Karpòs n.3 - Marzo 2014

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Edizione PREMIum

Karpos

Karpòs alimentazione e stili di vita

Anno III - N° 3 Marzo 2014

Poste Italiane spa Sped. in A.P.-D.L. 353/2003 (convertito in L. 27/2/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 - Cesenatico

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Arancio Rioja Cappadocia Sudan Funghi

LAVORI IN CORSO


EDITORIALE

Lavori in corso

Renzo Angelini Direttore editoriale

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Informare attraverso la scienza e rendere disponibili a tutti conoscenze qualificate e verificate, per permettere al consumatore di fare scelte consapevoli, è uno degli obiettivi prioritari di Karpòs. L’informazione a portata di tutti è la strategia di Karpòs e, come ogni strategia che si rispetti, ha un prodotto (l’informazione), una distribuzione (acquisto on line con carta di credito, con bonifico bancario o con cartolina abbonamento), un portfolio di offerte e, soprattutto, i clienti (lettori e partner). La qualità e la distintività del prodotto è garantita dalle nostre Firme (i massimi esperti nel settore di riferimento), dalla qualità del materiale fotografico, realizzato appositamente per valorizzare le conoscenze dei nostri autori e dalla creatività della nostra redazione. Per ridurre la distanza tra il lettore e Karpòs la distribuzione più efficace, a portata di mano ed economica, è l’acquisto diretto nel sito con carta di credito o bonifico bancario ed anche con la cartolina di abbonamenti che troverete all’interno della rivista. L’offerta 2013 si è concentrata unicamente sull’edizione gratuita sfogliabile on line. Questa situazione statica aveva la finalità di intercettare il maggior numero di lettori che, ad oggi, superano i 300.000, di cui oltre il 12% stranieri con prioritaria

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presenza di: Cina, India, Brasile, Stati Uniti, Spagna e Russia. Per rispondere alle richieste dei lettori abbiamo lanciato il magazine cartaceo nella versione “Premium” a 7€ a copia, per l’abbonato che sceglie Karpòs per il valore emozionale ed iconografico e “Country” a 3,50€ a copia, per chi preferisce la maneggevolezza e l’originalità di formato. La nostra visione strategica è diretta a due gruppi target: i giovani e gli operatori della filiera agroalimentare, agricoltori “in primis” (la formazione, per queste eccellenze della produzione, sarà cruciale per mantenere la propria azienda sul mercato). Comprenderanno i lettori che la complessità di questa evoluzione ha creato pressione sulla nostra efficienza operativa e ci scusiamo con coloro che hanno verificato difficoltà nella registrazione e nella sottoscrizione e ricevimento degli abbonamenti o di copie arretrate. Abbonamenti e copie arretrate saranno recapitati al più presto, mentre la versione on line gratuita è già disponibile: vi invitiamo a registrarvi per accedere alla versione integrale della rivista e navigare nel ricco mondo di Karpòs.

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Karpòs Magazine

CALEIDOSCOPI

MARZO 2014

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Direttore editoriale Renzo Angelini

LAVORI IN CORSO Renzo Angelini

Direttore responsabile Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012 variazione in corso di registrazione Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) CF 04008690408 - REA 325872

51 ARANCIO Alessandra Gallotta

Grafica Francesca Flavia Fontana Giulia Giordani

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Raccolta pubblicitaria Per contatti cell 335 6355354 pubblicita@karposmagazine.net

FUNGHI Luciano Trentini

Relazioni Esterne Stefania Valentini stefania.valentini@karposconsulting.net (+39) 347 4389829 Stampa Centro Stampa Digitalprint Srl Via A. Novella, 15 47922 Viserba di Rimini (RN) Tel. 0541 - 742974 / 742497 e-mail: info@digitalprintrimini.com

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da pag. 8 a pag. 44 Renzo Angelini da pag. 50 a pag. 65 Renzo Angelini pag. 66 Consorzio di Tutela Arancia di Ribera DOP pag. 67 Renzo Angelini pag. 68 Consorzio Arancia Rossa di Sicilia IGP da pag. 74 a pag. 92 Maurizio Levi da pag. 102 a pag. 118 Renzo Angelini da 124 a pag. 144 Renzo Angelini

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vinitaly

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Per le fotografie:

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Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini In copertina: Terracotta del Museo Dinastìa Vivanco foto Renzo Angelini

BERTANI DOMAINS

Alleanza delle Cooperative Italiane

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SUDAN Maurizio Levi

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Hotel Bernini

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Radicchio di Treviso

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Pera Abate FETEL

Due Torri Hotel di Verona

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fabbri

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Freschello

GALLERIA DE’ BONIS ESPRIT MONTMARTRE

I viaggi di “Con i piedi per terra” Sigep

Sambonet Consorzio Marche Biologiche

Distribuzione in abbonamento: on line tramite carta di credito, bonifico bancario, cartolina postale (scaricabile del sito www.karposmagazine.net cliccando su contatti) oppure chiamare il numero +39 347 4389829 Edizione “Premium” 12 numeri = 84€ copie arretrate 12€ a copia (salvo disponibilità). Edizione “Country” 12 numeri = 42€ copie arretrate 7€ a copia (salvo disponibilità).

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CALEIDOSCOPIO

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RIGETTO COMAGRI,ASSOSEMENTI: «LA REVISIONE DELLA DISCIPLINA RESTI PRIORITARIA»

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La Commissione Agricoltura del Parlamento europeo ha respinto ieri la nuova proposta di regolamento sui materiali da propagazione vegetali, sementi comprese. Assosementi, l’associazione che riunisce le aziende sementiere italiane, prende atto di questa decisione e auspica che il processo di revisione della disciplina sulle sementi e gli altri materiali resti comunque una priorità in seno al nuovo parlamento UE. “Il Parlamento europeo è stato al centro di una violenta campagna di disinformazione che ha finito con il distorcere il dibattito e spostare l’attenzione verso temi che non erano in alcun modo oggetto del provvedimento in esame: la proprietà intellettuale e i diritti degli agricoltori, gli organismi geneticamente modificati, i materiali per ristrette nicchie di mercato e lo scambio di sementi tra privati hobbisti, ha dichiarato Valeria Martino, vice Presidente di Assosementi. Le reali esigenze dell’agricoltura e dell’orticoltura professionale finiscono così in secondo piano e si mette

Valeria Martino, vice Presidente di Assosementi

in pericolo il lavoro dei 12 milioni di agricoltori europei che domandano sementi di qualità ed innovative per contribuire alla sostenibilità ed alla competitività del sistema produttivo”. “Lo stop alla proposta della Commissione europea non priva comunque il settore di una sua disciplina, che resta al momento ancorata alle vecchie direttive, alcune delle quali adottate già negli anni ’60 e che hanno contribuito a far crescere con successo in Europa il settore sementiero e la produzione agricola” ha aggiunto Valeria Martino. “Auspichiamo che il dibattito possa riprendere nei prossimi mesi individuando con chiarezza gli obiettivi che comunque vedono al primo posto la qualità e la sanità delle produzioni, alla tutela dei consumatori e alla tracciabilità delle informazioni”. www.sementi.it


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Regioni del vino

IL PRESTIGIO DI UN NOME CON UNA STORIA MILLENARIA 09

La tradizionale vocazione all’eccellenza dei vini di Rioja gli ha permesso di consolidare la propria immagine di prestigio tra i consumatori e diventare un riferimento di qualità per la vitivinicoltura spagnola, sia per quanto riguarda i suoi vini di stile più classico, le cui qualità uniche per l’invecchiamento sono apprezzate dai consumatori di tutto il mondo, che per la nuova generazione di vini innovativi. Rioja ha saputo mantenersi all’avanguardia nell’innovazione vitivinicola con una grande varietà di vini di diversa personalità, che sono stati fondamentali per la sua affermazione nei mercati e l’hanno posta nell’ èlite delle denominazioni di origine storica europee, essendo oggi, il marchio “Rioja”, una delle cinque denominazioni più prestigiose al mondo.

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domanda della popolazione sempre più concentrata nelle città. Quello che richiedeva la modernizzazione era il commercio del vino, fino ad allora molto complesso, che aumenta considerevolmente in quelle zone vinicole, come Rioja, le quali avevano “osato” incrementando la produzione al di sopra delle proprie necessità di autoconsumo. La Rioja è una regione con un’ importante storia vitivinicola alle spalle, quella che più di altre ha rappresentato in maniera significativa i vini rossi della Penisola Iberica. Fu Re Sancho di Navarra, nel 1102, a dare, per primo, riconoscimento ai vini di questa zona. Dopo di lui si ebbe un buio assoluto nella valorizzazione della regione, tanto che, per oltre cinque secoli, si produssero vini beverini e di scarsa qualità. Il primo documento che certificò la rinascita dei vini della Rioja risale al 1650 su emanazione della

UNA STORIA MILLENARIA La cultura della vite ed il vino sono una realtà nelle terre riojane da più di duemila anni, come testimoniano i numerosi resti archeologici di torchi e cantine risalenti all’ epoca della dominazione romana. Una cultura vitivinicola mantenuta durante l’ alto Medio Evo attraverso la produzione dei monasteri, infatti, fu in quello di San Millàn di Cogolla che Gonzalo di Berceo (Logroño), primo poeta di lingua castigliana, elogiò nei suoi versi le virtù del vino riojano, il cui incipiente commercio locale controllava il mercato emilianense. La viticoltura, durante i secoli, ha costituito per la regione la principale coltivazione insieme al grano. La sua diffusione ha origine quando, ugualmente ad altri grandi vini europei, iniziano ad essere prodotti di mercato, nel periodo di transizione tra medioevo ed età moderna, in risposta alla crescente

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“Real Sociedad Economica de Cosecheros”, una sorta di consorzio di tutela che garantiva i raccoglitori e la qualità del vino. Una pietra miliare significativa fu la creazione nel 1787 della Giunta Reale dei Vendemmiatori, il cui obiettivo era incentivare la coltivazione della vite, migliorare la qualità dei vini e facilitare la commercializzazione nei mercati del Nord, per questo ci si dedicò prioritariamente a costruire e migliorare strade e ponti con lo scopo di unire i paesi viticoli riojani con Vitoria e con il porto di Santander. La tradizione vitivinicola riojana inizia ad acquisire un profilo chiaramente differenziato quando alcuni esperti di vino introducono nuovi metodi di coltivazione e di

vinificazione e costruiscono le cantine, oggi centenarie, nella seconda metà del 19° secolo. Se il miglioramento della commercializzazione del Rioja ricevette la spinta definitiva con l’ arrivo della ferrovia e dei compratori francesi, in seguito alla crisi dovuta al parassita fillossera, illustri produttori di vino come Luciano Murrieta, Camilo Hurtado de Amézaga o Rafael López Heredia, rappresentarono il massimo esponente della definitiva introduzione del concetto moderno di qualità nei vini della Rioja, con la specializzazione nella produzione di vini di qualità creati nello stile del Medoc e commercializzati in bottiglia. Da allora Rioja è stato un modello di Denominazione in costante modernizzazione e adattamento alle esigenze

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dei nuovi tempi, stili di consumo ed evoluzione dei mercati. Con la sua originale maniera di intendere l’ innovazione nella tradizione, il grande sviluppo della struttura produttiva e commerciale negli ultimi anni del 20° secolo e il prestigio ottenuto per la qualità dei suoi vini, la Rioja si è trasformata in una delle grandi denominazioni del mondo. Nel 1970 venne, dunque, approvato il Regolamento, congiuntamente ad una definizione chiara ed intellegibile delle funzioni e dei comparti dell’ Organo Regolatore: “La difesa della Denominazione di Origine, l’ applicazione, il controllo e lo sviluppo della qualità dei vini sono relegati al Consiglio Regolatore”. Si sono susseguite

La prima Denominazione di Origine I vini della Rioja sono tutelati dalla Denominazione di Origine più antica di Spagna. Quando alla fine del 19° secolo nasce il Rioja moderno e si dota di identità propria il nome del prodotto vincolato alla sua origine, sorge la preoccupazione dei viticoltori e trasformatori riojani in merito alla protezione di tale identità dagli “usurpatori e falsificatori”, inquietudine che culmina con il riconoscimento ufficiale il 6 giugno 1925 della Denominazione di Origine Rioja. Dal 1991 i vini del Rioja sono tutelati dalla prima D. O. Qualificata di Spagna. Il suo Regolamento stabilisce la demarcazione della zona di produzione, le varietà di uva che si possono coltivare, le produzioni massime permesse, le tecniche di produzione e di coltivazione, ecc.

diverse modifiche apportate al Regolamento da parte del Consiglio al fine di adattarlo alle necessità sviluppatesi negli anni. Il 3 Aprile 1991 un Ordine Ministeriale dichiarò il carattere di “Qualificata” alla Denominazione di Origine dello Rioja, il primo in Spagna a raggiungere tale riconoscimento.

ZONA DI PRODUZIONE Regione privilegiata per la coltivazione della vite e la produzione di vino di alta qualità con personalità unica e grande attitudine per la coltivazione, la zona di produzione della

Il Consiglio Regolatore è la sua entità di carattere pubblico deputata a controllare la qualità dei vini tutelati, promuovere la loro immagine e difendere gli interessi del settore, i cui rappresentanti integrano l’ Organo di gestione del Consiglio. Oggi Rioja è una delle Denominazioni di Origine del mondo con maggiori garanzie offerte rispetto alla qualità ed autenticità dei suoi vini e una delle poche che esige l’ imbottigliamento in origine per tutta la sua produzione. Senza dubbi, l’efficace applicazione da parte del Consiglio Regolatore di una normativa di autocontrollo molto più rigorosa rispetto alle altre zone vitivinicole è stata capace di trasmettere sicurezza e fiducia ai consumatori ed è risultata determinante per raggiungere la posizione di leadership che i vini della Rioja occupano nel mercato.

Regione della Rioja Haro

Briones

Rioja Alavesa

Rio Ebro Logroño

Rioja Alta

Rioja Baja

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La sagoma del toro di Tio Pepe domina dalle alture le zone viticole

creato dalla confluenza di due tipologie climatiche tanto opposte come quella atlantica e mediterranea, che alternano temperature miti e precipitazioni annuali superiori a 400 l/m², condizioni molto favorevoli per lo sviluppo della vite. Il Regolamento riconosce l’ esistenza di tre sub-zone con caratteristiche vitivinicole differenti: Rioja Alavesa dove predominano l’influenza del clima atlantico, il suolo argilloso e calcareo sistemato in terrazze e piccoli appezzamenti; Rioja Alta dove predomina il clima atlantico, ma i suoi suoli si ripartono tra argilloso-calcarei, argilloso-ferrosi e alluvionali; Rioja Bassa ha il clima più secco e caldo dovuto all’ influenza mediterranea, predominano in essa i suoli argilloso-ferrosi. La tipologia di suolo più caratteristica della Rioja risulta molto favorevole per una viticoltura di qualità, in quanto ha una struttura equilibrata (sabbia, limo e argilla), è leggermente alcalino, povero di sostanza organica e con moderata disponibilità idrica durante l’ estate. Nel suo insieme, la Denominazione ha individuato tre varietà principali di suoli (argilloso-calcarei, argillo-

Denominazione di Origine Qualificata Rioja è situata nel Nord della Spagna e si sviluppa su entrambe le sponde del fiume Ebro. I fenomeni pedoclimatici hanno contribuito a formare una regione naturale perfettamente delimitata e differenziata da quelle che la circondano, sebbene amministrativamente i 63.593 ettari di vigneti protetti attualmente dalla Denominazione si distribuiscono nel territorio delle tre province attigue al corso alto dell’ Ebro: la Rioja (43.885 ettari), Álava (12.934) e Navarra (6.774). Cento chilometri di distanza separano Haro, la località più occidentale, da Alfaro, la più orientale, essendo di circa 40 chilometri la larghezza massima della fascia occupata dai vigneti, posti in una successione di terrazze e gradoni, che raggiungono una altitudine massima di circa 700 metri. Il Regolamento della Denominazione stabilisce i 144 Comuni (118 nella Rioja, 18 in Álava e 8 nella Navarra) in cui sono ubicati “i territori che il Consiglio Regolatore considera adatti alla produzione di uva con la qualità necessaria”. Tutta la zona beneficia di un microclima

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Abitazione trogloditica usata oggi come ricovero per gli attrezzi

so-ferrosi e alluvionali), così come di microclimi (orientamento del vigneto, protezione dai venti, ecc.), che conferiscono ai vini delle peculiarità uniche e permettono, in funzione delle varietà e tecniche di coltivazione applicate, di produrre un assortimento di vini con personalità differenti e accomunati da una identità perfettamente riconoscibile. In accordo con le produzioni massime permesse dal Regolamento, al fine di ottimizzare la qualità dei vini (6,5 tonnellate per ettaro per le varietà rosse e 9 tonnellate per le bianche), la produzione media attuale della De-

nominazione si situa tra 280 e 300 milioni di litri, di cui il 90% vini rossi ed il resto bianchi o rosati. VITIGNI L’esperienza dei viticoltori e trasformatori ha permesso di realizzare una selezione naturale di quelle varietà di uva che mostravano migliori capacità di adattamento alle condizioni pedoclimatiche dei territori riojani e che, allo stesso tempo, erano capaci di fornire vini della migliore qualità. A questo processo storico si è sommato attualmente l’impulso innovati-

ionale settentr Rioja d, nella parte ttari vitati), della di Madri .000 e ord tico (27 mente elevati e n n a la t a a vitivinicole v a edia si tro lità n clim corpo m ella quasi tota la Rioja Rioja Alta, co Le regioni e e t à n it e d i m n , ac e la eè fica aneo Geogra na. Comprend dia importanza La produzion lima mediterr ee ag ue. ac mac della Sp i con alcol di m zo della barriq aratterizzata d otti da d o r p i n z c i lt ti) è li Alvesa, onta beva, mo .000 ettari vita che da v datta per l’ uti ja o i R r a 4 a ne. a ell (2 ip evoluzio struttur i vini rossi. N ducono vini d mediterraneo d e a r u a utt ro Gre aa dedicat tari vitati), si p Baja, con clim i con buona str o per il 75%, ll t t i ja a e n o s i iura e o ra (13.000 rbonica. La R di vini r ni rossi: Temp ianchi, come V e n o i z a c u g igni b razione ata per la prod revalenza viti elo. I vit u p c z o n a i v M e o c inve iano e oltivan ioja si c a seguire Grac rcentuale. R a ll e N , pe er l’ 11% n bassa nacha p sono coltivati i a, Malvasi

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A nord di Laguardia sorgono le Bodegas Ysios, progettate da Santiago Calatrava, come “un tempio dedicato al vino”. L’edificio ha il tetto in alluminio e legno di cedro che si fonde armoniosamente con le pietrose montagne retrostanti ed è ancora più spettacolare la sera, grazie ad una illuminazione notturna dagli effetti suggestivi.

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I vigneti migliori si trovano ad altitudine di 300-600 metri e principalmente nella parte nord-occidentale di Rioja Alavesa (Province basche) e Rioja Alta.

vo del settore, attento sempre all’ evoluzione e alla domanda dei mercati, che ha portato all’ autorizzazione di nuove varietà nel 2007, con l’ obiettivo fondamentale di trovare una maggior competitività nei vini bianchi e garantire una diversificazione della produzione vinicola. Le varietà di uva attualmente autorizzate dal Regolamento della Denominazione di Origine Qualificata Rioja sono: rosse: Tempranillo, Garnacha, Graciano, Mazuelo e Maturana rossa; bianchi: Viura, Malvasía, Garnacha blanca, Tempranillo bianco, Ma-

turana bianca, Turruntés, Chardonnay, Sauvignon blanc e Verdejo. Tempranillo: considerata autoctona di Rioja è la varietà più caratteristica di questa Denominazione, identifica i suoi vini rossi: può essere ascritto nel novero dei grandi vitigni a livello del mondo. Occupa più del 75% della superficie vitata, enologicamente è molto versatile, capace di produrre vini ad alto invecchiamento, molto equilibrati per grado alcolico, colore e acidità e con un gusto sin-

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cero, soave e fruttato, che quando invecchia diviene vellutato.

Grenacha tinta: varietà di origine spagnola che occupa la maggior superficie nel mondo, in Rioja è complementare al Tempranillo per le sue caratteristiche aromatiche e corposità. Ricca di estratto e con buona gradazione alcolica, il vino dipende molto dalle condizioni ambientali e di coltivazione, nelle zone fresche il prodotto risulta più equilibrato ed interessante, ideale per la produzione di rosato.

Il suo nome deriva da “temprano”, cioè precoce, visto che è un’ una che matura precocemente (in Spagna viene vendemmiata a metà settembre, 2 settimane prima di Grenacha). Questo ciclo vegetativo relativamente breve, permette all’ uva di mantenere una buona acidità ed un tenore alcolico non troppo elevato, pur venendo coltivata in climi piuttosto caldi. La buccia è spessa e resistente e da uve cariche di colore.

Graciano: è una varietà autoctona poco estesa ad altre zone, la complementarietà al Tempranillo per l’ invecchiamento l’ ha trasformata

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in una varietà di futuro per Rioja, dove la superficie di coltivazione è aumentata considerevolmente negli ultimi anni. Richiede suoli argilloso-calcarei che mantengono una certa freschezza, presenta una buona resistenza alle malattie ed una maturazione tardiva. Offre vini con importante acidità e contenuto polifenolico, ideali per un buon allevamento, l’aroma che ne risulta è peculiare, superiore per intensità alle altre varietà riojane.

Maturana rossa: presenta un grappolo piccolo e compatto, dalla maturazione precoce. Il vino ha una intensità di colore ed un contenuto antocianico elevato, l’acidità è media. Il colore è rosso violaceo e l’aroma è erbaceo, con note balsamiche. Viura: è la principale varietà bianca coltivata in Rioja, è più produttiva delle varietà rosse e offre un vino fruttato, con aroma floreale ed un buon grado di acidità, ideale per produzioni sia di vino bianco giovane che di più ampia maturazione/invecchiamento.

Mazuelo: è una varietà presente costantemente in Rioja da molti secoli che, però, oggi occupa solo il 3% della superficie di Denominazione. Produce vini con abbondante tannino, acidità elevata e colore stabile, adatti ad un lungo invecchiamento.

Turruntès de Rioja: simile solo all’ Albillo Mayor presente in Castiglia-Leon, presenta un grappolo di grandezza media e compat-

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to, con chicchi medi e sferici che, se esposti al sole, acquistano un color dorato con qualche macchia più scura.Il vino risulta di colore giallo paglierino con toniverdi e aroma fruttato con predominanza di mela ma anche erbaceo.

tratta di una tecnica tradizionale, un processo naturale e più costoso rispetto alle moderne proposte dell’ enologia industriale. L’ invecchiamento prosegue in bottiglia, dove il vino continua la sua evoluzione in un ambiente ridotto fino al raggiungimento del profilo aromatico ottimale. A seconda del processo di invecchiamento seguito, si possono stabilire quattro categorie di vino riojano, differenziate mediante quattro tipi di etichette e sigilli numerati che il Consiglio Regolatore affida a quei vini che hanno superato i controlli di qualità e tipicità: Garantia de Origen(Garanzia di origine): garantisce l’ origine e l’ annata del vino. Solitamente vini al primo o secondo anno, che conservano le loro caratteristiche fruttate e di freschezza. Questa categoria può comprendere anche vini che non compaiono nelle altre categorie e che, anche in caso di processo di invecchiamento, non rientrano in quelli certificati dal Consiglio Regolatore.

Tipi di vino Uno dei tratti maggiormente distintivi dei vino di Rioja è la grande attitudine per l’ invecchiamento, qualità esclusiva dei grandi vini. Attraverso un adeguato processo di maturazione, dove il legno di rovere gioca un ruolo essenziale, il vino dello Rioja subisce una evoluzione naturale che esalta le sue virtù e gli conferisce nuove caratteristiche aromatiche e di sapore. La maturazione dei vini riojani se realizza in barrique di rovere da 225 litri, dove il vino affronta un lento processo evolutivo di micro-ossigenazione e stabilizzazione, il tempo necessario affinchè acquisisca l’ aroma trasmesso dal legno. Si

presono re s o p at to e iamen rianza fino esi; h c c e m ll’ inv nni; c ini o sei dei v e in base a no a due a chi almen o in bare n un au ian nch azio sific lassificati a re: joven d ue, per i b ui almeno ique; gran s a l C c c iq tu rr to di sono anchi in ba i barr ti dici I vini le seguen n anno d ecchiamen sei mesi a, per i bi stati u n v li re senta on almeno anni di in e anni, co e in bottig serva sono 82, c ri tr 19 re du anni, minimo t i almeno arrique e e. I gran 58, 1964, u a 9 h b reserv er i bianc e anni di i in barriq 2, 1955, 1 p 5 s u , 9 e d 6m 48, 1 rique minimo nni e : 1934, 19 2011. a a v r o e r s t t re 0, ate o qua 5, 201 e ann minim i solo nell 2004, 200 tt , prodo 995, 2001 1 , 4 199

ogni bottiglia commercializzata, debitamente etichettata e sigillata, in quanto costituiscono il suo documento di garanzia e la categoria di invecchiamento, oltre all’ origine, l’ annata e la qualità. Le caratteristiche di ciascuna annata predispongono la quantità di vino che le cantine destineranno a ciascuna delle categorie di allevamento, riserva e gran riserva. I vini della Rioja posseggono eleganza, originalità ed il carattere dei grandi vini, riscontrabili solo dopo anni di evoluzione e sviluppo che hanno caratterizzato tale territorio. Data la diversificazione vitivinicola che offre la Denominazione, è divenuta una pratica tradizionale delle cantine assemblare diverse uve e vini di diverse varietà, vigne e territori, al fine di trovare la complementarietà che esalta le rispettive virtù del prodotto

Crianza (Invecchiato): corrisponde ai vini almeno al terzo anno e con una permanenza in barrique di rovere almeno un anno, per quanto riguarda il vino bianco la permanenza in barrique è almeno di sei mesi. Reserva (Riserva): corrisponde a vini di alta selezione con una permanenza in barrique di rovere e in bottiglia di almeno tre anni, dei quali uno almeno in barrique. Per il vino bianco il periodo minimo è di due anni di cui sei mesi in barrique. Gran reserva (Gran riserva): si intendono i vini di grandi annate che hanno una permanenza in barrique di quercia di almeno due anni e tre in bottiglia, per i vini bianchi si tratta di un totale di quattro anni di cui sei mesi in barrique. I quattro modelli devono contraddistinguere

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Dinastia Vivanco A Briones, è l’avveniristico museo ideato da Pedro Vivanco Paracuello, sulla cultura del vino. Come racconta il filmato introduttivo, Vivanco desiderava lasciare qualcosa in eredità alla terra che da generazioni provvedeva al sostentamento della sua famiglia. Il lascito è questo straordinario museo privato dove è possibile conoscere tutto sulla storia e sulla cultura del vino ma anche sui vari processi necessari per la sua produzione. Tutto è documentato in modo coinvolgente tramite l’utilizzo di scenografie appropriate e delle più innovative tecniche multimediali. Tra i tesori collezionati da non perdere è la più vasta collezione di cavatappi esistente al mondo. Al termine della visita è offerta una degustazione e la possibilità di visitare l’azienda con la grande bodegas.

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Mosaico romano

Stele funeraria per identificare la famiglia di viticoltori

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Giovane Bacco- terracotta

Baccante: figura di grande sensualitĂ modellata su terracotta

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siglio Regolatore composto da viticoltori, produttori e membri dell’ amministrazione, si occupa di vigilare al fine di preservare e rispettare la tipicità e la qualità dei vini riojani. Dalla produzione alla commercializzazione il sistema di controllo viene mantenuto rigoroso, con la presenza anche di esami analitici e organolettici al fine di dimostrare la idoneità all’ acquisizione della Denominazione.

finale. Il Tempranillo viene utilizzato come base fondamentale; il vino rosso di Rioja si distingue per essere molto equilibrato nel grado alcolico, per colore e acidità ed avere corpo e struttura ben equilibrati con il sapore soave ed elegante, con predominanza di aroma fruttato quando è giovane e più vellutato quando invecchia. Tali caratteristiche regalano una grande versatilità ai vini dello Rioja che possono accompagnare diverse pietanze ed essere protagonisti di abbinamenti gastronomici. I vini dello Rioja sono protetti dalla Denominazione di Origine più antica di Spagna, riconosciuta ufficialmente nel 1926. Dal 1991 ha ottenuto la categoria “Qualificata”, l’ unica del Paese. Il Regolamento stabilisce la zona di produzione, i vitigni, la produzione massima e le tecniche di produzione. Il Con-

Javier Tárdaguila Laso Associate Professor of Viticulture University of La Rioja - Spain

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CALEIDOSCOPIO Grande successo per la presentazione a New York dei nuovi progetti Vinitaly International: Importer Connect e Vinitaly International Academy

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Grande successo per la prima tappa 2014 di Vinitaly International che, proprio ieri, ha animato il Metropolitan Pavillion di New York con la presenza di oltre 110 cantine italiane affiancate dai principali importatori locali.

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Nel corso dell’evento, inaugurato con la tradizionale Cerimonia d’apertura alla presenza del Console Generale della città, Natalia Quintavalle, del Direttore di Veronafiere, Giovanni Mantovani, della Manager Director di Vinitaly International, Stevie Kim e del Direttore Commerciale di Veronafiere, Diego Valsecchi, sono stati presentati i nuovi e strategici strumenti sviluppati al servizio di produttori e importatori: Importer Connect e Vinitaly International Academy. “La presenza di Vinitaly negli Stati Uniti non fa altro che rimarcare il grande successo che il vino italiano sta riscontrando in questi anni nel maggiore mercato di vino a livello mondiale” – afferma il Console, che ha poi concluso il suo breve discorso con un invito a tutti i presenti a partecipare non solo all’evento di New York, ma anche agli altri momenti di incontro organizzati da Veronafiere, non ultimo a quelli che prenderanno vita nell’ambito della collaborazione con Expo 2015. A seguire il Direttore Generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, ha presentato il valore dei nuovi progetti marchiati Vinitaly : “Siamo orgogliosi di partire da una delle metropoli più ferventi e dinamiche del mondo con Vinitaly International Importer Connect, nuova e interessante estensione della nostra visione del business fieristico come alleato per l’affermazione delle aziende produttrici sui mercati internazionali. L’obiettivo è aiutare gli espositori ad ottenere il massimo dalla loro partecipazione agli eventi di Vinitaly in Italia e nel mondo, selezionando in anticipo i contatti più interessanti: l’attività di screening aumenta le possibilità che un incontro si traduca nell’avvio di una partnership concreta con un nuovo importatore, o nell’acquisizione di un nuovo cliente in un’area strategica. Parallelamente l’inaugurazione della Vinitaly International Academy, presieduta dal Direttore Scientifico Ian D’Agata, rappresenta un importante amplificatore del lavoro culturale ed educativo portato avanti da Vinitaly e finalizzato ad aumentare la conoscenza dei vini italiani tra gli operatori internazionali”.

Il Direttore Scientifico della Vinitaly International Academy, Ian D’Agata, ha concluso: “Conosco a fondo il mercato internazionale del vino e sono convinto che questi due nuovissimi progetti costituiranno un decisivo valore aggiunto per tutti quei produttori che decideranno di seguire le tappe di Vinitaly International”. Vinitaly USA apre la stagione 2014 degli eventi organizzati da Veronafiere nei principali mercati per il business enologico. Il programma di incontri proseguirà nel mese di marzo con un importante ritorno sul mercato cinese: un evento B2B della durata di tre giorni al Fuorisalone di Chengdu, dove si terrà la 90ma edizione della più importante fiera del settore dedicata ad importatori e distributori. Nella seconda metà dell’anno Vinitaly International sarà infine di nuovo ambasciatore dell’eccellenza enoica italiana sulle piazze consolidate di Hong Kong e Mosca. www.vinitalytour.com


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AGRICOLTURA OGGI

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La Favola delle Arance d’Oro

Alessandra Gallotta


Arance Newhall

C’

solo lui non aveva dato frutti agli uomini, cominciò a pregare. E Dio lo accontentò: una notte, mentre tutti dormivano, soffiò nel cielo pieno di stelle, lasciando cadere una polverina leggera e lucente che si posò sui rami dell’arancio. Passarono pochi giorni e spuntarono tanti fiorellini bianchi e profumati, che i raggi del sole trasformarono in frutti: erano quasi rotondi ed avevano il colore del sole, vennero così chiamati arance. Fin qui la favola, ma l’origine di questa pianta narra ugualmente una storia affascinante e molto antica. Le prime informazioni si ritrovano nella letteratura cinese, all’epoca della dinastia Han (202 a. C. – 220 d. C.), anche se nella “Mitologia e le favole spiegate con la storia”, opera dell’Abate Banier (1758), si parla del legno di arancio come materiale

era una volta un albero di arancio che viveva in un’isola meravigliosa, una terra circondata da un mare limpido ed azzurro dove il sole risplendeva tra le nuvole, in uno splendido giardino in compagnia di tanti alberi da frutto. L’arancio era sempre ricoperto di foglie verdi e lucide. A primavera, sugli altri alberi, spuntarono piccoli fiori che in estate si trasformarono in frutti saporiti. Quando arrivò l’autunno le loro foglie ingiallirono ed iniziarono a cadere. In inverno, i loro rami rimasero nudi e tristi, solo l’arancio non aveva perso neanche una foglia, era tutto verde e si chiedeva timoroso il perché di quella stranezza. Gli uomini lo guardavano ed aspettavano che lo strano albero si decidesse a regalare qualche frutto. L’arancio, molto triste perché

utilizzato per le statue degli dei dell’Olimpo. L’arancio amaro (Citrus aurantium, L.) sarebbe originario del sud dell’Himalaya, del nord– est India e del Nepal, a differenza dell’ arancio dolce [Citrus sinensis (L.) Osb] che proverebbe dal nord-est dell’India, dal sud-est della Cina e dall’ Indocina. Gli uomini, che nella terra conservano la loro storia, hanno contribuito con le loro vicende alla diffusione di queste due splendide specie, trasferendole dal loro luogo di origine in terre lontane, dove le condizioni erano favorevoli per il loro sviluppo; esse così, lentamente e senza sospendere il processo evolutivo, giunsero nel bacino del Mediterraneo e nel Nuovo Mondo. Gli Arabi introdussero l’arancio amaro nelle terre del Nord Africa, in Italia e Spagna; la parola araba naranÿ proviene, infatti, dal sanscrito

attraverso il persiano e da essa derivano le parole arancio e arancia in italiano. Più incerto, quasi avvolto nel mistero, è il percorso seguito dall’ arancio dolce che venne importato dall’ Oriente ad opera di commercianti genovesi e veneziani sul finire del XV secolo. Si deve, tuttavia, ai portoghesi la diffusione dell’arancio dolce dapprima in Portogallo, quindi in Spagna ed infine in Italia. Il “salto nel nuovo Mondo” fu opera di Cristoforo Colombo nel 1493, ma si deve ai missionari francescani la diffusione di questa pianta in Florida e da lì, rapidamente, in tutti gli stati del Sud, fino alla California nel 1769. Più antica l’introduzione in Brasile (1530-1540), colonia portoghese che divenne rapidamente il più importante produttore di arance del mondo.

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opere di Botero . L’albero dell’arancio con la sua gioiosa valenza ornamentale ha rappresentato un elemento fondamentale della storia dei Giardini nobiliari, tra i più famosi il parco di Reales Alcazares di Siviglia. Nulla a che vedere, comunque, con l’Orangerie di Château Versailles progettata per soddisfare la simbolica preferenza di Luigi XIV, il Re Sole, per le arance. I frutti di queste piante di per sé racchiudono la perfezione di forma, di colore, odore e sapore, inconfondibile espressione del processo produttivo realizzato nei Paesi in cui la specie è attualmente coltivata. Nel mondo, la produzione di arance è circa di 69 milioni di tonnellate; di queste, il 37% è prodotto in Brasile, il 15% dagli Stati Uniti, l’11% dalla Cina, India e Messico producono l’8%, la Spagna, l’Egitto e l’Italia, invece, contribuiscono con il 5% della produzione ed, infine, Indonesia e Turchia con solo il 3%. In Europa, l’Italia e la Spagna sono i maggiori Paesi produttori. I 2,5 milioni di tonnellate di arance prodotte in Italia sono ovviamente concentrate nelle Regioni meridionali con in testa la Sicilia che fornisce oltre la metà del prodotto (64%); seguono la Calabria (22,2%), la Basilicata (7%), la Puglia (5%) e la Campania (2%). Il

Molteplici forme d’Arte cantano, affrescano, narrano ed armonizzano con poesie le meraviglie di queste piante. Già il più grande poeta cinese Du Fu (712-770 d.C.), della dinastia Tang, descrisse la pianta nel poema “Un giardino di alberi d’arancio”; più tardi, Antonio Venuto (1516 d.C.) con “De agricultura opusculum” affermò che “l’Arangio è cosa manifesta essere il Re, Principe e Signore di tutti arbori”; il “Traité du Citrus” di Giorgio Gallesio (1816) rappresentò il primo tentativo di inquadramento scientifico delle due specie. In epoca recente (1957), il premio Nobel Pablo Neruda scrisse “A somiglianza tua, a tua immagine, arancia, si fece il mondo: rotondo il sole, circondato per spaccarsi di fuoco: la notte costellò con zagare la sua rotta e la sua nave” nell’ “Oda a la Naranja”. L’arancia amara è stata raffigurata in varie opere pittoriche di epoca imperiale e tardo imperiale; molto più antichi e noti gli affreschi della “Casa del frutteto” di Pompei (I secolo a.C.), i mosaici di una villa romana nei pressi di Cartagine (II secolo a.C.) e quelli della Villa del Casale presso Piazza Armerina in Sicilia (IV secolo d.C). In epoca moderna, i frutti dell’arancio sono stati anche oggetto dell’ inconfondibile volumetria esagerata e sproporzionata delle

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Agrumeto nel Metapontino

calabrese, soprattutto in riferimento al frutto pigmentato, “le famose arance rosse di Sicilia”. In questa regione, infatti, le proporzioni tra le tre tipologie di frutti sono invertite rispetto alla media nazionale, con circa il 70% di frutti a polpa rossa provenienti dalle province di Catania, Siracusa, Enna ed Agrigento. L’eccellente qualità del prodotto ne ha permesso la valorizzazione con marchi come “L’Arancia Rossa di Sicilia IGP” che comprende prevalentemente le varietà Tarocco, Moro e Sanguinello, coltivate nei territori di Catania e Siracusa. La Provincia di Agrigento si distingue, al contrario, per la pregevole produzione di arance bionde ombelicate, qui favorite dalle particolari condizioni ambientali, oggetto anch’esse di un marchio DOP

calendario di commercializzazione si estende da ottobre con le produzioni precoci e termina a maggio con le molto tardive. Le diverse varietà di arancio prodotte in queste regioni si classificano in bionde comuni, bionde ombelicate e pigmentate. La produzione italiana di arance bionde ormai supera il milione di tonnellate, in virtù della particolare diffusione della cultivar Valencia e di quelle del gruppo Navel (Navelina con i suoi diversi cloni, New Hall e Navelate). Nel passato, le arance pigmentate (Tarocco, Moro e Sanguinello) intercettavano una quota maggiore di produzione, avendo ridotto la loro incidenza percentuale dal 70 al 50 % del prodotto totale. Nella consuetudine alimentare, il consumatore italiano identifica le arance con il prodotto siciliano e

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Arancia Lane Late

(Arancia di Ribera). Di minore tradizione, ma non meno pregevole, è attualmente la produzione di arance lucane, concentrate nell’areale jonico-metapontino, oggetto nel recente passato di un intenso programma di riconversione varietale favorito dai fondi regionali e comunitari. La produzione pugliese di arance è estesa prevalentemente nel territorio della provincia di Taranto, mentre una coltivazione di nicchia si pratica nel Gargano con ecotipi locali, il cui periodo di maturazione coincide con fine aprile-maggio e talvolta agosto, in netta controtendenza con l’epoca di altre aree agrumicole italiane. Due di questi ecotipi, la Duretta del Gargano ed il Biondo comune del Gargano, sono coperti dal marchio IGP “Arancia del Gargano”. Per descrivere le straordinarie proprietà nutrizionali di questo frutto non sembra improprio richiamare la definizione che di essi ne diede Luigi Capuana nella sua “la Favola delle Arance d’Oro”. Delle arance si consuma la parte interna (endocarpo), sia fresca che trasformata in marmellate, conserve, succhi e sciroppi, mentre la scorza (flavedo più albedo) può essere utilizzata per la preparazione di canditi e liquori. Altre forme di trasformazione industriale riguardano la produzione di essenze e derivati secondari. I processi tecnologici dell’industria agrumaria mirano all’ot-

tenimento di due derivati merceologici principali: il succo d’arancia e gli oli essenziali. In realtà, si ottiene anche un terzo sottoprodotto di minore valore commerciale costituito da scorze, polpe e semi che tradizionalmente è denominato “pastazzo”. Il prodotto principale della trasformazione delle arance dolci è il succo, mentre le essenze costituiscono un derivato secondario di minore valore commerciale. Particolarmente diffusi, anche per l’attrattività del packaging, i succhi d’arancia sono ormai una componente fondamentale dei regimi dietetici di tutti i Paesi, soprattutto del Nord Europa, per la consapevolezza acquisita del loro elevato valore nutrizionale e della loro funzione biologica. Spremute e succhi costituiscono una fonte preziosa di sali minerali e vitamine, soprattutto acido ascorbico, meglio conosciuto come vitamina C, le cui proprietà biologiche (antiossidanti e coadiuvanti nell’assorbimento del Fe) sono state ormai ampiamente documentate. E’ noto, altresì, che l’essere umano non è in grado di sintetizzare nel proprio organismo tale vitamina che pertanto è esclusivamente assunta mediante l’alimentazione. Le arance sono anche un’ottima fonte di vitamina A e di buona parte di vitamine del gruppo B (in particolare, Tiamina, Riboflavina e Niacina). Il principale sale minerale presente nel succo

d’arancia è il potassio, ma non trascurabile è la disponibilità di calcio e magnesio. In anni più recenti, grazie anche ad intelligenti ed istruttive campagne pubblicitarie. si è particolarmente diffuso il consumo di succhi di arance rosse. Le caratteristiche principali che distinguono il succo rosso da quello ottenuto da arance bionde sono essenzialmente le notevoli proprietà sensoriali, determinate da un aroma delicato ed intenso, dal giusto equilibrio fra le componenti dolce ed acidula e, soprattutto, dal colore rosso brillante dovuto alla presenza di pigmenti rossi appartenenti alla classe delle antocianine. Il contenuto di vitamina C, flavanoni ed acidi idrossicinnamici risulta, inoltre, più elevato rispetto ai succhi tradizionali, con una maggiore attività antiossidante a livello cellulare. Ricchi di

simbolismo, le arance “frutti del sole”, nel periodo più freddo dell’anno, hanno dunque un rilevante interesse nutrizionale. Gli oli essenziali ottenuti dall’arancio dolce sono caratterizzati da un elevato contenuto di limonene che, unitamente alle altre componenti terpeniche, ne giustifica l’utilizzo nell’industria farmaceutica, cosmetica ed alimentare. Recentissimi sono, infatti, gli studi clinici riguardanti l’attività antiinfiammatoria dell’olio essenziale estratto dall’arancia amara, cosi come le funzioni chemio-preventive del D-limonene. L’arancio amaro è meno usato per scopi alimentari, ma dalla pianta si ottengono ben tre diversi oli essenziali: dalla scorza dei frutti si estrae l’olio essenziale di Arancio amaro, dalle foglie fresche e dai rami si distilla il Petit grain, dalla distillazione dei

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ARANCE A POLPA BIONDA W. navel NUC. C.E.S. 30-32

Navelate ISA 105

Biondo Truppello Scordia

Washington navel OL

Fukumoto

Staccia

Biondo dell’Etna

Biondo apireno Corigliano

Valencia Midkmight

Skagg Bonanza

W. navel NUC. C.E.S. 30-32

Biondo di Ribera

Navelina ISA 315

Valencia Midkmight


ARANCE A POLPA ROSSA

Moro nucellare 58-8D-1

Tarocco E1 VCR

Arance Newhall

Tarocco Gallo

fiori si ottiene una pregiata essenza chiamata Neroli. In aromaterapia, utilizzare le essenze di arancio è un po’ come carpire l’essenza stessa del sole, la sua vitalità ed energia; aiuta nei momenti di tristezza, allevia ansia e stress, riequilibra la mente, rende positivi, rasserena donando allegria, “scalda” favorendo anche la sensualità sopita. Ma non tutti sanno che….“LA FESTA DELL’ARANCIA”, a Barcellona in Sicilia, nasce per rievocare il mestiere dello “Spiritaru”, antico lavoro di grande meticolosità e pazienza, che per l’occasione è riproposto dal

vivo, attraverso i vari passaggi del processo produttivo, ossia “spaccatura”, “cavatura”, bagno in calce viva e acqua, estrazione dell’olio essenziale. Il famoso Carnevale d’Ivrea viene festeggiato con la tradizionale battaglia delle arance che deriva da un’usanza molto antica nel Medioevo, allorquando, nel giorno della commemorazione dell’Assunta, il Feudatario regalava, come ricompensa di un anno di lavoro una pentola di fagioli ad ogni famiglia. In segno di protesta, i contadini ritennero di buttarli per terra. La rievocazione di tale gesto entrò a far parte delle usanze del

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Arance Lane Late

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Le proprietà salutistice dell’arancia rossa di sicilia nello spot tv

giano la castità; tale usanza proviene da una leggenda per la quale una giovane vergine, dovendo convolare a nozze e non possedendo alcun gioiello, in modo miracoloso, assistette alla crescita spontanea, nel proprio giardino, di una pianta decorata di fiori delicati e profumati, di colore bianco; ne rimase talmente inebriata che si adornò il capo con la zagara e da allora è nata la tradizione dei fiori di arancio per le spose. In conclusione, c’era una volta un albero di arancio...

Carnevale piemontese attraverso il getto dei fagioli, successivamente trasformatosi in lancio di arance. Nel convento di Santa Sabina, a Roma, esiste ancora dal 1220 una pianta di arancio, trapiantata da San Domenico, portatavi dalla Spagna, sua terra di origine. Tale pianta è considerata miracolosa poichè, a distanza di secoli, riesce sempre a riprodursi e fruttificare prosperosamente. Come narra la leggenda, pare che, proprio da questo albero, Santa Caterina da Siena abbia raccolto le cinque arance che furono offerte al papa Urbano VI, nel 1379; le stesse candite, volevano rappresentare un invito al Papa, ritenuto molto autoritario, a riflettere sul modo violento dell’esercizio delle sue funzioni, alla stessa maniera del frutto aspro che si trasforma in dolce. Nel linguaggio dei fiori, le zagare simboleg-

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(BERTANI DOMAINS): Unite tutte le attività agricole e vitivinicole del Gruppo Angelini per sviluppare un progetto innovativo

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A decorrere dall’1 Gennaio 2014, è stato conferito nella Cav. G.B.Bertani il ramo d’azienda Tenimenti Angelini relativo alle attività agricole delle Marche e vitivinicole della Toscana. Alla stessa data, la Cav. G.B.Bertani ha modificato la propria denominazione sociale in Bertani Domains srl, conservando la sede sociale a Grezzana. Il nuovo gruppo BERTANI DOMAINS comprende la Cav. C G.B. Bertani – Grezzana, la Tenuta Novare a Negrar (Vr), Puiatti Vigneti a Romans d’Isonzo (Go), Val di Suga a Montalcino (Si), Tre Rose a Montepulciano (Si), San Leonino a Castellina in Chianti (Si), Collepaglia a Jesi (An). Possiede 500 ettari di terreni di cui 350 vitati, divisi tra la zona dell’Amarone, Montalcino e Nobile di Montepulciano e 1.000 ettari di terreni agricoli nelle Marche. Nel 2013, complessivamente, sono state prodotte e commercializzate 3.000.000 di bottiglie con un fatturato di 20.000.000 di euro. Con Bertani Domains si è costituito un gruppo che troverà una nuova collocazione nel panorama vitivinicolo di qualità italiano e internazionale, con l’intento di tracciare, nei prossimi anni, una traiettoria evolutiva di ampio respiro. La scelta di estendere il nome Bertani all’intero gruppo nasce dalla consapevolezza di quanto questo nome abbia, per i consumatori e per i mercati, una forte valenza simbolica. Nel settore enologico, Bertani non rappresenta, infatti, soltanto una prestigiosa e storica cantina veronese, ma racconta una filosofia, uno stile senza compromessi, che si traduce in una produzione rispettosa delle caratteristiche del terroir e delle specificità delle varietà. Estendere l’approccio Bertani all’intero gruppo rappresenta, quindi, una grande opportunità grazie all’esperienza di un brand altamente riconoscibile e apprezzato dai mercati internazionali. Verrà tuttavia rispettata l’autonomia ed esaltata e la specificità delle singole cantine. L’approccio Bertani alla vitivinicoltura, che per il rigoroso elogio al terroir viene spesso definito “alla francese”, si sposerà, quindi, con il know-how e l’identità di ogni tenuta. La cura ed il rigore che, storicamente, caratterizzano Bertani, raggiungeranno così nuovi territori vinicoli

altamente vocati, dotati di una propria individualità ma uniti dal nome Bertani, a garanzia di qualità e coerenza produttiva. “Bertani Domains” rimanda quindi ad una cultura vinicola dal respiro internazionale ma con l’obiettivo di proporre un nuovo modello vitivinicolo italiano: “Il prestigio ed il profondo valore simbolico del nome Bertani”, spiega Emilio Pedron, ad del gruppo, “ci hanno indirizzato in maniera quasi naturale verso l’idea di estenderne la denominazione a livello corporate. Una scelta che rappresenta certamente un’opportunità per la riconoscibilità e l’apprezzamento sui mercati internazionali, ma sottolinea anche la responsabilità di una reputazione forte, che non accetta scorciatoie commerciali o compromessi qualitativi. Le singole Tenute manterranno comunque la propria autonomia ed individualità ed i prodotti continueranno ad essere contraddistinti dalle singole marche Bertani, Val di Suga, Tre Rose, San Leonino, Collepaglia e Puiatti, come appare attualmente in etichetta”. Il nuovo gruppo, caratterizzato da una struttura leggera, moderna e pragmatica, si doterà di un centro di ricerca e comunicazione unificato, finalizzato allo sviluppo di una nuova cultura del vino. Adotterà una viticoltura di nuova concezione, in linea con le evoluzioni legate al cambiamento climatico, alla volontà di garantire la purezza varietale, alla sostenibilità ambientale, economica e sociale. Grande attenzione sarà riservata alle risorse umane, con la volontà di privilegiare i giovani. Infine, il nuovo modello di azienda sarà caratterizzato da una comunicazione moderna, in linea con i nuovi linguaggi e strumenti di informazione.


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MERCURI: CON 6,7 MILIARDI DI EURO LA COOPERAZIONE ORTOFRUTTICOLA VALE QUASI IL 50% DEL COMPARTO

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“Con un giro d’affari di 6,7 miliardi di euro, la cooperazione ortofrutticola detiene la metà del fatturato del comparto, che è di circa 14 miliardi di euro. Una posizione di leadership che consolidiamo negli anni e che conferma la bontà del modello di concentrazione dell’offerta che consente a produttori organizzati di affrontare con maggiore competitività il mercato mondiale”. Lo ha dichiarato ieri il presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari Giorgio Mercuri in occasione dell’inaugurazione a Berlino della Fruit Logistica, la più importante fiera internazionale del settore ortofrutticolo. Il presidente Mercuri ha visitato gli stand delle numerose cooperative ortofrutticole presenti in fiera, incontrando produttori provenienti da diverse regioni d’Italia. “Se abbiamo raggiunto posizioni di rilievo nell’export – ha commentato Mercuri – lo dobbiamo proprio alla coesistenza di grandi gruppi cooperativi con una pluralità di altri modelli organizzativi che rispondono con flessibilità a diverse esigenze di aggregazione in funzione

dei territori e dei prodotti trattati”. Il settore ortofrutticolo si conferma uno dei comparti leader anche nell’ambito del sistema agroalimentare cooperativo: con 88.000 soci e 30.000 addetti, le 996 cooperative ortofrutticole dell’Alleanza rappresentano infatti un quarto del fatturato totale della cooperazione agroalimentare, pari a 36 miliardi di euro. “Nel corso degli ultimi anni il settore cooperativo ha acquisito - ha spiegato Mercuri - aziende e marchi storici per aumentare la propria presenza distributiva e presidiare le diverse fasce di mercato, con importanti investimenti pubblicitari sulle marche, con innovazione di prodotto e di packaging per seguire le nuove esigenze di consumo”. “E se le cooperative – ha concluso Mercuri - in virtù delle loro concentrazioni e dei grandi volumi produttivi raggiunti, riescono a consolidare sempre più le quote di mercato conquistate all’estero (da pochi mesi le mele e le pere cooperative sono sbarcate anche negli Usa), ciò nonostante non perdono mai di vista l’esclusivo rapporto con la base sociale, che consente loro di valorizzare al meglio l’alta qualità dell’ortofrutta italiana, fornendo un contributo importante all’export agroalimentare del nostro Paese”.


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IL SUDAN CHE VORRESTI SCOPRIRE Il Sudan è il terzo paese più grande d’Africa, poco conosciuto, spesso ricordato con accezioni negative legate a vicende di guerra. La vastità e le diversità religioso-culturali che lo hanno reso scenario di conflitti, ora appianatisi, lo rendono al contempo un territorio ricco di cultura, storia e tradizione. La Necropoli Reale Nord di Meroe, localizzata circa 200 km a nord di Khartoum, fu utilizzata come luogo di sepoltura dei Re e delle Regine nubiane dal 400 a.C al 400 d.C.

Maurizio Levi


L’

area più interessante dal punto di vista turistico è la zona a nord della capitale Khartoum, al tempo l’ antica Nubia. Da Khartoum fino al confine con l’ Egitto la vita si sviluppa prevalentemente lungo il corso del fiume Nilo, pochi km a destra e pochi a sinistra di campi coltivati, mentre sia sul lato ovest che est si presentano due deserti sconfinati, rispettivamente, andando verso il Chad, il Deserto Occidentale, la più grande area desertica del mondo e, sul lato est, quello Nubiano che dal Nilo si spinge fino al Mar

Rosso. Nel Deserto Nubiano, rispetto a quello Occidentale, vi è presenza di nomadismo, conseguente alla conformazione montagnosa, con acqua, vegetazione e piccole valli, minore nel lato desertico pianeggiante. Il Sudan è da sempre un corridoio per l’ Africa: dal Mediterraneo, attraverso il Nilo, era il corridoio dove avvenivano i contatti commerciali, culturali e di qualsiasi altro tipo con l’ Africa nera. Gli egizi, ma già altri popoli in periodi antecedenti, scesero in Sudan arrivando sino al tetto della Quarta Cateratta, lasciando diverse testimonianze del loro passaggio.

Le formazioni rocciose che rallentano il corso del Nilo creano le rapide della terza Cateratta.

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La latitudine del Paese che lo pone al limite tra deserto e Sahel, permette la crescita di un po’ di erba, l’allevamento dei cammelli è l’attività principale dei nomadi del deserto.

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Le Necropoli dell’antica Meroe localizzate nel deserto a circa 3 km dal Nilo su alcune colline di sabbia, con, in particolare, una piramide della Necropoli Sud.

In seguito ritiratisi, hanno influito sulla cultura sudanese, nonostante questa si sia sviluppata autonomamente. Ne sono un esempio le Piramidi di Meroe, costruite più di duemila anni dopo quelle egizie, nel 400 a.C., monumenti funerari di dimensioni inferiori, in cui la tomba non si trovava all’ interno ma sottoterra, in cui i caratteri geroglifici vennero abbandonati a favore di un nuovo tipo di scrittura geroglifica autoctona definita “mereotica”, ad oggi non ancora decifrata, di cui sono pervenuti solo rari esempi. Interessante è la venticinquesima dinastia di faraoni (750-

500 a.C.), sovrani fino al Mediterraneo, detta dei “Faraoni Neri”, in quanto originari del Sudan. Lo sviluppo culturale autonomo del Sudan ha subito in seguito ulteriori influenze: prima, con il susseguirsi di diversi regni cristiani copti arrivati attraverso l’ Egitto e poi, dopo il periodo medievale di scarsa significatività, dalla discesa dei turchi, i quali hanno costruito diverse fortezze lungo il corso del Nilo. A colonizzare il Paese furono, in seguito, gli inglesi; famosa è la vicenda dell’ assedio di Karthoum, in cui però vennero sconfitti con la morte del Generale Gordon.

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LocalitĂ di Naga, il tempio dedicato al Dio Amon, ristrutturato da una missione archeologica del Neue Museum di Berlino negli ultimi 10 anni.

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Gli abitanti del Sudan in primo piano.

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Aneddoto

In Sudan quando si viaggia, dato che il Nilo lo attraversa e fa due anse, molto grandi, si segue in parte il corso del fiume ed in parte si attraversano queste anse; si lascia il fiume dopo 5 km, finiscono le coltivazioni e si entra nel deserto, attraversando zone completamente aride: ognuna con le sue caratteristiche, nubiano, il deserto occidentale ed un altro che si chiama Deserto del Bayuda, all’ interno della grande ansa, con vulcani di pietra nera. Arrivati vicino alla zona della Quarta Cateratta, zona molto sassosa dove la pista seguita dal Nilo si perde e non passa molta gente; si procede seguendo qualche traccia che porta ad un villaggio dove gli abitanti ci invitano a sederci e vedo un gruppo di bambini che piangono disperatamente, piccoli di tre o quattro anni, tramite l’ autista che parla inglese ed arabo riusciamo a domandare alle persone il motivo di un pianto tanto forte, ed essi ci spiegano che da almeno cinque o sei anni non si vedono passare in quelle zone uomini bianchi, ed i bambini piangono perché, quando non ubbidiscono, gli diciamo che se fanno i cattivi viene l’uomo bianco li porta via. Questi bambini così piccoli non avevano mai visto uomini bianchi e quindi si erano spaventati, terrorizzati al pensiero che li volessimo portare via.

Il Nilo nei pressi della località di Old Dongola, dove i venti da nord spingono la sabbia desertica fino alla sponda del fiume.

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Abitanti dei villaggi nubiani lungo il Nilo.

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Il Sudan è un Paese unico, una miscela, una commistione tra il mondo arabo e quello africano, traendone i lati maggiormente positivi: l’ospitalità e la gentilezza del mondo arabo, l’allegria e la festosità dei popoli africani, un connubio di due culture che fa scaturire una popolazione sempre allegra e sorridente, musulmani moderati con cui si può instaurare un rapporto meraviglioso. Quando si viaggia lungo il Nilo, nei villaggi nubiani si viene accolti con estrema gentilezza, invitati a casa della gente locale a bere il thè o a pernottare.

I villaggi nubiani presentano portali d’ingresso dipinti e decorati a mano, un simbolico segno di benvenuto per i viandanti sempre ben accolti. Nel Deserto Occidentale il paesaggio è caratterizzato, spesso, da formazioni di granito tondeggianti.

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L’immagine del Sudan viene purtroppo danneggiata dai conflitti e dalle forme di mal governo che negli anni si sono succedute, ma fortunatamente la situazione sta migliorando. Le valenze straordinarie del territorio, soprattutto a Nord, rendono il Sudan una meta affascinante, ricca di siti archeologici “genuini”, non ancora contaminati dal turismo di massa, come accade invece in Egitto, rendendo la visita emozionante e spettacolare. Lo splendido scenario delle quaranta Piramidi di Meroe è privo di artefatti turistici come la vendita di souvenir, o decine di pullman: sullo sfondo c’è solo il deserto. Il Sudan permette di viaggiare come facevano gli inglesi

nell’Ottocento, di vivere il territorio nella sua integrità, schiettezza e veridicità. Non è un paese rigido come alcuni paesi arabi, qui le donne sono autonome e trattate secondo il pensiero africano di non sottomissione, indossano l’abito lungo ed il velo ma hanno il viso scoperto e gli abiti di colori brillanti.

Maurizio Levi

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Allo Stand Italy, grande successo del Fruits and Veg Experience

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Persino il neo eletto Ministro dell’Agricoltura tedesco Hans Peter Friedrich ha voluto onorare con la sua presenza l’evento di lancio del Fruits and Veg Experience organizzato a Fruitlogistica da ICE, CSO e Fruitimprese nello Stand Italy. Fruits and Veg Experience e’ una proposta accattivante e innovativa per consumare frutta e verdura trasformandola in snack appetitoso e salutare ideale ad ogni ora del giorno. “Ci è sembrato molto importante per l’Italia – dichiara Roberto Lovato di Ice - realizzare una proposta innovativa sul consumo di frutta e verdura perché il settore è oggi trainante per l’export nazionale e il nostro ruolo deve essere trainante anche sul fronte dell’innovazione.” “Il Fruits and Veg Experience – spiega Paolo Bruni Presidente di CSO, il Centro Servizi Ortofrutticoli che organizza ogni anno la partecipazione collettiva a Berlino di 38 aziende leader del settore ortofrutticolo - è uno spazio tutto dedicato alla valorizzazione del consumo di frutta e verdura partendo da due concetti base: il legame con il territorio e la facilità d’uso. Questi due aspetti – prosegue Bruni – trovano la sintesi nella realizzazione di 10 ricette che potremmo definire – finger food- pronte al consumo, allegre, colorate e sorprendenti. Gli ingredienti proposti vanno dalla frutta secca, che caratterizza produzioni regionali importanti dal Piemonte alla Campania, per passare a verdure fondamentali per la nostra offerta nazionale come il radicchio rosso di Treviso IGP o la carota proposti quest’anno in un accattivante gelato salato al radicchio e , per la carota , in mix centrifugato acceso dal profumo

Da sinistra: Paolo Bruni (Presidente CSO), Hans Peter Friedrich (Ministro dell’Agricoltura tedesco), Marco Salvi (Presidente Fruitimprese)

di zenzero. La proposta delle 10 ricette si amplia con la frutta tipica come pere, mele, arance rosse di Sicilia, per giungere alla macedonia bio , con un mix completo e accattivante di offerte di sicuro effetto sia per il gusto sia per la salubrita’. La nostra proposta – conclude Bruni – vuole essere uno stimolo propositivo verso format di consumo di frutta e verdura che vadano oltre il tradizionale uso a fine pasto. Ritengo indispensabile agire su tali fronti in considerazione del fatto che l’OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità) stima che in più della metà dei paesi dell’Europa il consumo di frutta e verdura è inferiore a 400 gr al giorno, e in un terzo dei paesi il consumo medio è inferiore a 300 gr. al giorno. Le analisi dell’EFSA sulla base di sondaggi nazionali suggeriscono che la quantità raccomandata è raggiunta solo in 4 Stati Membri : Polonia, Germania, Italia e Austria”. “Il Fruits and Veg Experience e’ una proposta unica a Berlino e non e’ un caso che sia ideata e realizzata nello stand Italy – dichiara Marco Salvi Presidente di Fruitimprese . Italy concentra, al suo interno un insieme veramente significativo di imprese italianeprosegue Salvi - normalmente concorrenti sul mercato che a Berlino fanno gioco di squadra e i risultati sono sotto gli occhi di tutti “.

Da sinistra: Fabio Casciotti (Direttore ICE Berlino), Paolo Bruni (Presidente CSO), Elio Menzione (Ambasciatore italiano a Berlino), Marco Salvi (Presidente Fruitimprese), Mario Guidi (Presidente Nazionale Confagricoltura).


ufficiale delle 5 stelle. Una conquista importante per tutta la città Firenze e, in particolare, per il gruppo Duetorrihotels di cui il Bernini fa parte dal 2010. La comunicazione è stata accolta con grande entusiasmo dallo staff, a partire dal direttore della struttura, David Foschi: «Siamo molto orgogliosi di questo prestigioso riconoscimento – ha affermato –. Una soddisfazione collettiva, perché frutto del lavoro di tutto il nostro team che colgo l’occasione di ringraziare di cuore, ma per me una soddisfazione anche personale, perché vivo la storia del nostro hotel da ben 28 anni. Avere conquistato la quinta stella è la conferma dell’ottimo lavoro svolto anche dalla nuova proprietà, il gruppo Duetorrihotels che in soli tre anni ha reso possibile la realizzazione di un sogno che tutti qui, al Bernini, avevamo da tempo. Per noi questo momento segna anche un nuovo punto di partenza perché vogliamo crescere ancora» prosegue Foschi. www.hotelbernini.duetorrihotels.com

Il Radicchio di Treviso alla conquista dei mercati mondiali grazie ad un rivoluzionario sistema di refrigerazione Al via la sperimentazione del progetto di refrigerazione EcoOrt nato dalla collaborazione tra istituzioni scientifiche e aziende leader del settore ortofrutticolo. Anteprima a Fruit Logista Berlino dove il Veneto si presenterà in squadra e presentazione al World Food Moscow 2014 Superare i problemi logistici legati al trasporto intercontinentale di un prodotto eccellente e prezioso come il Radicchio di Treviso Tardivo IGP per raggiungere mercati importanti come Cina, Australia e Giappone dove l’ortaggio è sempre più richiesto e apprezzato dall’alta ristorazione e non solo. Questo l’obiettivo di EcoOrt, progetto approvato dalla Regione Veneto, che vede capofila l’azienda veronese Geofur e il coinvolgimento di Ortoromi, il supporto tecnologico di Ozone Application Specialist di De Nora Next, il contributo scientifico dell’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (CnrIspa) di Bari e dell’Istituto Agronomico mediterraneo di Bari. Del progetto fanno parte anche Consorzio di tutela radicchio rosso di Treviso e Variegato di Castelfranco Igp, Confcooperative regionale e provinciale, Confagricoltura Verona, Op Nordest e Verona Innovazione. Il 23 Gennaio scorso si è svolta a Legnago (VR) la riunione tecnica che ha definito nel dettaglio la prima fase di sperimentazione del Progetto EcoORT “Competitivitá, sicurezza alimentare e shelf life: nuove tecnologie ecocompatibili per il comparto ortofrutticolo Veneto”, che intende sviluppare innovazioni tecnologiche in grado di aumentare la shelf life, la “vita sullo scaffale” dei prodotti, ma anche la loro salubritá e la qualitá con sistemi CALEIDOSCOPIO

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L’HOTEL BERNINI PALACE DI FIRENZE CONQUISTA LA QUINTA STELLA Grande soddisfazione per lo storico hotel della città e per il gruppo Duetorrihotels che aggiunge un altro cinque stelle alla sua scuderia, dopo il Grand Hotel Majestic già Baglioni di Bologna (5 stelle Lusso) e il Due Torri Hotel di Verona (5 stelle). Una conquista importante anche per il capoluogo toscano, da sempre meta privilegiata del turismo nazionale e internazionale. Fu il primo “hotel” di Firenze, nel XVII secolo, ad avere l’acqua corrente e a disporre di un ricovero per i cavalli degli ospiti. Nei suoi spazi ha ospitato la “Buvette del Parlamento” – oggi Sala delle Colazioni – dove, negli anni di Firenze Capitale (1865 – 1870), si davano appuntamento i protagonisti del Risorgimento italiano, Garibaldi e Cavour su tutti. È un percorso fatto di storia ed eccellenze quello che ha portato l’Hotel Bernini Palace, al conseguimento

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eco-compatibili. In concreto si tratta di progettare e realizzare tecnologie di refrigerazione innovative attraverso l’utilizzo dell’ozono, sia per conservazione fissa che trasportabile. La fase di sperimentazione sta coinvolgendo enti di ricerca e la prima prova di trasporto avrà come destinazione Mosca per la presentazione al World Food Moscow 2014, anche se una anticipazione è imminente in occasione di Fruit Logistica a Berlino (dal 5 al 7 Febbraio). “La refrigerazione passiva – spiega Paolo Manzan, presidente del Consorzio di Tutela del Radicchio Rosso di Treviso e Variegato di Castelfranco IGP – consentirà di conservare l’ortofrutta a temperature prossime allo zero, senza ventilazione e con livelli di umidità più elevati rispetto ai sistemi di refrigerazione tradizionale; questo garantirà un allungamento della shelf life di prodotti soggetti a disidratazione come il Radicchio, consentendo al prodotto di raggiungere in condizioni ottimali mercati oggi irraggiungibili se con a costi proibitivi legati al trasporto aereo. La conservazione attraverso ionizzazione riduce anche i costi energetici (poiché non obbliga all’utilizzo di container frigo alimentati a corrente), non obbliga a trattamenti chimici rendendo più salubre il prodotto, liberandolo da pericoli legati alla proliferazione di muffe e batteri”. Il progetto innovativo sarà presentato in anteprima a Fruit Logistica di Berlino dove grazie a Veneto Promozione e alla Camera di Commercio Italiana per la Germania i Radicchi IGP veneti si presenteranno uniti grazie alla partnership fra 9 aziende e Consorzi. I buyers che parteciperanno agli incontri B2B potranno anche partecipare alla cena realizzata in collaborazione con il ristorante berlinese Aigner am Gendarmenmarkt che celebrerà la cultura del mangiare all’italiana.

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PARTE IN DELAWARE E A NEW YORK LA PRIMA PRESENTAZIONE UFFICIALE DELLA PERA ABATE FETEL, REGINA PER DUE GIORNI DEL MADE IN ITALY ORTOFRUTTICOLO

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Il Cso, nell’ambito del Progetto Sapori d’Europa ha organizzato il 29 e il 30 gennaio due eventi di presentazione della Pera Abate Fetel dell’Emilia Romagna che metteranno in contatto, per la prima volta, la Regina italiana delle Pere con importatori, chef, giornalisti e operatori del mercato americano. La prima presentazione è avvenuta a Wilmington, in Delaware, nella sede centrale di SHOPRITE una importante catena distributiva e alla presenza di importanti istituzioni governative. Federico Milanese, responsabile internazionalizzazione di Cso ha presentato nel dettaglio i requisiti di una pera unica, del tutto sconosciuta ai consumatori americani ed ha proposto il prodotto evidenziando i valori unici dell’Abate Fetel soprattutto in un ottica di utilizzo, non solo come prodotto tal quale ma trasformata in una delle tante specialità gastronomiche che caratterizzano il nostro Made in Italy. Alla presentazione ha fatto seguito un intervento del responsabile acquisti della catena che ha presentato il protocollo fornitori, evidenziando le modalità di gestione del prodotto e le richieste della catena. “E’ stata una occasione unica- dichiara Federico Milanese- per creare un confronto ed uno scambio tra i nostri più importanti produttori ed una catena distributiva presente in sei Stati americani. Questa opportunità - continua Milanese- è nata grazie all’accordo tra Delaware e Regione Emilia Romagna, siglato a Macfrut a settembre e ritengo che sia stata una occasione irripetibile per le imprese italiane presenti.” Ma il tour Usa della Pera Abate non si è fermato in Delaware.

Il 30 gennaio infatti il CSO ha organizzato, in collaborazione con Fruitecom, un evento straordinario di presentazione, nel pieno centro della Grande Mela, presso il Ristorante Ai Fiori, dove, lo chef stellato PJ Calapa’ ha interpretato per la prima volta una serie di ricette italiane a base di Pera Abate per proporle ad una selezione di partner commerciali provenienti da tutti gli States. “Lo sforzo organizzativo messo in campo dal CSO e dai partner in USA – dichiara Paolo Bruni Presidente del Centro Servizi Ortofrutticoli di Ferrara - ha creato una occasione unica per le aziende italiane presenti (Alegra, Apofruit, e Peraitalia) nell’ambito del progetto Sapori d’Europa, finanziato da UE, Stato Italiano e CSO. Il Progetto chiude l’attività a fine febbraio ma – rimarca Bruni – è in fase di valutazione a Bruxelles per un nuovo triennio di attività e l’auspicio è quello di riuscire a proseguire in un percorso di promozione che sarà sempre più strategico per la nostra ortofrutta”. www.csoservizi.com

SUONI, SAPORI E SOLIDARIETÀ AL DUE TORRI HOTEL DI VERONA TORNA LA RASSEGNA JAZZ&MORE Dal 31 gennaio fino al 6 giugno torna, nella splendida location trecentesca dello storico 5 stelle della città, membro di “The Leading Hotels of the World”, la rassegna Jazz&More. Dieci appuntamenti nel segno dell’eccellenza musicale e della gastronomia di qualità, ma anche della solidarietà, grazie alla collaborazione con Azalea Cooperativa Sociale Onlus che cura e sostiene le persone con disabilità psichica,con il patrocinio del Comune di Verona, il sostegno della B Popolare di Verona e la collaborazione del Circolo del Jazz di Verona. I prodotti artigianali dei pazienti di Azalea Onlus saranno presenti durante tutta la rassegna, al fine di promuovere l’attenzione del pubblico sul progetto e di proporre cultura sul territorio. Dopo il successo ottenuto con l’edizione 2013, da venerdì 31 gennaio a venerdì 6 giugno si rinnova la felice collaborazione tra il Due Torri Hotel di Verona e l’associazione culturale musicale Jazz&More che per il 2014 hanno dato vita ad un calendario di concerti ricco di talenti e di novità, con le immancabili cene a tema realizzate da Sergio Maggio, executive chef del Due Torri Lounge & Restaurant. Dieci appuntamenti tra le affascinanti arcate dell’hotel, a cura del direttore organizzativo Silvano Dalla Valentina e del direttore artistico Fabrizio Gaudino, con il patrocinio del Comune di Verona, il supporto della Banca Popolare di Verona e la collaborazione del Circolo del Jazz di Verona,per un progetto nuovo e raffinato, in cui si fondono con armonia il ritmo del jazz, il gusto della cucina di qualità e il piacere della solidarietà. Non solo musica e gastronomia:

la rassegna infatti si arricchisce quest’anno della partecipazione della Cooperativa Sociale Azalea Onlus di Verona, che da anni si occupa del recupero, della cura e della rieducazione di soggetti con disabilità e disagi psichici. Le creazioni artigianali degli ospiti di Azalea, complementi di arredo ed oggetti da essi stessi ideati e assemblati sotto la supervisione di un giovane architetto veronese, accompagneranno infatti tutta la rassegna. Lampade, collane, orecchini, cuscini, candele, cornici e molto altro, oggetti di sorprendente cura e maestria manifatturiera realizzati nei laboratori del progetto Azalea Home saranno disponibili in vendita nel corso delle serate.

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E’ANCORA IL FRESCHELLO IL VINO PREFERITO DAGLI ITALIANI

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Il vino più amato dagli italiani? Il Freschello. Ad annunciarlo i vertici dell’azienda veneta Cielo e Terra - Gruppo Cantine Colli Berici, sulla base dei recenti dati divulgati da IRI e riferiti all’andamento delle vendite di vino nella Grande Distribuzione Italiana nel 2013. Una leadership che si riconferma per l’ottavo anno consecutivo nel formato bottiglia da 0.75 l.

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Montorso Vicentino (Vi), febbraio 2014 - I consumi di vino in Italia sono costantemente in calo ma a tenere sembra siano i vini veneti. E’ il caso del Freschello, prodotto dall’azienda Cielo e Terra di Montorso Vicentino che per l’ottavo anno consecutivo, si conferma il vino preferito dagli italiani e il più venduto nella GDO. Si parla di 8,5 milioni di bottiglie di cui 4,5 per la referenza Freschello Bianco e più di 4,1 milioni per Freschello Rosso. Cifre ragguardevoli che permettono a Cielo e Terra di mantenere la leadership nelle vendite per il formato 0.75l. “Da otto anni il Freschello è in vetta alle classifiche di vendita - commenta Luca Cielo, Direttore Generale della cantina Cielo e Terra - le statistiche che ci permettono di definire meglio le nostre strategie nei singoli mercati, ci confermano che il Freschello è il vino del momento, piace per il prezzo, per la sua leggerezza e per i valori che trasmette”. Per aumentare il valore percepito di Freschello, l’azienda vicentina ha sviluppato negli anni una strategia di qualità produttiva e di marketing che sensibilizza il consumatore verso tematiche quali l’impegno sociale, l’ecosostenibilità e la tracciabilità di filiera: tutti elementi che messi in campo avvalorano l’identità di marca del prodotto. Analizzando i dati IRI 2013 emerge anche un altro primato: l’azienda Cielo e Terra è prima tra i Top Produttori veneti e italiani nel segmento vino da 0.75 l, con oltre 12 milioni di bottiglie vendute nel canale della distribuzione organizzata, un passo avanti a grandi gruppi del settore. Buone le performance di vendita nel 2013 anche per il vino spumante Freschello Extra, che ha raggiunto il traguardi ragguardevoli in poco tempo. Pensato per rispondere ai profondi cambiamenti in termini di gusto del consumatore degli ultimi anni, piace

per la sua gradazione alcolica moderata di soli 9,5°. L’azienda si dice soddisfatta anche per le vendite dei vini delle linee Cielo e Casa Defrà, che hanno avuto un incremento del 10% a volume nel mercato italiano, un obiettivo si sicuro interesse visto le difficoltà in cui versa il settore negli ultimi tempi. Se il mercato italiano dà segnali positivi, anche l’export 2013 chiude con lo stesso segno, con un incremento di fatturato del 20% da attribuire per la maggior parte alle vendite di spumanti e vini frizzanti, apprezzati di recente nel mercato americano e russo: l’export riveste il 50% del fatturato aziendale raggruppando oltre 60 paesi. Cielo e Terra nasce dall’unione della tradizione vitivinicola della famiglia Cielo e dall’esperienza di 1.400 viticoltori che lavorano i vigneti in un raggio di 50 km dalla sede e che si avvale di tecnologie innovative e all’avanguardia lungo l’intera filiera vitivinicola, garantendo al tempo stesso elevati standard produttivi di qualità. E’ capofila in Italia della lean organization nel settore vitivinicolo, filosofia che gli ha permesso di aumentare l’efficienza produttiva e di conseguenza anche i volumi, per affrontare al meglio il mercato nel largo consumo e per garantire il miglior rapporto prezzo qualità. www.cieloeterravini.com

GALLERIA DE’ BONIS Guttuso, pittura senza tempo La Galleria de’ Bonis, punto di riferimento per lo studio e il mercato di Renato Guttuso (1911-1987), dopo il progetto monografico presentato sul palcoscenico internazionale di “ArteFiera” a Bologna, propone, nel suo spazio di Reggio Emilia (V.le dei Mille, 44/B), due ricche esposizioni dedicate al Maestro di Bagheria. Le mostre, in programma dal 1 febbraio al 20 febbraio 2014 e dal 22 febbraio al 13 marzo 2014, ripercorreranno la storia di Guttuso e, attraverso il suo sguardo, i cambiamenti della società italiana, della quale è stato interprete e poeta. Opere scelte, fra cui pezzi rari e preziosi, per meglio conoscere le diverse fasi della sua ricerca e la ricchezza tematica della sua pittura. In mostra, dipinti ad olio su tela rappresentativi di ogni decennio e di ogni soggetto caro all’artista: intense nature morte, figure, luoghi amati e moderne scene di genere. Ampio spazio sarà dedicato ad opere coeve ai grandi pezzi museali, come “La crocifissione” (Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma) e “La spiaggia” (Galleria Nazionale, Parma): non solo studi preparatori, ma anche opere finite, parte di un preciso percorso di studio ed approfondimento. Non mancheranno, inoltre, chicche e perle curiose: un bozzetto per un costume teatrale con un campione di stoffa appuntato a fianco (nota per il costumista) ed un autoritratto ideale, nel quale compaiono solo una mano dell’artista, la sua tavolozza ed una rosa, enigmatico rebus della sua personalità. Per finire, quattro opere della serie originale dalla quale sono stati realizzati i suoi famosi Tarocchi ed una selezione di chine e disegni su carta, per analizzare i diversi approcci di Guttuso alla figura. La prima esposizione, che sarà inaugurata sabato 1 febbraio alle ore 17.30, sarà visitabile fino al 20 febbraio

2014, da martedì a sabato con orario 10.00-13.00 e 16.00-19.00, giovedì ore 10.00-13.00. La successiva mostra sarà allestita dal 22 febbraio al 13 marzo 2014. I due progetti, dopo l’anteprima reggiana, gireranno l’Italia, ospitati da altre gallerie. 1 - 20 febbraio 2014 22 febbraio - 13 marzo 2014 Inaugurazione: sabato 1 febbraio, ore 17.30 Info: tel. 0522 580605 www.galleriadebonis.com

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AGRICOLTURA OGGI

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FUNGHI COLTIVATI

La coltivazione in ambiente controllato permette oggi di avere a disposizione funghi freschi in ogni stagione. I consumatori li preferiscono perchè sono buoni, sicuri e disponibili a prezzi competitivi rispetto ad altri alimenti vegetali. Versatili come condimento e pietanza, non fanno ingrassare. Luciano Trentini


Pleurotus ostreatus.

Q

uando inizia la primavera l’esercito dei cercatori di funghi più o meno esperti si lancia nei boschi per cercare questo prezioso alimento. Ancora oggi la scarsa conoscenza dei funghi raccolti spontaneamente miete vittime e non sarà mai possibile conoscere quante persone, dai tempi antichi, sono morte per consentire all’uomo di imparare a distinguere quelli mangerecci dai velenosi. Ma prima di consumare funghi raccolti spontaneamente è consigliabile consultare persone esperte o meglio frequentare corsi specifici per imparare a riconoscere i funghi commestibili da quelli pericolosi o ancor peggio velenosi. Il rapporto fra l’uomo e i funghi risale a molti secoli fa, quando i funghi furono oggetto di osservazioni e studi che ne definirono, anche se in epoche diverse, la commestibilità, l’uso terapeutico. Plinio il Vecchio (23-79 d. C.) nella Naturalis Historia parla di tartufi, Amaniti e Boleti che i padroni gustano e ben si guardano dal lasciarne per gli schiavi. Nel 160 d.C. anche il medico greco Galeno, alla corte dell’imperatore Marco Aurelio nel 160 d.C., valuta che i prataioli sono considerati fra i migliori funghi. È proprio al tempo dell’Impero romano che

la vendita dei funghi, ormai di uso comune, viene regolamentata e nel contempo, prende avvio la loro classificazione. Sono ormai centinaia le ricette proposte dai molti ristoranti, nei diversi periodi dell’anno a seconda della stagionalità prugnoli, bocche di leone, pioppini, sfiandrine ecc. sono oggi alla portata di molti cercatori, ma come già precedentemente ricordato è necessario prestare molta attenzione a non confonderli con altri che possono arrecare disturbi (principi di avvelenamenti, disturbi gastrointestinali ecc.). I funghi coltivati anche se sono meno numerosi rispetto a quelli spontanei, sono per contro sicuri e garantiti poiché coltivati in ambienti in cui tutti i parametri climatici sono strettamente controllati così come i substrati di coltivazione che subiscono processi di pastorizzazione importanti. Gli ambienti di coltivazione sono controllati oltre che dal punto di vista climatico, anche per quanto riguarda la qualità del micelio, le materie prime impiegate, che debbono essere capaci di assicurare un prodotto di eccellente qualità. I funghi più che per le loro caratteristiche nutritive, sono ricercati in quanto portatori di sapori e di aromi. Nei paesi occidentali il fungo maggiormente coltivato è il Prataiolo

(Agaricus bisporus), viene considerato sotto il profilo organolettico un buon/eccellente fungo, mentre per i nutrizionisti è un elemento importante per una dieta sana ed equilibrata, ricca di vitamine, con buona capacità di saziare e a basso contenuto calorico (20l cal/ 100 grammi di prodotto fresco). Forse non tutti sanno che ormai le specie di funghi coltivate in ambienti specifici, sotto stretto controllo a garanzia della qualità del prodotto, sono ormai numerose, in particolare : Agaricus bisporus più conosciuto come prataiolo. Botanicamente appartiene alla famiglia delle Agaricaceae, Pleurotus ostreatus conosciuto anche con il nome di orecchione. Appartiene alla famiglia delle Pleurotaceae come il Pleurotus cornucopiae e il Pleurotus eryngii più conosciuto con il nome di cardoncello, Agrocybe aegerita fungo più conosciuto come pioppino anch’esso appartenente alla famiglia delle Agaricaceae Lentinus edodes commercializzato con il nome di Shiitake, che appartiene alla famiglia delle Tricholomataceae. I consumatori europei oggi possono scegliere fra una gamma di funghi piuttosto ampia anche se è vero che in natura i funghi comme-

stibili sono circa un centinaio. Ma perché molti consumatori preferiscono i funghi coltivati? - sono buoni e sicuri; - sono disponibili a prezzi competitivi, rispetto al altri alimenti vegetali; - in cucina sono versatili, sia come condimento che come pietanza; - questo vegetale dimostra di essere un vero integratore alimentare; - come tutti i funghi non fanno ingrassare.; - sono disponibili anche in preparati conservabili o pronti all’uso. AGARICUS BISPORUS Se si analizza la produzione dei funghi coltivati dobbiamo rilevare come il comune prataiolo oggi rappresenti circa l’80 % del totale dei funghi coltivati, oltre 60.000 tonnellate di funghi raccolti e commercializzati come fungo fresco ma che trovano anche una interessante collocazione (le piccole pezzature) presso l’industria di trasformazione, in particolare per essere trasformati in funghi sott’aceto e sott’olio, in paté di funghi ecc.. La storia della coltivazione del prataiolo nasce da lontano, si parla di 200 tonnellate prodotte

Coltivazioni a isole di P. ostreatus.

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Sviluppo del micelio del Prataiolo.

Scaffalature con letti di coltivazione per lo sviluppo del micelio del Prataiolo.

nel dopoguerra aumentate a 15.000 t negli anni ‘70 a 40.000 negli anni ‘80, ad oltre 60.000 oggi. Tecnicamente l’evoluzione della produzione è stata molto interessante mentre la crescita della fungicoltura fra le due guerre è merito di pionieri come i Conti da Schio che hanno avviato nelle grotte di Costozza le prime produzioni industriali dei funghi coltivati su substrato artificiale. Negli anno ‘50-‘60 si passa dalla coltivazione in grotta, alla coltivazione in capannoni industriali dove il substrato e posto in sacchi o casse a più piani. È in questo periodo che si sviluppano imprese che preparano il composto e quelle che preparano la terra di copertura, lasciando al produttore il solo compito di condurre la coltivazione e vendere il prodotto sul mercato. Oggi la coltivazione del

prataiolo avviene in strutture modernissime dove tutto è controllato elettronicamente e tutte le operazioni sono regolate da sistemi computerizzati per massimizzare il risultato produttivo. Il processo, infatti, passa attraverso la preparazione di un buon composto che avviene miscelando nelle opportune proporzioni, paglia di cereali, letame di cavallo, pollina, ammendati con gesso. Il composto dopo essere stato miscelato e abbondantemente bagnato viene posto in cumuli (alti 3-4 metri) all’interno di capannoni per la fase di fermentazione. Successivamente si procede ad una seconda fase di pastorizzazione a 57- 59°C per circa 8 ore, poi ad una fase di condizionamento per 6-8 gg a temperatura di 46-48 °C. Nelle due settimane successive dopo la semina del micelio di prataiolo avviene la fase di incubazione quando attraverso un sistema di insufflazione di aria la massa di substrato è tenuta intorno ai 25 gradi, ottimale per un buon risultato produttivo. Dopo circa 4 settimane prende avvio la fase di coltivazione vera e propria in stanze ben isolate e condizionate dove il composto è sistemato in scaffalature alte anche 6 piani. Nelle scaffalature vene posizionato il substrato, caricato attraverso un sistema automatico, e poi coperto con terriccio formato prevalentemente di torba nera (85 %), carbonato di calcio ed una piccola percentuale di composto incubato per

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Agaricus bisporus crema.

rendere più rapido il processo produttivo. In questa fase, per circa 7 giorni, la temperatura del composto deve essere tenuta a circa 24 °C, l’umidità praticamente al 10% ed un alto tasso di anidride carbonica (> ai 3000 ppm). Sono necessarie poi abbondanti annaffiature per mantenere la terra di copertura al giusto grado di umidità così come il sottostante substrato. La uniforme presenza del micelio in superficie indica che è il momento di abbassare a 18 °C la temperatura del substrato, ridurre l’umidità ambiente al 90 % e l’anidride carbonica al di sotto di 2000 ppm. Sono sufficienti 10 giorni, dopo la riduzione della temperatura, per avere la prima volata (raccolta), quella più produttiva pari al 40- 50 % della produzione complessiva. La seconda volata avviene dopo circa 7-8 giorni dalla prima, dove si raccoglie circa il 35% mentre il 15% restante si raccoglie all’ultima volata. PLEUROTUS OSTREATUS Oggi viene allevato su substrati il cui compo-

nente principale è la paglia, miscelata ad altri materiali organici derivanti dalle coltivazioni agricole. Il genere Pleurotus, che appartiene all’ordine delle Agaricali, in natura comprende numerose specie che crescono su matrici legnose, come nel caso del pioppo. Presenta un cappello asimmetrico piatto o ondulato a forma conchiglia o di grande orecchio da cui deriva anche il nome comune di Orecchione. Di dimensioni variabili il diametro del cappello può variare dai 5 ai 15 cm di diametro ma può raggiungere anche i 25 cm quando è coltivato artificialmente. Generalmente è di colore grigio lavagna in natura ma può avere una colorazione più o meno intensa a seconda dell’epoca di produzione, della modalità di coltivazione, della temperatura e dell’umidità, fino ad assumere una colorazione grigio nocciola. Il periodo in cui cercare in natura il Pleurotus è quello autunno invernale quando la temperatura scende al di sotto dei 18 gradi e fino ai

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Agaricus bisporus crema

Agaricus bisporus bianco

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Pleurotus ostreatus

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Pleurotus ostreatus e p. cornucopiae (giallo)

Pleurotus cornucopiae

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4, 5 gradi . La continua diminuzione dei pioppeti o di piante di gelso, dove questo fungo trova il suo migliore habitat, ha di fatto sviluppato la ricerca di metodi artificiali per la produzione dei funghi. Intorno agli anni ‘70, era diffusa la coltivazione del fungo su tronchetti di pioppo, inoculati artificialmente con micelio del fungo in buche, dove il micelio in presenza di una elevata umidità 70% circa e temperature variabili intorno ai 27-28 ° permeava il legno. Successivamente i tronchi venivano preparati per la fase di produzione dei carpofori che aveva inizio con l’abbassamento delle temperature e dell’umidità ambientale. Oggi il processo di produzione del Pleurotus avviene su di un substrato nutritivo particolarmente ricco di cellulosa. Questo, prima viene pastorizzato, successivamente quando ha raggiunto i 25-30 gradi è seminato con il micelio del fungo. Il processo di incubazione dura circa 30-35 giorni alla temperatura di 28° C. A incubazione avvenuta il micelio viene spostato negli ambienti di produzione, generalmente serre o tunnel serra dotati di impianti di ventilazione o raffreddamento e sistemi di umidificazione. La produzione avviene in volate di cui la prima è quella più abbondante ed avviene dopo circa 20 giorni dall’inizio della fase produttiva; le altre si distanziano di circa 15 giorni. La coltivazione del Pleurotus oggi occupa una quota di mercato pari a circa il 15 %. Anche gli amatori di questo fungo oggi possono prodursi i funghi in giardino o nel balcone, essendo in commercio sacchi o cassette di substrato incubato pronto per la produzione dei carpofori. È necessario tenere conto delle temperature di produzione inferiore ai 18 gradi e l’umidità ambiente che può essere garantita da un nebulizzatore con 3- 4 interventi giornalieri, se l’umidità ambientale non è sufficiente. È consigliabile mettere il substrato in posizione ombreggiata, per evitare l’innalzamento

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Champignon bianco e crema.

delle temperature e la decolorazione dei carpofori.

ALCUNE CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI Sono particolarmente ricchi di fibre e un apporto calorico pressoché insignificante, al pari degli ortaggi a foglia, infatti sono circa 20-25 le calorie che derivano dal consumo di 100 grammi di funghi. Composti per oltre il 92 % di acqua sono ricchi di sali minerali (fosforo, manganese, potassio, ferro ecc). Le proteine rappresentano circa il 3-4% del totale, dove i grassi sono praticamente assenti.

AGROCYBE AEGERITA O PHOLIOTA CAMPESTRIS Fungo meglio conosciuto con il nome di pioppino e piopparello. È uno dei funghi più gustosi ed apprezzati. Su di un gambo sottile e slanciato, soprattutto negli esemplari più giovani, e leggermente fibroso, si posiziona un cappello a volte leggermente umbonato del diametro di oltre 10-12 cm. Il colore del cappello, scuro in età giovanile, tende a schiarire con il tempo e ad assumere un colore caffèlatte. La carne di colore bianco presenta una fitta serie di lamelle di colore bianco-beige che evolve al color tabacco verso la sporulazione. Anche il pioppino, come il Pleurotus, sia nella produzione industriale che per l’hobbystica, viene commercializzato in ballette a forma di parallelepipedo, ricoperte di film plastico forato per permettere la fuoriuscita dei carpofori.

Luciano Trentini Vicepresidente AREFLH (Associazione delle Regioni Europee Ortofrutticole)

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“ESPRIT MONTMARTRE”: LA BOHÈME PARIGINA ALLA SCHIRN KUNSTHALLE DI FRANCOFORTE Grazie a dipinti, foto, stampe e manifesti dell’epoca dal 7 febbraio al 1° giugno 2014 il museo di Francoforte fa rivivere l’atmosfera del quartiere parigino tra Otto e Novecento. Per l’occasione l’Ufficio del Turismo propone un’offerta soggiorno ad hoc.

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Non a caso un critico del tempo scriveva di Montmartre intorno al 1890: «Il quartiere sembra un grande atelier». Proprio in quegli anni artisti come Edgar Degas, Pablo Picasso, Henri de Toulouse-Lautrec e Vincent van Gogh vissero e lavorarono nel celebre quartiere del 18° Arrondissement di Parigi. Con un realismo fino ad allora impensato, quegli stessi artisti produssero immagini memorabili di un’epoca, capaci di influenzare in maniera cruciale la storia dell’arte tra fine Ottocento e inizi Novecento. Dal 7 febbraio al 1° giugno 2014 la Schirn Kunsthalle di Francoforte presenta “Esprit Montmartre – La Bohème parigina intorno al 1900”, ospitando per la prima volta una collettiva su Montmartre, con la storia e i protagonisti del tempo. Oltre 200 dipinti e opere su carta così come foto, manifesti e stampe dell’epoca trasportano il visitatore nel mondo parigino tra fine Ottocento e inizi Novecento. In contrapposizione alla Parigi mondana della Belle Époque, il quartiere allora periferico di Montmartre divenne il rifugio di molti artisti, alcuni dei quali decisero intenzionalmente di abbandonare gli agi della vita borghese per uno stile di vita bohèmien in nome della propria libertà artistica. Questa nuova immagine di sé si rifletté in maniera evidente nella loro arte. Suddivisa in sessioni tematiche, la mostra non è una mera esposizione d’arte dei nomi più famosi dell’epoca ma si propone anche di indagare le condizioni sociologiche del periodo e la nuova definizione del ruolo dell’artista. La sessione “Montmartre come villaggio” presenta suggestive vedute d’epoca sulla topografia del quartiere. Alla rappresentazione di “Café, bevitori di assenzio e varieté” e “Modelle, ballerine e prostitute” si affiancano le sessioni “Il mondo fantastico del circo” e “Montmartre come luogo di emarginati e cambiamenti sociali”, che presenta la popolazione del quartiere, composta da operai, mendicanti, senzatetto, lavandaie e bohèmien. Mentre “La rete di artisti e commercianti d’arte” getta luce sullo scambio tra i pittori e il sempre più fiorente mercato dell’arte nel quartiere, l’ultima sezione è dedicata al “Poster come nuova forma artistica” e a illustrazioni del tempo. La presentazione copre un arco temporale che dal 1885 circa arriva fino alla Prima Guerra Mondiale,

quando molti artisti decisero di spostarsi nel quartiere di Montparnasse. La mostra raccoglie eccezionali dipinti e opere su carta, foto storiche, manifesti e stampe dell’epoca provenienti da musei tedeschi e internazionali e collezioni private come il Musée d’Orsay di Parigi, la Tate Gallery di Londra, il Van Gogh Museum di Amsterdam, la Kunsthaus Zürich, il Museu Picasso di Barcelona e il Museum of Modern Art di New York. Le opere di 26 artisti come Pierre Bonnard, Ramon Casas, Edgar Degas, Kees van Dongen, Vincent van Gogh, Max Jacob, Marie Laurencin, Pablo Picasso, Henri de Toulouse-Lautrec, Suzanne Valadon e di altri meno conosciuti, ma non per questo meno affascinanti, fanno rivivere l’atmosfera di Montmartre intorno al 1900. Offerta soggiorno - Per entrare nel mondo bohèmien di Montmartre, l’Ufficio del Turismo di Francoforte propone un pacchetto soggiorno di 2 pernottamenti con colazione a buffet in hotel a scelta, biglietto d’ingresso per la mostra “Esprit Montmartre” alla Schrin Kunsthalle, Frankfurt Card valida per 2 giorni e materiale informativo sulla città sul Meno a partire da 92 Euro per persona in camera doppia. L’offerta è valida per l’intera durata della mostra, salvo che in concomitanza con fiere. www.frankfurt-tourismus.de

I viaggi di “Con i piedi per terra” Dalle piante aromatiche della Piana di Alberga, alle razze autoctone di Agri Umbria. Dopo un inverno tra i piu’ caldi degli ultimi vent’ani, ecco i primi tepori di primavera, e come festeggiarla al meglio se non visitando la Riviera dei fiori. La nostra troupe sarà ad Albenga, realtà davvero unica nel suo genere: la piana di Alberga infatti , giustamente riconosciuta come “l’orto della Liguria” è la più grande pianura alluvionale della Liguria, 45 chilometri quadrati. Nel 1924 si completò il processo di bonifica di tutte le zone acquitrinose e oggi l’economia si basa principalmente sull’agricoltura e sul commercio agricolo e floricolo. Dall’orticoltura ( con i famosi 4 di Albenga, l’asparago violetto, il carciofo spinoso, il pomodoro cuore di bue e la zucca trombetta) alla produzione di piante fiorite. In questo “distretto ad alta specializzazione”, la floricoltura ha assunto un peso sempre maggiore, soprattutto con la tradizione della coltivazione di piante aromatiche e officinali, che coltivate qui tra campi aperti e serre, arrivano sui mercati di tutto il mondo. Tra gli eventi di marzo, non puo’ mancare un reportage dalla fiera agricola per eccellenza, con specificità davvero particolari: AGRI UMBRIA a Bastia. La Mostra Nazionale dell’Agricoltura, Zootecnia e Alimentazione, è una “mostra mercato” che concilia l’interesse degli operatori professionali e di un pubblico sempre più attento a conoscere l’origine dei prodotti agricoli e le eccellenze agroalimentari, ma anche punto di riferimento di primaria importanza per verificare lo stato dell’innovazione tecnologica. Grande attenzione al settore zootecnico, con mostre per razze, e convegni su tutte le problematiche degli allevatori, concorsi per

bovini ed equini, ma Agri Umbria è anche una delle poche fiere “da famiglia” in cui tra l’altro si possono acquistare animali vivi, dai pulcini alle caprette. Poi le tradizioni, che nelle campagne vivono ancora momenti di rievocazione importanti: dai falò che accompagnano fine febbraio inizio marzo ( da cui si traevano gli auspici per i successivi raccolti) al Carnevale, legato anche a prodotti e ricette tipiche di campanile in campanile), per poi sfociare in quaresima, in attesa di una Pasqua che quest’anno arriverà tardiva,oltre la metà di aprile. Quanto all’alimentazione, prosegue il tour nella ristorazione di qualità che punta a materie prime del territorio e ad un paniere stagionale. Marzo sarà il mese dedicato alla ristorazione imolesi, dalle osterie Slow food agli chef stellati, assando per tradizioni antiche come il fritto misto all’italiana, che mette in pastella il cardo insieme all’amaretto, i finocchi e i kiwi, i fagiolini e la crema. E resta comunque ancora il periodo in cui le verdure e le primizie si accompagnano ai prodotti del maiale, che ha vissuto a inizio d’anno il suo momento topico secondo le antiche regole della norcineria. L’appuntamento di “Con i piedi per terra” è sempre al sabato alle 12.30 e al martedì sera alle 21 su telesanterno, mentre al lunedì alle 20.30 arriviamo su Odeon tv, e ogni giorno in streaming live sul primo canale tematico agroalimentare Antenna Verde, anche sul digitale terrestre in Emilia Romagna (canale 656) e in veneto ( canale 288) Per ogni informazione il nostro portale on line: www.conipiediperterra.com

foto 1 - Le razze bovine autoctone in mostra ad Agriumbria dal 28 al 30 marzo foto 2 - la ristorazione di qualità : “sapori d’Italia” fa tappa al san domenico di Imola con gli chef Valentino Marcattili e Massimiliano Mascia foto 3 - Lom a merz, far luce a marzo, una tradizione antica che rivive nelle campagne a cura di associazioni di agricoltori come è il caso in Romagna de “ll lavoro dei contadini”

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SIGEP Il gelato in eccedenza a fine manifestazione è stato destinato a una grande operazione di beneficienza attiva fino a sabato

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Un gelato al “gusto della solidarietà”. Circa 40 volontari del Banco di Solidarietà (che fa da capofila all’iniziativa), della Papa Giovanni XXIII, dell’Opera Sant’Antonio – Mensa dei poveri si sono impegnati, ieri, a raccogliere il gelato non utilizzato nel corso del SIGEP 2014 e ad organizzarne la distribuzione a fini di beneficienza fino a sabato 25 gennaio al Centro Commerciale “I Malatesta”, in via Emilia 150, di fronte all’ingresso sud di Rimini Fiera (dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30, sabato 25 sino alle 13). Sono state raccolte 2200 vaschette sigillate da 1,5 kg l’una, cioè quasi tre tonnellate e mezza di gelato: vengono distribuite ad offerta libera e con il ricavato - il cui importo sarà reso noto al termine della raccolta – si acquisteranno alimenti di prima necessità che le stesse associazioni no profit consegneranno ai più bisognosi.

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Oltre alle decine e decine di aziende espositrici ed associazioni del SIGEP che hanno fornito la materia prima e a Rimini Fiera che ha sostenuto direttamente le spese vive dell’iniziativa, hanno aderito al progetto; il Centro commerciale “I Malatesta”, che ha concesso ospitalità ai volontari all’interno della propria struttura; Domogel e Medac che hanno donato le termo scatole per il confezionamento del gelato; Summertrade, che ha messo a disposizione le proprie attrezzature per la raccolta e lo stoccaggio del gelato; Automax, che ha fornito il camion refrigerato. www.sigep.it

Sambonet Paderno Industrie S.p.A. inaugura “Cucina & Tavola”, il primo punto vendita del Gruppo a New York. Lo store, che propone i marchi Sambonet, Rosenthal e Paderno, sorge a Williamsburg, il quartiere più creativo della Grande Mela. Sambonet Paderno Industrie S.p.A. sbarca negli Stati Uniti con il primo punto vendita diretto nel centro di Williamsburg, a un passo dall’East River, il quartiere di New York attualmente di maggior tendenza, noto per la propria atmosfera hipster e vintage, nonché cuore pulsante delle mode emergenti. In questa cornice creativa, in cui tutto è “hip”, il Gruppo propone al mercato statunitense un’offerta ampia e completa contraddistinta da design, qualità e innovazione attraverso i marchi Sambonet, leader a livello internazionale nella produzione di articoli per la tavola e la cucina, Rosenthal, il più rinomato produttore di porcellane al mondo, e Paderno, eccellenza nella produzione di pentolame professionale e utensili da cucina. Un format contemporaneo, un concept store che spicca a Williamsburg per via della sua insegna tutta italiana: “Cucina & Tavola”. Un mix di culture, di eccellenze, di design, di brand e di differenti tipologie di prodotti quali stoviglie, posate, porcellane e strumenti da cottura si uniscono per dar vita a un’unica offerta di buon gusto, da ammirare, da interpretare, da vivere. Le competenze maturate da Sambonet nella lavorazione dell’acciaio, l’eccellenza delle porcellane di Rosenthal e la qualità degli utensili firmati Paderno consentono al consumatore di trovare, in un unico spazio, un perfetto connubio tra tavola, arredo e cucina. Il visitatore può scegliere all’interno di un’ampia offerta tra servizi d’arredo per la tavola completi di piatti, posate e bicchieri passando per pezzi unici come mug in porcellana personalizzate con le opere originali di Andy Warhol o icone di design firmate Gio Ponti, fino a utensili specifici per la cucina professionale. Dal kit per la cucina asiatica ai prodotti per la pasticceria e il cake design, la ricca gamma comprende anche particolari set a tema legati alla stagionalità e alle ricorrenze newyorkesi. Accanto alle ultime novità e alle collezioni correnti, è prevista inoltre un’area dove è proposta una selezione di articoli di fine serie, per consentire così alla clientela di avere accesso al design e alla qualità dei marchi Sambonet, Rosenthal e Paderno a prezzi vantaggiosi. Allestito secondo un gusto “industrial style”, lo store di

circa 150 metri quadrati è caratterizzato da scaffalature in acciaio, pavimenti in cemento spatolato e tavoli espositivi ispirati a veri e propri “banchi da lavoro” con ripiani in legno grezzo. Un factory store moderno e contemporaneo ma anche luogo di incontro: grazie alla flessibilità dei suoi spazi “Cucina & Tavola” è infatti predisposto per ospitare piccoli eventi e showcooking di chef italiani e internazionali della Grande Mela aperti al pubblico per valorizzare la funzionalità dei prodotti e diffondere preziosi suggerimenti sulla presentazione finale delle portate. L’eccellenza di Sambonet è già ampiamente riconosciuta negli Stati Uniti tanto che alcuni oggetti icona del brand firmati da Roberto Sambonet come la “Pesciera”, la collezione “Center line” e i vassoi Elite della “Linea 50” fanno oggi parte della collezione del MoMA di New York. Precursore del design in tavola, anche Rosenthal ha conquistato notorietà capillare grazie a collaborazioni con designer di fama mondiale quali Jasper Morrison, Paul Wunderlich e Patricia Urquiola nonché artisti come Salvador Dalì e Andy Warhol. Infine, da oltre 80 anni, Paderno distribuisce i propri prodotti attraverso rivenditori specializzati in oltre 120 paesi nel mondo e si è affermato come punto di riferimento per tutti i professionisti della ristorazione. www.cucinatavola.com

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Cappadocia Un paesaggio dall’aria misteriosa, modellato dalle forze della natura e dall’azione dell’uomo. Affascinante e indimenticabile per la stessa fragilità che lo caratterizza. Renzo Angelini


È

tano la rincalzatura mentre all’ ombra delle querce si vedono le bisacce con il mangiare e le vivande. Nelle aziende più evolute vecchi trattori erpicano il terreno per prepararlo alla semina. I campi di cereali in accestimento creano contrasti cromatici con gli alberi di agrumi, albicocco e olivo. Viaggiando in queste province ci si accorge della pressione militare esistente: ogni paese, città o villaggio sembrano assediati, campi di addestramento, zone proibite presidiate da mezzi corazzati, chilometri di recinzione. Non è tanto la vicinanza con i confini a determinare questa situazione, bensì la presenza dei Curdi, con-

la fine di aprile e l’altopiano della Anatolia Centrale, alto in media dagli 800 ai 1.000 metri, si presenta come una monotona distesa di aride steppe, qua e là interrotte da massicci isolati. L’ agricoltura si sta risvegliando, dopo il riposo invernale, ed i campi brulicano di contadini, in particolare donne, intenti a trapiantare il tabacco o seminare leguminose e patate. Le piantine vengono posizionate dalle donne nei solchi e, con l’aiuto di un punteruolo di legno, affondano le radici nel terreno e poi annaffiate con un secchio rudimentale. Gli uomini con la zappa comple-

In Cappadocia si produce un vino locale, Peri Bacasi, i cui vigneti allignano sulle sabbie create dai coni di erosione.

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I monaci vivevano e lavoravano in queste rupe scavate. Per raggiungere i piani superiori usavano scale e impalcature.

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siderati una “minoranza etnica” dal governo turco, nonostante il loro numero (circa 8,5 milioni di persone) sia quasi un quarto della popolazione turca. Privati del diritto di usare la propria lingua nelle scuole, dal 1925 questo territorio è in stato di assedio, soggetto a speciali leggi di sorveglianza e di ordine pubblico. I curdi oltre ad essere privati dei loro più elementari diritti etnici e linguistici, non possono usufruire dei servizi necessari (scuole, salute pubblica, assistenza sociale): un originario del Kurdistan è trattato dal governo come una colonia, non può ottenere un posto di lavoro senza il preventivo parere della polizia politica. Il Kurdistan, immensa

regione grande quanto la Francia, si estende dal Monte Ararat fino alle pianure della Mesopotamia, dal Tauro all’ altopiano iranico, abitato in prevalenza da curdi, oggi è diviso fra quattro nazioni: Turchia, Iran, Iraq e Siria. La parte maggiore è però turca e va semplicemente sotto il nome di Anatolia del sud-est. I curdi abitavano questi luoghi da quasi 4.000 anni, sono di stirpe indoeuropea, prevalentemente di religione musulmana sunnita. Identificati come ribelli, predoni, banditi avendo una struttura sociale di tipo tribale e la loro attività economica, fin dai tempi antichi, è la pastorizia. Dediti al nomadismo, abituati a spostarsi continuamente sul

I Curdi.

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territorio, hanno sviluppato un accentuato senso di indipendenza e forte individualismo. Necessitano di spostarsi sul territorio, senza limitazioni di tipo burocratico o barriere doganali e confini. La “terra”, proprietà collettiva delle tribù, li accomuna e la sua distribuzione segue leggi molto precise, tramandate per secoli. Lungo la steppa si incontrano le tendopoli dei nomadi curdi; sono composte da larghe tende marroni di feltro sostenute da stuoie che ne delimitano le pareti ed ancorate a terra da tiranti legati a grosse pietre. Gli abiti delle donne sono sgargianti, i bambini corrono ovunque. Lungo le pendici delle montagne si vedono greggi di pecore e capre

che si spostano, donne che lavano i tappeti in riva al fiume, che vagano in cerca di legna da un accampamento all’ altro. Sulla strada famiglie intere, che si spostano con tutto il loro carico a dorso di mulo. Grossi cani protetti da un collare irto di punte, per difendersi dai lupi, corrono intorno al gregge ed alle mandrie di bestiame per mantenerle raccolte ed evitando di disperderle sull’ altopiano. Nelle pianure e nelle vallate bagnate dai fiumi, i curdi, praticano l’ agricoltura lavorando nelle piantagioni di cotone, tabacco e barbabietola da zucchero. Le loro condizioni di vita hanno subito notevoli cambiamenti negli ultimi anni, al punto che oggi sono sedentarizzati o

Lo straordinario paesaggio della Cappadocia è in parte il risultato della erosione dell’acqua, vento e sbalzi di temperatura. Le piogge e i fiumi consumavano il tufo e, come il vento, portavano via il materiale che si stacca. D’inverno gli estremi sbalzi di temperatura fanno espandere e contrarre la roccia, che si disintegra.

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dediti alla pastorizia solo parte dell’ anno. La necessità ha spinto molti ad emigrare in cerca di lavoro verso i grandi centri urbani. L’eccezionale paesaggio naturale che l’ erosione eolica e meteorica ha prodotto su un substrato di scorie vulcaniche nella zona intorno a Nevsehir, entro un anfiteatro naturale circondato da tutte le parti da maestose montagne, apre la vista sulla Cappadocia. Nell’ antica lingua persiana Cappadocia significa “terra di bellissimi cavalli” e, in epoca romana, le giumente erano talmente costose che sulla loro vendita veniva imposta una tassa speciale. Il paesaggio assume un aspetto peculiare: scelto dai monaci bizantini come loro rifugio, analogamente alle Meteore e al Monte Athos in Grecia, questi luoghi furono scavati per secoli lavorando le friabili pareti di tufo

Panoramica sui Camini delle Fate. Nei villaggi della Cappadocia le madri amano raccontare ai bambini la favola dei giganti malvagi che volevano impadronirsi del loro paese, ma che furono pietrificati grazie all’ intervento di Allah. Quelle donne, devote musulmane, spiegano così l’origine di queste formazioni rocciose tipiche del paesaggio lunare della valle di Goreme. Questi pilastri alti fino a 40 metri sono conformati a camino, a fungo (un masso di basalto che poggia su una colonna di tufo), a cono o a piramide. La geologia spiega che il territorio di questa valle, deve la sua particolare morfologia ad un vulcano ormai spento, protagonista di violentissime eruzioni che coprirono di materiale vulcanico il paesaggio circostante, in strati orizzontali di lava e cenere. La lava si raffreddò formando un solido strato di basalto nero, mentre la cenere si fuse in una friabile roccia bianca. Successivamente la zona fu soggetta a grandi precipitazioni, responsabili della nascita di numerosi corsi d’acqua che avrebbero forgiato lo straordinario paesaggio della valle. Luogo unico al mondo grazie al sorprendente connubio tra l’azione della natura e quella dell’ uomo. Qui si trovano remote testimonianze della civiltà ittita e monumenti che accertano come la Cappadocia sia passata dal dominio frigio a quello romano e bizantino, prima di cadere sotto l’egida dell’ Islam.

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La conformazione dei candidi massicci sedentari rivela chiaramente il fenomeno che li ha plasmati: è stata principalmente la pioggia a dilavare profondamente gli strati di cenere, creando torri fantastiche e rocche simili a immense colate di panna.

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Nonostante l’assetto lunare conferitogli dai camini delle fate, il suolo della Cappadocia, assai fertile, favorisce le attività agricole e la crescita di una vegetazione spontanea ricca di numerosi endemismi.

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per creare celle eremitiche, cappelle, chiese, interi conventi e villaggi offrendo unico agli amatori delle architetture spontanee e della pittura bizantina. Un paesaggio che nei secoli andrà a scomparire per lo stesso motivo della sua attuale bellezza: l’erosione. La più celebre e tipica caratteristica della zona sono dei grandi spuntoni conici di roccia, detti peri bacalari (camini delle fate), originati in tempi remoti a partire da semplici infiltrazioni d’ acqua in una superficie omogenea. All’ avan-

zare del processo si formarono delle fessurazioni che separano i coni; l’acqua lavora dove il materiale è più tenero e se lo strato superficiale è più duro lo si distinguerà dal colore più scuro: questo fa da protezione, come un cappello, al materiale tenero sottostante altrove eroso. Il vento infine lavora le superfici: questo processo impercettibile, che continua ancora oggi, mette in pericolo le strutture che l’ uomo ricavò in questi luoghi, le chiese e soprattutto i loro affreschi. Le continue

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infiltrazioni di acqua e neve, provocano l’apertura di larghe crepe e macchie di umidità, capaci di alterare per sempre disegni e colori. L’eccessivo affollamento di turisti genera problemi statici o variazioni del grado di umidità; in altri casi, secoli nei quali tali cavità erano funzionali al solo ricovero dei pastori, l’accensione dei fuochi ha comportato l’annerimento delle superfici; infine altri danni sono stati provocati dai musulmani che non tolleravano l’ immagine di Dio nelle pitture. La Cappadocia, con il suo paesaggio austero e severo attirò gli anacoreti che cercavano la solitudine e l’isolamento, fin dalla prima

diffusione del Cristianesimo in Asia Minore. Le prime invasioni arabe, avvenute nel VII secolo, spinsero gli anacoreti a raggrupparsi in comunità, in modo da affrontare il pericolo con maggiore forza. In questa regione, dotata di una particolare configurazione geologica, bastò scavare nel soffice tufo per ricavare celle e monasteri. La maggior parte di questi ambienti sotterranei vennero consacrati alle pratiche religiose, con numerose chiese e cappelle le cui pareti vennero rivestite di dipinti; decorazioni a motivi geometrici e di affreschi illustranti scene della Bibbia. Le pitture eseguite nei primi secoli di vita delle

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Campagna finanziata con l’aiuto dell’Unione europea.

civiltà monastiche, in corrispondenza del periodo della lotta iconoclasta, hanno un carattere puramente ornamentale, in quanto gli artisti rivestono archi e colonne dei santuari con decorazioni lineari e disegni geometrici. Successivamente le pitture assumono un carattere iconografico, con cicli di affreschi raffiguranti la vita di Cristo e dei Santi, o soggetti simbolici. Il valore artistico di questi affreschi non è molto elevato ma hanno una importanza storica fondamentale, essendo l’unico ciclo iconografico completo di questo periodo, che testimonia la precoce fioritura dell’ arte monastica nell’ Asia Minore ed ebbe un notevole influsso sullo sviluppo della iconografia cristiana medievale. Il complesso delle chiese rupestri di Goreme è quello più facilmente accessibile ed uno dei più in-

teressanti della regione. Si deve la sua origine a San Basilio, vescovo di Cesarea, l’attuale Kayseri, che considerava preferibile una comunità di piccole dimensioni rispetto a insediamenti più vasti o al sistema delle celle eremitiche isolate. Le oltre trenta chiese della valle, risalenti dal IX secolo in poi, sono state costruite nel friabile tufo vulcanico. L’UNESCO ha dichiarato la Valle di Goreme Patrimonio mondiale dell’ Umanità.

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Renzo Angelini Direttore Editoriale


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BASTA CON LE FRODI ALIMENTARI! DIFENDIAMO IL BIOLOGICO ITALIANO DAL FALSO BIOLOGICO PROVENIENTE DALLE IMPORTAZIONI A seguito dell’ennesima frode alimentare riscontrata sul territorio marchigiano, Francesco Torriani, presidente AMAB e Consorzio Marche Biologiche, fa alcune considerazioni sulle filiere produttive locali e definisce la strada per arginare il fenomeno delle truffe in nome del biologico

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“Apprendiamo dalla lettura dei siti di una nuova frode alimentare che coinvolge la commercializzazione di materie prime biologiche. Come produttori biologici italiani siamo ormai stanchi di subire la concorrenza sleale di imprenditori, sarebbe meglio chiamare faccendieri fraudolenti senza scrupoli, che pur di lucrare, magari con la compiacenza di qualche organismo di controllo, importano da Paesi Terzi prodotti convenzionali, destinati al mercato zootecnico ed in alcuni casi anche a quello dell’alimentazione umana, che poi vengono venduti come provenienti da agricoltura biologica. Gli agricoltori biologici italiani, insieme ai consumatori, sono le prime vittime di questa frode intollerabile. E’ sempre più evidente che per garantire la veridicità delle produzioni biologiche occorre sviluppare sempre più le sinergie possibili tra “metodo produttivo” e “filiere produttive locali”, esclusivamente dedicate al metodo biologico, come già si sta facendo da alcuni anni in diverse realtà produttive a partire da quelle operanti nella Regione Marche. Tali esperienze di filiera biologica vanno promosse e incentivate nell’ambito dei nuovi Piani di Sviluppo Rurale al fine di favorire la conversione delle aziende agricole italiane al metodo biologico e quindi rispondere adeguatamente alla crescente domanda di materia prima biologica. E’ manifesto, inoltre, che anche il sistema di controllo e certificazione previsto per le importazione dai paesi terzi vada celermente rivisto rendendolo più rigido, prevedendo anche una valutazione preventiva del rischio frode, in quanto non sono più tollerabili truffe alimentari di tale entità. Ovviamente attendiamo di avere maggiori informazioni sull’accaduto, ma da subito esprimiamo solidarietà e sostegno alla Procura di Pesaro e alle Forze dell’Ordine impegnate nell’operazione”. Francesco Torriani (Presidente AMAB e Consorzio Marche Biologiche)

Con Marche Bio – Consorzio Marche Biologiche IL CONSORZIO MARCHE BIOLOGICHE SOSTIENE IL BIOLOGICO MARCHIGIANO E VALORIZZA I PROTAGONISTI DELLA FILIERA BIOLOGICA REGIONALE Dal 2010 un supporto concreto fatto di assistenza, formazione e promozione agli oltre trecento produttori e cinque cooperative agrobiologiche associate Cresce e si diffonde cospicuamente l’agricoltura biologica nelle Marche: da produzione di nicchia si conferma settore trainante dell’agricoltura regionale. Con 52.000 ettari circa di SAU (pari all’11% della superficie agricola utilizzata) e oltre 2.000 aziende agricole coinvolte, è evidente il ruolo fondamentale del settore primario nella tutela del territorio, dell’ambiente e nella preservazione del paesaggio rurale tipico marchigiano. Anche al di fuori del contesto regionale continua a registrarsi l’espansione inarrestabile della domanda di prodotti biologici, sia a livello nazionale che mondiale. Nel primo semestre del 2013, infatti, gli acquisti domestici di biologico confezionato sono aumentati dell’8,8% in valore, nonostante una flessione del 3,7% della spesa nel settore agroalimentare. Questo avviene anche all’estero, con percentuali maggiormente significative. Alla luce di questo scenario è sorto il Consorzio Marche Biologiche (www.conmarchebio.it) riunendo in un’unica filiera gli agricoltori biologici della Regione. Con Marche Bio - promosso da Gino Girolomoni Cooperativa, Italcer, La Terra e il Cielo Cooperativa, Montebello Cooperativa e Terra Bio - progetta e realizza nuove strategie comuni per rafforzare il biologico marchigiano, favorendo il miglioramento della qualità gestionale delle aziende agricole attraverso azioni specifiche come: l’informazione agli operatori della filiera, la promozione, lo sviluppo di nuovi prodotti, l’assistenza agli agricoltori per la partecipazione al sistema di controllo e certificazione, nuovi investimenti strutturali e tecnologici. www.conmarchebio.it



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