Karpòs Agri - Cultura n.1 gennaio 2015

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Anno I - N° 1 gennaio 2015 - settimanale

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Protezione della vite dai patogeni fungini

Buone pratiche agricole

Da Plinio il Vecchio al wineblog

Strategie di diserbo dei vigneti

Antinori style

la terra, il vino e l’arte


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EDITORIALE

siamo tutti concordi nel riconoscere che il nostro Paese sta vivendo una situazione economica e sociale paradossale, non coerente con quello che è il suo vero potenziale. La “percezione” di questo disagio ognuno di noi la tocca con mano quotidianamente. A tal riguardo ho il dovere di aggiungere che noi italiani, abbiamo la deplorevole propensione ad identificare la causa dei problemi esclusivamente in chi ci sta intorno, fino a criminalizzare intere categorie “di turno”, quelle che in quel momento, accidentalmente o scientemente, occupano la cronaca... Forse ci piace stare a questo gioco per evitare responsabilità e per sfumare o nascondere la nostra attenzione su questioni che riteniamo troppo complesse. A mio avviso dovremmo invece ragionare con maggiore cognizione sui nostri problemi, informarci meglio, partecipare con spirito critico e non cadere nella scontata trappola del capro espiatorio. Dopo questa sintetica ma necessaria premessa torno alla “promessa” fatta da Karpòs ai suoi pubblici: raccontare le eccellenze italiane “in primis”, le culture, i paesaggi, le suggestioni, per intercettare l’attenzione più ampia e riconoscere i lettori in base a quello che leggono o che apprezzano. Sfogliando i numeri pubblicati noterete che ci siamo concentrati su tutto ciò che è positivo, è bello, è utile, è suggestivo. Ma coerentemente con la nostra mission di “creare valore” non possiamo però continuare ad ignorare i gravi problemi che ci circondano. Ecco perchè inizieremo un percorso più critico partendo col mettere a fuoco i flussi dei Finanziamenti Europei che arrivano all’Italia: sono soldi pagati dai cittadini onesti attraverso le tasse e dovrebbero avere la nobile finalità di far ripartire l’economia garantendo prodotti salubri, sicuri, sostenibili, un ambiente più sano, una società più equa! Ovviamente lo faremo con lo stile di Karpòs ovvero evitando di ricercare o denunciare ciò che non va, ma ospitando gratuitamente sulle nostre pagine i “casi virtuosi” che potranno raccontarci ciò che imprenditori con la voglia di fare sono riusciti a spendere, con quale finalità e con quali indicatori misurarne il ritorno, compresi gli effetti sull’economia. Invito dunque alla collaborazione i maggiori destinatari dei Fondi Europei ( Regioni, Associazioni, O.P., Consorzi, GAL ecc.), non certo per annoiare i lettori sui dettagli ma bensì per informarli sui macrofenomeni che toccano la vita di tutti. Questa campagna informativa che scherzosamente ho definito “togli l’alibi” ha la finalità di identificare e difendere i bravi imprenditori attraverso una meritata visibilità per distinguerli da coloro che spesso sono ”percepiti migliori” solo perché si dichiarano capaci di spendere tutto il budget disponibile. Chiedo scusa per la banalità, ma ho la presunzione di pensare che i contribuenti non siano interessati solo al fatto che i

Campagna “Togli l’alibi”

Renzo Angelini Direttore editoriale loro soldi sono stati spesi ma anche: come? Perché? A favore di chi? Da editore esprimo la mia soddisfazione nel vedere che oltre 430.000 lettori hanno ricevuto il magazine digitale (dati reali 2014, non stimati) e 18.200 hanno ordinato o ricevuto la versione cartacea; dati in controtendenza rispetto a quanto si sente relativamente ai media! Merita una ulteriore riflessione il fatto che il 18,4% dei lettori del digitale (in italiano) sono stranieri per un totale di 68 Paesi, guidati da USA, UK, Francia, Germania, Spagna, Cina, Federazione Russa, India. Questo conferma l’appeal dell’Italia e del Made in Italy, come punto di forza e competitività del Paese ma anche una gravissima debolezza di noi italiani: abbiamo una scarsa propensione alla lettura, alla informazione, all’ aggiornamento! Su che base lo affermo? Abbiamo più lettori di Karpòs (in italiano) a Londra o a Los Angeles rispetto a molte regioni italiane. Per chi ci segue da poco voglio ricordare velocemente il “programma di comunicazione” di Karpos: noi intendiamo diffondere tra i vari pubblici della rivista “un ponte simbolico tra domanda e offerta”, per superare la faglia che divide il mondo della produzione, della ricerca, dei servizi con il consumatore. Consentitemi un vivo ringraziamento alle nostre FIRME, scelte per le migliori competenze del settore (oggi sono 136 come potete verificare su www.karposmagazine.net), mosse unicamente dall’incentivo di mettere a disposizione del pubblico le proprie conoscenze e i risultati del loro lavoro! La nostra offerta dal 2015 sarà “personalizzata” integrando la comunicazione trasversale “generalista” con Karpòs International, in inglese, e avviando la messa in produzione di testate “specializzate” in risposta ai desiderata dei nostri lettori. Ogni iscritto potrà prenotare, da oggi le riviste digitali che vorrà ricevere gratuitamente!

03 EDITORIALE


Karpòs AGRI - CULTURA GENNAIO 2015

Direttore editoriale Renzo Angelini Direttore responsabile Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì (in attesa di registrazione) Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) CF 04008690408 - REA 325872 Marketing Editor Gabriele Vignati gabriele.vignati@karposconsulting.net Grafica Francesca Flavia Fontana francesca.fontana@karposconsulting.net Giulia Giordani giulia.giordani@karposconsulting.net Margherita Contini margherita.contini@karposconsulting.net Raccolta pubblicitaria pubblicita@karposmagazine.net Tel. +39 335 6355354 www.karposmagazine.net Stampa Centro Stampa Digitalprint Srl Via A. Novella, 15 47922 Viserba di Rimini (RN) Tel. 0541 - 742974 / 742497 e-mail: info@digitalprintrimini.com

03 EDITORIALE Campagna “Togli l’alibi” Renzo Angelini

44 Strategie di diserbo dei vigneti Geminiani

09 LA PROTEZIONE DELLA VITE DAI PATOGENI FUNGINI Brunelli

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Buone pratiche agricole Aldo Ferrero


90 ANTINORI STYLE Lamberto Cantoni

Per le fotografie: da pag. 68 a pag. 88 Aldo Ferrero da pag. 90 a pag. 110 © MARCHESI ANTINORI S.P.A. da pag. 132 a pag. 146 Ufficio Stampa Rocca delle Macie Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini

112 DA PLINIO IL VECCHIO AL WINEBLOG Stefano Raimondi

132 la terra, il vino e l’arte Lamberto Cantoni

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Non si restituiscono testi, immagini, supporti elettronici e materiali non espressamente richiesti. La riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni è vietata senza espressa autorizzazione dell’editore in mancanza della quale si procederà a termini di legge per la quantificazione dei danni subiti. L’editing dei testi, anche se curato con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali errori o inesattezze, limitandosi l’editore a scusarsene anticipatamente con gli autori e i lettori. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo ha scritto e pertanto ne impegna la personale responsabilità. Le opinioni e, più in generale, quanto espresso dai singoli autori non comportano alcuna responsabilità da parte dell’editore anche nel caso di eventuali plagi di brani da fonti a stampa e da internet. Karpòs rimane a disposizione di altri eventuali aventi diritto che non è stato possibile identificare e contattare.


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LA PROTEZIONE DELLA VITE DAI PATOGENI FUNGINI nell’Italia settentrionale Agostino Brunelli

09 AGOSTINO BRUNELLI


Peronospora

Oidio

L

a difesa dai microrganismi patogeni fungini rappresenta una impegnativa fase della tecnica di coltivazione della vite, anche perché alcuni di essi, introdotti in tempi relativamente recenti dall’America (seconda metà dell’800 come gli agenti di oidio e peronospora), risultano particolarmente virulenti per la vite europea e possono essere tenuti sotto controllo solo attraverso la somministrazione alla pianta di sostanze chimiche in grado di impedirne lo sviluppo. In effetti, a parte la nota e distruttiva fillossera

(insetto pure arrivato dall’America intorno a meta 800, la cui dannosità è stata brillantemente superata grazie all’innesto su piede americano resistente), la peronospora (causata da Plasmopara viticola) e l’oidio o mal bianco (causato da Erysiphe necator) rappresentano oggi in Italia le principali avversità biotiche della vite e sono diffuse in tutte le regioni, con differenti pressioni collegate alle peculiarità ambientali delle aree di coltivazione e all’andamento meteo-climatico annuale. Di comparsa abbastanza generalizzata, pur condizionata dall’andamento climatico, è anche

Viticoltura in Toscana

10 AGOSTINO BRUNELLI


Muffa grigia

Mal dell’esca

la muffa grigia, causata da Botrytis cinerea, ma complessivamente essa determina, salvo che nelle annate molto piovose in corrispondenza della maturazione dei grappoli, minori problemi, anche se richiede spesso interventi chimici specifici. Limitatamente diffuse sono invece altre malattie fungine come l’escoriosi (Phomopsis viticola) e il marciume nero (Guignardia bidwellii), che solo in rari casi richiedono una difesa chimica sistematica. Presente in tutte le aree è, infine, il cosiddetto mal dell’esca, che in realtà è un insieme di malattie causate da diversi patogeni fungini, per i quali,

non essendo disponibili mezzi di lotta risolutivi, è necessario operare a livello di prevenzione attraverso molteplici operazioni di tipo agronomico. Di seguito si fornisce un quadro sintetico degli indirizzi di difesa attualmente prevalenti nell’Italia settentrionale nonché degli aspetti tecnici fondamentali che è opportuno considerare nella impostazione dei programmi d’intervento contro le malattie fungine, alla luce del moderno orientamento a limitare l’impatto tossicologico e ambientale della difesa chimica, richiesto anche dalle recenti normative europee.

Viticoltura in Alto Adige

11 AGOSTINO BRUNELLI


da un lato nella difficoltà di valutare in anticipo il reale rischio infettivo primario (collegata al variabile comportamento delle oospore negli anni e nei diversi ambienti), dall’altro nei rischi connessi con la subordinazione degli interventi alla comparsa dei sintomi (praticabile nelle aree viticole non favorevoli alla peronospora) per i possibili danni irreparabili in caso di andamento climatico piovoso. Un concreto aiuto alla corretta impostazione della difesa antiperonosporica della vite è stato apportato dalla “regola dei tre dieci”, che consente di stimare empiricamente le condizioni vegetative e meteoclimatiche favorevoli alle infezioni primarie, evitando trattamenti superflui nelle fasi iniziali. Più recentemente un valido contributo alla valutazione del rischio infettivo è venuto dalla modellistica previsionale, che anche in Italia ha proposto strumenti applicativi che stanno progressivamente entrando nell’uso pratico, prevalentemente a livello di assistenza tecnica organizzata.

PERONOSPORA (Plasmopara viticola) La peronospora rappresenta per la vite una costante minaccia in tutti gli ambienti italiani ma trova nelle aree settentrionali le condizioni più favorevoli agli attacchi a causa della maggiore frequenza di precipitazioni piovose durante lo sviluppo vegetativo della vite, che sono il principale fattore ambientale scatenante le infezioni. A causa del carattere distruttivo della malattia sulla produzione, nelle regioni del nord la difesa antiperonosporica richiede una particolare attenzione e deve essere condotta con criteri precauzionali, volti a impedire lo sviluppo epidemico del patogeno. Per tale motivo essa è tendenzialmente basata su trattamenti preventivi finalizzati a proteggere la coltura nelle fasi fenologiche e/o nei momenti maggiormente esposti agli attacchi (in genere dalla ripresa vegetativa fino al pieno sviluppo dei grappoli). Questo orientamento trova la sua giustificazione

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organizzative, non è possibile indicare un modello di validità generale per il processo decisionale della difesa, tuttavia alcuni approcci operativi proficuamente utilizzabili nella impostazione dei programmi di difesa, sia a livello di assistenza tecnica sia in ambito aziendale, possono essere i seguenti: considerazione flessibile della regola dei tre dieci per le infezioni primarie, tenendo conto che essa può sottostimare il rischio nelle aree più favorevoli alla malattia e sovrastimarlo in quelle più asciutte; utilizzazione, principalmente da parte degli organismi di assistenza, di modelli matematici previsionali di tipo climatico; considerazione sistematica delle previsioni meteo-climatiche per calibrare la tempistica di applicazione e la scelta degli antiperonosporici; opportunità di una protezione cautelativa nelle fasi vegetative di maggiore suscettibilità e rischio (es. fioritura), ottimizzazione dello sfruttamento delle peculiarità fitoiatriche delle varie tipologie di fungicidi.

Tuttavia il problema della razionalizzazione degli interventi chimici non è ancora stato effettivamente risolto, in passato a causa della approssimazione intrinseca della “regola dei tre dieci”, oggi per il non semplice trasferimento a livello aziendale delle indicazioni fornite dai modelli previsionali. Un ulteriore motivo di complicazione è derivato negli anni più recenti dalle frequenti anomalie climatiche, che hanno reso più aggressiva la malattia specialmente nelle prime fasi vegetative. Tale complessa situazione ha portato progressivamente alla affermazione di strategie di intervento basate su molteplici fattori di valutazione, che rappresentano un compromesso fra l’obiettivo di eliminare per quanto possibile gli interventi superflui e l’esigenza di non superare un livello di rischio infettivo tale da mettere a repentaglio la produttività della coltura. Al riguardo, in considerazione della variabilità delle situazioni pedo-climatiche, epidemiologiche e

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AGOSTINO BRUNELLI

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Riguardo a quest’ultimo aspetto, attualmente è disponibile una ampia e tecnicamente articolata gamma di antiperonosporici che consentono di impostare vari tipi di programmi d’intervento. A fronte dei tradizionali prodotti di copertura (rameici, ditiocarbammati, folpet, dithianon), economici ma col limite della più o meno breve persistenza, troviamo infatti un consistente numero di molecole moderne con varie caratteristiche di comportamento sulla pianta (sistemicità, citotropismo, copertura) ma accomunati per la quasi totalità da una maggiore persistenza della protezione, che consente di adottare, grazie anche alle miscele, cadenze di applicazione intorno ai 10 giorni. L’ampia disponibilità di principi attivi costituisce un non secondario strumento di ottimizzazione della difesa, grazie alle elevate capacità protettive proprie dei prodotti moderni. Questi possono essere proficuamente integrati con quelli tradizionali, nell’insieme meno performanti ma preziosi, sia perché tecnicamente complementari a quelli nuovi, sia come strumenti di gestione del rischio di

sviluppo di resistenza del patogeno. In pratica, anche in considerazione del comportamento della peronospora, che da diversi anni sta evidenziando in Italia un andamento imprevedibile, presumibilmente collegato a modificazioni climatiche rispetto al passato, si è andato consolidando nel tempo nelle regioni settentrionali un orientamento di tipo cautelativo che tende a privilegiare, specialmente nelle prime fasi vegetative e fino al completo sviluppo dei grappoli gli interventi preventivi, sia con i prodotti tradizionali, sia con quelli moderni, dotati di una maggiore persistenza e di più o meno spiccate capacità endoterapiche. Ormai da tempo affermata, al nord come nelle altre aree viticole italiane, è la tendenza a privilegiare i prodotti a base di rame nelle fasi successive alla chiusura del grappolo, motivata dai benefici effetti collaterali che tali antiperonosporici esercitano sulla vite (rallentamento dello sviluppo vegetativo, migliore lignificazione dei tralci, minore suscettibilità alle malattie ed in particolare alla muffa grigia).


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PERONOSPORA Costante minaccia in tutti gli ambienti italiani, particolarmente dannosa nelle regioni centro-settentrionali. Richiede trattamenti preventivi (in genere dalla ripresa vegetativa fino al pieno sviluppo grappoli). Empiricamente si può fare riferimento alla “regola dei tre dieciâ€? ma è opportuno considerare tutti i possibili fattori di valutazione del rischio infettivo, a partire dalle previsioni meteorologiche. Utili anche i modelli previsionali. Protezione cautelativa nelle fasi vegetative cruciali (es. fioritura): 1) con i tradizionali prodotti di copertura (rameici, ditiocarbammati, folpet, dithianon); 2) con i numerosi prodotti moderni, per la maggior parte sistemici o citotropici, appartenenti a diverse famiglie chimiche e caratterizzati da un diverso comportamento sulla pianta; 3) soprattutto con miscele e/o alternanza degli stessi con cadenza intorno ai 10 giorni. Dopo la chiusura grappolo tendenza a privilegiare prodotti rameici, motivati dai benefici effetti collaterali nei confronti della pianta e della muffa grigia.

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AGOSTINO BRUNELLI

OIDIO (Erysiphe necator)

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A causa delle peculiarità biologiche del patogeno, l’oidio (o mal bianco) è, sin dalla sua comparsa in Europa, una malattia molto pericolosa nella maggior parte delle aree viticole italiane. Esso trova generalmente condizioni pedo-climatiche più favorevoli agli attacchi epidemici nelle regioni centro-meridionali, ma anche nell’Italia settentrionale può causare danni considerevoli, specialmente nelle aree più calde e meno interessate da bagnature della vegetazione, in genere quelle collinari e pedecollinari. Tra l’altro da diversi anni si sta assistendo nelle regioni settentrionali, presumibilmente a seguito dell’incremento delle temperature) a un progressivo incremento della pressione della malattia anche nelle aree di pianura, tradizionalmente esenti da attacchi epidemici. L’elevata aggressività della malattia nella maggior parte delle situazioni pedo-climatiche è collegata alle

peculiarità biologiche del patogeno, che da un lato è poco dipendente dalla disponibilità di acqua nel suo sviluppo, dall’altro può conservarsi durante l’inverno anche nelle gemme come micelio latente, in grado di riprendere lo sviluppo sin dal germogliamento. Peraltro da tempo nelle regioni settentrionali questa modalità di svernamento è andata progressivamente diminuendo di importanza, a seguito dell’attenzione con cui viene condotta la difesa antioidica prima della raccolta, anche grazie alla disponibilità di efficaci prodotti di sintesi. Tuttavia la pericolosità dell’oidio non è calata, considerando il sempre incombente rischio di attacchi epidemici sui grappoli a partire dall’allegagione, causati dai conidi sviluppatisi dai centri di infezione sviluppatisi dalle ascospore emesse dai corpi fruttiferi sessuati svernanti nella corteccia (cleistoteci). Anche in tale nuova situazione epidemiologica pur caratterizzata dalla generale assenza di sintomi macroscopici della malattia in pre-fioritura, è


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rendono praticamente obbligati interventi cautelativi preventivi a partire dalla fine della fioritura e fino all’invaiatura. Particolarmente rigida deve essere la programmazione dei trattamenti nella fase compresa fra allegagione e chiusura dei grappoli, con una cadenza commisurata alle caratteristiche di persistenza del principio attivo scelto, mentre tra la chiusura dei grappoli e l’invaiatura è possibile una maggiore flessibilità, anche in base alla situazione infettiva riscontrata in campo. Dopo l’invaiatura, di norma nei vigneti correttamente difesi, l’oidio non è più in grado di danneggiare gli acini, ma eventuali ulteriori applicazioni possono essere opportune, sia per impedire gli attacchi al rachide, sia per limitare lo sviluppo della malattia a carico delle foglie, che come noto sono la sede di formazione dei corpi fruttiferi sessuati (cleistoteci), attualmente principali responsabili dell’inoculo predisponente gli attacchi dell’anno successivo.

AGOSTINO BRUNELLI

indispensabile non trascurare la difesa in questa fase per evitare lo sviluppo incontrollato delle infezioni primarie ascosporiche. A tale scopo, considerando che in genere nelle regioni settentrionali sono comunque necessari diversi interventi antiperonosporici in prefioritura, è conveniente sfruttare gli stessi per applicare anche un antioidico, scelto in base alla valutazione del livello di rischio infettivo derivante sia dal potenziale d’inoculo proprio del vigneto, sia dell’andamento meteoclimatico più o meno favorevole alle infezioni, anche sulla base di ispezioni di campo volte a verificare il decorso delle infezioni ascosporiche. Un aiuto nella valutazione del rischio infettivo può venire anche dai modelli previsionali. Nettamente più definito è il protocollo di difesa consigliabile nelle fasi successive, in cui i possibili attacchi epidemici agli acini, specialmente nelle prime settimane dopo l’allegagione, e la limitata capacità bloccante degli antioidici su attacchi in atto,

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Per quanto riguarda la scelta dei principi attivi, è opportuno ricordare che fortunatamente oggi la disponibilità è molto ampia. Infatti, dopo i prodotti IBS (inibitori della biosintesi degli steroli), che negli anni 80 e 90 del secolo scorso hanno dominato la scena, affiancandosi ai noti zolfo e dinocap, sono

stati introdotte numerose nuove molecole, con caratteristiche nuove e differenziate che hanno apportato un concreto miglioramento alle possibilità di controllo della malattia, specialmente a livello dei grappoli, grazie anche alla spiccata capacità di fissarsi alle cere degli acini.

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A parte i tradizionali zolfo e dinocap (oggi sostituito dal suo derivato meptyl-dinocap), economici nell’acquisto ma purtroppo dotati di una scarsa persistenza d’azione, i moderni antioidici sono complessivamente in grado di assicurare una durata di protezione pari o superiore a 10 giorni, per cui, considerando che le numerose molecole afferiscono

a diversi meccanismi d’azione e diversi modelli di comportamento fisico sulla pianta (mobilità più o meno spiccata), è possibile programmare strategie d’intervento relativamente sicure sia dal punto di vista dell’efficacia, sia di quello della gestione del rischio di resistenza che, purtroppo, caratterizza le molecole moderne.

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OIDIO Pericoloso nella maggior parte delle aree viticole italiane, specie collinari e pedecollinari. Sverna come micelio latente nelle gemme o come corpi fruttiferi sessuati (cleistoteci) nella corteccia, per poi riprendere lo sviluppo (conidi) dal germogliamento. Consigliabile aggiungere l’antioidico ai diversi trattamenti antiperonosporici in prefioritura. Dalla fine della fioritura all’invaiatura sono indispensabili trattamenti cautelativi preventivi, specialmente fino alla “chiusura” dei grappoli. La scelta dei principi attivi va dai tradizionali zolfo e meptyl-dinocap, a breve persistenza, agli IBS (triazoli) ai moderni antioidici, tutti dotati di una maggiore persistenza, specialmente sui grappoli.

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pianta, ed in particolare sui residui fiorali, costituiscono la base per le infezioni successive, specialmente a carico degli acini a partire dall’invaiatura. Da questo momento in poi, come noto, il patogeno, se trova condizioni ambientali (di tipo agronomico e climatico) idonee può causare danni considerevoli alla produzione e richiede quindi una particolare attenzione, specialmente nelle situazioni favorevoli alle infezioni (bagnature prolungate e grappoli compatti). Le suddette peculiarità biologiche ed epidemiologiche di B. cinerea hanno costituito il punto di partenza per la definizione della più conveniente strategia di gestione della muffa grigia dopo che, negli anni 70-80 del secolo scorso, sono stati introdotti i primi fungicidi a spiccata attività antibotritica.

MUFFA GRIGIA (Botrytis cinerea) Diversamente da peronospora e oidio, che possono causare gravi danni alla vite sin dalle prime fasi vegetative, specialmente in corrispondenza della fioritura-allegagione, la muffa grigia, pur potenzialmente in grado di colpire la pianta in tutte le fasi, raramente trova anche nella pur piovosa Italia settentrionale le condizioni meteo-climatiche favorevoli ad attacchi epidemici anteriormente allo stadio fenologico dell’invaiatura dei grappoli, notoriamente molto suscettibile agli attacchi. Peraltro la fase di fioritura-allegagione rappresenta un importante momento del ciclo biologico del patogeno in quanto corrisponde a una intensa produzione di conidi, i quali insediandosi saprofiticamente sulla

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Bacillus thuringiensis contro le Tignole

I PILASTRI DELLA DIFESA SOSTENIBILE www.biogard.it ProdottI fitosanitari autorizzatI dal Ministero della Salute. Usare i prodotti fitosanitari con precauzione. Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto.



Un approccio di tipo cautelativo potrebbe essere quello di applicare tali prodotti nelle fasi fenologiche direttamente o indirettamente collegate allo sviluppo della malattia e precisamente: 1. fioritura-allegagione, principalmente allo scopo di limitare la costituzione dell’inoculo; 2. pre-chiusura dei grappoli, per assicurare un protezione preventiva delle parti interne dei grappoli, successivamente non piÚ raggiungibili con i trattamenti; 3. invaiatura, fase molto suscettibile e meritevole di essere protetta preventivamente da eventuali attacchi; 4. 3-4 settimane prima della

vendemmia, allo scopo di garantire la protezione preventiva dai possibili, distruttivi attacchi sugli acini in corso di maturazione. Questo modello fenologico, proposto sulla base delle passate esperienze francesi, da tempo è stato in Italia settentrionale adattato alle diverse condizioni ambientali secondo le seguenti linee: eliminazione nella maggior parte dei casi del trattamento in fioritura-allegagione, mantenimento del trattamento cautelativo in prechiusura dei grappoli, gestione flessibile degli interventi previsti a partire dalla fase di invaiatura.

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in particolare nel vino; 2. corretta gestione del rischio di resistenza del patogeno ai principi attivi, a cui tutte le attuali molecole sono esposte, anche in maniera incrociata. È opportuno, peraltro, ricordare, più che per le altre malattie fungine (controllabili solo in maniera chimica), che nella gestione della muffa grigia in viticoltura un ruolo fondamentale è svolto dagli interventi volti a limitare l’aggressività del patogeno attraverso pratiche agronomiche di vario tipo, in grado di ridurre la sensibilità della pianta e/o modificare le condizioni ambientali in senso sfavorevole al patogeno: es. inerbimento del terreno, potature verdi, concimazioni e irrigazioni controllate. Altrettanto importante è, inoltre, evitare danneggiamenti agli acini di natura biotica (es. tignole, oidio) o abiotica.

In pratica dall’invaiatura è possibile rimandare l’intervento al verificarsi di condizioni meteoclimatiche favorevoli agli attacchi (piogge e bagnature), prevedendo un eventuale ulteriore intervento in pre-vendemmia sulla base di considerazioni legate all’epoca di vendemmia e/o alla situazione infettiva di campo. Per quanto riguarda la scelta dei prodotti antibotritici, anche in questo settore si è assistito a un sostanziale rinnovamento e ampliamento della gamma dei principi attivi e oggi sono disponibili diverse opzioni che consentono di rispondere in maniera adeguata a quelle che, al di là della ricerca della massima efficacia, sono le due principali priorità della difesa chimica antibotritica: 1. limitazione del rischio di residualità delle molecole,

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MUFFA GRIGIA Potenzialmente è in grado di colpire la vite in tutte le fasi vegetative ma i maggiori rischi iniziano all’invaiatura dei grappoli. La fioritura-allegagione è una fase critica per le infezioni successive.

La difesa cautelativa prevede il trattamento in: 1) fioritura-allegagione; 2) trattamento cautelativo in prechiusura grappolo; 3) invaiatura; 4) 3-4 settimane prima della vendemmia.

Criteri di scelta dell’antibotritico: 1) Ridotta residualità nel vino; 2) Strategia anti-resistenza. In pratica l’attuale orientamento prevede: 1) Trattamento cautelativo in prechiusura grappolo 2) 1-2 interventi da posizionare fra l’invaiatura e la pre-vendemmia in funzione del rischio, valutato in base all’andamento climatico e infettivo. Per la corretta gestione della malattia possono essere determinanti l’inerbimento del terreno, le potature verdi, concimazioni, irrigazioni e soprattutto le ferite dell’acino (tignola e oidio).

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ESCORIOSI (Phomopsis viticola) È una malattia potenzialmente molto pericolosa in quanto, oltre a ridurre la produzione dell’anno, può arrecare gravi danni alla pianta attraverso la distruzione degli organi vegetativi ed in particolare dei tralci. Peraltro essa non ha nelle regioni settentrionali, una presenza generalizzata, anche perché viene tenuta a freno dai fungicidi applicati contro le altre malattie ed in particolare la peronospora. Solo nei casi in cui, per diversi motivi, compreso l’utilizzo di materiale di propagazione infetto, il patogeno è stato in grado di accumulare un significativo potenziale d’inoculo, l’escoriosi può diventare un problema pratico e tale da giustificare una difesa specifica. Questa richiede la protezione della nuova vegetazione dalle infezioni causate dalle spore prodotte dai tralci colpiti nell’anno precedente ed è imperniata su 2-3 applicazioni sin dalle primissime fasi vegetative di idonei fungicidi, compresi alcuni antiperonosporici non specifici (es. ditiocarbammati, folpet, analoghi delle strobilurine), tenendo conto anche delle piogge, che sono il fattore predisponente le infezioni. Nelle fasi successive la difesa dalla malattia può coincidere con quella antiperonosporica, avendo cura di utilizzare prodotti a duplice attività. La lotta chimica deve, peraltro, essere affiancata da misure preventive agronomiche come l’impiego di materiale vivaistico sano, l’asportazione e la distruzione dei sarmenti infetti, la disinfezione degli attrezzi di potatura.

ESCORIOSI Potenzialmente pericolosa in quanto può ridurre la produzione dell’anno ed arrecare gravi danni alla pianta. La protezione della vegetazione è imperniata su 2-3 trattamenti dalle primissime fasi vegetative con idonei fungicidi, in funzione dell’andamento delle piogge. Fondamentali le misure agronomiche (materiale vivaistico sano, asportazione e distruzione delle parti infette, disinfezione degli attrezzi di potatura).

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MAL DELL’ESCA (Phaeomoniella chlamidospora, Phaeoacremonium aleophilum, Fomitiporia mediterranea)

AGOSTINO BRUNELLI

Il mal dell’esca (chiamato anche “mal dello spacco” a causa della fessurazione longitudinale che determina nel tronco della pianta) è una vecchia e nota malattia della vite, che ha mostrato una forte recrudescenza negli ultimi decenni, non solo nei

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vecchi vigneti, tradizionalmente colpiti, ma anche nei giovani impianti. Ciò ha stimolato un nuovo e crescente interesse anche nell’ambito della ricerca, con l’avvio di studi e sperimentazioni in vari paesi e oggi il quadro della malattia è abbastanza chiaro sul piano delle conoscenze bioepidemiologiche. Le ricerche hanno portato a configurare la sindrome del mal dell’esca come una malattia complessa a cui concorrono diversi agenti fungini (in particolare


(fino ad alcuni decenni fa è stato proficuamente utilizzato l’arsenito di sodio, oggi non più ammesso a causa dei suoi inaccettabili effetti tossici). Come in passato, pertanto, la protezione del vigneto dal mal dell’esca è imperniata su misure di tipo preventivo: impiego di materiale di propagazione sano, corretta gestione agronomica dei nuovi impianti al fine di evitare squilibri fisiologici favorevoli alle infezioni, gestione accurata della potatura nei vigneti infetti onde evitare la diffusione

AGOSTINO BRUNELLI

Phaeomoniella chlamidospora, Phaeoacremonium aleophilum, Fomitiporia mediterranea) che determinano il noto, vario quadro sintomatologico, principalmente a livello delle foglie (tigrature) e dei tessuti legnosi (imbrunimenti e carie). Peraltro il problema della difesa della pianta non ha potuto trovare soluzioni soddisfacenti, analoghe a quelle possibili per le altre malattie della vite, a causa della indisponibilità di mezzi di lotta adeguati alle peculiarità biologiche dei patogeni coinvolti

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MAL DELL’ESCA Da tempo in recrudescenza anche negli impianti giovani. Quadro sintomatologico molto vario a livello di foglie, grappoli e legno, anche perché collegato a diversi patogeni fungini (fra cui in particolare Phaeomoniella chlamidospora, Phaeoacremonium aleophilum, Fomitiporia mediterranea). Mancanza di mezzi di lotta risolutivi, paragonabili a quelli delle altre malattie fungine. Protezione imperniata su misure di carattere preventivo: impiego di materiale di propagazione sano, corretta gestione della pianta a partire dalla potatura, eliminazione dei residui di potatura. Attualmente disponibile un formulato a base degli antagonisti fungini Trichoderma asperellum e Trichoderma gamsii, che applicato al momento della potatura sono in grado di prevenire l’insediamento nella pianta dei patogeni.

della malattia. Un ausilio nella prevenzione del mal dell’esca può oggi venire anche dalla lotta biologica. Recentemente è stato infatti autorizzato su vite un formulato a base degli antagonisti fungini Trichoderma asperellum e Trichoderma gamsii che, applicato al momento della potatura ostacola la penetrazione degli agenti della malattia, colonizzando le ferite da potatura. Valido, anche se non sempre affidabile nel tempo, rimane infine il recupero delle piante infette

attraverso il capitozzamento al di sotto dei tessuti legnosi infetti.

Agostino Brunelli Università di Bologna

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VCR 5

(Biotipo Brunello) VIGORIA GRAPPOLO ACINO PRODUTTIVITÀ

MEDIA

VCR 106

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Potenziale enologico: per vini ricchi in antociani, fruttati, di ottima struttura, da medio-lungo invecchiamento; tannini particolarmente morbidi e rotondi.

VCR 23

(Biotipo Romagnolo) VIGORIA GRAPPOLO ACINO PRODUTTIVITÀ

MEDIA

VCR 109

VIGORIA GRAPPOLO ACINO PRODUTTIVITÀ

                                            

MEDIA

VCR 207

VIGORIA GRAPPOLO ACINO PRODUTTIVITÀ

                                            

MEDIA                                                            

Potenziale enologico: per vini con ottima struttura, dotati di tannini dolci, rotondi. Interessante il taglio con il VCR 106. Molto accentuate le componenti speziato-fenolico e fruttato.

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MEDIA                                                            

(Biotipo Todi) VIGORIA GRAPPOLO ACINO PRODUTTIVITÀ

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(Biotipo Morellino)

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Potenziale enologico: per vini fruttato-floreali da breve–medio invecchiamento. Evidenti sono anche le note speziate. Discreta la struttura.

Potenziale enologico: per vini di elevati sentori speziati da medio-lungo invecchiamento: è il classico Prugnolo.

VCR 105

              

(Biotipo Morellino) VIGORIA GRAPPOLO ACINO PRODUTTIVITÀ

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(Biotipo Prugnolo)

MEDIA               

Potenziale enologico: per vini speziato-fruttati di corpo, sapidi, da prolungato invecchiamento. Evidenti le note di floreale (viola) e speziato-fenolico.

Potenziale enologico: per vini da lungo invecchiamento, speziati, ricchi in colore; ottimo il taglio con il VCR 5 e il VCR 103.

VCR 102

(Biotipo Morellino) VIGORIA GRAPPOLO ACINO PRODUTTIVITÀ

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MEDIA                                                            

Potenziale enologico: per vini con ottimo contenuto in antociani, di buona struttura, speziati, per lungo invecchiamento in taglio con VCR 23 e/o R 24.

VCR 235

(Biotipo Chianti) VIGORIA GRAPPOLO ACINO PRODUTTIVITÀ

MEDIA                                                            

Potenziale enologico: per vini con buon contenuto in antociani, strutturati, speziato-fenolici. Indicato il taglio con VCR209 per vini da lungo invecchiamento.

Per maggiori informazioni, consultate il Quaderno tecnico n. 3 all'indirizzo www.vivairauscedo.com/quaderni-tecnici Via Udine, 39 33095 Rauscedo (PN) – Italia Tel. +39.0427.948811 Fax +39.0427.94345 www.vivairauscedo.com vcr@vivairauscedo.com


44 Emanuele Geminiani


STRATEGIE DI DISERBO DEI VIGNETI Emanuele Geminiani

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Emanuele Geminiani

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Oltrepò Pavese

L

a gestione delle malerbe del vigneto risulta diversificata a seconda degli areali di coltivazione, in funzione di numerose variabili, come le condizioni climatiche, il tipo di terreno, le forme di allevamento adottato, l’età degli impianti, ecc. Ne consegue che la gestione della flora spontanea deve ispirarsi a strategie generali, ma deve essere

necessariamente adattata a livello locale, in modo da considerare la variabilità floristica ed ambientale ed i bisogni delle singole realtà produttive. Nei moderni impianti specializzati si pratica una gestione integrata delle malerbe, combinando differenti pratiche di contenimento nello spazio (sulle file e nelle interfile) e nel tempo (diversi periodi dell’anno).


Emanuele Geminiani

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Vigneto a Montepulciano

Gli interventi con erbicidi sono normalmente localizzati sotto le file, per il contenimento delle malerbe vicino ai ceppi ma anche con finalità spollonante. L’interfila è di norma inerbito e periodicamente trinciato o sfalciato, almeno nelle regioni settentrionali che beneficiano di una sufficiente piovosità primaverile-estiva o di acqua irrigua. Le

lavorazioni superficiali ripetute sono invece una pratica comune al Centro-sud, anche se limitate in genere al periodo primaverile-estivo. Per tutti questi aspetti risulta più corretto parlare di gestione integrata della flora spontanea, anziché di diserbo vero e proprio, anche perché il mantenimento di un cotico erboso può avere, soprattutto in certi periodi, effetti positivi.


Vigneto inerbito nel periodo primaverile.

pratiche irrigue. Nelle zone più fresche del settentrione la composizione floristica vede una maggiore frequenza di specie graminacee. Nel corso dell’estate la relativa freschezza dei terreni permette un maggiore insediamento delle specie macroterme annuali e delle perenni. In generale nel corso dell’autunno si verifica la comparsa di specie annuali microterme, come le graminacee Hordeum, Poa, Lolium, Bromus; tra le dicotiledoni prevalgono Veronica, Geranium, Stellaria, Lamium, Mercurialis, Malva, crucifere (Capsella, Calepina, Cardamine) e composite (Senecio, Sonchus, Taraxacum).

DANNOSITÀ DELLE MALERBE La flora spontanea dei vigneti italiani è costituita da un’ampia gamma di specie che variano in funzione dei diversi ambienti pedoclimatici che caratterizzano l’esteso areale di coltivazione. Nelle aree del Centro - sud si riscontra una forte presenza di dicotiledoni, in particolare crucifere (Sinapis, Rapistrum, ecc.) e una quota minore di graminacee ad emergenza autunno-invernale (Avena, Phalaris, ecc.). La competitività delle specie perenni è invece condizionata dall’andamento climatico estivo o dalle

48 Emanuele Geminiani


Infestazione incontrollata (Chenopodium, ecc.) in un vigneto caratterizzato da una forma d’allevamento.

Dalla fine dell’inverno si verifica l’emergenza di poligonacee, Chenopodium, Solanum, mentre nel corso della primavera compaiono specie annuali macroterme, sia graminacee (Digitaria, Echinochloa, Setaria, ecc.) che a foglia larga (Amaranthus, Conyza, Portulaca, ecc.). Queste malerbe possono continuare ad emergere anche durante i mesi estivi, in particolare nei vigneti dotati di impianti di irrigazione localizzata. Tra le infestanti perenni, che si riproducono mediante organi vegetativi quali rizomi, stoloni e bulbi, si riscontrano principalmente Cirsium, Convolvulus, Calystegia, Cynodon, Equisetum, Sorghum e in

alcune aree, Artemisia, Urtica, Hedera. Per quanto riguarda l’evoluzione della flora spontanea, il ricorso a ripetuti trattamenti con soli erbicidi fogliari (in particolare glyphosate) può favorire la progressiva selezione di specie di sostituzione, come Conyza, Geranium, Malva, Epilobium, Parietaria e le perenni Convolvulus, Calystegia, Equisetum, Cynodon e Agropyron. Per questo occorre alternare l’impiego di diversi principi attivi ed ampliare il concetto di gestione delle malerbe con tecniche di contenimento integrate che prevedano, oltre alla lotta chimica, trinciature, lavorazioni, ecc.

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Vigneto con inerbimento interfilare.

Le stesse modalità di controllo delle malerbe, nonché l’età degli impianti e le pratiche di coltivazione contribuiscono ad influenzare la flora infestante presente nei vigneti. Quando si eseguono frequenti lavorazioni meccaniche, come negli impianti giovani o sotto le file di quelli adulti, prevale un’infestazione a ciclo annuale più tipica delle colture sarchiate. Inizialmente si sviluppano le specie a crescita autunno-invernale, seguite da quelle primaverili-estive, più competitive per il maggiore sviluppo che raggiungono. Successivamente, a causa dell’impossibilità di

effettuare lavorazioni profonde, tendono a prevalere le specie a ciclo biennale e poliennale tipiche degli ambienti di transizione verso gli incolti e i prati. Tra queste infestanti Taraxacum, Plantago, Conyza, Artemisia, Malva, Cirsium, risultano maggiormente competitive sia per il maggior sviluppo che per l’elevata sottrazione di acqua e di elementi nutritivi. Quando si esegue la trinciatura della flora infestante, come frequentemente si verifica nelle interfile degli impianti in produzione, prevale una flora tipica dei prati sfalciati, costituita in prevalenza da specie graminacee.

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Vigneto inerbito, con prevalenza di specie graminacee.

Nel caso in cui si pratica il diserbo sotto le file o su tutta la superficie, possono prevalere specie perennanti come Convolvulus, Calystegia, Cirsium, Malva, Mentha, Brionia, Phytolacca, Potentilla, ecc., e tra le graminacee Cynodon e Agropyron. Nei pressi di aree boschive o anche negli impianti meno curati possono comparire, infine, specie arbustive come Robinia, Clematis vitalba, Hedera, Rubus assai indesiderate. Pur essendo alquanto competitiva durante i primi anni di impianto, la flora infestante risulta spesso tollerata nei vigneti in produzione, offrendo aspetti

vantaggiosi. Il periodo in cui si rende maggiormente necessario il contenimento delle malerbe, in particolare nei terreni meno fertili e con minore disponibilità idrica, è quello compreso tra la ripresa vegetativa e lo sviluppo degli acini. Nel periodo autunno-invernale lo sviluppo delle malerbe è invece maggiormente tollerato. Qualora vengano alternate differenti tecniche di contenimento delle malerbe, si possono riscontrare situazioni di presenza mista ed eterogenea delle infestanti, utile sotto il punto di vista gestionale e dell’aumento della biodiversità.

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GESTIONE DELLA FLORA E DEL SUOLO L’attuale viticoltura persegue obiettivi di elevata qualità, nell’ambito del rispetto delle nuove esigenze economiche, sociali e ambientali. Di conseguenza anche le tecniche di gestione del suolo e delle erbe infestanti continuano ad evolversi per perseguire obiettivi di sostenibilità, riduzione dei costi, compatibilità ambientale. L’integrazione tra diverse tecniche permette di

realizzare modelli flessibili ed efficienti. Le lavorazioni tradizionali, eseguite su tutta la superficie anche come mezzo di lotta alle malerbe, mostrano troppi limiti: costi alti, elevato fabbisogno di energia, induzione di clorosi e microcarenze, possibili danneggiamenti alla base dei ceppi; le lavorazioni superficiali, inoltre, favoriscono processi erosivi nei terreni declivi. La gestione del vigneto in “non coltura”, con il solo apporto di erbicidi su tutta la superficie, non

Emanuele Geminiani

Lavorazione dell’interfilare in un giovane impianto.

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Emanuele Geminiani

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Vigneto con interfilare gestito attraverso periodici sfalci.

appare più un modello di riferimento praticabile. Le implicazioni di carattere ambientale, ma anche la ridotta disponibilità di erbicidi e le conseguente difficoltà di gestione delle malerbe (forte pressione di selezione, con comparsa di flora di sostituzione), ne limitano fortemente l’applicazione. L’inerbimento permanente, spontaneo o artificiale (ottenuto seminando specie adeguate), offre notevoli benefici, ma può presentare dei limiti, in particolare nelle aree in cui la distribuzione delle

piogge è meno regolare. Negli areali in cui la disponibilità idrica è minore si tende sempre più ad orientarsi verso l’inerbimento spontaneo controllato. Questa tecnica di gestione consiste nel lasciare sviluppare liberamente la flora spontanea dalla fine dell’estate fino al termine dell’inverno; la copertura del terreno che si forma spontaneamente viene controllata solo in primavera, prima che produca una biomassa eccessiva, difficile da gestire, intervenendo


la viticoltura specializzata. Gli interventi erbicidi sono eseguiti quasi esclusivamente in localizzazione sotto il filare. Il successo di questa tecnica si deve principalmente alla rapidità d’esecuzione e ai costi di gestione relativamente ridotti. Si evitano inoltre le lesioni radicali e corticali determinate dalle lavorazioni meccaniche, la

Emanuele Geminiani

con lavorazioni, trinciature o diserbo chimico. Attualmente le lavorazioni interfilari sono praticate nelle aree più siccitose e nelle zone collinari, oltre che nei giovani impianti. La gestione dell’inerbimento attraverso periodiche trinciature è prevalente nelle aree più fresche e umide delle pianure, dove risulta maggiormente diffusa

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Vigneto gestito attraverso inerbimento dell’interfila e lavorazioni meccaniche sulla fila.


soprattutto nel periodo autunno-invernale, piÚ piovoso; favorisce poi un aumento della sostanza organica (con migliora mento della struttura del terreno) e la riduzione dei fenomeni di clorosi ferrica ed altre carenze. L’emissione di essudati radicali, inoltre, favorisce il miglioramento delle funzioni biologiche del terreno.

Emanuele Geminiani

formazione della suola di lavorazione ed i conseguenti ristagni idrici; si riducono poi i fenomeni di erosione superficiale e si facilita la transitabilitĂ dei mezzi meccanici. La presenza di un cotico erboso offre diversi vantaggi: anzitutto diminuisce le perdite di nutrienti per lisciviazione o ruscellamento superficiale,

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Vigneto gestito attraverso inerbimento dell’interfila e diserbo chimico lungo la fila.


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PROGRAMMI DI DISERBO CHIMICO

Emanuele Geminiani

Indipendentemente dalla tecnica di gestione del suolo nel vigneto, periodicamente è necessario contenere lo sviluppo delle malerbe lungo i filari, dove la

loro presenza è meno tollerata ed il controllo più difficoltoso. La pratica del diserbo nel vigneto richiede conoscenza dei sistemi colturali, delle specie erbacee e dei relativi cicli, dei prodotti ammessi all’impiego e dei loro effetti diretti ed indiretti.

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Effetti di un trattamento primaverile eseguito lungo la fila di un giovane impianto.


Effetti di un trattamento primaverile eseguito lungo la fila di un giovane impianto.

In alternativa ai trattamenti preventivi con i prodotti residuali, il diserbo dei giovani impianti può essere effettuato con erbicidi fogliari ad azione di contatto, preferendo nel primo anno di vegetazione il più selettivo diquat. Gluphosinate-ammonium può essere impiegato con piena sicurezza a partire dal secondo anno, su piante ben lignificate.

Nuovi impianti A partire dall’impianto del vigneto è conveniente distribuire, su terreno lavorato e privo di infestanti emerse, erbicidi ad azione residuale nelle diverse combinazioni di trattamento (isoxaben, propyzamide, pendimethalin, oxadiazon, oxyfluorfen).

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Per il controllo delle specie perenni, graminacee e dicotiledoni, si deve intervenire sulle chiazze infestate con il sistemico glyphosate, distribuito con attrezzature schermate. Tutti i prodotti ad azione fogliare trovano poi un valido impiego nei trattamenti sulla fila qualora i fusti vengano protetti con apposite schermature (“shelter”), utili anche per evitare danni da parte

della selvaggina. Per una più razionale lotta contro le infestanti dei giovani impianti può essere utile ricorrere all’impiego congiunto di prodotti fogliari ad azione di contatto addizionati di erbicidi residuali, nelle due epoche fondamentali di fine inverno e inizio estate; dopo il primo anno di impianto può essere necessario intervenire anche nel periodo autunnale.

59 Emanuele Geminiani


In questa fase si può intervenire su infestanti non ancora particolarmente sviluppate (graminacee in accestimento e molte dicotiledoni, come le crucifere, allo stadio di rosetta), evitando così i danni da competizione. Grazie all’elevata sensibilità delle infestanti si può intervenire con dosi non eccessive di un erbicida sistemico totale, come glyphosate, ottenendo una devitalizzazione lenta. La presenza della copertura vegetale ritarda così l’emergenza delle specie a nascita primaverile,

Impianti in produzione A partire dal terzo-quarto anno di vegetazione i fusti delle viti presentano uno strato di ritidoma sufficientemente spesso, in grado di svolgere un’azione protettiva e limitare l’assorbimento degli erbicidi fogliari ad azione sistemica. L’intervento chiave in genere è quello che si esegue a fine inverno, prima della ripresa vegetativa, contro la flora infestante che naturalmente si sviluppa durante i mesi autunnali ed invernali.

Esiti di un trattamento primaverile su graminacee lasciate sviluppare nel periodo autunno-invernale.

60 Emanuele Geminiani


contrastando lo sviluppo delle più precoci perenni, quali Cirsium, Artemisia, Equisetum, Rumex, ecc.. Una rapida scomparsa della copertura permetterebbe, invece, un altrettanto rapido reinsediamento delle malerbe. Dopo l’esecuzione del trattamento di fine inverno, in particolare se a glyphosate si addiziona un erbicida residuale (oxyfluorfen, pendimethalin, oxadiazon o flazasulfuron) e non vi è la necessità di intervenire contro precoci infestazioni di specie perenni, quasi sempre si arriva a metà primavera

e oltre senza la necessità di eseguire nessun altro trattamento. Una seconda ondata di infestazione è da prevedersi (secondo i climi e le regioni) tra fine aprile e maggio, periodo in cui si ha la maggiore emissione di polloni (i quali si trovano ad uno stadio erbaceo). In questa fase si può associare il secondo intervento erbicida con la spollonatura chimica, impiegando erbicidi ad azione di contatto come diquat, gluphosinate-ammonium o i più recenti carfentrazone-ethyl e pyraflufen-ethyl.

Esiti di un trattamento primaverile su graminacee lasciate sviluppare nel periodo autunno-invernale.

Dopo questo secondo trattamento non sempre è necessario eseguire un terzo trattamento estivo; nel caso sia necessario, si può intervenire con soli prodotti fogliari. L’inizio del programma di interventi nel corso della primavera, dopo la ripresa vegetativa, si giustifica maggiormente nei vigneti in produzione, allevati a forme alte, e quando vi sia la presenza di poliennali a sviluppo precoce, quali Cirsium, Artemisia, Rumex. In questo caso il trattamento anticipato non è consigliabile, perché troverebbe tali

infestanti quiescenti o con apparato fogliare troppo ridotto. Il trattamento deve essere effettuato preferibilmente prima della fioritura delle infestanti e prima che si formi una biomassa eccessiva, di gestione problematica. Normalmente si impiega il solo glyphosate. Anche se dal punto di vista estetico l’effetto non è dei migliori, il disseccamento delle infestanti sviluppate favorisce la formazione di un abbondante strato di pacciamatura; questo, come prima ricordato, riduce

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l’emergenza di nuova malerbe e ritarda la comparsa delle specie perenni, con la possibilità di posizionare meglio il secondo e ultimo trattamento nei mesi estivi o, come frequentemente si verifica, di posticipare le lavorazioni del terreno. Questo ritardo nell’esecuzione del primo trattamento erbicida porta ad un’estrema semplificazione del contenimento delle infestanti nei vigneti allevati a forme più alte. Nella maggior parte dei casi si completa il programma di diserbo con il solo glyphosate o, nel caso di limitata presenza di specie perenni, anche con ripetuti trattamenti con disseccanti fogliari. I trattamenti autunnali si rivelano particolarmente

convenienti nei comprensori del Centro-sud, dove lo sviluppo della vegetazione erbacea risulta più anticipato. Nelle regioni settentrionali tali interventi, prima della caduta delle foglie, possono essere utili qualora si verifichi un’elevata piovosità nel periodo di fine estate - autunno, con precoce sviluppo delle malerbe annuali. I trattamenti autunnali si giustificano maggiormente negli impianti caratterizzati da forme basse (dove il terreno deve essere sempre libero e la presenza di infestanti è meno tollerata) e nei vigneti nei primi anni di vegetazione. Nei vigneti adulti si interviene, normalmente, con

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verso le infestanti perenni, in quanto è favorita la traslocazione della sostanza attiva verso gli organi perennanti sotterranei. Impiegando dosaggi medi del prodotto è possibile ottenere una buona efficacia nei confronti delle più difficili Cynodon e Convolvulus che, anche se non completamente devitalizzate, ritardano sensibilmente la loro comparsa in primavera, semplificando notevolmente i programmi di diserbo. Dopo l’esecuzione del trattamento autunnale, normalmente si interviene a inizio primavera con soli erbicidi fogliari, ripetendo poi l’applicazione in funzione della presenza di infestanti perenni.

glyphosate, eventualmente addizionato di erbicidi ad azione residuale. L’assenza delle infestanti sotto le file durante il periodo invernale e fino all’inizio della primavera facilita le operazioni colturali di potatura e di asportazione delle ramaglie. Grazie alle favorevoli condizioni di assorbimento degli erbicidi che in genere si verificano in questa epoca, è possibile ottenere un miglior contenimento delle malerbe con dosi relativamente ridotte dei formulati, ed una più completa attività di glyphosate anche verso specie meno sensibili, come Malva e Geranium. L’impiego di questo prodotto sistemico permette inoltre di ottimizzare la lotta

Effetti di un trattamento di fine inverno lungo la fila.

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VERSATILITA’ E PRATICITA’ IN UN UNICO PRODOTTO 3 SOLUZIONI

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viene spesso effettuata manualmente, richiedendo però un notevole impiego di manodopera. Per ridurre i costi si può ricorrere ad interventi meccanici, con macchine operatrici munite di flagelli rotanti. La loro diffusione è però limitata dalle possibili abrasioni e ferite che possono arrecare ai ceppi. Un’ulteriore alternativa è rappresentata dalla spollonatura chimica, effettuata con erbicidi ad azione di contatto che consentono il rapido disseccamento dei polloni.

LA SPOLLONATURA I polloni sono germogli basali assai vigorosi che si sviluppano da gemme avventizie situate alla base delle piante innestate. La loro emissione nel corso della primavera è indesiderata, in quanto essi sottraggono risorse alla pianta e creano disagi nella gestione delle pratiche colturali; possono essere inoltre un ricettacolo di patogeni e rifugio per insetti fitofagi. L’eliminazione dei polloni nel periodo vegetativo

Effetto di un trattamento erbicida e spollonante.

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Emanuele Geminiani

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Disseccamento dei polloni basali ottenuto con l’applicazione di erbicidi di contatto.

Tra questi il diquat è quasi abbandonato a causa della sua elevata tossicità. Anche gluphosinate-ammonium presenta limitazioni d’impiego, ma il suo utilizzo può essere utile per l’azione congiunta verso la generalità delle malerbe presenti sotto le file. I più recenti carfentrazone-ethyl e pyraflufen-ethyl mostrano una rapida azione spollonante ed una secondaria azione disseccante nei confronti di alcune infestanti dicotiledoni, annuali e perenni. In generale occorre intervenire con polloni di consistenza erbacea, lunghi 10-15 cm e comunque

prima della loro lignificazione, con un’unica applicazione o meglio con due interventi ripetuti, che consentono di ottimizzare anche il contenimento delle malerbe.

Emanuele Geminiani Dottore




ALDO FERRERO

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BUONE PRATICHE AGRICOLE Per la mitigazione del rischio di ruscellamento.

Aldo Ferrero e Francesco Vidotto


Il ruscellamento può provocare la contaminazione dei corsi d’acqua superficiali a seguito del trasporto di residui di prodotti fitosanitari presenti sulla superficie dei terreni agricoli, con possibili effetti sugli equilibri degli ecoosistemi acquatici e sulla qualità delle acque destinate al consumo umano. Tale fenomeno non interessa un singolo campo, ma riguarda in genere un territorio più o meno ampio, rappresentato dal bacino idrografico.

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MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI contaminazione delle acque superficiali da prodotti fitosanitari Per prevenire e contenere lo scorrimento dell’acqua sul terreno merita richiamare i concetti operativi proposti da TOPPS-prowadis, che prevedono l’adozione a scala di bacino di Buone Pratiche Agricole scelte sulla base della diagnosi del tipo e di livello di rischio del ruscellamento.

Diagnosi Valutazione rischio ruscellamento Fattori di rischio Pioggia (intensità/durata) Pendenza Lunghezza del versante Permeabilità del suolo Vicinanza ai corpi idrici

Misure di mitigazione Misure di mitigazione Gestione del suolo Pratiche colturali Fasce tampone vegetate Strutture di ritenzione Corretto uso dei prodotti fitosanitari

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buone pratiche agricole


Diagnosi Valutazione rischio ruscellamento

Valutazione del rischio di ruscellamento mediante l’identificazione dei principali flussi dell’acqua a livello territoriale (bacino idrografico) e a livello di campo, con l’impiego di strumenti di diagnosi.

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Tipologie di ruscellamento Riduzione infiltrazione Intensità di pioggia maggiore della capacità di infiltrazione del suolo.

Ridotta permeabilità superficiale (es. crostosità superficiale)

Strato impermeabile

Saturazione del suolo Ridotta capacità di ritenzione idrica del suolo. Ridotta permeabilità strati sottosuperficiali.

Ridotta permeabilità sottosuperficiale (es. suola aratura)

Strato impermeabile

Ruscellamento concentrato L’acqua fluisce in un percorso lineare creando ruscelli e solchi da erosione.

Accumulo di acqua lungo linee di impluvio

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Misure di mitigazione OBIETTIVI Trattenere l’acqua in campo e mitigare il ruscellamento alla sorgente • Aumentare la capacità di infiltrazione del suolo • Incrementare il contenuto di sostanza organica • Ridurre la compattazione del suolo • Ridurre la velocità dei flussi d’acqua superficiali • Evitare la formazione di flussi concentrati • Contrastare l’erosione/conservare i sedimenti in campo Trattenere l’acqua all’interno del proprio bacino idrografico • Trattenere e accumulare l’acqua in bacini di ritenzione/aree umide

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Gestione del suolo Le diverse modalità di gestione del suolo possono avere una differente azione sulla scabrezza superficiale e sulla porosità del terreno. L’obiettivo di queste misure è quello di trattenere l’acqua nel campo e favorire la sua infiltrazione nel suolo.

Riduzione dell’intensità delle lavorazioni • Garantire una buona struttura del suolo • Ridurre l’aratura quando possibile • Ridurre il numero di passaggi di macchine agricole pesanti • Mantenere i residui organici sulla superficie del suolo

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Riduzione del compattamento del suolo (no crostosità) • Evitare l’aratura con suolo eccessivamente umido • Evitare il transito su suoli umidi • Impiegare colture di copertura con radici profonde • Rompere la crosta superficiale (suoli limosi)

Arginature in campo • Impiegare specifici macchinari per la creazione di argini tra le file della coltura

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Gestione del suolo

Orientamento delle carreggiate • Ridurre i flussi concentrati e la compattazione del suolo • Orientare le carreggiate in senso perpendicolare alla pendenza del terreno • Modificare la posizione delle carreggiate ad ogni ciclo colturale • Usare pneumatici a bassa pressione e realizzare carreggiate vegetate o piccoli argini

Lavorazione lungo le curve di livello • Necessarie specifiche macchine agricole • Necessità di pendenze uniformi (2-10%) • Lunghezza del versante < 35 m

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Irrigazione L’adozione di tecniche di irrigazione e di volumi di acqua ottimali in relazione alle esigenze delle colture e delle caratteristiche dei suoli sono fattori fondamentali per la prevenzione del rischio di ruscellamento e di drenaggio.

Pratiche colturali Le pratiche colturali sono in grado di ridurre il rischio di ruscellamento ed erosione in quanto agiscono direttamente e indirettamente sulle diverse proprietà chimico-fisiche del suolo, migliorando la struttura del terreno e incrementando l’infiltrazione dell’acqua.

Rotazione colturale • Adottare rotazioni a livello di campo e di bacino idrografico • Gestire correttamente le rotazioni • Incrementare il contenuto di sostanza organica del suolo

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Coltivazione a strisce interrotte/alternate • Ridurre la lunghezza del versante impiegando la coltivazione a strisce lungo le curve di livello, al fine di ridurre la velocità dei flussi d’acqua

Inerbimento in frutteti e vigneti • Effettuare sfalci regolari (< 15 cm di altezza) • Se l’acqua è un fattore limitante per lo sviluppo della coltura, coprire la superficie del suolo con residui colturali

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Fasce tampone vegetate Le fasce tampone vegetate sono rappresentate da fasce erbacee poliennali, siepi e fasce boschive, in grado di favorire l’infiltrazione delle acque di ruscellamento, di rallentare il flusso delle acque superficiali e di trattenere i sedimenti erosi. • Fasce tampone all’interno e ai margini del campo • Fasce tampone ripariali • Fasce tampone nelle linee di impluvio • Siepi, aree boschive e aree di accesso ai campi

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Funzione delle fasce tampone vegetate nella mitigazione del ruscellamento e dell’erosione Favorire l’infiltrazione dell’acqua e il trattenimento dei sedimenti • Progettare le fasce tampone nell’ambito del bacino • Adottare fasce di larghezza adeguata • Selezionare specie vegetali autoctone • Non utilizzare le fasce come area di passaggio per le macchine agricole • Non concimare o distribuire erbicidi nelle fasce • Mantenere la vegetazione ad una altezza < 15 cm • Rimuovere i sedimenti di suolo dalle fasce • Evitare la creazione, nelle fasce, di vie preferenziali dell’acqua

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Strutture di ritenzione e dispersione Le strutture di ritenzione e dispersione hanno l’obiettivo di rallentare la velocità del flusso di ruscellamento concentrato e favorire la penetrazione dell’acqua nel terreno, limitandone l’ingresso nei corpi idrici superficiali. • Canali e fossi vegetati • Bacini di ritenzione e aree umide artificiali • Barriere protettive a bordo campo (piccoli argini) • Strutture di dispersione (fascine e mini-dighe)

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Corretto uso dei prodotti fitosanitari I prodotti fitosanitari sono sottoposti ad autorizzazione ministeriale basata sulla valutazione dei rischi per l’uomo e l’ambiente. Relativamente alla protezione delle acque, la valutazione dei prodotti fitosanitari può comportare l’adozione di prescrizioni normative riguardanti le condizioni di impiego quali ad es. il rispetto di distanze dei trattamenti dai corsi d’acqua. Il corretto uso dei prodotti fitosanitari richiede, inoltre, l’impiego di attrezzature di distribuzione efficienti e accuratamente tarate. Rispetto delle indicazioni riportate in etichetta • Corrette modalità di impiego • Idoneo momento di applicazione • Corretta dose di applicazione • Adeguate attrezzature di distribuzione Pianificazione del calendario di applicazione dei prodotti fitosanitari • Verificare le previsioni meteo: non trattare quando sono previste intense precipitazioni (il primo evento piovoso dopo l’applicazione è il momento più critico) • Verificare le condizioni di saturazione del suolo: non trattare su suoli saturi • Verificare il flusso di drenaggio: non trattare con drenaggio in corso. Posticipare l’intervento o selezionare prodotto alternativo (verificare con tecnico aziendale, indicazioni in etichetta)

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TOPPS-Prowadis (Train Operators to Promote Practices and Sustainability - to protect water from diffuse sources) è un progetto triennale finanziato dall’Associazione Europea dei produttori di agrofarmaci (ECPA), e avviato nel 2011 in 7 Paesi Europei, con l’obiettivo di individuare le linee guida gestionali (Buone Pratiche Agricole) necessarie a prevenire la contaminazione diffusa dei cor-

pi idrici superficiali da prodotti fitosanitari. www.topps.unito.it

Aldo Ferrero Università degli Studi di Torino e Francesco Vidotto

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Prodotto fitosanitario Autorizzato dal Ministero della Salute. Usare i prodotti fitosanitari con precauzione. Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto con particolare attenzione alle prescrizioni supplementari, ai pittogrammi e le frasi di pericolo per un uso sicuro del prodotto.

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Antinori è oggi un marchio conosciuto in tutto il mondo per la raffinata qualitĂ dei suoi vini. Rappresenta quindi una sintesi efficace dei valori che i consumatori evoluti attribuiscono al Made in Italy. L’intervista al Marchese Piero Antinori ci fa capire come le tradizioni e la cultura materiale della terra possono dialogare con la disposizione a innovare tipica della nostra attuale forma di vita. Lamberto Cantoni


LAMBERTO CANTONI

COVER STORY

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Chianti Classico


passione e profitto i loro terreni. Non è certo per caso se nel 1385 vennero accettati nella corporazione dei Vinattieri. Secondo gli esperti del branding, gli Antinori sono tra le pochissime famiglie al mondo a perpetuare una forma di attività ben delineata, fin dagli albori del proto-capitalismo. Per gli amanti delle classifiche posso aggiungere che, nell’ambito del vino, solo le imprese familiari che si riconoscono nel brand Chateau de Goulaine, attiva sin dall’anno 1000, e i discendenti del Barone Ricasoli, per i quali i primi documenti risalgono al 1141, possono vantare una tradizione pari agli Antinori. Sono questi i pensieri che attraversavano la mia mente, mentre guardavo con piacere l’armoniosa e seria facciata del Palazzo Antinori, cinquecentesca sede direzionale degli affari di famiglia, qualche minuto prima

Durante il Rinascimento fiorentino, uno dei periodi storici più affascinanti nella lunga storia del nostro Paese, gli Antinori erano già famosi per la loro capacità di creare ricchezza, assumendosi calcolati rischi e, diremmo oggi, seguendo audaci strategie di crescita in quei tempi difficili per il commercio, straordinariamente efficaci. Questa propensione alla valorizzazione delle produzioni dei territori agricoli che controllavano e alla loro commercializzazione, nel corso del tempo è divenuta una sorta di testimone trasmesso di generazione in generazione, senza soluzioni di continuità. I documenti storici ci segnalano che fin dal 1178, le plusvalenze famigliari generate da altre attività come il commercio della seta, venivano investite in proprietà agricole. È probabile che gli Antinori curassero con

Chianti Classico

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dotto per il quale entrambe le parole sembrano essere importantissime. Ma come si fa a dare ad esse la giusta regolazione?

di impegnarmi nell’intervista programmata con il Marchese Piero Antinori. Impossibile non provare reverenza e ammirazione per un percorso esistenziale di generazioni che hanno attraversato praticamente tutta la storia che ci ha formato così come siamo. E, con il senno di poi, devo riconoscere che questi sentimenti hanno imposto all’incontro una forma colloquiale nella quale mi sono sbarazzato dell’abito dell’intervistatore, ritrovandomi con piacere ad essere prima di tutto ascoltatore attento e poi prudente conversatore. Nel redigere il testo ho aggiunto qui e là qualche domanda per simulare l’intervista che non è stata fatta, lasciando il più possibile libero l’eloquio preciso e sapiente del protagonista.

…Recentemente ho pubblicato un libro nel quale ho cercato di trasmettere al lettore, che ho immaginato interessato a conoscere lo straordinario intreccio tra le storie della mia famiglia e il vino, il fecondo dialogo che gli Antinori hanno sempre avuto con il passato, i problemi contingenti e l’ombra che il futuro promana sulle vite delle persone. Per scrivere il libro ho dovuto riflettere su ciò che possiamo considerare una sorta di eredità etica e culturale di famiglia; e sono giunto alla conclusione che il nostro tratto distintivo è il rispetto per le buone tradizioni unitamente alla capacità di sviluppare innovazioni compatibili con l’integrità dei nostri valori. Rispettare la tradizione non significa museificarla, o prenderla come un tutto immodificabile. Dobbiamo distinguere in essa gli elementi costitutivi. Il vero rispetto nasce dai nostri sforzi per mantenerne viva la luce dei suoi elementi costitutivi. Ora, lo spirito innovativo, è necessario per cercare le energie con le quali illuminiamo il meglio del nostro passato. Senza passato le parole bellezza e qualità non avrebbero senso. Senza innovazione il nostro saper-fare perderebbe di efficacia e, molto presto, ci troveremmo fuori dal tempo. I nostri vini sono il risultato dell’applicazione rigorosa di questo principio .. E devo aggiungere che, l’aspetto più divertente della mia attività è legato al fatto che non esiste una regola rigida che ti insegni una volta per tutte a fare sempre e comunque vino di qualità. Ogni anno è come se partissimo per una nuova avventura. Il vino è un prodotto molto particolare. Non esistono due vini identici. Ogni annata ha le sue peculiarità. Per usare una parola molto di moda potremmo dire che il vino ci spinge verso la complessità. In questo contesto, per rispettare

Marchese Antinori come ci si sente sapendo di avere sulle spalle 24 generazioni che hanno dato lustro al nome che porta? Mi è stato insegnato a concepirlo meno come un privilegio e nello stesso tempo molto di più come una responsabilità da accettare senza ansie o inutili presunzioni. Noi Antinori amiamo la nostra lunga storia, ma non abbiamo mai concepito la tradizione come una sorta di giardino da proteggere dagli assalti della modernità. Ciascuno di noi vive nel proprio tempo e deve affrontare le sfide che nascono dai cambiamenti che impone l’evoluzione dei processi economici e sociali. Alle mie figlie, Albiera, Alessia, Allegra, con le quali guido la mia azienda, ho cercato di trasmettere una filosofia di vita centrata sull’idea che le radici sono certamente importanti, ma se vogliamo preservare ciò che abbiamo creato nel tempo non possiamo perdere lo spirito innovativo... ....Possiamo generalizzare la dialettica tra tradizione e innovazione un po’ a tutto il settore nel quale Lei opera. Il vino è un pro-

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Albiera, Allegra, Piero e Alessia

tà del terreno collinoso una fisiognomica espressiva veramente coinvolgente. Forse esagero, ma non avevo mai visto nulla del genere... Mi considero un fan di Renzo Piano. Ma la Sua cantina mi è apparsa come progetto molto più interessante di quella progettata dal grande architetto genovese a Rocca di Frassinello, nel grossetano...

la regola della qualità bisogna saper gestire condizioni sottoposte a piccole o grandi modificazioni. Produrre vino di qualità è una affascinante sfida intellettuale nella quale esperienza pratica e ricerca si trovano sempre in prima linea... ... Le sue parole sul dialogo tra tradizione e innovazione mi fanno pensare anche al “contrasto convergente” tra questo meraviglioso Palazzo, e la sorprendente cantina in Chianti classico, a mio avviso tra le più belle al mondo. Quando la vidi per la prima volta, ero lontano e sembrava quasi che la collina che l’accoglieva mi sorridesse. Voglio dire che il taglio alla Fontana del paesaggio voluto dall’architetto Casamonti non solo si integrava perfettamente al paesaggio, ma aggiungeva alla sinuosi-

La realizzazione della nuova cantina ci ha occupato per quasi 7 anni. Volevamo qualcosa che sembrasse appartenere da sempre al territorio che l’avrebbe ospitata. Desideravamo inoltre evitare eccessi di visibilità, oggi di moda nell’architettura. Al tempo stesso ci sembravano importanti la scelta dei materiali, la bellezza, la polifunzionalità. In breve, volevamo un progetto che attraverso l’articolazione degli spazi suggerisse ai nostri clienti

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la filosofia della famiglia. Il lavoro creativo di Archea ci sembrò subito in sintonia con i nostri obiettivi. Era uno studio fiorentino di architetti giovani e molto attenti ai nostri valori. Avevamo la sensazione che potevamo comunicare meglio le nostre priorità lavorando con menti sensibili, del territorio, portate ad innovare nel senso che noi diamo a questa parola. E con il senno di poi, posso aggiungere che la nostra scelta si è rivelata corretta. La nuova cantina esprime quel legame con la terra al quale tenevamo moltissimo. Ha l’eleganza che auspicavamo, ha un bassissimo impatto ambientale e un alto risparmio energetico... ...nel suo libro Lei descrive in modo estremamente efficace ciò che definisce “la filosofia della famiglia” e soprattutto lo stile Antinori. A tal riguardo propone un sug-

Castello della Sala

Castello della Sala

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gestivo modello basato su 5 parole che cominciano con la P del suo nome... ...All’inizio ero poco convinto del progetto del libro. Poi compresi che l’insistenza delle mie figlie era fondamentalmente giusta. Molte persone, clienti, amici, manifestavano il desiderio di conoscere meglio l’avventura di una famiglia che si presentava alla contemporaneità con una striscia lunga 26 generazioni

Tenuta Tignanello

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Fattoria Aldobrandesca

Fattoria Aldobrandesca

Fattoria Aldobrandesca

Tenuta Badia a Passignano

do conto che possono apparire una specie di trucco letterario. In realtà queste parole descrivono meglio di altre il modo di porsi di fronte all’economia, al commercio e alla vita degli Antinori che mi hanno preceduto. Personalmente non amo la gloria dell’azione temeraria e il pressappochismo implicito in essa. L’azione prudente, previdente, precisa è certamente, dal mio punto di vista, la strada stretta che alla fine porta più lontano. Aggiungerei l’importanza della passione. Senza di essa l’azione chiuderebbe le porte all’innovazione, alla ricerca, alla qualità. Io credo che queste 5 parole possono far capire bene anche come deve essere un vino Antinori. Io desidero la qualità intesa come eleganza, armonia. Ho già parlato della variabilità a livello dei fattori di produzione. Per fare un vino di qualità non bisogna mai

che con rara coerenza si erano dedicate con successo al mondo del vino. Non solo questo ovviamente. La mia famiglia è ricca di personaggi che hanno saputo ben destreggiarsi in tutti i campi, dalla cultura all’arte della guerra. Ma non c’è dubbio sul fatto che sia il vino l’elemento che meglio ci connota. Ora, una coerenza lunga 26 generazioni tra le altre cose, presentava ai nostri occhi qualcosa che trovo giusto definire lo stile Antinori. Il mio problema era come raccontarlo. Da qui l’idea di trovare un numero limitato di parole che consentissero di trasformare il concetto di stile in evocazione di esperienze pratiche capaci di suggerirne i valori, sia in termini di contenuti che di etica aziendale. Le parole che ho ritenuto congruenti con lo spirito di famiglia sono: Pazienza, Previdenza, Precisione, Profitto, Passione. Mi ren-

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altri produttori che come me, pensavano a rinnovare i loro vini avendo come obiettivo la qualità e non più solo le quantità. Tuttavia è vero che la maggioranza guardava da un’altra parte, e che indubbiamente io e qualche altro collega abbiamo interpretato inconsapevolmente il ruolo di avanguardia produttiva. Tutto iniziò quando dopo la metà degli anni sessanta le nostre imprese cominciarono ad attraversare una crisi che sembrava irreversibile. Le difficoltà di mercato divennero drammatiche quando il Governo abolì la conduzione a mezzadria. Fino a quel momento e da secoli i proprietari davano in uso i loro terreni a mezzadri che con le loro famiglie conducevano con ampie libertà tutte le attività necessarie per mettere a profitto la terra. A fine anno una parte delle produzioni veniva attribuita ai proprietari, il resto serviva alle famiglie dei mezzadri per vivere e mettere da parte guadagni, legati alla loro capacità di lavorare con dovizia. L’abolizione della mezzadria costrinse i pro-

smettere di ricominciare ogni anno come se fosse un muovo inizio. La precisione gioca un ruolo importante. La passione ci dona determinazione e slancio. Il profitto io lo intendo come una misura dell’efficacia importante che ci conforta o allarma sulle scelte che abbiamo intrapreso… …Ho spesso sentito parlare di un vino Antinori rivoluzionario. Qualcuno dice che il Tignanello è il vino che ha cambiato il volto al modo di intendere questo prodotto in Italia... Per non parlare di come veniva vissuto il vino italiano sui mercati Esteri: secondo discorsi che ho a più riprese intercettato, pare che solo dopo il Tignanello il vino italiano abbia intrapreso la via della qualità necessaria per scalare le posizioni a livello internazionale... ....Io direi che il Tignanello è stato tra i vini più importanti negli anni settanta. Ma per fortuna era in buona compagnia. Esistevano

Tenuta Badia a Passignano

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Tenuta Peppoli

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Fichimori

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Prunotto

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Tenuta Le Mortelle

prietari dei terreni a divenire imprenditori e ad assumere il personale necessario per le attività agricole. Ma una logica di impresa non può essere improvvisata da chiunque. In pochi anni molti terreni, vigneti ed altro vennero trascurati. Per quanto riguarda il vino la crisi dipendeva anche da un’altra criticità. Fino a quel momento i produttori facevano riferimento ad una domanda interna in grado di assorbire quasi tutto il vino del nostro Paese. Il consumatore medio percepiva il vino come un alimento. Il nostro mercato dunque metteva in circolazione grandi quantità di vino a basso prezzo e di scarsa qualità. Questo significa che i produttori non potevano reagire all’aumento dei costi di produzione dovuti alla riforma agraria scaricandoli sul prezzo del vino...

...Il discorso sulla bassa qualità era estendibile anche all’azienda Antinori? ...Grazie alla lungimiranza di mio padre, avevamo previsto e reagito nei confronti del processo evolutivo che ho descritto. Ma seppur in gradi diversi, la crisi ci preoccupava e non ci lasciava presagire nulla buono per il futuro. Proprio in questi anni ereditai le responsabilità di condurre la nostra azienda. Quasi subito presi la decisione di dare una svolta qualitativa alle nostre produzioni. Ed è in questo contesto di cambiamento che nacque il vino del quale vado fiero, ovvero il Tignanello. All’analisi economico-sociale che ho brevemente affrescato sopra, aggiunsi alcune considerazioni di carattere antropologico che ai miei occhi rivestivano una grande impor-

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tanza. Oltre alla crisi, il nostro Paese era attraversato da una radicale trasformazione sociale. La cosiddetta classe media stava diventando sempre più importante. Mi era chiaro che entro poco i modi del consumo del vino sarebbero cambiati. Da alimento si sarebbe trasformato in un prodotto life style. Sulla scorta di questi ragionamenti decisi di investire pesantemente in nuovi vigneti, nella qualità dei nostri vini e di inventarne di nuovi... ... Mi perdoni l’irriverenza ma analisi economiche e antropologiche azzeccate sono una cosa; l’invenzione della qualità e addirittura la creazione di un nuovo vino sembrano un’altra cosa... ...Certamente è così. Infatti fui molto fortunato ad incontrare persone di eccezionale preparazione ed esperienza con i quali creammo i presupposti per una nuova visione della cultura del vino. Un’altra criticità che ben presto individuai era la mancanza di ricerca e

di supporto all’agricoltura delle nostre Università. Viaggiando per il mondo e visitando aziende moderne e competitive mi rendevo conto dei nostri ritardi. In pratica eravamo carenti di conoscenze specialistiche. Quando presi il controllo delle operazioni, ebbi la fortuna di avere in azienda il miglior enologo in circolazione. Giacomo Tachis, stimava mio padre Niccolò, che lo aveva scelto per la sua intelligenza e passione. Nacque tra noi un rapporto di amicizia e stima che mi stimolò a capire quanto le pratiche del passato potessero beneficiare della sinergia con le conoscenze che arrivavano dalla scienza applicata alla viticoltura e alla vinificazione. Eravamo d’accordo sul bisogno di inventare un nuovo vino che valorizzasse i nostri magnifici vigneti. E quindi ci mettemmo subito al lavoro per realizzare un progetto che nessuno aveva mai tentato. Grazie al supporto di Peynaud, senza dubbio in quegli anni una delle massime eminenze mondiali nello studio delle uve, elaborammo una nuova filosofia produttiva basata su ciò che non dovevamo più fare: per fare un

Tenuta Le Mortelle

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Antica Napa Valley

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Stag’s Leap Wine Cellars

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vino rosso di alta qualità non si debbono più usare, come in passato, grosse percentuali di vino bianco; non si deve rinchiudere per 4/5 anni il vino in grosse botti di castagno; non si possono usare sempre le stesse botti... In pratica stavamo mettendo in discussione i modi di produzione tipici del Chianti classico. Ma eravamo certi che l’unico modo di uscire dalla crisi era dare vita ad un nuovo Chianti. La “base” doveva provenire rigorosamente dai migliori vigneti del Chianti, collaudati per l’alta qualità delle uve. Ma le “regole” dovevano cambiare. Da questa nuova filosofia sono nate nel 1970 le 20 mila bottiglie del primo Tignanello, un Chianti classico di uva Sangiovese con piccole dosi di uve bianche, barricato per un anno in piccole botti... ...Immagino che all’inizio i suoi colleghi produttori fossero un po’ scettici, forse polemici, nei confronti delle sue idee innovative... ...Tutte le vere innovazioni all’inizio sembrano provenire da idee poco realistiche. I miei colleghi tradizionalisti pensavano che noi “giovani” fossimo un po’ troppo stravaganti.

Devo ammettere che furono anni non solo di grande impegno, ma anche di divertimento e di una certa spensieratezza. In pratica non mi curavo affatto di ciò che pensavano i colleghi produttori. La mia visione e le piccole filosofie pratiche che insieme ai miei competenti amici stavamo configurando, mi convincevano. La serietà scientifica delle persone che apprezzavo era fuori discussione. Devo dire che l’accoglienza entusiasta dei critici, Veronelli in prima fila, ci liberò presto da ogni discorso polemico. Firenze accolse benissimo il nuovo Chianti. I consumatori sembravano attendere un vino come il Tignanello. Avevamo dato il via ad un processo di trasformazione di un vino che da popolare era divenuto distintivo e percepito come un lusso accessibile. Durante gli anni ottanta, nel mondo si utilizzerà l’espressione Super Tuscan per denotare l’eccellenza dei vino prodotti seguendo la nostra filosofia... ...E’ a questo punto che l’azienda Antinori diviene un vero Brand? Voglio dire: una impresa che aggiunge al saper fare (ottimo vino) una visione marketing?...

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....preferisco pensare che Antinori sia da sempre ciò che oggi viene definito un brand ovvero un prodotto con una identità ben delineata, con una storia e con valori riconoscibili. Abbiamo cominciato ad esportare vini, specialmente in Inghilterra verso la metà del settecento; verso la fine dell’800 siamo stati tra i primi a portare i nostri prodotti a New York e negli Stati Uniti. In giro per il mondo abbiamo ottenuto riconoscimenti significativi. Per quanto riguarda il marketing devo fare una precisazione. Tra il senso comune questa parola significa non solo una organizzazione aziendale pensata per dominare i mercati; significa anche velocizzazione dei processi, manipolazione del pubblico... Ora, in viticoltura la velocità conta assai poco. Per mettere in produzione una nuova vigna occorrono circa 10 anni. Chi lavora un vino qualitativo deve pensarlo come un prodotto distintivo, raro a volte unico. Come ho già detto, ogni stagione ha la sua storia e lascia la sua impronta sul prodotto. Io non so dire se abbiamo fatto branding. Posso dire ciò che concretamente abbiamo realizzato: acquisizioni di vigneti di grande qualità in Toscana e nel mondo, abbiamo curato e dato bellezza ai territori sui

quali operiamo, restauriamo e rendiamo fruibili edifici storici favorendo un turismo del vino rispettoso dell’ambiente, lavoriamo ogni giorno sulla qualità dei nostri prodotti. Se per marketing si intende l’imitazione di modelli astratti, posso dire che non ci ha mai interessato. Se si vuole dire invece che le dimensioni in crescita della nostra azienda e del nostro mercato hanno avuto bisogno di innesti di razionalità, allora, penso che nel corso del tempo abbiamo affinato il nostro modo di gestire l’espansione e i problemi ad essa connessi... ... Come vede l’attuale momento del vino italiano e il futuro del Made in Italy? ...Non possiamo nasconderci le difficoltà del settore. Anche noi, in misura diversa da altri forse, un po’ risentiamo delle difficoltà della domanda interna del nostro Paese. Tuttavia la ricchezza nel mondo aumenta, e con essa aumentano i soggetti che reclamano qualità e autenticità. Non dobbiamo dimenticare che nel vino siamo la prima o seconda potenza del mondo. Spesso sono per lavoro in altri Paesi e posso dire che c’è una enorme attenzione per il vero Made in Italy. Se saremo bravi penso

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Chianti Classico

che abbiamo buone carte da giocare. Bisogna però evitare eccessi di individualismo. Come diciamo da tempo, le nostre imprese devono imparare a fare gioco di squadra. E soprattutto devono migliorare le sinergie con i responsabili delle “regole del gioco”. Grazie alla mia esperienza internazionale posso senz’altro dire che fare impresa in Italia è molto più difficile rispetto altri Paesi concorrenti. Possiamo certamente migliorare questa situazione. L’incertezza della nostra legislazione e diritto pesa moltissimo. Vedo con preoccupazione anche la tendenza all’eccesso di dirigismo della burocrazia europea. Ho la sensazione che spesso vengano prese decisioni senza una

conoscenza approfondita delle specificità del nostro settore. I Paesi che producono vino dovrebbero vigilare e pretendere decisioni sensate per un prodotto che integra benissimo la dieta mediterranea e appartiene da tempo immemorabile alla nostra cultura europea.

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Lamberto Cantoni Direttore Responsabile



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DA PLINIO IL VECCHIO AL WINEBLOG Stefano Raimondi

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Vista aerea delle Langhe, in Piemonte

P

linio il Vecchio, Apicio e Petronio in epoche diverse hanno decantato le eccellenze della produzione vitivinicola italiana esaltando le qualità dei vini di alcune zone già famose all’epoca, una lungimiranza che l’Unesco di recente ha riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità il valore paesaggistico e culturale della coltivazione della vite del comprensorio Langhe-Monferrato per la bellezza e armonia del paesaggio disegnato dalla

vite sulle colline piemontesi, frutto dell’interazione l’uomo e la vite. L’Italia con i settantacinque siti riconosciuti Patrimonio dell’Umanità è tra i paesi più ricchi sotto l’aspetto della tutela dei valori naturalistici e paesaggistici. La lista delle aree agricole che hanno avanzato il proprio riconoscimento alle commissioni UNESCO si allunga ogni giorno di più dimostrando come


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il valore dell’attività agricola sia percepito come un importante valore aggiunto dalle comunità locali per i positivi effetti in termini di sviluppo sostenibile, e al tempo stesso identità delle proprie radici. Negli ultimi anni gli effetti della globalizzazione sono stati molteplici sia nella diffusione delle tendenze del consumo, sia nella condivisione di tecniche di produzione, favorendo l’espansione

della coltivazione della vite nei nuovi paesi produttori, primo fra tutti la Cina. Secondo i dati pubblicati dall’OIV nell’arco degli anni 2000-2013: Francia, Spagna e Italia registrano una flessione delle superfici vitate comprese tra il -13% e -17%, mentre la Cina mostra un incremento del +127%, India +177%. Una geografia della produzione soggetta ad un rapido cambiamento ancora oggi non definitivo.


Il sovrapporsi di fenomeni globali con le realtà e le abitudini locali del consumo determinano una lettura dei mercati sempre più complessa impegnando le imprese ad un monitoraggio continuo delle tendenze dedicando sempre più attenzione e risorse nell’analisi dei mercati. La crescita complessiva dei consumi mondiali è frutto di una strana alchimia tra l’espansione registrata

nelle nuove aree o mercati emergenti; e la flessione in atto nei mercati produttori tradizionali. In questa semplicistica sintesi s’inseriscono le molteplici variabili: d’origine sociale (il consumo delle nuove generazioni), culturale (i modelli alimentari locali), economiche (costi, concorrenza, barriere doganali); senza contare la comunicazione di tutte le fasi produttive includendo gli aspetti ambientali e

Viticoltura nelle Langhe

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Paesaggio agricolo intorno a Monteriggioni (Siena)

salutistici, come dire “dalla vigna al consumer”. Il cambio di passo per il vino italiano nei confronti del consumatore internazionale si registra intono alla metà degli anni ’90 quando il binomio di successo “Nuovo Mondo - vitigno internazionale” registra una decelerazione dell’appeal nel consumatore globale.

Il vino del Nuovo Mondo pur conservando alcuni grandi meriti e significative innovazioni, offre al consumatore un prodotto di qualità con caratteristiche omogenee garantendo da un lato una certezza e un facile approccio; dall’altro una ripetitività non sempre coinvolgente e forse disattendendo la curiosità crescente del consumatore.

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Viticoltura nel Chianti

Il modello Nuovo Mondo, in auge fino ai primi anni del Nuovo Millennio, dopo aver avuto il pregio di avvicinare nuovi segmenti di consumatori, in particolare attirando l’attenzione del mondo femminile al vino, ha registrato un calo d’interesse proprio per le intrinseche caratteristiche seriali,

basate su un ristretto numero di varietà e una tecnica collaudata, forse scontata, limitando le emozioni al consumatore in un ambito troppo circoscritto. In questo cambiamento della domanda internazionale s’inserisce la proposta rivisitata del vino italiano incardinata per l’appunto sul concetto inscindibile

Export del vino italiano valore 1996 settembre 2014

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Castello di Brolio in Chianti, proprietà dei Ricasoli dal 1141

Territorio, Vitigno Autoctono. Un modello costruito a immagine e somiglianza dell’Italia e in grado di offrire al consumatore un numero infinito di scelte. Un’offerta flessibile per natura e coerente alle esigenze di una società postfordista dove l’identità del consumatore si frammenta dando luogo alla “personalizzazione” del fatto su misura, il famoso taylor-made, per ogni singolo consumatore o gruppi di consumatori. Una relazione prodotto-consumatore

basata su un rapporto stretto, confidenziale, intimo quasi one to one . Così quasi per magia gli elementi critici del vino italiano: la grande diversità, il continuo mutare di vitigni, stili e tecniche produttive cangianti lungo la penisola, la difficoltà nella comunicazione per l’uso di termini dialettali e di vitigni sconosciuti, divengono la carta vincente per conquistare il consumatore globale, i mercati internazionali.

Azienda Fontafredda, in Piemonte

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STEFANO RAIMONDI

Il grande orgoglio dei produttori alle prime positive risposte dei mercati, l’accelerazione impressa da internet nel passaparola e la possibilità di creare relazioni personalizzate, hanno completato il resto, favorendo progressivamente la presenza sul palcoscenico globale di decine di territori sconosciuti e trascinando migliaia di produttori e prodotti sulla scena mondiale. Grazie ai nascenti social media il successo è virale, l’interesse verso la scoperta di nuovi

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vitigni, vini e aree fa nascere centinaia di siti, blog, forum, nuove forme di socializzazione di condivisione di socialità intorno a vini, aziende, produttori, che senza particolari sforzi d’investimento mediatici, si trovano al centro della scena globale, diventando i testimonial dei territori. Come sempre le belle storie si confrontano con la realtà nel verificare giorno per giorno la sostenibilità economica e ambientale. In questa specifica


La brillante performance del vino italiano sui mercati internazionali è sotto gli occhi di tutti: prodotto ubiquitario presente in oltre 160 mercati; nell’arco 1996-2013 il valore dell’export è quasi triplicato balzando da 1,7 a 5 miliardi di euro, l’occupazione diretta e indiretta ha registrato una crescita costante; sulla scia del successo nasce l’enoturismo, una delle forme di turismo più in auge e parte integrante dell’economia di molti territori.

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dimensione il modello Italia offre al mondo intero un esempio di sviluppo che segue la tradizione italiana, la storia dei distretti industriali, dove i rapporto territorio realtà sociale è l’elemento fondante di molte eccellenze italiane. Oggi il settore enologico appare tra i più floridi nell’ambito del mondo agricolo e, ad uno sguardo più ampio, dell’intero sistema produttivo del Made in Italy.

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Con la modestia e tenacia il mondo del vino è riuscito a costruire un tessuto produttivo proteso verso i mercati internazionali, con un volume esportato che negli ultimi anni ha ampiamente superato i 20 milioni di ettolitri dei 44 prodotti nella media degli anni

2010/2013, costruendo mese dopo mese relazioni e rapporti commerciali con mercati vicini e lontani, instaurando ogni volta un dialogo con le altre culture alimentari, mostrando quel pizzico d’italianità nell’arte del commercio apprezzata fin dai tempi di Marco Polo.

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Export del vino italiano valore per tipologia gennaio-settembre 2010-2014

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Export vino mondo valore rossi dop per tipologie gennaio-settembre 2010-2014


Più vicino ai nostri giorni il trend dell’export nell’arco degli anni 2010/2014 gennaio settembre registra alcuni fenomeni di notevole interesse. Il primo più evidente è la crescita dei valori nelle tipologie portanti l’export. Il vino in bottiglia registra

una costante crescita da 2.193 a 2.711 milioni €, a fronte di una leggera discesa delle consegne da 9,1 a 9,0 milioni di ettolitri, grazie alla crescita del prezzo medio un parametro che indirettamente esprime la qualità dell’offerta con una crescita da € 2,42 a € 3,10/l.

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Export vino italiano (in volume) per tipologia gennaio-settembre 2010-2014

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Export valore vini rossi dop per origine gennaio-settembre 2014


Questo grande successo passa attraverso l’espansione dei vini Dop e in particolare i rossi Dop che detengono un peso del 26,7% in valore dell’intero export e trovano collocazione per circa il 60% sui mercati dei Paesi Terzi. Negli USA la quota detenuta dal segmento arriva a raggiungere oltre il 30% del valore export. Se nei rossi a dominare sono i vini della Toscana nei bianchi Dop lo scenario è diverso e il gruppo Altre Regioni (Sicilia, Puglia, Campania, Sardegna) prende

il sopravvento con una quota pari al 45% e un valore di 157 milioni € a settembre 2014. Sommate le due tipologie Dop raggiungono il 40% del valore esportato dal settore. I mercati di riferimento per i bianchi Dop sono gli USA con una valore di circa 100 milioni € e la Germania circa 96 milioni €. Il primo mercato mostra un trend in leggera contrazione; nel secondo si assiste all’espansione della domanda.

Export vino mondo valore bianchi dop gennaio-settembre 2010-2014

Export valore vino dop bianco gennaio-settembre 2014 DOP Lazio Mil € 9.4 3%

DOP Toscana Mil € 14.1 4%

DOP Altre Regioni Mil € 156.9 45%

DOP Trentino A.A. e Friuli V.G. Mil € 97.6 28%

DOP Veneto Mil € 70.7 20%

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LA RISCOSSA DELLO SPUMANTE ITALIANO Tra i fenomeni positivi dell’export non può sfuggire il deciso recupero della domanda dello spumante italiano. Per un lungo periodo ultradecennale l’Asti è stato lo spumante italiano ma verso la metà degli anni ’90 la domanda internazionale si è andata progressivamente orientando verso il gusto secco, ridimensionando il monopolio dell’Asti all’interno dell’offerta spumantistica italiana. Negli stessi anni quasi a compensazione prendeva corpo nell’area trevigiana la produzione di Prosecco, un prodotto nuovo sulla scena internazionale, fruttato, di facile consumo ed un prezzo al consumatore contenuto. In pochi anni si assiste al dirompente successo del Prosecco completato dalla successiva riformulazione del quadro normativo e

dall’ampliamento dell’area di produzione. La qualità associata alla crescente produzione ha posto le basi per un repentino recupero nello scenario internazionale, creando uno nuova categoria commerciale. Dopo un periodo di rodaggio a partire dal nuovo millennio, il Prosecco è divenuto il prodotto vincente sulla scena internazionale con tassi d crescita annuali a doppia cifra. Nel periodo 2010/2013 gennaio dicembre, il valore dell’export del prosecco è lievitato da 170 a 395 milioni €, mentre i volumi delle consegne sono raddoppiati da 498 a 1.040 mila ettolitri. I dati dei primi nove mesi dell’anno corrente registrano un ulteriore incremento del valore del +28,7% e del +37,1% in volume, con crescita ancora più significativa nell’area dell’Unione Europea.


Il Prosecco continua a fare proseliti tra nuovi e maturi consumatori; e sono pochi mercati dove non si registrano tassi di crescita a due cifre; e rari quelli dove si registra una flessione delle consegne. Il Regno Unito è il mercato leader con valori nel periodo gennaio-settembre 2013/2014 che balzano da 64 a 97 milioni €, superando di slancio il valore diretto negli USA fermo 84 milioni €. Tra gli elementi positivi il Prosecco riesce a raccogliere consenso nei mercati nuovi come Norvegia e Svezia;

e più tradizionali a partire dal Belgio, notoriamente filo francese. Il successo è talmente rapido che in pochi anni questi nuovi mercati entrano nella lista dei principali mercati di destinazione. Il prosecco Dop arricchisce l’offerta italiana nel solco del binomio territorio/vitigno autoctono creando un unicum con una forte identità in grado di costituire una nuova categoria commerciale e conseguentemente non in diretta concorrenza con altri spumanti. La specificità della combinazione

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Export vino italiano valore per aree gennaio-settembre 2014

UNIONE EUROPEA 52%

NORD AMERICA 28%

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Export vino italiano valore peso per tipologia gennaio-settembre 2014


territorio vitigno consente un margine di difesa più ampio dalle imitazioni, fenomeno sempre più comune e pericoloso per i prodotti di successo e spesso sottovalutato. Accanto al poderoso successo del Prosecco il riconoscimento internazionale premia con grande generosità i prodotti della Franciacorta e del Trentino Alto Adige che vanno ad occupare il top di gamma della spumantistica italiana, estendendo ulteriormente la scelta del consumatore sempre più curioso ed esigente. L’effetto congiunto e sovrapposto con i bacini culturali nelle rispettive aree di produzione Venezia, la Franciacorta o le montagne del Trentino Alto Adige rendono ancora

più forte l’immagine di un ‘Italia dove l’Eccellenza dal vino all’ospitalità turistica è di casa, creando nell’immaginario del consumatore una percezione di qualità irripetibile, un vantaggio competitivo di filiera impossibile da imitare, e basato sul sull’unicità delle eccellenze presenti nel territorio, di cui il vino è il medium. Tra gli effetti diretti di questa strategia va menzionato il chiaro posizionamento dell’offerta italiana nella mappa mentale del consumatore, insieme al cambiamento del paradigma della competitività non più basata nell’esasperata riduzione dei prezzi ma orientata verso l’unicità e qualità del prodotto a prezzi accessibili.

Vista aerea di Alba, in Piemonte

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LE POTENZIALITÀ La strada maestra è stata tracciata dalle esperienze accumulate in questi ultimi anni ricchi di risultati positivi. La sfida per il vino italiano e per l’Italia intera sarà quella di estendere il percorso intrapreso alle aree ancora meno note ma con grandi vini ricchi di potenzialità, spesso situate nelle regioni del

Sud, dove si produce circa il 35% della produzione nazionale. Da qualche anno si registrano segnali incoraggianti in queste regioni grazie all’abilità di un nutrito gruppo di imprenditori molto attivi sul versante dell’export. È decisiva in questa fase una spinta propulsiva in grado di ampliare l’offerta italiana combinando la qualità dei vini ai territori ricchi di cultura e bellezza. I flussi export del 2013

Export mondo spumanti valore per tipologia settembre 2010-2014

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suddivisi per aree della penisola mostrano un profondo gap tra le aree; Nord 75%, Centro 19,6% e Sud 5,4%, creando le condizioni di una crescente fragilità per l’intero vino italiano. La gestione delle esigenze di un mercato globale; e il delicato equilibrio delle realtà territoriali è la grande sfida di domani per garantire lo sviluppo sostenibile alla viticoltura italiana, un impegno

improcrastinabile vista l’imminenza di Expo 2015. La stima dell’export 2014 alla luce degli ultimi dati è compresa nell’intervallo di 5,10-5,15 miliardi € e volumi nell’intorno dei 20 milioni di ettolitri. Il 2014 si annuncia come un anno di consolidamento delle quote acquisite nei mercati internazionali e testimone di un ampliamento del numero dei mercati destinatari dei flussi commerciali.

San Michele all’Adige, in Trentino

In questa prospettiva appare evidente la necessità una riflessione strategica su quanto realizzato finora in Estremo Oriente, dove l’export registra dei risultati modesti e sottotono rispetto alle potenzialità, per individuare nuovi strumenti di comunicazione e rilancio dell’offerta italiana. Non secondaria e sinergica è una maggiore attenzione all’area del Sud America e ad alcune aree specifiche

quale gli Emirati Arabi dove il vino registra, seppur con valori modesti, crescite a due cifre e la qualità è il requisito essenziale. Secondo l’autorevole istituti di ricerca nel 2015 si registrerà un’asimmetrica crescita economica caratterizzata da una prevalente concentrazione nell’area anglofona: Stati Uniti, Canada e Regno Unito dove è prevista la crescita del Pil che avrà l’effetto di stimolo sui consumi.

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Guado al Melo

Per la crescita delle importazioni nei Paesi Bric si dovrà attendere vista le difficoltà crescenti in Russia e rallentamento registrato in Cina. Nell’Unione Europea si ha il timore di un ulteriore stagnazione dei consumi che influenzerà una diretta pressione sui prezzi all’origine; una maggiore dinamicità è prevista nei paesi scandinavi e Polonia.

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Stefano Raimondi


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LA TERRA, IL VINO, L’ARTE

Premio Zingarelli Rocca delle Macie I territori del Chianti sono uno spettacolo di bellezza ed efficienza. Il merito è degli imprenditori agricoli locali che hanno saputo coniugare bellezza ed efficenza produttiva. Rocca delle Macie, con un innovativo progetto dedicato a giovani promettenti artisti, in pochi anni ha costruito un sorprendente evento che sintetizza e comunica benissimo i valori di questo invidiato territorio. Lamberto Cantoni


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LAMBERTO CANTONI


Attraversare il territorio toscano conosciuto in tutto il mondo grazie al Chianti è un vero piacere per gli occhi e per la cultura disseminata in ogni angolo. Credo che esistano pochi luoghi al mondo così ben conservati e ricchi di emozioni storiche. Segno inequivocabile della lungimiranza degli amministratori locali e dell’intelligenza degli imprenditori. Una delle eccellenze che consiglio di visitare agli amanti dei bei paesaggi agresti e del buon vino è Rocca delle Macie, una aziendaterritorio guidata da Sergio Zingarelli e dalla moglie Daniela. Il resort che hanno ricavato da un vecchio borgo medioevale perfettamente restaurato merita ben più di una vacanza. E’ il luogo ideale per le piccole operazioni di restauro interiore che noi, abitatori di città chiassose e spesso deprimenti, abbiamo bisogno di effet-

tuare per riavvicinarci ad un mondo di valori che ci ricordano quanto la vera bellezza sia importante per la nostra vita. Ovviamente il vino e il cibo consumati in questa terra hanno sapori del tutto particolari, difficilmente riproducibili altrove. Mi mancano le parole per argomentarlo, ma vi assicuro che questa è la pura e sacrosanta verità. L’ARTE COME FORMA DI COMUNICAZIONE DEL TERRITORIO Sergio Zingarelli, proprietario di Rocca della Macie, oltre ad essere un imprenditore lungimirante, è un personaggio capace di destreggiarsi bene con la comunicazione concreta ovvero con gli eventi che trasformano progetti informativi in esperienze e spettacolo. Inoltre è un sincero amatore e mecenate

Panorama di Rocca delle Macìe

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dell’arte. Se uniamo queste due caratteristiche comprendiamo benissimo la bellezza del progetto che da qualche anno sta promuovendo per il suo brand ma al tempo stesso per tutto il territorio del Chianti. Con il premio d’arte “Zingarelli Rocca delle Macie”, nato nel 2010, da una idea del noto pittore, amico di famiglia, Raimondo Galeano e organizzato dalla critica d’arte Simona Gavioli, ogni anno invita un plotone di giovani artisti a misurarsi con il Genius loci

imbricato nelle dolci colline disegnate dagli ordinatissimi vigneti e dall’onnipresente olivo, per far sì che essi vi trovino gli insight di pensieri/emozioni che poi si trasformeranno in un’opera d’arte. Tutte le opere che gli artisti eseguiranno, daranno luogo ad una mostra e a tutte le iniziative promozionali che accompagnano questo genere di eventi (convegni, conferenze stampa, educational per giornalisti di svariati settori...).

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Alba di Elisa Mearelli, vincitrice premio istituzionale

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Punto di origine di Micaela Lattanzio, Premio speciale famiglia Zingarelli

Il meta-messaggio comunicato da questo composito evento è dunque evidente: creatività e arte come ambasciatori della bellezza di una forma di vita centrata sul rispetto dei buoni frutti della terra. In realtà le origini del progetto sono molto più legate a questioni familiari che a tattiche o strategie comunicazionali. In primo luogo sono un omaggio al padre, Italo, produttore,

regista e direttore cinematografico, il quale innamoratosi del territorio toscano decise di fondare Rocca delle Macie. “La vita lo ha portato ad appassionarsi alle arti in genere, ma è verso la pittura che egli ha nutrito un grande amore - ha detto Sergio Zingarelli al numeroso pubblico presente nel momento più importante dell’edizione 2014 - Uomo di grande senso estetico, ha sempre scelto i sui

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Gallo Nero di Alessandra Maio

Suppenschsse di Cristiano Tassinari

Cromatismo Emozionale#03 di Paolo Bini

Zolla di Lorenzo Aceto

Black Box di Ammar Al-Hameedi

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Premio d’arte Zingarelli Rocca delle Macie di Federico Ellade Peruzzotti


Ipotesi di Felicità di Martina Antonioni

Rondò di Giorgio Bernucci

Radicata di Enrica Berselli Prove di narrazione di Moisi Guga

Silent Fields di Ian Woodard

Per sei grappoli di Simone Del Pizzol

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Radice di Luca De Angelis


quadri istintivamente, spinto dalla ricerca del bello più che dalla fama dell’autore”. Aggiungerei che Italo Zingarelli doveva essere anche un buon padre dal momento che riuscì trasmettere ai figli le sue gradi passioni: la terra toscana, l’arte di fare del buon vino e il gusto per la bellezza. Devo dire che in una post modernità che ha quasi cancellato il ruolo simbolico del padre, incontrare un messaggio ispirato ai suoi valori è qualcosa che rappresenta un’etica che forse dovremmo riscoprire. Nel frattempo non ci resta che prendere atto delle fecondità che discendono dal discorso paterno, materializzate nel convito arte/terra/vino, alle quali aggiungerei l’attenzione verso i sogni/passioni delle giovani generazioni. Questo insieme di fattori sono stati magicamente intrecciati nel progetto Premio Zingarelli.

SILENZIOSI RACCONTI Il programma 2014, come da copione, era cominciato nell’ottobre 2013 con un convegno intitolato “Silenziosi racconti” (tema del Premio 2014) che presentava al pubblico e ai giovani artisti invitati per l’occasione, le motivazioni del connubio arte/vino/cultura alla base del concorso. Amministratori e imprenditori non vogliono dimenticare che sono stati il vino e il turismo a salvare le bellezze del territorio del Chianti. Senza manutenzione una terra muore. Occorrono dunque stimolare circuiti virtuosi tra attività economiche, storia del territorio e restauri intelligenti per preservarne i valori. L’arte ha il compito di narrare a suo modo queste virtuosità, aggiungendovi i percorsi intimi, le passioni, i traumi se volete, di ogni singolarità artistica.

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Momento della votazione

Dall’alto: la premiazione di Elisa Mearelli e di Micaela Lattanzio

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Per favorire l’imprinting tra giovani artisti e territorio nelle giornate che seguirono il convegno, furono organizzate escursioni culturali, visite ad insediamenti produttivi, passeggiate tra vigneti e pantagruelici radez vous gastronomici, allietati da abbondanti dosi di eccellente Chianti. Ritornati alle proprie case, dopo mesi di lavoro, gli artisti hanno consegnato le opere tratte dall’esperienza che vi ho brevemente descritto. Tra queste una giuria presieduta

dalla famiglia Zingarelli, ha scelto quelle da premiare. La vincitrice dell’edizione 2014 è stata Elisa Mearelli con “Alba”. L’opera raffigura un gallo nero che saluta il primo mattino con le strilla che molti di noi non hanno mai sentito, la cui testa sbuca da una intricata foresta di foglie di vite. A prima vista l’opera appare forse troppo decorativa. Ma se avviciniamo lo sguardo non si può non apprezzare la raffinata abilitá dell’artista nel dare precisione ed energia ad

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ogni segno. Colpisce inoltre l’effetto di delicata materialità dell’opera dovuto alla preziosa carta, usata con fine e femminile sapienza da Elisa. Per quanto riguarda il contenuto, mi inchino all’intrigante immediatezza di senso con la quale ha giocato l’artista: il territorio del Chianti è conosciuto anche con il brand Gallo Nero; quindi il re del pollaio che sbraita all’alba non può che significare un giorno che rinasce; rinascita, rinascimento, arte, Rocca

delle Macie. E così il cerchio si chiude. Un’altro inchino ad Elisa. E’ giovane ma ha già capito tutto sul rapporto vitale che un artista deve avere con i mecenati. Devo dire che io avrei preferito l’opera dell’altra artista vincitrice di un premio aggiuntivo, intitolata “Punto di origine” con un unico dubbio legato alla sua dimensionalità. Il progetto artistico di Michela Lattanzio è molto più complesso rispetto al Gallo che strilla. Confidando nel potere simbolico del cerchio,

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nella sua armoniosità e metafora di equilibrio formale ed emotivo, l’artista ha creato una serie di paesaggi interni alla sua circonferenza per significare la possibilità di un mondo perfetto sorretto dalla dialettica tra i territori figurati e gli spazi spiraleggianti che aldilà del cielo evocano l’infinita ripetizione dei cicli vitali garantita dalla luce/energia del sole. Un’opera ben eseguita con l’unico dubbio legato alla sua limitata dimensione ( in breve, per me doveva essere molto più grande per costringere lo sguardo a quel momento di lentezza e perdita nei dettagli che avrebbe trasformato la ricostruzione mentale della dinamica e armoniosa integrazione di spazi convergenti, in una epifania della mente). Cosa dire delle altre opere in concorso? Simona Gavioli e i suoi collaboratori sono stati bravi nel scegliere il plotone di giovani per questa edizione. Tutte le opere sono state fatte

con partecipazione passionale e una certa padronanza tecnica. Mi ha stupito però ritrovare in quasi tutti i giovani artisti un dominante tono melanconico che, evidentemente, la bellezza dei territori del Chianti non è riuscita ad emendare. Ma questa distonia e’ anche un indicatore di lealtà e onestà dei giovani artisti che pur immersi per giorni in tanta bellezza, non hanno voluto rimuovere il senso dominante delle loro percezioni interiori; un senso che avvicinerei ad un messaggio estetico percepibile come l’ombra di qualcosa di traumatico.

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Lamberto Cantoni Direttore Responsabile



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