K Agri-Cultura 3 febbraio 2015

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Anno I - N° 3 febbraio 2015 - settimanale

Poste Italiane spa Sped. in A.P.-D.L. 353/2003 (convertito in L. 27/2/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 - Cesenatico

Karpòs

AGRI-CULTURA

LA QUALITà DEGLI OLI EXTRA VERGINI DI OLIVA

ANALISI ECONOMICO-FINANZIARIA DELLA VITE IN EMILIA ROMAGNA

GRAMINACEE OVUNQUE E nel vigneto

NEMATODI: parassiti della vite

Politici che mungono


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Du Pont de Nemours Italiana S.r.l. c/o Centro Direzionale “Villa Fiorita” Via P. Gobetti 2/C, 20063 Cernusco sul Naviglio (MI) e-mail: dp.agro@ita.dupont.com - www.ita.ag.dupont.com USARE I PRODOTTI FITOSANITARI CON PRECAUZIONE. PRIMA DELL’USO LEGGERE SEMPRE L’ETICHETTA E LE INFORMAZIONI SUL PRODOTTO. Copyright © by DuPont. Tutti i diritti riservati. Il Logo Ovale di DuPont, DuPont™, The miracles of science™ e tutti i prodotti con il simbolo ® o ™ sono marchi commerciali registrati o marchi commerciali di E. I. Du Pont de Nemours and Company o di sue società affiliate. Per composizione e numero di registrazione rifarsi al catalogo o al sito internet www.ita.ag.dupont.com

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EDITORIALE

Politici che mungono Sono cosciente che il titolo scelto per il mio editoriale scatenerà gli scongiuri anti jella del lettore. E quindi voglio rassicurarlo: non intendo affatto rimarcare uno dei modi più popolari di definire il rapporto tra politici e spreco dei soldi del contribuente. Il titolo piuttosto, si riferisce ad un fatto televisivo che ha attirato la mia attenzione. In uno dei primi giorni di febbraio, guardando distrattamente la Tv, mi sono imbattuto in un servizio giornalistico inatteso. Alcuni dei più noti politici e amministratori, erano impegnati a mungere mucche un po’ sbigottite dall’inaspettato onore a loro riservato da parte di personaggi normalmente lontani dal loro mondo. Penso che molti telespettatori abbiano considerato quell’atto simbolico un po’ retrò. Oggi la nostra agricoltura per fortuna è molto più evoluta di quanto si potesse immaginare dalla teatrale mungitura. Ma mettetevi nei miei panni. Fino a 14 anni, tutti i giorni dell’anno, prima di andare a scuola, ho munto con le mie mani le vacche della fattoria paterna. Allora vivevo questa corvée come una persecuzione. Oggi, penso che il tempo dedicato nella mia giovinezza alle pratiche agricole, abbia avuto una importanza fondamentale per farmi capire la correlazione tra scienza/tecnica/ saper fare e ciò che le differenzia. Infatti, se non volevo prendermi un pestone per esempio da Peppa, la mia mucca preferita, o una carezza dalla sua coda i cui effetti erano più vicini ad una bastonata, ho imparato ben presto a metterci attenzione e cuore. Quindi per tornare ai nostri Ministri e Amministratori che mungono, era ben chiaro il messaggio che stavano teletrasmettendo con la loro improbabile e goffa mungitura: onoriamo i contadini che si prendono cura (cioè ci mettono il cuore) degli elementi grazie ai quali viviamo. Il messaggio era senz’altro encomiabile ma non privo

di ambiguità. Come ho già ricordato, a pochi mesi dall’Expo, forse la nostra agricoltura meritava ben altra simbolizzazione. Tuttavia la metafora concreta del mungere indubbiamente valorizza l’appello a fare bene il lavoro che abbiamo scelto, che nessuna rivoluzione tecnologica potrà mai cancellare. La mia speranza, e credo che tutti i lettori di Karpòs la pensino come me, è che un po’ della concretezza esibita dai Ministri nelle divertenti circostanze che ho ricordato, si riversi anche sul loro lavoro ordinario di Governo. Ovvero, che mettano attenzione e cuore nella soluzione dei problemi che pesano come macigni sulla strada dello sviluppo del nostro Paese. Soprattutto auspicherei che un po’ di quella concretezza si applicasse alle questioni irrisolte del settore agroalimentare, da anni confinate in una sorta di limbo, che per migliaia di agricoltori corre il rischio di assomigliare sempre più ad un inferno.

Renzo Angelini Direttore editoriale

03 EDITORIALE


Karpòs AGRI-CULTURA

03

Direttore editoriale Renzo Angelini

EDITORIALE “Politici che mungono” Renzo Angelini

N. 3 FEBBRAIO 2015

Direttore responsabile Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì (in attesa di registrazione) Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) CF 04008690408 - REA 325872 Marketing Editor Gabriele Vignati gabriele.vignati@karposconsulting.net Grafica Francesca Flavia Fontana francesca.fontana@karposconsulting.net Giulia Giordani giulia.giordani@karposconsulting.net Margherita Contini margherita.contini@karposconsulting.net Raccolta pubblicitaria pubblicita@karposmagazine.net Tel. +39 335 6355354 www.karposmagazine.net Stampa Centro Stampa Digitalprint Srl Via A. Novella, 15 47922 Viserba di Rimini (RN) Tel. 0541 - 742974 / 742497 e-mail: info@digitalprintrimini.com

30 ANALISI ECONOMICO-FINANZIARIA DELLA VITE IN EMILIA ROMAGNA: i casi del lambrusco e del sangiovese Alessandro Palmieri Carlo Pirazzoli

10 LA DIVULGAZIONE E LA VALORIZZAZIONE della qualità degli Oli Extravergini di Oliva. Giovanni Lercker


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GRAMINACEE OVUNQUE E nel vigneto anche in buona compagnia Pasquale Viggiani

Per le fotografie: da pag. 10 a pag. 22 Giovanni Lercker da pag. 30 a pag. 44 Alessandro Palmieri / Carlo Pirazzoli da pag. 52 a pag. 74 Pasquale Viggiani da pag. 82 a pag. 94 Nicola Greco / Prof. Juan Carlos Magunacelaya, Val Paraiso, Cile / Dr. Nicola Vovlas, Bari / Prof. Franco Lamberti, Bari Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini

NEMATODI: parassiti della vite molto dannosi Nicola Greco

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Non si restituiscono testi, immagini, supporti elettronici e materiali non espressamente richiesti. La riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni è vietata senza espressa autorizzazione dell’editore in mancanza della quale si procederà a termini di legge per la quantificazione dei danni subiti. L’editing dei testi, anche se curato con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali errori o inesattezze, limitandosi l’editore a scusarsene anticipatamente con gli autori e i lettori. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo ha scritto e pertanto ne impegna la personale responsabilità. Le opinioni e, più in generale, quanto espresso dai singoli autori non comportano alcuna responsabilità da parte dell’editore anche nel caso di eventuali plagi di brani da fonti a stampa e da internet. Karpòs rimane a disposizione di altri eventuali aventi diritto che non è stato possibile identificare e contattare.


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10 Giovanni Lercker


LA DIVULGAZIONE E LA VALORIZZAZIONE della qualitĂ degli Oli Extravergini di Oliva.

Giovanni Lercker

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La qualità degli oli alimentari è strettamente connessa agli aspetti nutrizionali che apportano nel loro impiego, intesi come effetti positivi ed effetti negativi, con la loro capacità di conservazione e con il loro contributo edonistico. Per quanto riguarda gli aspetti nutrizionali certamente gli oli ed i grassi sono portatori di rilevanti quantità di calorie, motivo principale della scarsa propensione del consumatore di abbondare nel consumo di sostanze grasse “visibili” e selezionabili nella scelta alimentare, senza distinzione alcuna fra di loro. In realtà, spesso non si considera che l’organismo ha necessità di introdurre acidi grassi essenziali, più o meno presenti nelle sostanze grasse alimentari, dei quali non è possibile fare a meno per una normale e salutare esistenza. L’eliminazione delle sostanze grasse dalla dieta, spesso condotta nelle scelte individuali con la più grande ignoranza sull’argomento, porta a importanti danni di varia natura, come ad esempio alla riduzione della biosintesi di diverse sostanze vitali ad attività ormonale. Per quanto riguarda la capacità di resistere indenni nel tempo, le sostanze grasse hanno tempi di conservazione ottimale che variano da qualche mese, caso degli oli di semi, a diversi anni, come nel caso degli oli extravergini di oliva. Questo comportamento è condizionato dalla stabilità degli acidi grassi che risente molto del livello d’insaturazione: tanto più deteriorabili quanto più insaturi. Oltre a questo, la naturale presenza di agenti stabilizzanti con attività antiossidante può prolungare molto la resistenza alla conservazione, come nel caso degli oli extravergini di oliva che sono in grado di resistere per anni alla degradazione. In un recente articolo apparso sul settimanale L’Espresso dal titolo provocatorio “La rivincita dei grassi” (1), tratto da una review (2) apparsa su di una rivista scienti-

Uliveti su gradoni in Liguria.


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Gli aspetti importanti della qualità per gli alimenti e per gli oli ottenuti dalle olive

Definizione di qualità

Attitudine all’uso, determinata dalle caratteristiche del prodotto che l’utente considera positive per lui Attitudine di un prodotto a soddisfare i bisogni espliciti (buono, profumato e saporito) ed impliciti (sano, sicuro, nutriente, serbevole) del consumatore Intensità dei profumi (di olio fresco e ben conservato) Presenza dei sapori caratteristici di oli freschi (amaro e piccante)

Parametri di qualità degli oli ottenuti dalle olive (qualità assoluta e qualità relativa)

Buona dotazione di componenti fenolici e polifenolici (biofenoli) Equilibrio delle componenti sensoriali (nell’ambito degli odori e dei sapori) Consistenza fluida caratteristica Serbevolezza (conservazione delle caratteristiche sensoriali)

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fica internazionale, sono fornite le spiegazioni relative alla scorretta demonizzazione degli acidi grassi saturi e alla esagerata promozione degli acidi grassi polinsaturi. Con questo meccanismo basato su “mezze verità”, molto più dannose delle bugie in quanto queste ultime sono facilmente direttamente confutabili, abbiamo aumentato i consumi di sostanze grasse più ossidabili e più problematiche per l’integrità delle nostre cellule ed un aumento di danni ossidativi nell’organismo. Infine, l’interazione sensoriale positiva della presenza di sostanze grasse negli alimenti è nota da sempre, più o meno consciamente. L’effetto amalgamante della struttura del

cibo durante la masticazione e la caratteristica sensoriale sono le caratteristiche più apprezzate della presenza di sostanze grasse nei cibi. Oltre a questo è, oggi, nota a molti consumatori anche la capacità delle sostanze grasse di raccogliere e poi dispensare gradualmente i componenti profumati dei costituenti del cibo e quelli prodotti dalle cotture. Tuttavia, oli privi di sentori di qualsiasi natura saranno meno abili a caratterizzare per l’aspetto edonistico con la loro presenza una particolare qualità dell’alimento, a differenza degli oli extravergini di oliva che possiedono sentori con molteplici caratteristiche e sempre graditi quando accoppiati al consumo del cibo.

Quando la moneta esprimeva i valori del territorio (olivo)

Franco francese

Lira

Lira

Dracma greca

15 Giovanni Lercker

Lira turca


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Le produzioni estere di oli dalle olive, particolarmente quelle spagnole, si sono proiettate nel futuro nel corso degli ultimi 15 anni, con la sostituzione di impianti olivicoli, scegliendo quelli idonei alla raccolta meccanica organizzata. Inoltre, rispetto al passato hanno raddoppiato il numero delle piante e in tal modo, usufruendo di frantoi attrezzati con impianti multipli, hanno ottenuto un costo di produzione dell’olio molto basso, tale da fare uscire dal mercato le produzioni artigianali tipiche degli altri paesi del Mediterraneo. Fortunatamente la qualità delle grandi produzioni di olio, quelle a livello industriale, è decisamente inferiore a quella artigianale, per cui se si è in grado di distinguerla si possono fare le scelte alimentari migliori. Nella realtà tale distinzione è possibile solo per gli esperti di olio da olive e limitatamente ad una parte degli abitanti delle zone vocate all’olivicoltura. Gli oli extravergini di oliva attraverso i molteplici interventi legislativi sollecitati e in parte ottenuti da tutte le organizzazioni produttive, hanno raggiunto una indicazione in etichettatura che consente la possibile distinzione fra gli oli prodotti in Italia e quelli provenienti da altre parti del mondo. Le indicazioni in etichetta, infatti, ora lo prevedono e vi è la possibilità di inserimento sia dell’appartenenza ad un consorzio di produzione Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) che ad un’Indicazione Geografica Protetta (I.G.P). In particolare, sarebbe ora necessario spiegare al consumatore cosa significano quelle sigle: la DOP è destinata agli oli che sono prodotti in una zona circoscritta, impiegando olive prodotte nella stessa zona e lavorandole nei frantoi di quella zona, con l’osservanza di un Disciplinare di produzione e deve essere espressamente autorizzata dalla Comunità Europea. Oltre a questo, gli oli DOP sono anche controllati analiticamente, a salvaguardia del consumatore e dell’osservazione Disciplinare della DOP stessa da un ente esterno con la procedura della certificazione.


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Allegagione dell’olivo.

L’indicazione IGP, invece, può essere ottenuta anche senza impiegare le olive del territorio corrispondentemente indicato nella produzione dell’olio. Purtroppo le abitudini alimentari, ma soprattutto la mancanza di “cultura dell’olio”, conducono il consumatore ad acquistare più spesso l’olio sulla base del basso prezzo al commercio. Come cambiare questa situazione, esasperata al punto che il sottoco-

sto per un olio extravergine di oliva indicato nel “volantino” è l’elemento di richiamo per i super e gli ipermercati? Per fortuna gli oli di qualità, italiani e non, si differenziano per le caratteristiche sensoriali, per cui con una discreta conoscenza del modo di valutarle si può superare l’ostacolo. Rimane il fatto che attualmente solo un’esigua parte degli italiani e di tutti gli altri consuma-

Fioritura dell’olivo.

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Oli di semi.

tori nel resto del pianeta, non avendo un minimo di cultura dell’olio, è in grado di riconoscere le differenze nelle caratteristiche degli oli extravergini di oliva presenti sugli scaffali dei punti di distribuzione commerciale. Un recente tentativo lo ha prodotto l’ideazione di un Consorzio di Qualità dell’Olio Extravergine di Oliva, la cui appartenenza selezionata da parametri di qualità assai

restrittivi e testata da esperti, che sono facilmente riconoscibili dalla presenza di un caratteristico bollino in etichetta, anche se ancora poco noto ai più. Sporadici tentativi sono stati condotti anche da parte della grande distribuzione organizzata (GDO), che ha tentato una certa separazione degli Oli Extravergini di Oliva sulla base della qualità, ad esempio attraverso scaffali opportunamente Mignole.

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Oliveti nel Salento.

Giovanni Lercker

separati (ad esempio Esselunga) o con una linea di prodotto indicato con una dicitura particolare (ad es. “Fior fiore” della COOP, o “Sapori e Dintorni” della CONAD, ecc.). Tuttavia, pur utili i tentativi, non si è verificato un grande salto nelle vendite dovuto anche al momento di crisi economica che fa rivolgere al consumatore l’attenzione verso prodotti alimentari che consentano un risparmio. È indispensabile diffondere la “cultura dell’olio”, almeno per quel tanto necessario allo scopo di non penalizzare troppo le produzioni di qualità. L’unico modo per questa diffusione sarebbe quello di seguire una “Scuola di Attitudine Fisiologica all’Assaggio degli Oli Vergini di Oliva”, come sono denominati quei corsi di almeno 35 ore per diventare assaggiatori, permessi dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MIPAAF). Tuttavia, con questa ipotesi ottimale va considerato che fra quelli che possono frequentare questi corsi, limitati ad un massimo di 30-35 partecipanti e in seguito il loro amici che possono imparare qualcosa per un minimo di trasmissione dell’esperienza nei pasti consumati insieme, la velocità del raggiungimento dell’obbiettivo sarebbe comunque relativamente modesta. Il metodo più veloce possibile per ottenere questo risultato è quello di addestrare i bambini, anche a livello delle scuole elementari, nell’ambito del programma di un insegnamento sulla corretta alimentazione (educazione alimentare) basato su una specie di gioco. In questa operazione, i bambini avranno una buona formazione, utile alle loro scelte future, e i genitori saranno rapidamente “educati” dai loro figli. In corsi rapidi di informazione sensoriale degli oli da olive, destinati ai bambini, potrebbe essere stimolata la redazione di documentazione da distribuire a memoria del corso di mini assaggio, con assegnazione anche “diplomi” di mini assaggiatore (a tutti), di mini assaggiatore esperto e di mini capo-panel, ai più bravi in relazione alle capacità dimostra-

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Oliveti secolari nel Brindisino.

te. Il migliore risultato prevedibile sarebbe un ampio allargamento della conoscenza della qualità sensoriale degli oli da olive, inevitabilmente capace di stimolare più spesso ad acquistare oli sensorialmente ottimi o perlomeno buoni, che porterebbe in tempi brevi con un prezzo remunerativo per i produttori a fare loro produrre sempre di più oli di qualità e indurre le Aziende imbottigliatrici a inserirli nelle confezioni al dettaglio. Una catena, quindi, che si configura come la filiera della qualità dell’olio da olive. Pertanto risulta, da quanto considerato, che sarebbe necessario divulgare sempre più e meglio la cultura dell’olio, attraverso filmati semplici, attraenti, e mediante mini corsi di

assaggio (eventualmente anche nei centri di vendita dei prodotti alimentari, locali di ristorazione, ecc.). Bibliografia 1) G. Verdi, La rivincita dei grassi., L’Espresso, 10 luglio 2014, 92-97. 2) A. Ascherio, E.B. Rimm, E.L. Giovannucci, D. Spiegelman, S. Meir, W.C. Willett, Dietary fat and risk of coronary heart disease in men: cohort follow up study in the United States., BMJ 1996;313:84 .

Giovanni Lercker Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari, Alma Mater Studiorum-Università di Bologna.

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30 Alessandro Palmieri, Carlo Pirazzoli


Alessandro Palmieri, Carlo Pirazzoli

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ANALISI

ECONOMICO-FINANZIARIA

DELLA VITE IN EMILIA ROMAGNA: i casi del lambrusco e del sangiovese. Alessandro Palmieri e Carlo Pirazzoli


I casi di studio L’analisi degli aspetti economico-finanziari della coltura è stata svolta nelle provincie di Modena e Ravenna, considerando la media dei risultati di un campione di aziende professionali localizzate nei rispettivi territori ed opportunamente pesate in funzione del-

le diverse tipologie di impresa individuate. Le elaborazioni sono state riferite, in particolare, ad imprese in economia, condotte esclusivamente con manodopera salariata e ad imprese coltivatrici di tipo familiare, con ricorso a salariati o a servizi esterni solo per la raccolta.

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I risultati sono presentati per le cv. Sangiovese nell’areale Ravennate e Lambrusco per il Modenese: nel primo caso si è fatto riferimento ad impianti gestiti con potatura e raccolta meccanizzate e ad impianti in cui tali operazioni sono svolte esclusivamente a

mano, mentre relativamente al Lambrusco sono stati considerati impianti con potatura e raccolta meccanica. La durata degli impianti è stata ipotizzata pari a 25 anni. In tabella 1 sono riassunte le principali caratteristiche tecniche degli impianti rilevati.

Tab. 1 - Quadro di sintesi delle caratteristiche tecniche degli impianti rilevati Vitigni

Sangiovese

Sangiovese

Lambrusco

Area di produzione

Ravenna

Ravenna

Modena

Densità di impianto

4,160

4,160

2,380

Cordone speronato

Cordone speronato

Spalliera

Potatura

manuale

meccanica/manuale

meccanica/manuale

Raccolta

manuale

meccanica

meccanica

Tecnica di produzione

integrata

integrata

integrata

Forma di allevamento

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Aspetti metodologici Il costo medio annuo di produzione è presentato secondo la metodologia dell’activity based costing, aggregando le diverse spese per tipo di operazione colturale e considerando separatamente gli oneri di natura esplicita, concretamente sostenuti dall’impresa e che danno origine, nel complesso, al costo pieno all’impresa, e gli oneri impliciti o figurativi (opportunity cost) che corrispondo alla remunerazione dei

capitali e del lavoro direttamente apportati dall’imprenditore e/o dai suoi familiari (manodopera familiare, compenso direzionale, interessi sulle macchine aziendali, sul capitale di anticipazione e sulle spese di impianto) e che, una volta sommati al precedente aggregato, danno origine al costo totale di produzione. Per una più completa valutazione dell’investimento e, in particolare, per una corretta definizione dei prezzi soglia che permettono il

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raggiungimento di determinate performances finanziarie, sono stati calcolati i principali indicatori derivanti dall’analisi costi-ricavi degli impianti considerati: tale metodologia prevede la definizione dei flussi annui di cassa previsti per l’intero arco di vita dell’investimento stesso e, sulla base di diverse ipotesi di prezzo, il successivo calcolo del Valore Attuale Netto (VAN) e del Saggio di Rendimento Interno (SRI). Il primo indicatore restituisce la som-

matoria attualizzata, sulla base di un saggio di interesse (nei casi considerati è stato applicato un saggio del 3%), dei flussi annui di entrate ed uscite, mentre il secondo è definito tecnicamente come il tasso capace di rendere pari a zero una serie di flussi di cassa ed è, nella pratica, un sintetico indicatore del rendimento finanziario dei capitali investiti, utilmente confrontabile con forme di investimento alternative.

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Risultati Dall’elaborazione dei dati rilevati, la coltivazione della vite nei tre casi esaminati richiede una spesa complessiva compresa tra 7.000 e 8.000 Euro/ha nei casi di gestione meccanizzata della potatura e della raccolta, mentre sale ad oltre 10.000 Euro/ha in impianti in cui tali operazioni sono svolte

manualmente (Fig. 1). Il costo pieno per imprese condotte in economia scende a 6.000-6.500 Euro/ha nei primi due casi e a 8.500 Euro/ha per la gestione manuale. Considerando solamente i costi concretamente sostenuti, non è trascurabile il risparmio che si registra nelle imprese coltivatrici, le quali fornendo direttamente buona parte del lavoro neces-

Fig. 1 - Costo medio annuo di produzione della vite in Emilia-Romagna

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brusco. Rilevante è anche l’incidenza della difesa fitosanitaria, a cui può corrispondere un esborso fino ad oltre 2.000 Euro/ha e della quota annua di ammortamento che, nell’ambito dei casi esaminati, può arrivare ad oltre 1.400 Euro/ha. La resa produttiva è un fattore determinante per la redditività dell’impresa: come evidenziato nelle figure 2, 3 e 4, ipotizzando una resa variabile da 10

sario possono, nelle ipotesi formulate, ridurre il costo finanche sotto i 4.000 Euro/ ha nel caso del Lambrusco del Modenese. Nel caso di raccolta manuale, è proprio la vendemmia a rappresentare la voce di costo decisamente più onerosa, quasi 2.300 Euro/ ha, mentre con l’ausilio della meccanizzazione l’esborso scende a 850 Euro/ha per il Sangiovese e a 525 Euro/ha per il Lam-

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a 20 t/ha di uva, il costo complessivo di produzione subisce oscillazioni da un minimo di 160 fino a poco meno di 400 Euro/tonnellata. In particolare, considerando una resa produttiva intermedia pari a 15 t/ha il costo totale ammonta a 672 Euro/tonnellata per il Sangiovese raccolto manualmente, a 528 Euro/tonnellata per il Sangiovese a raccolta meccanica e a 482 Euro/tonnellata per il Lambrusco, sempre raccolto meccanicamente. Il costo pieno, naturalmente, risulta più contenuto, ma è tuttavia evidente come la raccolta manuale sia oggi difficilmente sostenibile economicamente, poiché anche l’azienda coltivatrice che impiega salariati per la sola raccolta spende comunque più di 440 Euro/tonnellate. Diverso è il caso di imprese di ridotte dimensioni, che internalizzano anche il lavoro di raccolta e, soprattutto, il caso di imprese collinari, dove il prodotto assume un valore decisamente Fig. 2 - Sangiovese a raccolta manuale: dinamica del costo di produzione in funzione della resa produttiva

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Fig. 3 - Sangiovese a raccolta/potatura meccanica: dinamica del costo di produzione in funzione della resa produttiva

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maggiore, sebbene le rese siano certamente più basse del livello intermedio considerato. Nelle figure 5 e 6, infine, è presentato l’andamento del VAN e del SRI in relazione a prezzi variabili da 250 a 700 Euro/tonnellata: come rilevabile, per ottenere un VAN positivo il prezzo soglia richiesto varia da poco meno di 600 Euro/tonnellate per il Sangiovese a raccolta manuale nel caso di impresa in economia, fino a 300 Euro/tonnellate per il Lambrusco in imprese coltivatrici. Va osservato che i rendimenti per le imprese coltivatrici sono da intendersi come misti da capitale e da lavoro, in considerazione dell’apporto di lavoro familiare che abbatte il flusso annuo di cassa richiesto. Gli estremi di prezzi rimangono sostanzialmente gli stessi anche per ottenere dall’investimento un SRI superiore al 3-4% circa, paragonabile ad un investimento alternativo a bassa rischiosità.

Fig. 4 - Lambrusco a raccolta/potatura meccanica: dinamica del costo di produzione in funzione della resa produttiva

40 Alessandro Palmieri, Carlo Pirazzoli


41 Alessandro Palmieri, Carlo Pirazzoli


Fig. 5 - Dinamica del Valore Attuale Netto (VAN) in funzione del prezzo alla produzione

42 Alessandro Palmieri, Carlo Pirazzoli


Fig. 6 - Dinamica del Saggio di Rendimento Interno (SRI) in funzione del prezzo alla produzione

43 Alessandro Palmieri, Carlo Pirazzoli


Conclusioni Dal confronto dei dati di costo con i prezzi alla produzione delle uve negli ultimi anni emerge una situazione di sofferenza per il Sangiovese in area Romagnola, soprattutto con riferimento alla raccolta manuale che ormai non è, di fatto, più sostenibile in imprese professionali di pianura, con quotazioni di 200-250 Euro/tonnellata, ma solo, eventualmente, in realtà di collina caratterizzate da elevati livelli qualitativi riconosciuti dal mercato. Per il Lambrusco nel Modenese, sempre nell’ipotesi di alta meccanizzazione degli impianti, si registra una situazione più sostenibile, come peraltro confermato dalla nascita di nuovi impianti nelle zone più vocate. Ciò è valido con riferimento alle ultime quotazioni, variabili attorno a 450-500 Euro/tonnel-

lata, mentre considerando una media più estesa temporalmente, le quotazioni scendono a livelli di 320-350 Euro/tonnellata, ancora in grado di garantire un margine di redditività ad imprese coltivatrici, ma già insostenibile in imprese gestite in economia. La ricerca del contenimento dei costi appare imprescindibile per il futuro, alla luce di un mercato estremamente altalenante e di gusti dei consumatori in rapida evoluzione, talvolta con dinamiche non facilmente comprensibili. Unitamente alla meccanizzazione degli impianti, importanti margini di risparmio si possono ricavare in fase di impianto, di per se oneroso ed appesantito dall’obbligo di acquisto dei diritti di reimpianto, almeno fino all’entrata in vigore della riforma del comparto.

Alessandro Palmieri Dipartimento di Scienze Agrarie - Alma Mater Studiorum Università di Bologna

Carlo Pirazzoli Dipartimento di Scienze Agrarie - Alma Mater Studiorum Università di Bologna

44 Alessandro Palmieri, Carlo Pirazzoli


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PASQUALE VIGGIANI

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GRAMINACEE OVUNQUE E nel vigneto anche in buona compagnia.

Pasquale Viggiani


Pasquale Viggiani

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Stolone e ricacci di Cynodon dactylon.

Si sa, le famiglie più sono numerose più è alta la probabilità che i suoi componenti meno si somiglino, ciò non ostante essi hanno tutti qualcosa che ricorda la famiglia cui appartengono: il colore dei capelli o degli occhi, un

neo, una voglia sulla pelle, un cattivo carattere (come succede nella mia di famiglia). Tutti hanno cioè, nella loro diversità, un qualcosa che li accomuna, come un marchio di fabbrica. Non fa eccezione, a questa regola, il

Capolino di Composita.

Elytrigia repens.


mondo vegetale e particolarmente due delle maggiori famiglie che lo compongono: le Graminacee e le Composite. Le Graminacee sono conosciute nel mondo agricolo come piante a foglia stretta e nel

mondo botanico come Monocotiledoni. Le Composite e le altre specie della buona (?) compagnia sono invece dette, rispettivamente nei due mondi citati prima, piante a foglia larga e Dicotiledoni.

Elytrigia repens in fioritura.

Pasquale Viggiani

Spighetta (a sinistra) e spiga di Hordeum murinum.

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Pasquale Viggiani

Infiorescenze di Lolium multiflorum.

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LE GRAMINACEE L’antica saggezza ci ha tramandato un inequivocabile elemento per distinguere le Graminacee da tutte le altre specie del mondo vegetale: il nome! Graminacee deriva, infatti, dal latino gramen tradotta da noi italiani come erba, dai francesi in herbes, dagli inglesi grasses e dagli spagnoli pastos, insomma l’erba

classica che brucano gli animali al pascolo. La caratteristica principale dei componenti di questa famiglia, oltre alla radice a fascio (fascicolata), è rappresentata dai fiori che sono quasi invisibili, piccolissimi, senza petali e perciò praticamente incolori. I fiori sono piccoli ma quelli della stessa pianta si ritrovano sempre insieme in aggregati, formati

Fusti e ligule di Bromus hordeaceus.


da pochi elementi, che si chiamano spighette e queste, a loro volta si aggregano in gruppi molto numerosi detti genericamente infiorescenze. Dai fiori evolvono i semi che non sono mai visibili perché fermamente racchiusi nei frutti, le cariossidi (per esempio i chicchi di grano) che non li liberano mai e che generalmente

Cariossidi di Bromus hordeaceus.

ed erroneamente sono considerati come semi veri e propri. Ulteriori caratteri che distinguono queste piante risiedono nella conformazione del fusto e delle foglie. Il fusto è cavo internamente e per questa sua caratteristica è chiamato culmo; è cavo ma è cosparso di nodi (in genere il culmo di una pianta adulta ne ha 4-6), pieni di un tessuto spugnoso, che

Cariossidi di Hordeum murinum.

Pasquale Viggiani

Cariossidi di Lolium perenne.

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separano porzioni di fusto dette internodi. Il fusto si ramifica, generalmente dalla base. Da ogni nodo prende origine una foglia, in realtà la parte basale della foglia che, siccome “inguaina” l’internodo soprastante (come un foglio di carta arrotolata i cui margini scorrono uno sotto l’altro), si chiama guaina; all’estremità superiore la guaina si prolunga con una parte piatta i cui margini disegnano un contorno lanceolato dando origine alla lamina. Nella zona di incontro tra la guaina

e la lamina, dalla parte opposta del fusto, c’è una linguetta quasi trasparente che si chiama ligula e, a volte, due piccole estroflessioni, le auricole le forme delle quali ricordano le dita di uccelli. La presenza e le caratteristiche di tutti gli organi fin qui citati rappresentano caratteri distintivi per le diverse specie all’interno della famiglia. Di seguito, delle circa 8000 specie presenti nel mondo, per buona pace di chi scrive ma soprattutto di chi legge, ne sono descritte solo alcune.

Pasquale Viggiani

Ligule e auricole di Hordeum murinum.

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Pasquale Viggiani

Cynodon dactylon (nella figura sopra e sotto).

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Pasquale Viggiani

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Cynodon dactylon con stolone.

La gramigna comune La specie forse più conosciuta dell’intera famiglia delle Graminacee (o come dicono i botanici puri, Poaceae) e che riprende direttamente il nome della famiglia stessa è la Gramigna comune (la gramĭnea dei latini) nel mondo scientifico chiamata Cynodon

dactylon. Questa specie fa parte di quel gruppo di graminacee dotato di un apparato radicale con annessi organi vitali e riproduttivi chiamati rizomi provvisti di gemme dalla forma particolare “a dente di cane” (Cynodon). Le foglie sono ricoperte da una corta pelu-

Ricacci di Cynodon dactylon.


ria, hanno ligule molto basse e con bordo seghettato. Alla fioritura i piccoli fiori sono riuniti in infiorescenze formate ognuna da rametti disposti come le dita (dactylon) di una mano aperta. I suoi fusti (stoloni) si adagiano sulla super-

ficie del terreno e si allungano in ogni direzione emettendo da ogni nodo radici e germogli che evolvono in piante indipendenti permettendo a questa specie di formare reticoli che si espandono nello spazio e che persistono nel tempo (anche vari anni!) negli interfilari del vigneto.

Cynodon dactylon.

Pasquale Viggiani

Fusti e foglie di Cynodon dactylon.

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Pasquale Viggiani

62 Elytrigia repens.

Il Gramignone Meno complicata è l’architettura delle piante di questa specie, fino a poco tempo fa chiamata Agropyron repens, ora Elytrigia repens, che ricorda la gramigna nella presenza di

rizomi radicali, anch’essi striscianti (repens) sotto la superficie del terreno e che emettono germogli aerei con vistose guaine giallastre (è forse a questo che allude il nome di derivazione greca Elytrigia=guaina).

Elytrigia repens.


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63 Elytrigia repens.

I fusti sono eretti o un po’ piegati alla base. Le foglie sono pressochÊ glabre, opache, spesso di colore verde-azzurrognolo, munite di auricole e con ligule cortissime, seghettate sul bordo.

I fiori sono riuniti in spighe lunghe e sottili. Il Gramignone, al contrario della Gramigna, tende a rimanere confinato in prossimitĂ dei bordi del campo o lungo i filari della vite.

Elytrigia repens.


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Spighette di Lolium multiflorum (le prime due a sinistra) e di Lolium perenne (le due a destra).

Loglio-Loglietto Se non fosse per le foglie verdi e lucide e per

l’assenza di rizomi sotterranei il Lolium, il cui nome deriva dal latino o dal celtico, somiglie-

Ligule e auricole di Lolium multiflorum (le prime due a sinistra) e di Lolium perenne (le due di destra).


rebbe molto alla specie precedente, con la quale viene spesso confusa. In realtĂ la somiglianza

piĂš palese riguarda le infiorescenze delle due specie, del tutto simili fra loro a prima vista ma

Ligule e auricole di Lolium multiflorum (a sinistra) e di Lolium rigidum.

Pasquale Viggiani

Da sinistra, piante di Lolium perenne, Lolium multiflorum e Lolium rigidum.

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Lolium perenne e Lolium multiflorum.

distinguibili con un esame pi첫 attento, principalmente osservando la posizione delle singo-

le spighette sulla spiga: inserite lateralmente in Lolium e in posizione dorso-ventrale in Elytri-

Lolium multiflorum e Lolium perenne.


gia. Fra le due specie esiste anche un’importante distinzione agronomica, visto che il Loglio vie-

ne anche coltivato appositamente per la produzione di ottimo foraggio fresco e da affienare.

Lolium rigidum.

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Lolium rigidum.

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Spighe di Hordeum murinum.

Orzo selvatico Infiorescenza a forma di spiga, simile a quella dell’orzo coltivato ha l’Orzo selvatico, scientificamente noto come Hordeum murinum. Spighe con lunghe reste che facevano inor-

ridire (horreo) gli antichi Romani, e da qui Hordeum, che evitavano di avvicinarsi per paura di ferirsi o, peggio, di inghiottire qualcuna delle spighette (facilmente staccabili dalla spiga madre) e di soffocare, come succe-

Hordeum murinum.


Pasquale Viggiani

Particolari di pannocchie di Bromus hordeaceus.

de qualche volta ai cani vittime spesso di spighette che si insinuano nelle narici e che difficilmente si riescono ad eliminare senza l’aiuto del veterinario. Le piante di Orzo selvatico, le cui foglie sono munite di ligula e di auricole

Hordeum murinum.

ben evidenti, tendono a raggrupparsi anche su ruderi e lungo i muri...num, e come quelle della specie precedente e delle due successive, sono prive di rizomi e la loro riproduzione è affidata esclusivamente ai semi.

Ligule di Bromus hordeaceus.

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Bromus hordeaceus.

Forasacco Si tratta di un insieme di specie le cui infiorescenze (vedi figura sopra) sono simili nella forma a quelle dell’Avena selvatica, con la quale gli antichi popoli greci la confondevano chiamando queste specie Bròmos (=avena selvatica). Tali piante, scientificamente appartenenti al genere Bromus, si distinguono dalle

altre graminacee per avere le guaine fogliari tubulari con i bordi saldati fin quasi sotto l’inserzione della lamina dove si aprono a forma di scollo a V. Le piante sono anche riconoscibili per essere ricoperte da una densa peluria, per avere foglie prive di auricole e per essere munite di lunghe ligule con bordo grossolanamente dentato.


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Pasquale Viggiani


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Setaria viridis.

Setaria Con il termine Setaria è qui compreso un Pannocchia e ligula di Setaria verticillata.

insieme di specie la cui caratteristica comune principale è l’infiorescenza cilindriPannocchia e ligula di Setaria viridis.


Pasquale Viggiani

Pannocchia intera e particolari di Setaria italica.

ca-ovoidale cosparsa di piccole sete (da cui il nome). Le sete sono ricoperte di piccoli Piante adulte di Setaria viridis.

uncini rivolti verso il basso o verso l’alto: nel primo caso l’infiorescenza intera acPiante adulte di Setaria faberi.

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Piante adulte di Setaria faberi.

Piante adulte di Setaria viridis.

cludere, ma il lettore non si angusti, tornerò a tediarlo: è una minaccia!

costata all’abito (maglione, giacca, ecc.) rimarrà aderente (Setaria verticillata), nel secondo caso scivolerà via (Setaria faberi, con setole rossastre e Setaria viridis con setole giallastre). Le piante non sono molto alte hanno foglie pressochè glabre, prive di auricole e con corte ligule sfrangiate o pelose. E, le altre? …e se lo spazio non fosse obbligatamente limitato molte altre specie sarebbero da in-

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NEMATODI: parassiti della vite molto dannosi.

Nicola Greco


NICOLA GRECO

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In Italia e in diversi Paesi mediterranei e non, la vite ha grande importanza storica, culturale, economica e paesaggistica. Si pensi a cosa sarebbero l’economia italiana, e di diverse regioni in particolare, senza la coltura della vite, i tanti paesaggi collinari e valli senza la bellezza di lunghi e ordinati verdeggianti filari di vite in primavera-estate o dalle foglie variamente colorate in autunno oppure la cucina italiana senza vino. Certamente è di primaria importanza il ruolo economico, sia della vite da vino che da tavola, a partire dalle remote isole mediterranee per finire alle falde delle nostre maestose Alpi. Purtroppo, diverse fitopatie affliggono la nostra viticoltura. Fra queste sono da annoverare diverse specie di nematodi fitoparassiti. Trattasi di un gruppo zoologico autonomo, vale a dire del Phylum Nematoda, comprendente vermetti microscopici per lo più trasparenti, aventi il diametro intorno a 15-50 µm e la lunghezza da 300 µm a pochi mm, dotati di un apparato boccale provvisto di uno stiletto simile ad un ago ma cavo, con il quale perforano le cellule degli apici raFig. 3: Area viticola a Casablanca, zona centrale del Cile, con in primo piano un vigneto con molte piante in deperimento o morte perché attaccate dal nematode galligeno Meloidogyne ethiopica. (Foto Prof. Juan Carlos Magunacelaya, Val Paraiso, Cile).


Foto di copertina: vecchio vigneto ad alberello con diverse piante ingiallite perché infette dal ceppo cromogeno del Grapewine fan leaf virus.

dicali per immettere i secreti delle ghiandole esofagee e ingerire il contenuto cellulare pre-digerito. L’azione trofica dei nematodi causa arresto dello sviluppo delle radici di cui gli apici possono apparire come monconi e a volte trasformate in galle più meno vistose a seconda della specie di nematode. Sulla parte aerea delle piante attaccate i sintomi non sono specifici e sono rappresentati da sviluppo stentato, ingiallimento marcato e diffuso a secondo della gravità delle infestazioni, produzione ridotta e, nei casi più gravi, anche dalla morte delle piante. Oltre a quelli diretti, i danni arrecati dai nematodi possono essere anche indiret-

ti a causa di una maggiore sensibilità delle piante agli stress ambientali, soprattutto siccità estiva e freddi invernali, giacché le radici delle piante attaccate restano piuttosto superficiali. Infine, molte specie di nematodi possono interagire con altri parassiti presenti nel terreno ed aggravare la loro sindrome. Un’interazione particolare e molto pericolosa è quella fra alcune specie di nematodi e virus vegetali, dei quali spesso rappresentano il vettore naturale. Sono molte le specie o gruppi di nematodi infeudati alla vite a livello mondiale, ma in questa nota si accennerà solo a quelli più importanti in Italia.

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PRINCIPALI GRUPPI DI NEMATODI Longidoridi Di questo gruppo sono importanti delle specie del genere Xiphinema con la specie più rappresentativa Xiphinema index. Questo nematode può causare danni diretti alle radici, ma è noto soprattutto per essere il vettore naturale del Grapevine fan leaf virus (GFLV), il virus più importante che affligge la viticoltura italiana e mondiale (Fig. 1). Il nematode (Fig. 2) è lungo circa 3,5 mm, ha un diametro di circa 50-57 µm e possiede un lungo (120-130 μm) e robusto stiletto. È un nematode ectoparassita che si nutre a spese degli apici radicali della vite di cui arresta lo sviluppo e causa la formazione di piccole galle. Può attaccare altre specie vegetali tra le quali molto importanti sono il fico e a seguire la rosa. Nutrendosi delle radici di vite

infetta da GFLV, il nematode acquisisce il virus, che trattiene sulla superficie interna cuticolare dello stiletto e dell’esofago, e in seguito lo trasmette alle piante sane alimentandosi delle loro radici. X. index compie un ciclo vitale in 3-12 mesi e ha cinque stadi di sviluppo, quattro giovanili e quello adulto, differenziabili sulla base della lunghezza del Fig. 2: Esemplare femmina di Xiphinema index, vettore naturale del Grape fan leaf virus, mostrante la vulva (v) in posizione centrale, lo stiletto (st), nella porzione anteriore, e la coda (c) munita di un mucrone (Foto Prof. Franco Lamberti, Bari).

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durare alcuni anni. X. index si riproduce meglio intorno ai 25 °C ed in terreni piuttosto sciolti, poco in quelli ad elevato contenuto di argilla. Altre specie di Xiphinema rinvenute in Italia e che possono attaccare la vite sono X. diversicaudatum, X. italiae, X. vuittenezi, X. pachtaicum e X. brevicolle. Fra le specie di Longidorus sono da segnalare L. athesinus, L. juvenilis, L. closelongatus e L. moesicus. Tutte queste specie hanno comportamento simile a X. index, ma le popolazioni italiane non trasmettono virus alla vite né si conosce bene il loro impatto sulla vite.

corpo e dello stadio di sviluppo degli organi di riproduzione. I maschi sono rarissimi perciò la riproduzione è partenogenetica. Il passaggio da uno stadio al successivo è scandito dalla muta durante la quale il nematode sostituisce tutte le parti cuticolari, incluso lo stiletto. Pertanto, dopo ogni muta il nematode perde la capacità di trasmettere il GFLV e per riacquistarla deve alimentarsi nuovamente di piante infette. Gli adulti, invece, siccome non subiscono alcuna muta, una volta acquisito il virus restano viruliferi per tutta la loro vita che può

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Nematodi galligeni, Meloidogyne spp. Sono tristemente noti per essere i nematodi più dannosi e diffusi a livello mondiale. In Italia si deve prestare particolare attenzione alle specie Meloidogyne incognita, M. arenaria, M. javanica e M. hapla, mentre all’estero (in particolare in Cile) è altrettanto importante M. ethiopica (Fig. 3). Queste specie sono caratterizzate dal fatto che sulle radici infette formano galle piuttosto appariscenti al cui interno possono essere presenti una o più femmine. Ad iniziare l’infezione è la larva di secondo stadio che emerge dall’uovo in primavera o che, nelle zone ad inverno mite, sverna nel terreno (Fig. 5). La larva penetra nella radice subito dopo la cuffia e raggiunge il cilindro centrale ove diviene sedentaria, si ingrossa sino a divenire a adulta a forma di fiasco. La presenza del nematode induce la formazione di 3-8 cellule dette giganti, perché più grosse di quelle circostanti, ed un’abnorme produzione di cellule normali e, quindi, intorno al corpo del nematode si forma la galla (Figg. 4 e 5) dalla quale sporge una massa gelatinosa (la massa d’uova) in cui la femmina adulta depone molte uova, sino a 1500 (Fig. 5). Le cellule giganti hanno metabolismo molto attivo e sono indispensabili alla nutrizione del nematode; se non si formano il nematode e destinato a perire. La formazione delle cellule giganti causa interruzione dei vasi conduttori perciò la radice può morire o rimanere poco sviluppata. Le larve infettive (Fig. 5) sono lunghe 350-600 µm ed hanno il diametro di circa 15-20 µm e uno stiletto piuttosto esile e corto (10-15 µm). Le femmine mature, invece, sono globose (Fig. 5) con diametro longitudinale di 450700 µm e quello equatoriale di 450-500 µm e hanno un ovario molto sviluppato. I maschi in molte specie non sono comuni, sono vermiformi, lunghi circa 1-1,2 mm e hanno il diametro di 20-25 µm. Queste specie hanno, perciò, un accentuato dimorfismo sessuale. I nematodi galligeni possono interagire con altri microrganismi del terreno, ma non trasmettono virus.

Le specie citate sono tipiche dei climi piuttosto caldi, perciò in Italia esse sono molto attive dalla metà della primavera all’inizio dell’autunno. Il loro ciclo biologico si completa in 30-50 giorni e durante una stagione vegetativa della vite possono completare 3-5 generazioni al termine delle quali le popolazioni di larve e uova nel terreno possono diventare molte elevate e insopportabili per la pianta (Fig. 3), sino a portarla a morte dopo alcuni anni, anche se, prima dell’impianto, sono presenti a livelli molto bassi ed appena evidenziabili con le più comuni tecniche di analisi. I danni possono essere molto gravi nei terreni sabbiosi o, più genericamente, tendenti allo sciolto e nei vigneti irrigui. Nei terreni pesanti, invece, in genere non si lamentano danni. Oltre alla vite danneggiano la maggior parte delle colture ortive e arboree da frutto e floreali e si riproducono anche su piante infestanti.

Fig 4. Radice di vite con grosse e piccole galle causate da infestazioni di Meloidogyne ethiopica. (Foto Prof. Juan Carlos Magunacelaya, Val Paraiso, Cile)

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Fig 5. Meloidogyne sp. su vite. A sinistra una galla su radice mostrante due femmine (f) globose bianche appena sporgenti; al centro, in alto, larve infettive vermiformi del secondo stadio giovanile, in basso una femmina matura globosa; a destra galla su radice nella quale è stata messa a nudo la femmina (f) mostrante alla sua estremità posteriore un ammasso gelatinoso contenente uova e, perciò, detto massa d’uova (mu). (Foto Dr. Nicola Vovlas, Bari)

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Criconematidi (Nematodi ad anello) Per la viticoltura italiana sono meno importanti dei due gruppi precedenti, sebbene manchino studi adeguati sulla loro patogenecità. Sono nematodi ectoparassiti caratterizzati dal corpo che appare come formato da una sovrapposizione di tanti anelli (Fig. 6) da cui deriva il nome di nematodi ad anello o annulati dato alle specie di questo gruppo. Sono nematodi piuttosto tozzi e mediamente misurano 500-600 μm di lunghezza e 45-50 μm di diametro, con uno stiletto piuttosto lungo (70-85 μm) rispetto alla lunghezza del corpo. Si nutrono a spese degli apici radicali riducendone lo sviluppo. Nei vigneti italiani sono molto comuni spe-

cialmente in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino alto Adige ove sono state riscontrate popolazioni piuttosto alte e non sono da escludere, perciò, danni. Questi nematodi, come quelli del gruppo precedente, hanno ampia gamma di piante ospiti. In Italia le specie più comuni su vite sono: Criconema mutabile, Criconemoides amorphus, C. informis, C. parvus, Hemicricinemoides gaddi, Mesocriconema antipolitanum, M. curvatum, M dherdei, M. irregularis, M. pseudosolivagum, M solivagum, M. sphaerocephala, M. xenoplax, M. yossifovichi, Ogma multisquamatum, O. palmatum. Di queste specie quella sicuramente patogena è Mesocriconema xenoplax, mentre delle altre non si hanno notizie precise in merito.

Fig. 6: Femmina adulta di un nematode criconematide (nematode ad anello o annulato), Mesocriconema sp., mostrante lo stiletto (st) nella regione anteriore e la vulva (v) nella regione posteriore. Notare la tipica conformazione del corpo ad anelli sovrapposti. (Foto Dr. Nicola Vovlas, Bari).

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Interventi di lotta suggeriti La lotta contro i nematodi deve basarsi anzitutto sulla prevenzione. Bisogna, perciò, utilizzare misure per evitare di infestare terreni ancora sani, cosa che può avvenire con movimento di terreno da un campo all’altro, con qualsiasi mezzo, e con l’uso di materiale infetto. La regola deve essere quella di mettere a dimora piante sane in terreno sano. Prima di impiantare un vigneto si deve, pertanto, campionare il terreno e farlo analizzare da un laboratorio veramente specializzato e accreditato per l’analisi nematologica dal Ministero delle Politiche Agricole e Agroforestali, per accertarsi dell’assenza di nematodi o delle specie presenti e dell’entità delle loro cariche, tenendo presente che spesso diverse specie sono presenti nello stesso campo. Per l’impianto è consigliabile impiegare sempre barbatelle certificate esenti da nematodi e altri parassiti, in primo luogo virus (virus free). Ovviamente nel caso di terreni sani ci si limiterà a trapiantare barbatelle certificate. Nel caso, invece, di terreno infestato, conviene coltivare specie di piante non ospiti dei nematodi presenti, sino ad azzerare le cariche. Pochi esemplari al trapianto potrebbero portare, anche nel giro di pochi anni, a livelli di popolazione insopportabili per le viti e, quindi, alla loro morte. Si deve tener presente che pochi esemplari di X. index, sono sufficienti a trasmettere il GFLV da piante malate a quelle sane. In genere, le colture a ciclo invernale abbassano le cariche nel terreno dei nematodi della vite, così come lo fanno molte delle colture erbacee estive ad eccezione che per i nematodi galligeni, Meloidogyne spp., dei quali sono ottimi ospiti molte piante a ciclo prevalentemente estivo. Prima di un nuovo impianto conviene sempre ripetere l’analisi del terreno per accertarsi che le misure di lotta adottate hanno fornito il risultato atteso. In presenza di infestazione bassa (solo qualche nematode per kg di terreno) si suggerisce di eseguire trattamenti nematocidi preferendo i fumiganti da impiegare alle dosi consentite più elevate. Nel caso di reimpianti, è necessario estirpare i vecchi ceppi, attendere 5-6 anni, durante i quali si possono coltivare piante non ospiti dei nema-


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ti sia al virus che al nematode. Nei confronti dei nematodi galligeni sono risultati resistenti diversi portainnesti. Alle popolazioni mediterranee di Meloidogyne arenaria sono resistenti i portainnesti SO4, Kober 5BB, Teleki 8B, 1103 Paulsen,1447 Paulsen, 101-14, 3306 e1616. In Sud Africa e Australia, nei confronti di M. javanica, vengono utilizzati i potainnesti resistenti Ramsey, Dog Ridge, Harmony e Freedom, in Sud Africa anche 99R e 101-14 ed in Australia anche Schwarzman, 140 Ruggeri, K51-40, Kober 5BB. Infine, in California vengono impiegati con successo, ma solo durante i primi dieci anni dall’impianto, i portainnesti Dodg Ridge, Salt Creek (= Ramsey) e Harmony, mentre i nuovi portainnesti 10-17A e 6-19B hanno conservato la resistenza durante tutto il ciclo del vigneto. La reazione di resistenza potrebbe, comunque, variare con le diverse popolazioni delle diverse specie di nematodi.

todi, ed eliminare eventuali ricacci di viti anche ricorrendo a trattamenti con un erbicida sistemico in modo da uccidere le radici privando, così, i nematodi della loro fonte alimentare e della sorgente virale. L’impiego di portainnesti resistenti può essere utile a patto che abbiano la dovuta compatibilità con la marza, siano resistenti alla fillossera e adatti al tipo di terreno. Nei confronti di una popolazione italiana di X. index, della collezione del Centro per la Ricerca in Viticoltura (ex Istituto Sperimentale per la Viticoltura) di Conegliano (Treviso), sono risultati resistenti Vitis riparia Fabre, V. riparia De Paillière, V. candicans Solonis, gli ibridi V. berlandieri × V. riparia Teleki 5A, Teleki 5C e Ferrari SO4, e gli ibridi Golia di V. riparia × V. vinifera Carignan (Castel 15-612) × V. rupestris Du Lot, 1045 Paulsen di V. berlandieri × (Aramon – V. rupestris Ganzin 1) e 26G di V. vinifera Trollinger × V. riparia. Buona resistenza è stata espressa anche dai portainnesti Dog Ridge e Harmony derivati da Vitis candicans. Diversi altri ibridi o specie di Vitis hanno manifestato solo resistenza parziale. Tutti questi ibridi possono essere utili solo in assenza del GFLV poiché non resistenti a questo virus. Purtroppo non ci sono ibridi resisten-

Nicola Greco Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante, Bari.

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“ROAD TO QUALITY” è un progetto che prevede la tracciabilità del processo di produzione del materiale di riproduzione (sementi e giovani piantine). Obiettivo del progetto è garantire gli utilizzatori e i consumatori sulla qualità del prodotto utilizzato o acquistato, certificando l’origine, la sanità e il corretto impiego di buone pratiche agronomiche durante l’intero ciclo produttivo. È un progetto certificato ufficialmente, aperto a tutti gli operatori interessati e che al momento vede partecipare numerose ditte sementiere e aziende vivaistiche operanti nel settore orticolo professionale.

per informazioni: Segreteria Road to quality tel: +39 051.503881 | fax: +39 051355166 segreteria@roadtoquality.it | www.roadtoquality.it




IPATECH

L’obiettivo generale del progetto (budget complessivo € 1.659.712,71), cofinanziato dal Programma di Cooperazione Europea IPA Adriatic, di cui il C.R.A.-ORA è Coordinatore, è il rafforzamento della ricerca e delle capacità innovative del settore agroalimentare per contribuire alla competitività e promuovere lo sviluppo delle aree rurali dei paesi che si affacciano sull’Adriatico attraverso la cooperazione economica, sociale e istituzionale. Il ruolo del C.R.A. è stato molto importante nella fase di presentazione della domanda progettuale: la sua natura decisamente più complessa e strutturata rispetto agli altri organismi aderenti al progetto, è stata valutata con fiducia dalla Autorità di Gestione la capacità di coordinare e guidare gli altri partner del progetto in una azione capillare sui territori. Inoltre, nonostante IPATECH non sia un progetto propriamente di ricerca ma di trasferimento di altri risultati e conoscenze, le poliedriche capacità, l’organizzazione interna e le professionalità sviluppate negli anni dal C.R.A. hanno permesso di coordinare e sviluppare un tale programma. Il progetto, che terminerà a Luglio del 2015, si sta avvicinando alla fine del proprio percorso,

ed ha raggiunto finora numerosi obiettivi: •

Creare un network internazionale incentrato sul settore agroalimentare attraverso la partecipazione di enti pubblici e privati per favorire lo scambio di informazioni, dati ed esperienze relative alla ricerca e all’innovazione nel settore, con il coinvolgimento di attori chiave e stakeholders; • Migliorare il livello di competitività delle micro e PMI agroalimentari attraverso l’utilizzo di nuovi macchinari ideati grazie alla ricerca nel settore, acquistati dai partners e messi a disposizione gratuitamente alle aziende; • Trasferire nei territori coinvolti innovazioni tecnologiche; • Creazione di Centri di Innovazione dedicati al settore agroalimentare per facilitare l’accesso e l’utilizzo di nuove tecnologie da parte dei target group del progetto; • Promuovere sinergie tra politiche di sviluppo regionali e quelle dedicate alla ricerca e innovazione; • Stesura di un Report sulle esigenze e sulle opportunità delle imprese rurali nelle regioni Adriatiche, comprendente interviste a operatori del settore; • Stesura di un Report sullo stato dell’arte

Le istituzioni partner sono: 1. Unità di Ricerca per l’Orticoltura - C.R.A. ORA 2. Associazione di Imprenditori di Zepce UPIP 3. Università degli Studi di Teramo 4. AZRRI Agenzia per lo sviluppo rurale dell’Istria Ltd Pazin 5. E.C. Business & Innovation Center Epirus - BIC 6. AULEDA Agenzia di sviluppo economico locale 7. Camera Croata dell’Economia - camera della contea di Zadar 8. Associazione Sviluppo Rurale 9. Fondo Albanese dello Sviluppo

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www.entecra.it www.upipzepce.com www.unite.it www.azzri.hr www.bicepirus.gr www.auleda.org.al www.hgk.hr www.atsr.net www.albaniandf.org


dell’agroalimentare e sull’utilizzo delle microtecnologie di trasformazione dei prodotti agricoli; • Creazione di un Database delle imprese rurali e dei portatori di interesse nelle regioni interessate dal programma; • Collezione di “Road Maps” per il rilancio dell’agroalimentare; • Creazione di un sito web dedicato: www. ipatechproject.eu. Il sito contiene varie sezioni: la sezione News, sempre aggiornata, che informa su ogni tipologia di evento legato all’agroalimentare; la sezione “Buone Pratiche”, che racchiude una raccolta di Buone Pratiche dai paesi partner di progetto, allo scopo di favorire lo sviluppo di ricerche mirate a promuovere l’innovazione e il trasferimento di conoscenze. Le 18 Buone Pratiche raccolte sin d’ora spaziano dalla produzione di formaggi e insaccati tipici, alla valorizzazione di tipicità ortofrutticole fino alla gestione di sottoprodotti in agricoltura. All’interno del sito del progetto è presente un area denominata “Agrofood Platform”, un “sito nel sito” che vuole essere punto di raccolta per domanda e risposta di conoscenze e opportunità di sviluppo. All’interno della Piattaforma sono presenti 7 aree riguardanti l’accesso al Database dei Destinatari delle azioni e dei Portatori di interesse, i Links ad altri siti dell’agroalimentare, una sezione “Faq” con domande e risposte sulle apparecchiature miniaturizzate di trasformazione e altri aspetti innovativi, una sezione “Growing Opportunities”, ove vengono riportate le opportunità di finanziamento nazionali ed

europee, un form per la registrazione al sito, ed una sezione specifica per i tre centri di Innovazione nell’Agroalimentare che, nell’ambito del Progetto, si sono costituiti in Italia, Croazia e Grecia, garantendo così la “sopravvivenza” delle iniziative prese con IPATECH anche dopo la conclusione del progetto. È presente anche una pagina IPATECH su Facebook e su altri social network o reti legate al turismo sostenibile. Naturalmente sono previsti incontri transnazionali fra i Partners del progetto, allo scopo di monitorare e valutare l’andamento dello stesso, nonchè pianificare in maniera partecipata le future attività. Sono stati organizzate fino ad oggi quattro incontri (in Italia, Bosnia-Erzegovina, Grecia, Croazia), ed è imminente il quinto incontro in Albania. Riguardo l’utilizzo dei macchinari miniaturizzati, fulcro del progetto, sono state già portate avanti dai partners numerose sperimentazioni e il progetto è stato accolto con grande interesse da parte dei piccoli produttori agricoli. In alcuni casi, le sperimentazioni realizzate presso i Partners sono state di stimolo per permettere agli agricoltori, singoli o riuniti in associazioni o cooperative, di poter valutare l’acquisto dei macchinari per rilanciare la propria competitività grazie ai prodotti trasformati realizzati con le materie prime della propria azienda.

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