Karpòs Magazine - Febbraio 2014

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Edizione Platinum

Karpos

Karpòs alimentazione e stili di vita

Anno III - N° 2 Febbraio 2014

Poste Italiane spa Sped. in A.P.-D.L. 353/2003 (convertito in L. 27/2/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 - Cesenatico

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Radicchi veneti Il pero Tigray Fragole Clementine

L’informazione a portata di tutti


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EDITORIALE

L’INFORMAZIONE A PORTATA DI TUTTI

Renzo Angelini Direttore editoriale

Comunque ciascuno di voi la pensi su questioni come la sostenibilità dei processi produttivi, oppure sull’importanza del rispetto ambientale nel corso delle condizioni di riproducibilità della nostra forma di vita, e’ una realtà di fatto che i saperi e le informazioni sul comparto agro-alimentare e il loro impatto sulla salute nostra e del pianeta nel quale viviamo, oggi rivestono una importanza sconosciuta in altri periodi storici. Ecco perché considero Karpos ben più di una semplice rivista da leggere e consultare nel tempo libero. Infatti concepisco il nostro lavoro di comunicazione una attività che possiede responsabilità etiche molto diverse rispetto ad altre tipologie di riviste. In definitiva noi siamo quello che mangiamo. E mangiamo ciò che possiamo produrre. L’aspetto produttivo comporta l’uso di energia, lo sviluppo di ricerche scientifiche, l’affinamento di pratiche produttive. Tutto questo, moltiplicato per miliardi di individui, produce analisi del rapporto costi-benefici di estrema complessità. L’opinione pubblica su questi temi vuole saperne di più, vuole essere informata su questioni che incontestabilmente sconfinano su temi di vitale importanza. Il nostro impegno è di trasformare il discorso della scienza applicata all’agricoltura e al benessere, in

narrazioni facilmente comprensibili da chiunque senta il bisogno di approfondire le informazioni spesso banali prodotte dai mass media, sull’onda delle attenzioni crescenti che il lettore manifesta su temi agro-alimentari. Mi piace anche immaginare che oltre alla chiarezza e alla robustezza degli argomenti, sia nostro dovere presentare una comunicazione sensibile alla bellezza e agli standard d’immagine tipici di una società evoluta. Ma soprattutto considero fondamentale offrire informazioni alla portata di tutti. È per questo che abbiamo programmato diversi formati di Karpos: l’edizione on line gratuita, la possibilità di avere accesso agli arretrati sia in formato digitale che su carta stampata, e infine un’edizione off line studiata per essere in linea con gli appelli alla sostenibilità che interpretiamo come la vera grande sfida dei prossimi decenni. Karpos cartaceo avrà un formato assolutamente portabile, che ci consente di ridurre quasi del 50% il consumo di carta e di avere un prezzo limitato. In questo modo pensiamo che i nostri sforzi e quello dei nostri partner, abbiano i vettori giusti per raggiungere l’obiettivo di raggiungere tutti e di mettere al passo la cultura della gente con alcuni dei temi cruciali del nostro tempo.

03 EDITORIALE RENZO ANGELINI


KARPÒS MAGAZINE FEBBRAIO 2014

Direttore editoriale Renzo Angelini Direttore responsabile Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012 variazione in corso di registrazione Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) CF 04008690408 - REA 325872

03 L’INFORMAZIONE A PORTATA DI TUTTI Renzo Angelini

43 IL PERO Bruno Marangoni

Grafica Francesca Flavia Fontana Giulia Giordani

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Raccolta pubblicitaria Per contatti cell 335 6355354 pubblicita@karposmagazine.net

FRAGOLE Walther Faedi e Gianluca Baruzzi

Stampa Centro Stampa Digitalprint Srl Via A. Novella, 15 47922 Viserba di Rimini (RN) Tel. 0541 - 742974 / 742497 e-mail: info@digitalprintrimini.com

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10 RADICCHI VENETI Cesare Bellò

85 TIGRAY Paolo Inglese

132 CLEMENTINE Carmelo Mennone


CALEIDOSCOPI

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Paolo Spiga Riol e Mara Zanato - Archivio OPO Veneto da pag. 10 a 34 Paolo Inglese da pag. 84 a 98 Gianluca Baruzzi pag. 118 - 119 -120 - 126 - 127 Carmelo Mennone pag. 134 - 137 - 139 - 142 - 143

KIMBO

OPO FUNGHI

VALVENOSTA

Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini

ASSOLATTE

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Per le fotografie:

In copertina: Pastore del Tigray (foto Paolo Inglese)

GLOBAL FASHION DESIGN CENTER

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BRIO

DONELLI VINI

CON I PIEDI PER TERRA

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UNAPROA

ROSA DI GORIZIA

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FABBRI

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IDCORK PEDON

SAN VALENTINO GABRY SELENELLA

BARILLA CSO

OPO BIODIVERSITY

Non si restituiscono testi, immagini, supporti elettronici e materiali non espressamente richiesti. La riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni è vietata senza espressa autorizzazione dell’editore in mancanza della quale si procederà a termini di legge per la quantificazione dei danni subiti. L’editing dei testi, anche se curato con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali errori o inesattezze, limitandosi l’editore a scusarsene anticipatamente con gli autori e i lettori. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo ha scritto e pertanto ne impegna la personale responsabilità. Le opinioni e, più in generale, quanto espresso dai singoli autori non comportano alcuna responsabilità da parte dell’editore anche nel caso di eventuali plagi di brani da fonti a stampa e da internet. Karpòs rimane a disposizione di altri eventuali aventi diritto che non è stato possibile identificare e contattare.


CALEIDOSCOPIO

CALEIDOSCOPIO

KIMBO È PRESENTE A SIGEP DAL 18 AL 22 GENNAIO CON UN’AMPIA OFFERTA DI PRODOTTI DEDICATI SIA ALL’ITALIA, SIA AI MERCATI INTERNAZIONALI.

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Ogni giorno, Kimbo offre al pubblico di Sigep golose degustazioni per far assaporare, in tutte le sue varianti, il gusto e l’aroma delle sue inconfondibili miscele. Kimbo, caffè tra i più amati e noti in Italia e simbolo dell’espresso napoletano nel mondo, è presente alla 35° edizione di Sigep, vetrina internazionale del settore del dolciario artigianale e del caffè che si terrà a Rimini Fiera dal 18 al 22 gennaio 2014. All’interno del Rimini Coffee Expo, sezione che intende valorizzare tutte le sinergie tra il mondo del caffè e gli operatori di bar, pasticcerie e caffetterie, Kimbo presenta la sua ampia offerta di prodotti dedicati sia all’Italia, sia ai mercati internazionali. In particolare, l’azienda propone “Kimbo Gran Scelta”, una selezione di caffè aromatizzati contraddistinti dalla qualità tipica del brand napoletano: caffè al ginseng, energetico e piacevole, e orzo espresso, cremoso e dal sapore unico. Sarà inoltre presentata, in anteprima assoluta, un’irresistibile crema al caffè per chi desidera concedersi una pausa fresca e golosa assaporando tutto il gusto e l’aroma firmati Kimbo. Kimbo, inoltre, propone l’intera offerta di miscele tradizionali dedicate al canale ho.re.ca.. Sette miscele nel formato da 1 kg in grani comprendono: “100% Arabica Top Flavour” dal gusto morbido e piacevole; “Superior Blend”, miscela dal sapore inconfondibile; “Prestige”, contraddistinta da un aroma più delicato; “Extra Cream”, dall’intesa cremosità unita a un sapore amabile; “Extreme”, corposo e intenso; “Premium”, dal gusto forte; “Unique”, dal gusto pieno. A queste referenze si aggiunge “Decaffeinato”, un’ottima miscela di caffè, decaffeinati con cura, che conserva l’aroma ricco e il gusto pieno del classico espresso. Altre tre miscele si presentano invece nelle più pregiate latte da 3 kg in grani: “100% Arabica Top Selection”, una selezione di miscele top dall’aroma soave; “Limited Edition”, dall’aroma avvolgente; “Gran Gourmet”, caratterizzato da un gusto più dolce. Per far assaporare, in tutte le sue varianti, il gusto e l’aroma della più autentica cultura del caffè, Kimbo propone inoltre, presso il proprio stand, le sue inconfondibili miscele declinate nelle composizioni del “Kimbo Coffee Specialist” Carmine Castellano. Campione mondiale di cappuccino che ha inventato 42 modi differenti di interpretare il caffè, Carmine Castellano aspetta il pubblico di Sigep per golose degustazioni che spaziano dall’espresso napoletano all’espresso con panna

fino a cocktail al caffè caldi e freddi. “Con 1.550.000 kg di caffè venduti in Italia, 2.000 bar e ristoranti serviti, 700 punti vendita della rete Autogrill che vedono affluire ogni anno oltre 1.000 tonnellate di caffè, 700 alberghi clienti in Italia, l’Ho.re.ca. rappresenta per noi un settore in grande espansione – commenta Amedeo Terlizzo, Direttore Vendite Ho.re.ca. di Kimbo S.p.A. - Non solo in Italia, ma anche all’estero: negli ultimi anni, Kimbo è diventato il terzo brand di caffè nell’out of home in Francia e, attraverso la consociata Kimbo UK, sta ottenendo una visibilità sempre maggiore anche nel Regno Unito”. Attraverso le linee presentate a Sigep, Kimbo conferma la propria capacità di saper interpretare e, spesso, anticipare, nuovi stili e tendenze di consumo. I caffè aromatizzati, per esempio, rappresentano un segmento in forte crescita: più del 70% dei gestori di bar li offre ai propri clienti, il 30% dei consumatori chiede caffè al ginseng mentre il 10% consuma orzo espresso. www.kimbo.it



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RADICCHI VENETI CESARE BELLÒ

AGRICOLTURA OGGI

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RADICCHI VENETI: I FIORI D’INVERNO

L’inverno è, nel mondo vegetale, una stagione di quiescenza. Ma nella campagna veneta le brinate tardo autunnali si fissano, con preziose rilucenti trame,sulle geometrie create dalle ampie foglie di impavidi radicchi: stanno sbocciando i “fiori d’inverno”. Cesare Bellò


La piazza più importante di Verona, centro della città antica, è intitolata alle “erbe”, modo veneto di intendere ortaggi e vegetali tutti, che qui fin dai tempi più lontani, convergevano dalle campagne diventando i protagonisti del vivace mercato quotidiano. Quando l’autunno si inoltra verso l’ inverno e il freddo del mattino morde le dita dei venditori dietro i loro banchi multicolori, la loro offerta di freschezza si colora di un rosso speciale. Un rosso nel quale si è stemperato del blu e del viola, e che contrasta decisamente con il bianco. Il radicchio, nelle sue molte varietà, diventa il re di quella mostra di prodotti della terra. La stagione è ideale per dargli quella croccante tenerezza, quel sapore delicato dalle sfumature amarognole che ne fanno una squisitezza della tavola. Le foglie dei cespi si differenziano per qualche sfumatura di quel rosso scuro e sontuoso, ma soprattutto per la forma. Tutte hanno costolature candide, con nervature ora più evidenti ora più modeste, ma alla grazia e all’ andamento languido del Radicchio di Treviso nella varietà Tardiva, si oppone la struttura compatta, a palla, del Radicchio di Chioggia e l’ eleganza impareggiabile

del Radicchio Variegato di Castelfranco, grande rosa sbocciata screziata di rosa, di verde, di giallo. C’è anche il Radicchio di Treviso Precoce, dalle foglie allungate, più strette del Tardivo, il Radicchio Bianco di Lusia e il Radicchio di Verona. Tutte queste varietà discendono, per successivi incroci dal capostipite Rosso di Treviso, pianta appartenente alla famiglia delle Composite, genere Cichorium, specie intybus; una semplice cicoria introdotta in Veneto nel XV secolo, migliorata attraverso successivi incroci e diversificata nelle varie zone. RADICCHIO DI TREVISO IGP La nascita del Consorzio del Radicchio di Treviso, nel 1996, organismo che riunisce i produttori della zona disciplinando il loro lavoro su livelli di alta qualità garantita, ha fatto di un secolare “cibo della povera gente” un gioiello della produzione veneta, riconosciuto con il marchio europeo della Indicazione Geografica Protetta (IGP) e contrassegna il Radicchio di Treviso nelle 2 versioni, Precoce e Tardivo. Se il Precoce presenta bei cespi lanceolati e compatti, di uno slancio

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gotico, con foglie turgide e forti di un rosso lucente e intenso che si diparte dalle nervature bianche, il Tardivo è immediatamente riconoscibile alla sola vista: i grumoli hanno una eleganza nuova, un portamento unico, più morbido e flessuoso, che corrisponde ad una eccezionale delicatezza nell’ aroma e nel sapore delle foglie. Queste, di un rosso vinoso, con sfumature rosate, hanno il fusto più sviluppato, di un candore tra l’alabastro e la perla, ineffabile. La radice del cespo intorno ai 5 cm, da non eliminare! Il Precoce arriva sui mercati da settembre a novembre mentre il Tardivo aspetta l’inverno e ha bisogno del freddo: il suo consumo va da novembre a febbraio. La sua specialità è un trattamento manuale che gli viene riservato dopo il ciclo in campo; un procedimento che sfrutta la natura e che, prolungando il suo ciclo, gli conferisce qualità organolettiche uniche. I cespi, estirpati dal terreno dal 1° novembre, vengono immersi per un periodo di 10-

20 giorni in una vasca dove scorre l’ acqua “risorgiva” dei fiumi della zona; il Sile in particolare, che corre nella campagna trevigiana. Poco profonde, le risorgive con i loro 14° circa sono molto più calde rispetto alla temperatura esterna. Questo fenomeno naturale permette di far “sbocciare” nuove foglie all’interno del cespo originario. Per favorire l’imbianchimento, la vasca è tenuta in penombra o in oscurità. Dopo questa fase si fa la mondatura delle foglie esterne e la toelettatura del colletto e della radice, poi i radicchi sono pronti per l’ultimo lavaggio ed il confezionamento. In queste condizioni il cuore della pianta si è sviluppato, diventando un fiore stupendo, fresco, morbido, pronto da gustare. Le foglie sono croccanti nella consistenza, gradevolmente amarognole al gusto, perfettamente bianche e con un limitato lembo fogliare color rosso vinoso.

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Radicchio di Treviso IGP

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sollevate, a cui segue un terzo giro ancora più inclinato e così via fino al cuore. La radice ha una lunghezza massima di 4 centimetri e un diametro proporzionale alle dimensioni del cespo stesso. Le foglie, spesse ma non troppo, hanno una costola dorsale bianchissima con nervature appena accennate, il bordo frastagliato e il lembo esterno ondulato, quasi arricciato. Una armonia formale alla quale si unisce quella cromatica: le foglie infatti sono di un bianco tra avorio e crema, con variegature distribuite in modo omogeneo: piccole occhiature tra il rosa e il rosso, minuscole pennellate di verde e di viola, lingue di cremisi e di porpora, di giallo, in una squisita alternanza compongono il disegno e la trama di questo fiore d’inverno destinato alla tavola. E il sapore non è da meno di tanto splendore: le foglie, croccanti ma gentili, hanno una dolcezza venata di un amarognolo delicato e soave, che gli dà un carattere del tutto speciale. Alla fine la rosa

RADICCHIO VARIEGATO DI CASTELFRANCO IGP Nato negli orti di periferia di Castelfranco Veneto alla fine del 1700, prende piede poi come coltura invernale di ripiego. Oggi si pone al top della gamma dei radicchi coltivati, e ha il primato incontrastato della bellezza. Nessun ortaggio assomiglia a una rosa dalle mille screziature, nessuno offre un gusto così squisito nei suoi “petali” meravigliosamente regolari, che si dispongono con naturale grazia intorno al cuore del cespo. Anche questo, come il Radicchio di Treviso, è il frutto di un processo di forzatura, una tecnica colturale che riesce a accelerare e favorire l’emissione e la crescita delle foglie interne della pianta e che raggiunge effetti straordinari. Il cespo ha un diametro di almeno 15 cm e una forma armoniosa, compatta, serrata ma anche aperta. Partendo dalla base si ha un giro di foglie piatte. Poi un secondo giro di foglie leggermente

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Radicchio variegato di Castelfranco IGP

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d’inverno è sbocciata, stupenda, fresca e integra. Un sigillo di garanzia chiude gli imballaggi e le confezioni riportando i dati del produttore e rendendo il Radicchio Variegato rintracciabile, riconoscibile e sicuro. Il prodotto commercializzato a marchio IGP si trova in due categorie di qualità: extra e prima. Nella categoria extra i cespi devono rispondere a tutte le caratteristiche tipiche della varietà, essere di qualità superiore e non devono presentare neppure una traccia di colore

verde. Pronti per la tavola, ecco i cespi armoniosi dai colori variegati. Starebbero benissimo riuniti in una coppa trasparente come decorazione, ma ancor di più si apprezzano come piacere del palato. L’ideale è gustarli crudi, foglia dopo foglia, con poco, eccellente condimento: olio extravergine di oliva dal gusto non troppo spiccato, sale, pepe macinato al momento, magari una goccia di aceto, anche balsamico, secondo i gusti per tonificare l’insieme.

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RADICCHIO DI VERONA Si presenta come un cespo a grumolo, di foglie compatte, leggermente più allungato rispetto a quello rotondo di Chioggia, che viene messo in commercio con una piccola parte della radice o fittone. Due le tipologie: 1)Precoce del peso da 150-300 grammi, le foglie con margini privi di frastagliatura e piegate verso l’ interno addossate le une alle altre presentando una nervatura centrale bianca, piuttosto sviluppata. La raccolta e commercializzazione inizia il primo ottobre. 2)Tardivo del peso di 100-300 grammi, rispetto al precoce per la raccolta bisogna aspettare il 15 dicembre. Questo ritardo è legato al processo di forzatura e di imbianchimento fatto direttamente in campo dove i cespi si riuniscono orizzontalmente in grossi cumuli. Le condizioni di umidità, temperatura e luce che si hanno nei cumuli permette lo “sbocciare” di foglie nuove all’interno del cespo originario, che presentano una colorazione rossa più intensa mentre il bianco delle nervature è più evidente. Al gusto sono croccanti, leggero sapore dolceamaro speciale, che fanno del Tardivo un prodotto più elegante. Segue la toilettatura con eliminazione delle foglie esterne e si recide la radice a 4 cm dalla base.

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RADICCHIO DI CHIOGGIA Una città marinara per storia e peschereccia vocazione, che ha il pesce nelle vene e la laguna negli occhi, vede il suo nome andare per il mondo per un prodotto della terra. La terra è l’altra anima di Chioggia: nutrita dal mare, fertile e generosa di sapori e di aromi, diventa orti e campi tutt’attorno, si allunga oltre il ponte sul Lusenzo, a Sottomarina, e più sud, tra il mare e il canal di valle fino all’Adige. Il radicchio non era certo assente nella vita e nella cultura contadina: proverbi e detti popolari anche in provincia di Venezia confermano che era mangiar comune, per la grande disponibilità di specie selvatiche e coltivate. “Chi magna radici e salata, fa la vita beata” si diceva, e forse era un modo per consolarsi di una dieta povera e un po’ ripetitiva, perché per secoli, insieme alla polenta,

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Radicchio di Chioggia IGP



Radicchio di Chioggia IGP


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il popolino non aveva gran che da portare intavola. Le zone che gravitavano nell’ambito della Serenissima erano certamente privilegiate rispetto ad altre, ma nelle deliziose baruffe chioggiotte che Goldoni porta sulla scena, non sembra che la vita e lo stomaco della gente comune fossero poi molto ricchi di possibilità. Cicorie e radicchi che crescevano nelle campagne ed erano il cibo quotidiano, cominciarono nel secolo XVII ad essere coltivati negli orti e diventare oggetto di cure e incroci per ottenerne di più teneri e grati al palato. Oggi il Radicchio di Chioggia è il più diffuso e consumato, pur avendo esordito nel panorama orticolo, intorno agli anni cinquanta. Il suo colore e la sua forma lo hanno elevato all’interesse di tutto il mondo accomunandolo ad una rosa: la Rosa di Chioggia. Oggi ha conquistato il posto sullo scaffale, grazie alla bella forma sferica, il colore deciso e la corposa consistenza che si traduce in una lunga conservabilità. A

differenza degli altri radicchi, che sono tipici dell’autunno-inverno, la sua stagione si prolunga decisamente e perciò lo si ritrova quasi sempre. Reperibile tutto l’anno, si fa più raro solo tra aprile e maggio. Esiste il precocissimo, seminato in febbraio-marzo e si raccoglie in giugno-luglio, il semi - precoce che si semina a fine giugno e si raccoglie in settembre, mentre le varietà dell’autunno – inverno, più resistenti al freddo, si seminano a metà luglio e si raccolgono fino all’inizio di gennaio.

Cesare Bellò Consigliere delegato Organizzazione Produttori Ortofrutticoli Veneto

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CALEIDOSCOPIO I FUNGHI COLTIVATI NEL VENETO TENGONO BENE IL MERCATO E “CRESCONO”

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I funghi coltivati nel Veneto sono ottimi “passisti” sul mercato: riescono a mantenere bene le posizioni ed i prezzi, con tendenza ad un leggero aumento. Sono sostanzialmente soddisfatti i produttori. Negli ultimi mesi la domanda è stata costante e di buon livello; durante le feste hanno registrato un discreto aumento di domanda e il nuovo anno è cominciato nel segno della continuità. “E’ un andamento positivo che lascia intravvedere buone possibilità, rileva Marco Menin, consigliere di OPO Veneto, alla testa di una “storica” azienda di funghi a Tisoi, alle porte di Belluno.

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E’ positivo soprattutto il fatto che anche la Grande distribuzione chieda sempre più funghi italiani, dei quali sono garantite l’origine e la qualità, rispetto a produzioni, che sono concorrenti per prezzo, ma che non si sa da dove vengono e come sono lavorate. E’ un fattore che fa crescere la domanda, tanto più che la stessa industria conserviera sta privilegiando il fungo coltivato in Italia. Succede anche, in alcuni momenti, che manchi il prodotto nostrano e questo fa che le sue quotazioni si mantengano su buoni livelli”. L’andamento positivo è confermato da OPO Veneto, che commercializza funghi di aziende con il marchio QV, qualità verificata, rilasciato dalla Regione Veneto che attesta che il prodotto segue i dettami della Produzione Integrata ed è coltivato nel rispetto di pratiche sostenibili e della salute dei consumatori, quindi con un basso impatto ambientale. “E tutto questo, commenta Simone Natali, vicedirettore di OPO Veneto è un valore aggiunto, fa la differenza e motiva l’affermazione sul mercato”. Nel Veneto si producono soprattutto funghi champignon e pleurotus e, a distanza, piopparelli e altre varietà. www.ortoveneto.it



CALEIDOSCOPIO RED DELICIOUS VAL VENOSTA Un inverno magico, scaldati dal rosso fuoco di Red Delicious Val Venosta

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Malghe coperte di neve e scintillanti cime innevate: è l’inverno, una stagione magica in Val Venosta dove, complice un soffice manto di neve, la natura viene trasformata in un paesaggio incantato, sospeso in un’atmosfera ovattata. Aria cristallina e cielo terso, la Val Venosta è ricca di bellezze naturali che in questa stagione sono rese particolarmente suggestive dai vari contrasti paesaggistici: le imponenti cattedrali di ghiaccio del Massiccio dell’Ortles si ergono sopra romantiche valli assolate che cedono il posto a pendii scoscesi e distese innevate.

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A riscaldare le fredde giornate invernali con le sue tonalità rosso fuoco c’è la Red o Stark Delicious Val Venosta. Frutto dalle qualità straordinarie, la mela Red Delicious è caratterizzata da una colorazione rosso vivo e brillante, quasi cerato, a cui va ad aggiungersi il sapore unico e intenso dell’interno. La polpa finissima, di color bianco crema, ha un aroma inconfondibile: dolce e aromatica all’olfatto, la mela Red Delicious risulta leggermente acidula e succosa al gusto. La Red Delicious della Val Venosta dal 2005 può fregiarsi del titolo di “Mela Alto Adige IGP”, è la seconda varietà più coltivata in Val Venosta, dove cresce coccolata dalla dedizione e dall’amore dei melicoltori venostani. La natura incontaminata, la conformazione geologica, la posizione privilegiata e lo speciale microclima sono i fattori che contribuiscono alla produzione di queste mele di altissima qualità, dalla polpa soda e succosa. Ottima da mangiare sia cruda che cotta, ha eccellenti proprietà nutritive ed organolettiche: è consigliata in particolare per la preparazione di macedonie, dessert, strudel e torte. Vi suggeriamo un dessert che unisce l’aroma intenso delle spezie alla dolcezza della mela Red Delicious, in un perfetto equilibrio che rievoca le tipiche atmosfere invernali.

www.vip.coop.it MELE RED DELICIOUS VAL VENOSTA SCIROPPATE AL PORTO, GELATO ALLA CANNELLA Ingredienti: N° 5 Mele Red Delicious Val Venosta 500 ml. Porto 250 ml. Acqua 250 ml. Vino rosso 500 g. Zucchero N° 1 Stecca di cannella N° 1 Chiodo di garofano N° 5 Grani di pepe nero 600 g. Gelato alla cannella Preparazione: Mettere a bollire il porto, l’acqua, il vino rosso lo zucchero e le spezie. Pelare le mele, tagliarle in ottavi rimuovendo i semi. Cuocerle nello sciroppo bollente per circa 8-10 minuti. Scolarle e lasciarle raffreddare. Far ridurre lo sciroppo, quindi aggiungervi le mele. Disporre le mele in una coppetta, glassarle con lo sciroppo e ultimare con una quenelle di gelato alla cannella.



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CALEIDOSCOPIO

ASSOLATTE: “SEMAFORO VERDE” DAL MONDO DELLA RICERCA PER LATTE, YOGURT E FORMAGGI. LE 12 SCOPERTE NUTRIZIONALI TOP

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Assolatte: macché semaforo rosso sui nostri formaggi come vorrebbero gli inglesi. Secondo le nuove evidenze scientifiche sui benefici salutistici e caratteristiche nutrizionali dei prodotti lattiero-caseari, latte, yogurt e formaggi si meritano un bel “semaforo verde“. Ecco le 12 news più interessanti pubblicate dalle riviste scientifiche internazionali nel corso del 2013. Per il governo inglese molti dei nostri migliori formaggi dovrebbero essere etichettati con un “semaforo rosso“. Invece, per i ricercatori di tutto il mondo, si meritano un bel “semaforo verde“: anche dai più recenti studi condotti sono emersi nuovi e stimolanti benefici collegati al consumo del latte e dei suoi derivati. Assolatte ha effettuato una selezione degli articoli più interessanti apparsi sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali: ecco 12 “good news” – una al mese – che ci hanno accompagnato nel 2013. I PRODOTTI LATTIERO-CASEARI HANNO UN EFFETTO ANTI-INFIAMMATORIO

Uno studio pubblicato su “The American Journal of Clinical nutrition” ha fatto chiarezza sul presunto effetto infiammatorio dei latticini, arrivando alla conclusione che consumare prodotti lattiero-caseari non provoca impatti negativi sui biomarker dell’ infiammazione sistemica di basso grado, un fattore di rischio comune alle patologie metaboliche e cardiovascolari. Per gli autori dello studio non esistono prove scientifiche per sostenere che il latte e i suoi derivati esercitino un effetto negativo sugli indici di flogosi sistemica negli adulti sovrappeso e obesi. Al contrario, da questi trial emerge che i prodotti lattiero-caseari potrebbero avere un effetto anti-infiammatorio: una tesi che andrà approfondita con nuove ricerche. I LATTICINI PROTEGGONO DALL’AUMENTO DI PESO DETERMINATO DALL‘ETÀ

I maggiori consumatori di latte e derivati sono quelli che, con il passare del tempo, mostrano il minor guadagno di peso e minor aumento di circonferenza vita, sia nel breve che nel lungo periodo. A rivelarlo è stato un ampio studio prospettico pubblicato sull’“International Journal of Obesity”, da cui emerge l’effetto protettivo a lungo termine dei prodotti lattierocaseari sul peso corporeo. Un’evidenza che si deve a molti meccanismi, come hanno rivelato alcuni studi pubblicati sul “Nutrition Journal” e su “The American Journal of Clinical Nutrition” che la attribuiscono alla capacità dei latticini di aumentare la sazietà, ridurre l’assorbimento dei grassi, di aumentare la lipolisi e di migliorare il meccanismo di insulinoresistenza. I LATTICINI SONO LA FONTE DI CALCIO PIÙ ECONOMICA

Un lavoro pubblicato dal “Journal of American College of Nutrition” ha valutato come cambia il costo di alcuni nutrienti (tra cui il calcio) se li si assume consumando alimenti differenti. I ricercatori hanno messo in relazione i dati relativi alle indagini sulla sorveglianza nutrizionale negli USA con il contenuto di nutrienti dei principali gruppi di alimenti, calcolando la spesa necessaria per coprire il 10% del valore raccomandato per un determinato nutriente. Il latte ed i suoi derivati sono risultati un’ottima scelta per mettere d’accordo nutrizione e portafoglio: i prodotti lattiero-caseari sono di gran lunga le fonti più economiche di calcio e sono fra quelle meno costose di vitamina B2 e B12. IL LATTE NON È UN ALIMENTO ACIDIFICANTE

Alcune teorie “alternative” sostengono che il latte e i suoi derivati siano nocivi per le ossa, perché acidificherebbero il sangue. Tuttavia le evidenze scientifiche non supportano questa ipotesi. In particolare, uno studio pubblicato sul “Journal of Bone and Mineral Research” ha dimostrato che il fosfato e il solfato non sono dannosi per l’osso in quanto il calcio urinario non è correlato al contenuto di calcio dell’osso. Un’altra ricerca, comparsa sul “Nutrition Journal” ha rivelato che, di per sé, il fosfato non ha alcun impatto negativo sul metabolismo dell’osso. Infine uno studio pubblicato da “The American Journal of Clinical nutrition” ha concluso che consumare un pasto contenente proteine del latte aumenta la calciuria ma non a causa di perdite di calcio dall’osso, bensì al miglioramento dell’assorbimento intestinale del calcio come emerge da un altro studio comparso su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism”. In conclusione, al contrario di quanto affermano certe mode “alternative”, non solo il latte e i prodotti lattiero-caseari non sono nocivi per l’osso ma anzi aiutano a raggiungere il picco di massa ossea che costituisce la riserva di calcio dell’organismo. I LATTICINI SONO FONDAMENTALI PER MIGLIORARE LA NUTRIZIONE IN TUTTO IL MONDO

Latte e derivati hanno un ruolo centrale per migliorare la nutrizione degli abitanti di tutto il mondo, sia nei paesi ricchi che in quelli emergenti. Ad affermarlo è la FAO nel suo recente studio “Latte e prodotti caseari nella nutrizione umana” in cui sottolinea che il latte e i prodotti lattiero-caseari sono ricchi di micronutrienti fondamentali per combattere la malnutrizione nei Paesi in via di sviluppo, dove l’alimentazione delle popolazioni povere è spesso basata solo su cereali e carboidrati. In una dieta equilibrata i latticini sono una fonte importante di energia alimentare, di proteine e di grassi e aiutano anche a prevenire malattie legate alla dieta, come il diabete di tipo 2 e alcuni tipi di tumori. L’INTOLLERANZA AL LATTOSIO È MENO DIFFUSA DI QUELLO CHE SI CREDE E SI PUÒ VINCERE FACILMENTE

Nel suo recente rapporto intitolato “Latte e prodotti caseari nella nutrizione umana”, la FAO ha ridimensionato il


I PRODOTTI LATTIERO-CASEARI CONTRIBUISCONO A PREVENIRE LE MALATTIE DEL BENESSERE

Due studi pubblicati sull’”Obesity Reviews” e su ”The American Journal of Clinical Nutrition” hanno acceso i riflettori sul ruolo dei prodotti lattiero-caseari nella prevenzione di molte delle patologie del nostro tempo, come la sindrome metabolica, l’ipertensione, le malattie cardiovascolari e alcuni tipi di tumore. I PROBIOTICI SONO EFFICACI PER LA SALUTE DELL’INTESTINO

Ogni giorno, in media, vengono pubblicati due nuovi articoli scientifici dedicati ai probiotici, con risultati sempre più interessanti riguardo l’importanza della flora batterica intestinale e la capacità dei probiotici di favorirne l’equilibrio. La valenza funzionale dei probiotici è confermata anche dal documento di consenso “Probiotici e salute: stato dell’arte basato sulle evidenze”, pubblicato su ”Pharmacological Research“. I LATTICINI CONTRIBUISCONO A PREVENIRE L’IPERTENSIONE

Una ricerca della Harvard School of Public Health di Boston, pubblicata da “Hypertension”, ha indagato l’associazione fra i prodotti lattiero caseari e l’incidenza dell’ipertensione su 29.000 donne dai 45 anni insù. In questo studio, durato dieci anni, si è osservato che sia l’assunzione di prodotti lattiero caseari a basso contenuto di grassi, che l’assunzione di calcio e di vitamina D erano inversamente associati con il rischio di ipertensione, suggerendo un loro potenziale ruolo nella prevenzione primaria di questa malattia. I LATTICINI SONO GLI ALIMENTI PROTEICI MIGLIORI PER CONSERVARE I MUSCOLI IN FORMA

Consumare delle proteine dopo l’esercizio fisico è la strategia più efficace per avere muscoli sani e tonici, come rivela uno studio pubblicato su Current Opinion in Clinical Nutrition & Metabolic Care”. E le proteine del latte si sono rivelate più efficaci dei carboidrati o dei supplementi di soia nel supportare

gli aumenti della massa magra indotti da un allenamento di forza. Inoltre sono anche le più indicate per contrastare la riduzione della massa muscolare, e di conseguenza anche della forza, che avviene con il progredire dell’età e che riguarda il 30% delle persone di 60 anni e oltre. Le proteine del latte sono le migliori nel favorire la sintesi proteica muscolare per due ragioni: da un lato sono facilmente digeribili e sono assorbite in misura elevata dall’organismo, dall’altro la loro composizione in amminoacidi è ottimale per supportare la sintesi proteica muscolare. LO YOGURT HA UN RUOLO ANTIOBESITÀ

Un consumo regolare di yogurt aiuta a controllare il peso corporeo. E’ la conclusione a cui è giunto uno studio prospettico condotto su oltre 120mila americani e presentato al First Global Summit of the Health Effects of Yogurt, tenutosi a Boston. A determinare il ruolo anti-obesità dello yogurt non c’è solo il favorevole rapporto tra ricchezza nutritiva e basso valore energetico (un vasetto di yogurt magro apporta appena 45 kcalorie) ma anche la recente scoperta della sua capacità di promuovere la degradazione dei grassi contenuti nelle cellule. Merito del suo elevato contenuto di calcio (in un vasetto di yogurt ce ne sono ben 150 mg), un minerale che, assunto ogni giorno in quantità adeguate, si è rivelato efficace nel modulare i processi di sintesi e di degradazione dei lipidi all’interno dell’adipocita, facendo perdere più grasso corporeo (soprattutto addominale) e in minor tempo. FARE COLAZIONE CON I LATTICINI PROTEGGE DA ALCUNE PATOLOGIE CRONICHE

Uno studio italiano condotto su oltre 18mila soggetti adulti e pubblicato sul “Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases Journal” ha messo in evidenza che la tipica colazione italiana a base di prodotti lattiero caseari e prodotti da forno esercita un fattore protettivo nei confronti dell’eccedenza ponderale, della pressione arteriosa, dell’iperglicemia e della colesterolemia. www.assolatte.it

CALEIDOSCOPIO

fenomeno dell’intolleranza al lattosio, sostenendo che la maggior parte delle persone può consumare con tranquillità prodotti lattiero-caseari, come yogurt e formaggi stagionati. Studi di tollerabilità in doppio cieco, pubblicati sul “Journal of Nutrition” e su “The American Journal of Clinical Nutrition” hanno evidenziato che una quantità di 12 grammi di lattosio, in soluzione acquosa, in un’unica somministrazione e a digiuno, è ben tollerata dalla stragrande maggioranza delle persone con documentata ipolattasia e che i 12 grammi di lattosio sono ancora più tollerabili se contenuti nel latte scremato o intero. 12 grammi di lattosio sono quelli contenuti in una tazza di latte, che quindi risulta idonea al consumo per la stragrande maggioranza degli intolleranti. Inoltre il consumo di lattosio in quantità anche importanti, ma costantemente nel tempo, ne migliora la tollerabilità, come dimostrato da alcuni autori sul “Journal of the National Medical Association”.

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AGRICOLTURA OGGI

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IL PERO

Originario dell’Asia centro-occidentale, si divide in due gruppi di specie: europee ed asiatiche. L’Italia è il primo produttore europeo e la produzione si concentra in Emilia-Romagna, nelle provincie di Ferrara, Modena, Bologna e Ravenna, in Veneto e basso Friuli. La Pera italiana è disponibile per otto mesi all’anno: da aprile a luglio arrivano le produzioni dell’altro emisfero. Il valore nutrizionale della pera è concentrato nella polpa con un contenuto calorico limitato, dovuto alla presenza di zuccheri semplici (fruttosio).

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POMO - Falso frutto carnoso (es. melo, pero, cotogno) formato dall’ingrossamento del ricettacolo fiorale, dopo la fecondazione ed avvolge l’ovario diviso in cinque logge che contengono i semi (torsolo).

piante spontanee che incontravano nei boschi. Oltre al consumo fresco, i frutti del pero selvatico erano conservati tramite l’essiccazione, oppure stratificati nella paglia o erbe secche in cesti, orci o buche nel terreno. La denominazione del pero è collegata alla zona asiatica di origine, alla natura spinosa dell’albero selvatico e sembra avere una connessione con le parole indoeuropee senq (bruciare, grattare) e gher (pungere) dalle quali deriverebbe il termine sonchos (cardo selvatico, attrezzo appuntito) . Alla denominazione indo- europea è seguita quella greca con la parola “apion” derivata da Apia, antico nome del Peloponneso, dove il pero era largamente coltivato. Infine si è giunti alla denominazione latina di Pirus adottata da Columella e il frutto era denominato pira, da cui il nome pera in italiano, pear in inglese, poire in francese. I numerosi Autori latini che hanno poi descritto la pianta del pero, hanno distinto l’albero coltivato Pirus communis) da quello selvatico (Pirus amygdaliformis) dai quali derivavano rispettivamente i frutti definiti agresti e selvatici. Numerosi sono i reperti ritrovati negli scavi archeologici che evidenziano la diffusione dell’albero in Cina, nell’antica Grecia, nell’area mediterranea e in centro Europa. La pianta del pero forniva alle popolazioni sia il frutto sia l’uso del legno, molto consistente e utilizzato per la produzione di attrezzi, mobilia ed utensili per la casa. Le attestazioni archeologiche nel mondo antico, secondo le ricerche di Birnbaum, pongono il pero fra i venti principali alberi da frutto che dall’Anatolia e dalla

Notizie storiche Nella storia e nella mitologia la pera è associata alla mela, probabilmente perché entrambi sono botanicamente dei pomi; falsi frutti che si originano dall’ingrossamento del ricettacolo , che sostiene i sepali ed i petali e dove sono inserite le logge con i semi (torsolo) e non dall’ovario del fiore, come avviene nei frutti veri (es. pesca, susina). Nella mitologia dell’antico Egitto il frutto era sacro a Iside, che proteggeva la famiglia e prevedeva il futuro attraverso forme magiche. Nel mondo greco l’albero del pero fu dedicato a Era, moglie di Zeus, e la sua statua fu scolpita proprio con il legno di un tronco di pero. Il frutto di quest’albero era sacro sia per Minerva sia per Afrodite, poiché la pera era associata alla forma del ventre femminile e considerata simbolo erotico e di fertilità. Analogie simili s’incontrano anche nella tradizione e nella simbologia esistenti in Cina, dove la pera rappresenta la giustizia, la purezza, longevità e la saggezza, mentre in Corea l’albero del pero e simbolo di nobiltà, agiatezza e il frutto dona buona salute e fertilità alle donne. Il pero, come il melo e altri alberi da frutto, è originario dell’Asia centro-occidentale, costituisce il genere Pyrus e presenta una sessantina di specie, sparse a livello mondiale, delle quali circa la metà provengono dall’area caucasica. In Europa e in Asia il pero era conosciuto fin dalla preistoria e i frutti erano parte della dieta delle popolazioni, anche nomadi, che raccoglievano la frutta direttamente dalle

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DRUPA - Vero frutto carnoso (pesco, albicocco, susino, olivo, ciliegio) con un solo nocciolo che deriva dall’ovario e contiene il seme (ovulo fecondato).

varietà, le tecniche di coltivazione, compreso l’innesto e la potatura degli alberi, nonché l’utilizzo dei frutti. Nell’epoca romana numerosi sono i grandi Autori (Plinio, Virgilio, Columella, Palladio, Marco Terenzio Varrone), che descrivono e attestano nei loro Trattati di Agricoltura, la coltivazione delle pomacee, melo e pero in particolare, nelle proprietà terriere e nelle ville romane. La presenza di mele e pere sulle tavole e nei mercati cittadini per buona parte dell’anno, si collega alla conservabilità dei frutti freschi di alcune cultivar con tecniche semplici e di facile adozione anche a livello familiare (es. ambienti freschi, grotte e cantine, appesi alle travi del soffitto , in anfore immerse nel mosto cotto, come descrive Democrito, ecc.). La pera era considerata un ingrediente abbastanza comune nella cucina romana, come riporta Marziale, una squisita prelibatezza sia in accompagnamento alle carni sia come dessert. Non può essere trascurata la rappresentazione della pera nella pittura e nei mosaici delle ville romane che erano proprietà di persone appartenenti a ceti sociali economicamente agiati. Al riguardo possono essere ricordate le opere della Casa dei Cervi a Ercolano, la Casa del Frutteto a Pompei, i mosaici rinvenuti a Tor de’ Schiavi (Roma), nonché altre raffigurazioni, legate sempre alla civiltà grecoromana, rinvenute in Libia a Zliten (presso Tripoli), in Tunisia al museo di Susa e in Giordania. Non può essere trascurato il lavoro enciclopedico svolto da Gaio Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) nei trentasette volumi

Persia settentrionale, in epoca preistorica, vennero portati con le varie migrazioni nell’area del Mar Nero e successivamente nel bacino del Mediterraneo. I frutti del pero selvatico, nel periodo neolitico (VIIIIX millennio a.C.) erano, probabilmente, una fonte alimentare ed economica, basata sulla raccolta delle pere dagli alberi cresciuti spontaneamente nei boschi. Molto interessanti sono i resti di pere selvatiche, recuperati negli scavi archeologici dei villaggi palafitticoli di età neolitica in Svizzera, costituiti da residui di pere essiccate utilizzati come riserva alimentare nei mesi invernali. Sempre dalle notizie storiche sembra che I primi coltivatori di pere siano stati gli Ittiti in Armenia e Persia, nel II millennio a.C., e che le prime pere raccolte appartenessero alla specie Pyrus spinosa, la cui coltivazione oltre ai frutti, era legata anche all’ottima qualità del legno. Nel mondo greco il pero viene citato nel 900 a.C. da Omero nell’ Odissea, quando descrive il Giardino di Alcinoo, re dell’isola dei Feaci (attuale Corfù), con queste parole “ Alberi alti là vigorosi verdeggiano: peri e e granati e meli dai floridi frutti e fichi dolcissimi e olivi già densi di bacche” (Odissea, libro VII). Le prime descrizioni e notizie certe sulla coltivazione risalgono ai greci, grazie al “Divino Parlatore” discepolo di Aristotele, Teofrasto (IV- III sec. a.C.), nel trattato in 9 volumi Historia Plantarum e nell’opera De Plantarum Causis . I trattati di Teofrasto, per la parte riferita al pero, descrivono le prime specie di Pyrus, le

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anche la coltivazione del pero, che diventa marginale per poi riprendere un nuovo sviluppo solo con l’Imperatore Carlo Magno (742 – 814 d.C.), al quale viene attribuita una collezione varietale e l’imposizione di piantare peri, soprattutto le varietà conservabili, che maturavano tardi, e potevano essere consumate in inverno. Con la fine della dinastia Carolingia la frutticoltura e la viticoltura sono relegate e gestite dai conventi e dagli ordini monastici, per cui anche le notizie storiche sul pero sono scarse, e solo con il rifiorire dell’agronomia nel XIII secolo si riscontra un nuovo interesse per questa pomacea. Infatti, a questo periodo risalgono due opere quali il “Libro di Agricoltura” di Ibn-el-Awwam e il “Ruralium commodorum”, in 12 volumi, del grande agronomo

dell’Historia Naturalis, dove riporta le varietà di pere seguendo una schema di denominazione legato al nome degli scopritori, al luogo e alle caratteristiche del frutto. In base ai nomi, citandone solo alcune, troviamo le varietà Decimiana, Tiberiade (in onore dell’Imperatore Tiberio), Pomponiana, per le zone di origine abbiamo le Numantine, le Tarentine, le Picetine, le Alessandrine, mentre per le caratteristiche organolettiche sono citate la Myrapia (mirra), la Laurea (alloro) la Hordearia (orzo). Tale sistema di classificazione e descrizione può considerasi basilare anche per la denominazione delle cultivar di pero e di altre specie frutticole, dei giorni nostri. La caduta dell’Impero Romano (IV- V sec. d.C.) e la conseguente decadenza del sistema agricolo, interessa

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bolognese Piero De’ Crescenzi. Il periodo del Rinascimento vede una nuova attenzione per la coltura del pero, grazie anche ai rinnovati scambi commerciali, che si allargano all’estremo oriente, e alle nuove Americhe, con la creazione di orti botanici e la descrizione e raffigurazione dei frutti e degli alberi. Nei secoli XVI e XVII la letteratura scientifico-agronomica si arricchisce dei trattati del medico naturalista Pietro Andrea Mattioli e della dell’Iconographia Plantarum di Ulisse Aldovrandi. Questi due Autori descrivono e raffigurano i frutti del pero ed evidenziano sia gli aspetti salutistici sia le caratteristiche botaniche. Non possono essere trascurati i grandi studiosi francesi come Olivier de Serres, Jean-Batiste de la Quintine, John Parkinson,

Merlet; quest’ultimo nell’opera Agrégé des bons fruits, nel 1666, ha descritto ben 187 cultivar di pero. Lo studio pomologico del pero assume un forte sviluppo nel “ 700 e “800, quando oltre alla descrizione dei frutti, inizia il lavoro di miglioramento genetico con rigore scientifico. Fioriscono le grandi pomologie europee, dove il pero viene tenuto in grande considerazione ed i frutti vengono illustrati con artistiche incisioni e dipinti. Al riguardo non possiamo trascurare la Pomona Italiana di Giorgio Gallesio, la Pomologie Française di Antonio Poiteau, mentre in Belgio il pomologo Jean Baptiste Van Mons diffuse 400 cultivar di pero e l’Abate Nicola di Hardenpont crea 12 nuove varietà di pero. Inoltre in questo periodo nascono le prime Società Pomologiche Internazionali

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Albero e diverse tipologie di frutti di NASHI, assai succosi, dolciastri, molto dissetanti, poco graditi ai consumatori occidentali.

che favoriscono le collaborazioni e gli scambi di informazioni scientifiche su questa specie che si era già diffusa nelle aree frutticole di clima temperato dei nuovi continenti (Americhe, Sud dell’Africa, Australia) soggette alle migrazioni dall’Europa. Nei primi decenni del ‘900 è svolto negli Stati Uniti d’America, un intenso e metodico lavoro scientifico e pomologico, soprattutto ad opera di Ulysses Prentiss Hedrick nel 1921 pubblica il volume The Pear of New York ove, assieme ai Collaboratori, descrive le principali 80 cultivar e, brevemente, altre diverse centinaia. In questo periodo sia negli USA sia in Europa (Italia, Francia, Inghilterra, Paesi Bassi), inizia il processo di sviluppo della pericoltura industriale con la razionalizzazione dei sistemi d’impianto, delle scelte varietali, dei sistemi di conservazione e commercializzazione nonché i processi di trasformazione industriale (es. sciroppatura). Inizia proprio in questo periodo l’ innovazione frutticola, legata all’evoluzione del sistema agricolo, sociale e di costume e che ha determinato l’uso della pera (anche trasformata) nell’odierno sistema alimentare. CLASSIFICAZIONE BOTANICA Botanicamente il pero rientra nella grande famiglia delle Rosacee ed essendo caratterizzato da falsi frutti (pomi) viene inserito nel gruppo delle Pomoidee, genere Pyrus . Le circa sessanta specie del genere Pyrus possono essere suddivise in due grandi gruppi : europee-circum mediterranee e asiatiche. Al primo

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Tipologia asiatica

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Tipologia Europea

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Pero cotogno con frutti piriformi consumati solo dopo una trasformazione in cotognate, marmellate, savor, o altro. Esiste anche il mela cotogno con frutti rotondeggianti, utilizzato come il pero cotogno.

A sinistra: vecchio albero di pero europeo e frutti di diversa forma, con polpa più o meno succosa, a volte granulosa e aromatica in relazione alla varietà.

gruppo appartengono le specie ancestrali (Pyrus piraster, Pyrus nivalis) e il pero comune (Pyrus communis) di cui fanno parte molte delle cultivar coltivate in Europa e nei Paesi occidentali. Al gruppo delle asiatiche, coltivate principalmente in Cina, Giappone, Corea, appartengono le pere nashi (Pyrus piryfolia) e alcune specie ornamentali come il Pyrus calleriana, con alberi alti fino a 8-10 m, con una intensa fioritura, foglie di verde e piccoli frutti molto appetiti dagli uccelli. Le varie specie di pero si sono poi naturalmente ibridate fra loro, soprattutto quelle europee con quelle dell’area turca e persiana e sono derivati degli ibridi interspecifici che poi, nel tempo, sono stati selezionati e migliorati dall’uomo che li ha adattati alle nuove tecniche colturali e tecnologiche scaturite dall’evoluzione dell’agricoltura nei secoli. L’opera di selezione del pero, come per tutte le piante d’interesse agrario, è avvenuta tramite la scelta dei biotipi che potevano essere gestiti con facilità, produttivi e conservabili, con qualità adeguate alle esigenze alimentari della popolazione e alle tecniche in uso. Se analizziamo l’evolversi delle cultivar di pero che si sono susseguite nel tempo riscontriamo che esse, diversamente da molte altre specie frutticole, possiamo notare che alcune vecchie varietà sono rimaste in coltivazione grazie alle loro qualità organolettiche e praticità d’uso. Le pere vengono distinte in “estive”, “autunnali” e “invernali” in relazione all’epoca di

maturazione e del relativo consumo fresco. Alcune varietà di pere invernali, le cosiddette “pere da cuocere”, non possono essere consumate direttamente (es. Volpina, Martin secco) ma solo previa cottura, poiché i frutti hanno consistenza quasi legnosa e la polpa contiene molte sclereidi (piccoli granuli lignificati) che con il trattamento termico vengono modificate, rese meno consistenti, quindi più gradevoli per il palato. Questa tipologia di pere era consumata, fino alla prima metà del secolo scorso e in particolare nelle aree rurali, bollita assieme alle castagne in acqua e vino, e di frequente costituiva il piatto unico per la cena. Nel lungo periodo sono state scelte le varietà di pere idonee le varie tipologie di clima e terreno, per l’epoca di maturazione, per le caratteristiche organolettiche e tecnologiche; per alcune di queste si è protratta la coltivazione fino ai giorni nostri (es. cv. Spina Carpi, Pera Angelica,Madernassa). Non possiamo trascurare l’evoluzione delle tecniche di conservazione dopo la raccolta con l’avvento del frigorifero, della trasformazione industriale in derivati vari, la rivoluzione del sistema di trasporto, soprattutto quello navale, che consente lo scambio di prodotto fresco fra i vari continenti. Tale evoluzione ha portato alla creazione di linee di miglioramento varietale capaci di fornire cultivar idonee alle attuali nuove esigenze di coltivazione, commerciali, di conservazione e di trasformazione del prodotto.

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Peri nani e ornamentali

Alcune specie e varietĂ di pero sono utilizzate a scopo ornamentale e da legno; molti di questi derivano da specie e varietĂ antiche, con frutti spesso piccoli e forniscono alimento alla fauna selvatica in inverno.

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Dobbiamo sottolineare che nel caso del pero, a differenza di molte altre specie frutticole (es. pesco, melo, susino, albicocco), le nuove varietà non hanno soppiantato le vecchie cultivar che ancora oggi sono apprezzate dai consumatori e sono dominanti nei nuovi impianti. Nella moderna pericoltura molte specie di pero hanno assunto solo interesse botanico e ornamentale, per cui sono utilizzate come piante da

giardino oppure come portainnesti (struttura radicale), in grado di regolare la vigoria e la produttività dell’albero. A questo proposito dobbiamo ricordare il pero cotogno (Cydonia oblunga), botanicamente diverso dal pero comune e utilizzato anche come portainnesto nei pereti specializzati. I frutti del cotogno non sono consumati freschi ma utilizzati per la produzione di marmellate, cotognate.

Pereto ad alta densità con elevato numero di piante per ettaro (5.000). Fra le fila il suolo è mantenuto con l’erba per una gestione ecosostenibile del pereto.

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Antiche Varietà

(In alto) L’antica Pera Angelica, con polpa succosa dolce acidula, molto apprezzata e potrebbe essere riconsiderata, e si dice che da essa derivi il detto “al villan non far sapere quant’è buono il cacio con le pere”. Pera Spina Carpi (in basso a sinistra), a maturazione invernale e conservata in fruttaio fino a febbraio- marzo e Martin secco (in basso a destra).

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Pera Volpina e Madernassa (in alto) che vengono consumate dopo cottura: in passato entrambe le cultivar avevano importanza alimentare e spesso venivano cotte nel vino con le castagne e, nelle campagne, costituivano la cena. (in basso) Pera della montagna Emiliana, da consumare cotta in acqua o al forno.

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TOP TEN PRODUTTORI MONDIALI DI PERE (TONNELLATE)

CINA 15.600.000 tonnellate

DIFFUSIONE MONDIALE E NAZIONALE DELLA COLTURA La coltivazione del pero, nelle varie specie e tipologie, si è diffusa in molti Paesi di clima temperato negli emisferi nord e sud del globo terrestre. La diffusione della pericoltura in un sistema globale, unitamente alle tecniche di conservazione ed ai sistemi di trasporto, consente la disponibilità di pere sul mercato per tutto l’anno. Si è cosi creato un sistema commerciale intercontinentale che ha integrato la produzione mondiale e il frutto pera, come altre tipologie di frutta, non è più da considerasi un prodotto con stagionalità ben definita. Nella pericoltura mondiale l’area produttiva del pero comune dei Paesi euroamericani si diversifica da quella dell’estremo oriente dove è coltivato il pero asiatico (Nashi), la cui produzione rappresenta circa i due terzi della

produzione mondiale. Da questa suddivisione emerge chiaramente che, a livello internazionale, esistono mercati distinti per le due tipologie di pere di cui quello asiatico, es. Cina, Giappone, è scarsamente interessato alla pera comune consumata in Europa e viceversa. La produzione mondiale di pere (vedi tab…..) si aggira intorno ai ventidue milioni di tonnellate. Il principale paese produttore è la Cina con oltre quindici milioni di tonnellate, ovviamente con varietà di tipo “nashi” coltivate nelle province nord orientali di Hebei , Sichuan, Xiangxi. Per quanto riguarda le pere di tipo europeo il primo produttore è l’Italia, seguita da Stati Uniti d’America e Argentina, con produzioni fra loro vicine, che si aggirano fra le 850 – 900 mila tonnellate. Seguono poi Spagna, Sud Africa, Belgio, Olanda, Francia, Turchia, Cile e Portogallo, con quantità inferiori ma certamente importanti per il mercato

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TREND DELLE PRINCIPALI VARIETÁ (TONNELLATE)

Tendenza in crescita: Conference da 600.000 a 900.00 tonnellate; Abate da 250.000 a 320.000 tonnellate; Rocha da 130.000 a 240.000 tonnellate.Stabili: William 310 - 320.000 tonnellate. In calo: Blanquilla da 220.000 a 90.000 tonnellate. Fonte: Elaborazione CSO su dati Prognosfruit/CSO

CONTESTO PRODUTTIVO EUROPEO

L’Italia mantiene saldamente il primato produttivo UE (27); Spagna e Francia tendono a ridurre ilproprio peso, mentre si rafforzano Olanda e Belgio. Fonte: Elaborazione CSO su dati Prognosfruit/CSO

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PAESI ESPORTATORI

emerso nell’ultimo Congresso Mondiale della Pera “Interpera” tenutosi in Rio Negro (Argentina) nel giugno 2013, per integrare le loro azioni e soprattutto garantire la presenza di questo frutto sulla mensa dei consumatori per tutto l’anno. Sono di grande interesse strategico, le integrazioni in atto per scambi commerciali, fra i produttori dell’America Latina con quelli Europei, soprattutto Olanda e Belgio, che sono i leader mondiali nel commercio delle pere, pur avendo una produzione nazionale inferiore a quella di Spagna e Italia. In quest’ultimo Paese, nonostante sia il principale produttore europeo, dove le tecniche colturali sono altamente innovative e la qualità dei frutti risulta elevata, si riscontrano carenze nel coordinamento dei Produttori di pere a livello internazionale. infatti la”Asssociazione Interprofessionale” è stata formalizzata solo nella primavera del 2013. Il nuovo Consorzio consente di sviluppare le azioni promozionali e la caratterizzazione del prodotto già avviate, che potranno essere meglio organizzate e coordinate con gli altri Paesi, soprattutto quelli dell’area europea e mediterranea. Nei Paesi

intercontinentale della pera. In Italia la pericoltura molto specializzata, è concentrata principalmente in Emilia-Romagna, nelle province di Ferrara, Modena, Bologna e Ravenna, in Veneto e basso Friuli, mentre nelle zone centro-meridionali sono presenti impianti famigliari, con varietà a maturazione estiva, che sono commercializzate, in gran parte, sui mercati locali. I principali Paesi con pericoltura industriale hanno dato origine a proprie strategie e logistiche di commercializzazione, creando forme di associazionismo fra produttori di, in grado di programmare lo sviluppo della coltura, con studi e ricerche sulle esigenze dei consumatori, sul miglioramento genetico e sperimentazione in campo, sul valore nutritivo e sull’educazione al consumo della pera. Di norma queste “Associazioni di prodotto” sono a livello nazionale, non hanno finalità commerciali, ma coordinano ogni azione idonea alla diffusione e consumo della pera, ed in particolare le promozioni nei nuovi mercati, es. Russia, Paesi Arabi. Nella attuale situazione di mercato, queste Associazioni stanno operando a livello globale, com’è

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europei, dove il consumo della pera è legato alla storia alimentare e alla tradizione agricola, possono definirsi , linee produttive diversificate, di cui una industriale, per il grande commercio organizzato ed un’altra, che potrebbe definirsi familiare, caratterizzata da produzioni di nicchia, spesso con cultivar storiche e tradizionali che sono richieste dal mercato e dai consumatori del territorio. Alcune varietà sono poi state valorizzate commercialmentente, come la pera Rocha in Portogallo, ed attualmente ha assunto valore internazionale.

quindi definito dalle cultivar storiche come la William o Bartlett in USA, a maturazione estiva ; l’Abate Fetel, la Conference, la Decana del Comizio, la Kaiser Alexander o Belle Bosc, la Butirra d’Anjou che maturano in autunno e la Passa Crassana e Winter Nellis entrambe a maturazione invernale. Ognuna di queste cultivar ha una sua origine, tradizione e storia e può essere interessante ricordare al riguardo, la classica cv. William, che risulta la principale pera di tipo europeo, diffusa a livello mondiale. Infatti questa varietà sembra essere originaria dell’Italia meridionale, e fu denominata “Bon Chrétien” dopo che San Francesco di Paola, aveva offerto, nel 1483 al Re di Francia Luigi XI dei semi di pero provenienti dalla nativa Calabria e dai quali sarebbe poi derivato l’albero di pero divenuto famoso come la” pera del buon Cristiano”. Negli anni fra il 1765 -1770 da un orto- brolo di Aldermaston, in Inghilterra, un maestro di scuola sig. Stair, aiutato dal sig Wheeler, coltivò questa cultivar con i sinonimi, spesso sconosciuti di pera di Aldemarston oppure pera di Stair. Successivamente un vivaista attento di nome Williams la diffuse in tutta l’Inghilterra con il nome di Pera di Williams. Comunque il nome vero è” Williams’ Bon Chretien” oppure ” Williams’ good

STANDARD VARIETALE E COLTIVAZIONE Nel caso del pero potremmo pensare che l’evoluzione delle cultivar sia rimasta ferma ai secoli passati anche se oggi abbiamo un panorama varietale di circa 5.000 biotipi. Le principali varietà, ancora oggi presenti sul mercato ed apprezzate dai consumatori , sono state ottenute e selezionate nei secoli scorsi. Molte di esse possono considerarsi storiche e sono state la fonte del materiale genetico, che ha portato alla creazione delle varietà più recenti ; alcune di queste stanno acquisendo importanza commerciale e arricchiscono la disponibilità del prodotto pera per l’intero arco dell’anno. Il panorama varietale del pero rimane

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Principali Varietà

Christian”. Nel 1799 James Carter importò alcune piante di pero Williams negli Stati Uniti e le mise a dimora nei terreni di Thomas Brewer, a Roxbury nel Massachussets. Successivamente il podere fu acquistato dal Sig. Bartlett che iniziò la diffusione negli USA con il proprio nome e, solo nel 1828 quando furono importate nuove piante dall’Europa, ci si accorse che le cv Williams e Bartlett erano la stessa varietà. La cv Williams nel corso del tempo ha subito delle mutazioni genetiche naturali riguardandi la forma e la colorazione del frutto; tra queste va anoverata la “Williams rossa” o “Max red Bartlett” che presenta una colorazione rossa della buccia, con la polpa del frutto che ha mantenuto le stesse caratteristiche di aroma e sapore di quelli della cv. di origine. La cv Williams spesso è confusa dai consumatori con la cv. Pachamp’s Triumph, selezionata in Australia alla fine del 1800 e oggi largamente diffusa, viene denominata anche “Williams tardiva” in quanto matura in autunno. Anche le altre principali cultivar hanno una storia che deriva da secoli di coltivazione e di presenza sui mercati. L’Abate Fetel tipica pera di forma allungata, con buccia parzialmente rugginosa, coltivata prinicipalmente in Emilia-Romagna, è stata ottenuta dall’Abate Fetel in Francia, intorno al 1860. Altre cultivar sono antecedenti all’Abate; infatti la Kaiser o Imperatore Alessandro fu originata in Francia agli inizi del ‘800, e già nel 1830 venne importata nell’area orientale degli Stati Uniti. Nello stesso periodo, sempre in Francia, furono selezionate la Decana del Comizio e la Passa Crassana, mentre in Belgio fu individuata la Butirra d’Anjou (1819). La cultivar più giovane, fra quelle maggiormente diffuse a livello mondiale, risulta la Conference, selezionata in Inghilterra, diffusa soprattutto in Olanda e Belgio, fu introdotta in Italia a metà del secolo scorso (1950) . Per quanto riguarda le altre cultivar di origine antica, che interessano frange di mercati locali e nazionali, sono state valorizzate solo dai Paesi che hanno un sistema di commercio e logistico, ben organizzato a livello internazionale (es. Forelle in Sud Africa, Rocha in Portogallo, Blanquilla in Spagna). Interessante

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Decana del Comizio


Kaiser

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è l’origine della pera Rocha del Portogallo, individuata da un allevatore di cavalli, Pedro Antonio Rocha nel 1836, il quale notò questo albero di pero, cresciuto spontaneamenteda un seme, molto rustico e produttivo e con frutti di buona qualità, lo moltiplicò tramite l’innesto su peri selvatici, diede il proprio nome alla cultivar che fu propagata da vicini agricoltori. Attualmente è coltivata in Portogallo su una superficie di dieci mila ettari, con una produzione di 200 mila tonnellate di pere. Fra queste vecchie varietà non dobbiamo trascurare le cultivar a maturazione estiva e diffuse anche in climi temperati- caldi delle aree centro meridionali di Italia e Spagna e in alcuni Paesi del nord Africa dove sono apprezzate sui mercati locali e attualmente sta acquisendo importanza anche per l’esportazione. Fra le pere autunnali potrebbe essere interessante la pera Angelica, descritta dal Gallesio all’inizio dell’800, coltivata localmente nelle Marche e in Romagna, probabilmente dai tempi medioevali quando le due Regioni appartenevano alla stessa Diocesi di Ravenna. Negli ultimi decenni numerose sono state le nuove cultivar ottenute attraverso programmi di miglioramento genetico gestiti da Enti di ricerca

pubblici e da privati. I progetti di ricerca genetica sul pero sono stati intensificati, grazie alle nuove tecniche di incrocio e ibridazione controllati, sempre naturali, ma che hanno accorciato i tempi di selezione e valutazione dei nuovi individui ottenuti. Al riguardo occorre far presente che per ottenere una cultivar di pero valida e migliorativa di quelle già esistenti, servono decenni, data la lunga fase giovanile del pero ottenuto da seme, che richiede molti anni per avere una produzione rappresentativa ; forse per questa caratteristica del pero, nel passato le cultivar erano in parte ottenute dai monaci grazie alla loro pazienza, e non dai ricercatori del settore. Molte nuove cultivar sono in via di diffusione, hanno un loro mercato e alcune sono coltivate a livello internazionale sia per le loro caratteristiche organolettiche (Carmen, Angelis, Harrow Sveet) sia per la loro resistenza alle avversità ambientali sia per la tolleranza alle avversità parassitarie. I programmi di migliorammento genetico hanno interessato anche i principali portinnesti del pero ( pero comune e cotogno) ed hanno consentito di migliorare la produttività degli alberi, la qualità del prodotto e di controllare la vigoria dell’albero , hanno così consentito la razionale gestione dei pereti con

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una precoce entrata in produzione e riduzione dei costi di gestionali degli impianti. Nel caso delle pere asiatiche vi sono piccole produzioni anche in Europa, negli USA, nel continente australiano e le cultivar sono le stesse coltivate in Cina e Giappone e quel le più diffuse sono: Hosui, Nijisseiki, Kosui, Kumoi, Hakko, Kikusui.

cordoni orizzontali e verticali, ventaglio), dove la pianta viene fissata a sostegni con legature e mantenuta nella forma voluta con la potatura. La tecnica dell’allevamento delle piante in parete in frutteti specializzati, non è una novità, ma la razionalizzazione del le forme di allevamento adottate nei giardini francesi e nelle residenze della nobiltà del XVI e XVII secolo; la reggia di Versailles è uno dei principali esempi. L’avvento della monocoltura si è reso necessario per la razionalizzazione delle tecniche colturali (meccanizzazione e gestione del suolo, difesa sanitaria, potatura e raccolta) per cui anche l’espansione della coltura del pero ha seguito le linee dettate dall’ evoluzione tecnologica e dalla competitività del mercato. Il cambiamento del sistema di allevamento e gestione del pereto è stato reso possibile dalla selezione di adeguati portinnesti (es. Cotogno MC per impianti ad alta densità) dall’introduzione generalizzata della irrigazione e fertirrigazione, tecniche di concimazione ,mezzi meccanici specifici e la forte specializzazione degli operatori frutticoli. Nella seconda metà del secolo scorso l’evoluzione della pericoltura mondiale si è diversificata nei diversi Paesi produttori a seconda delle condizioni ambientali e della presenza di strutture

TECNICHE DI COLTIVAZIONE La coltura del pero ha subito nel tempo una profonda trasformazione ed passata dagli alberi, lasciati alla libera crescita, con altezze di 6-8 metri, come avveniva nei broli delle ville rinascimentali e nei filari vitati, a piante di ridotte dimensioni , gestite in frutteti con elevato numero di piante per ettaro (fino a 8-10.000), gestibili quasi totalmente da terra. Il grande cambiamento, che ha modificato anche la visione paesagistica di molti territori, è avvenuto con l’intensificazione e specializzazione delle produzioni frutticole e quindi con l’avvento della frutticoltura industriale. Nel caso del pero la possibilità di ridurre la dimensione degli alberi è avvenuta con l’introduzione del cotogno come portinnesto e con le forme di allevamento obbligate (palmette, candelabri,

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di piante per ettaro è passato da poche centinaia fino a 10.000, in alcuni pereti altamente intensivi (Belgio e area ferrarese dell’Emilia-Romagna). La forte intensificazione dei sistemi produttivi deve essere valutata con attenzione a livello economico, ambientale, del bilancio energetico e del ciclo del carbonio nel ciclo produttivo (LCA e Foot print), in quanto vi è un elevato uso di fertilizzanti, macchine, fitofarmaci, irrigazione. Tale problematica viene considerata con attenzione nel mondo, soprattutto nei Paesi, ad esempio l’Argenìtina, che devono rinnovare i vecchi impianti o altri, come il Brasile, che da pochi anni tentano lo sviluppo della pericoltura. Le linee di svluppo mondiale della pericoltura,

e manodopera specializzata. Infatti la pericoltura tradizionale europea (Italia, Spagna, Belgio, Olanda, Francia) ha subito una forte intensificazione grazie all’uso del cotogno, della potatura e della densità d’impianto. Altri Paesi ( Stati Uniti , Argentina , Sud Africa, Australia) hanno invece mantenuto le forme di allevamento tradizionali, anche per la carenza di manodopera specializzata, e solo nell’ ultimo decennio si stanno orientando verso forme in parete, sempre con l’adozione di portinnesti franchi ed in particolare le nuove selezioni ( serie OHF, Fox, Pyrodwarf, BP). In Europa, con particolare riferimento a Italia, Belgio e Olanda, sono scomparse le forme a vaso e piramide, sostituite dalla palmetta, fusetti, sistemi a V; il numero

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discusse anche al recente Congresso INTERPERA 2013, tenutosi in Argentina, possono essere riassunte su due orientamenti ; uno europeo mirato all’uso del portinnesto cotogno e ha densità d’impianto intorno a 3-5000 alberi per ettaro, allevati a fusetto o altre forme ad asse produttivo, ma contenute in altezza. La seconda linea orientativa, preferita nell’emisfero sud e negli USA, Australia, consiste nell’adozione del portinnesto franco o sue selezioni , con densità di circa 2500 piante per ettaro e forme di allevamento “palmettizzate “ (es. area modenese in Emilia-

Romagna) o ad “asse centrale”, alte circa 4 metri. Tale forma dell’albero consente di avere un “muro produttivo” , gestito con l ’ausilio dei carri raccolta, in via di larga diffusione negli USA e America Latina. Alcuni produttori, soprattutto in Uruguay, adottano forme di allevamento in parete e piante autoradicate, che, pur essendo vigorose, danno buone produzioni, purchè ben potate e assistite durante i brevi periodi di siccità con l’irrigazione. Inoltre vi è una rivalutazione delle selezioni dei portinnesti franchi di medio vigore, soprattutto per sostituire il cotogno nelle aree con

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terreni ad elevato contenuto in calcare attivo, che induce nelle piante la clorosi e quindi necessitano dell’applicazione di chelati di ferro. Fra lenuove tecniche colturali, ancora in fase di sperimentazione sul pero, ma già diffusa per la vite e in Venezuela sul pesco, appare interessante quella del “doppio raccolto” annuale di pere nelle zone tropicali. Nel nord est del Brasile sulle piante di pero viene indotta la dormienza artificiale dopo la raccolta dei frutti , attraverso la defogliazione articiale, la carenza idrica e l’applicazione di fitoregolatori, per cui, sfruttando la precoce differenziazione a fiore delle gemme del pero ( nelle zone temperate europee avviene in maggio – giugno) , diventa possibile un ciclo produttivo ogni sei mesi.

e della cultivar; di norma quelle a maturazione estiva sono molto succose, meno conservabili di quelle autunnali o invernali, che presentano polpa spesso croccante, tannica, con più sclereidi e si conservano con maggiore facilità. La buccia è di norma sottile e può avere colorazione verde giallastra, rosata o rossa o rugginosa, per cui sono presenti limitate quantita di clorofilla, flavonoidi, carotenoidi, antociani. Alcune possono essere punteggiate di rosso come la vecchia varietà Forelle, che significa trota in lingua tedesca e prende il nome proprio da questo pesce di color iridato. Il valore nutrizionale della pera è relegato nella polpa, e i nutrienti presenti nella buccia sono risibili, per cui il frutto può essere sbucciato senza che esso perda parte del suo valore nutrizionale, come avviene per altri frutti. Il contenuto calorico è limitato a circa 40-50 kcal per 100 grammi di polpa e deriva principlmente dalla presenza di zuccheri semplici (fruttosio). L a quantità di vitamine è modesta mentre presenta una valida quantità di potassio, calcio e magnesio. La commercializzazione della pera e fortemente aumentata negli ultimi decenni e soprattutto ha assunto una consistenza mondiale con il coinvolgimento dei Paesi produttori degli emisferi terrestri , in modo da consentire la presenza del frutto sulla tavola del

VALORE ALIMENTARE, COMMERCIALIZZAZIONE E UTILIZZO DELLE PERE. L’importanza della pera nell’alimentazione umana è sempre stata nota e i frutti, data scalarità di maturazione delle varietà ( pere precoci, estive, autunnali e invernali), la loro consevabilità e possibilità di trasformazione, erano disponibili per gran parte dell’anno. La polpa della pera, in generale, tende a variare in relazione all’epoca di maturazione, all’ambiente di coltivazione

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PRINCIPALI ASSOCIAZIONI PRODUTTORI DI PERE PRESENTI AL ”CONGRESO MUNDIAL DE LA PERA INTERPERA 2013” GENERAL ROCA - ARGENTINA - 5 - 7 GIUGNO 2013 Associacao Nacional de Productores de Pera Rocha - Portogallo email: anp@perarocha.pt sito web: wwww.perarocha.pt Pear Bureau Northwest - Stati Uniti di America- USA email: kmoffitt@usapears.com AFRUCAT - Associaciò Empresarial de Fruta de Catalunya - Spagna email: tecnica@afrucat.com sito web: www.afrucat.com CSO - Centro Servizi Ortofrutticoli - Italia - email: info@csoservizi.com ASOEX - Associaciòn de Exportadores de Chile sito web: www.chileanfreshfruit.com ASPEFF - Associaciòn de Productores de Frutas Frescas - Mendoza - Argentina BFV-Belgische Fruitveung - Belgio - sito web:bfv@bfv.be email: filip.lowette@bfv.be ANPP - Association Nationale Pommes - Poires - Francia sito web:anpp@pommespoires.fr Federation Productores de Fruta De Rio Negro y Neuquén - Argentina ADEFHCU - Associaciòn de Exportadores de Frutas deHoja Caduca del Uruguay HORTGRO - Pome & Stone Fruit, Paarl, South Africa - sito web: www.beautifulcountry.co.uk EXPERICO - Stellenbosch - South Africa - sito web: www.experico.co.za


consumatore per tutto l’anno. Tale situazione di mercato ha originato i sistemi di commercio nazionali e locali distinti da quelli intercontinentali. Questi ultimi sono gestiti da Società o Gruppi multinazionali, che operano con una visione globale del mercato , quindi orientati all’acquisizione delle pere nei Paesi dove vi è disponibilità di prodotto valido, prezzo conveniente e in grado di fornire una concentrazione dell’offerta al fine di meglio organizzare la logistica del trasporto e la fornitura alle catene dei supermercati (Grande Distribuzione Organizzata- GDO). Ovviamente non vanno trascurati i mercati nazionali che, in molti Paesi produttori con una tradizione nel consumo di

pere, assorbono gran parte della produzione locale e nazionale. Al riguardo, senza entrare nel dettagli, dobbiano notare che il consumo di pere è tipico delle persone adulte (oltre 40 anni) mentre fra le giovani generazioni vi è una riduzione dei consumi pere; ciò è dovuto al cambiamento degli stili di vita e delle abitudni alimentari. Al riguardo devono essere considerati i consumi di pere procapite, l’organizzazione del sistema commerciale sempre più globalizzato, l’organizzazione dei produttori e la loro capacità contrattuale nei confronti degli operatori commerciali. In alcuni Paesi i produttori di pere sono riuniti in “Associazione di prodotto” che si

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autofinanziano, pur avvalendosi anche di contributi pubblici, e sono ben coordinate per la promozione del consumo delle pere , la individuazione di nuovi mercati e la programmazione della sperimentazione e dei nuovi impianti. Al riguardo potrebbe essere portata ad esempio l’Associazione Produttori di pere del “Pear Bureau North West” degli USA che coordina i pericoltori della California, dell’Oregon, dello Stato di Washington ed opera in sintonia con le Associazioni dei Consumatori, della GDO, con le Istituzioni di Ricerca, in particolare con i servizi di Extension Service e di promozione di mercato, con risultati interessanti soprattutto nella esportazione e

nell’ aumento dei consumi interni di pere. Sono state effettuate campagne nazionali, prolungate nel tempo, sul l’educazione al consumo della pera; sono stati dati ai consumatori i parametri della giusta maturazione attraverso lo slogan “Check the neck “ , dato che la pera è pronta per il consumo quando diventa molle in prossimità del peduncolo. La capacità operativa delle Associazioni è sempre legata alla coesione dei Soci e alla presenza di strutture in grado di fornire linee, anche politiche, per lo sviluppo della pericoltua e dell’agricoltura in generale. Associazioni operative simili a quella degli USA, esistono in Sud Afriica, Cile, Francia, Belgio, Olanda, Spagna e Catalogna,

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Abate allevata a palmetta nel modenese.

Uruguay, Australia, mentre in Italia e Argentina, vi sono molte azioni promozionali e di mercato gestite da diverse Istituzioni e quindi vi sono difficoltà di coordinamento. Molto interessante è la proposta scaturita nell’ultimo INTERPERA, 2013, di avviare un coordinamento mondiale della commercializzazione integrata delle pere. Attualmente si stanno creando dei poli commerciali collegati ai sistemi logistici e di traporto marittimo e terrestre , per cui alcuni porti (Rotterdam in Olanda; Amburgo in Germania; Anversa in Belgio; San Antonio in Argentina) , sono diventate dei punti di arrivo e spedizione delle pere e di molti prodotti ortofrutticoli, che vengono distribuiti nei vari Paesi dell’area geografica pertinente. Le conumità preistoriche consumavano le pere selvatiche allo stato fresco o dopo averle essiccate, quindi l’alimento pera si perde nella notte dei tempi. In epoca romana veniva considerato anche per la produzione di mosto, di aceto e di una bevanda medicinale , come descrive il Palladio, chiamata liquamen castimoniale e ottenuta da pere acerbe conservate per tre mesi sotto sale. Apicio preparava delle frittate con pere cotte in olio, miele, uova e spezie. Queste poche notizie storiche sull’uso alimentare della pera evidenziano che, nonostante siano passati millenni , rimane sempre un frutto importante e gradito da molti consumatori. Oltre al consumo fresco

la pera può essere utilizzata per la trasformazione industriale in vari prodotti consumati in notevole quantità e che sono entrati nelle abitudini alimentari quotidiane. I prodotti derivati dalla lavorazione delle pere riguardano le pere sciroppate (conserve appertizzate), preparate con la cultivar Williams; le purea e i succhi torbidi e limpidi, confetture, gelatine e canditi, mostarda, da accompagnare alle carni lessate, cocktail di frutta e distillati. Attualmente le pere vengono anche utilzzate per la produzione di prodotti di quarta gamma, tagliandole a pezzi per miscelarle poi con altri tipi di frutta e conservate in vaschette. Inoltre le pere entrano in molte ricette di cucina e nella preparazione del “ savor”, ottenuto con mosto cotto e altri tipi di frutta stagionale. Fra i prodotti oggi sul mercato si ritrovano le pere disidrate o essiccate, viste come prodotti innovativi: spesso ci dimentichiamo di guardare alla storia e il nuovo ri calca il passato.

Bruno Marangoni Università di Bologna

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“TMTD è un principio attivo contenuto in diversi formulati autorizzati dal Ministero della Salute (Pomarsol 80 WG, Silfur WG, Tetrasol 80, Thianosan 80 WG, TMTD 50 SC, Tetrasol Liquido, TMTD 50 L …). Usare i prodotti fitosanitari con precauzione. Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto”.


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Presentato a Shanghai GLOBAL FASHION DESIGN CENTER Una importante collaborazione tra Italia e Cina. Un grande spazio dedicato al Design, Cinema, Fotografia, Moda, Nuove Tecnologie all’insegna del Made in Italy.

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Presentato allo Shanghai Marriott Hotel Hongqiao il GLOBAL FASHION DESIGN CENTER, un ambizioso progetto che nasce dalla collaborazione tra ZonFA Commercial Management Group e Only Italia, presieduta da Irene Pivetti, che da alcuni anni sviluppa progetti di business e internazionalizzazione delle aziende italiane in Cina. GLOBAL FASHION DESIGN CENTER nascerà all’interno del Feng Jing Shopping Center (un’area di 380.000 mq) e sarà dedicato al Design, al Cinema, alla Moda, alla Fotografia, al Videogioco, tutto rigorosamente “made in Italy”. Il meglio dell’Eccellenza e della Cultura italiana avranno una prestigiosa vetrina in Cina, a Shanghai, una delle città più grandi e all’avanguardia nel mondo, simbolo del vertiginoso sviluppo dell’economia cinese. Alla conferenza stampa di presentazione, che vanta il patrocinio del Consolato Italiano di Shanghai, erano

presenti: Chen Denghua, Presidente di ZONFA Group; Irene Pivetti, Presidente di Only Italia e ICFA-Italy China Friendship Association; Richard Ding, Shanghai ZONFA Commercial Management Group; Eugenia Palagi, Console Aggiunto presso il Consolato Italiano di Shanghai; Elisabetta Merlino, ICE di Shanghai; Fu Longcheng, Vice Segretario di China General Chamber of Commerce; Fan Jun, Segretario Generale di China Commerce Association; Zhao Suzhen, Segretario Generale della Professional Committee of China General Chamber of Commerce shopping center; Salvo Spagna, Firmati&Griffati. La delegazione italiana di Only Italia era costituita da: Maurizio Riccardi, AGR Press e Archivio Riccardi; Carmine Marinucci, General Secretary di AICI, Italian Institute of Culture Association; Flavio Corradini, Rettore Università di Camerino; Raoul Carbone, presidente di VIGAMUS The Video Game Museum of Rome. Il Console Aggiunto di Shanghai Eugenia Palagi ha espresso tutto il supporto delle Istituzioni italiane a Shanghia con queste parole: «Il progetto di Global Fashion and Design Center, articolato nell’accademia di moda e videogame, di laboratorio di fotografia e la scuola di moda e design, senza dubbio apporterà allo shopping center di Feng Jing un


Carmine Marinucci ha parlato del ruolo che le Istituzioni di Cultura Italiane possono avere nel progetto, proponendo ad esempio una visione innovativa e in chiave tecnologica del nostro prezioso patrimonio culturale: «Gli Istituti sono organizzazioni della memoria culturale volte non solo a conservare il patrimonio, ma anche e soprattutto un volano di sviluppo in grado di sostenere una filiera industriale di qualità, basata su un uso creativo, intelligente e diversificato del Patrimonio culturale in essi custodito. Patrimonio reso disponibile dalla crescente innovazione e sperimentazione delle tecnologie digitali». GLOBAL FASHION DESIGN CENTER si doterà anche di

una EXPERIENCE AREA, un club esclusivo per conoscere in pieno la bellezza dell’Italia e fare un’esperienza dell’italian way of life; progettare esperienze di viaggio dedicate, culturali o di business, all’insegna dell’esclusività; scoprire l’Italia come porta e simbolo dell’Eccellenza dell’Europa; programmare voli settimanali e servizi; avere a propria disposizione personal shopper professionali. Il progetto prevede Studi televisivi dove si creeranno nuovi format e fashion show, in collaborazione con networks nazionali e internazionali. Un palinsesto verrà dedicato alle scuole e alla formazione. In questa area verranno inoltre organizzati grandi eventi culturali e di intrattenimento.

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connotato molto importante legato all’italian lifestyle, un nostro patrimonio nazionale con immagine globale. Si tratta di un mix di cultura, storia, moda, enogastronomia che genera una fortissima attrattiva in tutto il mondo per la sua qualità ed eccellenza. Nel 2015 Milano, una delle capitali della moda più importanti del mondo, ospiterà l’Expo. Si tratta di un evento globale cui la Cina ha una importantissima presenza Il Magnifico Rettore dell’Università di Camerino Flavio Corradini, ha parlato delle grandi competenze didattiche e di ricerca della Scuola di Architettura e Design del suo Ateneo, del contributo che potrà dare al progetto GFDC, in particolare nei settori del design del prodotto e design industriale, ecodesign e progettazione sostenibile, tecniche di progettazione e realizzazione degli indumenti, nuovi materiali, energia,solo per citare alcuni dei maggiori filoni di ricerca di questo Ateneo a vocazione internazionale, come ha spiegato il Rettore: «Al momento due grandi strategie guidano l’Università di Camerino: rapporto con le imprese e internazionalizzazione. Nel primo caso vari brand italiani collaborano con noi, nel secondo caso, più di 900 studenti di provenienza straniera sono iscritti, quasi il 10% della comunità studentesca e quasi 50 Paesi del mondo rappresentati».

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2013 UN ANNO POSITIVO PER BRIO SPA

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Brio Spa ha chiuso il 2013 in crescita rispetto all’anno precedente, con un fatturato di 37,2 milioni di euro che corrisponde a un +9,4% rispetto al 2012. Il trend di crescita dei consumi nel settore del biologico sostiene e premia una realtà storica e specializzata come quella di Brio che da oltre 20 anni lavora con molti canali commerciali in Italia ed all’estero. Come dichiara l’Amministratore Delegato Andrea Bertoldi “il momento congiunturale è difficile e coinvolge tutta la filiera, dai produttori, ai partner commerciali ai consumatori finali. Brio, come realtà commerciale inserita in un sistema di produzione e di servizi, è consapevole del ruolo che può giocare in questo momento di crisi e sta lavorando con tutti gli attori per garantire i migliori prodotti biologici ed ampliare le occasioni di consumo”. Mercato italiano Grande distribuzione organizzata e Grossisti sono i canali con i quali Brio ha lavorato maggiormente nel 2013. Per quel che riguarda la grande distribuzione, la principale novità è stata rappresentata dall’inserimento a pieno regime della linea di ortofrutta fresca a marchio Alce Nero, storica azienda italiana del biologico fondata nel 1978, di cui Brio è socia dal 2011. A conclusione di questo primo anno si può sicuramente affermare che la sinergia realizzata grazie all’expertise di Brio nella parte produttiva e commerciale, unita alla forza e notorietà del marchio Alce Nero si è rilevata positiva. Il fatturato sviluppato, infatti, è stato di circa 1,5 milioni di euro, pari a 6.300 q.li di prodotti biologici freschi (il fatturato al consumo si può stimare intorno ai 2,5 milioni di euro), realizzato vendendo in alcune delle principali catene della GDO nazionale. Tra i fattori chiave di questo risultato, confermato anche dall’acquisizione di nuovi importanti clienti, fondamentale è il fatto di aver affiancato alla gamma classica anche una linea di referenze definite TOP, contraddistinte da speciali qualità sensoriali di gusto e sapore. Per il futuro l’obiettivo sarà quello di ampliare al massimo la presenza in Italia, condividendo la filosofia del “Buono, Biologico, Fresco” con un numero sempre maggiore di partner distributivi. Grazie al lavoro con i grossisti Brio ha anche ampliato il servizio a favore della ristorazione collettiva, canale che sta investendo sul concetto di filiera di prodotto e qualità della materia prima. Brio si presenta come partner ideale perché con le due divisioni,

ortofrutta e freschi e generi vari, riesce a soddisfare le ampie esigenze di prodotti di questo canale. La divisione freschi e generi vari che nel suo portafoglio presenta formaggi, salumi, olio, prodotti da forno dolci e salati e trasformati di pomodoro nel 2013 ha fatturato circa 5,5 milioni di euro. Mercato estero La Germania si conferma il paese europeo che traina i consumi di ortofrutta biologica e anche per Brio rappresenta il primo paese di sbocco. Attraverso le principali fiere di settore (dal 12 al 15 febbraio 2014 sarà presente come espositore presso la manifestazione Biofach di Norimberga) Brio conferma la sua volontà di ampliare la propria presenza sui mercati esteri europei. I risultati del 2013 dimostrano che ci sono possibilità di espansione in paesi come Russia, Spagna, Inghilterra, Slovenia ed altri paesi dell’est Europa dove l’azienda sta già operando e punta a crescere nel 2014. I risultati positivi ottenuti nel 2013 e le premesse per un 2014 di crescita e di nuovi traguardi sono estesi e riconosciuti alla base produttiva e sociale della capogruppo di Brio, la Cooperativa Agricola La Primavera Scarl. Il presidente della Cooperativa Agricola La Primavera, Gaetano Zenti, dichiara che: “i soci produttori e il loro impegno nel biologico permettono al gruppo intero di essere una realtà specializzata e solida sul mercato. Per questo motivo ci auguriamo che l’anno appena cominciato rinforzi il rapporto con i produttori già soci e porti nuove collaborazioni e l’ampliamento della base sociale”. www.briospa.com


CALEIDOSCOPIO DONELLI VINI: IL LAMBRUSCO DI SORBARA DOP SPUMANTE BRUT SCAGLIETTI PREMIATO DA TRE GUIDE (Espresso, Vini d’Italia Gambero Rosso, Berebene Low Cost 2014)

Un bilancio di tutto rispetto per Donelli Vini. Quest’anno, per la prima volta, il Lambrusco di Sorbara Dop Spumante brut Scaglietti (annata 2012) dell’azienda emiliana è stato segnalato da tre autorevoli guide, punto di riferimento accreditato per il pubblico e per gli operatori del settore: la guida I Vini d’Italia de l’Espresso, e le due guide del Gambero Rosso, Vini d’Italia 2014 e Berebene Low Cost 2014. Su oltre 25.000 vini assaggiati, la guida I Vini d’Italia de l’Espresso ha premiato il Lambrusco di Sorbara Dop Spumante brut Scaglietti con tre bottiglie, evidenziando le caratteristiche: “pulito, fresco, toni fruttati vivaci, palato di limpida precisione esecutiva, molto gustoso”. Allo stesso vino, la guida Vini d’Italia 2014 del Gambero Rosso ha assegnato il prestigioso riconoscimento dei due bicchieri. Su 45.000 campioni degustati da un team di oltre 60 esperti, l’etichetta Donelli Vini è stata segnalata con una menzione speciale al rapporto qualità-prezzo particolarmente favorevole. Dalla guida Vini d’Italia 2014 del Gambero Rosso alla guida Berebene Low Cost, sempre del Gambero Rosso, diffusa in questi giorni, il passo è stato brevissimo. Il Lambrusco di Sorbara Dop Spumante brut Scaglietti ha conquistato anche il premio qualità/prezzo Berebene Low Cost tra più di 2.500 vini esaminati per ogni regione, reperibili in enoteca, in grado di esaltare le caratteristiche del vitigno e di raccontare il territorio. Secondo la guida Berebene Low Cost: “il Sorbara 2012 è agile ed elegante, fresco e disteso”. “Abbiamo accolto anche questa notizia con grande soddisfazione” – ha commentato Giovanni Giacobazzi, presidente del Gruppo Donelli Vini – “siamo molto orgogliosi del lavoro che svolgiamo ogni giorno nella ricerca della qualità e nella valorizzazione della tradizione del nostro territorio. Tutti questi prestigiosi riconoscimenti sono per noi uno stimolo e un’ulteriore conferma che stiamo andando nella giusta direzione”. “Il Lambrusco di Sorbara Dop Spumante brut Scaglietti, insieme agli altri spumanti della gamma, rappresenta l’eccellenza della nostra produzione” – spiega Angela Giacobazzi, Marketing Manager di Donelli Vini – “è un vino dalla forte impronta territoriale e di elevata qualità, dove la maggior pressione in bottiglia rispetto ad un frizzante tradizionale è ottenuta grazie ad una lunga e lenta rifermentazione naturale”. Anche la bottiglia testimonia il felice incontro tra qualità, tradizione e design. Essenziale e dal profilo sinuoso è stata progettata da Sergio Scaglietti, il designer modenese celebre “sarto” della Ferrari.

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Un altro prestigioso riconoscimento per Donelli Vini: dopo la segnalazione sulla Guida I Vini d’Italia de l’Espresso 2014 e il premio dei 2 bicchieri, assegnato dalla Guida Vini d’Italia 2014 del Gambero Rosso, il Lambrusco di Sorbara Dop Spumante brut Scaglietti della storica azienda vinicola emiliana registra un altro importante traguardo: l’inserimento nella Guida Berebene Low Cost 2014 del Gambero Rosso.

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CALEIDOSCOPIO I viaggi di “Con i piedi per terra”

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Sarà Fieragricola ad occupare le prime trasmissioni di febbraio di “Con i piedi per terra” e “Antenna verde”, con dirette e reportage da Verona. Il rilancio della meccanizzazione specializzata secondo le tendenze individuate dagli economisti agrari da qui al 2030: meno imprese agricole, ma maggiore specializzazione sulle produzioni , mercati più ampi e scoperte scientifiche alla base della nuova rivoluzione verde, ma anche informatica, robotica e bio-tech alla base della crescita dell’agricoltura, per rispondere a nuove esigenze demografiche. Elementi guida che vano sostenuti, a partire dai PSR della nuova Pac, pensando naturalmente alle linee guida del Pan.

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Altro elemento del mese sarà l’approfondimento delle motivazioni che hanno portato l’Onu a dichiarare il 2014 Anno Internazionale dell’ Agricoltura Familiare, cercando di conoscere e raccontare le tante piccole realtà del nostro paese e anche capire la storicità del nostro tessuto agricolo, i cambiamenti in atto, e il significato di un’ impresa familiare in una economia globale. Infine, un’occhiata al meteo, tra previsioni, problematiche e

anche suggerimenti per strumentazioni tecniche, sia per i lavori di campagna che per attrezzature come gli spazzaneve. Ma il 2014 è anche l’anno dei vent’anni di Con i piedi per terra, e così abbiamo preparato una pre puntata di festa (la puntata 1000!!!) in cui abbiamo messo l’intera redazione ai fornelli, confrontandoci con le ricette di un agriturismo di comprovata tradizione. Input: miscelare prodotti nostrani con fantasia, nasce cosi’ la quinta abbinata alle lenticchie, le patate di bologna dop condite con la curcuma, la coulisse di frutti di bosco e noci, la crostata salata di spinaci, il cotechino in crosta di pane, le tartine alla mousse di mortadella con un tocco di senape, la torta salata al baccalà, o il formaggio con chutney di frutta nostrana. I risultati solo nella festa vera di compleanno che sarà nel corso dell’estate. L’appuntamento è sempre al sabato alle 12.30 e al martedì sera alle 21 su telesanterno, mentre al lunedi’ alle 20.30 arriviamo su Odeon tv, e ogni giorno in streaming live sul primo canale tematico agroalimentare Antenna Verde, anche sul digitale terrestre in Emilia Romagna (canale 656) e in veneto ( canale 288) Per ogni informazione il nostro portale on line www.conipiediperterra.com


STUDIO FABBRO 01-2014

I GRANDI VINI NASCONO DA BARBATELLE E CLONI DI QUALITÀ

Per i grandi vini, i Vivai Cooperativi Rauscedo producono ogni anno oltre 60 milioni di barbatelle innestate utilizzando ben 295 varietà, 625 cloni e 18 diversi portinnesti per un totale di oltre 4.000 combinazioni. Un patrimonio unico per i viticoltori di tutto il mondo. Vivai Cooperativi Rauscedo: il numero 1 al mondo del vivaismo viticolo.

Rauscedo (PN) Tel. 0427.948811 www.vivairauscedo.com


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MANGIARE BENE TI CONVIENE

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5 colori del benessere, 5 ricette di qualità, 5 euro per 1 pasto bilanciato ed eccellente: ecco la sfida dei giovani cuochi dell’Istituto Alberghiero di Trastevere “V. Gioberti”, nell’ambito della campagna “Nutritevi dei colori della vita” promossa da UNAPROA I ragazzi dell’Istituto Alberghiero di Trastevere “V. Gioberti” e UNAPROA - l’Unione Nazionale tra le Organizzazioni dei Produttori Ortofrutticoli, Agrumari e di Frutta in Guscio - lanciano una sfida: dimostrare che la qualità alimentare conviene alla salute e al portafogli. «Sempre più spesso - spiega il presidente di UNAPROA Ambrogio De Ponti, che introdurrà l’incontro - la crisi economica che grava sulle tasche delle famiglie e dei consumatori italiani in genere obbliga ad applicare strategie di risparmio anche alla spesa alimentare. Questo, però, non può e non deve andare a discapito della salute: una dieta sana ed equilibrata non può prescindere da alcuni componenti, come un consumo quotidiano e variato di frutta e verdura. Proprio da qui - continua - nasce la sfida lanciata dalla nostra campagna nazionale “Nutritevi dei colori della vita”». I giovanissimi cuochi allievi dell’Istituto Alberghiero di Trastevere “V. Gioberti” giovedì 23 gennaio alle ore 12.00 presso la loro scuola in Via dei Genovesi 30/C i giovanissimi si cimenteranno in una prova di particolare effetto. Verranno realizzate 5 ricette, ciascuna con ingrediente principe frutta o verdura di uno dei “5 colori del benessere”, il rosso, il verde, il bianco, il giallo-arancio e il blu-viola. Assieme le 5 ricette andranno a costituire un pasto completo (un antipasto, un primo, un secondo, un dolce e una bevanda), bilanciato, ricco, gustoso e di qualità e il tutto dovrà essere preparato entro una spesa di 5 euro. Il mondo scientifico è concorde nell’affermare che bisogna favorire il consumo di frutta e verdura in modo variato, almeno cinque volte al giorno, seguendo la linea dei 5 colori, come recita il motivo della campagna UNAPROA. Le proprietà salutistiche dell’ortofrutta sono infatti dovute anche all’abbondante presenza di alcune speciali sostanze colorate protettive che conferiscono alla frutta e alla verdura colori vivaci e invitanti e va smentito il pregiudizio che una dieta ricca di questi alimenti sia necessariamente economicamente svantaggiosa. Con questa prova di cucina semplice e consapevole, i giovani cuochi dell’Istituto e UNAPROA regaleranno un menù sano e alla portata di tutti, di qualità e conveniente, un suggerimento utile e prezioso che potrà essere un ottimo spunto per le mense scolastiche e la ristorazione collettiva, per le famiglie e per consumatore. Durante la preparazione delle ricette, moderati da Massimiliano Ossini, interverranno sui temi dell’importanza di una corretta alimentazione e di una spesa consapevole la nutrizionista Elisabetta Bernardi e il Segretario generale Unione Nazionale Consumatori Massimiliano Dona.


ROSA DI GORIZIA, SBOCCIA LA REGINA D’INVERNO Il pregiatissimo radicchio rosso isontino, divenuto marchio nel 2010, è pronto per impreziosire i menù della stagione fredda con il proprio gusto intenso e leggermente amarognolo. Da gustare crudo per apprezzarne la fragranza, in crema o sott’olio per preparare prelibati antipasti, arriva su tutte le tavole d’Italia grazie alla possibilità di acquisto on-line e oggi è disponibile anche come ripieno della pasta fresca “Girasoli”. Una coltivazione limitata, tramandata di generazione in generazione, i cui segreti vengono gelosamente custoditi dai produttori locali, che in inverno si trasforma in una prelibatezza per buongustai, croccante e dotata di sapore intenso e leggermente amarognolo, da assaporare all’istante o da utilizzare per arricchire i migliori piatti (della tradizione del Friuli Venezia Giulia e non solo). È la Rosa di Gorizia, che da oltre due secoli punteggia, tra novembre e febbraio, i terreni isontini con il caratteristico colore che vira dal rosso intenso al rosa fino ad arrivare al giallo pallido, con foglie larghe ordinate. Non solo, la Rosa è stata eletta “prodotto dell’anno” per il 2013 da Il Corriere della Sera.

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BONTÀ FA RIMA CON QUALITÀ? SE È FABBRI, SÌ. È il 1905. A Portomaggiore il giovane Gennaro Fabbri acquista una drogheria con tinaia annessa e la trasforma nella “Premiata Distilleria G. Fabbri”. I primi prodotti targati Fabbri, infatti, coincidono con una gamma di liquori che ottengono un crescente successo, tanto che Gennaro Fabbri trasferirà presto la distilleria nella più ampia sede di Borgo Panigale, a Bologna, ancora oggi cuore pulsante dell’azienda. Cinque anni più tardi, nel 1910, su ricetta della moglie Rachele nasce un prodotto ancora oggi considerato inimitabile: l’Amarena Fabbri che con il suo vaso in ceramica a decori bianchi e blu, commissionato al ceramista Gatti di Faenza, diventerà presto simbolo di bontà e icona dell’azienda. Nel ’33 la Distilleria diventa “Ditta G. Fabbri di Aldo e Romeo Fabbri”: si aprono le porte alla seconda generazione e nascono alcuni dei prodotti destinati a fare la storia della Fabbri, tra cui gli sciroppi Inventa-bibite. Se oggi Fabbri vanta una fama sul piano internazionale, lo si deve alla grande attenzione che pone nei confronti della qualità. Operare secondo precisi standard qualitativi è da sempre un obiettivo dell’azienda che garantisce sicurezza nell’uso delle migliori materie prime, gusto inalterato nelle caratteristiche organolettiche degli ingredienti e indiscusse qualità nutrizionali. È grande l’attenzione, in tutte le aree di attività, rivolta anche alle problematiche alimentari, affrontate con preparati specifici per celiaci e per intolleranti al lattosio e molti prodotti senza zuccheri aggiunti. L’azienda bolognese riassume nel Programma Goccia Verde il suo impegno per lo sviluppo sostenibile, aderendo alla Carta dei Principi per la Sostenibilità Ambientale di Confindustria Fabbri 1905 ha aderito alla Carta dei Principi per la Sostenibilità Ambientale redatta da Confindustria, autentica “bussola dei valori di riferimento” per lo sviluppo sostenibile. Alla certificazione UNI EN ISO 9001:2008, che riconosce gli altissimi standard qualitativi dei prodotti made by Fabbri, se ne aggiungono due recentissime, ambite e difficilissime da ottenere che testimoniano la sicurezza dell’origine agroalimentare delle referenze e della selezione dei fornitori a livello internazionale: si tratta della certificazione concessa dal BRC, British Retail Consortium, la più grande associazione internazionale che stabilisce standard globali specifici per la sicurezza dei prodotti agroalimentari, e l’IFS (International Food Standard), standard condiviso per valutare la qualità e la sicurezza di tutti i prodotti alimentari. Moltissimi prodotti Fabbri testimoniano l’attenzione dell’Azienda per le intolleranze alimentari, un problema sempre più comune tra i consumatori di tutto il mondo. Lo conferma l’AIC (Associazione Italiana Celiachia) che certifica

i 480 prodotti Fabbri per celiaci, cui si affiancano gli oltre 300 per gli intolleranti al lattosio. TUTTI I MOMENTI FABBRI AL SIGEP 2014 Ricchissimo, come ogni anno, il calendario degli appuntamenti che animeranno tutti i giorni lo stand Fabbri a Rimini. E che vedranno protagonista l’azienda anche ai Campionati Italiani Baristi Caffetteria, di cui è sponsor. La pasticceria da forno Croissant farciti e specialità di biscotteria per la colazione Caffetteria aromatizzata Proposte innovative per un menu speciale di caffetteria calda e fredda Finger food Piccoli piaceri dal mondo Live a new cocktail experience Flair show con star internazionali Torte moderne Capolavori di bontà irrinunciabili in pasticceria Il gusto della buona vita Premiazione del concorso “Gelato Eubiosia” Cake design Creazioni d’autore belle fuori e buone dentro Gelato cocktail L’happy hour più gustoso che c’è Live a new cocktail experience Flair show con star internazionali www.amarenafabbri.com



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DALLA CINA UNA MINACCIA CRESCENTE PER I VINI ITALIANI, IL TAPPO IDCORK DICE STOP ALLA CONTRAFFAZIONE La tecnologia brevettata dall’azienda Brentapack aiuta a tutelare il vino italiano colpito dalle truffe cinesi

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Le recenti notizie legate ai fenomeni di contraffazione cinese del vino italiano hanno riportato alla ribalta una grossa sfida nel campo della salvaguardia dei prodotti Made in Italy. Con la sua tecnologia che consente la tracciabilità del prodotto, il tappo in sughero Idcork brevettato dall’azienda Brentapack del gruppo Labrenta (www.labrenta.com) diventa uno strumento importante nella tutela del vino di qualità. Un codice identificativo presente sul tappo e una trama del sughero irripetibile fanno di ogni bottiglia un prodotto unico. Il consumatore, tramite un’apposita app, scaricabile direttamente dal sito www.idcork.com e utilizzabile dal cellulare, può venire a conoscenza di tutta una serie di informazioni: zona e periodo di estrazione del sughero, caratteristiche, dati sulla lavorazione del tappo, nome della cantina e caratteristiche del vino (come annata, uvaggio e codice della bottiglia). Una volta avviata l’applicazione è sufficiente procedere al riconoscimento visivo del tappo grazie al confronto della sua trama con quella riprodotta nella foto. Successivamente si può inserire il codice stampato sulla chiusura per rintracciare la storia, la produzione e la lavorazione del vino. In questo modo l’azienda di Borgo Valsugana dà vita ad un sistema di protezione e di garanzia di qualità del prodotto sia per l’utente finale che per l’azienda stessa e si pone come un mezzo efficace nella lotta alla contraffazione. www.idcork.com



L’altopiano di Adirat.


TIGRAY PAOLO INGLESE

AMBIENTE RURALE E PAESAGGIO

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TIGRAY

Immenso altopiano dell’Etiopia, incanta per i paesaggi aspri che hanno la stessa fierezza dei visi degli uomini che furono, un tempo, fieri avversari degli italiani durante le guerre coloniali. I primi frutteti, creati dalla Cooperazione italiana e dalla FAO, si aggiungono al ficodindia, importato dai missionari salesiani, per arricchire una dieta basata principalmente sui cereali. Paolo Inglese


Raccontare il Tigray è come entrare in una fiaba popolata da Regine di straordinaria, mitologica bellezza, uomini valorosi, paesaggi struggenti nei quali si sente ancora l’antico respiro dell’inizio della moderna agricoltura. Non è, ancora, terra di turisti ma appena atterrati nel piccolo aeroporto di Mekele vi rendete conto di essere in un continente nel continente Africano. L’immenso altipiano del Tigray, che sovrasta la depressione della Dancalia e confina con gli altopiani e i massicci di Gondar, ha chiari i segni di migliaia di anni di lavoro, di agricoltura. I paesaggi, aspri, hanno la stessa fierezza dei visi degli uomini che furono, in difesa della loro Patria, fieri avversari degli Italiani. Le montagne qui si chiamano “Amba”, indicando sia una montagna dalla cima fortificata, ovvero una fortezza montana. Due “Amba”, l’Amba Aradam e Amba

Trebbiatura.

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Donna tigrina.

Si asciugano i panni nella Valle di Atsbi, tra campi di patate e alberi di melo.


Il cortile della casa di Edrom Haileselassie.

Finalmente sappiamo dove ha origine la moda del taglio di capelli dei calciatori europei! Sono i ragazzi di Atsbi.


Tigray: mais e patate in piccoli lotti familiari.

Villaggio Tigrino ai piedi dell’Amba Alaje, siamo oltre i 2500 m s.l.m.; euforbie e agavi segnano il sentiero e l’eucalitto ai margini del villaggio è la più importante delle risorse energetiche, insieme allo sterco bovino.


Spaventapasseri in un campo di teff, la principale risorsa alimentare del Tigray.

Alagi furono teatro di famose battaglie nella Guerra d’Etiopia, dove, con alterni successi, Etiopi e Italiani si affrontarono fin dalla fine del XIX secolo. Amba Aradam è stato, per generazioni, un termine utilizzato per significare “confusione”, quella confusione che seguì la vittoria di Badoglio sul Negus Haila Selassie, mentre, al contrario Amba Alagi fu teatro di una spaventosa sconfitta Italiana nel 1895. Oggi, di quei tragici teatri, figli di un insulso imperialismo, rimangono le centinaia di parole Italiane che fanno, ormai, parte integrante della lingua amarica come di quella tigrina. Vi capiterà, infatti, di sentir parlare di “volante”, “frizione”, “motore” se si parla di macchine, oppure di “barella”, “cemento” se si parla di costruzioni e,

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Le donne dell’Etiopia



infine, di “tegamino”, “lasagna bolognese”, “bollito salsa verde” se andrete in qualsiasi posto dove si serve del vero cibo tigrino. Gli itinerari del Tigray sono faticosi, lunghi, ma affascinati. Wukro, sulla strada per Adigrat e Adua, ai confini con la Dancalia, è il posto dove trovare il miele più straordinario della regione e celebrare il rito del caffè servito dalle donne più ambite d’Etiopia. E’ qui, infatti, che gli uomini Etiopi arrivano in cerca di moglie e…non hanno torto. Ma è il rito del caffè – Bunna in amarico-, così diverso dalla fretta del Bar Italiano, il vero godimento di questo, come di altri, piccoli centri. L’Etiopia è il paese di origine del caffè e l’unico al mondo in cui si trova allo stato selvatico. Ogni famiglia tosta le sue ciliegie, le pesta nel mortaio, e offre il caffè agli ospiti seguendo un rito che segna ospitalità, amicizia, rispetto. I chicchi di caffè, ancora freschi, sono tostati in un piccolo pentolino poggiato sul braciere, mentre accanto brucia l’incenso di Gondar e l’acqua si riscalda nella piccola caffettiera di terracotta, la jabana. I chicchi appena tostati sono pestati a mano nel mortaio e la polvere, come fosse thè, posta finalmente in acqua bollente. E’ un caffè, arabica naturalmente, dal profumo e dall’aroma straordinario, reso ancora più unico dalla bellezza dell’abito e dalla grazie di chi lo serve, dalla cura, dall’amore per quello che è il momento più atteso della giornata. Da Wukro potete salite ad Atsbi, dove la cooperazione Italiana ha creato, con la FAO, i primi meleti e albicoccheti etiopi. Anche ai piedi dell’Amba Alaje, luogo del martirio di Toselli e dei suoi uomini inseguiti da Menelik, fioriscono i meli, gli albicocchi e i mandorli, frutto della cooperazione Italiana. Qui, i

nuovi agricoltori hanno imparato l’innesto e la gestione del vivaio, come anche a essiccare la frutta e a produrre marmellate. L’albero da frutta che si aggiunge al ficodindia, importato dai Missionari Salesiani ne XIX secolo, sarà forse il nuovo miracolo di una terra dove regnano cereali che qui hanno origine come l’orzo, che si gusta ovunque arrostito – il Kolo- o integrato al miele o con cui si formano le pagnotte su cui spargere miele o stufato, o il teff, piccolo cereale e vero signore dell’altopiano e delle sue terre coltivate. Spesso unico sostentamento delle popolazioni seminomade, perché i semi sono così piccoli, che basta il contenuto di una mano a seminare un intero campo. Ma la sua unicità sta nel fatto che insieme ai carboidrati è ricco di fibre, di calcio e di ferro ben assorbibile e contiene un’importante percentuale di proteine con un vasto assortimento di aminoacidi essenziali. Fatto questo, pressocchè unico tra i cereali. Dal teff si fa l’Engera, cibo insostituibile dei tigrini. Continuando verso Nord, si arriva ai confini con la Dancalia e l’Eritrea. Si sale fin a quasi 3500 m s.l.m. e qui il paesaggio si riempie ancora di incredibili euforbie, sicomori e ficodindia, risorsa alimentare anch’essa preziosa e ormai ampiamente utilizzata dai tigrini che, grazie anche alla FAO, hanno imparato ad usarne i frutti per fare marmellate e le giovani pale per fare nopalitos, ovvero verdura che mescolano allo stufato e all’orzo. Indimenticabile è l’altopiano di Gheralta, a un’ ora da Wukro, dove non si può non emozionarsi per il Gheralta Lodge che alla bellezza del paesaggio unisce lo stile e la classe cristallina dell’ospite italiano

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I visi dei bambini nel campo collezione di melo di Amba Alage, all’uscita da scuola.

Bambini che mangiano il kolo, orzo tostato, merenda quotidiana ad alto contenuto energetico.

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L’euforbia segna i sentieri ma i suoi “tronchi”, delle piante più vecchie, fanno da pilastri per le abitazioni tigrine.

Lo sterco bovino posto a seccare sulle pareti di un’abitazione è pronto a diventare fonte di energia.


Si impara l’innesto a marza, nel vivaio di Alaje, dove si propagano mandorlo e albicocco.

Il Sicomoro, signore degli alberi del Tigray.


L’asino è il mezzo di trasporto e il compagno di lavoro essenziale in Tigray. I ragazzi portano paglia e teff.

che lo ha pensato e lo dirige. Qui si arriva alle spettacolari Chiese rupestri, ma anche ai teatri degli avamposti di un esercito, quello Italiano, dove i poveri militi hanno lasciato segnali indelebili sulle rocce, nei piccoli cimiteri e nelle costruzioni Etiopi. Ma le sorprese non finiscono qui, perché è giungendo ad Adwa (Adua) e

Axum che davvero si arriva al cuore di questo incredibile, forte altopiano. Lasciatevi condurre dai bambini, dalle donne avvolte nei loro unici mantelli in cotone bianco, con le loro acconciature eleganti. Cercate, se volete, i segni di una presenza, che, invero, è nelle stesse strade che si percorrono, tutte o quasi, di origine Italiana. E’ un popolo fiero, l’Etiope, è un popolo forte. E’ un popolo che condivide con l’Italia il leone di San Marco e con la Giamaica i colori, il culto e… la corsa. Qui, naturalmente la corsa lunga dei grandi maratoneti olimpici, primo tra tutti Abebe Bikila, l’eroe di Roma, nel 1960, ma anche di Haile Gebrselassie due volte olimpionico dei 10.000 m e vero eroe nazionale del Tigray. E’ una terra dove occorre calma per correre e dove andare per rimanere sorpresi dalla maestosa bellezza del paesaggio, dalla fierezza di un popolo di montagna e dalla storia di un’agricoltura senza tempo.

Paolo Inglese President of the Italian Society for Horticultural Science Dipartimento DEMETRA Università degli Studi di Palermo

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RIACQUISTA LA FORMA CON LE PUREZZE SALVAMINUTI DI PEDON

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Creme vellutate di legumi e cereali, genuine e bio, senza glutine e ricche in nutrienti, pronte in soli 2 minuti per soddisfare ogni esigenza.

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NATUREMILL: IL COMPOSTAGGIO DOMESTICO PER RISPARMIARE

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L’azienda Garby presenta in Italia NatureMill la compostiera domestica che trasforma gli scarti alimentari in fertilizzante e terra da rinvaso. Risparmiando così gli acquisti di prodotti chimici e la tassa rifiuti. Milano, 18 dicembre 2013 – L’azienda Garby distribuisce in Italia NatureMill la compostiera domestica che trasforma gli scarti alimentari in fertilizzante naturale e terra da rinvaso. Ingombra e consuma poco. Le sue dimensioni sono quelle di una normale pattumiera “da cucina” e funziona utilizzando solo 5kW al mese, decisamente meno di una lampadina. Molte famiglie si stanno dedicando alla coltivazione biologica di frutta e verdura in casa. Oltre a chi ha la fortuna di vivere in zone verdi e può permettersi di coltivare su grandi superfici, anche in città si sta diffondendo l’abitudine di avere l’orto sul balcone per avere prodotti più sani. Vengono utilizzati, però, fertilizzanti commerciali che contaminano queste “primizie” con sostanze che di salutare hanno ben poco. Inoltre, la concimazione di piante e fiori è sempre ricca di elementi chimici inquinanti e dannosi per l’ambiente e per la salute. Avere un compost in casa non è sempre facile soprattutto per chi abita in zone residenziali con pochissimi spazi verdi all’esterno o in abitazioni piccole. La compostiera è la soluzione ideale per risolvere questo problema. Una volta inseriti gli scarti domestici (fino a 1,5 kg al giorno e fino a 7 litri di capacità) in sole due settimane si può avere il fertilizzante pronto per l’uso, senza odori sgradevoli grazie a un sistema di ventilazione interna, formato da una potente pompa d’aria e da un filtro a carboni attivi. Per di più, una delle cose che spaventa maggiormente nel tenere “l’umido” in casa è la formazione di vermi ed insetti. NatureMill risolve anche questo problema. C’è da aggiungere che attraverso il suo utilizzo si può risparmiare sulla tassa rifiuti perché i comuni offrono una riduzione per gli utilizzatori di composter. Un’altra proposta dell’azienda che fa bene alle nostre tasche e all’ambiente. Una tecnologia totalmente “green” perché realizzata in polipropilene riciclato al 100%. “Siamo fieri di essere i distributori per l’Italia di questa tecnologia. – spiega Vincenzo Sparaco amministratore delegato di Garby – La nostra azienda è da sempre impegnata nel trovare soluzioni all’avanguardia che aiutano l’ambiente facendo risparmiare i cittadini.” www.garby.it



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SELENELLA PROTAGONISTA IN TV E SUL WEB Dal 15 dicembre Selenella, la patata 100% italiana, torna in Tv e sul web.

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Selenella, patata 100% italiana, torna protagonista in TV e sul Web per ricordare come, nel cuore delle campagne bolognesi, si nasconda un vero tesoro di gusto e genuinità. Coltivata con amore e dedizione, Selenella cresce ricca di qualità preziose che la rendono diversa dalle altre patate. Unica perché fonte naturale di selenio, Selenella è garantita dal Consorzio da quando nasce, fino a quando arriva sulle nostre tavole. In onda dal 15 dicembre 2013 sui principali canali TV e sul Web, lo spot mostra attraverso le immagini della natura e della tradizione agricola bolognese, come il Consorzio Patata Italiana di Qualità porta alla luce questo tesoro nascosto sottoterra, esaltandone l’autenticità e la genuinità. Trasmesso nei formati da 15”, 10” e 7”, il video narra la storia e le virtù di un grande tesoro tutto italiano, frutto di un territorio che unisce tradizione e spirito d’innovazione. Italianità, genuinità, rispetto per l’ambiente e la salute umana: sono questi i valori che da sempre contraddistinguono il marchio Selenella, patata coltivata nel rispetto dell’ambiente e della salute umana, secondo i metodi della produzione integrata, con tecniche che limitano al minimo l’utilizzo di prodotti chimici quali fertilizzanti ed antiparassitari. Punto di forza di Selenella è inoltre la totale tracciabilità e certificazione di filiera: ogni patata è monitorata e garantita dalla nascita fino a quando arriva sulla tavola dei consumatori attraverso un rigoroso disciplinare di produzione che ne assicura l’eccellente qualità 100% italiana. www.selenella.it




LE FRAGOLE ITALIANE WALTHER FAEDI E GIANLUCA BARUZZI

AGRICOLTURA OGGI

Le fragole italiane L’offerta di fragole italiane non è più concentrata solo da marzo a giugno ma si estende per tutto l’anno. Negli anni ‘80 la produzione italiana di fragole era presente principalmente in aprile e in maggio e con limitati apporti in marzo e giugno. Dopo 30 anni il picco produttivo si verifica ancora nello stesso periodo ma l’ offerta va da gennaio a dicembre grazie alle diversificate aree di coltivazione del nostro Paese. Sono due i fattori principali che hanno determinato questa ampia “destagionalizzazione”: l’evoluzione delle tecniche di coltivazione e l’introduzione di nuove varietà, in grado di produrre per più ampi periodi. Walther Faedi e Gianluca Baruzzi

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Le tecniche di coltivazione Nelle regioni meridionali, dove sono presenti le aree più precoci, si producono fragole a partire nel periodo invernale attraverso l’adozione, come avviene in California e in Spagna, della cosiddetta “winter planting system”: nel mese di ottobre vengono poste a dimora delle piante fresche, prevalentemente “a radice nuda”, estirpate pochi giorni prima da vivai situati principalmente in Polonia o nelle montagne Spagnole e anche in Italia in zone come la Sila. Le piante fresche al momento dell’estirpazione dai vivai, in genere, hanno già avviato l’induzione a fiore delle gemme e ricevuto un certo numero di ore di freddo in grado di rallentare notevolmente l’attività vegetativa. Queste piante, messe a dimora nei fragoleti meridionali in coltura protetta, quindi in condizioni climaticamente vantaggiose, riprendono l’attività vegetativa e procedono ra-

pidamente all’emissione di fiori. Questa fioritura sarà tanto più precoce quanto è minore il fabbisogno in freddo invernale delle varietà. In genere si ha già in novembre-dicembre in Sicilia, gennaio-febbraio nel Metapontino, in quanto zona più fredda. Un innovativo tipo di pianta fresca denominata “cima radicata” consente un notevole anticipo di precocità rispetto alla pianta fresca a radice nuda. Questa pianta messa a dimora in settembre negli ambienti più caldi, come quelli siciliani, può già entrare in produzione a metà novembre. “Florida Fortuna”, varietà della Florida a bassissimo fabbisogno in freddo invernale, è ampiamente coltivata in Sicilia, in quanto nel periodo natalizio in genere è in grado di entrare in piena produzione, garantendo una buona redditività al produttore siciliano. Durante le festività i mercati nazionali, fino a poco tempo fa offrivano solo prodotto importato

108 LE FRAGOLE ITALIANE WALTHER FAEDI E GIANLUCA BARUZZI


FLUSSI PRODUTTIVI IN ITALIA: CAMBIAMENTI IN 30 ANNI

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Settembre

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Sicilia e Calabria Campania e Basilicata Valle del Po

Fonte: CSO, Ferrara

Aree Montane

109 LE FRAGOLE ITALIANE WALTHER FAEDI E GIANLUCA BARUZZI

Verona

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Dicembre

Sicilia


dall’estero. Prima di affermarsi “pianta fresca” nei fragoleti meridionali era diffusa la coltivazione di “pianta frigoconservata”, ancora ampiamente utilizzate nel Nord Italia. La tecnica di coltivazione basata sulla pianta fresca presenta una serie di vantaggi rispetto a quella in cui si fa ricorso alla pianta frigoconservata: ritardo di piantagione di circa 1 mese con conseguente risparmio idrico; anticipo notevole del calendario di raccolta che si prolunga nel tempo evitando picchi di produzione e permettendo una migliore gestione e un minor utilizzo di manodopera aziendale; riduzione dei costi di produzione in quanto non vengono eseguite alcune operazioni colturali, necessarie invece alle piante frigoconservate, quali l’asportazione dei fiori dopo la piantagione e degli stoloni nel periodo autunnale; aumento delle caratteristiche qualitative del frutto, soprattutto contenuti in zuccheri e acidi; miglioramento

della regolarità della forma e quindi dell’aspetto del frutto, minor incidenza di frutti deformati per effetto del minor sviluppo vegetativo con conseguente maggior aerazione delle piante e quindi più possibilità di avere una perfetta impollinazione del fiore. Al Nord, principalmente in Trentino, si è affermata la “coltura programmata” una tecnica che prevede l’utilizzo di piante frigonservate di grosse dimensioni (di tipo “A+”, WB e TP). Consente la programmazione delle produzioni scaglionando le piantagioni da aprile a luglio; l’inizio della raccolta avviene dopo 45-50 giorni dalla data di messa a dimora delle piante. Questa tecnica, piuttosto costosa e molto diffusa nel Nord Europa, è prevalentemente realizzata in coltura fuori suolo e spesso finalizzata ad un solo ciclo colturale e consente di produrre fragole da luglio fino ad ottobre.

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PIANTE FRESCHE A “RADICE NUDA” O “CIME RADICATE” La pianta fresca a radice nuda è prodotta in vivai appositamente costituiti in primavera ed estirpata generalmente a fine settembre – primi di ottobre con l’arrivo dei primi abbassamenti termici. L’estirpazione delle piante può essere eseguita meccanicamente e dopo un’attenta selezione, vengono commercializzate solo le piante dotate di un buon calibro al colletto e con apparato radicale piuttosto sviluppato. In genere, alle piante viene asportato gran parte del complesso del fogliame più sviluppato, appena al di sopra del colletto. Le piante vengono poste all’interno di cassette e dentro a sacchetti di plastica, al fine di mantenere umido l’apparato radicale. Il periodo di tempo fra estirpazione e messa a dimora della pianta nei fragoleti deve essere il più breve possibile (3-5 giorni) e il trasporto deve essere effettuato in container a basse temperature (4-6°C). Le piante fresche utilizzate in Italia sono principalmente prodotte nei vivai polacchi o in aree di altura (700-800 m) localizzate nel centro della Spagna dove si registra – in genere - un abbassamento termico prima di iniziare la loro estirpazione. Spesso per raggiungere un quantitativo importante di freddo (circa 200 ore di temperatura ≤ 7°C) si ritarda l’estirpazione delle piante che però spesso poi in campo evidenziano un troppo basso livello produttivo. L’interesse per le piante prodotte nei vivai localizzati in Polonia, deriva dall’ampia differenza di latitudine e dal più freddo andamento climatico che in genere consente di anticipare l’estirpazione e quindi la messa a dimora delle piante nei fragoleti, anche di 15 giorni rispetto alle piante prodotte nei vivai spagnoli. Per il successo di questo tipo di pianta è indispensabile, infatti, non ritardare la piantagione in Italia oltre la prima decade di ottobre e utilizzare piante mature ben sviluppate nei vivai (non filate o con tessuti troppo giovani). Le piante nei vivai iniziano la differenziazione delle gemme che viene interrotta nelle operazioni di trapianto e poi proseguirà nei campi di coltivazione favorita dalle migliori condizioni di termoperiodo. La pianta “cima radicata” è un tipo di pianta prodotta in 25-30 giorni a seguito della radicazione, su substrato di torba e in condizioni controllate (altissima umidità grazie a numerosi interventi di nebulizzazione, temperature costanti, ecc.), di una “cima” dei stoloni (prelevata dai vivai appositamente costituiti oppure che potrebbero essere gli stessi quelli finalizzati a produrre le piante fresche a “radice nuda”) provvista di abbozzi radicali. Non tutti i genotipi si adattano a questa tecnica: sembrano più favoriti i genotipi dotati di elevata e precoce capacità rizogena della pianta.

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Le principali aree produttive italiane La coltura della fragola in Italia, dopo l’aumento delle superfici registrato nel corso degli anni ‘60 e ’70, si è poi costantemente ridimensionata in tutte le aree produttive fino a raggiungere i gli attuali 3. 700 ettari. Il trend negativo è stato particolarmente accentuato nelle regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali in cui attualmente si concentra la maggior parte della produzione nazionale.

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PRINCIPALI AREE FRAGOLICOLE ITALIANE (Impianti 2012-2013, ettari)

Nord (varietà ad alto fabbisogno in freddo): Alba Eva Elsanta Roxana

265 (-3,5%)

Sud (varietà a basso fabbisogno in freddo): Candonga Camarosa Florida Fortuna Sabrina

616 (+1%)

118 (=)

247 (-2,5%)

540 (-9%)

890 (+4%)

231 (-5%)

353 (+1%)

Fonte: CSO, Ferrara

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1000 800 600 400 200 0

1200 1000 800 600 400 200 0 2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013


Al sud nella zona di Marsala, principale area fragolicola Siciliana e zona più precoce a livello nazionale, lo standard varietale è dominato da Florida Fortuna, recente varietà di origine americana di grande interesse per la spiccata precocità di maturazione. In questa area si è particolarmente diffuso l’impiego delle piante fresche “cime radicate”che consentendo produzioni precoci già nel periodo natalizio.

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Nella Piana di Lamezia si concentra quasi tutta la fragolicoltura calabrese. In questa zona è in atto una notevole evoluzione varietale e Camarosa è stata rimpiazzata da alcune varietà di origine italiana come Kamila, Nabila e Rania e spagnole come Sabrina.

80 70 60 50 40 30 20 10 0 2009

2010

2011

Camarosa 29%

Sabrina 12%

Candonga

Nabila 9%

Fonte: CSO, Ferrara

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2012

Rania 26%

Amiga 3%

2013


In Campania si concentra il principale bacino di produzione italiano. La coltura è concentrata nella Piana del Sele e nell’Agro-Aversano. Si sono affermate le varietà Candonga e Sabrina.

EVOLUZIONE STANDARD VARIETALE 80 70 60 50 40 30 20 10 0 1999

2000

2001

2002

Camarosa (+6%)

2003

Sabrina (43%)

2004

2005

2006

Candonga (11%)

2007

2008

Amiga (17%)

Fonte: CSO, Ferrara

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2009

2010

2011

F. Fortuna (7%)

2012

2013

Thetis


Nel metapontino (Basilicata), lo standard varietale è dominato ampiamente da Candonga.

EVOLUZIONE STANDARD VARIETALE 90 80 70 Candonga (82%)

60 50 40 Pajaro

Nabila (5%)

30

Sabrina (4%)

20 Pircinque (3%)

10 0 1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

Fonte: CSO, Ferrara

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2009

2010

2011

2012

2013


l’arresto dello sviluppo sia vegetativo che produttivo. Anche le elevate temperature estive possono ostacolare la differenziazione di gemme e arrestare o peggiorare qualitativamente la produzione. Questa è la ragione per cui queste varietà si sono principalmente diffuse negli ambienti più freschi di montagna, sia al Nord che al Sud Italia. Le coltivazioni di rifiorenti si stanno ampiamente diffondendo anche nel Nord Europa. Si fa ricorso ad una pianta frigoconservata messa a dimora in aprile, in grado >>

Le varietà Come si è già riferito le varietà unifere a bassissimo fabbisogno in freddo invernale, come Florida Fortuna, consentono un marcato anticipo della maturazione dei frutti nelle aree meridionali. Tuttavia l’innovazione più rilevante si è registrata con la diffusione di varietà “rifiorenti”, in grado di fiorire continuamente, dodici mesi l’anno, temperatura permettendo. Infatti solo se la temperatura scende al di sotto dei 7°C (limite minimo per lo sviluppo delle piante di fragola) si ha

122 LE FRAGOLE ITALIANE WALTHER FAEDI E GIANLUCA BARUZZI


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Nell’area cesenate si concentra circa l’80% della fragola emiliano-romagnola in gran parte coltivata ancora in pieno campo (70%) anche se vi è una tendenza alla copertura dei fragoleti con tunnelloni di tipo “veronese” finalizzati alla protezione della coltura dalle piogge durante il periodo fioritura-raccolta e non ad anticipare le produzioni. A Cesena è importante il ruolo ricoperto dalle coltivazioni biologiche. In questa area si è pienamente affermata la varietà a maturazione precoce Alba, seguita da Roxana.

EVOLUZIONE STANDARD VARIETALE 60 50 Alba (40%)

40 30 Roxana (15%)

20

Tecla (11%)

10 Clery (8%)

0 2005

Fonte: CSO, Ferrara

2006

2007

2008

2009

2010

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2011

2012

2013


Nelle aree settentrionali il veronese è il principale bacino di produzione. La fragolicoltura veronese è basata sulla tecnica di coltivazione autunnale-primaverile, nota come “autunnale veronese”, che consente un doppio ciclo di fruttificazione, in autunno e nella primavera successiva dalle stesse piante. Non tutte le varietà si adattano a questa tecnica; attualmente dominano lo standard varietale Eva e Roxana.

EVOLUZIONE STANDARD VARIETALE 50

40

Marmolada Eva (41%)

30

20

Roxana (15%) Irma (8%)

Nora Antea (8%)

10

Darselect Alba

0 1999

Fonte: CSO, Ferrara

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

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2009

2010

2011

2012

2013


In Trentino, la coltura è finalizzata alla produzione di fragole (soprattutto Elsanta) nel periodo estivo, facendo ricorso a colture programmate principalmente fuori suolo. Si stanno affermando notevolmente anche le varietà rifiorenti.

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In Piemonte, la fragola è concentrata principalmente nel cuneese a quote comprese tra i 550 ed i 900 m. di altitudine ed è finalizzata a periodi di raccolta più tardivi (da maggio fino a luglio) rispetto a quelli della Pianura Padana.

EVOLUZIONE STANDARD VARIETALE 50

Marmolada

40 Varietà fiorenti 28%

30 Miss

Alba 24%

20 Clery (14%)

10 Asia (11%)

0 1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

Fonte: CSO, Ferrara

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2009

2010

2011

2012

2013


di produrre da giugno fino all’autunno inoltrato (in base alla diminuzione dei valori termici). Con l’ausilio di serre riscaldate e illuminate, le rifiorenti sono in grado di produrre anche per tutto l’inverno nei Paesi più freddi. I programmi di miglioramento genetico si stanno impegnando notevolmente nell’innovazione di varietà rifiorenti: Vent’anni fa questo tipo era pressochè sconosciuto. In gran parte di origine californiana, non erano perfettamente adatte ai nostri climi itliani, soprattutto di pianura, e non in grado di garantire la qualità del prodotto richiesta dai mercati. Attualmen-

te sono disponibili nuove varietà rifiorenti pienamente adatte ai nostri ambienti e in grado di fornire frutti con elevato standard qualitativo interessante per i consumatori anche nei periodi “fuori stagione”. Walther Faedi Gianluca Baruzzi Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Unità di Ricerca per la Frutticoltura Forlì - CRA-FRF

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CALEIDOSCOPIO

CALEIDOSCOPIO

LE AZIENDE CHE ESPONGONO ALLO STAND “ITALY” Nello spazio Italy, coordinato da CSO a Fruitlogistica, si riunisce il top dell’ortofrutta italiana

130

Uno spazio tutto rinnovato per l’edizione 2014 di Fruitlogistica Berlino, per lo stand gestito da CSO, Fruitimprese e Ice che vede riunite 30 Imprese ortofrutticole italiane che mostrano, ancora una volta il meglio dell’ortofrutta nazionale. Lo stand, realizzato mettendo in evidenza i colori della bandiera italiana è, come ormai consuetudine, un punto di riferimento della Fiera di Berlino e un appuntamento da non perdere per poter incontrare il meglio della produzione del Bel Paese oltre che per degustare meravigliosi piatti della tradizione made in Italy ed assistere ad eventi e presentazioni di grande interesse per il settore. In questa edizione di Fruitlogistica allo stand Italy ci saranno proprio tutti, e grazie al sostegno di Ice, l’Agenzia per la Promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, sarà possibile, per gli ospiti, vivere idealmente un percorso gastronomico dal sud al nord dell’Italia con uno straordinario menù di pasta realizzato dallo Chef stellato Domenico Maggi . Un viaggio virtuale nell’Italia dei sapori autentici, con menu’ scelti per valorizzare la frutta e la verdura all’ interno della dieta mediterranea. Non mancherà anche quest’anno, dopo il successo della scorsa edizione, il Fruit & Veg Experience ideato dallo Chef Walter Guidi, uno spazio degustazione dove verranno presentati 10 modi di mangiare frutta e verdura da non dimenticare in versione 2014. Perché oggi, diventa sempre più importante proporre il consumo di frutta e verdura in maniera innovativa e accattivante, uscendo dai canoni delle consuete modalità di consumo ed una visita allo stand Italy offrirà interessanti spunti e opportunità’ per gli addetti ai lavori di tutto il mondo riuniti a Fruitlogistica. ICE – FRUITIMPRESE - CSO

FRUITIMPRESE

CSO

AGRO T 18 BESANA CEOR DE LUCIA DEL GAUDIO PEVIANI SALVI SECONDULFO ORANFRIZER

AGRIBOLOGNA – CONOR- AB FRESH ALEGRA ALMAVERDE BIO AOP SERENA APOFRUIT ITALIA APOSCALIGERA CPR SYSTEM EUROCOMPANY FOGLIATI GRANFRUTTA ZANI GRAZIANI PACKAGING MAZZONI MODI’ EUROPA NATURITALIA O.P.O. VENETO OROGEL FRESCO PEMPACORER VALFRUTTA ITALIA ORTOFRUTTA O.P. SAN LIDANO


CALEIDOSCOPIO

La Regione Veneto investe 1 milione e 300 mila euro per la qualità degli ortaggi e dell’ambiente dove sono coltivati. La delibera della Giunta, con la quale sono stati stanziati i fondi, è stata approvata il penultimo giorno del 2013 ed è ritenuta un fatto “rivoluzionario” sul fronte della tutela dei prodotti e del territorio. Un provvedimento innovativo che, in una visione europea della questione, tiene conto del fondamentale binomio “prodotto – ambiente” per garantire, a tutela sia dei produttori che dei consumatori, l’identità dei prodotti, la sicurezza alimentare e consumi responsabili e consapevoli.

utilizzate nella filiera produttiva siano a ridotto impatto ambientale”. Si fa riferimento specifico alla necessità di salvaguardare la biodiversità, “la cui perdita resta una delle maggiori emergenze ambientali del nostro tempo”. Per la caratterizzazione qualitativa degli ambienti di coltivazione dei prodotti ortofrutticoli si indica, in particolare, la metodologia del protocollo “Biodiversity Friend”, “la prima, e fino oggi unica, certificazione che valuta la conservazione della biodiversità in agricoltura”, come si legge nella delibera della Giunta regionale del Veneto, presieduta da Luca Zaia. Il certificato di “Biodiversity Friend” è rilasciato dalla Wba “World biodiversity association”, un’ associazione attiva a livello mondiale, che ha sede a Verona ed è presieduta da Gianfranco Caoduro. Per OPO Veneto, che sin dalla fondazione, condivide e sostiene l’impegno della Wba, è un passaggio molto importante a sostegno di un’orticoltura sana in un ambiente pulito, tutelato e attento alla biodiversità. “E’ segno di un’idea e di una concezione colturale, commenta Cesare Bellò, consigliere delegato di OPO Veneto, che sta maturando per prodotti di qualità riconosciuta e certificata che diano sicurezza e serenità ai consumatori”. www.ortoveneto.it

E’ quanto ha bene messo evidenza l’assessore regionale Franco Manzato presentando la legge: “Il consumatore europeo oggi è sempre più attento ai diversi aspetti della qualità, non solo a quelli intrinseci del prodotto, ma anche e soprattutto ad altri che possono essere definiti “valori aggiunti culturali”, come la tipicità, la denominazione di origine e le ecolabel, ossia le garanzie che le tecniche

CALEIDOSCOPIO

DAL VENETO UN INVESTIMENTO RIVOLUZIONARIO PER LA QUALITÀ DEGLI ORTAGGI E DEL TERRENO

131



CLEMENTINE: UNA RISPOSTA ALLE MUTATE ESIGENZE DEL CONSUMATORE

Per questa specie si cerca di soddisfare al meglio le esigenze del consumatore, con un prodotto con caratteristiche organolettiche costanti nel tempo, assenza di semi, ampliando il periodo di disponibilità grazie a nuove varietà precoci e tardive. Carmelo Mennone

CLEMENTINE CARMELO MENNONE

AGRICOLTURA OGGI

133


Il clementine appartiene al gruppo dei tangor (ibridi di mandarino x arancio), quello che numericamente e commercialmente è il più importante, tanto che nella classificazione tassonomica alcuni lo considerano una specie (Citrus clementina).

Prenules

Le clementine fanno parte di quella categoria commerciale “agrumi a frutto piccolo”, caratterizzata da alcune caratteristiche pomologiche come il peso non superiore a 90-100 g, la facilità a sbucciarsi e l’assenza di semi, meglio conosciuta come apirenia, carattere, comunque, condizionato da aspetti genetici e soprattutto ambientali, quali la vicinanza di specie interfertili, che possono impollinare. In questo gruppo, il clementine, diffuso principalmente nell’area mediterranea, rappresenta circa 1/4 della produzione di mandarino-simili. Capostipite di molte delle varietà disponibili è il Cle-

mentine comune, ottenuto come probabile ibrido tra mandarino Avana e Arancio amaro “Granito”, osservato a Misserghin (Algeria) da frate Clemente nel 1902, da cui il nome clementine, anche se da studi dell’Università di Catania, è stato confermato che derivi da un incrocio tra Mandarino Avana e Arancio dolce. Alle ottime caratteristiche organolettiche, accomuna una scarsa conservazione sulla pianta con un deprezzamento della produzione, che limita il periodo di commercializzazione; da queste varietà sono derivate direttamente o indirettamente, quelle maggiormente coltivate.

Impianto nel Metapontino e, sullo sfondo, antico ovile.

Clementine a Metaponto.

134 CLEMENTINE CARMELO MENNONE


mo, ecc. (1,1%). Le produzioni, nel quadriennio 20082011 si attestano intorno ai 3,9 milioni di tonnellate, distribuendosi sostanzialmente con gli stessi ordini di grandezza delle precedenti, con le arance al 63,3%, seguite dal gruppo dei “piccoli frutti” al 21,9%, dai limoni al 13,9% e dagli “altri” agrumi all’0,9%.

DOVE SI PRODUCE In Italia le superfici agrumetate, nel 2011, si attestano intorno ai 170 mila ettari, con una netta preponderanza di quelle arancicole (60,1%), seguite a notevole distanza dai “piccoli frutti”, clementine e mandarini (22,2%), dai limoni (16,2%) e da bergamotto, pompel-

RIPARTIZIONE REGIONALE SUPERFICIE CLEMENTINE-2011 (DATI ISTAT)

RIPARTIZIONE REGIONALE PRODUZIONE CLEMENTINE 2011 (DATI ISTAT)

Rispetto alla superficie in Calabria si coltivano circa il 60% delle clementine, che si concentrano principalmente nella Piana di Sibari, nel lametino (CZ) ed a Rosarno (RC).

135 CLEMENTINE CARMELO MENNONE


136 CLEMENTINE CARMELO MENNONE


SRA63

Hernandina

Da un punto di vista produttivo la Calabria rappresenta circa il 70% del totale italiano, seguita dalla Puglia, dalla Sicilia e dalla Basilicata. Il comprensorio ricadente nella zona costiera del Golfo di Taranto, che comprende la provincia di Lecce fino a quella di Cosenza è l’areale più importante per la produzione di questa specie, data la forte complementarietà dei territori che possono al meglio rispondere all’ampliamento del calendario di maturazione.

zata nell’area tarantina si fa risalire agli inizi del 1900, anche se dell’introduzione di tali frutti in questa zona si ha menzione con tutta probabilità già nel 1700. La scarsa disponibilità idrica ha condizionato la diffusione di questo gruppo di specie. È solo nel secondo dopoguerra che si assiste all’espansione e specializzazione della coltivazione di agrumi, grazie alla riforma fondiaria, che ha consentito di mettere a disposizione degli agricoltori adeguate risorse idriche. Nel tarantino la coltivazione, concentrata nei comuni di Massafra, Palagiano, Palagianello, Castellaneta e Ginosa, vede primeggiare il clementine, con un calendario di maturazione che parte da ottobre per protrarsi a marzo con le varietà tardive, anche se prevale il Comune.

LA PIANA DI SIBARI Tra il mar Jonio, la Sila ed il massiccio del Pollino, giace la piana di Sibari, la più estesa delle pianure Calabresi. Prende il nome dalla città greca Sybaris, una delle prime colonie greche in Italia, fondata da coloni Achei e Trezenii nel VII sec. a.C. Tra le attività produttive agricole del tempo si ricorda la coltivazione della vite e la pastorizia. Nel secondo dopoguerra è entrata in un periodo d’intenso rinnovamento economico-sociale, grazie all’opera Sila, che con la bonifica del territorio ne ha fatto una tra le zone più prospere non solo della Calabria, ma dell’intero mezzogiorno. Questo ha consentito la diffusione di impianti di agrumeti, in seguito alla creazione di canali di scolo, che fanno sembrare questa piana una grande distesa verde. Terreni diligentemente lavorati, minuziosamente coltivati, la vicinanza dei monti e l’assenza della traiettoria dei venti, determinano un microclima ideale e fa si che la piana di Sibari risulti una delle zone più vocate in assoluto per la coltivazione delle clementine. LA COLTIVAZIONE IN PUGLIA La coltivazione degli agrumi in Puglia è presente principalmente lungo l’arco ionico tarantino e leccese, la clementinicoltura, interessa quasi 4800 ettari. La diffusione dell’agrumicoltura in coltura specializ-

Panoramica della Piana di Sibari.

137 CLEMENTINE CARMELO MENNONE


sottile; la polpa è di colore arancio, succosa, con contenuto in zuccheri ed acidità medi e semi assenti. Matura nella seconda decade di novembre. Della stessa epoca è la Clementine Nules con frutto di buon calibro, di colore arancio, di sapore abbastanza equilibrato. Nel periodo medio-tardivo sono poche le varietà di clementine disponibili, di queste, alcune sono caratterizzate da maturazione interna del frutto anticipata rispetto alla colorazione esterna della buccia. La prima varietà ad essere raccolta è il Clementine Rubino, con buccia di colore arancio di consistenza soffice e poco aderente, tessitura della polpa fine e deliquescente. La pezzatura è inferiore rispetto al comune, la raccolta si effettua a partire dalla III decade di dicembre. Successivamente matura il Clementine Hernandina, il frutto di colore arancio, con la parte apicale, che rimane verde pallido, presenta qualche seme; l’epoca di maturazione è tardiva (gennaio–metà febbraio). Sempre nella stessa epoca matura il Clementine Nour, di colorazione arancio intenso, pezzatura e sbucciabilità media, di buon sapore, semi pochi o assenti. Un’altra varietà interessante di clementine è il Tardivo. Il frutto è di buona pezzatura, apireno di forma sub-sferica, con buccia di colore arancio intenso, matura tra dicembre e gennaio conservando buone caratteristiche fino a febbraio.

LE VARIETÀ PIÙ DIFFUSE Tra le varietà più precoci ricordiamo il Clementine Oronules, i cui frutti hanno colorazione aranciointenso molto attraente, di facile sbucciabilità e si raccolgono due-tre settimane prima del comune. Di pari epoca è il Clementine Caffin, che presenta frutto con buccia leggermente rugosa, di colore arancio intenso, sapore buono, peso medio. A seguire si raccoglie il Clementine Spinoso, con frutto di forma schiacciata, la buccia è di colore giallo-arancio, la polpa è mediamente succosa, il peso medio di 80-90 g. Una varietà per la fase precocissima è la Clementine Loretina, con frutti di colore arancio intenso molto attraente, si sbucciano con facilità e di sapore medio. 10 giorni prima del Comune si raccoglie il Clementine Fedele, che presenta frutto di colore arancio intenso, con polpa un po’ grossolana e poco succosa. Buon comportamento produttivo ha avuto negli areali Jonici lucani, calabresi e pugliesi, la Clementine SRA 89 con frutto di media pezzatura, sapore buono. Contemporanea è il C. Corsica 2, frutto simile al clementine “Comune”, di peso medio. Di pari epoca al Comune e con frutto simile è il C. Esbal, con buccia di colore arancio e peso medio. Capostipite di molte delle varietà descritte è il C. comune che presenta il frutto di colore arancio intenso, presenta una superficie liscia, di forma oblata, con peso medio di 80 g, la buccia poco aderente, soffice e

Extraprecoci

Precoci

(Clementina comune)

Spinosa, Fedele, Corsica e SRO89

Intermedie

Tardive

138 CLEMENTINE CARMELO MENNONE


139 CLEMENTINE CARMELO MENNONE


Spinoso

Tardivo

Corsica 2

SRA89

Clemenrubi

140 CLEMENTINE CARMELO MENNONE


Tardivo

Comune

Nour

Rubino

Caffin

Hernandina

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C. Rubino VCR

C. Spinoso VCR

C. Hernandina VCR

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Calendario di raccolta delle clementine in Italia

LE NUOVE PROPOSTE Di seguito si riportano una serie di nuove varietà, prevalentemente di origine spagnola, che potrebbero consentire un ampliamento del calendario di produzione, soprattutto nella fase precoce di raccolta. Quasi tutte le innovazioni derivano da mutazioni di Oronules riscontrate in Spagna nella seconda metà degli anni ’90. La prima a maturare è Prenules, che si raccoglie in Spagna a partire da metà settembre, i frutti sono di colore arancio intenso, con buccia di medio spessore e facile da sbucciare. Di pari epoca è Basol, con frutti di colore arancio intenso, segue Clemenrubi o Pri23, che si raccoglie a partire dalla I decade di ottobre. Cultifort, frutto simile per pezzatura ad Oronules di colore arancio intenso, si sbuccia con facilità, polpa apirena con un buon contenuto in succo. Dopo qualche giorno si raccoglie Orogros o Pri 26, simile al precedente per caratteri del frutto.

145 CLEMENTINE CARMELO MENNONE


I MARCHI Clementine di Calabria IGP, che comprende le produzioni rivenienti dai territori di coltivazione delle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia e Crotone. Comprende alcune varietà come il Comune, l’SRA 63, il Fedele, il Tardivo, l’Hernandina, il Marisol e il Nules; Clementine del Golfo di Taranto IGP, la cui produzione proviene dai comuni di Palagiano, Massafra, Ginosa, Castellaneta, Palagianello, Taranto e Statte. Le varietà contemplate sono il Comune, il Fedele, il Precoce di Massafra o Spinoso, il Grosso di Puglia, l’ISA, l’SRA 63 e l’SRA 89

Carmelo Mennone Direttore A.A.S.D. Pantanello, Alsia - Regione Basilicata

146 CLEMENTINE CARMELO MENNONE



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