium non era a conoscenza della truffa e glielo dimostra mettendolo di nuovo in contatto col figlio. Nello stesso momento, Clara è tornata in quella casa e vede Leo nel riflesso sul muro.

SStefano Mordini ha ampiamente dimostrato di essere un regista poco conforme ai canoni della cinematografia italiana attuale e torna a farlo con Lasciami andare, un thriller che si tinge di paranormale e che conferma la sua vicinanza al genere, già sperimentata con Il testimone invisibile.

Tratto dal romanzo You came back (2012) dell’americano Christopher Coake, il film si concentra sull’analisi dell’esperienza traumatica di perdere un figlio di cinque anni, i sensi di colpa e la successiva elaborazione del lutto, per una coppia che, a causa di ciò, riesce a stento a parlarsi. Marco e Clara rappresentano i due estremi della reazione: il primo razionalmente cerca di lasciarsi l’accaduto alle spalle, la seconda invece si aggrappa a qualsiasi spiraglio pur di non abbandonare il passato. Un passato che si fa presente con l’arrivo di Perla che distrugge le certezze dei due, rendendoli incapaci di distinguere la realtà dall’illusione. Difficoltà che giustifica la presenza del personaggio del professor Zanardelli al quale è dedicata un’unica scena in cui viene spiegata la relazione tra spazio e tempo (e in particolare che quest’ultimo non viaggi in modo lineare ma a salti, rendendo effimera la distinzione tra passato e futuro) dal punto di vista della meccanica quantistica. Una scena lunga (e faticosa) che funziona quasi da “spiegone” e che, probabilmente, poteva essere risparmiata, evitando di rallentare ulteriormente un ritmo già lento.

Nella pratica dell’adattamento dal testo iniziale, Mordini (che scrive con Francesca Marciano e Luca Infascelli) muove il racconto dall’America all’Italia e ricolloca gli eventi a Venezia. Una scelta non casuale che risulta vincente grazie all’ampio folklore della città, avvezzo a credenze paranormali. Ma oltre al ruolo di sfondo, essa ne svolge uno importante a livello narrativo, quello di alter-ego del protagonista: la sua immagine monumentale ma decadente e precaria (anche a causa dell’acqua alta del 2019, periodo in cui è stato girato il film) si rispecchia in Marco, un ingegnere che “cerca di tenere a galla una città che sta affondando” ma che a malapena riesce a tenere a galla se stesso.

Presentato fuori concorso alla Biennale Cinema di Venezia 2020, il film riesce a creare un’atmosfera cupa e oscura, pregna di suspense e degna della drammaticità della trama e dell’etichetta di thriller che gli viene assegnata (anche grazie a una fotografia ben curata da Luigi Martinucci), ma forse pecca nella progressione narrativa che arranca e procede in modo monotono fino al plot twist finale che non riesce a soddisfare, da solo, le aspettative precedentemente generate.

Giallorenzo Di Matteo

di Giuliana Gamba

Origine: Italia, Francia, 2017 Produzione: Fenix Entertainment, Rai Cinema, Morocco Movie Group Regia: Giuliana Gamba Soggetto e Sceneggiatura: Francesco Ranieri Martinotti, Giuliana Gamba Interpreti: Claudia Gerini (Irma), Angela Finocchiaro (Eugenia), Paola Minaccioni (Rina), Caterina Guzzanti (Miranda), Mohamed Zouaoui (Kalid), Loretta Goggi (Sibilla), Pino Quartullo (Marco) Durata: 90’ Distribuzione: Koch Media Uscita: 12 febbraio 2021

IIrma, insegnante di violoncello, sta aspettando suo marito Mario dopo un concerto, sebbene l’uomo, totalmente disinteressato, si trovi in compagnia della sua giovane amante, Ava. Dopo una caduta, la donna viene soccorsa da Nabil, pescatore marocchino attratto da lei.

Ogni settimana, Irma si incontra con le sue amiche per le loro usuali partite a burraco: Miranda, giovane vedova ossessionata dal gioco, vive malvolentieri con la ricca suocera Sibilla, mentre sua figlia è fuori per studio; Rina, figlia di un prefetto, lavora come notaia, nota per essere una ladra e una bugiarda; Eugenia è una casalinga intrappolata in un matrimonio infelice, succube di suo marito. Scoperti i tradimenti di Mario, Irma

torna al porto per cercare Nabil; dopo essersi baciati, i due iniziano a frequentarsi di nascosto, ma Irma sente il bisogno di confessare la sua storia a Miranda, raccontandole la proposta del compagno di partire per qualche giorno insieme. Nel frattempo, Rina ed Eugenia scoprono che Ava ha postato sui suoi canali social dei video in cui la ritraggono mentre amoreggia con Mario, da cui la decisione della moglie di partire senza dire nulla al marito e senza sentirsi in colpa.

Nabil non è un semplice pescatore, ma appartiene a una delle tribù più antiche del Marocco, tanto da accompagnare Irma nella sua patria con il suo aereo personale, accogliendola nella sua ricca dimora; mentre i due sono in viaggio, Mario va alla ricerca di Irma da Miranda, per cui Sibilla si inventa una lettera fittizia della donna per comunicargli la sua decisione di divorziare definitivamente. In Marocco, Irma vive la sua idilliaca vacanza, mentre in Italia Eugenia inizia a preoccuparsi per la sua scomparsa improvvisa; Miranda è costretta a svelare la sua fuga romantica, per cui le tre decidono di chiamarla a sorpresa ma, a rispondere, è un bambino marocchino, da cui i timori di Eugenia che l’amica sia stata rapita.

Nella villa di Nabil, Irma scopre che le cugine che vivono con lui sono in realtà le sue due mogli, per cui, sconvolta, decide di tornare in Italia, nonostante l’uomo tenti di spiegarle che è stato costretto a sposarle sebbene non sia innamorato di loro.

Rientrata ad Anzio e rimproverata dalle sue amiche per la sua fuga con uno sconosciuto, la donna divorzia e cade in depressione; nel frattempo, in quanto vincitrici del torneo regionale, le quattro amiche vengono ammesse al torneo nazionale di burraco, ma Irma non vuol partecipare, di qui la decisione delle tre di obbligarla a partire con loro.

Durante le partite, Irma è distratta, pregiudicando la vittoria della loro squadra, il che genera tensioni all’interno del gruppo, più interessato a vincere che alla situazione emotiva dell’amica. Anche Eugenia cerca di affrancarsi dal suo triste matrimonio attraverso l’incontro con Guido, ex compagno di liceo, prima che egli le presenti suo marito. Rina viene contattata dalle mogli di Nabil, che le comunicano che l’uomo è in preda alla disperazione, per cui chiedono aiuto per far tornare la sua amata.

Irma inizia a rinsavire, la squadra arriva in finale. La sera prima della partita conclusiva, le tre drogano Irma e partono per il Marocco per incontrare Nabil, il quale racconta loro di non aver mai amato nessuna come lei. Il giorno dopo, tornate in Italia, le protagoniste sono pronte per il round finale tra la squadra del Lazio, capitanata da Irma e Miranda, contro la Campania; prima di giocare la carta finale che decreterebbe la loro vittoria, Irma intravede Nabil tra la folla, per cui fugge in camera, interrompendo la partita e decretando la loro sconfitta. La donna è furiosa con le amiche, ma il giovane la riconquista dicendo di non poter rinunciare a lei.

Tempo dopo, Irma si è trasferita da Nabil e dalle sue mogli; in compagnia delle sue amiche, la donna porta il burraco in Marocco.

CCommedia femminile, idillicamente estenuante, Burraco fatale non è capace di emanciparsi da stereotipi inabili a restituire una comicità dissacrante in grado di osservare i vizi e i vezzi del nostro Paese, riproposti fugacemente attraverso la retorica populista del “ce li abbiamo dentro casa” oppure “le tasse le paghiamo noi” incarnata dai personaggi di Minaccioni e Guzzanti, senza raggiungere però quell’ironia tagliente e spietata tipica degli esegeti della nostra commedia. Rileggendo un impianto fiabesco alla Biancaneve e Cenerentola nell’immaginario di un Aladdin, lo stereotipo di un femminile passivo, incapace di raggiungere una propria indipendenza emotiva e sentimentale, il film incontra la riproposizione di un mito dell’esotismo che vede il Medio Oriente come territorio favolistico, paradisiaco, capace di donare un’esistenza al limite del sogno: luogo dell’incanto, in cui il ricco principe azzurro salva la principessa raggiungendola con il suo fedele cammello, consentendole di ritrovare la sua fragile identità tra gioia e balli mostrati inopportunamente in ralenti, permettendo una fuga da un immancabile marito fedifrago, sostituito non solo da una mascolinità più adeguata, ma da un nuovo status economico sicuramente più allettante.

Lo sguardo dell’autrice definisce quattro modelli di femminilità differenti ma, al contempo, in quanto imbevuto da luoghi comuni, determina più o meno volontariamente un atteggiamento più favorevole verso la coppia vittimistica Gerini-Finocchiaro: centrale la figura della donna nevrotica e necessitante di un compagno da amare, al limite del lezioso (Gerini), infelice e succube del marito (Finocchiaro) accanto a personalità più autonome e indipendenti, ma ritratte come false, ipocrite e poco di buono (Minaccioni) o opportuniste e ignoranti (Guzzanti).

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