Karpòs Agri-Cultura n. 4 - 2016

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Anno II - Agri-Cultura N° 4 - 2016

Karpòs

AGRI-CULTURA

Liste Fragola 2015 LATTERIA SOLIGO, QUALITA’ E VALORI DI UN MARCHIO Le performances economiche delle aziende castanicole italiane

LA POTATURA: pratica colturale indispensabile nei castagneti Cambiamenti climatici e nuovi percorsi tecnici in viticoltura


la forza di

Aldebaran

Il radicchio è un ortaggio che stupisce sempre per la sua grande variabilità e bellezza. Tipico per l’inverno, è ormai disponibile in tutte le stagioni grazie alla diversa localizzazione delle colture da quella che un tempo era la zona originaria. Oggi parliamo di radicchio tondo e di radicchio lungo provenienti dalla Sicilia, dalla conca del Fucino, dalle Marche. La stagione estiva vede protagonista la conca del Fucino. L’obiettivo di poter disporre di un radicchio mezzo lungo tipo trevigiano precoce è realtà in questa area con l’arrivo di Aldebaran. Provato negli anni scorsi con la sigla 103 ha mostrato una grande adattabilità a questo territorio; è resistente alla salita a seme in piena estate e porta fino alla maturazione un prodotto con qualità del tutto simili ai radicchi coltivati negli altri periodi. La forma è affusolata, buona chiusura della testa, ottimo contrasto rosso/bianco ed una lunghezza intorno ai 20 cm che lo adatta bene sia al commercio sfuso che in vaschetta. Aldebaran è perfettamente complementare a Giove che si produce in primavera ed autunno precoce. Con la nostra gamma si completa il periodo per il radicchio lungo precoce.

la forza delle nostre varietà

la forza di Enza Zaden

Pietro Mosconi (Assistant Plant Breeder)

enzazaden.it

Radicchio: un prodotto tipico italiano dalle molteplici forme e colori.


la forza di

Vespero

Parlare di Pan di Zucchero per Enza Zaden non è una consuetudine ma una assoluta novità. Oggi ci presentiamo sul mercato italiano ed europeo con una varietà che da diversi anni stiamo provando con i produttori più importanti. In un’ottica globale, la pan di zucchero è un prodotto minore ma Enza Zaden vuole fare tesoro della esperienza e delle tradizioni locali per valorizzare dei prodotti che altrimenti sarebbero destinati a non essere conosciuti e quindi a rimanere in ambiti ristretti. La riscoperta di questo prodotto da parte della quarta gamma ha dato un nuovo impulso a questo radicchio, una volta limitato al Piemonte ed alla Lombardia e noto anche con il nome di Milanese. La grande praticità d’uso e la buona conservabilità sono i punti forti di questa insalata. Come tutti i radicchi, la pan di zucchero ha un retrogusto amarognolo che, in base alla stagione tende a diminuire se la varietà prende un po’ di freddo. Vespero (E05P.108) è la nostra nuova Pan di zucchero; si adatta per le raccolte primaverili precoci ed autunnali tardive, ha un buon volume e si conserva molto bene. Nuove varietà per altre stagioni sono già in prova!

la forza delle nostre varietà

la forza di Enza Zaden

Lamberto Leali (Technical Sales Promoter)

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Radicchio Pan di Zucchero: una novità assoluta in casa Enza Zaden!


Cambiamenti climatici e nuovi percorsi tecnici sostenibili per la viticoltura 18 MAGGIO 2016 Agricola San Felice, Località San Felice 1 | Castelnuovo Berardenga (SI)

Ore 9,30 Registrazione dei partecipanti Ore 10,00 Apertura dei lavori ■ La storia della viticoltura europea è una storia di adattamento al cambiamento climatico Attilio Scienza | Università di Milano ■ Utilizzo delle piattaforme gestionali in viticoltura Luca Toninato | Ager ■ Miglioramento genetico della vite e sostenibilità Eugenio Sartori | Vivai Cooperativi Rauscedo ■ Wine Research Team, come fare sistema nel mondo del vino Riccardo Cotarella | Assoenologi ■ Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine Alberto Palliotti | Università di Perugia

■ Impiego di biostimolanti per una viticoltura sostenibile e di qualità Ivan Portillo | Tradecorp Italia ■ Arysta, nuovo partner per la viticoltura Denis Payenne | Arysta LifeScience ■ Vacciplant (Laminarina) Alberto Albertini | Arysta LifeScience ■ UPL: Doing Things Better Paolo Tassani | UPL Italia ■ UPL per la difesa sostenibile del vigneto Lea Fiorentini | UPL Italia

Ore 12,00 La parola alle aziende viticole: chi siamo e dove vogliamo andare

Ore 13,00 Conclusioni

MODERATORE Renzo Angelini | Karpòs

Compila il MODULO DI PRENOTAZIONE ON-LINE Le prenotazioni si accetteranno fino ad esaurimento posti. I partecipanti che si saranno prenotati riceveranno una copia di Karpòs Collection.

KARPÒS


EDITORIALE

Cambiamenti climatici e nuovi percorsi tecnici in viticoltura

Renzo Angelini Direttore editoriale

Carissimi lettori, densità di impianto, gestione della chioma, nutrizione, irrigazione, difesa dai parassiti). Coerentemente con la filosofia di Karpòs, quella di condividere con i lettori le migliori acquisizioni della Ricerca ed il confronto esperienziale delle migliori aziende vinicole, abbiamo organizzato l’Evento del 18 maggio 2016 secondo il programma riportato a fianco. Acquisiti i migliori percorsi tecnici sostenibili, la seconda parte dell’incontro vedrà la testimonianza delle migliori Aziende viticole italiane alle quali dobbiamo il primato mondiale del vino, in quantità, ma soprattutto messaggeri globali del “Made in Italy”. Prevedendo una grande affluenza, vi invitiamo a prenotarvi subito cliccando sull’apposito modulo. Vi aspettiamo!

il “Cambiamento climatico” domina la scena da alcuni anni, al punto da condizionare le nostre scelte quotidiane. L’agricoltura e la viticoltura in particolare lottano contro la “dittatura del clima” fin dalla notte dei tempi e ciò ha portato a 3 conseguenze: -alla delocalizzazione della coltivazione della vite nelle aree oggi conosciute (scomparsa dalle vallate alpine e dalle regioni del nord-Europa, dopo l’”optimum climatico medievale”) – alla scelta di varietà più adatte all’ambiente in cui si opera, importando vitigni da altre zone (introduzione dello Chardonnay in Champagne in sostituzione del Pinot nero durante la “piccola glaciazione” dal XIV al XVIII sec.) – a cambiamenti della tecnica colturale (forme di allevamento di diversa espansione, diverse

05 EDITORIALE


Karpòs AGRI-cultura N. 4 - 2016

Direttore editoriale Renzo Angelini Direttore responsabile Lamberto Cantoni

05 Cambiamenti climatici e nuovi percorsi tecnici in viticoltura Renzo Angelini

14 Liste Fragola 2015 Gianluca Baruzzi, Maurizio Funaro, Carmelo Mennone, Pierluigi Lucchi, Paolo Sbrighi, Walter Faedi

Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012 Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) P.I./C.F. 04008690408 REA 325872 Hanno collaborato a questo numero Antonella Bilotta antonella.bilotta@karposconsulting.net Laura Fafone laura.fafone@karposconsulting.net Amministrazione Milena Nanni milena.nanni@karposconsulting.net Raccolta pubblicitaria pubblicita@karposmagazine.net Tel. +39 335 6355354

40 LATTERIA SOLIGO, QUALITA’ E VALORI DI UN MARCHIO Renzo Angelini

56 Le performances economiche delle aziende castanicole italiane Ilaria Borri, Patrizia Borsotto, Tatiana Castellotti, Simonetta De Leo, Paola Doria

74 LA POTATURA: pratica colturale indispensabile nei castagneti Alberto Maltoni, Barbara Mariotti Andrea Tani


Per le fotografie:

Karpòs promo

Da pag.40 a pag. 49 foto © Latteria di Soligo Da pag.56 a pag. 62 foto © Alberto Maltoni, Barbara Mariotti, Andrea Tani Da pag.74 a pag. 106 foto © Giuseppino Sabbatini Peverieri, Alberto Maltoni

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GRAPPA CASTAGNER

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CITRUS & LIFE

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PEDON

CONSORZIO PRUGNE della california

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Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini

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ZAFFERANO collina d’oro

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Karpos

Karpòs alimentazione e stili di vita

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SAN BENEDETTO ALOE

Non si restituiscono testi, immagini, supporti elettronici e materiali non espressamente richiesti. La riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni è vietata senza espressa autorizzazione dell’editore in mancanza della quale si procederà a termini di legge per la quantificazione dei danni subiti. L’editing dei testi, anche se curato con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali errori o inesattezze, limitandosi l’editore a scusarsene anticipatamente con gli autori e i lettori. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo ha scritto e pertanto ne impegna la personale responsabilità. Le opinioni e, più in generale, quanto espresso dai singoli autori non comportano alcuna responsabilità da parte dell’editore anche nel caso di eventuali plagi di brani da fonti a stampa e da internet. Karpòs rimane a disposizione di altri eventuali aventi diritto che non è stato possibile identificare e contattare.



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Liste Fragola 2015 Gianluca Baruzzi, Maurizio Funaro, Carmelo Mennone, Pierluigi Lucchi, Paolo Sbrighi, Walter Faedi

Dopo tre anni di sostanziale stabilità della fragolicoltura in Italia, nel 2015 si è registrato una diminuzione complessiva del 4% delle superfici (CSO Ferarra). La coltura protetta, con diverse tipologie di tunnel, interessa oltre l’80% degli impianti. La coltura di pieno campo ha ancora un certo interesse al Nord, in particolare nei fragoleti romagnoli, mentre è quasi del tutto assente negli ambienti meridionali.

14 Liste Fragola 2015


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Liste Fragola 2015


Liste Fragola 2015

Relativamente alle principali aree fragolicole italiane, nel 2015, la Piana del Sele (Campania) rimane stabile (-1%) dopo il significativo calo registrato l’anno precedente (-20%). Fa registrare un significativo incremento (oltre 57 ha) il metapontino (Basilicata) com’era già avvenuto (90 ha) l’anno precedente. La Campania mantiene comunque la leadership fra le regioni italiane con

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815 ha, seguita da Basilicata (688 ha) e Veneto (510 ha), quest’ultima in diminuzione nell’ultimo anno (-17%). In Calabria si è verificata la maggior riduzione (-20%). Le superfici appaiono in diminuzione in altre aree con eccezione del Piemonte, dove l’aumento è del 13%.


Per quanto riguarda lo standard varietale, in Campania si conferma l’incremento di Sabrina, varietà di origine spagnola che ha raggiunto il 61% in soli 6 anni dalla diffusione commerciale (CSO-Ferrara). Anche in Calabria, nell’area di Lamezia Terme, Sabrina rappresenta nel 2015 la principale varietà (22%) al pari di Nabila, seguita da Camarosa (dominante un tempo, ora in forte

contrazione). Lo standard si completa con Rania (10%, in diminuzione) e Kamila (6%, stabile). Sabrosa®Candonga si è confermata la varietà dominante nel metapontino, dove rappresenta oltre il 90% dei fragoleti costituiti negli ultimi 7 anni. In Sicilia si è rapidamente affermata Florida Fortuna, la cui epoca di maturazione molto precoce è accentuata dal quasi esclusivo utilizzo di pian-

17 Liste Fragola 2015


te fresche “cime radicate”. Negli areali settentrionali lo standard varietale è piuttosto diversificato in base alle zone e alle tecniche di coltivazione: Eva e Roxana dominano le

colture autunnali veronesi; Alba continua ad essere la varietà dominante in Romagna (sia in coltura protetta che in pieno campo), seguita da Roxana, Brilla, Tecla, Clery, Joly

18 Liste Fragola 2015


e Asia; Elsanta è ancora ampiamente coltivata nelle aree trentine e alto-atesine; nelle aree di montagna si stanno sempre più af-

fermando le varietà rifiorenti tra cui la più diffuse appaiono Capri, Evie2, Irma, Portola, e Murano.

19 Liste Fragola 2015


Le varietà in Lista

le varietà giudicate “positive” negli areali meridionali. Comprende 10 varietà, con alcune differenze tra le diverse regioni. Il simbolo * indica che la varietà è protetta, mentre il simbolo ® che il marchio è registrato.

La lista 2015 è il risultato del lavoro condotto nel biennio 2013-2014 da 11 unità operative che hanno operato in 25 campi sperimentali, costituiti in 10 regioni. In tab. 1 viene riportata la Lista 2015 del-

20 Liste Fragola 2015


La Lista 2015 comprende un nuovo inserimento e l’eliminazione di una varietà. Rispetto alla lista 2014, infatti, viene inserita per la prima volta la varietà Jonica giudicata “positiva” per la Basilicata, Calabria e Sardegna e non è più indicata Coral Rociera (era in Lista solo per la Basilicata). Inoltre viene inserita Florida Fortuna per la Campania (era già in lista per la Sicilia) e non sono più indicate Nabila e Rania per la Calabria. Va infine evidenziato che, non viene

più indicata per la Basilicata la lista che prevedeva l’utilizzo di piante frigoconservate in quanto è una tecnica colturale ormai in disuso per l’areale. Tab. 1 - Lista 2015 delle varietà “positive” per le principali regioni fragolicole meridionali. Le varietà sono indicate in base al tipo di piante più diffuse e in ordine di precocità di maturazione dei frutti.

principali regioni fragolicole meridionali

CAMPANIA Piante fresche a “radice nuda” e “cime radicate” Florida Fortuna* Sabrina* Pircinque* Rania* Camarosa* Sabrosa® Candonga*

BASILICATA Piante fresche a “radice nuda” e “cime radicate” Jonica* Nabila* Pircinque* Sabrina* Sabrosa® Candonga*

CALABRIA Piante fresche a “radice nuda” e “cime radicate” Jonica* Sabrina* Kamila*

SICILIA Piante fresche a “radice nuda” e “cime radicate” Florida Fortuna* Sabrina* Sabrosa® Candonga*

SARDEGNA Piante fresche a “radice nuda” e “cime radicate” Jonica* Nabila* Pircinque* Naiad® Civl35*

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In tab. 2 è riportata la Lista 2015 per le aree settentrionali, con 16 varietà unifere e 5 rifiorenti. Rispetto all’anno precedente, vede l’ingresso di 1 nuova varietà: Garda per la coltura protetta tradizionale primaverile del veronese ma non per la coltura autunnale (mentre rimane in valutazione nelle altre aree nel nord) e l’eliminazione di 6 varietà: Evie2 (limitate caratteristiche qualitative) per il Piemonte; Marmolada®Onebor (suscettibilità ai patogeni dell’apparato radicale, colorazione scura e limitata qualità dei frutti) e Record (polpa non molto consistente e sapore medio del frutto) per Alto Agide; Queen Elisa (sensibile calo di pezzatura del frutto nel prosieguo della raccolta) per la coltura protetta del cesenate ed Irma (limitata consistenza della polpa e sapore troppo scarso in concomitanza di notevoli produ-

zioni delle piante) per la coltura autunnaleprimaverile in Veneto; Adria per le Marche (limitate consistanza della polpa e caratteristiche qualitative). Vengono, inoltre, inserite Joly per la coltura di pieno campo del cesenate (era già in lista per il Piemonte) e Monterey per le Marche (già in lista per la coltura rifiorente del cesenate); vengono eliminate Asia e Roxana per la coltura protetta primaverile tradizionale del veronese, Alba, Asia e Darselect per la coltura autunnale del veronese e Tecla per le Marche. Queste varietà rimangono comunque in lista in quanto giudicate “positive” in altri areali. Va evidenziato che nella Lista per il Veneto, non vengono indicate le varietà costituite dal CIV di Ferrara in quanto continua a non essere autorizzata la loro immissione nei campi sperimentali di questa zona.

22 Liste Fragola 2015


Tab. 2 – Lista 2015 delle varietà “positive” per le principali regioni fragolicole centro-settentrionali in base al tipo di

coltura più diffuso. Le varietà sono indicate in ordine di precocità di maturazione dei frutti.

principali regioni fragolicole centro-settentrionali

ALTO ADIGE Coltura di pieno campo Elsanta Darselect* Arosa*

TRENTIVO Coltura autunnale primaverile - Fuori suolo Elsanta Darselect* Rifiorenti - Fuori suolo Capri* Portola* Ischia* Rifiorenti Portola* San Adreas* Unifere, coltura protetta Alba-NF 311* Sugar Lia-Lia* Clery* Joly* Arosa* Argentera*

VENETO Coltura protetta tradizionale Alba-NF 311* Nora* Garda* Eva* Coltura autunnale primaverile - In suolo Eva* Roxana-NF 205*

EMILIA ROMAGNA Coltura protetta tradizionale Alba-NF 311* Clery* Coltura di pieno campo Alba-NF 311* Clery* Tecla** Joly* Roxana-NF 205* Argentera* Coltura protetta rifiorenti Monterey

MARCHE Coltura di pieno campo Alba-NF 311* Romina* Asia-NF 421* Monterey Cristina*

Liste Fragola 2015

PIEMONTE

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Di seguito un breve profilo delle 2 nuove varietà,

inserite per la prima volta nella Lista 2015 delle “positive”.

GARDA (CREA-FRF, Aposcaligera-COZ, ISF-Provincia di Verona -Italia): adatta agli ambienti settentrionali, unifera, a maturazione medio-precoce, con frutti di bell’aspetto e di polpa molto consistente e di buon sapore, la pianta non raggiunge elevati livelli produttivi nel periodo autunnale nella coltura autunnale veronese.

Jonica (CREA-FRF e Piraccini Secondo srl. - Italia): adatta agli ambienti meridionali, unifera, a maturazione medio-precoce, caratterizzata da una pianta rustica, produttiva e da un frutto di colorazione uniforme e molto brillante, stabile durante la conservazione e di buona qualità gustativa;

24 Liste Fragola 2015


Le nuove varietà ancora in corso di valutazione

Riportiamo una breve descrizione delle nuove varietà presenti nei campi sperimentali 2014-’15, per le quali non si è ancora in grado di esprimere un giudizio definitivo. Le note descrittive di queste varietà

sono quelle fornite dal costitutore. La valutazione del loro comportamento nei campi sperimentali di questo Progetto segue il protocollo adottato da tempo e quindi le informazioni del gruppo di lavoro potranno essere fornite almeno dopo un biennio di studio.

Varietà adatte agli ambienti meridionali (a basso fabbisogno in freddo invernale)

Fontanilla (IFAPA - Spagna): unifera, a maturazione molto precoce si è distinta per una elevata produttività nella prima parte della raccolta; i frutti sono molto consistenti.

Margherita (Nova Siri Genetics S.R.L. - Spagna): unifera, a maturazione precoce, produttiva, con frutto consistente, attraente e di forma conica.

Marisol (Nova Siri Genetics S.R.L. - Spagna): unifera, a maturazione medio-precoce, produttiva, con frutto consistente e di buona qualità.

Safari (Planasa - Spagna): unifera, a maturazione precoce, produttiva, frutto di colorazione rosso-aranciata, di forma conica, mediamente consistente.

Sahara (Planasa - Spagna): unifera, molto precoce, pianta rustica e frutto di bell’aspetto, di forma conico-allungata, sempre regolare e di elevata consistenza della polpa.

Liste Fragola 2015

Le novità spagnole

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Le novità DELLA FLORIDA Elyana-Florida (FFSP - Florida): unifera, a maturazione precoce, produttiva, frutto di elevata pezzatura, consistente e di elevata qualità; resistente al marciume del frutto e del colletto se coltivata nei climi sub-tropicali simili alla Florida da cui deriva.

Liste Fragola 2015

Winter Star (FFSP - Florida): unifera, a maturazione precoce, produttiva, frutto di elevata pezzatura e molto uniforme.

26 La novità AUSTRALIANA

Ruby Geem (Department of Primary Industries and Fisheries - Australia): unifera, a maturazione molto precoce, produttiva, frutto di elevata consistenza, dolcezza e aroma. Resistente a Fusarium.

Varietà adatte agli ambienti settentrionali (a medio-alto fabbisogno in freddo invernale)

La novità FRANCESI

Capriss (CIREF - Francia) unifera, pianta rustica e produttiva, frutti di pezzatura medio-piccola, ma di elevato standard qualitativo.


Le novità ITALIANE

Primy (CIV - Italia): unifera, a maturazione precoce, rustica, di medio vigore e buona produttività. Il frutto è di forma tronco-conica allungata, colore rosso vivo, buon sapore dolce e aromatico;

Tily (CIV - Italia): unifera, a maturazione precoce, rustica, di elevato vigore, portamento disordinato ed elevata produttività; il frutto è di forma tronco-conica allungata, colore rosso chiaro e vivo, buon sapore dolce e ottima tenuta.

Murano (CIV - Italia): rifiorente di ottima produzione duratura nel tempo, dal frutto di forma tronco-conica allungata, di bell’aspetto, consistente, di colore rosso brillante, e di lunga shelflife.

Brilla (CREA-FRF e NewPlant- Italia): unifera, pianta rustica e molto produttiva; frutto di bell’aspetto, colorazione molto brillante e stabile in post-raccolta; le caratteristiche qualitative sono medie.

Malga (Franco Zenti - Italia): rifiorente, di medio vigore (predilige climi continentali), di buona produzione, elevata consistenza del frutto e buon sapore.

Liste Fragola 2015

Laetitia (CIV - Italia): unifera, a maturazione tardiva, rustica, di elevato vigore ed elevata produttività. Il frutto è di forma troncoconica regolare, colore rosso vivo, buon sapore dolce, ottima tenuta, elevata shelf-life.

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La novità INGLESI (East Malling Research) Malling Centenary unifera, a maturazione medio-precoce, pianta rustica e produttiva, frutti di pezzatura media, di forma perfettamente conica, di colorazione intensa, molto attraenti e di elevate caratteristiche qualitative.

Liste Fragola 2015

La novità olandesi (Goossens Flevoplant’s)

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Favorì rifiorente, di elevata e costante produttività soprattutto nel periodo precoce; il frutto presenta una colorazione simile ad Elsanta, stabile durante la conservazione, ed è caratterizzato da spiccata aromaticità, migliorando Mara des Bois da cui deriva.

Florentina rifiorente, di elevata produttività con un frutto simile a quello di Elsanta, resistente alle manipolazioni e di colorazione costantemente brillante durante la conservazione.

Florina rifiorente, pianta molto vigorosa e produttiva; entra precocemente in produzione con frutti simili a quelli di Elsanta, con colorazione stabile durante la conservazione.

Flair unifera, a maturazione molto precoce e piuttosto concentrata; il frutto è di buona qualità e di forma conica sempre perfettamente regolare grazie anche all’elevata fertilità pollinica.

Fleurette unifera, a maturazione precoce, produttiva con pianta compatta. Combina produttività ad un’eccellente qualità del frutto.

Felicità unifera, pianta vigorosa e produttiva, adatta a produzioni per vendita diretta, combina precocità, produttività ed elevate caratteristiche qualitative.


29 Liste Fragola 2015


Unità Operative Del Progetto Liste di Orientamento Varietali - Fragola Progetto “Liste di orientamento varietali dei fruttiferi. Gruppo di lavoro Fragola (Coordinatore: W. Faedi, C.R.A. Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì) Responsabili e collaboratori

Unità Operativa

F. D'Anna, C. Prinzivalli, A. Moncada,

Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali (S.A.F.) - Università di Palermo

G. Siddu, G. Corona

Agenzia LAORE, Unità Operativa Territoriale di Arborea (OR)

M. Funaro, M. Ambrosio, M. Grotteria, L. Longo, G. Matozzo, G.F. Spagnolo

Azienda Regionale per lo Sviluppo dell'Agricoltura Calabrese

C. Mennone, G. Quinto

ALSIA - Regione Basilicata

G. Capriolo, M. Oliva

C.R.E.A.-Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Caserta

B. Mezzetti, F. Capocasa

Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali. Università Politecnica delle Marche - Ancona

W. Faedi, G. Baruzzi, M.L. Maltoni, P. Sbrighi, C.R.E.A.-Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì P. Lucchi, S. Magnani, P. Turci G. Baroni, L.Ballini

Istituto Sperimentale di Frutticoltura - Provincia di Verona

C. Carli, R. Giordano, S. Frati

Consorzio di Ricerca, Sperimentazione e Divulgazione per l’Ortofrutticoltura Piemontese (CReSO)

L. Giongo, P. Martinatti

Fondazione Edmund Mach, Centro Ricerca Innovazioni, Trento

M. Zago

Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale - Azienda Laimburg , Bolzano

Per un complesso di caratteri negativi emersi come minimo dopo un biennio di valutazioni nel 2014 si è concluso l’iter valutativo di un gruppo di varietà che escono definitivamente dall’elenco delle varietà in valutazione:

Antilla e Niebla (Fresas Nuevos Materiales - Spagna); Santaclara (IFAPA - Spagna); Linosa e Vivara (CIV - Italia); Cupid, Delia, SallyBright, Sasha, Sweet Heart, Vibrant e Buddy (HRI - Regno Unito).

Gianluca Baruzzi C.R.E.A.-Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì

Pierluigi Lucchi C.R.E.A.-Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì

Maurizio Funaro Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese

Paolo Sbrighi C.R.E.A.-Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì

Carmelo Mennone ALSIA - Regione Basilicata

Walter Faedi C.R.E.A.-Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì

30 Liste Fragola 2015


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BiocidES (Reg. (EU) N0.528/2012) National authorisation Dossier Pre submission evaluation of available information Mutual recognition Minor and Major changes Technical equivalence (Reg. (EU) N0.528/2012, Art 54)

FERTILIZERS (Reg CE 2003/2003 - DL 75/2010) Classification and labelling (CLP Reg. (EC) No. 1272/2008), SDS preparation according to Reg. EU 453/2010 Declaration to ISS dangerous preparations archive (art. 45 CLP)

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Karpòs promo La grande SFIDA di CASTAGNER per il 2016: un nuovo distillato 100% italiano per sfondare nel mondo dei COCKTAIL. A partire dagli USA In un mercato che piange la caduta libera dei propri fatturati, si innalza da Vazzola una colonna di vapore candido che rivela da lontano, a chi si trovi a percorrere la statale Cadore-Mare, l’incessante attività di Roberto Castagner che nel 2015 ha condotto la sua distilleria a un’ulteriore crescita significativa. Se il mondo della grappa, e più in generale dei distillati, nel 2015 ha segnato a livello nazionale un -2,5% nella grande distribuzione organizzata (GDO) e un -5 % nel settore fuori casa (HoReCa), nello stesso anno Castagner ha fatto registrare all’azienda un’ impennata nelle vendite tale da far lievitare i fatturati del + 5% nella GDO e del + 30% nel canale fuoricasa. Il segreto sta nel fatto che Castagner non scherza quanto a innovazione: “Se facessi ancora le grappe come 10 anni fa le vendite si sarebbero inchiodate; bisogna adeguarsi alle nuove necessità del mercato, anticipare i bisogni del consumatore, investire in ricerca e innovazione. Ovviamente tutto ciò comporta fatica e risorse – umane ed economiche – ma è l’unica ricetta per riuscire a stare al passo coi tempi” confessa Roberto Castagner che sta già pensando ai prossimi appuntamenti fieristici cruciali per il settore : il Prowine di Dusseldorf e il Vinitaly di Verona. “Al Prowine, in uno spazio di nuova concezione, presenteremo una gamma di grappe adatte al mercato tedesco e nord europeo, Russia compresa, mentre al Vinitaly lanceremo un nuovo prodotto creato appositamente per il mondo dei barman perché crediamo fortemente alla grappa come ingrediente per i cocktail. Strada finora poco praticabile: la grappa con la sua struttura tradizionale, caratterizzava troppo il cocktail coprendo tutti gli altri ingredienti e per questa ragione non era amata dai bartender. Invertire la tendenza, quindi spostare il consumatore dal classico drink con distillato “straniero” indirizzandolo verso i prodotti italiani è la nuova sfida dell’instancabile Castagner che a questo scopo ha investito anni in ricerca e parecchie risorse nella realizzazione di nuovi impianti concepiti per permettere una distillazione del tutto particolare. “Si tratta di un lungo percorso a cinque colonne – spiega Castagner - durante il quale

riusciamo a selezionare le molecole aromatiche più nobili e leggere, e al termine del quale dalla materia prima prende vita un distillato di purezza mai vista prima. L’abbiamo chiamato Suite n° 5 per evocare i cinque processi di distillazione subiti, e il successo è tale che stiamo già creando una linea “brut” appositamente pensata per i barman che uscirà a breve nel mercato con il nome di Suite Black per richiamare il fatto che viene realizzata con uve nere: una versione speciale, molto più dry (zero zuccheri) adatta ad essere combinata con componenti dolci quali frutta fresca o zucchero di canna, in modo da lasciare al barman più libertà di azione nella scelta degli ingredienti”. L’idea è rivoluzionaria ma funziona. Tanto che un importante distributore di New York ha deciso di scommetterci su, investendo una grossa cifra per lanciare l’innovativo distillato nel mercato americano che da solo assorbe circa 1 miliardo di bottiglie di superalcolici. Si è innamorato del prodotto di Castagner a prima vista quando la Suite N°5 ha superato la prova del ghiaccio. E’ risaputo che il consumatore americano ama bere “on the rocks” e la Suite n° 5 è una grappa che grazie alla sua purezza non opacizza. Poi ne ha apprezzato le altre qualità. Quindi, dopo una fase di test superata brillantemente, ecco che il prossimo 9 marzo il primo container di Suite N°5 partirà per gli USA dove il buyer di NY nell’ambito del piano da lui battezzato “Italian Spirit Project” si è già organizzato per distribuirla in 11 diversi Stati attraverso una selezione di 1000 locali che ne riceveranno subito un primo cartone”. “Questa – conclude Castagner - è la prova che ora nel mondo dei cocktail possiamo reggere il confronto con qualsiasi competitor internazionale. Contando sul vantaggio che rappresentiamo una novità in questo florido settore nel quale noi italiani possiamo ancora esprimere molte potenzialità. E considerando la grappa il nostro vero distillato di bandiera † possiamo ancora sfruttare il fascino che il made in Italy suscita sui mercati esteri e soddisfare i visitatori stranieri che quando giungono nel nostro Paese desiderano assaggiare i prodotti più rappresentativi dell’italianità”. Ecco perché al Vinitaly 2016 Castagner coinvolgerà alcuni straordinari barman nazionali che si sfideranno a suon di shaker nella realizzazione di cocktail naturalmente cento per cento italiani - davvero innovativi. E coglierà l’occasione per presentare, insieme al grande distributore newyorchese e al nuovo distillato, anche i primi dati dell’operazione.

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LATTERIA SOLIGO, QUALITA’ E VALORI DI UN MARCHIO: UN SECOLO DI STORIA CHE FA LA DIFFERENZA Renzo Angelini

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SOLIGO Renzo Angelini

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La qualità è il patto inviolabile tra produttore e consumatore. In momento di congiuntura internazionale in cui il mercato lattiera caseario italiano è minacciato dall’ingresso di prodotti – latte e formaggi - di bassa qualità, c’è chi ha scelto di non tradire la propria storia secolare, di puntare tutto sui propri valori nella convinzione che il rapporto di fiducia con la propria clientela sia la vera prospettiva di crescita. È il caso di Latteria Soligo che dal 1883 è sinonimo di qualità, di tradizione e innovazione apprezzati dal mercato italiano e non solo. La Cooperativa agricola trevigiana è il più chiaro esempio di chi ha saputo emergere scegliendo una strada precisa, percorrendola senza scorciatoie per oltre 130 anni e su quella costruire il successo commerciale odierno.


Presidente Lorenzo Brugnera

Qualità, sicurezza per il consumatore e forte legame con il territorio sono le fondamenta su cui si è costruito il successo di Latteria Soligo, come spiega il presidente Lorenzo Brugnera. Sin dalla sua nascita i fondatori della Latteria identificarono un traguardo ambizioso ma decisivo: realizzare “prodotti perfetti” grazie al diretto coinvolgimento dei produttori di latte uniti dal pensiero dell’economia

sociale elaborato dal professor Giuseppe Toniolo, poi diventato Beato. Una missione che ancora oggi le famiglie dei nostri soci allevatori condividono mettendo tutto l’impegno e la passione necessaria per produrre latte di alta qualità. Per noi la stalla è il primo reparto di Latteria Soligo. Abbiamo una filiera rigidamente controllata per poter produrre alimenti sani e genuini come il latte fresco e i formaggi tipici che coniugano proprio la

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selezione della migliore materia prima, il latte, con una tecnica casearia rispettosa della genuinità grazie a macchinari d’avanguardia in linea con le più rigide certificazioni internazionali, ma al tempo stesso legata alle più nobile e antica tradizione casearia trevi-

giana. Il tutto per garantire al mercato e al consumatore il 100% di naturalità genuinità, gusto, qualità e sicurezza alimentare grazie alla costante attenzione all’innovazione di prodotto e di processo.

43 SOLIGO Renzo Angelini


Un sistema di qualità ben riconoscibile per il consumatore. Per esempio nel latte a marchio QV, Qualità Verificata, un sistema di certificazione introdotto dalla Regione Veneto per la “Tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli e agro-alimentari di qualità”, in cui Soligo - in ambito lattiero-caseario - è l’unica realtà oggi riconosciuta. Il marchio Qualità Verificata identifica processi di produzione che garantiscono una qualità del prodotto finale significativamente superiore rispetto a quanto previsto dalle

norme di legge vigente in termini di sanità pubblica, benessere degli animali e tutela ambientale. L’adesione al marchio QV richiede obblighi tassativi concernenti i metodi di ottenimento del prodotto descritto da un disciplinare vincolante e verificato da un organismo di controllo indipendente. Ma per noi è stata una nuova sfida vinta sulla strada indicata dai nostri padri fondatori: realizzare “prodotti perfetti”. Una risposta di qualità che distingue nettamente il latte Soligo sul mercato.

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Presidente Brugnera quali sono le caratteristiche del Latte Soligo QV e perché il consumatore dovrebbe sceglierlo al banco frigo? La specificità del latte QV è data dai più fattori che il consumatore deve sapere: anzitutto dalle particolari proprietà nutrizionali del latte, ottenute attraverso l’uso di alimenti zootecnici ricchi di grassi polinsaturi del tipo “omega-3” come il seme di lino con cui viene integrata la razione alimentare delle bovine. Quindi è un latte che fa più bene all’organismo, grazie agli effetti benefici sul sistema cardiovascolare.

E’ un latte eticamente giusto perché il disciplinare di produzione mette al centro il benessere animale, mediante l’applicazione di idonee condizioni di stabulazione e l’impiego di razioni alimentari conformi ai fabbisogni nutrizionali. E’ un latte sicuro dal momento che il disciplinare di produzione del latte a marchio Qualità Verificata si applica a tutte le fasi di allevamento, mungitura compresa, fino alla trasformazione in latteria: una garanzia di filiera certificata da enti esterni accreditati.

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SOLIGO Renzo Angelini

Una scelta di trasparenza che passa anche attraverso l’innovazione tecnologica. Negli anni Settanta, Latteria Soligo è stata tra le prime aziende ad introdurre la rivoluzione del Tetrapak. Oggi un nuovo passo avanti: la presenza sulle confezioni di latte a Qualità Verificata del QR Code che, inquadrato con smartphone, consente di ‘entrare’ direttamente nella stalla di produzione di quel singolo litro di latte: una trasparenza di filiera totale. Iniziative importanti che dimostrano una volta di più quanto Latteria Soligo conservi con orgoglio le sue solide radici ma sia proiettata verso il futuro.

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Tradizione e innovazione, come si coniugano in una realtà che ha oltre un secolo di vita? Oggi Soligo offre ai consumatori una gamma di prodotti come il latte fresco di Alta Qualità garantito dal marchio QV (Qualità Verificata), il burro tradizionale perché ottenuto esclusivamente da panna fresca ottenuta dalla scrematura del latte, la Casatella Trevigiana DOP, la mozzarella STG, l’Asiago e il Montasio DOP e il Soligo Oro, o i formaggi affinati come il Soligo Barricato al pepe o l’Imbriago. Ma l’attenzione alle necessità del consumatore unita all’innata spinta verso l’innovazione, ha portato l’azienda ad ampliare la sua gamma con il latte e i formaggi senza lattosio, come il FrescoSì e con i prodotti Bio e a guardare sempre alle esigenze dei più piccoli con VitaminLatte, latte genuino Soligo con in più le vitamine importanti alla crescita. L’innovazione è permessa dalla rete di collaborazione con i centri di ricerca del Veneto come Università di Padova, Veneto Agricoltura, il CNR di Padova. Gli sforzi mirano a conoscere le proprietà antiossidanti del latte e dei suoi componenti, a migliorare sempre l’allevamento in stalla, dove nasce la nostra qualità.


a cui ruota il nostro impegno quotidiano. Per allargare la base di consumo non ci sono scorciatoie. La strada che porta a distinguersi e a fidelizzare il cliente rimane sempre e solo la qualità che per noi vuol dire ‘prodotti perfetti’ grazie a un qualificato lavoro in tutte le fasi della filiera Soligo, dalla stalla alla tavola. Questa è la cifra che ci contraddistingue sia quando si tratta di prodotti di uso quotidiano e poco brandizzato come il latte fresco o a lunga conservazione, sia che si tratti di formaggi tipici, sia freschi che a lunga stagionatura. In altre parole, chi sceglie i nostri prodotti fa sostanzialmente una scelta di gusto e di territorialità sapendo così di portare sulla propria tavola prodotti genuini, sani e dal sapore fresco e deciso”.

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Etica aziendale, sostenibilità, salute e qualità è il circolo virtuoso attorno al quale ruota un vero e proprio progetto d’eccellenza costruito senza dimenticare la sicurezza alimentare. Oggi, infatti, i consumatori sono sempre più informati e hanno una percezione precisa della qualità e dell’identità dei prodotti agroalimentari, in particolare dei formaggi: un prodotto tipico del Made in Italy fortemente legato alle tradizioni del luogo. La nostra è una squadra molto affiatata - dice Brugnera - e vogliamo trasmettere i nostri valori in un rapporto sempre più stretto con il consumatore. Fortunatamente la sicurezza alimentare è un tema di crescente interesse perché ormai è chiaro a tutti che alimenti buoni e sani migliorano la qualità della vita. Il circolo virtuoso attorno

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La lunga storia dell’azienda veneta è stata caratterizzata anche da importanti fusioni che hanno consentito a Latteria Soligo di introdurre produzioni ad alta specializzazione e che oggi consente la presenza del marchio in buona parte del territorio nazionale. Piccoli passi, ma decisi e verso chi ha valori come i nostri: società cooperative dove è forte lo spirito mutualistico, caseifici ricchi di storia e tradizione, e, alla base, piccole famiglie di allevatori. Questa è la strada della nostra crescita. Abbiamo fatto partecipi di Latteria Soligo tutti i piccoli caseifici della nostra zona: ricordo negli anni ’50 Vazzola, negli anni successivi Trevenlat, Pianzano, Settecomuni, Carpesica, una storica cooperativa del Vicentino, come Caseificio di Breganze nel 2003 che ci ha permesso di diventare uno dei maggiori produttori di Asiago DOP ed, infine, la latteria San Giacomo di Vittorio Veneto. Credo che l’aggregazione dei caseifici presenti su un territorio sia una necessaria risposta alla forte competizione che ci viene dal processo di globalizzazione iniziato con la caduta del muro di Berlino nel 1989, se vogliamo essere testimoni del valora sociale, umano ed economico della nostra terra e se vogliamo far condividere al maggior numero possibile di

consumatori la bontà e la sicurezza dei nostri prodotti a base di latte. Per concludere, Presidente Brugnera, se dovesse spiegare perché Soligo è differente? Essere una Cooperativa di Soci produttori di latte è la nostra unicità e, sulle orme di chi ci ha preceduti più di 130 anni fa, continuiamo a credere che l’agricoltura sia un bene culturale ed economico da tutelare poiché è ancora in grado di dare benessere e di farci stare meglio in un ambiente buono da vivere e per far questo ci impegniamo in forti progetti di solidarietà sociale, a favore di chi ha bisogno e in collaborazione con le istituzioni del territorio. Cito i progetti Pollicino e Alice, con i quali abbiamo sostenuto il welfare partecipato: grazie ai consumatori - che hanno privilegiato i nostri prodotti - siamo riusciti a donare un importante contributo a sostegno dei servizi per bambini e donne in difficoltà.

Renzo Angelini Direttore Editoriale

48 SOLIGO Renzo Angelini


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Iniziativa finanziata dal Programma di Sviluppo Rurale per il Veneto 2014 - 2020 Organismo responsabile dell’informazione: Latteria Soligo S.a.c. Autorità di gestione: Regione del Veneto - Direzione Piani e Programmi del Settore Primario




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01 56 Le performances paolo inglese economiche delle aziende castanicole italiane IlBorri, I. destino P. Borsotto, in una promessa T. Castellotti, S. De Leo, P. Doria


Le performances paolo inglese economiche delle aziende castanicole italiane IlBorri, I. destino P. Borsotto, in una promessa T. Castellotti, S. De Leo, P. Doria

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Le performances economiche delle aziende castanicole italiane tra emergenze fitosanitarie e riforma della PAC Ilaria Borri, Patrizia Borsotto, Tatiana Castellotti, Simonetta De Leo, Paola Doria


Introduzione Il Centro di Politiche e Bioeconomia (exINEA) ha sviluppato le due azioni previste nell’asse 3 del progetto Bioinfocast: - Analisi e valutazione delle performance economiche della aziende castanicole sulla base dei dati della Rete Italiana di Contabilità Agraria (RICA); - Analisi degli aspetti della riforma della PAC post 2013 rilevanti per il settore. La Rete ha la sua base giuridica nel Reg. CE n. 1217/2009 del Consiglio. Scopo della Rete è la raccolta di dati contabili necessari per una rilevazione annua dei redditi e per l’analisi del funzionamento economico delle aziende agricole. Le aziende appartenenti al Campione RICA derivano dall’Indagine Istat sulle strutture e produzioni agricole (SPA) e/o dai censimenti agricoli. I dati RICA sono fonte primaria di dati, citati nei documenti di indirizzo, per la programmazione e la valutazione delle politiche agricole comunitarie e utilizzati per monitorare

01 58 Le performances economiche paolo delle inglese aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, Il destino T. Castellotti, in una promessa S. De Leo, P. Doria


l’evoluzione dei redditi degli agricoltori, per analisi di settore a livello europeo, nazionale e regionale. Per offrire uno sguardo d’insieme sul settore e migliorare la capacità interpretativa dei dati contabili, il rapporto di ricerca ha previsto una parte di analisi dei dati Istat sulla struttura delle aziende castanicole, sui prodotti di qualità riconosciuta e sul commercio con l’estero. Le aziende con castagneto da frutto secondo i dati censuari Secondo i dati del sesto Censimento dell’agricoltura, le aziende con castagneto da frutto sono circa 30 mila con una superficie investita a castagneto da frutto pari a 52 mila ettari, il 23% della SAU totale. Il resto della SAU è investita a prati e pascoli (40%), seminativi (23%), altre coltivazioni legnose (14%). Si tratta di aziende di piccola-media dimensione: l’80% delle aziende e il 40% della superficie sono compresi nella classe di

02 59 Le performances economiche delle aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, T. Castellotti, S. De Leo, P. Doria


SAU 0-5 ettari e la superficie media investita a castagneto è di circa 2 ettari. La crescente senilizzazione e il basso livello di istruzione dei conduttori spiegano anche il basso livello di diversificazione dell’attività aziendale: in particolare, solo l’11% delle aziende ha attività connesse e di queste il 30% ha anche una attività agrituristica, mentre l’11% svolge attività in conto terzi. La superficie coltivata a castagneti è concentrata principalmente in cinque regioni: Campania (13.808 ha), Toscana (10.399 ha), Calabria (8.643 ha), Piemonte (6.383 ha) e Lazio (3.796 ha); segue, a distanza, l’Emilia-Romagna (2.822 ha) (tabella 1). Rispetto al 2000, nel 2010 in tutte le regioni si registra una riduzione di aziende e superfici (figura 1). Purtroppo, non sono disponibili dati ag-

giornati sulla produzione castanicola italiana dato che l’Istat non rileva più questa informazione. La castanicoltura italiana si presenta molto differenziata dal punto di vista ambientale, strutturale, tecnico ed economico. L’organizzazione economica della filiera presenta una molteplicità di situazioni e di livelli di integrazione tra i diversi operatori a livello regionale. In Campania e Piemonte si concentrano i più importanti operatori della filiera castanicola italiana ed europea. La castanicoltura italiana nel commercio internazionale L’Italia rimane tra i più importanti attori sul mercato internazionale: insieme alla Cina è il principale esportatore mondiale di casta-

Tabella 1 - Aziende e superfici con castagno da frutto per regione - 2010 (ettari) Regione

Aziende (n.)

Superfici

Aziende/Italia (%)

Sup/Italia (%)

Campania

6.577

13.808

22

27

Toscana

5.336

10.399

18

20

Calabria

4.774

8.643

16

17

Piemonte

4.052

6.383

13

12

Lazio

2.063

3.796

7

7

Emilia Romagna

1.570

2.822

5

5

Basilicata

605

1.168

2

2

Marche

539

838

2

2

Liguria

823

750

3

1

Lombardia

785

650

3

1

Sardegna

304

563

1

1

Umbria

331

528

1

1

Sicilia

794

453

3

1

Veneto

415

359

1

1

Abruzzo

143

300

0

1

Trentino Alto Adige

552

288

2

1

Puglia

264

122

1

0

Valle d'Aosta

269

71

1

0

Friuli Venezia Giulia

40

57

0

0

Molise

16

4

0

0

30.252

52.002

100

100

Italia Fonte: Istat, VI Censimento Agricoltura.

60 01 Le performances economiche paolo delle inglese aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, Il destino T. Castellotti, in una promessa S. De Leo, P. Doria


Figura 1 - Variazione di aziende e superfici investite a castagneto da frutto tra i due Censimenti (%) Variazione aziende (%)

Variazione superfici (%)

0 -10 -20 -30 -40 -50 -60 -70 -80 -90 Italia

Valle d'Aosta

Molise

Sardegna

Marche

Sicilia

Umbria

Veneto

Liguria

Calabria

Emilia Romagna

Toscana

Lazio

Abruzzo

Piemonte

Puglia

Campania

Friuli Venezia Giulia

Trentino Alto Adige

Basilicata

Lombardia

Fonte: Istat, Censimenti agricoltura 2002 e 2010.

gne (figura 2). Le esportazioni sono fortemente concentrate a livello territoriale dato che provengono per il 65% dalla Campania e per 12% dal Piemonte (CREA, 2013). Riguardo alle importazioni italiane, è da sottolineare il loro notevole incremento nel triennio 2011-2014, da attribuirsi alla ridu-

zione della produzione nazionale in seguito agli attacchi del cinipide galligeno, con corrispondente incremento degli acquisti dall’estero (Spagna, Portogallo e Turchia). L’Italia, tradizionale esportatore netto di castagne, è così diventato, a partire dal 2011, un paese importatore netto.

Figura 2 - Peso sull'export mondiale di castagne dei principali paesi esportatori nel 2012 (%) Quantità (%)

Valore (%)

35 30 25 20 15 10 5 0 Cina

Italia

Portogallo

Corea

Spagna

Francia

Fonte: FAO.

02 61 Le performances economiche delle aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, T. Castellotti, S. De Leo, P. Doria

Turchia


Figura 3 - Italia - Dinamica delle importazioni ed esportazioni di castagne (T) Import quantità

Export quantità

45.000 38.903

40.000 35.000 30.000 25.000

22.708

20.000 12.910

15.000 10.000 5.000

5.166

0 2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

Fonte: CREA, Banca Dati Commercio Estero.

I prodotti di qualità riconosciuta L’Italia vanta 16 prodotti a base di castagne a marchio DOP/IGP su 25 prodotti europei (tabella 2). In particolare, 12 denominazioni per le castagne e i marroni e 4 per prodotti a base di castagne (farina e miele). Secondo i dati relativi al 2013, si tratta di una superficie di circa 1.500 ettari e 626 operatori (di cui 594 produttori). I dati mostrano che solo pochi produttori sono anche trasformatori, con conseguente perdita di valore aggiunto da parte dei produttori. Inoltre, interviste ad interlocutori privilegiati hanno messo in evidenza che i produttori non riescono a spuntare un prezzo maggiore rispetto alle castagne senza denominazione.

cui il peso delle castagne vendute sul valore complessivo dei prodotti venduti è superiore al 10% (di seguito per brevità indicate come “aziende castanicole”), ovvero 222 aziende. L’analisi delle caratteristiche strutturali permette di inquadrare i contesti aziendali alla base delle diverse castanicolture territoriali. L’esame di quattro esercizi contabili consente di registrare, laddove verificatisi, i mutamenti nel breve-medio periodo. Le aziende castanicole analizzate sono prevalentemente specializzate in colture permanenti, ma si differenziano dal punto di vista strutturale, per estensione della superficie investita, per incidenza di questa sulla SAU e per il livello di meccanizzazione e intensità dei capitali investiti. Tuttavia, pressoché tutte le aziende sono caratterizzate dalla conduzione familiare, dall’assenza di redditi da attività extra- agricola e da un basso livello di istruzione dei conduttori; inoltre, bassa è la percentuale di aziende condotte da giovani (con età inferiore ai 40 anni), pari solo al 13%. Attraverso i dati RICA si è potuta anche esaminare l’efficienza azien-

Struttura e risultati economici delle aziende castanicole del campione RICA Le aziende con castagneto da frutto complessivamente presenti nella Banca dati della Rete di Informazione Contabile (RICA) nell’ultimo quadriennio disponibile (20092012) sono 472; di queste, il lavoro ha analizzato, con un dettaglio regionale, quelle in

62 Le performances economiche delle aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, T. Castellotti, S. De Leo, P. Doria


Tabella 2 - Castagne di qualità DOP, IGP E STG per settore, tipo di riconoscimento, produzione, trasformazione e operatori al 31 dicembre 2013 (superficie in ettari) SETTORI

Tipo di riconoscimento

PRODOTTI

Produzione

Trasformazione

Operatori (1)

Produttori (1)

Superficie (2)

Imprese (1) (3)

Totale

Di cui produttori trasformatori

Castagna del Monte Amiata

IGP

134

316,73

3

136

1

Castagna di Cuneo

IGP

11

22,54

5

16

-

Castagna di Montella

IGP

30

105,16

3

33

-

Castagna di Vallerano

DOP

23

39,01

1

24

-

Marrone della Valle di Susa

IGP

30

15,09

2

30

2

Marrone del Mugello

IGP

89

543,03

4

91

2

Marrone di Caprese Michelangelo

DOP

1

(*)

-

1

-

Marrone di Castel del Rio

IGP

33

166,92

6

39

-

Marrone di Combai

IGP

49

30,17

5

54

-

Marrone di Monfenera

IGP

88

79,44

3

91

-

Marrone di Rocca d’Aspide

IGP

6

24,36

-

6

-

Marrone di San Zeno

DOP

29

54,11

21

29

21

Farina di castagne della Lunigiana

DOP

13

42,53

2

15

-

Farina di Neccio della Garfagnana

DOP

8

45,85

6

10

4

Miele della Lunigiana

DOP

41

-

12

41

12

Miele delle Dolomiti Bellunesi

DOP

9

10

10

9

16

594

83

626

51

Totale prodotti castanicoli

1484,94

(1) Un produttore e/o trasformatore e/o operatore presente in due o più settori viene conteggiato due o più volte. (2) L’asterisco (*) indica che il dato non è divulgabile ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 322/89 (segreto statistico). (3) Un trasformatore può svolgere una o più attività di trasformazione. Fonte: Istat, Report prodotti agroalimentari di qualità, 2013.

02 63 Le performances economiche delle aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, T. Castellotti, S. De Leo, P. Doria


dale – espressa in termini di catene di indici – confrontando per ogni singolo anno i risultati regionali con la media campionaria delle aziende italiane specializzate in frutticoltura e agrumicoltura. Le catene di indici scelte per l’analisi dell’efficienza aziendale intendono valutare il corretto impiego dei fattori produttivi (terra, lavoro e capitali) e il soddisfacimento della remunerazione del lavoro: obiettivo prioritario delle aziende a conduzione diretta con manodopera familiare prevalente o esclusiva. La prima catena di indici collega la produttività della terra al grado di attività determinando la produttività del lavoro, e cioè la PLV prodotta per unità di lavoro (figura 4). La seconda catena di indici valuta la redditività dei ricavi, ovvero la quota della PLV che resta all’imprenditore dopo aver sottratto tutte le componenti negative di reddito (eccezion fatta per la remunerazione del lavoro

familiare) (figura 5). Questo indice misura in sostanza la capacità dell’azienda di conseguire un reddito adeguato rispetto ai costi sostenuti. In generale si evidenzia una buona redditività dei ricavi, a causa di una bassa incidenza dei costi correnti. Si tratta infatti di aziende che fanno scarso ricorso all’acquisto di fattori di consumo extra-aziendali (fertilizzanti, antiparassitari, mangimi, meccanizzazione, etc.), a spese di trasformazione, commercializzazione e all’utilizzo di servizi di terzi (contoterzismo, spese sanitarie, spese per attività connesse). L’ultima catena, che esprime la redditività del lavoro familiare, cioè la remunerazione di tutti i fattori produttivi forniti dall’imprenditore e dalla sua famiglia, permette di valutare lo stato di salute dell’azienda a conduzione familiare. La redditività del lavoro familiare delle aziende castanicole è inferiore a quella calcolata a livello aziendale sulle

Figura 4 - Distribuzione per regioni ed anno della produttività del lavoro (2009-2012) 9.000 It2009

8.000

Produttività della terra (PLV/SAU)

7.000

It2012

It2011 It2010

6.000

Cal2009 5.000

Cal2011 Cal2012

4.000 3.000

P2012

P2011

P2009 Cal2010 P2010

2.000

Cam2010 Cam2011 L2010

1.000

L2012 L2011

0

5

10

15

Cam2009

T2012

T2010 0

L2009

Cam2012

T2011

T2009 20

25

30

Intensità del lavoro (SAU/ULT)

La dimensione delle sfere rappresenta la produttività del lavoro (PLV/ULT). Fonte: elaborazioni su Banca dati RICA.

64 01 Le performances economiche paolo delle inglese aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, Il destino T. Castellotti, in una promessa S. De Leo, P. Doria

35

40


Figura 5 - Distribuzione per regioni ed anno della redditività dei ricavi (2009-2012)

Calabria

Campania

Lazio

Piemonte

Toscana

Italia

1,00 0,90 0,80 0,70 0,60 0,50 0,40 0,30 0,20 0,10 0,00 2009

2010

2011

2012

Fonte: elaborazioni su Banca dati RICA.

aziende specializzate in colture permanenti a causa di una minor produttività del lavoro dovuta appunto ad una minor produttività economica della terra. Al fine di analizzare nel dettaglio le performance dell’attività castanicola è utile anche riferirsi ai dati relativi al singolo processo produttivo visto che le componenti economiche fin qui analizzate riguardano l’azienda nel suo complesso, pertanto risultano influenzate dalle altre attività eventualmente praticate in azienda. Alcune differenze riscontrabili nei risultati di processo tra le regioni vanno interpretate alla luce oltre che del numero limitato di aziende del campione selezionato anche della loro variabilità negli anni, non trattandosi di un campione costante. La castanicoltura viene condotta

con un contenuto utilizzo di mezzi tecnici: il peso dei costi variabili sul valore della produzione del campione analizzato, per tutte le regioni e per ciascun anno del triennio, risulta non superiore al 7%, con l’unica eccezione del Lazio che registra l’11% nel 2010, il 12% nel 2011, il 24% nel 2012 (figura 6). Naturalmente considerazioni diverse sarebbero possibili contabilizzando il costo del lavoro, e soprattutto quello relativo alla raccolta che incide notevolmente sui costi di produzione di questa coltura. Tra i costi variabili le principali voci di spesa sono rappresentati dai costi sostenuti per la difesa e per la concimazione/fertilizzazione. In relazione alle spese per contoterzismo queste sono rilevanti solo per le aziende laziali nel biennio 2010-2011 e per quelle piemontesi.

65 Le performances economiche delle aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, T. Castellotti, S. De Leo, P. Doria


Figura 6 - Composizione dei costi variabili del processo castanicolo per regione Calabria Energia

2009

Concimi

2010

Contoterzismo Commercializzazione

2011

Difesa 2012

Altri costi 0%

20%

40%

60%

80%

100%

Campania Energia

2009

Concimi

2010

Contoterzismo Commercializzazione

2011

Difesa 2012

Altri costi 0%

20%

40%

60%

80%

100%

Lazio Energia

2009

Concimi Contoterzismo

2010

Commercializzazione

2011

Difesa

2012

Altri costi 0%

20%

40%

60%

80%

100%

Piemonte Energia

2009

Concimi

2010

Contoterzismo Commercializzazione

2011

Difesa 2012

Altri costi 0%

20%

40%

60%

80%

100%

Toscana Energia

2009

Concimi

2010

Contoterzismo Commercializzazione

2011

Difesa 2012

Altri costi 0%

20%

40%

60%

80%

100%

Fonte: elaborazioni su Banca dati RICA.

66 01 Le performances economiche paolo delle inglese aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, Il destino T. Castellotti, in una promessa S. De Leo, P. Doria


Gli aiuti pubblici al settore castanicolo secondo i dati RICA e gli effetti della riforma della PAC Con riferimento alle 222 aziende castanicole RICA analizzate, il 72% è stato beneficiario di uno o più contributi attraverso gli interventi della Politica Agricola Comunitaria I e II pilastro che hanno complessivamente veicolato un ammontare di risorse pari a 1,3 milioni di euro nel quadriennio con un importo medio ad azienda di circa 8.400 euro. L’incidenza di aziende castanicole beneficiarie di sostegno pubblico sul campione regionale castanicolo analizzato nel quadriennio è maggiore nel Lazio (84%) e minore in Campania (59%); nel caso di Toscana e Piemonte l’80% delle aziende castanicole risulta percepire una qualche forma di sostegno dalla PAC o da interventi locali mentre in Calabria tale percentuale scende al 69%. Complessivamente, nel quadriennio, circa il 60% degli importi deriva da interventi nell’ambito dello sviluppo rurale. Gli interventi nell’ambito sviluppo rurale di cui beneficiano le aziende castanicole della RICA sono pressoché tutti relativi all’Asse 2 - Ambiente, per un ammontare che complessivamente incide per poco più del 54% sul totale I e II pilastro di cui risultano beneficiarie le aziende nel quadriennio. Sono specificatamente pagamenti agroambientali, indennità per svantaggi naturali a favore di agricoltori delle zone montane o per zone caratterizzate da svantaggi naturali, diverse dalle zone montane. Si registrano solo pochi casi di misure relative all’Asse 1 - Competitività per la maggior parte, in termini di importi, relativi alla regione Toscana e al Lazio, per quest’ultima regione però registrati solo per l’anno 2009, e solo in misura marginale in Piemonte. Gli interventi Asse 1 sono per la quasi totalità riconducibili a servizi di consulenza da parte degli imprenditori agricoli e forestali, e a partecipazione degli agricoltori ai sistemi di qualità alimentare.

La recente riforma della PAC 2014-2020 determinerà un cambiamento radicale nella distribuzione degli aiuti tra agricoltori, settori e territori. Infatti, essa ha abolito il pagamento unico, sostituito da un set di nuovi aiuti con funzioni e target di beneficiari diversi: il pagamento di base destinato al sostegno del reddito; il pagamento verde, ricevuto in cambio del rispetto di alcune pratiche benefiche per l’ambiente e il clima; il pagamento per i giovani agricoltori. Sono questi aiuti obbligatori ai quali lo Stato membro, volendo, può affiancare aiuti facoltativi destinati alle zone con vincoli naturali, il pagamento ridistributivo sui primi ettari e gli aiuti accoppiati. è inoltre previsto un regime semplificato in favore dei piccoli agricoltori. Con la riforma potranno, pertanto, entrare nel regime nuove superfici e nuovi prodotti, tra cui, appunto, la castanicoltura da frutto. Dalle nostre simulazioni risulta che in generale, al 2019 le aziende castanicole della RICA registrano un aumento dei premi percepiti che più che triplicano a livello complessivo. Questo risultato è da attribuirsi alle aziende dei campioni Campania, Calabria e Lazio che non hanno percepito premi del I pilastro a titolo di pagamento unico (PU) nel 2012. Le aziende del Piemonte e della Toscana, che pur hanno percepito premi a titolo del PU, comunque vedono aumentare gli importi percepiti del 47% circa nel primo caso e del 22% circa nel secondo caso. Per quanto riguarda la programmazione per lo sviluppo rurale 2014-2020, l’approccio strategico e integrato guida anche il regolamento per lo sviluppo rurale. Innanzitutto, la struttura dei PSR non prevede più i quattro assi all’interno dei quali sono elencate in maniera rigida le misure ma sei priorità alle quali potranno essere abbinate, senza vincoli, le misure. Inoltre, si fa riferimento in diversi campi d’intervento, sugli approcci cooperativi e partenariali. Così è nell’art. 35

67 Le performances economiche delle aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, T. Castellotti, S. De Leo, P. Doria


del nuovo regolamento che focalizza l’attenzione su differenti forme di cooperazione quali quelle tra i diversi operatori del settore agroalimentare (filiere), poli o reti d’impresa e i partenariati europei per l’innovazione (PEI). D’altra parte, l’obiettivo strategico C “Promuovere un approccio integrato e partecipato, fornire coordinamento e comunicazione” del Piano nazionale del settore castanicolo è coerente con questo approccio. Il regolamento ha offerto la possibilità di inserire nei PSR sottoprogrammi tematici che potessero rispondere alle specifiche esigenze del settore castanicolo. Infatti, all’interno del regolamento sullo sviluppo rurale sono stati previsti dei sotto-programmi tematici che riguardano i giovani agricoltori, le piccole aziende agricole, le zone montane e le filiere corte. Tuttavia nessun PSR ha previsto interventi specifici per il settore.

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Conclusioni In sintesi, nelle aziende castanicole si riscontra una minor efficienza del fattore produttivo terra; in particolare, questa tipologia di aziende, se confrontata con quelle italiane specializzate in coltivazioni permanenti, presenta una minor produttività della terra. Le aziende castanicole ottengono comunque buone performance in termini di redditività aziendale. Infatti, la quota di produzione lorda vendibile che resta in azienda, una volta decurtate le spese, è all’incirca la metà in quanto si tratta di aziende che fanno scarso ricorso al consumo di fattori extra-aziendali, a spese di trasformazione, commercializzazione e all’utilizzo di servizi di terzi. Quando si passa, invece, ad analizzare la remunerazione dell’imprenditore, essendo il campione analizzato costituito da aziende a conduzione diretta con prevalenza di ma-

02 69 Le performances economiche delle aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, T. Castellotti, S. De Leo, P. Doria


nodopera familiare in cui quindi l’incidenza delle spese per il lavoro salariato è pressoché nulla, i risultati non sono altrettanto performanti. Infatti, la redditività del lavoro familiare delle aziende castanicole è inferiore a quella calcolata a livello aziendale sulle aziende specializzate in colture permanenti a causa di una minor produttività del lavoro dovuta appunto ad una minor produttività economica della terra. Pertanto, la politica pubblica per il rilancio del settore deve avere le seguenti caratteristiche: - strutturale, né assistenziale e/o straordinaria o emergenziale; - multifunzionale (cura e tutela del territorio ma anche valorizzazione delle attività economiche); - innovativa (studi e ricerche, tecnologie della comunicazione, qualità progettuale, trasferimento di conoscenze ed esperienze, ecc.); - concertata e condivisa (approccio dal basso e partecipato); - endogena (valorizzazione patrimonio locale e prodotti tipici); - reticolare (rapporto tra aree, soggetti, esperienze).

Ilaria Borri CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria

Patrizia Borsotto CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria

Tatiana Castellotti CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria

Simonetta De Leo CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria

Paola Doria CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria

70 Le performances economiche delle aziende castanicole italiane I. Borri, P. Borsotto, T. Castellotti, S. De Leo, P. Doria


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74 LA POTATURA Alberto Maltoni, Barbara Mariotti, Andrea Tani


LA POTATURA

pratica colturale indispensabile nei castagneti Alberto Maltoni, Barbara Mariotti, Andrea Tani

75 LA POTATURA Alberto Maltoni, Barbara Mariotti, Andrea Tani


“Il castagno è soprattutto prezioso perché i suoi ottimi prodotti possono acquistarsi anche dalle popolazioni rurali nonostante la poca loro agiatezza, e perché non esige attenzioni continue lasciando gran tempo libero per attendere ad altre cure agricole. L’abbondanza e l’utilità dei raccolti di quest’albero – di primaria importanza anche nei rispetti sociali – in confronto con le cure modeste che richiede, è posta in evidenza da un particolare rimasto celebre: il ministero francese, presieduto dal duca di Choiseul, dopo aver studiato circa i modi da porre in opera per pacificare gli abitanti della Corsica, propose di tagliare tutti i castagni, la cui produzione offriva a quegl’isolani un nutrimento assicurato senz’alcuna fatica, e di sostituirvi la coltivazione del grano, che li obbligherebbe a lavori continui per procurarsi una esistenza incerta, distraendoli così dalle trame sediziose, riguardate come effetto dell’ozio inquieto di un popolo povero, forte e sobrio.” Così elogiava la generosità del castagno Lodovico Piccioli nella sua “Monografia del castagno” del 1922. Il castagno rappresenta in effetti un patrimonio di grande valore che abbiamo ereditato dal passato. Il suo valore è determinato dai molteplici servizi che è in grado di fornire: produzione di alimento, produzione di legno, protezione idrogeologica e regolazione idrica, fissazione e stoccaggio del carbonio, biodiversità, paesaggio, saperi tradizionali e identità culturale. L’ampia diffusione del castagno e le sue elevate capacità vegetative e di fruttificazione fanno sì che tutti questi servizi vengano forniti in quantità rilevanti per il contesto nazionale, tanto da non poter essere sottovalutate o, nel peggiore dei casi, dimenticate. Questo patrimonio si è formato nei millenni a partire dall’opera di diffusione dei Romani. Nel Medioevo e, successivamente, fino al secondo conflitto mondiale, il castagno ha rappresentato la principale fonte di sostentamento per le popolazioni di montagna.

Si trattava di un sistema con un bilancio estremamente positivo per l’uomo e per certi versi perfetto, tanto che non necessitava di cure colturali: nel castagneto veniva generalmente praticato il pascolo col quale si teneva pulito il sottobosco e si contribuiva, con le deiezioni animali, a mantenere una buona fertilità (in alternativa potevano essere ospitate alcune piccole coltivazioni); l’assenza di gravi patologie permetteva al castagno di esprimere tutte le sue potenzialità produttive; l’unico dispendio di energie da parte dell’uomo era rappresentato dalla raccolta di un prodotto di grande valore perché indispensabile per la sopravvivenza. Così fin dall’antichità era ben noto, perché di fondamentale importanza, come piantare e innestare il castagno. Nel Medioevo venne incentivata la piantagione (e Matilde di Canossa rese razionali i sesti di impianto premurandosi di fornire in abbondanza, al castagno, l’unica cosa di cui necessitava in quelle condizioni: la luce!) e allo stesso tempo vennero emanati provvedimenti miranti a proteggere i castagneti, limitando il pascolo nei periodi in cui il frutto cadeva a terra, proibendo il taglio delle piante innestate e altre azioni ritenute dannose (abbruciamenti, carbonaie, ecc.). Le potature venivano praticate con l’unica finalità di ricavare un po’ di legna da ardere per uso domestico. Ciò diventa particolarmente frequente in regime di mezzadria: il mezzadro ne poteva disporre per intero dato che il proprietario concedente esercitava diritti solo sui frutti. Venivano tagliati i rami morti o fortemente indeboliti (cosiddetta potatura di rimonda); potevano essere praticate anche potature più intense purché non compromettessero la produttività della pianta. L’evoluzione storica della castanicoltura non ha quindi portato alla formazione di un bagaglio tecnico di conoscenze relative alle potature per migliorare la produttività della pianta. Nel secolo scorso la situazione è andata mo-

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Pianta ben conformata

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dificandosi, con un progressivo peggioramento delle condizioni della maggior parte dei castagneti. I fattori che hanno portato ad un progressivo deterioramento della situazione sono di varia natura. Sono comparsi, e successivamente diffusi, problemi di tipo fitopatologico quali, in ordine cronologico, il mal dell’inchiostro, il cancro corticale e, recentemente, il cinipide galligeno. Nel secondo dopoguerra, si è assistito ad un radicale mutamento del quadro sociale; lo sviluppo nei settori industriale ed agricolo ha portato all’allontanamento dal territorio montano di una parte consistente della popolazione e il boom economico ha radicalmente mutato le esigenze alimentari. La superficie occupata dai castagneti da frutto si è contratta notevolmente; parallelamente è aumentata la percentuale di quelli abbandonati, sia per lo spopolamento della montagna sia per gli effetti delle patologie che ne hanno compromesso la produttività. Ad un’ulteriore riduzione della capacità di dare frutto ha poi contribuito il progressivo invecchiamento delle piante, il peggioramento delle condizioni ambientali legato ai mutamenti climatici e l’impoverimento del terreno (là dove è venuto a mancare il contributo degli animali al pascolo e non

sono state effettuate concimazioni). Allo stesso tempo, la castagna ha perso molto del suo valore: da alimento base è divenuto un frutto a consumo stagionale, con una conseguente domanda del mercato indirizzata su aspetti qualitativi, più che quantitativi. Negli ultimi 40 anni, grazie all’attenuarsi dei danni da cancro corticale, è stata intrapresa un’opera di recupero e di rivitalizzazione della castanicoltura. Gli sforzi maggiori sono stati condotti nel mantenimento dei castagneti coltivati preesistenti e nel recupero dei castagneti abbandonati. Le soluzioni tecniche proposte però sono state spesso applicate saltuariamente, solo quando era possibile usufruire di finanziamenti pubblici. I castagneti hanno comunque continuato a produrre e i castanicoltori si sono “accontentati” di ciò che ricavavano considerandolo un reddito integrativo a quello principale derivante da altre attività. Purtroppo, a differenza di quanto avvenuto per altre specie, per il castagno è mancata l’innovazione di una frutticoltura basata su modelli colturali specializzati e intensivi. Oggigiorno la castanicoltura italiana deve fare i conti con la globalizzazione dei mercati e le potenzialità produttive devono tradursi in capacità di generare reddito a costi

79 LA POTATURA Alberto Maltoni, Barbara Mariotti, Andrea Tani


- correggere e riparare danni da patogeni o da eventi meteorici; - controllare la crescita in una determinata direzione; - ripristinare e mantenere un buono stato vegetativo in piante senescenti. La potatura va condotta in funzione dell’obiettivo da raggiungere, considerando il portamento naturale della specie (e delle cultivar, nel caso del castagno), valutando lo stato vegetativo e quello fitosanitario della pianta, e scegliendo le tecniche da adottare sapendo che ognuna determina una differente reazione. Un corretto approccio alla pratica della potatura presuppone quindi che l’operatore si ponga alcune domande: - quale è l’effetto che si vuole ottenere? - quale sarebbe il portamento naturale della pianta? - quale è la conformazione della chioma più efficiente per le finalità prefissate? - quali sono i rami da eliminare o da accorciare? - in quale punto va effettuato il taglio? - in quale periodo dell’anno va effettuata la potatura? Per procedere correttamente alle operazioni di taglio sono necessarie, da parte del potatore, conoscenze anche nel campo della fisiologia vegetale, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi di difesa in caso di ferita (cicatrizzazione e compartimentazione) e la capacità vegetativa (età fisiologica). La cicatrizzazione è tanto più veloce quanto più la superficie del taglio è limitata e se i suoi bordi si presentano lisci e ben refilati (in modo che si abbia una buona produzione di tessuti cicatriziali). Gli attrezzi da taglio più idonei risultano le forbici a doppia lama e i segacci con doppia dentatura. Quando, per tagliare rami di grandi dimensioni, è necessario fare ricorso alla motosega bisogna limitare al massimo sfilacciature e distacchi della corteccia.

concorrenziali. Questo comporta la razionalizzazione e l’innovazione dei processi lungo tutta la filiera, dalle cure colturali nel castagneto per aumentarne la produttività, alla meccanizzazione della raccolta per diminuire i costi, alla trasformazione e commercializzazione per aumentare il valore del prodotto. In questo quadro di insieme va considerata anche la potatura. La potatura è un’operazione di tecnica colturale consistente in una serie di tagli con cui si modifica la struttura della chioma di una pianta. In condizioni naturali, e se si trova in buono stato vegetativo, una pianta non necessita di potature; è infatti in grado di svolgere tutte le sue funzioni vitali al meglio e ogni taglio di un ramo o di una porzione di esso potrebbe favorire l’ingresso di patogeni e avere conseguenze negative in termini di perdita di sostanze di riserva. Quando invece è l’uomo a richiedere un servizio alla pianta o quando questa si trova in precarie condizioni di salute (per senescenza o per attacchi di patogeni) la potatura diviene una pratica colturale fondamentale. Questo è quanto si verifica nella castanicoltura da frutto odierna in cui ai castagneti, per la maggior parte secolari e minacciati da diverse patologie, si richiede di aumentare la produttività fino a farla diventare redditizia. La potatura deve obbligatoriamente essere considerata uno dei principali fattori della produzione; è infatti dimostrato che nel castagno la capacità di produrre frutti cresce all’aumentare del numero di rami dell’anno di adeguato vigore che si trovano in buone condizioni di illuminazione. Gli interventi necessari nei nostri castagneti sono volti a: - diradare una chioma troppo densa; - incentivare e rendere più regolari negli anni la fioritura e di conseguenza la fruttificazione;

80 LA POTATURA Alberto Maltoni, Barbara Mariotti, Andrea Tani


Spuntatura

Speronatura

Diradamento

L’accorciamento dei rami è ottenuto grazie a tagli di spuntatura, di speronatura e di ritorno; la completa asportazione di uno o più rami avviene grazie alle tecniche elementari rappresentate da diradamento e capitozzatura. Di seguito vengono illustrate sinteticamente le diverse tecniche di taglio partendo da quelle più “leggere”. Spuntatura La spuntatura, o taglio lungo, si pratica sul ramo dell’anno (rametto di 1 anno di età) asportandone poche gemme

Ritorno

apicali e quindi una quantità molto ridotta di legno: alla ripresa vegetativa l’energia vegetativa verrà distribuita sui numerosi getti che si originano dalle gemme rilasciate, in particolare nella porzione basale del rametto. Su piante vigorose, questa operazione ha l’effetto di riequilibrare la chioma; al contrario piante vecchie e poco vigorose rispondono male a questo tipo di taglio dato che dovranno disperdere la scarsa energia su un numero troppo elevato di nuovi getti. Taglio di diradamento eseguito correttamente rispettando il colletto del ramo asportato

81 LA POTATURA Alberto Maltoni, Barbara Mariotti, Andrea Tani


Cicatrizzazione su tutta la circonferenza del taglio a seguito di intervento eseguito correttamente

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Cicatrizzazione effettuando il taglio subito sopra al colletto avendo cura di non danneggiarlo. Nel caso di un taglio troppo rasente al fusto, come spesso si consigliava in passato, si va ad asportare totalmente il colletto impedendo e/o complicando la cicatrizzazione della ferita; in caso di danneggiamento parziale i tempi di cicatrizzazione si allungano dato che la ferita può rimarginarsi solo a partire dalle porzioni di colletto non danneggiate. Anche tagliando abbondantemente sopra la zona del colletto, e lasciando quindi un moncone del ramo che si vuole eliminare, la cicatrizzazione avverrà lentamente; inoltre in alcuni casi sul moncone si potrà avere l’emissione, indesiderata, di nuovi getti. Una rapida cicatrizzazione è sicuramente un obiettivo da perseguire nelle operazioni di potatura volendo ridurre il più possibile il periodo nel quale vari patogeni, fra cui i funghi responsabili della carie del legno, trovano aperta una facile via di ingresso nella pianta.

Le piante reagiscono ai tagli cercando di cicatrizzare la ferita coprendola con la formazione di nuovo legno e corteccia e non sono in grado, come succede per l’uomo e gli animali, di risarcire con nuovi tessuti quelli danneggiati. Le modalità di reazione devono sempre essere tenute ben presenti. Alla base di ogni ramo è possibile, in molte specie e fra queste il castagno, notare un evidente cercine ingrossato, denominato “colletto”, che evidenzia la presenza nello stesso punto dei tessuti responsabili dell’accrescimento in diametro (cambi) sia del fusto, sia del ramo che da esso si origina. Anche sui rametti che si inseriscono sulle branche della chioma è possibile osservare la stessa struttura. Il colletto, con la sua ricchezza di cellule capaci di dividersi per produrre nuovi tessuti, è in grado di dar luogo ad un’abbondante formazione di tessuti di cicatrizzazione. Una più rapida cicatrizzazione la si ottiene

Cicatrizzazione completata

83 LA POTATURA Alberto Maltoni, Barbara Mariotti, Andrea Tani


Taglio eseguito danneggiando il colletto del ramo e provocando danni su altre parti della pianta

Speronatura Consiste nel taglio di rac-

dimensioni e vigore vegetativo che vengono ritenuti sufficienti ad andare a costituire la nuova cima della branca su cui si interviene. Un valore di riferimento si trova sui testi di arboricoltura: il diametro alla base del ramo secondario che si rilascia deve essere superiore a 1/3 del diametro del taglio. Nel caso del castagno ci si trova di fronte ad una specie che ha una grande reattività ai tagli e che tende ad emettere getti, numerosi e vigorosi, a partire da gemme dormienti (con funzioni di riserva, non visibili perché poste sotto la corteccia) o avventizie (di neoformazione a partire dal callo cicatriziale). Pertanto questo valore soglia può risultare troppo basso: diventa importante l’esperienza dell’operatore che deve dare un giudizio sulla reale possibi-

corciamento eseguito sulla parte basale (taglio corto) di un ramo dell’anno: si asporta gran parte delle gemme e se ne stimola lo sviluppo di poche. La riduzione del numero delle gemme da alimentare consente alla linfa di affluire con molta intensità ai nuovi getti. Piante vigorose reagiscono con la produzione di nuovi getti che possono entrare in competizione fra loro per mancanza di una cima dominante. Su piante senescenti il taglio corto porta ad un rinvigorimento della vegetazione. Taglio di ritorno Consiste nell’accorciare un ramo principale praticando un taglio immediatamente al di sopra di un ramo secondario. Il ramo secondario deve avere

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di vista sanitario quando il maggior arieggiamento diminuisce l’umidità che se eccessiva può favorire l’insorgenza di attacchi parassitari. Capitozzatura Si tratta di un tipo di potatura con la quale si asporta quasi completamente la chioma; l’albero perde irrimediabilmente il portamento naturale tipico della specie. Subito dopo una capitozzatura si ha una drastica riduzione dei processi di fotosintesi, con un peggioramento generale dello stato vegetativo della pianta che può risultare letale in soggetti particolarmente deboli. Se la pianta è in grado di superare questa fase, reagisce attivando le gemme dormienti sotto corticali che si trovano nella zona vicina al taglio. Si originano così un gran numero di getti vigorosi che entrano presto in competizione fra di loro. Per riorganizzare la nuova chioma si rende necessaria una serie di ulteriori interventi di potatura. I nuovi rami originatisi da gemme dormienti sono fisiologicamente giovani e per vari anni, dopo l’intervento, non fruttificheranno; quelli che si originano sulla superficie di taglio derivando da gemme di neoformazione (avventizie) non sono saldamente ancorati al fusto e risulteranno, pertanto, facilmente soggetti a scosciature. A livello dell’apparato radicale, nella prima fase si ha la morte delle parti preesistenti che rifornivano la vecchia chioma con il conseguente instaurarsi di condizioni favorevoli ad attacchi di marciume radicale; successivamente, in risposta all’emissione dei nuovi getti, si avrà la formazione delle nuove radici che li riforniranno di acqua ed elementi nutritivi. In virtù di questa reazione, la capitozzatura è stata in passato consigliata sulle piante attaccate dal mal dell’inchiostro (grave patologia fungina che colpisce le radici del castagno uccidendo la pianta): le nuove radici si sviluppano così velocemente che spesso riescono a mantenersi sane.

lità che il ramo lasciato sia in grado di andare a costituire una nuova cima funzionale. Se il taglio di ritorno è correttamente eseguito, il flusso di linfa (energia) che prima nutriva la vecchia cima viene convogliato su quella nuova e da questa interamente assorbito. Si tratta quindi di una tecnica di potatura che rende minimi gli stress alla pianta: la superficie fotosintetizzante (le foglie) diminuisce di poco; non si hanno richiamo ed accumulo di linfa nelle vicinanze del taglio. Quando su una pianta si adotta solo questa tecnica, si parla di potatura “a tutta cima” che permette di mantenere una chioma articolata secondo il naturale portamento della specie. Eseguendo un taglio di ritorno non si può fare affidamento sulla barriera protettiva più efficace, ma si deve comunque evitare di danneggiare il colletto del ramo rilasciato in modo da rendere minimo il volume di legno attaccabile dai patogeni. Se il taglio viene fatto in maniera erronea lasciando un ramo poco vigoroso o troppo piccolo si ha il cosiddetto “taglio a coda di cane”. Il ramo rilasciato non riesce a sostituire la vecchia cima e assume, invece, la funzione di tirasucchio portando linfa in abbondanza nella zona del taglio; la pianta sfrutta le sostanze nutritive disponibili in quel punto emettendo numerosi getti che rendono caotico lo sviluppo architetturale in quel settore di chioma. Diradamento Con un taglio di diradamento si asporta un intero ramo; può trattarsi di una branca o di un ramo secondario che vengono recisi, rispettivamente, nel punto di inserzione sul fusto o sul ramo principale. Ne risulta una chioma meno compatta e quindi più illuminata in tutte le sue parti. Mentre il raccorciamento dei rami (spuntatura e speronatura) favorisce l’attività vegetativa, l’asportazione totale di alcuni di essi favorisce la fruttificazione e un migliore equilibrio chioma-radici. Si possono ottenere anche effetti benefici da un punto

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Compartimentazione In caso di attacchi di patogeni o di avversità di altro tipo, le piante non sono in grado di riparare le parti danneggiate. La strategia di difesa messa in atto in questi casi si basa sulla neoformazione di organi vegetativi che vanno a sostituire quelli danneggiati e sull’isolamento delle parti deteriorate. La teoria della compartimentazione, formulata da Alex Shigo, paragona il modello di sviluppo della pianta alla struttura di una nave nella quale, al momento della progettazione, vengono previsti dei compartimenti stagni che possono essere efficacemente isolati dal resto della struttura confinando, al loro interno, l’effetto di possibili danni. Gli studi di base hanno messo in luce la presenza nelle specie legnose di barriere precostituite organizzate in modo da isolare parti danneggiate. In realtà tali barriere non sempre risultano impenetrabili: la loro efficacia varia in funzione della specie considerata e del patogeno (o danno) da arginare. Una delle barriere più efficaci viene costituita dalla pianta in corrispondenza del colletto che contorna ogni ramo e che lo accompagna nel suo sviluppo. Ciò è facilmente osservabile sulle tavole di legno che presentano nodi marci (o passanti) che a seguito della stagionatura spesso si staccano lasciando un vero e proprio buco dai contorni regolari. Il nodo passante è la testimonianza di un moncone di ramo che è andato incontro a processi degenerativi ad opera di funghi della carie che comunque non sono riusciti a colonizzare il legno vicino che si presenta

perfettamente sano. Per questo motivo se, eliminando un ramo, si fa un taglio troppo rasente il fusto (che danneggia quindi il colletto) si commettono 2 errori: si ottiene una cicatrizzazione parziale, pertanto lenta, e inoltre si provoca la rottura di una barriera protettiva. Oltre a questa strategia “preventiva”, qualora si verifichino danni, la pianta è in grado di adottare una strategia “curativa” depositando, a contatto della zona colpita, composti chimici ad attività antifungina e antibatterica per costituire un’ulteriore barriera allo scopo di mantenere sano il nuovo legno prodotto. Alla luce di quest’ultimo meccanismo dobbiamo considerare errata una pratica abbastanza frequente, in passato, nei castagneti da frutto. Negli esemplari più maestosi il fusto si presenta spesso cavo con la parte centrale del fusto degradata dalla carie del legno. In questi casi il castanicoltore reputava utile eliminare, con un’operazione che in olivicoltura prende il nome di slupatura, il legno cariato asportandolo fino ad arrivare al legno che si mostrava sano con la convinzione che così facendo avrebbe rallentato il fenomeno; purtroppo invece l’effetto ottenuto è esattamente l’opposto dato che si va ad eliminare la barriera messa in atto dalla pianta e contemporaneamente si provvede a trasferire il fungo nel legno sano con gli attrezzi che prima erano venuti a contatto col legno in cui era presente il patogeno.

Grossi polloni alla base di una pianta innestata: la loro eliminazione deve precedere l’intervento di potatura

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I processi di cicatrizzazione della ferita da capitozzatura sono lentissimi e mai completi; si aprono così in maniera permanente vie d’ingresso per i funghi responsabili della carie del legno che pregiudicheranno, a lungo andare, la stabilità meccanica dell’intera pianta o di parte di essa. Unico effetto positivo della capitozzatura può essere considerato il ringiovanimento sulla chioma. La capitozzatura può trovare giustificazione solo nel caso di piante gravemente compromesse che mostrano vigore vegetativo molto scarso o che hanno sopportato gravi traumi (sia a livello della chioma che dell’apparato radicale); si tratta di piante che andrebbero abbattute, ma che si tenta di mantenere in vita per non rinunciare al loro valore estetico (imponenza del fusto), storico, o per altre motivazioni simili. Il castagno ha una ricca dotazione di gemme dormienti che possono attivarsi in risposta a traumi molto forti, e la capitozzatura certamente lo è. Spesso però si è abusato di

questa tecnica adottandola non tanto perché la più appropriata al caso, ma per poter ottenere un reddito supplementare con la vendita del legno da tannino e/o in virtù di una sua presunta minor onerosità e maggior semplicità (non è necessario far ricorso a maestranze particolarmente specializzate). Bisogna però tenere presente che il lavoro nel suo complesso viene aggravato dal tempo necessario a gestire la grande quantità di materiale di risulta che rimane a terra dopo l’intervento. Il taglio, comunque, non è di facile esecuzione su tronchi di diametro notevole e pone notevoli problemi di sicurezza. All’atto pratico, è paragonabile all’abbattimento di una pianta che però presenta l’inconveniente di costringere l’operatore a lavorare in quota, senza poter contare sul saldo appoggio dei piedi a terra. Tutte le potature, ad esclusione delle capitozzature, si possono effettuare sia quando la pianta si trova nella fase di riposo vegetativo (potatura secca o invernale), sia quan-

Sviluppo dei getti prodotti a seguito di capitozzatura

Emissione di numerosissimi getti da gemme dormienti nella stagione vegetativa successiva ad una capitozzatura

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Portamento “innaturale” determinato da un intervento di capitozzatura

Tagli di capitozzatura su grosse branche per ringiovanire la chioma mantenendo in parte lo sviluppo architetturale della pianta

do è in attività vegetativa (potatura verde). A seconda dell’epoca in cui viene effettuato l’intervento la risposta della pianta sarà differente in termini di accrescimento complessivo, sviluppo vegetativo, capacità di cicatrizzare la ferita e sensibilità a particolari patogeni. Il periodo più adatto per eseguire la potatura secca è quello di massimo riposo vegetativo dell’albero, orientativamente compreso fra dicembre e marzo evitando le giornate più fredde nelle quali i rami, resi fragili dal gelo, si spezzano facilmente. Il fatto che nei castagneti la potatura venga abitualmente effettuata in inverno è legato alla disponibilità di manodopera, libera da altre incombenze, in un periodo sicuramente adatto a questa pratica: questo non significa che quello di riposo sia l’unico periodo

idoneo e che non si possa intervenire anche durante la stagione vegetativa. Per quanto riguarda la potatura verde, è importante conoscere quando evitare di effettuare tagli sulle piante. Si tratta dei periodi nei quali all’interno della pianta si hanno trasferimenti delle sostanze di riserva: in primavera, quando la pianta si prepara a schiudere le gemme e trasloca i suoi “risparmi”, immagazzinati nei tessuti legnosi di fusto e rami, verso le gemme che devono entrare in attività, e in autunno quando, prima di entrare in riposo vegetativo, molte delle sostanze presenti nelle foglie vengono accantonate per l’anno successivo traslocandole nei rami. Rispetto a quella invernale, la potatura verde risulta utile soprattutto nella fase di allevamento delle piante in quanto consente di

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modellarne la conformazione con interventi di modesta entità e facili da eseguire. La risposta vegetativa risulta ridotta e quindi può anche essere adottata su soggetti molto vigorosi allo scopo di contenere una eccessiva espansione della chioma. In contrapposizione ai vantaggi della potatura verde sopra elencati, bisogna ricordare che il lavoro viene ostacolato dalla presenza delle foglie e che aumenta la possibilità di arrecare danni alle parti di chioma che si vogliono rilasciare e favorire; questo fa sì che alcuni castanicoltori e potatori siano tendenzialmente restii ad intervenire quando il castagno è in vegetazione. La potatura verde viene già tradizionalmente adottata nella castanicoltura calabrese con lo scopo principale di diradare i frutti e aumentarne quindi la pezzatura al momento della raccolta; altri vantaggi di questo modo di operare sono rappresentati dal fatto di concentrare in un solo momento più operazioni colturali (effettuando contemporaneamente anche la ripulitura del castagneto pre-raccolta), dalla possibilità di ottenere frasca per alimentazione ovina e dalla possibilità di meglio valutare la situazione fitosanitaria della pianta e comportarsi di conseguenza. Nel caso del castagno bisogna prestare particolare attenzione agli aspetti fitopatologici: ogni taglio può rappresentare una via di ingresso per Cryphonectria parasitica, fungo responsabile del corticale, ed è fondamentale che il potatore sappia riconoscere le infezioni virulente (in grado di portare a morte la parte sopra l’infezione) da quelle ipovirulente (che invece la pianta è in grado di superare senza danni). È comunque sempre utile eseguire i tagli in modo da favorire una rapida cicatrizzazione.

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Le cure colturali per contrastare il cinipide Negli ultimi anni la diffusione del cinipide galligeno Dryocosmus kuriphilus, con il suo impatto negativo sulla produzione di marroni e castagne, ha costretto tutti gli addetti del settore ad una ingente mole di lavoro alla ricerca di soluzioni. Oltre alla lotta biologica, condotta con l’introduzione dell’antagonista Torymus sinensis, sono state condotte ricerche sul grado di suscettibilità delle diverse cultivar, sull’efficacia degli antagonisti autoctoni (che contengono efficacemente le popolazioni dei cinipidi delle querce) e delle pratiche colturali. Nel momento in cui si sono individuate le prime “zone focolaio”, la potatura è stata vista come una pratica utilizzabile nel tentativo di eradicare il cinipide con la tecnica del taglia (capitozza) e brucia, senza però raggiungere l’obiettivo prefissato. Una volta che il cinipide è risultato insediato su tutto il territorio,

le pratiche colturali sono state riconsiderate con un diverso approccio; questa volta non più come uno strumento in grado di incidere direttamente sull’insetto, ma come un mezzo per migliorare le condizioni vegetative del castagno (pianta ospite) fino a fargli tollerare i danni provocati dalle galle su foglie e getti. I nostri studi hanno messo in luce una stretta relazione fra vigore della pianta e danni arrecati dal cinipide: a parità di livello di infestazione, sulle piante vigorose la percentuale di getti che non riescono a svilupparsi è significativamente inferiore rispetto a quella che si registra su piante non vigorose. Sulle piante vigorose le galle che inibiscono completamente lo sviluppo di getti e foglie sono Danno grave da cinipide: galle che inibiscono lo sviluppo di un getto apicale

Danno trascurabile da cinipide: galle su stipole in un getto vigoroso

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meno frequenti e per lo più concentrate nella parte mediana e basale del ramo di un anno andando così a limitare l’attività di gemme che comunque il castagno, con le sue modalità di sviluppo architetturale, metterebbe in funzione in maniera molto ridotta. Le gemme apicali - di fondamentale importanza per lo sviluppo della pianta perché responsabili della produzione dei getti più lunghi e quindi del maggior numero di foglie - spesso si presentano sane o comunque, anche se colpite dal cinipide, riescono a sviluppare getti di lunghezza normale in cui le galle vengono confinate su singole foglie o sulle stipole di queste. Nelle piante deboli, al contrario, le gemme apicali si presentano più frequentemente attaccate dall’insetto e le galle che si formano sono, spesso,

del tipo più dannoso. Si ha così un danno con effetto a cascata, dato che vengono abortiti i getti che avrebbero prodotto numerose foglie e le cui gemme apicali avrebbero originato i getti per gli anni futuri: sulle piante deboli si assiste ad un progressivo e veloce impoverimento della chioma che porta a situazioni di gravi stress, che a loro volta aumentano la suscettibilità ad altri patogeni. Lo stretto legame fra vigore della pianta e conseguenze dell’attacco di cinipide fa sì che operazioni come la potatura, la concimazione e, dove possibile, l’irrigazione risultino efficaci nel ridurre gli impatti negativi del cinipide. Nelle nostre esperienze, gli effetti della potatura, sia verde, sia invernale, hanno portato ad una riduzione dei danni pari a circa il 10%.

Pianta vigorosa: la chioma è in buono stato vegetativo nonostante un livello di infestazione di cinipide superiore all’80%

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(utilizzabili nei castagneti più “comodi” per la raccolta meccanizzata); a questa altezza inoltre ci si pone al riparo dai danni da brucatura della fauna selvatica. Intervenendo sui rami di 1 anno si procurano piccole ferite di rapida e completa cicatrizzazione; in questo caso il castagno, con il suo modello di sviluppo architetturale, ci consente di operare in maniera standardizzata. Si procede con l’eliminazione del getto apicale (centrale), che prolungherebbe l’asse principale della branca, e si favorisce lo sviluppo dei 2-3 rami vigorosi inseriti alla sua base con un conseguente aumento dell’articolazione della chioma. Il lavoro può essere eseguito, da terra, utilizzando svettatoi e segacci montati su aste telescopiche. Una volta formata la pianta, ci si preoccuperà di eseguire unicamente potature di produzione mirando ad avere sempre un buon numero di rami dell’anno di adeguato vigore e in piena luce. Gli interventi saranno sempre leggeri ed il ricorso alla motosega per le operazioni di taglio si dovrebbe rendere necessaria solo nel malaugurato caso di attacchi di cancro corticale. Per rendere meno costosa la successiva gestione della pianta sarebbe importante limitarne lo sviluppo in altezza, ma questo non sempre è realizzabile. Nelle situazioni in cui l’innesto sia circondato dalle piante del vecchio castagneto si può raggiungere una buona produttività solo quando la chioma trova un sufficiente livello di illuminazione; questo avviene quando la chioma dell’innesto entra a far parte del piano delle chiome delle piante preesistenti. Nei casi in cui si sia proceduto alla ricostituzione di un intero castagneto (per conversione, tramite innesto, di un ceduo) questa limitazione non sussiste e si deve mirare ad ottenere piante di statura piuttosto ridotta; a maturità il castagneto sarà meno maestoso, rispetto a quelli a cui ci troviamo di fronte oggigiorno, ma sicuramente più remunerativo.

Le ferite possono essere protette coprendole con appositi mastici. L’operazione comporta un aggravio in termini di quantità di lavoro e quindi di costi e va presa in considerazione nei casi in cui si ritenga realmente necessaria. Gli attacchi di Cryphonectria parasitica sono molto rari su branche fisiologicamente mature (riconoscibili perché rivestite da corteccia fessurata) ed invece frequenti su rami giovani (con corteccia liscia). Se l’applicazione del mastice è valutata come indispensabile, questa operazione deve seguire immediatamente il taglio; in caso contrario le spore del fungo possono aver modo di arrivare sulla ferita e, una volta coperte con il mastice, svilupparsi in un microambiente protetto con condizioni ideali di crescita. Per le potature di formazione va ricordato che, durante la stagione vegetativa, i getti di consistenza erbacea non sono suscettibili al cancro corticale e si può quindi operare su essi, con spuntature, evitando rischi di infezione. Potature su giovani innesti in castagneti tradizionali Quando in un castagneto tradizionale si vengono a creare delle lacune, si può provvedere a normalizzare la densità delle piante realizzando nuovi innesti con varietà di pregio. Nei primi anni, quando si assiste unicamente allo sviluppo vegetativo della pianta, bisogna intervenire con potature di allevamento. Una buona soluzione può essere quella di impostare la chioma su poche branche principali (3-5), favorendone lo sviluppo laterale verso una forma a vaso. In ambienti in cui neve pesante e galaverna siano ricorrenti è da preferirsi una forma più piramidale della chioma. Il primo obiettivo da raggiungere è rappresentato dall’altezza di impalcatura che può posizionarsi a 2-2,5  m dal suolo in modo che in futuro non vi siano ostacoli al transito sotto le chiome, sia a piedi, sia con mezzi meccanici

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Giovane innesto con chioma ben impalcata grazie a potature di formazione

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Potature in castagneti in esercizio Nel castagneto da frutto coltivato le piante hanno già una conformazione idonea a massimizzare la produzione di frutti; sono pertanto necessari interventi riferibili alla potatura di rimonda e alla potatura di produzione. Con la potatura di rimonda si mira a migliorare lo stato fitosanitario della pianta eliminando, con varie tecniche di taglio, le parti secche o senescenti della chioma. Se ci si limitasse solo a questo non si andrebbe a incidere in maniera sensibile sulla funzionalità della pianta. È quindi necessario procedere contemporaneamente con una serie

di tagli di ritorno che portano ad un rinvigorimento dei rami rilasciati e ne aumentano l’illuminazione: sono così soddisfatte le condizioni necessarie per una buona produzione di frutti. Col taglio vengono recisi generalmente rami di diametro ridotto e quindi ci si può limitare ad utilizzare il segaccio. La potatura va ripetuta ogni 2-3 anni, più frequentemente di quanto non si facesse in passato (3-7 anni). I costi dell’operazione sono sicuramente un fattore che limita l’applicazione di questa pratica; in questo senso è utile rilevare che la gestione di piante già formate richiede molto meno tempo rispet-

Infezione di cancro corticale ipovirulento in corrispondenza di un taglio eseguito in maniera non corretta

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Età fisiologica Le gemme dormienti e quelle avventizie, di neoformazione, danno origine a getti con età fisiologica molto giovanile dato che non sono mai state in attività in precedenza. Ciò è facilmente osservabile sui polloni che, pur originandosi dalla ceppaia di una pianta matura già in grado di fruttificare, nei primi anni di vita sono caratterizzati da un forte sviluppo vegetativo e dall’incapacità di produrre gemme a fiore. In una stessa pianta si trovano, quindi, contemporaneamente, parti a diverso comportamento per la loro differente età fisiologica e solo tenendo conto di ciò è possibile ottenere i risultati desiderati quando si effettua una potatura.

Quando si parla di età di una pianta non è sufficiente considerare unicamente l’età cronologica data dal tempo trascorso dal momento della germinazione del seme che l’ha originata; se intendiamo associare al concetto di età informazioni relative ad aspetti funzionali dobbiamo prenderne in considerazione l’età fisiologica. Considerando nel suo insieme la singola pianta, nello stadio fisiologico giovanile prevale l’attività vegetativa finalizzata ad occupare lo spazio alla ricerca di luce, con l’accrescimento verso l’alto e l’espansione laterale; successivamente si passa allo stadio di maturità in cui prevale la funzione riproduttiva, con un grosso investimento di energie nella fruttificazione, a scapito dell’accrescimento. Infine si manifesta lo stadio di senescenza con un rallentamento di tutte le attività, sia quella vegetativa, sia quella riproduttiva. Considerando, ad un maggior livello di dettaglio, singole parti di una stessa pianta adulta si possono individuare rami e gemme di età fisiologica diversa. Nel caso si prendano in considerazione i rami, le differenze sono facilmente osservabili: si possono distinguere rami giovanili caratterizzati da accrescimento notevole e andamento tendenzialmente assurgente da rami maturi che presentano accrescimenti ridotti, andamento “più orizzontale” e capacità di fruttificare. L’età fisiologica delle gemme non può essere stimata sulla base di caratteri morfologici ma dipende invece dalla quantità di lavoro (divisioni cellulari) che le cellule meristematiche (da cui si originano i getti che si formano alla schiusura della gemma) in esse contenute hanno dovuto svolgere per raggiungere la posizione in cui si trovano. Nella pratica si può affermare che, generalmente, spostandosi dalle parti più periferiche della chioma verso la base del fusto troviamo gemme di età fisiologica sempre minore: per questo la fruttificazione si concentra di preferenza nelle parti più esterne della chioma.

Gemme dormienti attivate a seguito del taglio di un rametto

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Potature in castagneti abbandonati Nei castagneti abbandonati le piante presentano caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle tipiche dei castagneti coltivati. Lo sviluppo in altezza è superiore a causa della competizione esercitata da castagni selvatici o da esemplari di altre specie che hanno fatto il loro ingresso a seguito dell’interruzione delle ripuliture pre-raccolta. La chioma risulta ridotta a causa di diffusi disseccamenti per lo più determinati dal cancro corticale. Alla base del tronco si trovano numerosi polloni e salendo lungo il fusto sono spesso presenti, inseriti sia sopra sia sotto il punto d’innesto, rami giovanili, ad andamento assurgente e spesso di diametro notevole. I criteri di intervento da adottare in queste situazioni sono: - eliminare i ricacci del selvatico dalla ceppaia e sotto il punto d’innesto; - rispettare, per quanto possibile, l’architettura della pianta e il suo naturale sviluppo; - limitare lo sviluppo verticale dei giovani rami inseriti sopra il punto di innesto per “inserirli” nella struttura della chioma (potatura di formazione); - asportare tutte le parti secche e parzialmente disseccate (potatura di rimonda); - ridurre l’altezza (e, se necessario, l’espansione laterale) e stimolare l’emissione di nuovi getti sulle parti più basse della chioma (potatura di ringiovanimento); - migliorare l’illuminazione della chioma, diradandola, per incrementare la produzione di frutti (potatura di produzione). Per procedere al recupero produttivo delle piante devono essere soddisfatte alcune condizioni generali: nell’area considerata non si devono manifestare fattori ambientali limitanti lo sviluppo vegetativo e riproduttivo della specie; le varietà presenti devono essere richieste dal mercato; lo stato fitosanitario deve essere rassicurante (assenza di focolai del mal dell’inchiostro e diffusione di infezioni ipovirulente di cancro cortica-

to a quello che potrebbe essere preventivato con una stima veloce e approssimativa. Nel caso in cui si faccia riferimento ai prezziari regionali, va considerato che il costo viene stimato, principalmente, sulla base del diametro delle piante e per interventi di recupero, molto più complicati di quelli di mantenimento. In condizioni di coltivazione intensiva le piante che necessitano di potature di ringiovanimento e di riorganizzazione della chioma sono assenti o rappresentano casi sporadici.

Castagneto abbandonato

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che il fungo è in grado di vegetare e produrre spore anche a spese del legno morto. In castagneti dove le infezioni ipovirulente risultino poco numerose le scelte del potatore sono condizionate dalla necessità di conservarle e quindi i rami su cui queste sono presenti non devono essere asportati. Alcuni tagli sono poi utili allo scopo di riequilibrare la chioma in modo da ridurre eventuali forti asimmetrie che potrebbero compromettere, in futuro, la stabilità dell’intero albero. L’intensità della potatura, determinata dalla massa di legno asportato e dalla semplificazione della chioma dovuta al taglio di grosse branche, è il principale fattore che ne determina l’efficacia. Le potature di forte intensità risultano, sul momento, meno costose perché si risolvono in un minor numero di tagli e richiedono una minor professionalità da parte dell’operatore. L’effetto di ringiovanimento ottenuto sulla chioma è maggiore di quello ottenuto con potature più deboli; ciò determina però, per i primi anni, una riduzione sensibile della produzione di frutti e, in caso di emissione di numerosi nuovi getti, la necessità di intervenire nuovamente, in tempi brevi, per riorganizzare la chioma. Spesso potature sbrigative risultano di intensità eccessiva mentre dall’altra parte potatori che operano in tree climbing, sfruttando al massimo le potenzialità di questa tecnica, tendono ad effettuare potature tendenzialmente deboli; il migliore risultato è rappresentato da un buon compromesso tra il rinvigorimento della pianta e il mantenimento, nell’immediato, di una certa capacità produttiva. La capitozzatura porta sicuramente ad un ringiovanimento ma va presa in considerazione solo in casi di estrema compromissione di singole piante. Nel caso in cui, dopo un’oculata valutazione del soprassuolo in esame, risulti necessario il ricorso alla capitozzatura in maniera diffusa, è probabile che ci si trovi in una situazione nella quale è

le); l’intervento deve essere sostenibile per l’azienda. Il recupero produttivo del castagneto raramente si risolve in un unico intervento; ciò si realizza solo se le piante superstiti della vecchia selva si presentano in condizioni relativamente buone per quanto riguarda stato fitosanitario e articolazione della chioma. Solitamente risulta utile operare in 2 tempi. In prima battuta bisogna eliminare tutto ciò che esercita concorrenza sulle piante da recuperare (castagni selvatici e piante di altre specie presenti nel castagneto, polloni alla base del fusto e rami inseriti sotto il punto di innesto) e, successivamente, provvedere ad una concimazione. L’aumento di disponibilità di luce e di elementi nutritivi consentirà alle piante di mettere in mostra le potenzialità vegetative facilitando, e rendendo più efficace, l’intervento di potatura (da prevedersi 1 o 2 anni dopo). Nei castagneti da recuperare va privilegiata la potatura di ringiovanimento, abbassando la chioma e riducendone l’espansione laterale, eliminando così le parti più senescenti. La parte più alta della chioma è quella che, essendo per la pianta più difficile da rifornire di acqua, va incontro per prima a stati di sofferenza e perdita di vigore. La chioma va impostata sulle branche più basse (mature ma non senescenti) e sui nuovi getti (giovani): per questo motivo è errato operare eliminando per prime le branche più basse e più facili da raggiungere. In questo senso la tecnica del tree climbing si adatta perfettamente al tipo di lavoro da condurre. La riduzione dell’altezza della pianta rende, inoltre, più semplice il lavoro nei successivi interventi di potatura. Da un punto di vista fitosanitario è indispensabile eliminare le infezioni virulente di cancro corticale praticando tagli, su legno sano, alcuni centimetri sotto i punti attaccati. Il materiale di risulta va prontamente allontanato dal castagneto (o bruciato) dato

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Pianta con rami giovani inseriti sopra il punto di innesto scelti per andare a costituire parte della futura struttura della chioma produttiva

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improponibile un efficace recupero produttivo a partire dalle piante preesistenti. Non va poi dimenticato che la capitozzatura di intere selve ne riduce sensibilmente la qualità estetica che nei castagneti tradizionali va, invece, mantenuta e valorizzata. Il lavoro di potatura si conclude con la gestione a terra del materiale di risulta. Nel caso degli interventi di recupero dei castagneti abbandonati i quantitativi sono molto elevati. Le indicazioni che si forniscono nello specifico sono comunque valide anche in tutti gli altri casi. La pratica più frequentemente adottata prevede il concentramento del materiale in grossi cumuli e il successivo abbruciamento. Questa consuetudine è da sconsigliarsi in quanto dannosa nei confronti del castagno oltreché rischiosa, per la possibilità di originare incendi. L’abbruciamento danneggia il cotico erboso e i

primi centimetri di terreno peggiorando le condizioni idriche del terreno e con danni diretti sulle radici superficiali. Nella ramaglia fine sono contenute quantità rilevanti di elementi minerali che vengono persi dall’ecosistema dato che le ceneri vengono facilmente dilavate o allontanate dal vento; questo materiale, così come, per lo stesso motivo, quello derivante dalle operazioni di ripulitura e di raccolta, dovrebbe rimanere a decomporsi nel castagneto se non si vuole impoverire la fertilità del suolo. Il materiale di grossa pezzatura può trovare impiego come biomassa per riscaldamento. La gestione del materiale di risulta dagli interventi di potatura necessita di particolari accorgimenti in relazione alla lotta biologica al cinipide: se ritenuto utile va vietata la distruzione delle galle secche che potrebbero contenere le larve di insetti antagonisti.

Salita sulla pianta con tecniche di tree climbing

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Potatura verde: un’innovazione in castanicoltura I risultati scientifici delle osservazioni condotte sui diversi tipi di galle prodotte dal cinipide e sulla loro posizione sui getti dell’anno hanno trovato applicazione pratica grazie alla messa a punto di modelli di potatura che prevedono il ricorso a interventi durante la stagione vegetativa. I modelli sono stati testati sia su giovani piante (Appennino settentrionale, MS), sia su piante mature in 2 castagneti da frutto tradizionali (Monte Amiata, GR e SI). Gli interventi nei castagneti da frutto sono stati finanziati con la mis. 124 del PSR Regione Toscana per il trasferimento della potatura verde come innovazione nella gestione (progetto LI.DA.CI.PO.) e recupero (progetto RI.CA.PI.) di castagneti colpiti da cinipide. Sulle giovani piante sono state realizzate spuntature e speronature, su getti non ancora lignificati, allo scopo di indurre la pianta ad emettere rami anticipati (che in condizioni normali si sarebbero sviluppati l’anno successivo). Potando da maggio a luglio si sono ottenute percentuali di getti sani superiori all’80% pur operando in un castagneto dove il livello di infestazione era molto forte: sulle piante non potate le gemme sane sono risultate meno del 25%. La tecnica si è dimostrata quindi molto efficace e può essere vantaggiosamente utilizzata per le potature di formazione di giovani innesti: i migliori risultati si ottengono con spuntature realizzate 2 mesi dopo la ripresa vegetativa (indicativamente nella prima metà di giugno). Su piante adulte, con chioma di grandi dimensioni e più difficilmente raggiungibili, tale metodologia non risulta applicabile perché troppo laboriosa e quindi onerosa. Si possono invece realizzare potature verdi con tagli di ritorno sui rami (a differenza del

caso precedente in cui si operava su getti di consistenza erbacea). Sono state testate 2 epoche di intervento (giugno e luglio) e i risultati sono stati posti a confronto con quelli della potatura in riposo vegetativo e con un testimone non potato. Per quanto riguarda l’efficacia nella riduzione dei danni da cinipide è risultata una significativa differenza fra le piante non potate e quelle potate. In termini di miglioramento della situazione fitosanitaria la potatura verde e quella invernale, tradizionale, si sono equivalse ma l’intervento durante la stagione vegetativa porta con sé vantaggi di altro tipo. A seguito di potatura verde è aumentata la pezzatura dei frutti prodotti con un conseguente aumento di valore commerciale. Allo stesso tempo è diminuita l’emissione di rametti epicormici. Il castagno in risposta alle potature invernali, soprattutto se di entità forte, attiva lungo il fusto e le branche principali un gran numero di gemme dormienti allo scopo di bilanciare la perdita di chioma; ne risultano numerosi rami (di tipo epicormico) che per molti anni si manterranno improduttivi svolgendo unicamente una funzione vegetativa. Da un punto di vista dell’organizzazione dei lavori si ha quindi la possibilità di intervenire con la potatura del castagneto anche in altri mesi oltre a quelli invernali. Bisogna comunque sempre ricordare che la potatura verde, rispetto a quella invernale, necessita di particolari limitazioni nelle situazioni in cui sia in atto l’introduzione dell’insetto antagonista del cinipide; le limitazioni decadono qualora ne sia stato accertato l’effettivo insediamento.

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Tree climbing Alle consuete tecniche impiegate per salire sulla pianta si è affiancato negli ultimi anni il tree climbing. Si tratta di un insieme di tecniche, derivanti dalla speleologia e dall’alpinismo, che permettono al potatore la salita in quota, il movimento sulla chioma, e la successiva discesa, utilizzando imbracature e corde. La potatura procede dall’alto verso il basso, in maniera corretta. Le modalità operative rispondono alla normativa sulla sicurezza sul lavoro; questo fa sì che in molti castagneti, dove per assenza di viabilità oppure per le condizioni di pendenza e accidentalità del terreno non sia possibile fare ricorso a cestelli elevatori, questa risulti l’unica tecnica adottabile nel rispetto della regolamentazione vigente. I sistemi tradizionalmente usati nei castagneti presentano forti limitazioni da cui derivano spesso risultati non soddisfacenti. Se per la salita sulla pianta ci si avvale di ramponi forestali, si corre il rischio di provocare ferite con conseguenti attacchi di cancro corticale: il loro utilizzo risulta pertanto non dannoso solo se la corteccia è di spessore sufficiente ad evitare danni. Altro sistema che viene usato per salire in quota è grazie all’ausilio di scale. Comunque se il movimento all’interno della chioma avviene in arrampicata libera, senza alcuna sicurezza, diventa difficile operare sulle parti più periferiche della chioma; ne consegue un intervento di potatura in cui le reali esigenze della pianta vengono soddisfatte solo se le

doti acrobatiche del potatore lo consentono. Oltre a lavorare violando la normativa, si corre il rischio di effettuare soprattutto tagli a capitozza su branche di diametro rilevante data l’impossibilità di raggiungere il punto dove effettuare il taglio più corretto. Con il tree climbing, invece, è possibile intervenire puntualmente su tutta la chioma, assicurando una migliore risposta della pianta in relazione alla finalità dell’intervento e garantendo, allo stesso tempo, all’operatore le migliori condizioni per la sua incolumità. Le notevoli potenzialità di questa tecnica al servizio della castanicoltura possono essere valorizzate al meglio grazie ad un’alta specializzazione dell’operatore che deve essere in possesso di conoscenze riguardanti l'arrampicata, la biologia vegetale, le utilizzazioni forestali e le norme di sicurezza. La formazione di potatori in tree climbing ha raggiunto livelli di eccellenza grazie soprattutto alle attività della Scuola Agraria del Parco di Monza e della SIA-Società Italiana di Arboricoltura Onlus ma ad oggi in molte aree castanicole si lamenta la mancanza di queste figure professionali. Specializzazione delle maestranze, tempi di lavoro più lunghi ed equipaggiamenti costosi rendono gli interventi di potatura in tree climbing più onerosi di quelli condotti con tecniche tradizionali, ma l’investimento risulta comunque conveniente visti i risultati ottenibili.

Potatura di porzioni periferiche della chioma eseguite in tree climbing

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Spuntatura verde su getto non ancora lignificato

Restauro di esemplari monumentali La conservazione di piante monumentali generalmente non ha come obiettivo prioritario l’incremento della produzione di frutti. Il valore di queste piante è dato spesso, oltre che dalle grosse dimensioni dei fusti, dall’imponenza e dalla complessa articolazione della chioma e sono pertanto da evitare tagli che semplifichino oltre il necessario la struttura della pianta. Si cerca quindi di migliorare lo stato sanitario con potature di rimonda e di risvegliare il vigore vegetativo, ringiovanendo porzioni di chioma senescenti: si operano tagli di ritorno o piccole capitozze sulle branche (e non sul tronco). Nel caso di tronchi cavi, per migliorare la stabilità meccanica, risultano non solo inefficaci, ma addirittura dannosi, la rimozione del legno degradato così come altri interventi di dendrochirurgia. Con la potatura si può migliorare la stabilità di piante con chioma sbilanciata effettuando tagli di alleggerimento a carico della porzione di chioma che si presenta più folta e pesante. Viste le particolari finalità, è auspicabile la

domanda di finanziamenti ad hoc, allo scopo di rendere sostenibili le spese per utili interventi supplementari come ad esempio la ripetizione delle potature a distanza di pochi anni, la copertura delle ferite con appositi mastici, ecc. Alberto Maltoni Ricercatore docente di Gestione e conservazione degli habitat forestale, Università degli Studi di Firenze Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali Barbara Mariotti Dottore di ricerca, Università degli Studi di Firenze - Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali Andrea Tani Professore associato docente di Selvicoltura, Università degli Studi di Firenze - Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali

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FUNGICIDA

cyan 43 % Magenta 94 %

Magenta 15 % Jaune 76 %


* Le nuove riviste saranno messe a disposizione al raggiungimento del numero minimo di iscritti.



Karpòs promo L’Orto Italiano e LIFE insieme per promuovere la ricerca scientifica e un consumo consapevole a beneficio della salute Le due aziende, pioniere di settore nella produzione di ortofrutta fresca ed essiccata a sostegno della Fondazione Umberto Veronesi, lanciano un innovativo corner nei supermercati, dove divulgatori scientifici formati professionalmente sono pronti a dare al consumatore una corretta informazione su come fare prevenzione a tavola Un’informazione etica e solidale nel punto vendita? Un corner promozionale al supermercato, dove non troviamo più hostess, ma divulgatori scientifici pronti a dare al consumatore risposte precise e approfondite su come prendersi cura della propria salute mangiando, e su come fare prevenzione a tavola? Oggi tutto questo è possibile grazie alla partnership fra Citrus e LIFE, due aziende pioniere di settore nel comparto ortofrutticolo italiano che sostengono, con la loro attività, la Fondazione Umberto Veronesi e la ricerca scientifica nel campo della nutrigenomica, ovvero quella scienza che studia il modo in cui i cibi e le molecole in essi contenute interagiscono con la nostra salute.

Citrus è titolare del brand L’Orto Italiano, una linea di frutta e ortaggi a filiera controllata, da seme italiano, non trattati dopo la raccolta e disponibili nei supermercati a seconda della loro naturale stagionalità. LIFE è un’Azienda specializzata nella produzione e distribuzione di frutta secca, essiccata e disidratata, le cui gamme di prodotto, sempre più orientate verso il benessere quotidiano, acquisiscono un consenso crescente grazie an-

che a partnership d’eccellenza come quella siglata lo scorso anno con Fondazione Umberto Veronesi per il lancio della linea Lifestyle. Per la prima volta, in un settore altamente competitivo come quello dell’ortofrutta, due aziende scelgono di unire le forze a favore del consumatore, per favorire scelte di acquisto consapevoli e critiche. E con l’obiettivo di promuovere una corretta educazione alimentare e una dieta ricca di prodotti ortofrutticoli selezionati per le loro proprietà benefiche e salutistiche. La prima esperienza test di questa nuova partnership si terrà nei weekend del 18 e 19 e del 25 e 26 marzo in quattro punti vendita Coop dell’Emilia. I divulgatori scientifici di Citrus e Life, formati dalla Fondazione Umberto Veronesi, saranno disponibili in queste giornate negli iper GrandEmilia di Modena, Eurosia di Parma, Gotico di Piacenza e Borgogioioso di Carpi. “Ciò che mettiamo nel piatto può influenzare la qualità, nonché la durata della nostra vita: mangiare in modo sano, frutta e verdura fresche, frutta a guscio ed essiccata, semi,

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prodotti secondo metodi controllati, è il modo migliore per assicurare il benessere quotidiano del proprio organismo e prevenire molte patologie, anche gravi”, dichiarano in maniera congiunta Citrus e LIFE. Gli studi della Fondazione Umberto Veronesi nel campo della nutrigenomica, infatti, dimostrano come le molecole contenute in alcuni alimenti svolgano una funzione protettiva contro l’insorgenza delle malattie cronico-degenerative, come tumori, patologie cardiovascolari e diabete. Agrumi, pomodori, cavolo verde e broccoli, asparagi, zenzero, mandorle e nocciole, semi di zucca, di lino, di girasole e di canapa, uva, albicocche e prugne disidratate, erbe aromatiche, aglio, insalate: questi prodotti, che insieme costituiscono il paniere di eccellenze di Life e de L’Orto Italiano di Citrus, sono elisir di salute e di benessere. Prendiamo l’aglio di Voghiera, ad esempio, e le spezie come il timo, l’origano e il peperoncino de L’Orto Italiano: in cucina sono sostituti ideali del sale. E hanno proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Oppure il broccolo e il cavolo verde di Macerata: due ortaggi della famiglia delle crucifere, ricchi di polifenoli, preziosissimi per le loro proprietà antitumorali, depurative e anti-aging. O, ancora, il limone e il bergamotto: sono ricchi di vitamina C e di limonene, aiutano a controllare il colesterolo, proteggono il sistema cardiocircolatorio e hanno proprietà digestive e disintossicanti.

A queste eccellenze se ne uniscono altre quali lo Zenzero disidratato a cubetti LIFE, prodotto che contiene alcune centinaia di composti che gli conferiscono proprietà anti-ossidanti molto potenti, rendendolo anche un perfetto antinfiammatorio, le Nocciole sgusciate Italiane, le Mandorle sgusciate, che contengono la maggior quantità di calcio di tutti gli altri frutti a guscio alternativo e il cui consumo rappresenta un modo alternativo per rafforzare ossa e denti e combattere ansia e nervosismo. Oppure i semi, di Canapa, di Zucca, di Lino e di Gi​ra​sole. Questi ultimi sono un vero e proprio concentrato di benessere… 30 grammi di semi di Girasole contengono più ferro di una bistecca di manzo, costituendo dunque una fonte importante di questo prezioso minerale, che favorisce la produzione di emoglobina e globuli rossi nel sangue, e stimola le funzioni del fegato, della milza, dell’intestino e del midollo osseo (cit. fonti INRAN e USDA). Le proprietà di ogni prodotto e i consigli per un migliore uso in cucina sono illustrate nelle etichette che li accompagnano, sui banchi dei punti vendita. Acquistando questi prodotti, il consumatore può diventare protagonista in prima persona di una scelta etica e solidale e sostenere l’attività scientifica della Fondazione Umberto Veronesi.

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www.citrusitalia.it

www.lifeitalia.com


Karpòs promo E’ quasi primavera con i cereali Pedon La linea Italia Tipica e il Maestro Rossano Boscolo presentano le ricette per l’arrivo della primavera La stagione primaverile si avvicina e Pedon, insieme al Maestro Rossano Boscolo, propone un nuovo e ricco ricettario d’autore con originali e freschi piatti che esaltano il gusto e la genuinità della linea Italia Tipica, partendo dai sapori della tradizione culinaria italiana. Nata per celebrare il trentesimo anniversario dell’azienda vicentina, la linea Italia Tipica raccoglie otto referenze delle migliori qualità di legumi e cereali italiani, provenienti da filiere controllate dei territori più vocati dell’agricoltura italiana. Questi prodotti sono ottimi per variare la propria dieta quotidiana e sono perfetti per realizzare piatti freschi dal sapore primaverile. Il ricettario completo è scaricabile tramite QR Code stampato sul pack oppure dal sito www.v.it dove sono reperibili tutte le informazioni sui territori di provenienza e sulle filiere delle singole referenze. Referenze: Fagioli Stregoni delle Valli Cuneesi; Fagioli Cannellini del Piemonte; Orzo dell’Alta Tuscia; Farro delle Crete Senesi; Lenticchie dei Monti Sibillini; Lenticchie di Castelluccio (IGP); Ceci della Murgia; Zuppa dei sapori regionali Formato: 250g - 350g Prezzo consigliato al pubblico: a partire da 2 € Ecco alcuni piatti estratti dal ricettario che portano la firma del Maestro, perfetti per dare un tocco fresco e primaverile alle vostre cene in compagnia.

Pasta fredda al pesto di menta con mazzancolle, cannellini e mandorle

Ingredienti per 4 persone Per la pasta: 400 g fusilli 120 g Fagioli cannellini del Piemonte Italia Tipica q.b. sale q.b. olio EVO q.b. pepe di mulinello 50 g mandorle

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Per il pesto: 15 g menta fresca 50 g pinoli 70 g olio EVO 30 g parmigiano grattugiato q.b. sale q.b. pepe 3 cubetti di ghiaccio Procedimento Per il pesto: Sminuzzare al mixer le foglie di menta, i pinoli, il sale, il pepe, un filo d’olio e il ghiaccio. Azionare fino a sminuzzare gli ingredienti e continuare a mixare aggiungendo il restante olio fino ad ottenere una salsa liscia e montata. Aggiungere il parmigiano e inglobarlo a cucchiaio. Per la pasta: Sbollentare le mazzancolle sgusciate ed eviscerate in acqua bollente per 30 secondi. Cuocere in acqua salata i fusilli e scolarli in una bacinella con i fagioli cannellini e le mandorle fatte a listarelle. Condire con il pesto di menta e regolare di sale, pepe e olio EVO. Guarnire la pasta con fiori eduli e pomodori pachino. Turbante di polpo arrostito con ceci all’olio e passato di peperoni gialli Ingredienti per 4 persone Per i ceci: 150 g Ceci della Murgia Italia Tipica essiccati q.b. sale e pepe q.b. olio EVO Per il polpo: 600 g polpo gelo 100 g cipolla bianca 50 g sedano 50 g finocchio 10 g aglio 2 foglie di alloro 2 rametti di rosmarino 100 g vino bianco 3 peperoncini rossi 3 lt acqua 30 g sale Per il passatino di peperoni: 4 peperoni gialli grandi 50 g prezzemolo 2 spicchi d’aglio q.b. olio EVO q.b. sale e pepe di mulinello

Procedimento Per il polpo: Versare in una pentola l’acqua fredda con tutte le verdure tagliate a pezzetti, tutto il resto degli ingredienti e il polipo ben pulito. Quando inizia a bollire calcolare 8 minuti di cottura, spegnere e lasciar raffreddare nel suo court bouillon. Per i ceci: Mettere in ammollo i ceci per una notte. Scolarli e far lessare in casseruola (meglio se in terracotta) partendo da freddo in acqua salata. Far sobbollire lentamente schiumando talvolta fosse necessario e cuocere i ceci fino a raggiungere una consistenza gradevole. Far raffreddare nella propria acqua. Per il passatino: Tagliare i peperoni a tocchetti e arrostirli su piastra o padella antiaderente. Porre i peperoni ancora caldi in una pirofila, condire di sale, pepe, olio lo spicchio d’aglio tagliato a fettine e il prezzemolo tritato. Coprire con pellicola e lasciar freddare. Sbucciare i peperoni e frullarli con tutto il condimento con un frullatore fino ad ottenere una salsa vellutata. Per la presentazione: Arrostire in padella antiaderente i tentacoli del polpo e servirlo arrotolato nel piatto con al centro i ceci conditi di olio, sale e pepe, il tutto poggiato su un baffo di passato di peperone. Guarnire con mandorle e pomodorino pachino.

www.pedon.it

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Karpòs promo L’Amore per il cibo ci rende liberi. “Dobbiamo riconoscere il desiderio di nutrirci come il nostro bisogno primordiale, un atto di amore e di accudimento irrinunciabile.” Carla Lertola. L’amore per il cibo ci rende liberi e, soprattutto, sani. Il cibo è uno dei rami più importanti della medicina preventiva e anche curativa. Ha la capacità di prendersi cura di noi e mantenerci in salute. Da queste premesse è nata l’iniziativa, “L’amore per il cibo ci rende liberi”, promossa dal Consorzio delle Prugne della California, che ha coinvolto la Dottoressa Carla Lertola e lo

Chef Eva Golia. Un’occasione per riaffermare alcuni concetti essenziali per un nuovo approccio alla cucina, più consapevole e salutare. Il risultato? Ricette sane, gustose, non esageratamente caloriche, che rispettano la migliore dieta del mondo, la dieta Mediterranea, rivista secondo il Metodo Carla Lertola. Ricette realizzate utilizzando come ingrediente principe le Prugne della California. Un Menù buono e sano composto da cinque ricette davvero sorprendenti, non solo nei gusti ma anche nel loro sapersi dedicare, nello specifico, alla cura del corpo. Ricette quindi che vanno oltre il concetto di “nutrire”. Che cosa significa essere in buona salute e alimentarsi correttamente? Durante l’incontro, la Dottoressa Lertola ha illustrato le molteplici sfaccettature di un’alimentazione

sana, raccontando quali sono le proprietà della prugna secca. “Le prugne secche sono da utilizzare un po’ dappertutto – sottolinea la Lertola - perchè contengono potassio, magnesio, vitamina B6 e tante fibre. Sono pure prive di sodio. L’azione sinergica di questi e di altri componenti nutrizionali contenuti nelle prugne secche, può avere effetti benefici sulla salute. Inoltre la prugna secca ha un apporto calorico molto inferiore alla frutta secca oleosa, un criterio di cui bisogna tener conto in un corretto regime alimentare”. Per raggiungere i nostri obiettivi di salute, peso e benessere, la Dottoressa Lertola ci invita a porre particolare attenzione al nostro rapporto con il cibo, perché per stare bene non dobbiamo essere in conflitto con esso, ma dobbiamo amarlo. Durante l’incontro lo Chef Eva Golia ha proposto alcune ricette in linea con il tema dell’iniziativa. Le prugne hanno un’ottima quantità di ferro al loro interno che, se combinato con la Vita-

mina C contenuta per esempio nell’arancia, viene assimilato perfettamente. I numerosi benefici delle Prugne della California per la salute. Morbide, gustose e succose, se inserite all’interno di una dieta varia e bilanciata e di uno stile di vita attivo, le Prugne della California sono molto utili per la nostra salute. Le prugne secche sono un’ottima fonte di fibre, potassio, manganese, Vitamina K, Vitami-na B6 e zuccheri. Prive di grassi e di sodio. L’azione sinergica di questi e di altri componenti nutri-

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zionali, può avere effetti benefici sulla salute, se le prugne secche sono consumate regolarmente. Scopriamo insieme quali sono i principali benefici derivanti dall’assunzione di Prugne della California: L’assunzione di circa 100 g di prugne secche (corrispondenti a circa 8-12 frutti) contribuisce alla normale funzione intestinale. Le prugne secche sono prive di grassi. Come è noto, ridurre il consumo di grassi contribuisce alla prevenzione delle malattie che riguardano l’apparato cardiovascolare. Le prugne secche sono prive di sodio, per questo si dice che sono amiche del cuore. Controllare l’assunzione di sodio è un’abitudine alimentare essenziale per il mantenimento della corretta pressione sanguigna. Le prugne sono un’ottima fonte di potassio, che contribuisce alla corretta funzionalità muscolare e aiuta a mantenere la pressione sanguigna a livelli normali. Le prugne sono una fonte di vitamina B6, che contribuisce alla corretta sintesi dei globuli rossi e del collagene e al funzionamento del sistema nervoso, favorendo contemporanea-mente anche il benessere psicologico. La vitamina B6, insieme al rame, contribuisce al rafforzamento delle difese immunitarie. Le prugne sono una fonte di manganese e rame, minerali utili per proteggere le cellule dall’azione dannosa che lo stress ossidativo può provocare. Non sottovalutiamo il ruolo determinante del rame per il trasporto del ferro nel circolo sanguigno, così come nella formazione del collagene, prevenendo il rilassamento cutaneo e favorendo così il mantenimento di una cute sana. Le prugne sono un’ottima fonte di vitamina K, vitamina liposolubile che, oltre ad essere dotata di attività antiemorragica proprio perchè direttamente coinvolta nel processo di coagulazione del sangue, contribuisce anche al mantenimento della struttura ossea.

www.californiaprunes.it

Ecco allora una fresca ricetta:

GELO D’ARANCIA E PRUGNE DELLA CALIFORNIA Preparazione: 10 min INGREDIENTI - Dose per 4 persone 300 ml di succo di arance rosse 40 gr di zucchero 50 gr di acqua 2 fogli di gelatina da 5 gr cad 8 Prugne della California 2 mele verdi Scorza d’arancia a listarelle per guarnire Polvere di anice stellato facoltativa PREPARAZIONE Ammollate i fogli di gelatina in un recipiente con acqua fredda, nel frattempo fate sciogliere lo zucchero nell’acqua mettendo il tutto in un pentolino e portando a ebollizione, aggiungete la gelatina strizzata e fatela sciogliere. Suddividete il composto in un contenitore basso e largo e mettete in frigorifero a fare raffreddare e rapprendere. Nel frattempo sbucciate le mele, tagliatele a dadini e irroratele di limone per non farle annerire, sciacquate le Prugne della California, asciugatele e tagliate a piccoli filetti. Rompete la gelatina in modo da farne tanti pezzetti da alternare alla frutta, servite decorando il bicchierino con le scorze di arancia; se volete profumare ancor di più la prepara-zione potete spolverizzare con un poco di anice stellato polverizzato.

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Karpòs promo COMO CAPOLUOGO DELL’ORO ROSSO LOMBARDO: LO ZAFFERANO COLLINA D’ORO E’ SERVITO. Zafferano Collina D’Oro nasce da una selezione di bulbi delle migliori regioni italiane e della regione di Castilla La Mancha, punta di diamante iberica per la coltivazione della spezia. L’oro rosso del lago è l’ingrediente principe di primi e secondi piatti, ma anche di originalissimi dessert, come lo Zafferamisù. Profumo intenso e colore brillante: sono solo alcune delle caratteristiche che rendono davvero speciale Zafferano Collina D’Oro, l’oro rosso del lago nato dall’intuizione di Rolando Germani, imprenditore di Faloppio (CO), che ha avviato con successo l’ambizioso progetto di coltivazione di uno zafferaneto di eccellenza a Collina D’Oro, non lontano dalle sponde del lago di Como. Il raccolto 2015 dell’Azienda Agricola Collina D’Oro ha messo a frutto la coltivazione intensiva di bulbi di primissima qualità e rappresenta il coronamento del processo di preparazione e testing avviato da Rolando Germani nel 2013 e nel 2014 con il primo impianto sperimentale di bulbi di eccellenza. Zafferano Collina D’Oro è disponibile in stimmi, a garanzia di qualità, e racchiuso in vasetti di vetro di diversi formati dal design esclusivo per proteggerne al meglio le caratteristiche organolettiche. L’oro rosso del lago si distingue per il suo profumo intenso e per la sua colorazione brillante, che va dai toni aranciati al

marrone bruciato e che fa la differenza nella preparazione di ogni portata, dall’antipasto al dessert. “Ho lavorato a lungo nell’azienda di famiglia accanto a mio padre, acquisendo solide competenze nell’industria casearia, ma la mia vera passione è da sempre quella per la terra. Da anni coltivavo il sogno di poter avviare uno zafferaneto proprio nella collina che ho ribattezzato Collina d’Oro, un terreno a me molto caro, ma soprattutto ideale per la coltivazione di questa pregiata spezia”, ha commentato con soddisfazione Rolando Germani. Una fortunata combinazione di fattori ha reso davvero speciale il primo raccolto di Zafferano Collina D’Oro: la scelta di bulbi d’eccellenza, provenienti dalle migliori regioni italiane per la produzione della spezia e dalla regione spagnola di Castilla La Mancha, punta di diamante iberica per la coltivazione della pianta, ma anche le condizioni climatiche particolarmente favorevoli e la qualità del terreno che ospita la coltivazione, area soleggiata e ricca di minerali.

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La coltivazione di Zafferano Collina D’Oro è stata condotta nel pieno rispetto della natura, senza l’uso di addittivi o sostanze chimiche. I fiori dello zafferaneto hanno punteggiato i campi da ottobre a novembre con i loro petali di colore rosa-violaceo, regalando ai visitatori un colpo d’occhio davvero unico. I fiori di vv sono stati raccolti all’alba, nei mesi di ottobre e novembre, ed il processo di coltivazione è stato abbinato al lavoro manuale con l’utilizzo di pochi attrezzi di base. “Il nostro zafferano è disponibile in stimmi, per garantirne la qualità, e si distingue per la versatilità di utilizzo in cucina, dai primi piatti ai secondi, fino ai dessert più richiesti e originali: abbiamo persino elaborato la ricetta dello Zafferamisù, una coraggiosa, quanto apprezzata, rivisitazione del tradizionale tiramisù”, ha aggiunto il Signor Germani. “Per la fine del 2016 il nostro obbiettivo è molto ambizioso: puntiamo al continuo miglioramento della qualità di Zafferano Collina D’Oro per portare l’oro rosso del lago in tutto il mondo”, conclude l’imprenditore.

nostra pagina Facebook (https://www.facebook.com/Zafferano-Collina-dOro-994988583895667) e su Twitter (@zafferanoacomo) *** Dopo aver completato gli studi di agraria, Rolando Germani entra nell’azienda agricola di famiglia, affiancando il padre. Nel 1997 prende finalmente corpo il suo progetto imprenditoriale di un caseificio tutto suo, che oggi ha al suo attivo 14 dipendenti e lavora 12 tonnellate di latte al giorno. Ma la passione per la terra non abbandona il Signor Germani, che conserva il sogno di uno zafferaneto sul terreno che tanto ama: Collina d’Oro. E dopo il buon esito dei primi test sul terreno, condotti nel 2013 e nel 2014 impiantando bulbi acquistati dalle migliori coltivazioni di zafferano della regione spagnola di Castilla La Mancha e delle regioni di eccellenza dell’oro rosso in Italia, arriva la conferma che Zafferano Collina D’Oro è davvero un prodotto di eccellenza.

www.zafferanoacomo.com

Tutte le novità dello Zafferano Collina D’Oro, i suggerimenti per il suo utilizzo e le deliziose ricette dei nostri chef sono disponibili online all’indirizzo www.zafferanoacomo.com, sulla

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Karpòs promo Tonno Rizzoli Emanuelli: tante versioni, un’attenzione unica alla Qualità Materia prima di grande qualità e un’estrema cura durante tutte le fasi di lavorazione nel pieno rispetto delle tradizioni artigiane. In tranci, filetti o in gelatina vegetale, il Tonno Rizzoli Emanuelli offre ai consumatori un’ampia possibilità di scelta per gustare un prodotto integro nelle sue molteplici proprietà nutritive e salutistiche. Dall’attenta selezione della materia prima alla lavorazione che segue scrupolosamente le tradizioni artigianali, dalla cottura a vapore a un confezionamento che tiene conto delle diverse esigenze d’utilizzo e di mantenimento integro del prodotto: Rizzoli Emanuelli produce il proprio tonno facendo grande attenzione a conservare inalterate sia le peculiarità nutrizionali (ricchezza di proteine nobili, sali minerali, vitamine essenziali, Omega3) sia gustative. Diverse sono le referenze a disposizione dei consumatori, a partire dai Tranci di Tonno in Olio d’Oliva disponibili in doppia confezione da 80 grammi o in un’unica latta da 185 grammi. La scelta della qualità “yellow fin” garantisce carni sempre morbide e dal sapore delicato, mantenuto grazie alla cottura a vapore che rende il tonno ancora più compatto e gustoso. Il risultato è un prodotto di grande qualità privo di conservanti coloranti ed esaltatori di sapidità. Il Trancio di Tonno in Olio d’Oliva è disponibile anche in una confezione da 600 grammi, il cui pack prevede un coperchio in plastica “salva-freschezza” per una conservazione ottimale anche dopo l’apertura della latta. Stessa attenzione e cura per materia prima, fasi di pulizia, taglio, cottura e inscatolamento per i Filetti di Tonno Rizzoli Emanuelli. Disponibili in confezioni da 130, 190 e 200 grammi, la qualità dei filetti dal colore rosato è immediatamente riscontrabile grazie agli eleganti vasi di vetro. Leggerezza e digeribilità, senza rinunciare al gusto, per il Tonno Leggero (solo 0,7% di grassi) in Gelatina Vegetale, un insaporitore naturale che

conferisce più gusto al prodotto senza aggiungere grassi. La gelatina utilizzata è completamente naturale e ricavata da un estratto di alga marina (Agar-Agar) con elevate capacità gelatinizzanti che sostituisce efficacemente la tradizionale gelatina di origine animale. I Filetti di tonno rosa Rizzoli Emanuelli sono disponibili al prezzo di € 6,95 per la confezione da 200g, € 3,99 per il pack da 130g e € 4,95 per il trancio di tonno rosa da 185g. ◊◊◊◊ Con sede a Parma, Rizzoli Emanuelli è un’azienda storica nel mercato delle conserve ittiche, attiva dal 1906. Elevati standard qualitativi, grande attenzione alla selezione delle materie prime, la scelta di una pesca sostenibile rispettosa dell’ecosistema marino, l’utilizzo di packaging innovativi sono gli asset distintivi di questa società che coniuga nuove tecnologie di produzione con una lavorazione artigianale per mantenere inalterato tutto il gusto fresco di mare e le proprietà nutrizionali dei propri prodotti. Rizzoli Emanuelli propone un’ampia selezione premium che comprende alici, tonno e sgombro in diverse linee per la famiglia e la ristorazione.

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Karpòs promo IL THE VERDE CON ALOE VERA E’ “PREMIATO PRODOTTO FOOD 2016” L’innovativo Thè San Benedetto si aggiudica il premio organizzato da Food Editore nella categoria bevande. Il Thè Verde San Benedetto con Aloe Vera continua a mietere successi. Alla leadership incontrastata di categoria, con una quota a volume del 55,8%* (+7,9% rispetto al 2014), si affianca oggi il prestigioso riconoscimento “Premiato PRODOTTO FOOD 2016” conquistato nella categoria bevande. “Premiato PRODOTTO FOOD” è il premio istituito dalla rivista FOOD, punto di riferimento informativo da oltre 25 anni della community alimentare italiana, per valorizzare e dare visibilità ai nuovi prodotti food&beverage lanciati negli ultimi due anni presso la distribuzione operante in Italia o rilanciati con significativi cambiamenti e innovazioni nell’ambito del proprio marketing mix. Il Thè Verde San Benedetto è stato valutato da Nielsen attraverso le rilevazioni delle vendite presso i punti vendita, da una giuria di esperti del mondo del food&beverage e dai rappresentanti delle principali catene distributive operanti in Italia, sbaragliando la concorrenza di altri diciassette prodotti. A conquistare il consenso dei giudici è stata proprio la nuova formulazione con aloe vera del Thè Verde San Benedetto e il pack restyling di tutta la gamma con un’immagine ancora più fresca e l’aumento di visibilità e spazio di comunicazione sul prodotto. “Siamo orgogliosi di aver ottenuto nuovamente questo importante riconoscimento dopo il successo dello scorso anno con la linea progetto eco-

green dell’acqua minerale”. – ha dichiarato Vincenzo Tundo, Direttore Marketing Acqua Minerale San Benedetto S.p.A. – “Da leader assoluti nel mercato del thè in Italia, con la riformulazione del Thè Verde con l’Aloe Vera abbiamo consolidato e sviluppato anche la nostra leadership in innovazione. Un perfetto endorsement per il consolidamento del posizionamento del Thè Verde nell’area benessere come prodotto premium in grado di attirare nuovi consumatori attenti alla qualità intrinseca del prodotto, differenziandoci così dai competitors e rafforzando l’equity”. Il Thè Verde San Benedetto con Aloe Vera è un’esperienza dissetante unica per sapore e freschezza. Un Thè delicato, sinonimo di ricercatezza, leggerezza e benessere, che coniuga la peculiare sensazione rigenerante dell’Aloe Vera al piacere unico e dissetante di un prodotto in pura acqua minerale naturale. Ricco di aroma, ideale per ogni giorno dell’anno, è disponibile in tanti formati in grado di soddisfare ogni esigenza di consumo: dalle bottiglie in PET da 1,5L, 0,5L e 0,33L alla lattina 0,33L “Sleek” special edition NABA. * Fonte: IRI – Tot Italia IS+LSP, YTD DIC 2015. Gruppo Acqua Minerale San Benedetto S.p.A. Nata nel 1956, Acqua Minerale San Benedetto S.p.A., con un fatturato consolidato di gruppo di 725 milioni di euro e una presenza in oltre cento Paesi nei cinque continenti, è il Gruppo a capitale interamente italiano più importante nell’intero mercato del beverage analcolico. Azienda “totale”, multispecialista e multicanale, San Benedetto opera con successo in tutti i segmenti del mercato di riferimento, dalle acque minerali (San Benedetto, Primavera, Acqua di Nepi, Guizza e Cutolo Rionero Fonte Atella) a quelle addizionate (Aquavitamin e San Benedetto Ice Formula Zero), dalle bibite gassate (San Benedetto e Schweppes) al thè (San Benedetto e Guizza) e alle camomille (Baby Drink), dagli sport drink (Energade), alle acque toniche (Schweppes) fino alle bibite piatte a base di succo (Oasis e San Benedetto Succoso) e agli aperitivi (Ben’s e Schweppes).

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