Karpòs Agri-Cultura n. 3 - 2016

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Anno II - Agri-Cultura N° 3 - 2016

KARPÒS

AGRI-CULTURA

IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO. I RISULTATI DELLA STRATEGIA NAZIONALE NELLA LOTTA AL CINIPIDE GALLIGENO LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO INSETTI ESOTICI FITOFAGI DEL CASTAGNO

ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA IL CARCIOFO IL CASTAGNO: PATRIMONIO DI VALORE ECONOMICO, SOCIALE, CULTURALE ED AMBIENTALE



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EDITORIALE

IL CASTAGNO: PATRIMONIO DI VALORE ECONOMICO, SOCIALE, CULTURALE ED AMBIENTALE Carissimi lettori, da questo numero troverete numerosi contributi, a partire dal castagno, prodotti dai “Tavoli di settore” istituiti dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e finalizzati ad approntare, in accordo con i rappresentanti di filiera, il “Piano di settore” per fronteggiare le crisi in cui versano i diversi comparti. Grazie alla preziosa collaborazione e lungimiranza del dottor Alberto Manzo metteremo a disposizione queste preziose conoscenze interdisciplinari che, a mio parere, è quanto necessitano l’imprenditore e la filiera per essere competitivi, ma anche l’opinione pubblica per renderla consapevole dei valori “multifunzionali” dell’agricoltura. Il castagno rappresenta un patrimonio di grande valore, ereditato dal passato e determinato dai molteplici servizi che è in grado di fornire: produzione di alimento e legno, protezione idrogeologica e regolazione idrica, fissazione e stoccaggio del carbonio, biodiversità, paesaggio, saperi tradizionali e identità culturali. Diffuso dai Romani, ha sempre rappresentato la fonte di sostentamento delle popolazioni di montagna; oggi l’Italia è tra i maggiori produttori mondiali di castagne ed in particolare il primo esportatore in valore. Abbandono della terra e globalizzazione hanno portato ad un pro-

gressivo peggioramento delle condizioni dei castagneti aggravate dalla comparsa di problemi fitopatologici come il cancro corticale e, da ultimo, il cinipide galligeno. La competitività passa attraverso la capacità di generare reddito a costi concorrenziali imponendo la razionalizzazione e l’innovazione dei processi lungo la filiera, dalle operazioni colturali alla meccanizzazione della raccolta. Questo modello di approccio può essere propedeutico e formativo per le varie filiere, in particolare la peschicoltura, che possono trovare alternative con produzioni fortemente richieste dal mercato, come la frutta secca; anche per l’olivo e per la “famosa” xilella quanto fatto per il cinipide può offrire interessanti spunti per affrontare la gravissima situazione, riportata anche nell’articolo di Aldo Pollini.

Renzo Angelini Direttore editoriale

5 EDITORIALE


KARPÒS AGRI-CULTURA N. 3 - 2016

5

Direttore editoriale Renzo Angelini

IL CASTAGNO: PATRIMONIO DI VALORE ECONOMICO, SOCIALE, CULTURALE ED AMBIENTALE Renzo Angelini

Direttore responsabile Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012 Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) P.I./C.F. 04008690408 REA 325872

12 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO. I RISULTATI DELLA STRATEGIA NAZIONALE NELLA LOTTA AL CINIPIDE GALLIGENO Alberto Manzo, Franco Porcu

Hanno collaborato a questo numero Antonella Bilotta antonella.bilotta@karposconsulting.net Laura Fafone laura.fafone@karposconsulting.net Amministrazione Milena Nanni milena.nanni@karposconsulting.net Raccolta pubblicitaria pubblicita@karposmagazine.net Tel. +39 335.6355354

38 LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO Giuseppino Sabbatini Peverieri, Tullio Turchetti, Alberto Alma, Pio Federico Roversi

56 INSETTI ESOTICI FITOFAGI DEL CASTAGNO E LA MINACCIA DI UNA NUOVA INTRODUZIONE DI NUOVI INSETTI IN ITALIA Giuseppino Sabbatini Peverieri, Pio Federico Roversi

68 ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA Aldo Pollini

94 IL CARCIOFO Nicola Calabrese


KARPÒS promo 66 88 90 92 112 114 116 118 120 VALFRUTTA

Per le fotografie: Da pag. 18 a pag. 32, da pag. 40 a pag. 50, da pag. 56 a pag. 62 © Giuseppino Sabbatini Peverieri, Alberto Maltoni Da pag. 70 a pag. 82 © Aldo Pollini Tutte le altre fotografie © Renzo Angelini

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IL PIANO DEL SETTORE L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI CASTANICOLO GAJA LAMBERTO ALBERTO MANZO, CANTONI FRANCO PORCU

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IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO I RISULTATI DELLA STRATEGIA NAZIONALE NELLA LOTTA AL CINIPIDE GALLIGENO Alberto Manzo, Franco Porcu


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IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI GAJA ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU LAMBERTO CANTONI


nale. Nei 10,5 milioni di ettari occupati da boschi, la frazione investita a castagno rappresenta il 7,5% di quella forestale, per un totale di circa 780.000 ha. Si tratta di un patrimonio forestale, in gran parte di origine antropica, la cui ubicazione si concentra in diverse Regioni. Le estensioni del Piemonte, Toscana e Liguria sono pari ad oltre il 50% del patrimonio nazionale; includendo quelle che hanno un patrimonio superiore a 30.000 ha (Lombardia, Calabria, Campania, Emilia Romagna e Lazio) si giunge al 90% (grafico 1). Le stazioni su cui insistono i castagneti sono classificabili di alta-collina e/o media montagna, ubicandosi nella zona media dei versanti. La fascia altitudinale è compresa tra i 501-1000 m s.l.m. e più in dettaglio tra 601900 m s.l.m., dove sono ospitati rispettivamente il 66,6% e il 43,4%, mentre frazioni percentualmente minori sono localizzati nelle fasce inferiori.

L’Italia è tra i principali produttori ed esportatori mondiali di castagne (Castanea sativa Miller). In particolare, è il primo esportatore mondiale per valore degli scambi e il secondo per quantità scambiate, dopo la Cina. Tuttavia, la sua importanza sui mercati esteri è sempre più minacciata dalla concorrenza asiatica. Sul mercato interno, la debolezza strutturale della produzione, caratterizzata da piccole aziende localizzate prevalentemente in montagna e collina, i mutati consumi alimentari e la crescente concorrenza asiatica minacciano la sopravvivenza di un settore che può garantire un’importante fonte di reddito e la tutela ambientale e paesaggistica dei territori. Il castagno ha assunto in passato ed assume ancora oggi un ruolo preminente tra le formazioni forestali italiane, non solo per l’elevata produttività, la qualità e la varietà degli assortimenti legnosi, ma soprattutto per la consistente presenza sul territorio nazio-

Grafico 1 - Superficie investita a castagno totale e a castagno da frutto (ha; Dati: INFC 2005 MiPAAF, ISTAT) Superficie investita castagno da frutto (ha)

Sardegna Sicilia

Superficie investita a castagno totale (ha)

Calabria Basilicata Puglia Campania Molise Abruzzo Lazio Marche Umbria Toscana Emilia Romagna Liguria Friuli Venezia Giulia Veneto Trentino Alto Adige Lombardia Valle d'Aosta Piemonte 0

20.000

40.000

60.000

80.000

100.000

120.000

140.000

14 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU

160.000

180.000


Tabella 1 - Valore delle produzioni castanicole (€) – Media 1999-2007 (Dati ISTAT) Regioni

Media 1999-2007 (quintali)

% sulla produzione totale

Media 1999-2007 (€; *1000)

% sul valore produzione totale

Calabria

97.239

18,1

4.622

10

Campania

251.277

46,8

19.685

42

Piemonte

29.270

5,4

2.487

5

Liguria

435

0,1

23

0

Abruzzo

2.751

0,5

403

1

Lazio

87.958

16,4

11.456

25

Toscana

41.529

7,7

4.561

10

7.139

1,3

1.024

2

911

0,2

179

0

Lombardia

6.672

1,3

1.081

1

Sardegna

2.762

0,5

287

1

Basilicata

4.605

0,9

342

1

Altro

4.585

0,8

581

2

Totale

537.133

100

46.731

100

Emilia Romagna Veneto

prescindere dal considerare i diversi aspetti della multifunzionalità e un’efficace azione di marketing territoriale deve partire da questa base. I castagneti italiani, già diversi anni, sono però minacciati da numerose emergenze fitosanitarie. Tra quelle più importanti figura quella legata al Dryocosmus kuriphilus (foto 1). L’estensione delle infestazioni da questo cinipide nella quasi totalità del territorio italiano, richiede la modificazione della normativa vigente, con l’obiettivo di adeguarla alle esigenze della castanicoltura, sia per quanto riguarda la produzione dei frutti, sia riguardo la movimentazione del materiale di propagazione del castagno. L’imenottero Dryocosmus kuriphilus è, nello specifico, un piccolo insetto di colore nero da adulto, particolarmente dannoso per il castagno, originario della Cina, ma ormai ampiamente diffuso in Giappone, Corea e Stati Uniti. Il Dryocosmus kuriphilus è stato segnalato per la prima volta in Italia nel 2002 (prima segnalazione anche per l’Europa) in

Le Regioni che rivestono un’importanza rilevante nel contesto nazione per quanto riguarda il valore delle produzioni castanicole, così come indicato nella tabella 1, sono rispettivamente la Campania (19,7 migliaia di euro), il Lazio (11,5 migliaia di euro), la Calabria (4,6 migliaia di euro) e la Toscana (4,6 migliaia di euro). Tale valore è espressione non soltanto delle quantità di castagne prodotte, ma anche di eventuali marchi di qualità e di denominazione di origine che consentono di spuntare dei prezzi sul mercato sensibilmente superiori. Le maggiori produzioni di castagne, infatti, sono ottenute in Campania (251,3 mila quintali), Calabria (97,2 mila quintali), Lazio (87,9 mila quintali), Toscana (41,5 mila quintali) e Piemonte (29,3 mila quintali). Il castagno come coltura arborea svolge, tra l’altro, diverse funzioni: produttive, protettive, naturalistiche, paesaggistiche, ricreative, didattiche. Tenuto conto del forte legame tra il castagno e l’identità territoriale, la valorizzazione delle produzioni non può

15 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


Foto 1. Dryocosmus kuriphilus, adulto, galla e stadi larvali

provincia di Cuneo, a seguito dell’importazione di astoni di castagno dall’Oriente. A partire dal focolaio iniziale in Piemonte l’insetto si è diffuso in altre regioni e nel 2008 è stato riscontrato anche in castagneti della Toscana. Il Dryocosmus kuriphilus attacca sia il castagno europeo (Castanea sativa Mill.), selvatico o innestato, sia, ovviamente, gli ibridi euro-giapponesi. Gli attacchi del cinipide galligeno si sono fortemente concentrati ovviamente nelle aree investite a castagno e, dal punto di vista geografico, sono state localizzate lungo tutto l’arco alpino e appenninico, oltre che nei rilievi superiori ai 700 mt s.l.m. delle due isole maggiori (grafico 2). Gli attacchi del cinipide sono facilmente individuabili per la presenza sui castagni delle galle, che si presentano come escrescenze tondeggianti, con superficie liscia e lucida, di norma inizialmente di color verde chiaro e in seguito rossastre. Queste formazioni ipertrofiche permangono a lungo sulla pian-

ta anche in inverno. Gli attacchi di questo temibile fitofago possono determinare forti danni, con perdite rilevanti, non solo per quanto riguarda la produzione di frutti, ma anche con riferimento agli accrescimenti legnosi (foto 2). Foto 2. Galle del Dryocosmus kuriphilus su giovane germoglio di castagno (MiPAAF, 2011)

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Particolare importanza riveste la tempestiva individuazione in primavera dei nuovi focolai al fine di procedere, secondo la normativa vigente, alla distruzione dei rami con galle prima dello sfarfallamento delle femmine adulte. Inoltre il cinipide del castagno è soggetto a lotta obbligatoria in base

al D.M. 30 ottobre 2007 e, nel caso in cui si rilevi la presenza di attacchi in castagneti da frutto o cedui, è necessario informare anche il Servizio fitosanitario regionale. Nel mese di gennaio 2010 il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF) ha istituito un Tavolo di settore

Grafico 2 - Diffusione del cinipide in Italia (MiPAAF, Dati 2009)

O

50

100

200

300

400

Km 500

17 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


del settore castanicolo per fronteggiare la crisi in cui versava il comparto, acuita nelle ultime campagne di commercializzazione dalla diffusione in tutti gli areali di produzione nazionali appunto del “cinipide galligeno”, che stava provocando gravi perdite di produzione (http://www.politicheagricole.it/ flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3273). La decisione di istituire questo Tavolo di settore è stata presa di comune accordo con i rappresentanti della filiera, le Comunità montane, le Associazioni per la tutela del prodotto “castagna” e le Amministrazioni locali. La finalità è stata quella di predisporre in tempi brevi un “Piano di settore castanicolo” condiviso a livello nazionale al fine di proporre efficaci azioni nei territori vocati. Inizialmente il programma di lavoro ha visto la costituzione di quattro Gruppi di lavoro e di uno Steering Committee, con funzioni di coordinamento, composto dai coordinatori dei Gruppi e dai rappresentanti delle Regioni, del Ministero dell’Ambiente e del Ministero della Salute. Le tematiche specifiche affrontate dai singoli Gruppi sono state raggruppate in due settori: la castanicoltura per la produzione di frutti, che, per la forte e differenziata valenza dei fattori correlati alla sua multifunzionalità territoriale, ha richiesto maggior spazio di trattazione, e la castanicoltura per la produzione legnosa, che ha connotazioni e problematiche specifiche.

18 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


Per la castanicoltura da frutto sono stati analizzati i seguenti aspetti del settore, corrispondenti ai singoli Gruppi e sottogruppi di lavoro: 1. politiche di settore. Produzione, trasformazione, commercializzazione. Problematiche comunitarie. 2. marketing territoriale, valorizzazione e multifunzionalità. 3. tecniche di produzione e ricerca suddiviso in tre sottogruppi: 3.1 tecniche colturali, miglioramento genetico, scelte varietali; 3.2 difesa e avversità; 3.3 meccanizzazione, post-raccolta, fonti rinnovabili. Per la castanicoltura da legno è stato costituito uno specifico Gruppo di lavoro che ha analizzato il tema relativo alla valorizzazione della produzione legnosa e alla sua multifunzionalità. Nella seduta della Conferenza Permanente tra lo Stato, le Regioni e le Provincie Autonome del 18 novembre 2010 è stato sancito l’accordo sul Piano di settore castanicolo (http://www.politicheagricole.it/flex/ cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3277). In precedenza la stessa Conferenza Permanente, il 7 ottobre 2010, ha dato parere favorevole sullo schema di decreto per l’istituzione del “Tavolo di filiera della frutta in guscio” comprendente una specifica sezione

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per la “castanicoltura”, che è stato definitivamente formalizzato con D.M. n. 4824 del 10 marzo 2011, a seguito delle designazioni dei rappresentanti regionali, e riunitosi per la prima volta il 20 aprile 2011 (http://www. politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3274). Alla luce di questa base giuridica e al fine di limitare i danni nei castagneti da frutto, il MiPAAF ha deciso, in linea con quanto previsto dal Piano del settore castanicolo 2010/2013 appena varato, di istituire un “Gruppo di coordinamento tecnico-scientifico” di supporto al Dipartimento delle Politiche Competitive del Mondo Rurale e della Qualità per verificare la costituzione e l’ubicazione dei Centri di moltiplicazione del Torymus sinensis nei territori regionali vocati alla castanicoltura, in particolare di quella da frutto, per garantire una futura protezione dalla “vespa cinese”, ma soprattutto un’autonomia gestionale della problematica a livello territoriale. Al fine di ottimizzare e coordinare queste azioni è stato chiesto, inoltre, alle Regioni di informare dettagliatamente il MiPAAF circa azioni e programmi attivi, già finanziati od in corso di finanziamento, per evitare la sovrapposizione degli interventi progettuali. Le Regioni hanno inviato le pre-proposte operative che sono state valutate e successivamente presentate in versione progettuale definitiva e finanziate in base a criteri oggettivi che riguardano, tra l’altro, l’importanza commerciale, la presenza della coltura a livello regionale nonché marchi DOP e IGP riconosciuti dall’Unione Europea caratterizzanti aree specifiche regionali. Il Dryocosmus kuriphilus, contro il quale alcune Regioni stavano già intervenendo attraverso l’attuazione del controllo biologico mediante l’impiego del Torymus sinensis (ovvero effettuando dei lanci di coppie adulte allevate provenienti dalla Regione Piemonte), si era ormai diffuso in manie-

ra endemica in molte aree castanicole ed il Centro di moltiplicazione attivo in Piemonte era insufficiente a garantire un certo numero di lanci e permetterne una diffusione in larga scala fino a che anche altri Centri non sarebbero stati predisposti nei territori regionali. Peraltro in gran parte delle Regioni le piante di castagno, talune secolari, si presentavano deperite e sofferenti con scarsa vegetazione e, tale situazione, ha portato a ipotizzare che negli anni successivi, nonostante gli auspicati interventi di lotta biologica, vi sarebbero state comunque delle serie perdite di prodotto ed uno stato di crisi dell’intero comprensorio, che avrebbero sicuramente influenzato negativamente tutto l’indotto della filiera (problemi idrogeologici, ambientali, deperimento piante, comparto vendita macchine e manodopera ferme), ma soprattutto l’ecosistema nel suo insieme. Il MiPAAF, pertanto, ha ritenuto prioritarie, nonché di estrema urgenza, le seguenti 4 linee di azione, indicate in ordine di importanza: 1. la costituzione dei “Centri di moltiplicazione” dell’antagonista naturale sui territori regionali (almeno un Centro per regione). I Centri regionali di moltiplicazione di Torymus sinensis sono necessari per razionalizzare la lotta al cinipide secondo i tempi e le modalità di intervento che il territorio localmente richiede; 2. il potenziamento del Centro di moltiplicazione del parassitoide (Torymus sinensis) presso l’Università di Torino – Facoltà di Agraria – deve produrre il materiale biologico per i costituendi centri regionali nonché per i lanci sulle aree colpite; 3. lo sviluppo di linee guida di ricerca specifiche ed appropriate a supporto della lotta biologica al parassita attraverso gruppi di esperti dei principali Enti di ricerca nazionali coordinati dal CRA-Consiglio per

20 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


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la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura; 4. il supporto di INEA e delle Associazioni del castagno nazionali sul territorio per sviluppare analisi economiche, attività di divulgazione, ed orientamenti di politica territoriale partecipata, finalizzati ad un più razionale supporto della castanicoltura italiana. Le linee guida previste dalle strategie di supporto alla castanicoltura, così come indicato dal successivo “diagramma di flusso” (tabella 2), prevedevano che il Gruppo Tecnico-Scientifico valutasse le linee guida della ricerca in collaborazione con il MiPAAF, mentre l’INEA (ora CREA) e le Associazioni

coinvolte (linea n. 4) avrebbero dovuto valutare, sempre con la supervisione del Ministero, i dati economici e censire i castagneti. Il Ruolo delle Regioni è stato ritenuto fondamentale in quanto oltre a collaborare direttamente con il Ministero, avrebbero interagito sia con il Gruppo di esperti che con l’INEA nelle attività che questi avrebbero dovuto svolgere. Nello specifico, per quanto riguarda la prima azione prioritaria, relativa alla costituzione dei Centri di moltiplicazione regionali di Torymus sinensis, queste strutture sono state necessarie per razionalizzare la lotta al cinipide secondo i tempi e le modalità di intervento che il territorio localmente richiedeva.

Tabella 2 - Quadro operativo nella lotta biologica al cinipide galligeno del castagno e le linee guida adottate

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- studio dei semiochimici; - studio della sensibilità varietale e dei meccanismi che la regolano; - valutazione dell’incidenza del cinipide sulla produzione di castagne, anche in relazione al tradizionale “bacato”; - valutazione dell’infestazione del cinipide sull’arresto della crescita della pianta e sulla produzione di legno di qualità; - interazione dell’infestazione del cinipide con le tradizionali patologie del castagno. Infine, la quarta azione prioritaria doveva essere sviluppata da INEA in collaborazione con le Associazioni nazionali e regionali di settore, coordinate dall’Associazione Nazionale Città del Castagno. Al riguardo, si è mirato ad effettuare analisi economiche, ricerche di legislazione, attività di divulgazione, convegni, raccolta delle opportunità e problematiche per perseguire nuovi orientamenti di Politica Europea, finalizzati a un più razionale supporto della castanicoltura italiana. I finanziamenti specifici hanno tenuto conto di criteri oggettivi, in particolare del peso che ogni Regione aveva nel contesto nazionale, per quanto riguarda la superficie investita, non solo genericamente a castagno, ma soprattutto di quello da frutto, della produzione regionale di castagne, delle attività già attivate dalle singole Regioni e in corso relativamente alla lotta al cinipide nonché alle zone DOP ed IGP. Per dare risposte immediate agli operatori del settore, valutando la gravità delle problematiche dell’intero settore castanicolo, in via prioritaria, si è deciso di dare attuazione alle azioni 1 e 2. In tal senso, al fine di essere quanto più operativi si è provveduto a mettere a punto i parametri oggettivi soprattutto per la localizzazione dei Centri di moltiplicazione e dei punti di lancio. I parametri considerati, nello specifico, sono i seguenti:

La seconda azione prioritaria, relativa al potenziamento Centro di moltiplicazione del parassitoide Torymus sinensis del Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali - DIVAPRA dell’Università Torino (ora DISAFA), è stata fondamentale perché questo Centro era necessario per innescare la moltiplicazione dell’antagonista Torymus sinensis nei Centri regionali, con coppie già selezionate, fornire alle Regioni i Torymus sinensis da lanciare in attesa che i Centri regionali stessi ne producessero autonomamente. Inoltre l’esperienza acquisita dal 2002 dai Ricercatori e Tecnici del DIVAPRA (ora DISAFA) avrebbe consentito di formare degli specialisti e dei tecnici regionali. La terza azione prioritaria verte, come anticipato, sulle linee di ricerca da attivare nella lotta al cinipide galligeno, sotto il coordinamento del CRA-Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (ora CREA). In particolare, le suddette linee hanno riguardato: - conoscenza della biocenosi cinipide-castagno e parassitoidi indigeni; - individuazione dei parassitoidi indigeni primari e degli iperparassitoidi; - effetto degli iperparassitoidi su Torymus sinensis; - ruolo dei parassitoidi indigeni primari e potenziali interazioni sinergiche con il Torymus sinensis; - studio del rischio di adattamento del Torymus sinensis ai cinipidi indigeni, con particolare riferimento a quelli della quercia; - potenziale ibridizzazione di Torymus sinensis con specie congeneri indigene attraverso prove biologiche e molecolari; - valutazione degli effetti dei trattamenti insetticidi utilizzati contro cidie e balanino nei confronti di Torymus sinensis, potenziale passaggio alla lotta integrata nei frutteti di castagno;

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1. superficie regionale investita a castagno; 2. superficie regionale investita a castagno da frutto; 3. valore delle produzioni castanicole regionali; 4. richieste pervenute dalle singole Regioni per il potenziamento o realizzazione di nuovi Centri di moltiplicazione. L’elaborazione di questi dati ha permesso di mettere a punto la tabella 3, dove vengono indicati (penultima e ultima colonna) la distribuzione regionale dei Centri che sono stati finanziati e dei relativi lanci accessori.

A tal riguardo il MiPAAF ha finanziato con D.D. 15902 del 08 agosto 2011 l’importo di € 1.000.000,00 per l’attuazione delle attività previste nelle azioni 1 e 2. In particolare alla prima azione prioritaria (tabella 4), relativa alla costituzione di 15 Centri di moltiplicazione regionali di Torymus sinensis e le relative strutture necessarie per razionalizzare la lotta al cinipide secondo i tempi e le modalità di intervento che il territorio localmente richiede, è stata destinata la cifra di € 600.000,00, oltre a €  60.000 per l’organizzazione di 3 workshop

Tabella 3 – Valutazione dei parametri oggettivi per la local

Regione

Piemonte

Superficie investita a castagno totale (ha)*

Punteggio per Superficie investita classi di superficie investite a castagno castagno da frutto** (ha) totale (classi 0-10000 ha)

Punteggio per classi di superficie investite a castagno da frutto (classi 0-1000 ha)

Valore delle produzioni castanicole-media 1999-2007** (€) 2.487.000,00

169.075,00

17

5.309,48

6

Valle d'Aosta

3.853,00

1

234,37

1

Lombardia

82.872,00

9

1.206,37

2

3.314,00

1

70,05

1

Veneto

18.302,00

2

219,77

1

Friuli Venezia G.

13.378,00

2

4,49

1

Liguria

110.278,00

12

474,39

1

23.000,00

Emilia Romagna

41.929,00

5

2.188,00

3

1.024.000,00

Toscana

156.869,00

16

8.776,21

9

4.561.000,00

Umbria

2.581,00

1

371,91

1

Marche

3.344,00

1

1.618,18

2

Lazio

35.003,00

4

5.709,17

6

11.456.000,00

Abruzzo

5.068,00

1

21,18

1

403.000,00

390,00

1

0

0

53.200,00

6

13.308,49

14

Puglia

1.165,00

1

9,01

1

Basilicata

6.701,00

1

765,96

1

342.000,00

Calabria

69.370,00

7

11.370,11

12

4.622.000,00

Sicilia

9.476,00

1

368,36

1

Sardegna

2.239,00

1

1.425,61

2

287.000,00

788.407,00

90

53.451,11

66

46.150.000,00

Trentino A. A.

Molise Campania

Totale

1.081.000,00 179.000,00

19.685.000,00

* Fonte: INFC 2005 – Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio. Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Ispettorato Generale - Corpo Forestale dello Stato. CRA - Istituto Sperimentale per l’Assestamento Forestale e per l’Alpicoltura. ** Fonte ISTAT.

24 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


formativi, anche di più giorni, da parte di tre Regioni (Nord, Centro Sud), rivolti ai tecnici regionali. Al fine di ottimizzare e coordinare questa azione, si è proceduto, parallelamente, con la cifra di € 340.000,00 al potenziamento del Centro di moltiplicazione del Torymus sinensis del DIVAPRA - Università di Torino (ora DISAFA), ove produrre il materiale biologico per i costituendi Centri regionali nonché per i lanci sulle aree colpite. L’Ufficio PQAI II della Direzione Generale per la Promozione della Qualità Agroali-

mentare e dell’Ippica ha quindi coordinato e monitorato le attività di lotta biologica mediante l’impiego del parassitoide Torymus sinensis a partire dal 2012 attraverso il progetto finanziato dal MiPAAF “LOBIOCIN Lotta biologica al cinipide galligeno del castagno mediante l’impiego del parassitoide Torymus Sinensis”, in collaborazione con il DISAFA Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino (ex DIVAPRA). Le attività sono proseguite nel 2013-2015, con il progetto BIOINFOCAST, naturale

lizzazione dei Centri di moltiplicazione e dei punti di lancio Valore della produzioni castanicole/Tot. (%)

Punteggio sul valore delle produzioni castanicole

Punteggio totale

Punteggio totale/Tot. (%)

5,39

5

28

10,98

2

0,78

13

5,10

2

0,78

3

1,18

3

1,18

2,34 0,39

2 0

0,05

0

13

5,10

2,22

2

10

3,92

9,88

10

35

13,73

2

N° Centri richiesti

N° Centri finanziabili

N° lanci accessori

2

4

2

10 7

3

1

3

1

2

2

1 6

1

1

2

3

2

0,78

4

1

3

1,18

1

1

4

2

1

12

1

1

6

2

25

35

13,73

0,87

1

3

1,18

1

0,39

62

24,31

2

0,78

42

IGP

1

24,82

42,65

DOP

2

1

1

2

0,74

1

3

1,18

10,02

10

29

11,37

3

1

2

0,78

1

1

31

15

0,62

1

4

1,57

100,00

99

255

100,00

12

21 4

6

11

25 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU

10

86


Tabella 4 – Quadro riepilogativo dei finanziamenti destinati alla prima azione prioritaria per la lotta al cinipide (D.M. di finanziamento n. 15902 del 08.08.11) Beneficiario DIVAPRA-UNITO

Attività

Importo (€)

Potenziamento del Centro di moltiplicazione

340.000,00

Totale Potenziamento del Centro di moltiplicazione

340.000,00

Regione Piemonte

Workshop formativi per tecnici regionali

20.000,00

Regione Campania

Workshop formativi per tecnici regionali

20.000,00

Regione Lazio

Workshop formativi per tecnici regionali

20.000,00

Totale Workshop formativi per tecnici regionali

60.000,00

Regione Piemonte

n. 2 Centri di moltiplicazione

80.000,00

Prov. Aut. Trento

n. 1 Centro di moltiplicazione

40.000,00

Regione Veneto

n. 1 Centro di moltiplicazione

40.000,00

Regione Emilia Romagna

n. 1 Centro di moltiplicazione

40.000,00

Regione Toscana

n. 2 Centri di moltiplicazione

80.000,00

Regione Umbria

n. 1 Centro di moltiplicazione

40.000,00

Regione Marche

n. 1 Centro di moltiplicazione

40.000,00

Regione Lazio

n. 1 Centro di moltiplicazione

40.000,00

Regione Abruzzo

n. 1 Centro di moltiplicazione

40.000,00

Regione Campania

n. 2 Centri di moltiplicazione

80.000,00

Regione Calabria

n. 1 Centro di moltiplicazione

40.000,00

Regione Sicilia

n. 1 Centro di moltiplicazione

40.000,00

Totale Centri di Moltiplicazione

600.000,00

Totale Complessivo

1.000.000,00

prosecuzione del progetto LOBIOCIN, coordinato dal CREA-Centro di ricerca per l’agrobiologia e la pedologia di Firenze, in collaborazione con il DISAFA dell’Università di Torino (ex DIVAPRA) e la ATS tra le Associazioni del Castagno. Di seguito viene riportata la tabella 5 riepilogativa dei lanci di Torymus sinensis, finanziati nell’ambito della progettualità MiPAAF, effettuati nelle annualità 20122013-2014 con l’aggiornamento anche per l’annualità 2015. A questi lanci si dovranno comunque sommare quelli regionali ricavati dai Centri di moltiplicazione del Torymus sinensis sul territorio nazionale attivati dal 2011 e finanziati dal MiPAAF, che proseguiranno even-

tualmente nel 2016 qualora le Regioni lo ritengano ancora necessario. In particolare le Regioni Sicilia e Lazio hanno ottenuto dal Ministero una proroga dei relativi progetti e quindi proseguiranno i lanci anche nell’anno 2016 al fine della corretta esecuzione delle attività programmate. Come si evince dalla tabella 5 nelle Regioni Piemonte, Lombardia, Toscana, Molise, Valle d’Aosta e Provincie Autonome di Trento e Bolzano i lanci nel 2015 non sono stati effettuati considerato l’alto livello di parassitizzazione e la mancanza di galle. Peraltro si deve precisare che alle attività di allevamento e dei successivi lanci sul territorio di diverse regioni hanno collaborato anche alcune aziende private quali l’azienda

26 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


privata Greenwood Services s.r.l. Negli anni gli acquirenti degli adulti di Torymus sinensis sono stati sia privati che Enti Territoriali quali i Comuni proprio nei casi in cui i lanci della Regione non erano sufficienti a garantire le sempre più pressanti richieste del territorio. Ovviamente a livello di Tavolo di filiera frutta in guscio è stato sempre ribadito dagli esperti il rischio al quale gli acquirenti andavano incontro rispetto alle garanzie che potevano fornire i lanci pubblici frutto di una procedura standardizzata derivante dal Piano Nazionale di settore.

Il 3 dicembre 2015 è stato convocato presso il MiPAAF il Tavolo di filiera frutta in guscio - sez. Castagne, ove si è chiuso tecnicamente il progetto BIOINFOCAST, nel quale è stato ribadito dagli esperti presenti che il parassitoide si è regolarmente insediato in tutte le Regioni in cui è stato introdotto ed ormai si sta ristabilendo l’equilibrio tra le popolazioni del Torymus sinensis e del cinipide galligeno Dryocosmus kuriphilus alterato dall’introduzione accidentale di quest’ultimo grazie alla lotta biologica propagativa prevista dal Piano nazionale del settore.

Tabella 5 – Quadro riepilogativo dei lanci di Torymus sinensis effettuati da parte delle Regioni e Province Autonome nel periodo 2012-2015 Regione

Annualità (2012-2015) 2012

2013

2014

2015

Abruzzo

4

24

46

10

Basilicata

5

20

40

19

Calabria

14

58

116

423

Campania

25

92

184

1300**

Emilia Romagna

8

28

56

255

Friuli Venezia Giulia*

0

0

0

0

Lazio

16

58

116

304

Liguria*

8

28

56

76

Lombardia

34

90

71

0

Marche

5

20

40

1

Molise

0

5

14

0

Piemonte

14

30

60

0

Sardegna*

35

33

60

60

Sicilia

1

7

20

186

Toscana

16

59

118

0

Trentino Alto Adige

2

9

18

0

Umbria

4

15

30

29

Valle d’Aosta*

3

6

12

0

Veneto

2

12

24

218

* La Regione Friuli Venezia Giulia non ha partecipato ai progetti nazionali del MiPAAF mentre la Regione Sardegna, la Regione Liguria e la Regione Valle d’Aosta pur non avendo partecipato direttamente ai progetti hanno comunque ricevuto il supporto tecnico del DISAFA dell’Università Torino attraverso la fornitura di Torymus sinensis. ** In Regione Campania i 1300 lanci del 2015 sono stati effettuati da Enti territoriali ed Associazioni.

27 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


In particolare nel sito del MiPAAF https:// www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/6061 si stanno progressivamente inserendo le relazioni regionali sull’attività svolta nell’annualità 2015, nella quali si può verificare il lavoro svolto non solo per i lanci sul territorio ma anche le attività di monitoraggio svolte dai tecnici per misurare le percentuali di parassitizzazione delle galle che hanno portato a constatare la scarsa se non nulla, in alcune regioni, presenza di galle, e ad una completa ripresa vegetativa delle piante di castagno nonché ad una produzione, rispetto agli anni in cui non era presente il cinipide, che si può riassumere nella tabella 6 per le principali, ovvero più produttive, Regioni e con una media nazionale del 60%. A questo punto si dovrà necessariamente, ma anche finalmente, guardare al futuro visto che quest’anno i castagneti sono ritornati a produrre, programmando le attività di recupero dei castagneti nei territori. Infatti appare importante “non allentare la presa” ma mantenere alta l’attenzione degli addetti ai lavori, in particolare delle Istituzioni, poiché vi è l’assoluta necessità di applicare le “cure agronomiche essenziali” ai castagneti sofferenti anche per le altre malattie insediatesi a causa dell’indebolimento delle piante attaccate dal cinipide, e di garantire un rinnovato rigoglioso vigore ovvero praticare alle piante corretti interventi di potature di risanamento, di riforma e di ringiovanimento, appropriate concimazioni organiche, contenimento dello sviluppo del soprassuolo (non solo il manto erboso), non dimenticando la regimazione delle acque piovane. A tale riguardo il giorno 23 di marzo 2016 è stata convocata una riunione del Tavolo di filiera frutta in guscio, sezione Castagno, al fine di aggiornare, in tempi rapidi, il Piano di settore castanicolo scaduto nel dicembre 2014 visto che sono emersi aspetti fondamentali, che vanno perseguiti nei prossimi

28 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


Tabella 6 – Quadro riepilogativo del livello di parassitizzazione delle galle nell’annualità 2015 Regione

Livello di parassitizzazione (%)

Abruzzo

70

Basilicata

-

Calabria

35

Campania

40

Emilia Romagna

70

Friuli Venezia Giulia

-

Lazio

40

Liguria

-

Lombardia

70

Marche

100

Molise

-

Piemonte

100

Sardegna

-

Sicilia

-

Toscana

60

Trentino Alto Adige

80

Umbria

70

Valle d’Aosta

-

Veneto

-

29 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


anni, alcuni di questi, peraltro, già presenti nell’attuale Piano di settore ma non sviluppati a causa dell’emergenza cinipide. In particolare per la biologia, fisiologia e risorse genetiche le attività di ricerca degli ultimi 10-15 anni hanno permesso di “fotografare” la situazione del germoplasma castanicolo nel nostro Paese, di identificare le sorgenti di variabilità genetica e di collegarle con caratteristiche funzionali estremamente utili per il miglioramento delle piante dal punto di vista produttivo e di adattamento. Questo aspetto della ricerca è oggi quanto mai importante in uno scenario di cambiamento climatico globale che rende necessario intervenire specialmente con strategie di adattamento. È chiaro, infatti, come la crisi della castanicoltura sia collegata alla perdita di resilienza dell’ecosistema castanicolo e alla scarsa capacità adattativa delle piante e quindi

all’esigenza di aiutare le piante a riorganizzare positivamente la propria vegetatività, nonostante la situazione difficile che hanno attraversato in questi anni, sfruttando al massimo la ricchezza del germoplasma castanicolo nazionale per individuare materiale genetico adattabile alle diverse necessità territoriali e di coltivazione (fenologia, resistenza a malattie e insetti; adattamento alla siccità etc.). Curare l’impianto e la gestione del frutteto per rendere competitiva la produzione nazionale nel mercato internazionale. È emersa forte la necessità di concentrare sforzi e risorse sulla coltivazione e pratiche colturali del castagneto. Le frequenti e intense anomalie climatiche e la situazione di emergenza dell’ecosistema castagno dovuto anche a non corrette e approssimative pratiche colturali si ritiene siano le cause principali delle flessioni produttive degli ultimi anni.

30 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


31 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU


Inoltre vi è la necessità di individuare nuovi mix di impollinatori che garantiscano una disponibilità di polline per periodi più prolungati al fine di mitigare l’effetto abbattente di piogge intense durante la fioritura oramai puntualmente presenti. Vi è la necessità di restituire nutrienti al castagno in modo equilibrato e sostenibile, e quindi di lavorare sulla fertilizzazione possibilmente organica. È auspicabile modificare le pratiche di gestione dello strato erbaceo troppo spesso eliminato e compromesso da sfalci non necessari, con evidenti conseguenze sulle

caratteristiche chimico-fisiche e biologiche del suolo. È indispensabile introdurre nuovi metodi di impianto nelle aree disponibili, come ad esempio gli impianti intensivi per garantire una base produttiva meno suscettibile alle variabili climatiche. È necessario intensificare gli studi sulle tecniche di propagazione del materiale di elite da utilizzare nelle strategie di adattamento. È infine utile dare un nuovo indirizzo alla pratica della potatura, dove, come e quando farla.

Alberto Manzo Funzionario Tecnico - Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - Dipartimento delle politiche competitive della qualità agroalimentare ippiche e della pesca

Franco Porcu Ph.D. in Animal Science Agronomo - Tecnologo III Liv. CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria

32 IL PIANO DEL SETTORE CASTANICOLO ALBERTO MANZO, FRANCO PORCU




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LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO G. SABBATINI PEVERIERI, T. TURCHETTI, A. ALMA, P.F. ROVERSI

38

LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO Giuseppino Sabbatini Peverieri, Tullio Turchetti, Alberto Alma, Pio Federico Roversi


39

Numerose galle di cinipide su ramo di castagno

LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO G. SABBATINI PEVERIERI, T. TURCHETTI, A. ALMA, P.F. ROVERSI


Il castagno europeo non solo costituisce una risorsa alimentare per l’uomo, ma come peraltro accade per ogni altra pianta, i castagneti e i loro frutti rappresentano un substrato di sviluppo per una vasta schiera di organismi, definibili come fitofagi o fitoparassiti. In Italia sono circa 50 le specie di insetti che si sviluppano a spese del castagno, anche se poi solamente alcuni siano effettivamente dannosi alla produzione castanicola. Tra le principali specie dannose si ricordano sia le cidie, lepidotteri appartenenti alla famiglia dei tortricidi (Cydia fagiglandana, Cydia splendana e Pammene fasciana), sia il noto coleottero curculionide Curculio elephas, il balanino. Tra le patologie del castagno, si ricordano gli agenti del mal dell’inchiostro e del cancro della corteccia, causate rispettivamente dalle specie funginee Phytophthora cambivora (insieme alla congenere P. cinnamomi) e Cryphonectria parasitica. A queste avversità del castagno, ormai da tempo diffuse, si è aggiunto il cinipide Dryocosmus kuriphilus, specie aliena di recente introduzione. In particolare, il cinipide ha comportato una forte perturbazione del “sistema castagno”, aggiungendo gli effetti dei suoi danni a quelli già prodotti dagli altri fitofagi e fitoparassiti, comportando ulteriori azioni di stress alle piante, sempre più debilitate dalle avversità. La gestione delle problematiche fitosanitarie del castagno è sempre stata una pratica complessa, di difficile riuscita e in molti casi anche inattuabile o con l’ottenimento di risultati piuttosto deludenti. In passato venivano attuati prevalentemente interventi di tipo fisico-agronomico per il contenimento delle avversità. In tempi più recenti sono stati prospettati approcci diversi nel castagneto, legati essenzialmente alla difesa biologica, biotecnologica e microbiologica. Tuttavia il mercato rende disponibili anche numerosi formulati commerciali di prodotti di sintesi, la cui applicabilità deve essere attentamen-

Sintomi del mal dell’inchiostro: ingiallimenti fogliari e microfillia

Sintomi del mal dell’inchiostro: frutti di piccole dimensioni

Sintomi del mal dell’inchiostro: imbrunimenti al colletto

40 LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO G. SABBATINI PEVERIERI, T. TURCHETTI, A. ALMA, P.F. ROVERSI


Dryocosmus kuriphilus, adulto, galla e stadi larvali

cole di piccola e media impresa (la maggior parte delle strutture produttive in Italia) e dove si persegue l’ottica di una produzione di elevata qualità alimentare, di rispetto dell’ambiente e di conservazione dei metodi tradizionali di produzione (es. produzioni biologiche, DOP, IGP). Proponibili in queste realtà sono anche gli approcci ecosostenibili, quelli di origine biologica, in particolare la lotta basata su nematodi e funghi entomopatogeni o le tecniche di confusione sessuale. Purtroppo a oggi questi interventi necessitano ancora di ulteriori sperimentazioni per la loro corretta messa a punto. I risultati ottenuti in alcune sperimentazioni in campo con nematodi entompatogeni condotte nel settore castanicolo, indicano interessanti prospettive nel controllo delle cidie e del balanino. I nematodi entomopatogeni

te verificata in ambienti come il castagneto da frutto e in considerazione del fatto che la maggior parte degli impianti in Italia si trova in aree boschive, dove è impossibile l’impiego di prodotti chimici; è inoltre necessario mettere in evidenza che le applicazioni di tali prodotti hanno spesso fornito risultati contrastanti (alcuni successi alternati con altrettanti insuccessi). Queste difficoltà probabilmente sono legate all’enorme difformità e complessità dell’ecosistema castagno in Italia, sia da un punto di vista della struttura arborea che da quello stazionale; in questi contesti la distribuzione dei prodotti e delle sostanze attive incontrano svariati ostacoli. Contro cidie e balanino rimangono a tutt’oggi praticabili gli approcci tradizionali; in particolare tali pratiche possono trovare ancora impiego nelle varie realtà castani-

41 LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO G. SABBATINI PEVERIERI, T. TURCHETTI, A. ALMA, P.F. ROVERSI


più utilizzati nella lotta biologica appartengono ai generi Steinernema e, soprattutto, Heterorhabditis. Questi organismi svolgono la loro capacità di controllo delle popolazioni infestanti agendo sullo stadio larvale degli insetti nocivi. In particolare nel contesto del castagno, tali organismi intervengono sulle larve in fase di svernamento nel suolo. I nematodi entomopatogeni sono in grado di spostarsi nel terreno su sottili film

acquosi alla ricerca di insetti da infettare e colonizzare, penetrando nell’ospite attraverso le aperture naturali. Nell’ospite, si susseguono diverse generazioni fino al suo completo sfruttamento e le nuove generazioni abbandonano l’ospite e tornano nel suolo per la ricerca di altri insetti. La capacità di portare a morte le larve degli insetti colpiti viene esplicata dall’azione di batteri simbionti che i nematodi stessi inoculano

Galle del Dryocosmus kuriphilus su giovane germoglio di castagno (MiPAAF, 2011)

42 LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO G. SABBATINI PEVERIERI, T. TURCHETTI, A. ALMA, P.F. ROVERSI


C. parasitica: cancro mortale

C. parasitica: cancro cicatrizzante

C. parasitica: cancro cicatrizzato

C. parasitica: cancro intermedio

43 LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO G. SABBATINI PEVERIERI, T. TURCHETTI, A. ALMA, P.F. ROVERSI


nel corpo delle larve. Tali batteri causano la morte delle larve mediante la produzione di tossine, trasformandole in un substrato alimentare per i nematodi. I nematodi sono molto sensibili alle condizioni ambientali: le

temperature troppo basse, ma soprattutto la disidratazione del terreno ne minacciano la sopravvivenza. In considerazioni delle condizioni ambientali a cui sono soggetti i castagneti in Italia, è ragionevole supporre che

44 LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO G. SABBATINI PEVERIERI, T. TURCHETTI, A. ALMA, P.F. ROVERSI


i nematodi distribuiti sul terreno non siano in grado di sopravvivere ai periodi estivi e pertanto la metodologia da adottare prevede l’applicazione annuale, alla stregua di un biocida. Le tecniche applicative più corret-

te sono ancora in fase di sperimentazione, tuttavia si ritiene necessaria la presenza di almeno 1-1,5 miliardi di nematodi ad ettaro, ma probabilmente densità superiori possono condurre a risultati migliori. Rimane un

45 LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO G. SABBATINI PEVERIERI, T. TURCHETTI, A. ALMA, P.F. ROVERSI


castagneti. La tecnica della confusione sessuale prevede una elevata concentrazione di feromoni sessuali (formulato sintetico) nell’ambiente in modo da impedire ai maschi di localizzare con successo le femmine per l’accoppiamento. Tuttavia si devono ancora attendere ulteriori conferme sull’efficacia di questi interventi nei diversi contesti italiani e in ogni modo la tecnica non è applicabile nei casi di elevate densità delle popolazioni dell’insetto fitofago, dove infine gli incontri casuali potrebbero comunque portare ad un numero rilevante di femmine fecondate nell’ambiente e tale da non trovare poi riscontro in una effettiva riduzione dei danni sui frutti. Discorso a parte merita il cinipide del castagno Dryocosmus kuriphilus, introdotto accidentalmente in Italia all’inizio degli anni 2000 e da qui diffusosi rapidamente ormai in tutta Europa. I danni arrecati dal cinipide sono evidenti ed eclatanti, comportando la completa defoliazione delle chiome delle piante, anche in castagni secolari ed imponenti. Casi di morte delle piante sono stati documentati solo per semenzali, ma la perdita di produzione in seguito alla defoliazione è stata documentata e lamentata ovunque, perdite che possono anche arrivare all’ordine del 70-80% della produzione, o addirittura da azzerarla del tutto lì dove non risulta più conveniente nemmeno procedere alla raccolta del prodotto. In Italia la lotta al cinipide è stata attuata mediante l’introduzione programmata sul territorio italiano del suo antagonista principale ottenuto dalle stesse aree di origine dell’insetto nocivo, il Torymus sinensis. Questo parassitoide ha permesso nel giro di alcuni anni di contenere le popolazioni del cinipide sotto livelli accettabili, anche se con effetti diversi a seconda degli anni di introduzione e delle caratteristiche locali delle singole aree castanicole. I risultati ottenuti in molte aree italiane lasciano supporre una potenziale ri-

punto chiave nell’applicazione: la sufficiente l’umidità del terreno. È proponibile un doppio periodo di trattamento, uno coincidente con la fase di raccolta delle castagne ed uno primaverile, da eseguirsi in concomitanza di periodi piovosi che possano rifornire il terreno di sufficiente acqua. Tra gli impieghi di sistemi che prevedono organismi antagonisti al balanino e alle cidie, si ricorda anche l’uso di funghi entomopatogeni, per lo più appartenenti ai generi Beauveria o Metarhizium. Nel caso della lotta contro il balanino e le cidie, la distribuzione dovrebbe avvenire nel periodo autunnale quando le larve iniziano ad uscire dai frutti colpiti, quindi prima che le larve si interrino nel suolo. In tal modo le larve si contaminano delle spore del fungo che poi germinando, le infetta e le colonizza. Tuttavia, una certa attività di traslocazione passiva delle spore in profondità nel terreno è possibile anche per effetto della traslocazione dell’acqua delle piogge, andando così ad infettare anche le larve che non si sono contaminate in superficie. Anche in questo settore, come per i nematodi, si attendono le ulteriori necessarie conferme sull’efficacia dell’impiego e sulla messa a punto delle più corrette misure d’applicazione, prima di proporre il sistema come un mezzo efficace per il contenimento delle popolazioni infestanti. Negli ultimi decenni si è prospettata anche la possibilità di intervenire mediante tecniche di confusione sessuale nel controllo delle cidie, in particolare nei confronti di C. fagiglandana e C. splendana. L’individuazione dei loro feromoni sessuali ha permesso di procedere con approcci biotecnologici nel tentativo di controllare le loro popolazioni, attingendo da esperienze condotte nel settore dell’agricoltura. Inoltre, recentemente, la possibilità dell’impiego di sistemi automatizzati nella distribuzione dei prodotti ha reso più conveniente l’impiego anche nei

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to radicale ed è diffusa in Europa già dalla fine dell’ottocento, causando la morte sia di piante singole che di gruppi anche estesi. I sintomi della malattia sono: ingiallimento fogliare e microfillia, produzione di frutti di piccole dimensioni e soprattutto la presenza di imbrunimenti a “fiamma” sul colletto delle piante fino a circa 1 metro di altezza. Per il controllo del mal dell’inchiostro sono fondamentali: la diagnosi precoce e gli interventi di tipo agronomico-colturale, come ad esempio la regimazione delle acque di scorrimento, la sospensione o riduzione della frequentazione del castagneto e provvedere al mantenimento di un buon livello di sostanza organica nel terreno. Tra le patologie di origine fungina, recentemente si è presentata una nuova ulteriore emergenza fitosanitaria: la mummificazione delle castagne, il cui agente patogeno sembra essere afferente al genere Gnomoniopsis. Questa patologia causa la completa perdita del prodotto colpendo le castagne all’interno del frutto e senza alcun sintomo di presenza all’esterno. Si tratta di una grave avversità che si sta manifestando in vari comprensori castanicoli italiani e per la quale

soluzione della problematica, che dovrebbe essere costante nel tempo, secondo i principi della lotta biologica classica. Le problematiche fitosanitarie del castagno non sono comunque solo legate agli insetti, ma anche microorganismi fungini intervengono con gravi manifestazioni. Una storica avversità è il cancro corticale del castagno (Cryphonectria parasitica), patogeno proveniente dall’areale asiatico e diffusosi in Nord America dove ha distrutto il castagno americano. In Europa, in un secondo momento, la comparsa fortuita dei ceppi ipovirulenti del patogeno, ha permesso la sopravvivenza della coltura del castagno. In presenza dell’ipovirulenza, le piante sono in grado di circoscrivere l’infezione, cicatrizzandola. Al giorno d’oggi il cancro corticale del castagno sembra una patologia alquanto contenuta, ma tuttavia possono verificarsi delle recrudescenze dove gli impianti sono indeboliti da altre problematiche, come ad esempio le interazioni con il cinipide. Altra patologia nota da tempo è il mal dell’inchiostro, malattia causata dagli agenti patogeni Phytophthora cambivora e P. cinnamomi. Questa malattia colpisce l’appara-

Galla secca di cinipide

Torymus sinensis

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ancora non vi è sufficiente chiarezza sui processi biologici coinvolti nel manifestarsi della malattia, tanto meno sulle più corrette modalità di intervento. Si ritiene comunque in via generale che il mantenimento di una buona condizione vegetativa delle piante e di conseguenze l’incremento della capacità di autodifesa, possano dare un significativo contributo al controllo della malattia. Nel complesso il castagno soffre di avversità difficilmente gestibili a causa della collocazione della maggior parte degli impianti in Italia, ovvero terreni montani, spesso di difficile accesso, con strutture arboree imponenti e piante ancora molto vecchie. Dall’altro lato, è possibile intervenire sul castagno con una serie di trattamenti che permettono di mantenere lo stato di vigoria delle piante, sia con opportune potature, che intervenendo sulla fertilità del suolo. Una buona condizione di fertilità, consente di avere piante

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più vigorose con una migliore tolleranza nel fronteggiare le avversità. La fertilità del suolo viene spesso compromessa nell’ecosistema castagno a causa della repentina e pluriennale sottrazione di sostanza organica (asportazione di frutti, ricci, foglie, rami e rametti delle potature) o alla bruciatura dei residui in loco che costituiscono comunque una perdita di humus fertile. D’altra parte la buona ferti-

lità del terreno, costituisce un primo passo per l’autodifesa del castagno verso le proprie avversità. Adottare tecniche di compostaggio in loco può contribuire al mantenimento della fertilità e dove questa risulti comunque carente, si può procedere al suo diretto reintegro mediante calibrati programmi di concimazione, oppure permettendo il pascolamento diretto, ad esempio, degli ovini.

Giuseppino Sabbatini Peverieri Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Centro di ricerca per l’agrobiologia e la pedologia Cascine del Riccio - Firenze

Tullio Turchetti Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante Sesto Fiorentino - Firenze

Alberto Alma DISAFA, Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Torino Grugliasco - Torino

Pio Federico Roversi Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Centro di ricerca per l’agrobiologia e la pedologia Cascine del Riccio - Firenze

50 LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE FITOSANITARIE DEL CASTAGNO G. SABBATINI PEVERIERI, T. TURCHETTI, A. ALMA, P.F. ROVERSI


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INSETTI ESOTICI L’IMPORTANZA DIFITOFAGI CHIAMARSI DEL GAJA CASTAGNO LAMBERTO G. SABBATINI CANTONI PEVERIERI, P.F. ROVERSI

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INSETTI ESOTICI FITOFAGI DEL CASTAGNO E LA MINACCIA DI UNA NUOVA INTRODUZIONE DI NUOVI INSETTI IN ITALIA Giuseppino Sabbatini Peverieri, Pio Federico Roversi


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INSETTI ESOTICI DEL CASTAGNO L’IMPORTANZA DIFITOFAGI CHIAMARSI GAJA G. SABBATINI PEVERIERI, P.F. ROVERSI LAMBERTO CANTONI


Il castagno è una pianta appartenente al genere Castanea, di cui fanno parte decine di specie di piante diverse diffuse in varie regioni del mondo, in primo luogo Nord America e in Estremo Oriente, oltre che nelle aree montuose del mediterraneo e nella penisola anatolica. Alcune specie di piante del genere Castanea rivestono una notevole importanza economica soprattutto per la produzione di frutti eduli, ovvero C. crenata, C. mollissima e C. sativa e relativi ibridi. Questa peculiarità ha portato ad una sempre maggiore diffusione e impiego di queste essenze vegetali in molte regioni del mondo. L’intensità degli scambi commerciali ha comportato purtroppo inevitabilmente una elevata facilità nella veicolazione anche degli organismi nocivi alle piante stesse, da aree di indigenato verso aree precedentemente indenni e, a sua volta, verso altre nuove aree. In alcuni casi, come conseguenza della diffusione di tali specie nocive, si sono manifestati eventi disastrosi sia sotto il profilo economico che ambientale. Ben nota è la scomparsa del castagno americano a causa delle devastanti epidemie del cancro della corteccia del castagno, dal quale il castagno europeo si è salvato solo grazie alla comparsa di una forma ipovirulenta del fungo responsabile della malattia e facendo registrare quindi un calo dell’aggressività verso le piante. In tal modo il castagno europeo è in grado di fronteggiare il patogeno circoscrivendo le aree infette senza andare incontro alla morte. In Italia, recentemente l’insetto fitofago esotico Dryocosmus kuriphilus, il noto “cinipide del castagno” è solamente una delle ultime avversità biotiche introdotte accidentalmente in Italia che hanno messo in crisi il settore castanicolo e solo di recente sembrano essersi presentate le condizioni per una reale risoluzione del problema. La minaccia di nuove introduzioni di altre specie nocive è invece una caratteristica costante dei tempi recenti e non e sempre

Cinipide del castagno

Galle del cinipide del castagno

Sezione di galla di cinipide del castagno

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più numerose sono le segnalazioni di specie aliene nocive ad altre colture agroforestali ormai insediate sul territorio nazionale. A livello mondiale, sono oltre 150 le specie di insetti esotici in grado di svilupparsi a spese delle piante del genere Castanea. Tuttavia non tutte rivestono un significativo interesse fitosanitario nei propri areali di origine; proprio questo aspetto complica la possibilità di previsione delle emergenze fitosanitarie. Insetti nocivi noti possono dare effetti devastanti in nuovi ambienti, ma anche specie del tutto ignorate, sotto il punto di vista del profilo economico, possono dare luogo ad effetti dannosi in nuovi ambienti.

In particolare, tra le specie fitofaghe nocive al castagno da frutto possono ricordarsi i coleotteri curculionidi e i lepidotteri tortricidi che si sviluppano a spese dei frutti alla pari dei ben noti balanino e cidie del castagno. Tra i primi, si evidenziano sia le specie Curculio say e Curculio caryatrypes di origine Nordamericana, sia le specie Curculio davidi, Curculio sikkimensis, Cyllorhynchites ursulus, Mechoris cumulatus e Niphades castanea, tutte specie originarie dell’Estremo Oriente. Tra i lepidotteri tortricidi invece si possono ricordare, ancora, specie originarie del Nord America, ad esempio Cydia latiferreana, sia le specie dell’Estremo Oriente Cydia glandicolana, Cydia kurokoi, Garella ruficirra, Dichocrocis punctiferalis e Fibuloides aestuosa. Tuttavia anche alcune specie appartenenti ad altri gruppi con diverse specializzazioni trofiche possono arrecare sensibili danni al castagno e alla produzione frutticola. Tra questi si elencano sia omotteri fitomizi, come ad esempio Moritziella castaneivora, Neoasterodiaspis castaneae, Kermes nawae, Lachnus tropicalis. Myzocallis kuricola, tutte

Balanino del castagno

Foro di uscita di balanino

Danni da balanino

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Castagne colpite da Cydia sp.

sioni portandole a morte nel giro di pochi anni, iniziando a colonizzare prima i rami, poi il tronco. Le specie che si sviluppano a spese dei frutti comportano un quadro sintomatologico simile a quello prodotto dal ben noto balanino del castagno (Curculio elephas) e dalle cidie del castagno (Cydia fagiglandana, Cydia splendana e Pammene fasciana), con fori e gallerie nelle castagne prodotti dalle larve in fase di alimentazione e con produzione di rosura espulsa dai frutti colpiti. Le specie xilofaghe invece danno segno della loro presenza con fori sulle cortecce delle piante (o dei tronchi e rami) di forme varie a seconda delle specie coinvolte (a semicerchio, roton-

specie originarie dell’Estremo Oriente. Tra queste specie, M. castaneivora sembra rappresentare una minaccia rilevante, causando il disseccamento delle infiorescenze, dei getti apicali e compromettendo la maturazione dei frutti. Non mancano nell’elenco anche specie xilofaghe, come ad esempio il coleottero buprestide nordamericano Agrilus bilineatus, sia le specie di lepidotteri sesidi Aegeria molybdoceps e Sesia rhynchioides di origine ancora dell’Estremo Oriente. In particolare, A. bilineatus rappresentava prima dell’avvento del cancro della corteccia in Nord America, la maggiore minaccia per il castagno americano. Questa specie si sviluppa a carico di piante di grosse dimen-

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Danno da Cydia sp. su marrone

de o ellissoidali) e dalle gallerie di alimentazione in genere presenti sotto corteccia o che si addentrano nel legno anche in profondità. In considerazione dell’entità degli attuali scambi commerciali, senza dubbio il rischio maggiore di introduzione è legato agli insetti che si nutrono a spese dei frutti e quelli che sono in grado di svernare/ali-

mentarsi su porzioni delle piante destinate a costituire materiale di propagazione o di interesse vivaistico. Tuttavia, l’eventuale scambio di materiale legnoso (tronchi e travi, con o senza corteccia) possono comportare l’introduzione di insetti xilofagi che sarebbero in grado di arrecare ulteriori danni al castagno in Italia.

Giuseppino Sabbatini Peverieri Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Centro di ricerca per l’agrobiologia e la pedologia Cascine del Riccio - Firenze

Pio Federico Roversi Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Centro di ricerca per l’agrobiologia e la pedologia Cascine del Riccio - Firenze

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68 01 ALCUNE CONSIDERAZIONI L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI SUGAJA ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA LAMBERTO ALDO POLLINI CANTONI


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ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA

Aldo Pollini ALCUNE CONSIDERAZIONI SUGAJA ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ALDO POLLINI LAMBERTO CANTONI


L’origine del problema Trattandosi di una malattia nuova per l’ambiente europeo è evidente che è riuscita a sfuggire ai controlli fitosanitari nei punti di entrata di vegetali provenienti da altri continenti. È un fatto di estrema gravità e non è certamente il primo, e nemmeno l’ultimo, consi-

Dopo l’interessante visita effettuata a Tormaresca ho riflettuto su quanto ho visto e ho ritenuto opportuno effettuare alcune considerazioni sui vari aspetti che riguardano Xylella fastidiosa, che qui appresso riassumo, notoriamente ritenuta la causa principale del “Complesso del deperimento rapido dell’olivo” (CoDiRo).

Aspetto dell’oliveto interessato da operazioni di sradicamento

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derato il ragguardevole numero di organismi nocivi (un centinaio o anche più) che sono stati introdotti in Italia e che si arricchisce di anno in anno. Alla luce di questi fatti occorre maggiore competenza e severità nei controlli fitosanitari e prima di importare piante da altri continenti occorrerebbe ben sapere quali si-

ano gli organismi dannosi che vivono sulle medesime e i rischi che si corrono quando su piante asintomatiche sono presenti stadi evolutivi difficilmente rintracciabili, anche attraverso esami accurati e distruttivi. Nell’incertezza occorrerebbe vietare l’importazione di piante o parti di piante ad alto rischio.

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Forma giovanile di Philaenus spumarius

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Mancata tempestività nell’accertamento di sospette anomalie vegetative presenti negli oliveti È evidente che al primo verificarsi di insoliti incrementi di anomalie o alterazioni vegetative è necessario ricercarne immediatamente le cause per poi mettere in atto tutti i provvedimenti utili. Più è tempestivo l’accertamento, tanto maggiori sono le possibilità di mettere in atto le misure atte a porvi rimedio. Per l’olivo, al verificarsi di un insolito intensificarsi dei disseccamenti vegetativi era

da chiedersi cosa stava succedendo. È vero che avvizzimenti seguiti da disseccamenti di porzioni più o meno ampie della chioma potevano essere attribuiti ad attacchi di Verticilliosi (Verticillium spp.) o di rodilegno giallo (Zeuzera pyrina), ma doveva apparire strano che i suddetti avessero potuto subire un forte incremento dopo anni di sostanziale stabilità. Per fugare ogni sospetto sarebbe stato sufficiente un’analisi micologica per la verticilliosi, il riscontro di gallerie larvali e di catture realizzate con trappole a feromoni per quanto riguarda la zeuzera. La situazio-

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Particolarità delle spine presenti alle stremità della tibia e del primo segmento tarsale delle zampe posteriori di Philaenus spumarius

Adulto di una delle forme cromatiche di Philaenus spumarius

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to. In primavera le forme giovanili (neanidi e ninfe) si sviluppano sulle piante erbacee, protette entro una massa schiumosa. Non è chiaro se queste riescano a svilupparsi anche sui teneri polloni che crescono al pedale delle piante per cui una semplice indagine visiva, effettuata nel momento in cui compaiono le masse schiumose sulle piante erbacee può chiarire questo aspetto. I nuovi adulti compaiono all’inizio dell’estate, ma sarebbe opportuno indagare quale sia il momento della loro comparsa e quando questi muoiono dopo aver completato il ciclo con gli accoppiamenti e la deposizione delle uova. Non è chiarito se i neo-adulti si portano immediatamente sulla chioma degli ulivi o se la raggiungono dopo aver stazionato temporaneamente sui germogli dei polloni per alimentarsi. Dovrà essere chiarito quanti di essi raggiungono la chioma e se sui rametti (almeno su quelli teneri) riescono ad alimentarsi e a tramettere conseguentemente le infezioni se risultano infetti. Certamente la loro attività di suzione, qualora sia svolta sui rametti, dovrebbe essere ben inferiore rispetto a quella delle forme giovanili. Se non riescono ad alimentarsi per la consistenza dei rametti è evidente che le infezioni sono contratte dalle forme giovanili, se queste si sono alimentate sui polloni erbacei di piante colpite dalla batteriosi. Sulle piante di olivo sono state intercettate anche altre specie rappresentate da Hysteropterum sp., Ledra aurita, ecc. Attraverso un trattamento di abbattimento realizzato all’inizio di settembre dell’anno in corso nel Brindisino sulla chioma di piante di olivo con l’impiego di un formulato ammesso a base di olio essenziale di arancio dolce, è stato raccolto un numero veramente imponente di adulti di Hysteropterum sp. (oltre 500 per pianta) e nessun individuo di Philaenus spumarius per il fatto che il ciclo di questo insetto si era già concluso. Sarebbe utile indagare quale sia il rapporto delle

ne è stata inizialmente sottovalutata e quando la batteriosi si è manifestata in modo eclatante la malattia è giunta a livelli veramente preoccupanti. Si è sostanzialmente perduto molto tempo prezioso. Localizzazione colonie batteriche e loro distribuzione nelle piante Xylella fastidiosa è notoriamente un batterio le cui colonie invadono i vasi xilematici e si diffondono attraverso la corrente linfatica ascendente. Occludendo i vasi rallentano o impediscono il flusso della linfa per cui la vegetazione dei rami ai quali non giunge la corrente linfatica va incontro ad una forma di deperimento più o meno rapido con conseguente disseccamento fogliare, al quale si giunge dopo una sintomatologia iniziale rappresentata dal disseccamento della metà distale del lembo fogliare. Le parti non colonizzate dal batterio non presentano sintomi, mentre quelle già invase possono rivelarsi in primo tempo asintomatiche per poi mostrare in tempi successivi (anche se rapidi) i sintomi dell’attacco. Se dalle analisi di parti asintomatiche della chioma non viene rilevata la presenza del batterio, non può escludersi che la pianta sia invece colpita. D’altra parte per conoscere se una pianta asintomatica è infetta o non infetta occorrerebbe realizzare l’analisi su un campione prelevato nei vari punti della chioma. Vettori È stato accertato che vettore di Xylella fastidiosa è Philaenus spumarius (sputacchina). Trattasi di una specie xilomiza (esplica la nutrizione a livello dei vasi xilematici) ben nota in quanto capace di trasmettere il ceppo batterico di Xylella fastidiosa che causa la “malattia di Pierce” della vite. Compie una sola generazione all’anno e sverna con uova deposte fra le guaine fogliari o al colletto di piante erbacee spontanee presenti nell’olive-

75 ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA ALDO POLLINI


ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA ALDO POLLINI

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presenze di Philaenus spumarius e di Hysteropterum sp. (probabilmente H. grylloides), magari anticipando il trattamento di abbattimento nel mese di giugno, quando le due specie sono contemporaneamte presenti. Quest’ultima specie compie anch’essa una sola generazione all’anno e sverna con uova deposte nella tarda estate in piccole ovature terrose aderenti alla corteccia del tronco e dei rami. Con osservazioni effettuate sul tronco degli olivi di Tormaresca non ho rilevato la presenza di ovature, ma è assai probabile che le suddette siano presenti sui rami, anche su quelli della parte alta della chioma, considerata la notevole popolazione che potrebbe essere presente, alla luce di quella riscontrata sugli olivi del Brindisino. Considerata la struttura dell’insetto è assai probabile che anche questo esplichi la nutrizione a livello dei vasi xilematici, nonostante venga indicata in bibliografia una modalità di alimentazione floematica. Resta comunque da chiarire, in maniera certa, quale sia il ruolo di questo insetto nella trasmissione di Xylella fastidiosa. Occorre innanzitutto verificare se individui raccolti in numero sufficientemente rappresentativo siano o meno infetti e realizzare poi prove di trasmissione (anche queste con l’impiego di un rappresentativo numero di individui) per accertare se sono effettivamente in grado di trasmettere l’infezione. In campo, soprattutto sui polloni, sono state rinvenute le tracce di ovodeposizione di cicala (probabilmente Cicada orni) per cui occorrerebbe controllare se anche questa cicala può essere infetta e, se tale, è poi in grado di trasmettere le infezioni. Distruzione delle piante ospiti erbacee Attraverso la lavorazione del terreno dell’oliveto sarebbe possibile distruggere le piante erbacee ospiti e ridurre o annullare la popolazione giovanile della sputacchina. È ovvio che la lavorazione del terreno impe-


ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA ALDO POLLINI

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Operazione di riduzione della massa vegetativa e legnosa degli olivi abbattuti


disce poi l’esecuzione della raccolta a terra, pratica largamente adottata in zona. Distruzione dei polloni Sui polloni erbacei nella zona del Brindisino ho rilevato, all’inizio di settembre, forme adulte e ninfali di Hysteropterum sp. È probabile che nei mesi precedenti potessero ospitare almeno le forme adulte di Philaenus spumarius. Frequentando i polloni di piante infette acquisiscono la batteriosi per poi trasmetterla e infettare le piante sane. La soppressione dei polloni in inverno, o al più tardi prima della comparsa delle forme giovanili e soprattutto degli adulti, è un provvedimento utile per ridurre le possibilità di diffusione della malattia da parte dei vettori. L’operazione di spollonatura deve interessare tutte le piante, anche quelle che essendo state potate sono interessate dalla raccolta delle olive solo nell’annata successiva e sulle quali viene omessa l’asportazione dei polloni.

Fuochi per la distruzione degli olivi abbattuti

78 ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA ALDO POLLINI


I trattamenti Come accade per diversi vettori di agenti infettivi (per es. virus, fitoplasmi, batteri), la lotta contro gli stessi consente di ridurre le possibilità di trasmissione delle infezioni. Anche per Xylella fastidiosa, la lotta contro il vettore attualmente riconosciuto tale è un provvedimento che può ridurre la trasmissione della batteriosi da parte dei vettori. Occorre innanzitutto conoscere se il vettore sia solo Philaenus spumarius o se siano coinvolte altre specie al fine di scegliere specifiche e corrette tempistiche applicative. Rimane da conoscere quali prodotti scegliere, tra quelli autorizzati, considerando la loro attività (abbattente o sistemica) e le eventuali ripercussioni sull’entomofauna utile. A proposito della loro attività non va dimenticato che gli insetti vettori che si alimentano su piante trattate con prodotti sistemici, muoiono solo dopo essersi alimentati per cui se sono infetti riescono a trasmettere la batteriosi prima di morire.

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Apparato radicale di una pianta di olivo sradicata, sul quale sono state osservate presenze miceliali di Armillaria mellea

80 ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA ALDO POLLINI


È inoltre da evidenziare che negli oliveti in cui mancano trattamenti contro i principali fitofagi i vettori riescono ad operare in maniera indisturbata, per cui occorre ripristinarli, adattando le tempestiche degli interventi in funzione del vettore o dei vettori di Xilella fastidiosa. La soppressione delle piante infette Le piante infette costituiscono un focolaio d’infezione per cui vanno giustamente soppresse. Non si capisce come si sia giunti a stabilire che oltre alla pianta infetta vadano soppresse anche quelle presenti nel raggio di 100 metri. Molto probabilmente con tale provvedimento vengono soppresse anche piante sane e trattandosi di un’operazione fortemente distruttiva occorrerebbe controllare tutti gli ulivi presenti in tale raggio in modo da sopprimere solo quelli sicuramente infetti. Nonostante l’applicazione drastica del provvedimento di abbattimento non è detto che possa rivelarsi pienamente utile in quanto fuori dall’area di abbattimento possono essere presenti piante asintomatiche infette.

81 ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA ALDO POLLINI


Piante sottoposte a operazioni di potatura e sulle quali è stata omessa la soppressione dei polloni

Il ruolo degli altri provvedimenti Tutte le pratiche che consentono di mettere le piante nelle migliori condizioni per contrastare la malattia sono di estrema utilità e tra queste sono da citare la rimozione delle parti infestate dalla Zeuzera pyrina o l’uccisione delle larve all’interno delle loro gallerie, la protezione dei grossi tagli di potatura per ridurre i processi di carie del legno, la gestione razionale del suolo attraverso le lavorazioni del terreno atte a sopprimere infestanti ospitanti i vettori della batteriosi, le concimazioni appropriate con letame e compost, l’impiego di biostimolanti induttori di resistenza, l’impiego di fertilizzanti con finalità differenti da quelli nutrizionali, la gestione delle irrigazioni e dell’accumulo dell’acqua piovana; l’adozione di potature razionali per ridurre le parti ombreggiate e facilitare la circolazione dell’aria, ecc., il tut-

to per migliorare il “sistema immunitario” dell’oliveto. Conclusioni Considerata la molteplicità degli aspetti legati alla batteriosi occorre che tutte le competenze presenti operino in modo da chiarire gli aspetti poco conosciuti riguardanti i settori di loro pertinenza. Si tratta poi di assemblare quanto scaturito dalle ricerche fino ad ora svolte e da quelle future in modo da emanare un insieme di misure atte a contenere una malattia veramente distruttiva per l’economia nazionale.

Aldo Pollini Agronomo

82 ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ASPETTI DEL PROBLEMA XYLELLA ALDO POLLINI


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KARPÒS promo TIRAMISU’: SAVOIARDI O PAVESINI? NEL NUOVO FILM DI FABIO DE LUIGI LA RISPOSTA ALLA “GOLOSA” QUERELLE Coppi e Bartali, Rivera e Mazzola, Pippo Baudo e Mike Bongiorno, Sofia Loren e Gina Lollobrigida. Sono le querelle che da sempre tengono banco tra gli italiani. Ma noi che siamo la Patria del buon cibo, non potevamo farci mancare la discussione sul dolce nazionale per eccellenza: il Tiramisù. E se per altre questioni culinarie il responso è certo - la carbonara è senza panna - per il Tiramisù il dibattitto è ancora aperto: Savoiardi o Pavesini? Il nuovo film di Fabio De Luigi, in programma nelle sale a partire da ieri 25 febbraio, promuove la seconda versione. È il dolce italiano più famoso al Mondo, vero e proprio simbolo della nostra cultura gastronomica all’Estero. Il 17 gennaio 2013 è stata addirittura istituita una giornata mondiale per celebrare la sua ricetta originale. Ed è proprio su questo annoso tema che si concentra la divertente diatriba. Perché oltre ad essere “a piece of Paradise in your mouth” - come lo definiscono i buongustai statunitensi - il Tiramisù è anche il dolce più chiacchierato, più discusso, più democratico. Il dibattito che riguarda soprattutto la scelta dell’ingrediente principale - ha fatto accapigliare chef di grido, pasticcieri, nonne massaie, parenti, fratelli e amici. Tutti pronti a pontificare sulla propria ricetta del cuore e a criticare ogni tipo di alternativa proposta. Insomma un terreno davvero minato. E un dubbio amletico, ancora irrisolto, o quasi: per preparare il Tiramisù meglio i Savoiardi o i Pavesini? Che voi siate sostenitori della versione tradizionale o di quella innovativa sappiate che al Cinema vince la seconda opzione, quella con i Pavesini. Nel film “Tiramisù” di Fabio De Luigi – all’esordio nei panni di regista - il protagonista assoluto è lo squisito dolce di cui tutti gli italiani, e non solo, sono innamorati. La pellicola è disponibile nelle sale a partire da ieri, 25 febbraio, con un cast d’eccezione: da Fabio De Luigi a Vittoria Puccini, da Giulia Bevilacqua ad Angelo Duro e poi Alberto Farina, Nicola Esposito, Orso Maria Guerrini e Pippo Franco.

70 ANNI PER I PAVESINI: IL BISCOTTO LIGHT DA SOLE 9 CALORIE… Per la preparazione del tiramisù, nella sfida

con il savoiardo, tra i plus riconosciuti ai Pavesini c’è sicuramente una consistenza migliore che conferisce al dolce una piacevole masticabilità. È per questo che sempre più italiani scelgono di utilizzarlo per la preparazione di questo dolce. I Pavesini sono i biscotti snack leggeri per eccellenza da oltre 70 anni: un gusto inimitabile, con solo 9 calorie per biscotto e zero grassi aggiunti. Nel 2015 i biscotti Pavesini hanno compito 70 anni: è stato infatti nel 1945 che la Pavesi, dopo il trasferimento nello stabilimento di via Leonardo, ha iniziato la produzione vera e propria dei biscottini di Novara, gli «antenati» dei Pavesini. Una storia che continua oggi con grande successo!

TIRAMISU’…TIRARSI SU’, SALIRE, CADERE E RICOMINCIARE: ECCO LA TRAMA DEL FILM Antonio Moscati (Fabio De Luigi) è sposato con Aurora (Vittoria Puccini), una donna dolce e tutta d’un pezzo. Nella loro vita bazzicano il cognato di Antonio, il cinico Franco (Angelo

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Duro) trentenne, divorziato, una figlia di nove anni, impegnato nella moda e nel frequentare modelle e Marco (Alberto Farina) eterno depresso tormentato dal pensiero dei debiti accumulati per via della gestione sciatta e disfattista di “Vini e Vinili”, un’ enoteca sempre tristemente vuota. Antonio invece è rappresentante di materiale sanitario. Gira con poco entusiasmo le sale d’attesa dei medici di base cercando di piazzare con scarsi risultati garze, bende e cerotti. Alla frustrazione quotidiana si è aggiunto ultimamente anche il timore che Aurora possa essersi stancata di lui e del suo lassismo. Un giorno però, Antonio dimentica in uno studio medico un Tiramisù fatto dalla moglie e destinato alla Caritas. Un medico lo assaggia, e da quel momento la vita di Antonio cambia. Quel dolce diventa il primo innocente gradino di un’improbabile scalata professionale e sociale per la quale Antonio non è stato progettato. Intrallazzi, sotterfugi, gesti di piccola e grande corruzione lo porteranno ad ottenere un sempre crescente - e per lui ingestibile -successo in campo sanitario. Tra mille imprevisti e situazioni comiche, Antonio diventerà, quasi senza accorgersene, una persona disposta a tutto pur di mantenere il nuovo status. A salvarlo da se stesso, tirandolo ancora una volta su, ci penserà una persona migliore di lui, Aurora.

primi gruppi alimentari italiani, leader mondiale nel mercato della pasta, dei sughi pronti in Europa continentale, dei prodotti da forno in Italia e dei pani croccanti nei Paesi scandinavi. Il Gruppo Barilla possiede 29 siti produttivi (14 in Italia e 15 all’estero) ed esporta in più di 100 Paesi. Dagli stabilimenti escono ogni anno circa 1.700.000 tonnellate di prodotti alimentari, che vengono consumati sulle tavole di tutto il mondo, con i marchi: Barilla, Mulino Bianco, Harrys, Pavesi, Wasa, Filiz, Yemina e Vesta, Misko, Voiello, Academia Barilla. Il Gruppo Barilla ha un solo modo di fare impresa: “Buono per Te, Buono per il Pianeta.” “Buono per Te” significa migliorare continuamente i nostri prodotti, incentivare l’adozione di corretti stili di vita e favorire l’accesso al cibo e l’inclusione sociale delle persone. “Buono per il Pianeta” significa promuovere filiere sostenibili e ridurre le emissioni di CO2 e i consumi di acqua nella fase produttiva. Per ulteriori informazioni si prega di visitare:

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Gruppo Barilla Nata a Parma nel 1877 da una bottega che produceva pane e pasta, Barilla è oggi tra i

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KARPÒS promo I PELATI, LE PASSATE E LE POLPE DI POMODORO CIRIO VINCONO IL QUALITY AWARD 2016 Esplicito il giudizio dei consumatori: “sono prodotti veramente buoni” a gamma dei “rossi” CIRIO premiata nella categoria del pomodoro italiano secondo i risultati dei test condotti direttamente con i consumatori. Sono prodotti veramente buoni”: è stato questo il giudizio positivo che i consumatori hanno espresso per i Pelati, la Passata Rustica e la Passata Verace, la Polpa Più e la Polpa Finissima di pomodoro CIRIO, una gamma di prodotti che si è aggiudicata il Premio Quality Award 2016. Il riconoscimento italiano viene attribuito ai prodotti alimentari (Food & Beverage) attraverso test sensoriali condotti da laboratori indipendenti specializzati con il coinvolgimento diretto di un ampio campione di consumatori. La valutazione dei prodotti è effettuata tramite un blind test che omettendo la marca prevede un giudizio su alcune componenti del prodotto, quali l’etichetta degli ingredienti, il gradimento globale, il sapore, l’aspetto, la consistenza e l’odore. Il Premio Quality Award viene assegnato a quei prodotti alimentari che hanno soddisfatto ampiamente i 200 consumatori in target a garanzia di una scelta rassicurante in termini di materia prima, gradimento e gusto. Il costante impegno lungo l’intera filiera Cirio, dal miglioramento produttivo in campagna all’innovazione di prodotto, danno sempre i loro frutti ed i prodotti oggi premiati ne sono la miglior conferma: la Passata Rustica, inventata da Cirio, originale e polposa come fatta in casa, è ideale per preparare i migliori sughi della tradizione italiana. Grazie all’inconfondibile consistenza e corposità, mantiene il caratteristico sapore del miglior pomodoro fresco e una perfetta aderenza alla pasta. È Premiazione: da sinistra Antonio Decaro (responsabile marketing della società Marketing Consulting), Federico Cappi (direttore marketing retail Conserve Italia)

di alta qualità, perché preparata con l’esclusivo setaccio a trama larga che rende il prodotto più polposo delle passate classiche. La Passata Verace ha la consistenza vellutata e un sapore naturalmente dolce. Cremosa ed omogenea, si adatta ad ogni tipo di ricetta, grazie all’alta qualità del pomodoro Cirio, e porta in tavola tutta la ricchezza del gusto autentico. I Pelati Cirio, belli, grandi e calibrati, sono il simbolo della cucina italiana e della tradizione Cirio. Coltivati e lavorati con passione nella zona italiana d’eccellenza, sono immersi in una ricca salsa di pomodoro. Corposi, di colore rosso vivo e maturi al punto giusto, hanno il sapore pieno e tutta la polposità del pomodoro fresco. La Polpa Più è la prima polpa fine con corposi pezzi di pomodoro; ricca e versatile in cucina, ha un sapore intenso perché ai pomodori tagliati a cubetti viene aggiunta una salsa densa e gustosa. La consistenza è equilibrata tra polpa fine e cubettata. Una bontà dal gusto intenso che rende ancora più facile, pratica e veloce la preparazione di ottimi primi perché aderisce perfettamente alla pasta. La Polpa Finissima è una polpa extra fine, cremosa, che racchiude tutto il gusto e la freschezza del miglior pomodoro italiano. Preparata con Polpa di pomodoro in pezzi finissimi, ha una consistenza densa ed omogenea ed è perfetta per accompagnare la pasta all’uovo o per lunghe cotture. Nel 2016 tutti i prodotti premiati dai consumatori e contraddistinti sul pack dal logo Quality Award entreranno a far parte di un vero e proprio “consorzio della qualità” e all’interno dei punti vendita si delineerà una sorta di fil rouge di tali prodotti che potranno fregiarsi del logo del premio in esclusiva nella loro categoria merceologica.

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KARPÒS promo TONNO RIZZOLI EMANUELLI: TANTE VERSIONI, UN’ATTENZIONE UNICA ALLA QUALITÀ Materia prima di grande qualità e un’estrema cura durante tutte le fasi di lavorazione nel pieno rispetto delle tradizioni artigiane. In tranci, filetti o in gelatina vegetale, il Tonno Rizzoli Emanuelli offre ai consumatori un’ampia possibilità di scelta per gustare un prodotto integro nelle sue molteplici proprietà nutritive e salutistiche. Dall’attenta selezione della materia prima alla lavorazione che segue scrupolosamente le tradizioni artigianali, dalla cottura a vapore a un confezionamento che tiene conto delle diverse esigenze d’utilizzo e di mantenimento integro del prodotto: Rizzoli Emanuelli produce il proprio tonno facendo grande attenzione a conservare inalterate sia le peculiarità nutrizionali (ricchezza di proteine nobili, sali minerali, vitamine essenziali, Omega3) sia gustative. Diverse sono le referenze a disposizione dei consumatori, a partire dai Tranci di Tonno in Olio d’Oliva disponibili in doppia confezione da 80 grammi o in un’unica latta da 185 grammi. La scelta della qualità “yellow fin” garantisce carni sempre morbide e dal sapore delicato, mantenuto grazie alla cottura a vapore che rende il tonno ancora più compatto e gustoso. Il risultato è un prodotto di grande qualità privo di conservanti coloranti ed esaltatori di sapidità. Il Trancio di Tonno in Olio d’Oliva è disponibile anche in una confezione da 600 grammi, il cui pack prevede un coperchio in plastica “salva-freschezza” per una conservazione ottimale anche dopo l’apertura della latta. Stessa attenzione e cura per materia prima, fasi di pulizia, taglio, cottura e inscatolamento per i Filetti di Tonno Rizzoli Emanuelli. Disponibili in confezioni da 130, 190 e 200 grammi, la qualità dei filetti dal colore rosato è immediatamente riscontrabile grazie agli eleganti vasi di vetro. Leggerezza e digeribilità, senza rinunciare al gusto, per il Tonno Leggero (solo 0,7% di grassi) in Gelatina Vegetale, un insaporitore naturale che

conferisce più gusto al prodotto senza aggiungere grassi. La gelatina utilizzata è completamente naturale e ricavata da un estratto di alga marina (Agar-Agar) con elevate capacità gelatinizzanti che sostituisce efficacemente la tradizionale gelatina di origine animale. I Filetti di tonno rosa Rizzoli Emanuelli sono disponibili al prezzo di € 6,95 per la confezione da 200g, € 3,99 per il pack da 130g e € 4,95 per il trancio di tonno rosa da 185g. ◊◊◊◊ Con sede a Parma, Rizzoli Emanuelli è un’azienda storica nel mercato delle conserve ittiche, attiva dal 1906. Elevati standard qualitativi, grande attenzione alla selezione delle materie prime, la scelta di una pesca sostenibile rispettosa dell’ecosistema marino, l’utilizzo di packaging innovativi sono gli asset distintivi di questa società che coniuga nuove tecnologie di produzione con una lavorazione artigianale per mantenere inalterato tutto il gusto fresco di mare e le proprietà nutrizionali dei propri prodotti. Rizzoli Emanuelli propone un’ampia selezione premium che comprende alici, tonno e sgombro in diverse linee per la famiglia e la ristorazione.

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IL CARCIOFO Nicola Calabrese

Importanza e diffusione Il carciofo è diffuso nel mondo su una superficie di 131.000 ettari, con una produzione complessiva di 1.770.000 t (fonte FAO, 2015). La coltivazione è maggiormente presente nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, luogo d’origine e di domesticazione di questo ortaggio. Il carciofo occupa un posto di grande rilievo nell’orticoltura italiana di pien’aria. L’Italia occupa, storicamente, il primo posto nella graduatoria internazionale per la superficie coltivata, (46.500 ettari, corrispondenti al 36% della superficie mondiale) e per la produzione totale di carciofi (con 478.000 t pari al 26% del prodotto mondiale). L’Egitto con circa 391.000 tonnellate, è al secondo posto nella graduatoria internazionale, seguito da Spagna, al terzo posto con 200.000 t e Perù (113.000 t). Altri Paesi produttori sono nell’ordine: Argentina, Algeria, Cina, Marocco, Stati Uniti, Francia, Turchia, Tunisia. In Italia il carciofo è presente in tutte le regioni, ma la sua coltivazione è concentrata prevalentemente in Sicilia (14.500 ha e 161.000 t), Puglia (14.000 ha e 130.000 t), e Sardegna (13.500 ha e 114.0000 t), che complessivamente rappresentano rispettivamente il 90% della superficie e l’86% della produzione nazionale. Presenze significative della coltivazione del carciofo si registrano anche nel Lazio (1.100 ha e 22.700 t) e in Campania (900 ha e 32.000 t).

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Tecnica colturale

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Impianto

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L’impianto è una delle fasi cruciali per il successo cella coltura. Di solito viene effettuato per mezzo di carducci, ovoli, parti di rizoma o ‘ceppaia’ (ciocchetti), piantine ottenute da micropropagazione o per seme ed avviene dalla primavera all’autunno a seconda del materiale di propagazione utilizzato e delle differenti aree di coltivazione. L’impiego di carducci è uno dei metodi più diffusi; è preferibile utilizzare carducci radicati, allevati in piantonaio, o in vivaio,

fino al momento del trapianto (effettuato di solito da metà giugno a fine agosto). Questa tecnica consente un’elevata percentuale di attecchimento e l’uniforme entrata in produzione delle piante. L’uso dei carducci appena distaccati dalle piante è sconsigliabile perché in genere comporta un’elevata percentuale di fallanze. L’impianto con ovoli si effettua in estate e la produzione inizia generalmente in novembre. Per aumentare il numero di ovoli per pianta, si può ricorrere alla rincalzatura delle piante o all’eliminazione dell’apice caulinare. Il ciocchetto è costituito da una porzio-


ne in vitro di meristemi apicali consente di superare questi problemi e negli ultimi decenni questa tecnica ha permesso la produzione in laboratori specializzati e la distribuzione agli agricoltori di materiale di moltiplicazione più sicuro dal punto di vista fitosanitario. Inoltre con questa tecnica è possibile ottenere un elevato numero di piante, (maggiore rispetto a quelle ottenibili con i metodi tradizionali) in spazi e tempi limitati e senza i vincoli posti dalle condizioni ambientali esterne. Con la moltiplicazione in vitro sono stati messi sul mercato a disposizione degli agricoltori diversi cloni di carciofo, so-

IL CARCIOFO NICOLA CALABRESE

ne basale del rizoma provvisto di gemme e, come gli ovoli, viene prelevato durante i mesi estivi con le piante in riposo e piantato subito dopo; la piena produzione si ottiene nella primavera successiva. Oltre che abbastanza costoso, questo metodo dà origine a emergenze scalari e a carciofaie disformi. Le piante riprodotte utilizzando parti di rizoma sono risultate più produttive e più precoci rispetto a quelle moltiplicate per carducci. Il prolungato ricorso alla propagazione agamica ha favorito nel tempo la comparsa di gravi problemi di carattere agronomico, patologico ed economico. La propagazio-

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prattutto della tipologia “Romanesco”. Per favorire la radicazione e l’attecchimento delle piantine, oltre all’uso di fitoregolatori a base soprattutto di auxine, ottimi risultati sono stati ottenuti con la tecnica della micorrizazione. L’inoculo del substrato di allevamento con funghi o batteri micorrizici induce variazioni nella morfologia del sistema radicale e, in generale, sull’accrescimento delle piante. Infatti queste variazioni migliorano l’efficienza nell’assorbimento di elementi nutritivi e rendono le piante più resistenti alle situazioni di stress.

Partendo da piante madri risanate, è stata messa a punto con il contributo del CNRISPA una nuova tecnica di propagazione in vivaio che permette di ottenere a basso costo piantine certificate di carciofo Brindisino. La propagazione per seme costituisce una ottima alternativa alla moltiplicazione tradizionale perché contribuisce alla razionalizzazione della tecnica colturale, al miglioramento dello stato sanitario delle piante e all’incremento delle produzioni unitarie. La semina viene effettuata in contenitori alveolari e le piantine sono allevate in vivaio

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fino a quando hanno raggiunto lo stadio di 3-4 foglie vere e presentano un buon apparato radicale, in genere dopo 40-50 giorni dalla semina. La temperatura ideale per la germinazione è compresa tra 18 e 22 °C. Temperature maggiori diminuiscono e rallentano la germinazione, mentre aumenta la scalarità dell’emissione della plantula. La densità di piante in campo delle carciofaie si aggira sulle 7-10.000 piante per ettaro; le distanze in genere sono 100-130 cm tra le file e 80-130 sulla fila. Di solito le piante sono disposte a file semplici. Per facilitare

le operazioni colturali in qualche azienda si adottano distanze di 160-180 cm tra le file e 60-80 nella fila; con la riduzione delle distanze tra le file, la produzione totale dei capolini aumenta, mentre il numero dei capolini e dei carducci per pianta diminuisce. La pacciamatura con film plastico non è in genere utilizzata; studi recenti hanno evidenziato che l’utilizzo della pacciamatura consente l’anticipo della produzione e l’aumento della produzione di capolini. Le carciofaie ottenute con piante propagate per “seme” sono allevate per 1 o al massimo 2 anni.

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Varietà In Italia sono state censite in totale 163 tra cultivar e popolazioni locali tra le quali una trentina sono anche riportate nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, curato dal MiPAAF per valorizzare la biodiversità esistente sul territorio nazionale. Il panorama varietale comprende numerose tipologie che hanno spesso una limitata diffusione e che prendono il nome della località dove sono coltivate. La stessa varietà è a volte deno-

minata in modo diverso in aree differenti generando confusione non solo per i nomi e gli eventuali sinonimi, ma anche in riferimento agli aspetti tecnici e commerciali. In Sicilia, Puglia e Sardegna la coltivazione è basata prevalentemente su cultivar precoci, definite comunemente ‘rifiorenti’ o ‘autunnali’, perché caratterizzate da un calendario di raccolta molto ampio che parte dall’autunno, prosegue durante l’inverno, (nelle aree di produzione dove le temperature lo consentono) e termina solitamente in maggio. In alcune zone

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della Puglia, (in particolare nel foggiano), della Sicilia (Piana di Catania, territori dei comuni di Niscemi, Gela, Menfi, nella Piana di Buonfornello e in quella di Siracusa), in Sardegna (nel Campidano e nelle zona di Cabras) la raccolta dei capolini inizia già nella prima metà di settembre adottando tecniche agronomiche basate sull’anticipo dell’impianto o del risveglio delle piante, con irrigazioni mirate e impiego di fitoregolatori. La caratteristica comune di tutte le cultivar di carciofo ‘precoce’ o ‘rifiorente è quella di

produrre, oltre a un buon numero di capolini da destinare al mercato fresco, (di solito la produzione autunnale, invernale e parte di quella primaverile), anche una notevole quantità di ‘carciofini’, raccolti nei mesi di aprile - maggio e destinati quasi esclusivamente all’industria di trasformazione. In pratica le cultivar maggiormente diffuse negli ambienti cinaricoli nazionali e che troviamo sul mercato da settembre a maggio non sono più di una decina.

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In Puglia le cultivar maggiormente diffuse sono il ‘Violetto di Provenza’, che si è affermato con molto successo negli ultimi vent’anni in provincia di Foggia, sostituendo progressivamente le popolazioni locali e assumendo il nome di ‘Francesino’. In provincia di Brindisi e di Bari sono coltivati rispettivamente il carciofo ‘Brin-

disino’ il ‘Locale di Mola’. Nel territorio pugliese si segnalano inoltre impianti di ‘Romanesco’, ‘Terom’, ‘Tema 2000’; queste ultime hanno riscontrato notevole interesse per la buona capacità produttiva, la resistenza al freddo e per il colore viola intenso dei capolini ben accetti in alcuni mercati del centro nord.

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In Sicilia prevale la coltivazione del ‘Violetto di Sicilia’, del ‘Violetto di Provenza’ del ‘Catanese’ e di altri ecotipi ad essi

ascrivibili; molto comune e apprezzato soprattutto sui mercati locali è il ‘Violetto Spinoso di Palermo’.

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In Sardegna è maggiormente diffusa la cultivar ‘Spinoso sardo’, con capolini muniti di robuste spine, ma dal sapore molto

delicato, ‘Tema 2000’, ‘Masedu’ e ‘Romanesco’ completano l’offerta varietale proveniente dalla Sardegna.

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Nel Lazio e in Campania sono invece particolarmente diffuse le diverse tipologie di carciofo Romanesco (‘C3’, ‘Tondo di Paestum’, ‘Campagnano’, ‘Castellammare’) che

sono tutte cultivar con epoca di produzione tardiva con le raccolte che cominciano di solito dalla fine di febbraio e proseguono fino a maggio.

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In Italia, negli ultimi vent’anni sono state selezionate e costituite nuove cultivar: ‘Terom’, ‘Tema 2000’, ‘Grato, ‘Etrusco’, ‘Moro di Corneto’, ‘Rosso di Paestum’, ‘Exploter’, ‘Apollo’. Più recentemente in tutti gli ambienti cinaricoli nazionali sono state introdotte con successo cultivar ibride propagate

per seme, che si contraddistinguono per le produzioni elevate, l’ottima qualità dei capolini e la sanità delle piante. Tra gli ibridi particolarmente idonei al mercato fresco sono ‘Opal’ ‘Opera’, ‘Capriccio’, ‘Romolo’ e ‘Istar’, mentre per la trasformazione industriale ‘Madrigal’ sta fornendo ottimi risultati.

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IL CARCIOFO NICOLA CALABRESE

Fabbisogni nutrizionali

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La produzione di biomassa di una carciofaia può raggiungere e superare le 100 t ha-1; per la produzione di tale biomassa durante il ciclo colturale vengono asportati 286-44-368178-157 e 28 kg ha-1 rispettivamente di N, P2O5, K2O, Ca, Na, Mg. Quantità più modeste si riferiscono a Fe, Mn, Zn e Cu (5210-650-275 e 165 g ha-1 rispettivamente). Ricerche eseguite sulla crescita delle piante e sulle asportazioni degli elementi nutritivi in cultivar precoci e tardive hanno evidenziato che la sostanza secca relativa ai capolini si aggira intorno al 25% del totale nella cultivar precoce ‘Locale di Mola’ e circa il 15% in quella tardiva di tipologia romanesco ‘Grato’. Per produrre 1 t di capolini nel ‘Locale di Mola’ sono necessari 19 kg di N, 3 kg di P2O5 e 24 kg di K2O, mentre per ‘Grato’ vengono asportati16 kg di N, 4 kg di P2O5 e 27 kg di K2O.

Fabbisogno idrico Il fabbisogno idrico del carciofo può variare considerevolmente in relazione alle diverse tipologie di coltivazione. In particolare, con il risveglio anticipato e nelle colture propagate per “seme”, normalmente trapiantate in luglio, presentano fabbisogni idrici più elevati di quelle risvegliate tardivamente. Normalmente le precipitazioni che si verificano nelle aree cinaricole italiane non sono sufficienti a soddisfare i

fabbisogni idrici della coltura; pertanto è necessario ricorrere all’irrigazione. Durante il ciclo colturale l’andamento dei consumi idrici del carciofo è influenzato sia dalla domanda evapotraspirativa dell’ambiente che, dallo stadio di sviluppo della coltura; di conseguenza i consumi idrici variano da valori intorno a 3 mm d-1 nei mesi di agosto-settembre-ottobre, a valori di 1,5-2 mm giorno-1 nei mesi da novembre a febbraio, ed a valori compresi tra 2 e 4 mm d-1 nel periodo marzo-mag-


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gio. Per la coltura propagata per “seme” si raggiungono anche 6 mm d-1 nell’ultima fase del ciclo colturale. Il carciofo è considerato, secondo il modello di tolleranza alla salinità descritto da Maas e Hoffman, una specie moderatamente tollerante la salinità. Il metodo più diffuso è quello a bassa pressione localizzato “a goccia” con ali disperdenti adagiate sul terreno lungo le file. Per evitare ostacoli alla meccanizzazione delle operazioni colturali si può ri-

correre alla sospensione, al di sopra della coltura, delle ali gocciolanti con apposite intelaiature disposte parallelamente alle file. Con l’irrigazione “a goccia” è possibile ottenere l’elevata uniformità di distribuzione dell’acqua, l’elevata efficienza dell’adacquata, ridotte perdite e, conseguentemente, considerevole risparmio di acqua. Inoltre, l’irrigazione “a goccia” è il metodo irriguo da consigliare quando si utilizzano acque salmastre e nel caso di coltivazione biologica.


Raccolta e conservazione Il calendario di raccolta per le cultivar precoci è di circa 250 giorni, comincia da fine settembre/inizio ottobre e generalmente termina in maggio, con un numero variabile di raccolte da 15 a 20. Per le cultivar tardive di tipologia ‘Romanesco’ il calendario ha inizio solitamente a fine gennaio e termina in giugno. La commercializzazione avviene in cassette di legno o di cartone con capolini singoli con 15-20 cm circa di gambo, o confezionati in piccoli mazzi. Diffusione crescente, soprattutto presso la GDO, stanno riscontrando i capolini freschi semilavorati pronti all’uso (senza gambo, privi delle brattee esterne più fibrose e dell’apice), confezionati in vassoi con film plastico. I capolini destinati all’industria della trasformazione vengono tagliati con peduncolo lungo 3-5 cm e trasportati in bins o sacchi di iuta. Il carciofo è un bocciolo fiorale e presenta una elevata attività metabolica che se non adeguatamente controllata porta ad un decadimento rapido della qualità del prodotto. Pertanto per mantenere i capolini in condizioni ottimali durante la commercializzazione è

necessario che questa avvenga in condizioni controllate per quanto riguarda la temperatura e l’umidità relativa. La prerefrigerazione, può essere effettuata mediante acqua fredda, con aria fredda a circolazione forzata o con il vuoto ed è necessaria soprattutto quando la raccolta avviene durante l’autunno e la primavera; con questa tecnica la temperatura del prodotto si abbassa rapidamente fino a 2-4 °C. Le condizioni ottimali per la conservazione sono di 0,5-1 °C e 90-95% di umidità relativa; in questo modo è possibile conservare il carciofo in cella frigorifera anche per 15-20 giorni. Anche l’uso dell’atmosfera controllata, con valori del 2-3% di ossigeno e del 2-4% di anidride carbonica assicura un soddisfacente controllo dell’attività metabolica dei capolini durante la conservazione.

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IL CARCIOFO NICOLA CALABRESE

Nicola Calabrese Ricercatore CNR - Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari; Bari


la forza della

tradizione

Innovare nel rispetto della tradizione. Qual è l’idea dietro tutto questo? L’Italia è conosciuta nel mondo per la sua biodiversità, forse la nostra più grande ricchezza. Il team di Enza Zaden Italia crede molto in questo grande valore aggiunto e negli anni ha prestato grande attenzione al patrimonio e alla ricerca italiani. La creazione di due centri di ricerca in Italia con i rispettivi programmi, ne è testimonianza: nel Lazio con gli investimenti su alcune specie tipicamente italiane quali finocchio, radicchio e rucola, ma anche con cavolfiore, cipolla, ravanello ecc. In Sicilia con gli investimenti principalmente sul pomodoro, ma con particolare focus su Cuore di Bue e Marmande, anch’essi due prodotti tipicamente italiani. Progetti quali Cornelio® sono altresì testimonianza del favore che tali idee incontrano nella filiera e sopratutto nel consumatore finale. Quindi innovare nel rispetto della tradizione è un credo profondo che nasce nella nostra organizzazione e che dalla stessa viene perseguito. Questa è la nostra strada e oggi abbiamo un altro progetto che ci inorgoglisce: riuscire, con il necessario apporto della ricerca, a promuovere le nostre cime di rapa e a ripetere il successo della rucola nel prossimo decennio. Un prodotto di tradizione locale con la giusta innovazione e tecnologia potrà viaggiare ed essere gustato dal mondo!

la forza della tradizione

la forza di Enza Zaden

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enzazaden.it

Giuseppe Arnesi (General Manager)

05/11/2015 11:56:21


KARPÒS promo È QUASI PRIMAVERA CON I CEREALI PEDON La linea Italia Tipica e il Maestro Rossano Boscolo presentano le ricette per l’arrivo della primavera. La stagione primaverile si avvicina e Pedon, insieme al Maestro Rossano Boscolo, propone un nuovo e ricco ricettario d’autore con originali e freschi piatti che esaltano il gusto e la genuinità della linea Italia Tipica, partendo dai sapori della tradizione culinaria italiana. Nata per celebrare il trentesimo anniversario dell’azienda vicentina, la linea Italia Tipica raccoglie otto referenze delle migliori qualità di legumi e cereali italiani, provenienti da filiere controllate dei territori più vocati dell’agricoltura italiana. Questi prodotti sono ottimi per variare la propria dieta quotidiana e sono perfetti per realizzare piatti freschi dal sapore primaverile. Il ricettario completo è scaricabile tramite QR Code stampato sul pack oppure dal sito www. pedon.it dove sono reperibili tutte le informazioni sui territori di provenienza e sulle filiere delle singole referenze. Referenze: Fagioli Stregoni delle Valli Cuneesi; Fagioli Cannellini del Piemonte; Orzo dell’Alta Tuscia; Farro delle Crete Senesi; Lenticchie dei Monti Sibillini; Lenticchie di Castelluccio (IGP); Ceci della Murgia; Zuppa dei sapori regionali Formato: 250g - 350g Prezzo consigliato al pubblico: a partire da 2 € Ecco alcuni piatti estratti dal ricettario che portano la firma del Maestro, perfetti per dare un tocco fresco e primaverile alle vostre cene in compagnia.

Pasta fredda al pesto di menta con mazzancolle, cannellini e mandorle

Ingredienti per 4 persone Per la pasta: 400 g fusilli 120 g Fagioli cannellini del Piemonte Italia Tipica q.b. sale q.b. olio EVO q.b. pepe di mulinello 50 g mandorle

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Per il pesto: 15 g menta fresca 50 g pinoli 70 g olio EVO 30 g parmigiano grattugiato q.b. sale q.b. pepe 3 cubetti di ghiaccio Procedimento Per il pesto: Sminuzzare al mixer le foglie di menta, i pinoli, il sale, il pepe, un filo d’olio e il ghiaccio. Azionare fino a sminuzzare gli ingredienti e continuare a mixare aggiungendo il restante olio fino ad ottenere una salsa liscia e montata. Aggiungere il parmigiano e inglobarlo a cucchiaio. Per la pasta: Sbollentare le mazzancolle sgusciate ed eviscerate in acqua bollente per 30 secondi. Cuocere in acqua salata i fusilli e scolarli in una bacinella con i fagioli cannellini e le mandorle fatte a listarelle. Condire con il pesto di menta e regolare di sale, pepe e olio EVO. Guarnire la pasta con fiori eduli e pomodori pachino. Turbante di polpo arrostito con ceci all’olio e passato di peperoni gialli Ingredienti per 4 persone Per i ceci: 150 g Ceci della Murgia Italia Tipica essiccati q.b. sale e pepe q.b. olio EVO Per il polpo: 600 g polpo gelo 100 g cipolla bianca 50 g sedano 50 g finocchio 10 g aglio 2 foglie di alloro 2 rametti di rosmarino 100 g vino bianco 3 peperoncini rossi 3 lt acqua 30 g sale Per il passatino di peperoni: 4 peperoni gialli grandi 50 g prezzemolo 2 spicchi d’aglio q.b. olio EVO q.b. sale e pepe di mulinello

Procedimento Per il polpo: Versare in una pentola l’acqua fredda con tutte le verdure tagliate a pezzetti, tutto il resto degli ingredienti e il polipo ben pulito. Quando inizia a bollire calcolare 8 minuti di cottura, spegnere e lasciar raffreddare nel suo court bouillon. Per i ceci: Mettere in ammollo i ceci per una notte. Scolarli e far lessare in casseruola (meglio se in terracotta) partendo da freddo in acqua salata. Far sobbollire lentamente schiumando talvolta fosse necessario e cuocere i ceci fino a raggiungere una consistenza gradevole. Far raffreddare nella propria acqua. Per il passatino: Tagliare i peperoni a tocchetti e arrostirli su piastra o padella antiaderente. Porre i peperoni ancora caldi in una pirofila, condire di sale, pepe, olio lo spicchio d’aglio tagliato a fettine e il prezzemolo tritato. Coprire con pellicola e lasciar freddare. Sbucciare i peperoni e frullarli con tutto il condimento con un frullatore fino ad ottenere una salsa vellutata. Per la presentazione: Arrostire in padella antiaderente i tentacoli del polpo e servirlo arrotolato nel piatto con al centro i ceci conditi di olio, sale e pepe, il tutto poggiato su un baffo di passato di peperone. Guarnire con mandorle e pomodorino pachino.

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KARPÒS promo LUCIANA MOSCONI: DOPO 25 ANNI DI APPASSIONATO LAVORO LE TAGLIATELLE DEL ‘PICCOLO LABORATORIO’ SONO UN MODELLO DA SEGUIRE ANCHE PER LA ‘GRANDE INDUSTRIA’ Luciana Mosconi: una case history tutta marchigiana che ha surclassato molti ex leader e oggi ispira le scelte produttive dei ‘big’ dell’agroalimentare italiano. La sfoglia ruvida, tenace e porosa, grazie a un metodo di lavorazione inimitabile, ha saputo conquistare i consumatori senza tradire la vocazione artigianale. Si può tenere testa ai grandi colossi dell’agroalimentare? È possibile proporre, su larga scala, un prodotto di qualità senza tradire la propria filosofia “artigianale”? L’esperienza del Pastificio Luciana Mosconi di Matelica è capace di dare una risposta affermativa a entrambe le domande. Sarà un 2016 particolare per l’azienda marchigiana: si celebrano, infatti, i 25 anni di una storia di successo. È il 1991 quando Manfredo e Marcello Pennazzi, componenti di una famiglia impegnata da tre generazioni nell’agroalimentare, entrano quasi per caso nel negozio della signora Luciana Mosconi, a Matelica. Ascoltano la sua storia, comprano le “mitiche” tagliatelle e… ne rimangono estasiati. Grazie alla loro felice intuizione il piccolo punto vendita, non molto tempo dopo, comincia a prendere la forma di un vero e proprio pastificio. Nasce così la bella storia della “Signora delle Tagliatelle”. Da qui in poi l’impresa prosegue dritta sulla sua strada: pur in una settore di mercato instabile e altamente competitivo, il pastificio “cresce”, credendo nelle specialità legate alla sfoglia della tradizione, alle tagliatelle, una pasta non semplice da preparare in casa (non soltanto per motivi di tempo), ma che costituisce ancora un caposaldo della tradizione alimentare italiana. Il tutto, con la volontà di mantenere inalterati i suoi principi: portare sulle tavole un prodotto con una connotazione artigianale, riconoscibile al primo assaggio, lontano dai sapori stereotipati della grande industria. Grazie a questa filosofia, e alla qualità della sua pasta, Luciana Mosconi ha saputo ritagliarsi un posto di primo piano: l’azienda marchigiana è, infatti, leader nel segmento premium conquistando ampi consensi anche oltre i confini italiani. L’impresa, seconda assoluta nel mercato della pasta secca all’uovo,

ha fatto registrare una crescita dell’11% nel 2015, rispetto ai dodici mesi precedenti, un dato in netta controtendenza rispetto alla flessione generale del comparto. Questo anche grazie ai tanti ‘plus’ del prodotto: una sfoglia tenace, ruvida e porosa, capace di creare un connubio perfetto con i sughi e i condimenti. Un sapore orgogliosamente “artigianale”, “come fatto in casa” che porta la gioia della festa su milioni di tavole. Insomma, una tradizione tutta italiana che, grazie a un impegno quotidiano, Luciana Mosconi intende continuare a difendere. Tra gli ingredienti di questa ricetta di succes-

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so c’è il metodo esclusivo del pastificio Luciana Mosconi riguardante la lavorazione. Oltre a un’accurata scelta delle materie prime - il grano migliore e le uova più fresche si fondono in un inimitabile abbraccio -, l’azienda lavora la sfoglia “a doppio impasto”, tirandola delicatamente, senza pressatura meccanica; così facendo, si evitano stress che possano pregiudicare gusto e fragranza, mantenendo inalterate le qualità organolettiche delle materie prime, con una successiva essiccazione lentissima di tutti i prodotti per oltre 24 ore. Il risultato, nel piatto, è di assoluta eccellenza, con un sapore che ricorda quello della pasta “come fatta in casa”. Anche “Davide”, inteso come una piccola realtà produttiva orgogliosamente “made in Marche”, può dunque competere contro i vari “Golia”, i grandi colossi dell’agroalimentare, ricavando importanti fette di mercato. “Grazie al nostro esclusivo metodo di lavorazione, possiamo portare in tavola un prodotto riconoscibile al primo assaggio - afferma l’Ad Marcello Pennazzi -. Puntare sulla qualità si è rivelato vincente: lo dice il mercato, che ci vede concorrere fieramente con i grandi competitor, che spesso guardano con interesse alla nostra ricetta di famiglia, unica e inimitabile”. La storia di Luciana Mosconi è pure una case history territoriale che dimostra come tagliatelle di eccezionale qualità possono nascere anche in una regione diversa dall’Emilia. Del resto, le Marche hanno una consolidata tradizione nella preparazione della pasta all’uovo e della sfoglia, un patrimonio da conservare e valorizzare. Oggi la Luciana Mosconi è pronta, anche grazie a una azione di comunicazione integrata, a diventare paladina di un pieno rilancio della tagliatella, prodotto che rappresenta una parte importante del bagaglio gastronomico italiano. Una ricchezza che non deve essere dispersa ma, al contrario, rivalutata con forza e convinzione. Il claim scelto, “Nessuna può battere l’originale”, afferma con ironia e orgoglio la capa-

cità di aver inventato, più di vent’anni fa, una bontà unica, un prodotto che non c’era. Una campagna “forte” ma non aggressiva. Anche se persino grandissimi attori di mercato tentano di imitare il segreto della sua bontà, Luciana Mosconi non considera i propri concorrenti degli avversari. Perché chi investe risorse a favore della pasta all’uovo, fa solo il bene dell’Italia e delle sue tradizioni gastronomiche. Per fortuna in controtendenza, la marchigianissima “Signora delle Tagliatelle” con questa campagna, pur affermando con decisione la propria identità, si mette al servizio di un settore oggi non sempre smagliante. La speranza, nel caso di “Luciana” suffragata dai fatti, è che certe ricette della tradizione siano sempre le vere protagoniste delle scelte alimentari degli italiani. Obiettivi ambiziosi? La “tenacia” e la caparbietà del pastificio di Matelica è una costante della sua storia. La Luciana Mosconi, nel 2015, è stato inserita fra le aziende chiamate a rappresentare la Regione Marche nel contesto di Expo: si è coronata, così, la storia di un piccolo laboratorio di paese capace di conquistare il mondo. Inoltre, è stata la prima azienda del settore a stringere un accordo di collaborazione con il Ministero dell’Ambiente per il calcolo della “Carbon Footprint” e le relative misure di compensazione per le emissioni, con riferimento alla pasta all’uovo nei formati da 250, 320 e 500 grammi.

www.lucianamosconi.com

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KARPÒS promo COMO CAPOLUOGO DELL’ORO ROSSO LOMBARDO: LO ZAFFERANO COLLINA D’ORO È SERVITO Zafferano Collina D’Oro nasce da una selezione di bulbi delle migliori regioni italiane e della regione di Castilla La Mancha, punta di diamante iberica per la coltivazione della spezia. L’oro rosso del lago è l’ingrediente principe di primi e secondi piatti, ma anche di originalissimi dessert, come lo Zafferamisù. Profumo intenso e colore brillante: sono solo alcune delle caratteristiche che rendono davvero speciale Zafferano Collina D’Oro, l’oro rosso del lago nato dall’intuizione di Rolando Germani, imprenditore di Faloppio (CO), che ha avviato con successo l’ambizioso progetto di coltivazione di uno zafferaneto di eccellenza a Collina D’Oro, non lontano dalle sponde del lago di Como. Il raccolto 2015 dell’Azienda Agricola Collina D’Oro ha messo a frutto la coltivazione intensiva di bulbi di primissima qualità e rappresenta il coronamento del processo di preparazione e testing avviato da Rolando Germani nel 2013 e nel 2014 con il primo impianto sperimentale di bulbi di eccellenza. Zafferano Collina D’Oro è disponibile in stimmi, a garanzia di qualità, e racchiuso in vasetti di vetro di diversi formati dal design esclusivo per proteggerne al meglio le caratteristiche organolettiche. L’oro rosso del lago si distingue per il suo profumo intenso e per la sua colorazione brillante, che va dai toni aranciati al

marrone bruciato e che fa la differenza nella preparazione di ogni portata, dall’antipasto al dessert. “Ho lavorato a lungo nell’azienda di famiglia accanto a mio padre, acquisendo solide competenze nell’industria casearia, ma la mia vera passione è da sempre quella per la terra. Da anni coltivavo il sogno di poter avviare uno zafferaneto proprio nella collina che ho ribattezzato Collina d’Oro, un terreno a me molto caro, ma soprattutto ideale per la coltivazione di questa pregiata spezia”, ha commentato con soddisfazione Rolando Germani. Una fortunata combinazione di fattori ha reso davvero speciale il primo raccolto di Zafferano Collina D’Oro: la scelta di bulbi d’eccellenza, provenienti dalle migliori regioni italiane per la produzione della spezia e dalla regione spagnola di Castilla La Mancha, punta di diamante iberica per la coltivazione della pianta, ma anche le condizioni climatiche particolarmente favorevoli e la qualità del terreno che ospita la coltivazione, area soleggiata e ricca di minerali.

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La coltivazione di Zafferano Collina D’Oro è stata condotta nel pieno rispetto della natura, senza l’uso di addittivi o sostanze chimiche. I fiori dello zafferaneto hanno punteggiato i campi da ottobre a novembre con i loro petali di colore rosa-violaceo, regalando ai visitatori un colpo d’occhio davvero unico. I fiori di zafferano sono stati raccolti all’alba, nei mesi di ottobre e novembre, ed il processo di coltivazione è stato abbinato al lavoro manuale con l’utilizzo di pochi attrezzi di base. “Il nostro zafferano è disponibile in stimmi, per garantirne la qualità, e si distingue per la versatilità di utilizzo in cucina, dai primi piatti ai secondi, fino ai dessert più richiesti e originali: abbiamo persino elaborato la ricetta dello Zafferamisù, una coraggiosa, quanto apprezzata, rivisitazione del tradizionale tiramisù”, ha aggiunto il Signor Germani. “Per la fine del 2016 il nostro obbiettivo è molto ambizioso: puntiamo al continuo miglioramento della qualità di Zafferano Collina D’Oro per portare l’oro rosso del lago in tutto il mondo”, conclude l’imprenditore.

nostra pagina Facebook (https://www.facebook.com/Zafferano-Collina-dOro-994988583895667) e su Twitter (@zafferanoacomo) *** Dopo aver completato gli studi di agraria, Rolando Germani entra nell’azienda agricola di famiglia, affiancando il padre. Nel 1997 prende finalmente corpo il suo progetto imprenditoriale di un caseificio tutto suo, che oggi ha al suo attivo 14 dipendenti e lavora 12 tonnellate di latte al giorno. Ma la passione per la terra non abbandona il Signor Germani, che conserva il sogno di uno zafferaneto sul terreno che tanto ama: Collina d’Oro. E dopo il buon esito dei primi test sul terreno, condotti nel 2013 e nel 2014 impiantando bulbi acquistati dalle migliori coltivazioni di zafferano della regione spagnola di Castilla La Mancha e delle regioni di eccellenza dell’oro rosso in Italia, arriva la conferma che Zafferano Collina D’Oro è davvero un prodotto di eccellenza.

www.zafferanoacomo.com

Tutte le novità dello Zafferano Collina D’Oro, i suggerimenti per il suo utilizzo e le deliziose ricette dei nostri chef sono disponibili online all’indirizzo www.zafferanoacomo.com, sulla

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KARPÒS promo UNA PASTA DA OSCAR Dai “classici” della nostra tradizione, come la pasta alla puttanesca, alla popolare pasta cacio e pepe. Le star di Hollywood amano la pasta e ne trainano il consumo negli Usa, dove il 77% degli americani la mangia almeno una volta a settimana. AIDEPI (Associazione degli Industriali del dolce e della pasta italiani), in occasione delle prestigiose nomination, racconta le ricette di pasta preferite dalle star candidate alla notte degli Oscar… e non solo. Una pasta… da Oscar: le star di Hollywood la mangiano quando vengono in Italia a promuovere il loro ultimo film, la offrono agli ospiti in occasione di una festa - magari preparata da uno chef fatto venire appositamente dal nostro Paese - la preparano per tutto il cast tra un ciak e l’altro. La mangiano, magari, anche per festeggiare la propria nomination alla magica notte in cui Los Angeles fa sognare il mondo intero… Se un piatto di pasta è un appuntamento settimanale per il 77% degli americani, mentre il 33% la mangia almeno 3 volte a settimana (elaborazioni AIDEPI – Associazione degli Industriali del dolce e della pasta italiani su dati National Pasta Association), questa tendenza è sostenuta anche grazie ai vip d’oltreoceano, che non perdono occasione per rimarcare le qualità della pasta italiana. Da Stanley Tucci, che la cucina sul set, a Penelope Cruz, in questi giorni in sala con Zoolander 2, che ha fatto della carbonara il suo cavallo di battaglia, fino a Matt Damon, cuoco-papà che cucina la pasta per le figlie. Ecco le varianti del piatto made in Italy preferite dalle celebrities internazionali.

PASTA ALLA CARBONARA, MA COL GUANCIALE Penelope Cruz mangerebbe «spaghetti a pranzo e a cena, in pratica tutto il giorno!». La musa di Pedro Almodovar e Woody Allen, è diventata un’esperta di pasta alla carbonara, quella «vera

con il guanciale». Specialità romana che ha stregato anche Halle Berry e una vecchia conoscenza come Robert De Niro, talmente appassionato da farsela preparare espressa, in un’occasione rimasta celebre, pochi minuti prima di partire all’Italia e gustarsela, in un curioso take away d’autore, in volo.

CACIO E PEPE, IL PIATTO PIÙ COOL DEL 2016 Per gli americani è il piatto di pasta più cool del 2016, secondo il New York Magazine. Ma la semplicità della ricetta più antica (pare risalga al 1200) della tradizione romana e contadina, da tempo ha stregato Michey Rourke, Woody Allen e Michael Douglas, mentre famose sono la cacio e pepe fuori orario di Al Pacino, entusiasta per un piatto di spaghetti cacio e pepe preparato a ristorante chiuso, e di George Clooney e Danny De Vito, con un improbabile spaghettata delle 5 di mattina.

LA PASTA ALLA PUTTANESCA “STELLARE” DI HARRISON FORD Un altro personaggio che non riesce a resistere alla pasta (Perché «è un piatto facile e veloce da cucinare»), è Harrison Ford, che in questi mesi è tornato a far sognare milioni di spettatori, nei panni di Han Solo, nel settimo episodio di Star

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Wars. Il suo piatto preferito? La pasta alla puttanesca, naturalmente al dente.

PASTA AL PESTO O CON LE ZUCCHINE, ALLA RICERCA DEI SAPORI TIPICI Quello tra Hollywood e la costiera amalfitana è una love story di vecchia data: Dustin Hoffmann ha passato una vacanza rilassante passeggiando nell’orto del ristorante “San Pietro”, raccogliendo pomodori e zucchine per una pasta dal profumo mediterraneo. Mentre e facendosi preparare primi saporiti Tom Hanks candidato agli Oscar con Il ponte delle spie, preferisce gli spaghetti alla Nerano, con zucchine freschissime della costiera sorrentina. E Steven Spielberg, che lo ha diretto anche in questa ultima fatica, va pazzo per le trenette al pesto e pinoli.

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CIAK SI MANGIA: QUANDO IL DIVO “BUTTA LA PASTA” «Sul set cucino io!», ha affermato in una recente intervista l’attore e regista statunitense Stanley Tucci, in sala come protagonista de Il caso Spotlight. «Niente di elaborato, ma un piatto di pasta ti fa sentire meglio. E il piatto della domenica in famiglia è la pasta alla marinara con piselli o tonno». Gli fa eco Danny De Vito che di sé dice: “Sono un ottimo cuoco, nessuno sa cucinare la pasta con lecipolle come me, che sono di origini italiane e ho avi disseminati in tutto il vostro stivale”. Per la serie, vip ma anche chef dilettanti, troviamo una Gwyneth Paltrow, vegetariana ma curiosa di pasta (sul suo blog culinario offre una ricetta sui generis delle penne all’arrabbiata con il bacon), che racconta di come proprio la ricetta di un sugo per la pasta sia al centro del suo reclutamento nel film “Two lovers” di James Gray: “Nel bel mezzo di una e-mail sulla ricetta della salsa al pomodoro – racconta – c’era questa frase: Ho scritto un film per te, vorrei lo leggessi… Mi viene ancora da ridere a ricordare la scena”.

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KARPÒS promo L’AMORE PER IL CIBO CI RENDE LIBERI “Dobbiamo riconoscere il desiderio di nutrirci come il nostro bisogno primordiale, un atto di amore e di accudimento irrinunciabile.” Carla Lertola. L’amore per il cibo ci rende liberi e, soprattutto, sani. Il cibo è uno dei rami più importanti della medicina preventiva e anche curativa. Ha la capacità di prendersi cura di noi e mantenerci in salute. Da queste premesse è nata l’iniziativa, “L’amore per il cibo ci rende liberi”, promossa dal Consorzio delle Prugne della California, che ha coinvolto la Dottoressa Carla Lertola e lo

Chef Eva Golia. Un’occasione per riaffermare alcuni concetti essenziali per un nuovo approccio alla cucina, più consapevole e salutare. Il risultato? Ricette sane, gustose, non esageratamente caloriche, che rispettano la migliore dieta del mondo, la dieta Mediterranea, rivista secondo il Metodo Carla Lertola. Ricette realizzate utilizzando come ingrediente principe le Prugne della California. Un Menù buono e sano composto da cinque ricette davvero sorprendenti, non solo nei gusti ma anche nel loro sapersi dedicare, nello specifico, alla cura del corpo. Ricette quindi che vanno oltre il concetto di “nutrire”. Che cosa significa essere in buona salute e alimentarsi correttamente? Durante l’incontro, la Dottoressa Lertola ha illustrato le molteplici sfaccettature di un’alimentazione

sana, raccontando quali sono le proprietà della prugna secca. “Le prugne secche sono da utilizzare un po’ dappertutto – sottolinea la Lertola – perchè contengono potassio, magnesio, vitamina B6 e tante fibre. Sono pure prive di sodio. L’azione sinergica di questi e di altri componenti nutrizionali contenuti nelle prugne secche, può avere effetti benefici sulla salute. Inoltre la prugna secca ha un apporto calorico molto inferiore alla frutta secca oleosa, un criterio di cui bisogna tener conto in un corretto regime alimentare”. Per raggiungere i nostri obiettivi di salute, peso e benessere, la Dottoressa Lertola ci invita a porre particolare attenzione al nostro rapporto con il cibo, perché per stare bene non dobbiamo essere in conflitto con esso, ma dobbiamo amarlo. Durante l’incontro lo Chef Eva Golia ha proposto alcune ricette in linea con il tema dell’iniziativa. Le prugne hanno un’ottima quantità di ferro al loro interno che, se combinato con la Vita-

mina C contenuta per esempio nell’arancia, viene assimilato perfettamente. I numerosi benefici delle Prugne della California per la salute. Morbide, gustose e succose, se inserite all’interno di una dieta varia e bilanciata e di uno stile di vita attivo, le Prugne della California sono molto utili per la nostra salute. Le prugne secche sono un’ottima fonte di fibre, potassio, manganese, Vitamina K, Vitami-na B6 e zuccheri. Prive di grassi e di sodio. L’azione sinergica di questi e di altri componenti nutri-

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zionali, può avere effetti benefici sulla salute, se le prugne secche sono consumate regolarmente. Scopriamo insieme quali sono i principali benefici derivanti dall’assunzione di Prugne della California: L’assunzione di circa 100 g di prugne secche (corrispondenti a circa 8-12 frutti) contribuisce alla normale funzione intestinale. Le prugne secche sono prive di grassi. Come è noto, ridurre il consumo di grassi contribuisce alla prevenzione delle malattie che riguardano l’apparato cardiovascolare. Le prugne secche sono prive di sodio, per questo si dice che sono amiche del cuore. Controllare l’assunzione di sodio è un’abitudine alimentare essenziale per il mantenimento della corretta pressione sanguigna. Le prugne sono un’ottima fonte di potassio, che contribuisce alla corretta funzionalità muscolare e aiuta a mantenere la pressione sanguigna a livelli normali. Le prugne sono una fonte di vitamina B6, che contribuisce alla corretta sintesi dei globuli rossi e del collagene e al funzionamento del sistema nervoso, favorendo contemporanea-mente anche il benessere psicologico. La vitamina B6, insieme al rame, contribuisce al rafforzamento delle difese immunitarie. Le prugne sono una fonte di manganese e rame, minerali utili per proteggere le cellule dall’azione dannosa che lo stress ossidativo può provocare. Non sottovalutiamo il ruolo determinante del rame per il trasporto del ferro nel circolo sanguigno, così come nella formazione del collagene, prevenendo il rilassamento cutaneo e favorendo così il mantenimento di una cute sana. Le prugne sono un’ottima fonte di vitamina K, vitamina liposolubile che, oltre ad essere dotata di attività antiemorragica proprio perchè direttamente coinvolta nel processo di coagulazione del sangue, contribuisce anche al mantenimento della struttura ossea.

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Ecco allora una fresca ricetta:

GELO D’ARANCIA E PRUGNE DELLA CALIFORNIA Preparazione: 10 min INGREDIENTI - Dose per 4 persone 300 ml di succo di arance rosse 40 gr di zucchero 50 gr di acqua 2 fogli di gelatina da 5 gr cad 8 Prugne della California 2 mele verdi Scorza d’arancia a listarelle per guarnire Polvere di anice stellato facoltativa PREPARAZIONE Ammollate i fogli di gelatina in un recipiente con acqua fredda, nel frattempo fate sciogliere lo zucchero nell’acqua mettendo il tutto in un pentolino e portando a ebollizione, aggiungete la gelatina strizzata e fatela sciogliere. Suddividete il composto in un contenitore basso e largo e mettete in frigorifero a fare raffreddare e rapprendere. Nel frattempo sbucciate le mele, tagliatele a dadini e irroratele di limone per non farle annerire, sciacquate le Prugne della California, asciugatele e tagliate a piccoli filetti. Rompete la gelatina in modo da farne tanti pezzetti da alternare alla frutta, servite decorando il bicchierino con le scorze di arancia; se volete profumare ancor di più la prepara-zione potete spolverizzare con un poco di anice stellato polverizzato.

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KARPÒS promo L’ASPARAGO COMPIE 10 ANNI Croazia, Istria. A Umago, Cittanova, Verteneglio e Buie la decima edizione delle Giornate dell’asparago istriano, dal 21 marzo al 15 maggio 2016. La Sparisada: 1-3 aprile 2016 a Castelvenere; Gnam Gnam Fest - Sparisada: 30 aprile 2016 a Cittanova. Protagonista indiscusso della primavera istriana è l’apasta fatta in casa e risotti, alle originali combinazioni sparago. L’asparago selvatico è parte integrante della che vedono gli asparagi preparati con carne e pesce o cultura, non solo culinaria, di Umago, Cittanova, Verteaddirittura come squisiti dessert. Il gusto leggermenneglio e Buie, ecco perché in questa stagione si moltite amarognolo che contraddistingue l’asparago selvaplicano gli eventi e le manifestazioni dedicate proprio tico, il suo sapore intenso, abbinato alla freschezza dei a questo prezioso ortaggio. Dalle Giornate dell’aspaprodotti tipici dell’Istria, sanno entusiasmare anche i rago istriano, giunte alla decima edizione, alla Sparipalati più fini. Senza contare l’aspetto nutritivo: l’aspasada, fino al Gnam Gam Fest: appuntamenti da non rago è un alimento molto equilibrato, ricco di minerali perdere per buongustai e non solo. e vitamine, noto per la sua azione purificante e disinLe giornate dell’asparago tossicante. Non c’è famiglia in Istria che con l’arrivo della primaCastelvenere e Cittanova si preparano per la Sparisada vera non si diletti a cercare nel bosco i primi germogli Simbolo di Castelvenere è l’asparago. Non stupisce verdi dell’asparago istriano. In passato gli asparagi quindi che ogni anno si organizzino in suo onore ricchi venivano raccolti dai pastori istriani che, per aiutare la programmi culturali e d’intrattenimento, enogastrofamiglia contadina, portavano a casa fasci di asparagi nomici e sportivi, che attirano sempre più visitatoselvatici legati insieme con la ginestra. Oggi l’abitudiri locali e turisti, sportivi e buongustai, famiglie con i ne di “andar per asparagi” è un gradito svago per gli bambini. Tra gli appuntamenti più attesi: la Sparisada abitanti di questi luoghi, che oltre a passare alcune che si tiene nel weekend 1-3 aprile 2016 proprio a Caore in movimento all’aria aperta, concludono la passtelvenere, vicino a Buie. Anche quest’anno ci sarà il seggiata con un pasto sano e appetitoso. Gli asparagi concorso gastronomico “Asparago Cup”, durante il sono tra i prodotti selvatici più apprezzati dell’Istria e il quale verrà scelto il piatto a base di asparagi meglio loro periodo di raccolta spazia tra metà marzo e metà preparato. Gli amanti della natura potranno partecipamaggio. Proprio in questo periodo, dal 21 marzo al 15 re alle escursioni ciclistiche e alle camminate, mentre maggio 2016, Umago, Cittanova, Verteneglio e Buie i buongustai potranno dedicarsi agli assaggi delle più ospitano le Giornate dell’asparago istriano, giunte varie pietanze preparate con questo sano prodotto quest’anno alla decima edizione. Un’ottima occasioselvatico. Il tutto condito da buona musica. Il 30 aprile ne per i veri appassionati di cucina per gustare piatti 2016 è la volta di Cittanova che festeggia l’asparago a base di asparago selvatico, preparati con gusto e con la sua Sparisada all’interno del Gnam Gnam Fest. creatività da ristoranti e trattorie del posto. Dai grandi Pietanze deliziose e piatti fantasiosi, tutti a base di classici della tradizione istriana come frittate, zuppe, asparagi selvatici e a prezzi vantaggiosi saranno i protagonisti della manifestazione. Ci sarà la possibilità di assaporare e degustare vini di alta qualità e olio d’oliva, dolci e varie prelibatezze tipiche della regione. Si potrà curiosare tra le bancarelle del mercatino di souvenir artigianali con manufatti e prodotti originali fatti a mano, divertirsi con la musica e i balli folcloristici. Tutti i colori dell’Istria Coste chilometriche e spiagge accarezzate da un mare cristallino, villaggi di pescatori che colorano l’entroterra e affascinanti borghi ricchi di cultura e storia. Siamo in Istria, nella parte nord occidentale, quella più vicina al confine italiano, dove sorgono 4 perle dell’Adriatico: Umago, Cittanova, Verteneglio e Buie. Un territorio ricco di meraviglie naturali, una tradizione culinaria che gode dei prodotti locali, strutture di lusso e comfort con centri benessere all’avanguardia: tutto questo assicura una vacanza all’insegna di cultura, wellness e buona cucina. Un ventaglio di colori, profumi e sapori!

www.coloursofistria.com

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KARPÒS promo NOVITÀ DAL BANCO FRIGO: GLI AFFETTATI VEGETALI DELLA LINEA STUFFER PER VEGETARIANI Gli Affettati Vegetali sono l’ultima novità proposta dall’azienda altoatesina Stuffer, specializzata in prodotti freschi a base di latte e basi pronte fresche. Una gustosa specialità per vegetariani, senza glutine e senza lattosio. Sull’onda della riduzione del consumo di carne e derivati da parte degli italiani, scelta consigliata anche dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e data la sempre più alta richiesta di alimenti vegetariani, l’azienda altoatesina Stuffer lancia sul mercato gli Affettati Vegetali. Due nuove referenze, nella versione “delicata” e quella “pomodoro e basilico”, confezionate in pratiche vaschette da 80g, entrambe senza glutine, senza lattosio e ideate appositamente per i consumatori vegetariani in quanto contenenti le proteine dell’uovo. Gli Affettati Vegetali, in vendita nei banchi frigo delle migliori insegne della grande distribuzione italiana a partire da € 1,99, vanno ad ampliare la linea Stuffer per Vegetariani che comprende anche i burger vegetali e sono una preparazione pronta appetitosa e nutriente, perfetti sia come semplice e veloce spuntino che per preparare ricette più difficili ed elaborate.

Il successo che l’azienda Stuffer in oltre 50 anni di attività continua a riscuotere è dato dalla passione che quotidianamente pone nell’offrire referenze sempre nuove, combinando gusto e qualità al giusto prezzo, con particolare attenzione alla selezione degli ingredienti utilizzati, a totale garanzia del consumatore.

www.stuffer.it www.facebook.com/StufferOfficial

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FUNGICIDA

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