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Paradise - Una nuova vita

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Mare fuori

Mare fuori

Sull’aereo, prima di partire per Roma con Massimiliano, Maria legge un’intervista a Pablo, che dichiara la fine dell’era censoria del padre, per cui sceglie di rimanere per inseguire il suo sogno. Nel frattempo, Pablo cerca di raggiungerla con l’aiuto di Amparo; mentre i due protagonisti si riconciliano, la loro amica fugge in Italia.

Tempo dopo, Amparo è finalmente felice con Massimiliano a Roma, mentre a Madrid gli altri personaggi festeggiano la nuova era della televisione spagnola.

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IIl regista e sceneggiatore uruguaiano Nacho Álvarez ha costantemente ribadito la fortuna di noi italiani di poter vantare tra le proprie stelle un’artista come Raffaella Carrà, icona della televisione nostrana a cui il regista dedica un musical sfavillante, eccentrico, in linea con il personaggio omaggiato, presente in un iconico cameo di fronte al Colosseo, in uno sgargiante vestito rosso. Celebre ancora oggi per l’audacia dei suoi testi e per il suo abbigliamento sfrontato agli occhi delle rigide norme morali della Rai ai tempi della Democrazia Cristiana, lo spirito eversivo della signora della televisione italiana è celebrato in un film sulla libertà d’espressione, che urla al cambiamento nella Spagna franchista attraverso le note dei suoi successi più noti, da Tanti auguri al Tuca Tuca, da A far l’amore comincia tu a Caliente Caliente.

L’intelligenza alla base dell’eccesso del film sta nella consapevolezza metariflessiva della propria artificialità, in accordo con il meccanismo ricorsivo e cristallizzato del mondo televisivo, esemplificato dall’abbandono di una delle roselline, dopo un scontro con Celedonio, nel momento in cui Maria arriva negli studi, incarnando un perfetto doppelgänger non solo caratteriale ma fisico. L’estrema somiglianza tra Maria e l’ignota ballerina delinea l’abbandono e l’arrivo di un medesimo personaggio all’interno della macchinosità di un congegno tautologico, che torna al punto di partenza di una storia che si ripete da tempo sempre uguale a sé, in cui anche la stessa Rosa è ingabbiata, e che rischia di riconfermarsi con la rassegnazione di Maria, fino al provvidenziale mutamento capace di scardinare l’impasse, sancito dalle note di Festa. Lo stile di Álvarez delinea l’atmosfera artefatta di tale mondo, espressa mediante escamotage visivi che condensano la realtà e l’artificio, come nella fusione tra il cielo romano e la sua trasformazione in un manifesto pubblicitario, oppure nella carrellata di scenografie teatrali che circondano Amparo nella cabina in cui canta 5353456. Alla ricerca dell’eccesso e dello stucchevole, la vicenda si struttura volontariamente come una tipica telenovela latina del tempo, con le sue esagerazioni narrative e uno stile esacerbante e kitsch che eccede di esplosioni cromatiche e musicali volutamente leziose, sintomatiche di una libertà espressiva purtroppo non accolta dal pubblico e dalla critica.

Lungi dal coraggio e dall’anticonformismo dell’estetica camp di un musical come The Rocky Horror Picture Show, Ballo Ballo si confronta con l’eccentricità e l’estro della Carrà attraverso le enfasi dei codici del proprio contesto televisivo, in un divertissement non privo di un certo acume, la cui visione è però consigliabile rigorosamente in lingua a causa del pessimo doppiaggio fuori sincrono delle esibizioni canore.

leonarDo MaGnante

di Davide Del Degan

Origine: Slovenia, Italia, 2019 Produzione: Andrea Magnani, Giampaolo Smiraglia, Stefano Basso, Branislav Srdiç per Pilgrim, A Atalanta, con Rai Cinema Regia: Davide Del Degan Soggetto e Sceneggiatura: Andrea Magnani Interpreti: Vincenzo Nemolato (Calogero), Giovanni Calcagno (Killer), Katarina Cas (Klaudia), Branko Zavrsan (Padre Georg), Selene Caramazza (Lucia), Andrea Pennacchi (Mair), Claudio Castrogiovanni (Sicario), Domenico Centamore (Sicario), Lorenzo Acquaviva Durata: 83’ Distribuzione: Fandango Uscita: 8 ottobre 2020

AAlfio vive in Sicilia e fa il venditore di granite nel paesino in cui abita. Un giorno, mentre sta lavorando, assiste personalmente all’omicidio, per mano mafiosa, di un uomo e vede in faccia il killer. L’accaduto preoccupa l’uomo tanto da spingerlo a temere per la propria incolumità e per quella della moglie incinta e della loro prima figlia. Così decide di andare in commissariato a sporgere denuncia. Essendo un omicidio di mafia, Alfio viene inserito nel programma protezione testimoni e gli viene dato il nome di Calogero. Calogero viene trasferito a Sauris, un paesino sperduto del Friuli Venezia Giulia, . Ovviamente il paesaggio che gli si presenta davanti è completamente diverso dalla calda e soleggiata Sicilia, fa freddo e c’è molta neve. A Sauris Calogero vive da solo in un appartamento del residence ‘Paradise’, in quanto la moglie

non ha voluto seguirlo, impedendogli così di veder nascere la loro figlia.

Tra i monti i giorni passano e Calogero, pur essendo una persona molto timida e riservata, inizia a familiarizzare con il posto e la gente che lo abita. Conosce i proprietari del pub del paese e il parroco della chiesa che insegna lo schuhplattler, un tipico ballo tirolese per soli uomini che consiste in movimenti veloci, con battute di mani e sulle suole delle scarpe, saltando, girando e tirandosi schiaffi. A Calogero mancano la moglie e la nascitura figlia e della Sicilia gli è rimasto solo un puzzle attaccato alla parete della sua stanza che con il passare del tempo perde pezzi. La vita a Sauris, per il povero Calogero, è segnata dalla voglia di ricominciare ma anche dalla noia e dalla paura di essere riconosciuto dall’uomo che ha visto sparare e che ha denunciato, situazione che lo fa entrare in un loop paranoico. Prova, così, a camuffare il suo aspetto tingendosi i capelli, coprendosi il più possibile e rimanendo spesso nella camera del ‘Paradise’. L’apparente quiete raggiunta da Calogero, viene bruscamente disturbata dall’arrivo al residence di un nuovo inquilino. È il killer contro cui lui ha testimoniato che è diventato a sua volta un collaboratore di giustizia e che, per un errore amministrativo, è stato trasferito anche lui nella stessa località e con lo stesso falso nome. Calogero è convinto che il killer sia lì per ucciderlo, ma con il passare del tempo si accorge che anche lui vive questa cesura col proprio passato come un’opportunità per ricominciare da capo. Tra i due non sarà però la vendetta ad instaurarsi, ma una relazione di amicizia bizzarra e inattesa.

Un giorno si viene a scoprire che loschi individui si aggirano nelle vicinanze di Sauris, sono i sicari che stanno cercando l’altro Calogero, il killer, per ucciderlo, vogliono vendicarsi di lui perché entrato nel programma di protezione testimoni.

Accade un fatto: Calogero (Alfio) riceve una chiamata dal commissario che ha preso a cuore la sua causa e che si è occupato di lui in questi mesi, dicendogli che ha la possibilità di rivedere sua moglie e di conoscere sua figlia. Calogero è entusiasta, prepara le sue cose, saluta gli abitanti del posto e anche l’altro Calogero con il quale ormai ha stretto amicizia. Calogero si allontana da Sauris con un po’ di malinconia, si stava abituando alla sua nuova vita. Arrivato in famiglia, quando rivede la moglie e la figlia è pervaso da un senso di felicità e allo stesso tempo di mancanza, si sente in colpa per aver lasciato solo l’altro Calogero e teme per la sua vita. Infatti nella notte decide di lasciare il residence dove ha rincontrato la sua famiglia per tornare a Sauris e aiutare il suo amico in difficoltà. Una volta tornato a Sauris, i due Calogero, ormai diventati soci, si sbarazzano dei due sicari che li stavano cercando. Portata a termine la missione, tornano al residence dove si trova la famiglia di Alfio, il quale non sentendosi più compreso dalla moglie, decide di prendere sua figlia e di allontanarsi con lei in braccio verso una destinazione sconosciuta.

PParadise - Una nuova vita è una coproduzione Italo-Slovena ed è stato presentato al trentasettesimo Torino Film Fest (2019) nella sezione ‘After Hours’.

Esordio nel cinema di fiction per il triestino Davide del Dagan, la pellicola presenta da subito un carattere poliedrico nella struttura narrativa, tant’è che non si riesce ad inquadrarlo in un genere ben preciso. Segue infatti lo stile della black comedy e ha sapientemente unito i caratteri del noir, del thriller e della commedia all’italiana con toni da gangster movie e da dramma romantico. Una storia fatta di malintesi, cambi radicali, ove si alternano momenti di tensione a quelli comici e cinici, ove si costruisce una narrazione sospesa tra favola e realtà data anche dalla bellezza dei paesaggi friulani e dalla fotografia che ha saputo valorizzarli. Tutti questi elementi fanno sì che la pellicola strizzi l’occhio alle black comedy americane, su tutte quelle dei fratelli Cohen, con riferimento speciale a Fargo.

Il film è di ottima fattura sia per la struttura narrativa, sia per la resa tecnica: un’ottima fotografia e un montaggio certosino lo rendono fluido e immersivo. Il registro è inquietante e grottesco, sostenuto dal portato surreale e al contempo realista dei volti irregolari dei protagonisti, si muove in funzione di un tipo di umorismo funzionale al clima ovattato e alla tensione montante. Paradise non è un film che parla di mafia, anzi il tema è in realtà un espediente narrativo che diviene motore per una storia che poi viaggia su binari molto distanti attraverso l’ esplorazione dell’interiorità dei protagonisti. Del Dagan firma un film di cambiamenti, di rivincite personali e di seconde possibilità.

Flora naSo

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