Karpòs - n. 9 Novembre - 2014

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Karpos

Karpòs alimentazione e stili di vita

Anno III - N° 9 Novembre 2014

Poste Italiane spa Sped. in A.P.-D.L. 353/2003 (convertito in L. 27/2/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 - Cesenatico

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Mele in Italia Frutta secca Chad Piennolo del Vesuvio Formaggi d’Italia L’uomo e la terra

VAN GOGH E LA TERRA



EDITORIALE

Van Gogh e la terra

Renzo Angelini Direttore editoriale

Ho visitato la mostra di Van Gogh a Milano. È difficile descrivere l’effetto delle sue opere dal vivo. I suoi colori sembrano vivi, in movimento, in procinto di uscire dalla tela. Ma più di ogni altra cosa mi ha colpito la sua volontà di dare bellezza a chi viveva e lavorava a stretto contatto con la terra. E questo mi ha fatto capire che, malgrado le polemiche che conosciamo tutti, Milano Expo 2015 sta partendo con il piede giusto. Il tema centrale della grande manifestazione sarà “Nutrire il Pianeta”. Ma reputo una buona mossa aver anticipato l’evento allargando la sua significazione ad aspetti di soliti trascurati e forse insoliti per il settore. Per rimanere coerente con l’inizio dell’editoriale, voglio sottolineare che la mostra esemplare di Van Gogh sta comunicando in modo emozionale che, oltre al resto, il lavoro della terra è arte, forma di cultura e bellezza. Io credo che questo messaggio sia importante per tutti, sia per chi la lavora e sia per chi fruisce dei suoi Karpòs (i suoi buoni frutti). A questo punto, mi piace ricordarvi che Karpòs magazine dice e fa circolare da sempre lo stesso messaggio: ovvero che l’agricoltura è certo innovazione, efficienza, economia... Ma deve essere anche bellezza. Senza bellezza la terra perderebbe il suo lato umano. Rimarrebbe solo risorsa da sfruttare o ricettacolo di pratiche fini a se stesse. Non è così, la vita comincia con la terra e a contatto con essa l’uomo ha sviluppato al meglio i suoi talenti. La tecnologia, il miglioramento delle tecniche produttive,

lo stile di vita, la tutela del territorio. Come abbiamo fatto nel numero scorso con la mostra di Segantini, altro grande poeta/pittore della terra, noi di Karpòs cercheremo di trasformare l’elogio della bellezza del mondo dell’agricoltura, implicito nelle scelte dei curatori delle mostre milanesi, in un’occasione di Bella Comunicazione. In altre parole, vanno bene gli appelli alla bellezza artistica, ma questo messaggio deve essere raccolto da riviste e media e tradotto in bella comunicazione. Cosa intendiamo noi per Bella Comunicazione? Noi non pensiamo alla bellezza patinata e tutta di superficie, non pensiamo solo a belle immagini d’accompagnamento agli articoli. La bella comunicazione comincia nei contenuti, nelle idee, nella scelta di immagini che possano raccontare qualcosa in più delle parole; la bella comunicazione per l’agricoltura significa rispetto per la scienza, significa presentare le innovazioni tecnologiche magnificandone forme e potenzialità, significa salute, alimentazione. L’integrazione di tutto ciò e, in aggiunta, l’attenzione rivolta al lettore, può trasformare la Bella Comunicazione, da seducente parola a consistente e strategico concetto per una nuova editoria. Noi abbiamo pensato che l’agricoltura avesse bisogno di uno strumento che riflettesse le priorità che ho elencato ed è nato Karpòs magazine. Ma io credo che tutta l’editoria se vuole superare presto la crisi debba riflettere su cosa significhi Bella Comunicazione.

03 EDITORIALE RENZO ANGELINI


Karpòs Magazine NOVEMBRE 2014

Direttore editoriale Renzo Angelini

03 Van Gogh e la terra Renzo Angelini

Direttore responsabile Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012 variazione in corso di registrazione Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) CF 04008690408 - REA 325872

34 FRUTTA SECCA A GUSCIO Giovanni Ballarini

Grafica Francesca Flavia Fontana Giulia Giordani giulia.giordani@karposconsulting.net Raccolta pubblicitaria Per contatti cell 335 6355354 pubblicita@karposmagazine.net Stampa Centro Stampa Digitalprint Srl Via A. Novella, 15 47922 Viserba di Rimini (RN) Tel. 0541 - 742974 / 742497 e-mail: info@digitalprintrimini.com

90 POMODORINO DEL PIENNOLO DEL VESUVIO R.Caiazzo, N.D’Agostino, P.Spigno, R.Riccardi, M.Parisi

126

Van gogh: l’uomo e la terra Lamberto Cantoni

Distribuzione in abbonamento: on line tramite carta di credito, bonifico bancario, cartolina postale (scaricabile del sito www.karposmagazine.net cliccando su contatti) oppure chiamare il numero +39 347 4389829

10 MELE IN ITALIA Mauro Bergamaschi, Gianluca Baruzzi

60 CHAD Maurizio Levi

108 FORMAGGI d’italia Giovanni Ballarini


CALEIDOSCOPI

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VALVENOSTA

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VALVENOSTA BIO MASCIARELLI

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VENISSA

ASTORIA MERLOT DOC

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AGRIFOOD

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NUCIS

STUFFER

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NAONIS SPUMANTE

VALVENOSTA QR CODE

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saclà

rigoni asiago

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nostromo

fraccaro panettone

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fraccaro caffè

bastardo di burlina

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bauli

Per le fotografie: pag. 24-25 Pietro Rega pag.42-43-44-45-46-49-50-51-52 New Factor pag. 48 Consorzio Marroni Monfenera e Combai pag.60-80 Maurizio Levi pag.90-91-93 az. agr. Casa Barone. pag.92-94-95-96-97-98-99 Regione Campania (Antonino Di Gennaro) Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini In copertina:

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università di pisa Giordano vini marmomacc perenzin LATTERIA VALVENOSTA GALA cso kiwi minicrociera

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rizzoli

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CALEIDOSCOPIO

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VAL VENOSTA VENDITA Stagione regolare e buona qualità.

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“La raccolta sta procedendo regolarmente – spiega Fabio Zanesco, Responsabile Commerciale VI.P - con la varietà Gala, la prima ad essere raccolta, che ormai é terminata in questi giorni, con volumi in linea con le aspettative. I frutti si presentano di calibro medio e di ottima qualità, con una colorazione accesa e un buon tenore zuccherino. Le vendite sono partite positivamente, con buona richiesta da tutti i mercati principali, oggi ci occupiamo solo della commercializzazione della Gala, con cui siamo partiti nell’ultima settimana di agosto. Per le altre varietà la raccolta è iniziata con circa 12 giorni di anticipo come previsto – prosegue Zanesco – verso la fine del mese inizierà la lavorazione e la commercializzazione della varietà Red Delicious, dalla quale ci aspettiamo un’ottima produzione, poi sarà la volta della Golden Delicious. Per queste due varietà i calibri saranno medio-grandi, quindi saremo in grado di gestire i volumi di fornitura necessari a tutti i nostri mercati abituali. L’Italia si conferma anche quest’anno come mercato principale (ca. 55% del totale venduto), ma VI.P. resta presente in ben 46 mercati diversi (tra i principali

Germania, Paesi Scandinavi, Penisola Iberica, Nord Africa e Medio Oriente) con continuitá di prodotto e servizio durante tutto l`anno”. Chi è VI.P. VI.P, l’Associazione delle Cooperative Ortofrutticole della Val Venosta, nasce ufficialmente nel 1990 e vede riunite 7 cooperative e 1.750 produttori ortofrutticoli, che coltivano ad un’altitudine compresa tra i 500 e i 1.000 metri sul livello del mare. La Val Venosta è una zona di produzione con vantaggi climatici che sono ideali per la coltivazione di mele di altissima qualità. Natura incontaminata, conformazione geologica, posizione privilegiata e speciale microclima sono fattori che da sempre contribuiscono ad una produzione di mele di altissima qualità, dalla polpa soda e particolarmente croccante, che ancora dopo mesi dalla raccolta mantengono il sapore della frutta appena colta. Ciò è possibile attraverso metodi di coltivazione rispettosi dell’ambiente come il sistema di lotta integrata, metodo di produzione che permette la coltivazione di frutta di qualità nel rispetto della salute umana e l’ambiente utilizzando al minimo l’uso di fitofarmaci chimici. Il 93% delle quantità di mele prodotte nella Val Venosta sono raccolte secondo le direttive della lotta integrata mentre il restante 7% sono mele di produzione biologica. www.vip.coop.it


BIO Val Venosta Raccolta 2014: quantità in aumento, buona qualità. “Bio Val Venosta – spiega Gerhard Eberhöfer, responsabile delle vendite del prodotto Bio si afferma tra i primi posti in Italia e in Europa come produttore di mele biologiche, sia in termini quantitativi che qualitativi. In grado di garantire ai propri clienti uno standard unico in termini di rintracciabilità, certezza della provenienza e sicurezza, Bio Val Venosta è in grado di coprire la richiesta garantendo il prodotto disponibile 12 mesi all’anno. Il Macfrut, concluso da pochi giorni, ha rappresentato una vetrina d’eccellenza, ideale per la commercializzazione della nuova raccolta che è partita da circa una quindicina di giorni con la varietà Gala. Anche per il biologico il Macfrut è stato un importante punto d’incontro con i responsabili d’acquisto della GDO italiana, in quanto la maggior parte delle mele Bio Val Venosta in Italia vengono commercializzate tramite il canale di distribuzione moderno. Le prime stime mostrano un raccolto Bio sui livelli della passata stagione con un calibro medio-piccolo, ideale per il mercato del biologico. La grandine non ha causato danni e la qualità dei frutti si presenta molto buona: in modo particolare – conclude Eberhöfer - il colore delle mele rosse è ottimo anche grazie ai perfetti sbalzi termici tra il giorno e la notte che hanno contribuito a portare a compimento la maturazione nel modo ideale”.

Gerhard Eberhîfer, responsabile vendite Bio

Sono ben 13 le varietà di mele BIO Val Venosta che si possono fregiare della preziosa denominazione “Mela Alto Adige IGP”, ovvero l’Indicazione Geografica Protetta, a garanzia di sicurezza e genuinità. La coltivazione delle mele Bio segue un metodo di produzione naturale: la “produzione biologica”. Vengono infatti utilizzate solo tecniche naturali di coltivazione, per offrire mele sane, ricche di macronutrienti e prive di residui. L’uso di soli fertilizzanti organici e metodi di gestione del suolo a basso impatto ambientale, garantisce una produzione sostenibile ed ecocompatibile. La produzione dei soci che si dedicano al biologico viene sottoposta periodicamente a severi controlli, atti a definirne il profilo qualitativo: i produttori biologici della Val Venosta non solo rispettano le direttive europee ma si attengono anche alle direttive molto più severe delle associazioni Bioland o Demeter. www.vip.coop.it

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MELE IN ITALIA Mauro Bergamaschi, Gianluca Baruzzi

Agricoltura oggi

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MELE IN ITALIA L’Italia è uno dei grandi produttori mondiali di mele distinguendosi per qualità, salubrità e bellezza dei territori di coltivazione. In Alto Adige si concentra quasi il 50% della produzione italiana, in Trentino oltre il 20%, seguono Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Campania e Lombardia.

Mauro Bergamaschi, Gianluca Baruzzi


Meleti in Val Venosta

12 MELE IN ITALIA Mauro Bergamaschi, Gianluca Baruzzi


SVILUPPO DELLA MELICOLTURA IN ITALIA In Italia fino a tutto il secolo IX la melicoltura, come tutta la frutticoltura, ha rivestito poca importanza al di fuori di un contesto locale; prevalentemente di carattere collinare, la produzione risultava molto marginale, basata su criteri e tecniche antiquate, tanto da ridursi spesso più che ad una coltivazione quasi ad una raccolta di frutti spontanei. La diffusione dei meli era comunque molto estesa, e ne è testimonianza la frequenza con cui si riscontra in Italia il toponimo “Meleto”, o il fatto che non vi sia praticamente zona d’Italia che non possa vantare la presenza di qualche

Il melo è stato probabilmente il primo albero da frutto ad essere coltivato dall’uomo e, fra la frutta non di origine tropicale, è la specie più diffusa nel mondo. Coltivato in tutte le zone temperate del pianeta, la produzione mondiale è in crescita costante. Il Paese principale produttore è la Cina, con quasi il 50% della intera produzione melicola mondiale. L’Italia ha sempre mantenuto un ruolo molto importante, risultando fra i primi produttori al mondo, con rese unitarie fra le più elevate: oltre il doppio della media mondiale. In Europa, solo la Polonia produce quantitativi di mele superiori a quelli italiani, ma con qualità sensibilmente inferiore.

13 MELE IN ITALIA Mauro Bergamaschi, Gianluca Baruzzi


che ha portato ad una forte riduzione della produzione di mele “di pianura”. Contemporaneamente si sono sviluppate nuove zone di coltivazione montane, in particolare il Trentino-Alto Adige ha avuto un forte incremento conquistando consistenti spazi di mercato. L’evoluzione della melicoltura è stata favorita da miglioramenti della tecnica agronomica. L’introduzione di portinnesti nanificanti in grado di ridurre la vigoria della pianta ha rivoluzionato la tecnica colturale, con la conseguenza che da poche decine di piante ad ettaro di metà del ‘900, oggi si arriva ad una densità di alcune migliaia di alberi. Il melo ha saputo anche integrarsi ed interagire con l’ambiente, incidendo marcatamente nel paesaggio agrario italiano. La visione della Val di Non (o della Val Venosta, o di altre splendide vallate alpine) nel periodo di fioritura delle mele, resta uno spettacolo indimenticabile.

varietà autoctona. Sono inoltre numerose decine le varietà di mele comprese nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali (curato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali), coprendo ogni area del Paese. Per una melicoltura più avanzata si è dovuto attendere l’inizio del XX secolo, quando si è assistito allo sviluppo di una melicoltura “specializzata”, che si è estesa inizialmente nelle zone di pianura dell’Emilia-Romagna e del Veneto, e che in breve ha avuto un rapido sviluppo: in pochi anni, dall’immediato dopoguerra fino ai primi anni ‘60, la produzione, da poco più di 500.000 t, è infatti più che quadruplicata. Nei primi anni ’60 le produzioni della pianura padano-veneta rappresentavano oltre il 60% di quella nazionale. Da quegli anni è però iniziato in queste regioni un costante e continuo ridimensionamento

Castel Juval in Val Venosta, residenza estiva di Reinhold Messner, custodisce una collezione di arte tibetana

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Castel Juval

Castel Tirolo, sede del museo storico-culturale dell’Alto Adige

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Meleti in Val di Non

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EVOLUZIONE VARIETALE, VALORIZZAZIONE La mutazione geografica delle zone di produzione ha portato significativi cambiamenti dello standard varietale. Golden Delicious, molto coltivata in montagna dove si avvantaggia delle più fresche condizioni climatiche, è la varietà dominante mentre lentamente, ma inesorabilmente, è iniziato il declino dei due più importanti gruppi di varietà di pianura: Imperatore-Rome Beauty e Red Delicious. Accanto a Golden Delicious, Red Delicious e Imperatore, che hanno per un lungo perio-

do rappresentato oltre i tre quarti dell’intera produzione nazionale, negli ultimi anni sono emerse nuove varietà che stanno rinnovando la moderna melicoltura a livello mondiale. Attualmente, infatti, quasi un terzo della produzione è ottenuta da varietà (o, meglio, gruppi varietali, in quanto le originali varietà sono state affiancate da nuovi cloni che solitamente ne conservano le qualità organolettiche migliorandone alcune caratteristiche legate spesso all’aspetto) comparse nel panorama varietale da meno di 25 anni: Gala, Fuji, Braeburn e, più recentemente, Pink Lady.

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Pink Lady

Golden Delicious

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La qualità dei frutti risulta fortemente influenzata dall’ambiente di coltivazione, e si è cercato con opportune azioni di promozione di sottolineare i benefici che gli ambienti di coltivazione più vocati apportano alla mela. Oggi si è tutti d’accordo che la collina e la montagna ne esaltano le qualità: le mele prodotte in queste zone risultano generalmente più consistenti, più colorate, più conservabili rispetto a quelle di pianura. Oltre che ad avvalersi di condizioni ambientali

particolarmente favorevoli, la produzione “di montagna” è stata opportunamente valorizzata con l’adozione di un’attenta e aggressiva politica di marchi commerciali (Melinda, Marlene, Melavì, Val Venosta, La Trentina….). Oggi circa l’80% dell’intera produzione nazionale proviene da aree di collina e montagna alpine. L’ambiente non influisce solo sulla qualità, ma è in grado anche di apportare un valore aggiunto dovuto al legame tradizionale col territorio.

Maturazione e arrossamento a terra dell’Annurca nei “melai”

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mele nel

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ferrarese

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ZONE DI DIFFUSIONE I luoghi di produzione più importanti sono estesi lungo il versante meridionale di tutta la catena alpina. Quasi il 50% delle mele italiane viene prodotto in Alto Adige, “il più grande meleto d’Europa” (Bassa Tesina, Val Venosta, Valle Isarco). L’insolazione giornaliera, i valori di temperatura, le forti escursioni termiche notte/giorno, la piovosità assicurano condizioni ottimali per la coltivazione del melo. Le varietà più coltivate risultano Golden Delicious, Gala e Red Delicious. In Trentino si produce oltre il 20% delle mele italiane. La coltivazione è concentrata in Val di Non, Val di Sole, Valsugana, ma anche nel fondovalle lungo il corso dell’Adige, in Vallagarina.

L’influenza dell’ambiente di coltivazione sulla qualità dei frutti, ed il legame con una determinata area geografica viene sottolineato dal riconoscimento e tutela dell’origine da parte dell’Unione Europea. Viene così tutelata e valorizzata con l’IGP (Indicazione Geografica Protetta) la “Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel” dal 2005, la “Melannurca campana” dal 2006, la “Mela di Valtellina” dal 2010, e la “Mela Rossa Cuneo” dal 2013. La “Mela Val di Non” ha ricevuto nel 2003, unica in Italia, il riconoscimento DOP (Denominazione di Origine Protetta), che ancor più dell’IGP ne sottolinea gli stretti legami storici con il territorio.

Castel Thun in Val di Non

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Meleti in Val di Non

Modì ®

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Fioritura del melo nel Cuneese e vista del Monviso

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Golden Delicious anche in queste zone è la varietà più coltivata, ma occorre anche ricordare il ruolo di Renetta del Canada, varietà piuttosto antica e coltivata in Val di Non da oltre due secoli, legata strettamente al famoso “strudel”. Altre importanti zone di coltivazione risultano essere il Piemonte (6-7% della produzione nazionale), in particolare nel Cuneese, Saluzzese, Monregalese, in provincia di Cuneo, e nel Pinerolese in provincia di Torino, dove

in particolare si coltivano le mele rosse, del gruppo Delicious, seguite dai cloni di Gala e Fuji. La pianura padano-veneta sta cercando di frenare il declino con l’introduzione di nuove varietà adatte a questi ambienti: Fuji, Pink Lady, Gala esprimono infatti una buona qualità e un’ottima produttività anche negli ambienti caldi di pianura. Complessivamente l’Emilia-Romagna ed il Veneto contribuiscono oggi al 13-14% della produzione nazionale.

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la Cina è il principale produttore di mele con quasi il 50% della produzione mondiale

melicoltura in ambienti vocati meridionali, si ricorda infine la Val d’Agri in Basilicata.

Nel Nord Italia, si segnalano ancora i meleti della Lombardia (Valtellina), ed il Friuli Venezia Giulia, in cui è stato avviato una richiesta di certificazione DOP della Mela friulana. L’unica significativa presenza della melicoltura al Sud è rappresentata dalla Campania (3%), dove la mela Annurca rappresenta il prodotto di maggior riferimento. Conosciuta ed apprezzata, anche per le sue antiche origini (sembra vantare almeno due millenni di coltivazione nella zona), ma soprattutto per l’elaborata tecnica colturale che prevede la maturazione e l’arrossamento a terra dei frutti nei “melai”. Fra i tentativi di diffusione della

Mauro Bergamaschi Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura Unità di Ricerca per la Frutticoltura Forlì (CRA-FRF) Gianluca Baruzzi Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura Unità di Ricerca per la Frutticoltura Forlì (CRA-FRF)

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La “prima� di Adama a Interpoma.

Ha inizio una grande stagione.

Bolzano 20-22 novembre

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CALEIDOSCOPIO

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RICONOSCIMENTI ALL’ECCELLENZA MASCIARELLI La Cantina Masciarelli riceve Tre Stelle, massimo riconoscimento della Guida Essenziale ai Vini d’Italia 2015 di Daniele Cernilli

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• Il Montepulciano d’Abruzzo Marina Cvetic 2011 conquista i Tre Bicchieri della Guida Vini d’Italia 2015 del GAMBERO ROSSO • Il Trebbiano Riserva Marina Cvetic 2012 e il Montepulciano d’Abruzzo Villa Gemma Rosso 2008 si aggiudicano i 5 GRAPPOLI della Guida Bibenda 2015 – FIS • Il Villa Gemma Rosso 2008 ha ottenuto anche il massimo riconoscimento da VITAE, la 1° edizione della Guida ai Vini d’Italia 2015 – AIS, e 95 punti dalla Guida Essenziale ai Vini d’Italia di Daniele Cernilli • Il Trebbiano d’Abruzzo Gianni Masciarelli 2013 è stato premiato con la CORONA dalla Guida Vinibuoni d’Italia 2015 - TCI

L’Azienda MASCIARELLI Tenute Agricole, nata nel 1979 dall’intuito imprenditoriale di Gianni Masciarelli, figura simbolo del panorama enologico italiano e protagonista dell’affermazione della vitivinicultura abruzzese moderna, si è affermata, nello spazio di appena un trentennio, tra le realtà di maggiore spicco e prestigio nel panorama vitivinicolo italiano, e non solo. L’Azienda, condotta dal 2008 da Marina Cvetic Masciarelli, moglie di Gianni, ha sede a San Martino sulla Marrucina (CH) e conta circa 350 ettari di terreni coltivati a vigneto articolati su 14 comuni nelle 4 province abruzzesi. Produce oltre 2 milioni di bottiglie l’anno. Alla produzione vinicola si affianca anche quella di olio extravergine di oliva. Un costante e rinnovato lavoro, quello dell’Azienda Masciarelli, all’insegna della modernità, del rispetto per l’ambiente e senza mai dimenticare l’importanza della tradizione. Emblematica in questo senso www.masciarelli.it

Il Montepulciano d’Abruzzo San Martino Rosso è diventato negli anni l’etichetta simbolo della linea Marina Cvetic, contribuendo enormemente alla conoscenza del vitigno all’estero. E’ frutto dell’accurata selezione delle uve Montepulciano provenienti dai più pregiati vigneti Masciarelli di San Martino Sulla Marrucina. Il Villa Gemma Rosso è il vino simbolo dell’azienda e della vocazione vitivinicola dell’Abruzzo, affermatosi negli anni come uno dei grandi rossi italiani. Nato nel 1984 da una selezione accuratissima delle migliori uve Montepulciano del cru “Cave” a San Martino, è dotato di una forte carica espressiva e di straordinaria capacità d’invecchiamento. Il Trebbiano Riserva Marina Cvetic è il vino che ha reinterpretato in modo unico il Trebbiano d’Abruzzo: sinuoso e di grande impatto all’olfatto. Al suo primo anno di commercializzazione, il Trebbiano d’Abruzzo Gianni Masciarelli 2013 si distingue per finezza ed equilibrio. Marina Cvetic con bottiglia Villa Gemma


STUDIO FABBRO 01-2014

I GRANDI VINI NASCONO DA BARBATELLE E CLONI DI QUALITÀ

Per i grandi vini, i Vivai Cooperativi Rauscedo producono ogni anno oltre 60 milioni di barbatelle innestate utilizzando ben 295 varietà, 625 cloni e 18 diversi portinnesti per un totale di oltre 4.000 combinazioni. Un patrimonio unico per i viticoltori di tutto il mondo. Vivai Cooperativi Rauscedo: il numero 1 al mondo del vivaismo viticolo.

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CALEIDOSCOPIO VENISSA 2011 ROSSO

CALEIDOSCOPIO

Analisi ensoriale Il vino, di colore rosso intenso con sfumature tendenti al viola, ore note olfattive di ori di barena, aancate da senzazioni fruttate che richiamano frutti a bacca nera - come la mora e il mirtillo -, e da espressioni più complesse di tabacco con note salmastre. Al tatto, la percezione retro-nasale è balsamica e salina. Torna poi il frutto nero, associato a note di liquirizia e di cioccolato fondente. In chiusura, il vino è morbido e cremoso, e la persistenza è lunga.

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www.venissa.it

Nellideazione di Gioanni Moretti, l’etichetta cede il posto ad una preziosa foglia di rame realizzata dall’attuale discendente dell’antica famiglia Berta Battiloro. L’applicazione è stata eseguita a mano e la bottiglia poi messa a ricottura nei forni della vetreria Carlo Moretti a Murano.

Area di Produzione: Venezia, Isola della Venezia Nativa Superficie: 2,85 Ha Vitigni: Merlot 82% e Cabernet (Carmenère) 18% Esposizione del vigneto: est-ovest, pianeggiante Altimetria del vigneto: 3 m s.l.m. Tipo di Suolo: lagunare, limoso-sabbioso, leggermente calcareo Sistema di allevamento: Guyot Densità di piante per Ha: 3300 Produzione per pianta: 0,90 Kg Epoca di raccolta delle uve: seconda decade di Settembre Fermentazione: in acciaio Temperatura di fermentazione: 25° C. Durata del processo di macerazione: 24 giorni Operazioni durante la macerazione: follature manuali Lieviti: selezionati Affinamento: 12 mesi in barriques di rovere francese di primo e secondo passaggio Filtrazione: 3 micron Estratto secco: 28 grammi per litro Numero di bottiglie prodotte: 4476 da 0,5 l, 188 magnum, 88 jeroboam e 36 imperiali



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“IL PURO”: ASTORIA CREA IL MERLOT DOC

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Nei terreni ciottolosi e sassosi dell’entroterra del Veneto orientale, soprattutto lungo il corso del fiume Piave, le viti di Merlot hanno trovato nei secoli un terreno ideale dove esprimersi. Lo prova anche il Merlot “Il Puro” di Astoria, di “pure” uve Merlot. Una caratteristica che fa di questo rosso un vino morbido ma intenso, riconoscibile dal colore scuro con sfumature violacee, dal profumo di spezie e frutti rossi. Come bottiglia è stata scelta una bordolese imperiale bassa di colore nero che da già l’idea della struttura solida e corposa del suo contenuto. Disponibile nei migliori ristoranti, wine bar ed enoteche. Prezzo a partire da 9 euro. TECNOLOGIA Vinificazione in rosso, tradizionale, con macerazione prolungata a temperatura di 26/28° C per estrarre sostanza colorante e tannino necessari ad affrontare i tre mesi di maturazione, in botte da 30 hl, con esaurimento della fermentazione malolattica. Imbottigliamento con filtrazione leggera e affinamento in bottiglia per diversi mesi. CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE Colore: rosso rubino molto intenso con sfumature violacee. Odore: intenso, tipico, con ricordo di frutta a bacca rossa e spezie. Sapore: pieno, corposo, morbido, di grande intensità e struttura. CARATTERISTICHE CHIMICHE Alcool effettivo, % vol. 12.50 – 13.50 Zuccheri, g/l 5.50 – 6.50 Acidità totale, g/l 4.50 – 5.50 TEMPERATURA DI SERVIZIO 16 - 18° C, stappando la bottiglia poco prima. MODALITÀ DI CONSERVAZIONE Conservare in luogo fresco, asciutto ed al riparo da fonti di luce e calore. www.astoria.it


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CALEIDOSCOPIO

Porta in tavola il Minestrone: la qualità Agrifood – Covalpa oggi è pronta in soli 20 minuti!

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FRUTTA SECCA A GUSCIO

FRUTTA SECCA A GUSCIO Giovanni Ballarini

AGRICOLTURA OGGI

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La frutta secca, consumata nelle giuste quantità e preferibilmente non a fine pasto, è una sana abitudine alimentare quotidiana per fornire all’organismo proteine, vitamine, sali minerali, grassi essenziali, fibre e zuccheri. Riduce il rischio di malattie cardio vascolari e coronariche, abbassa i livelli di colesterolo cattivo (LDL) e favorisce l’aumento di quello buono (HDL). Giovanni Ballarini


Frutta secca cibo naturale Da tempo immemorabile l’uomo e le specie che l’hanno preceduto si sono nutriti di frutta secca a guscio e in particolare noci, nocciole, mandorle, pistacchi, anacardi e castagne. Albero del pane era detto il castagno e pane d’albero le tante preparazioni ottenute con la farina di castagna. Oltre l’uomo, vi sono molti animali come gli scoiattoli e le ghiandaie che si nutrono di questi frutti o di tipo similare, con complessi e raffinati comportamenti di conservazione. Questi animali, per sopravvivere a inverni rigidi e spesso nevosi, durante l’autunno, raccolgono nocciole e altra frutta secca che nascondono in cavità dei tronchi d’albero o in buche nel terreno, che poi ricoprono. Ciascun animale crea alcune centinaia di rifugi per il cibo, che recupera usando i

segnali olfattivi che lascia in prossimità di queste piccole dispense di cibo. Lo scoiattolo grigio, per questo, possiede un’eccellente memoria spaziale e se capita che alcuni di questi sono dimenticati dall’animale, permette ai semi di germogliare e in questo modo contribuisce al rimboschimento delle aree in cui vive. Allo stesso modo opera la ghiandaia, un uccello che raccoglie il suo cibo di noci, nocciole e altre bacche e lo nasconde nel terreno, nei buchi degli alberi e nei ceppi, per poi andare a recuperarlo in un secondo momento. Quest’uccello riesce a trasportare nella gola fino a 9 ghiande e 90 pinoli ed è dotato di una spiccata memoria visiva che gli permette di recuperare il cibo nascosto nel terreno anche dopo molto tempo e se coperto di neve.

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Coltivazione di noce in Cile

37 FRUTTA SECCA A GUSCIO Giovanni Ballarini


Frutta secca cibo culturale Già nell’Antico Egitto noci e mandorle fanno parte delle mense dei Faraoni e dei ricchi ed è attraverso il loro costume alimentare che questi frutti arrivano alla civiltà greca e romana. Nei banchetti dell’antichità la frutta secca fa parte della secunda mensa, quando i greci cambiano il piano del tavolo prima di servirla, e i romani sostituiscono la tovaglia. Nella Roma antica è un rito spargere noci sul pavimento della casa del futuro marito in occasione delle nozze. Ancor oggi vi è il proverbio “pane e noci mangiar da sposi”. Anche in epoca cristiana la frutta secca continua ad avere valori mistici e simbolici e Rabano Mauro, benedet-

tino tedesco dell’ IX secolo, sottolinea che questi frutti sono contraddistinti da un guscio duro e di un interno gustoso e gli alberi che li producono rappresentano la Chiesa che riunisce gli uomini santi come la pianta è carica di frutti gustosi. Inoltre, le fasi che scandiscono la generazione di questi frutti rimandano all’incarnazione di Cristo e al mistero della Trinità. Per questo, negli inventari stagionali la frutta secca invernale compare spesso, prevalentemente nelle scene di genere e nelle nature morte. In seguito, nel periodo dell’alimentazione magicosimbolica, la noce è vista come favorevole al pensiero e al cervello, per la sua forma che ricorda le circonvoluzioni cerebrali.


39 FRUTTA SECCA A GUSCIO Giovanni Ballarini


Frutta secca a guscio nutriente eccellente Gli italiani non mangiano quantità significative di frutta secca a guscio, circa mezzo chilogrammo per persona e per anno, una quantità che deve essere decurtata dallo scarto dei gusci. Un tempo, e per molte popolazioni di montagna non era così, perché, prima che arrivasse il mais, la castagna era il cibo base, tanto che e vi era il detto che “possiamo sposarci, perché il raccolto di castagne è stato buono”. Anche gli animali e soprattutto i maiali dai quali si ottenevano gustosi salumi, erano nutriti con castagne. La frutta secca a guscio, chiamata anche frutta oleosa (noci, nocciole, mandorle, pinoli ecc.), ha importanti caratteristiche nutrizionali plastiche (proteine) e caloriche

(grassi). Tuttavia il mezzo chilogrammo (lordo) annuo non costituisce un pericolo! Il paradosso che forse ci avvicina agli animali come lo scoiattolo e la ghiandaia, è che, pur essendo disponibili tutto l’anno, per tradizione la frutta secca è consumata quasi esclusivamente durante le feste natalizie. Un periodo nel quale abbondano anche altri cibi ricchi di calorie e, per di più, al termine di menù sontuosi! La frutta secca in guscio, consumata nelle giuste quantità e preferibilmente non a fine pasto, è invece una sana abitudine alimentare quotidiana per fornire all’organismo favorevoli proprietà derivanti da proteine, vitamine, sali minerali, grassi essenziali, fibre e zuccheri. Volendo utilizzare le proteine di questi alimenti vegetali, bisogna sceglierli in alternativa ad alimenti proteici più utilizza-

Mercato della frutta secca in Georgia

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Churchkhela è lo snack piĂš diffuso in Georia; le noci sgusciate vengono coperte da una pellicola gelatinosa ottenuta con il mosto d’uva o frutta.


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e coronariche, tutela la salute del cuore, abbassa i livelli di colesterolo “cattivo” (LDL) e favorisce l’aumento del colesterolo “buono” (HDL). Per lo stesso motivo protegge la pelle, rafforza i capelli, le unghie. La frutta secca è salutare siccome essendo ricca di omega 3, omega 6, polifenoli e di sali minerali. Secondo il British Journal of Nutrition quattro manciate di noci, mandorle o arachidi a settimana riducono del 37% il rischio di cardiopatia legata al colesterolo, perché alzano i livelli di HDL e riducono quelli di LDL. Mangiare noci almeno tre volte la settimana consente di vivere più a lungo, secondo uno studio dell’Universitat Rovira i Virgili di Tarragona (Spagna), i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Bmc Medicine e indica che nei consumatori di noci

ti come carne o pesce. Infatti, pur considerando l’elevata quantità di lipidi, in ogni 100 grammi di frutta oleosa troviamo 31,9 gr. di proteine nei pinoli, 29 nelle arachidi, 22nelle mandorle, 18,1 gr. nei pistacchi; a confronto con i 15-20 gr di contenuto proteico medio delle carni e dei pesci. La frutta secca lipidica, nut per gli anglosassoni e traducibile con il termine generico di noccioline, è ricchissima di grassi e ne contiene una quantità dal 50% al 65%, e quindi di calorie, più di 500 kcal per 100 grammi. Attività extranutrizionali e nutraceutiche della frutta secca a guscio Studi scientifici dimostrano che la frutta secca, e in particolare quella a guscio per il contenuto di grassi insaturi e polinsaturi, riduce il rischio di malattie cardiovascolari

Coltivazione di frutta a guscio nel mondo (FAO 2005) Mondo (esclusi anacardi e arachidi): 5,4 milioni di ettari Mandorle

32%

Noci

13%

Pistacchi

11%

Nocciole

11%

Castagne

6%

Altra frutta in guscio

28%

CONSUMI MEDI ANNUI PER ITALIANO Noci

150 g

Mandorle dolci

75 g

Pinoli

35 g

Altra frutta in guscio

110 g

Castagne

110 g

TOTALE

480 g

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il rischio di morte si riduce del 39% rispetto a chi non ne mangia. Le noci sono una delle migliori fonti di acido alfa linolenico, un acido grasso essenziale appartenente alla famiglia degli omega 3 che bisogna obbligatoriamente assumere con l’alimentazione. Sono anche una buona fonte di omega-6 e in una porzione di noci ci sono gli stessi omega-3 presenti in un’orata di 300 grammi! I pistacchi abbondano di fitosteroli, molecole vegetali che riducono il colesterolo cattivo (LDL) e sono tra la frutta secca più ricca di antiossidanti; 30 grammi di pistacchi secchi contengono 0.6 milligrammi di Vitamina E e 64 milligrammi di fitosteroli. Le mandorle sono tra i frutti meno calorici, più proteici, più ricchi di fibre e con il più

alto contenuto di vitamina B3. Mangiare alcune mandorle prima di dormire, apporta una buona dose di magnesio, tranquillante naturale dalle proprietà sedative che regolarizza i battiti cardiaci, diminuisce i livelli di adrenalina e favorisce il sonno. Il calcio è presente in particolare nelle mandorle, il fosforo nei pistacchi e nei pinoli, il ferro nelle nocciole. Importante è la quantità di fibra alimentare presente nella frutta secca a guscio; favorisce la peristalsi e il transito intestinale, prevenendo i tumori al colon. Tuttavia una sua eccesiva quantità è sconsigliata a coloro che soffrono di colite, morbo di Crohn o quando è richiesta una dieta a basso contenuto di fibre.

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Frutta secca a guscio - Valore nutrizionale di 100 grammi Energia (Kcal)

Proteine (g)

Carboidrati (g)

Grassi (g)

Fibra(g)

Nocciole

655

13,8

6,1

64,1

8,1

Anacardi

598

15

33

46

3

Castagne

189

3,5

42,4

2

9

Mandorle dolci

542

16

4

52

14

Noci

582

10,5

5,5

58

5

Pistacchi

601

18

8

55

6

Nocciole mg

Noci mg

Arachidi mg

Mandorle mg

Pistacchi mg

Vitamina E

15,00

4,0

-

26,0

4,0

Ferro

3,3

2,4

3,5

3,0

7,3

Calcio

150

61

64

240

131

Fosforo

322

300

283

550

500

Potassio

466

603

680

780

972


Cucina e gastrotomia della frutta secca a guscio Non vi è frutta secca a guscio che non abbia contribuito alla cucina tradizionale e alla gastronomia. Cosa sarebbe la cucina ligure senza il pesto alla genovese o la pasticceria siciliana senza la pasta di mandorle, o i gelati di nocciola e pistacchio? In modo analogo non vi è regione d’Italia che non abbia un dolce con le mandorle come i famosi cantucci toscani. Le nocciole sono entrate in simbiosi con il

cioccolato e hanno dato origine a creme che hanno reso celebre l’Italia nel mondo. Le castagne lessate, arrostite o in purè sono utilizzate in una grande varietà di piatti dolci, salse, ripieni, come contorno o come guarnizione. Il purè di castagne è la base dell’ottimo dolce Mont Blanc, mentre le castagne intere sgusciate sono cristallizzate e confezionate con il nome di Marron Glacè. In modo analogo nella cucina salata passiamo dalla trota e torte alle mandorle, ai raffinati sposalizi delle noci con i formaggi.

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Frutta secca a guscio per un’alimentazione sostenibile

La frutta secca per la sua composizione è una valida alternativa agli alimenti d’origine animale e sotto questo profilo può contribuire a un’alimentazione ecologicamente sostenibile, considerando che è una produzione di alberi che hanno un importante ruolo di conservazione del terreno e valore paesaggistico. In particolare, la loro presenza in un’alimentazione equilibrata può sostituire nutrienti d’origine animale, con le seguenti modifiche: parziale sostituzione della quantità consumata di carne rossa, insaccati e carni bianche, parziale sostituzione del pesce di mare attualmente consumato e contenimento di quello d’allevamento. Privilegiando la frutta secca a guscio nazionale, si può ridurre quella esotica d’importazione.

Consigli per gli acquisti e la conservazione

La frutta secca va scelta con attenzione al momento dell’acquisto. Non è solo una questione di gusto, ma i prodotti scadenti possono contenere additivi e residui chimici poco salutari. Le principali regole da seguire sono le seguenti: • Preferire il prodotto confezionato perché quello sfuso offre minori garanzie di igiene. • Se si acquista un prodotto sfuso, controllare che non vi siano segni di parassiti e in particolare muffe che potrebbero produrre aflatossine, intensamente cancerogene. • Se disponibile, dare la preferenza ai prodotti di coltivazione biologica. Per la conservazione in casa, ricordare che se non è conservata in condizioni ideali, la frutta secca può anche arricchirsi di sostanze nocive, in particolare perossidi della ossidazione dei grassi. La frutta secca, pur conservandosi per lungo tempo, richiede particolari attenzioni nella conservazione. Soprattutto noci, nocciole, anacardi, mandorle e pistacchi, con rilevante contenuto di grassi, tendono a irrancidire facendo perdere anche la croccantezza. Per questo motivo è opportuno acquistare la frutta oleosa sgusciata sottovuoto e, qualora non lo fosse, con le confezioni ben richiuse. Allo stesso modo non lasciare invecchiare il prodotto, tenerlo in sacchetti di plastica eliminando l’aria e ricordando che il frigorifero non interrompe l’ossidazione dei grassi.

Curiosità: mandorle e biancomangiare

Latte di mandorle, pasta di mandorle o marzapane, delle gran varietà di ricette dolci e salate con le mandorle rimandano al biancomangiare o mangiare in bianco. Nel quadro dei colori in cucina ed in alimentazione, nel Rinascimento si forma una teoria che trova la sua codificazione nel 1489 da parte di Marsilio Ficino. Quattro sarebbero gli umori del corpo umano e dal loro equilibrio deriva un perfetto stato di salute. Quando uno di questi umori, la bile nera o atrabile (latino) o melancolia (greco) aumenta, compaiono malattie, non ultima una melanconia mortale. Per un buono stato di salute, l’eccesso di bile nera dev’essere eliminato. Il metodo migliore di cura è l’eliminazione della bile nera con salassi, purganti, trattamenti “depurativi” eseguiti fino a poco tempo fa, in modo particolare in primavera e soprattutto con un’adatta alimentazione che deve essere bianca! Sono adatti tutti i cibi lattiginosi, come il latte, i formaggi freschi, le mandorle dolci, la carne di uccelli, polli e capponi, quella dei capretti ed altri piccoli nutriti con il latte della madre, le uova fresche, il cervello ed il midollo di animali giovani, il vino bianco leggero. Sono anche benefici la frutta fresca, l’olio vegetale, il riso e la carne di taluni pesci bianchi, come il merluzzo. Su queste linee i cuochi dei signori sviluppano una serie di piatti di cibi “bianchi” che trovano il culmine nel “biancomangiare” o mangiare in bianco, nel quale imperano le mandorle!

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Anacardio

Albero originario del nordest del Brasile. Il suo frutto, anacardi, ha una forma simile ad un rene umano; la mandorla contenuta all’interno del marrone quando asciutto e croccante, è indicata come la frutta a guscio-anacardi. É conosciuto con i nomi di acajaíba, acajuíba, cajuil, cajuzeiro ocaju. In Mozambico come mecaju e mepoto. Si presume che la anacardi arriva a Goa, la principale colonia del Portogallo, nelle Indie Orientali tra il 1560 e il 1565. I portoghesi portano la pianta in India tra il 1563 e il 1578, e da qui si diffonde nel Sud-Est asiatico, per arrivare in Africa nella seconda metà del XVI secolo. Oltre che da soli, gli anacardi hanno impieghi in cucina, per preparare pietanze dal gusto forte e deciso. Possono essere utilizzati per secondi piatti dal sapore orientale o per salse esotiche inconfondibili molto amate nella cucina etnica, come il pollo agli anacardi.

Castagna É il nocciolo del frutto del maestoso castagno che cresce in tutta Europa meridionale, in Africa del nord e in alcune zone del Medio Oriente. Quest’albero secolare, venerato dai Greci e Romani, ha un legno ottimo ed economico combustibile nelle regioni in cui abbonda. La castagna, unica tra la frutta a guscio, ricca di amidi e scarsa di proteine e grassi, per molti secoli ha sostituito i cereali alimentari. Diverse castagne sono riconosciute come prodotti tipici: Castagna di Montella IGP - Castagna di Cuneo IGP - Castagna del Monte Amiata IGP - Castagna di Vallerano IGP - Marrone della Val di Susa IGP - Marrone del Mugello IGP - Marrone di Caprese Michelangelo IGP - Marrone di Castel del Rio IGP - Marrone di Combai DOP - Marrone di Roccadaspide DOP - Marrone di San Zeno DOP - Marrone di Monfenera DOP - Farina di castagne della Lunigiana DOP. Molti sono gli impieghi delle castagne e loro farina nella cucina tradizionale italiana e nella gastronomia. Tra le cento e più ricette sono da ricordare le minestre e le zuppe, il loro abbinamento con le carni e soprattutto la selvaggina, il gelato, i castagnacci di ogni regione e le mistocchine bolognesi, le mousse, i marron gracés e il Monte Bianco.


Mandorla

Il mandorlo si coltiva nella regione dell’olivo, in Italia, Spagna e Africa settentrionale. Patria originaria pare essere una vasta area che dall’Egeo va al Pamir, comprendendo la Mesopotamia, l’Altopiano Iranico e il Kurdistan. In Grecia arriva fra il terzo e il quarto secolo prima di Cristo e in Italia nel secondo secolo. I Romani lo propagano fino ai piedi delle Alpi, e al di là, fino nel Vallese. Due sono le principali varietà: mandorla dolce o Prunus amygdalus “dulcis”, e amara o Prunus amygdalus “amara”. Le più antiche colture si trovarono in Persia, Siria e Palestina, dove una leggenda nomina il mandorlo che sarebbe sorto dal cadavere di una figlia del Re Mida, morta per il dolore causato dalla perdita del marito. In Italia sono celebri le Mandorle di Avola così come molte ricette con mandorle e tra queste i Biscottini di Prato, i Cantucci Toscani e molti torroni e mandorlate. Le mandorle sono presenti anche nella cucina salata dei primi piatti e dei secondi, soprattutto di carne e di pesce, come i petti di pollo e la trota alle mandorle. La pasta reale o pasta di mandorle (Pàsta riàli in siciliano, Pasta te mennule o Pasta ti mennuli in pugliese e salentino) è un preparato dolciario utilizzato nella preparazione di diversi dolci della cucina siciliana, pugliese, salentina e cucina sarda. Come Pasta di Mandorle è ufficialmente riconosciuto il Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf). La pasta di mandorle è usata in tantissime ricette e le sue origini sono molto lontane; pare infatti sia nata alla fine del 1100, nel convento palermitano della Martorana, annesso alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, che deve il suo nome a Giorgio d’Antiochia, ammiraglio del re Ruggero II. Il nome “reale” attribuito alla pasta dolciaria si può ricondurre al fatto che essa fosse “degna di un re” per la bontà e le caratteristiche del dolce.

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Nocciola

La nocciola è un frutto selvatico apprezzato dai Greci, raccomandato da Catone che ne consiglia la coltivazione negli orticelli cittadini dell’antica Roma. Plinio sostiene che la nocciola provoca emicranie e flatulenze, ma tosta cura il mal di gola. A quanto si legge nei poeti classici, le regioni mediterranee fin dal passato sono ricche di noccioli e molti i pastori e ninfe stando seduti alla loro ombra. Il nome botanico Corylus avellana, deriva dalla parola greca còrys che significa casco o copricapo, perché la ghianda del nocciolo è protetta da una brattea fogliosa. Nell’antichità il legno di nocciolo era considerato una difesa contro le serpi e per questo i pastori lo usano come bastone. Nel medioevo, frasche di nocciolo sono impiegate per stringere patti col demonio e guarire l’epilessia. Un ramo di nocciolo, reciso con un coltello mai usato, serve ai maghi per evocare i morti, e ancora oggi è utilizzato dai rabdomanti per localizzare una sorgente d’acqua. Celebri sono: Nocciola del Piemonte o Nocciola Piemonte IGP - Nocciola delle Langhe IGP - Nocciola di Giffoni IGP - Nocciola Romana IGP. In cucina le nocciole trovano posto dagli antipasti al dessert, ma soprattutto nei dolci e nei gelati, senza dimenticare i liquori. Tipico uso della nocciola è nell’impasto oggi conosciuto come gianduia che nasce in Piemonte nel 1806, per opera dei pasticceri torinesi che sostituiscono il costoso cacao con la più economica nocciola tonda gentile delle Langhe. Il chocolatier Michele Prochet, in società con Caffarel, nel 1852 perfeziona l’impasto tostando le nocciole e macinandole finemente. Dalla pasta gianduia nasce il gianduiotto (o Giandujot), un cioccolatino incartato in occasione del Carnevale del 1865 e distribuito dalla maschera popolare di Torino che dall’impasto prende il nome di Gianduja.

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Noce

Il noce é un albero bello e venerabile, noto anche come noce Persiano, coltivato in tutta Europa, nel Medio Oriente, e in California. Il nome scientifico è Juglans regia. Juglans è il termine latino che indica l’albero ed è una contrazione della locuzione Jovis glans, cioè “ghianda di Giove”, così chiamata in virtù della bontà e dell’alto valore nutritivo del frutto. Fin dai tempi antichi alla noce sono attribuite magiche proprietà salutari e, secondo Ovidio, durante le cerimonie nuziali gli sposi gettavano delle noci ai bambini presenti per simboleggiare che accantonavano le occupazioni puerili. Il legno di noce é apprezzato da secoli dagli ebanisti, mentre il seme, molto versatile, é usato da tempi immemorabili nella preparazione di pietanze dolci e salate. Ancora oggi dalle noci ancora verdi e dal mallo si ricava il tradizionale liquore chiamato Nocino, che anticamente era considerato una panacea per ogni male. Secondo la tradizione, la raccolta delle noci necessarie alla sua fabbricazione deve essere fatta nella notte di San Giovanni tra il 23 e il 24 Giugno, in corrispondenza del Solstizio d’Estate, a piedi nudi e percuotendo i rami con un bastone di legno. Oggi abbiamo il Nocino di Modena IG. Nella tradizione alchemica, la noce, a causa della sua forma ovale quando è ancora racchiusa nel mallo, ricorda l’Uovo Filosofico, nel quale la Materia è preparata per il compimento della Grande Opera. La noce è anche un’allegoria dell’essere umano, se si considera il mallo come la sua carne, il guscio come le sue ossa e il dolce e candido gheriglio interno come la sua anima. La somiglianza tra il gheriglio della noce e l’encefalo umano ha fatto nel passato della noce un rimedio medicinale contro tutti i problemi legati al cervello, mentre la somiglianza con l’organo genitale maschile ha fatto della noce un simbolo di fertilità e di fecondità. Dal termine latino glans, ghianda, deriva il termine glande, per la somiglianza tra la parte terminale dell’organo genitale maschile e la noce che, specialmente quando è ancora acerba ed è avvolta dalla caratteristica buccia di colore verde, chiamata mallo, gli antichi trovano una somiglianza con i testicoli. Le noci entrano tra la frutta secca del dessert, unite anche ai formaggi e molte sono le ricette tradizionali di piatti salati e dolci che contengono noci, iniziando dal Pesto alla Genovese, senza dimenticare il liquore Nocino.

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Pistacchio

Gli alberi del pistacchio sono presenti da migliaia di anni in Medio Oriente, dove i loro frutti sono considerati da sempre una prelibatezza. I pistacchi sono menzionati nell’Antico Testamento (Genesi 43:11). Secondo la leggenda, i pistacchi sono uno degli alimenti preferiti dalla regina di Saba. In Persia, l’attuale Iran, il commercio di pistacchi e la proprietà di pistacchieti significava poter disporre di ricchezze e di uno status sociale elevato. Tramite le conquiste di Alessandro il Grande (334-323 a.C.), la “nocciola verde” raggiunge la Grecia e in seguito, durante il dominio dell’imperatore romano Tiberio (I secolo d.C.), il pistacchio é introdotto anche in Italia e in Spagna. L’area di coltivazione del pistacchio si estende con la diffusione dell’Islam e l’espansione araba, con le crociate e i traffici commerciali del Levante della Repubblica di Venezia che ha stretti legami con la Siria, una delle principali zone di coltivazione del pistacchio. Celebre é il Pistacchio Verde di Bronte DOP. Molte sono le ricette che vedono la presenza del pistacchio per il suo aroma e le qualità organolettiche. I pistacchi sono usati sia come stuzzichini, tostati e salati, spesso serviti insieme a noccioline e patatine negli aperitivi, ma anche in numerose ricette dolci e salate. Tritati insieme a erbe e spezie, sono ingredienti fondamentali del pesto di pistacchi, per condire la pasta. Usati nella preparazione di salumi, come la mortadella, i pistacchi sono presenti anche in molte ricette di dolci. Un vero classico è il gelato al pistacchio.

Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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CALEIDOSCOPIO

Rappresentanza italiana della fondazione INC (International Nut and Dried Fruit Council), istituita con la finalità di divulgare le qualità benefiche connesse al consumo di frutta secca ed essiccata – della quale fanno parte le principali aziende italiane di produzione e commercializzazione della frutta secca - ha dato vita nel 2006 a progetto “Frutta Secca è Benessere”. Il progetto, sviluppato da SG Marketing Agroalimentare per Nucis, coinvolge ogni anno circa 1000 medici che utilizzano i materiali informativi sui benefici salutistici della frutta secca nelle proprie sale d’attesa e li mettono a disposizione dei propri pazienti. Analogamente l’attività di educational sviluppata da Nucis Italia si rivolge anche direttamente al pubblico dei consumatori attraverso l’allestimento ogni anno di oltre 1600 supermercati delle principali insegne distributive italiane con una campagna che ha permesso di contattare direttamente 5 milioni di

famiglie. Nella comunicazione per i punti vendita della Grande Distribuzione, studiata con il contributo della Prof.ssa Alessandra Bordoni Specialista in Scienza dell’Alimentazione dell’Università di Bologna, è stato dato risalto alla giusta quantità di frutta secca da consumare ogni giorno, esprimendo in numero di frutti la porzione quotidiana di consumo da associare comunque sempre ad uno stile di vita sano e ad una alimentazione bilanciata. www.nucisitalia.it

CALEIDOSCOPIO

Nucis Italia

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Nuovi yogurt e dessert nella gamma “Stuffer Liberi dal Lattosio” Dopo l’inarrestabile successo della linea “Stuffer Liberi dal Lattosio”, l’azienda di Bolzano torna ad ampliare la gamma con tre yogurt da 150g e quattro gusti di Dessert da 125g. Consapevole che l’intolleranza al lattosio è sempre più diffusa, l’azienda altoatesina Stuffer continua a soddisfare le richieste del mercato ampliando la gamma “Stuffer Liberi dal Lattosio” con tre nuovi gusti di yogurt nel pratico formato da 150g e quattro originali gusti di Dessert da 125g. Contenenti solo lo 0,1% di lattosio e prodotti a base di latte intero, i novi yogurt “Stuffer Liberi dal Lattosio” sono disponibili nel gusto fragola, banana e naturale, mentre i Dessert della stessa gamma sono disponibili

nei gusti fragola, albicocca, lamponi e pesca-maracuja. Senza conservanti aggiunti, senza coloranti artificiali e privi di glutine, tutti i nuovi prodotti della gamma “Stuffer Liberi dal Lattosio” sono disponibili nelle principali insegne di supermercati della Grande Distribuzione italiana e gli yogurt sono pensati anche per soddisfare le richieste del canale Horeca. I Dessert “Stuffer Liberi dal Lattosio” da 125g sono in vendita a partire da € 0,49, mentre gli Yogurt da 150g a partire da € 0,59. La gamma “Stuffer Liberi dal Lattosio” è il risultato dell’esperienza dell’azienda Stuffer di Bolzano, che dal 1919 lavora materie prime selezionate alla ricerca della massima qualità, in grado di proporre ai propri estimatori prodotti sempre innovativi e che soddisfino l’esigenza di un’alimentazione sana e allo stesso tempo gustosa.

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www.stuffer.it Strudel di spinaci con fonduta Per 4 persone

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Ingredienti 280 g di pasta sfoglia Stuffer 500 g di spinaci in foglia lessati 60 g di cipolle stufate (vedi pag. 14) Sale e pepe Uovo per spennellare la pasta Fonduta 160 g di formaggio tenero 200 g di panna Preparazione Srotolate la pasta sfoglia.

1 ora

1–2 Insaporite con sale e pepe gli spinaci già cotti, amalgamateli alle cipolle e stendeteli sulla pasta sfoglia. 3–4 Arrotolate il tutto fino a formare uno strudel, quindi spennellate con l’uovo sbattuto. Fate cuocere nel forno preriscaldato a 200 °C per ca. 15 minuti. Fonduta 5–6 Per la fonduta portate la panna ad ebollizione e aggiungete il formaggio tagliato a dadini. Lasciate la fonduta sul fuoco, continuando a mescolare, finché non avrà raggiunto la consistenza desiderata. Servite lo strudel di spinaci insieme alla fonduta.


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Nel corso degli anni la cantina Viticoltori Friulani La Delizia ha guadagnato il proprio successo grazie a vini di qualità, puntando sull’equilibrio fra tradizione e sperimentazione vitivinicola. Da questa capacità e da una produzione di uve e vini eseguita con accuratezza è nata la gamma di vini Naonis, una linea che racchiude spumanti che esprimono il carattere e l’anima del territorio friulano e che si amplia ora con il nuovo Spumante Extra Dry Rosé. Questo spumante è frutto di uve scelte provenienti dai migliori vigneti della cantina Vini La Delizia, nella zona di produzione che abbraccia una vasta fascia della pianura friulana; un territorio dalla grande vocazione vitivinicola, dove i vigneti crescono rigogliosi grazie al particolare terreno ghiaioso e alle favorevoli condizioni climatiche. Il Rosé Naonis è ottenuto dalla vinificazione in bianco di uve Refosco dal Peduncolo Rosso e Pinot Nero lasciando il mosto per 6-8 ore a macerare sulle bucce, a cui segue una leggera pressatura. Il vino così ottenuto, addizionato di lieviti selezionati, viene rifermentato in autoclave a temperature controllate e al termine seguono processi di stabilizzazione e filtrazione. A conclusione di questi procedimenti, nasce il Rosè Naonis, Spumante Extra Dry dal color rosa brillante, dall’intenso e fine profumo agrumato e fruttato e dalla buona acidità. Il vino Rosé Naonis anima il bicchiere con una trama fitta e finissima di bollicine che accarezzano il palato e lo rendono indicato per aperitivi e a tutto pasto. Uno Spumante Extra Dry per le festività, in vendita a partire da € 6,00 la bottiglia. www.ladelizia.com

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DEBUTTA LO SPUMANTE ROSÉ NAONIS DELLA CANTINA FRIULANA VINI LA DELIZIA Nuovo ingresso nella famiglia dei Vini La Delizia, esordisce lo Spumante Extra Dry Rosé della linea Naonis, che nasce dalla selezione delle uve prima in vigneto e poi in cantina.

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QR-Code Mela Val Venosta Scopri cosa si nasconde dietro una mela venostana.

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Ogni mela Val Venosta racconta una storia: quella del territorio da cui proviene e del percorso che ha fatto prima di arrivare sulle tavole dei consumatori. Da questa stagione tutti potranno seguire questo percorso: grazie al QR Code Mela Val Venosta si accederà all’affascinante mondo delle mele venostane, alla scoperta del percorso che si cela dietro una mela Val Venosta, a garanzia di un prodotto curato e controllato. Frutto di qualità, coltivato con molta cura dai contadini della valle fino a mille metri d’altitudine, Mela Val Venosta vuole informare i consumatori su tutto ciò sta dietro il marchio di provenienza, con uno strumento smart, innovativo, interattivo e al tempo stesso emozionale. Facile e alla portata di ogni smartphone o tablet, il QR Code Mela Val Venosta darà accesso a un sito che mosterà in modo trasparente le varie fasi di produzione, alla scoperta del mondo delle mele e del loro territorio unico. Iniziare il viaggio all’interno del mondo della Mela Val Venosta è semplice: basta scattare una foto al QR Code che si trova sui bollini o sul retro dei sacchetti. Tra informazioni suI territorio, curiosità e video, i consumatori avranno la possibilità di “passeggiare” all’interno di un meleto virtuale, in un viaggio interattivo che li porterà a seguire il percorso di una mela e vivere l’atmosfera della Val Venosta in compagnia dei contadini venostani. Il percorso all’interno del sito si articola in diverse macroaree: • TERRITORIO Uno dei segreti dell’eccellenza delle mele Val Venosta è proprio il territorio: una valle dalle caratteristiche uniche per altitudine e clima. In questa sezione si ha la possibilità di entrare virtualmente in un vero meleto, “passeggiando” tra i filari carichi di mele. • PRODUZIONE Un percorso che porta a scoprire le varie zone della valle e le diverse cooperative, in compagnia dei contadini venostani che, attraverso la loro esperienza, raccontano come nascono le mele Val Venosta. • SICUREZZA Un viaggio che attraversa tutte le fasi della vita di una

mela e mostra i severi controlli a cui è sottoposto ogni singolo frutto. Tutti i processi di lavorazione sono mostrati in sequenze video e descritti, dalla produzione fino alla spedizione. • VARIETÀ Le mele non sono tutte uguali: in questa sezione si possono conoscere le diverse varietà, ciascuna con le proprie caratteristiche. Dal periodo di maturazione alle proprietà organolettiche fino alle ricette migliori per cucinarle, ogni mela ha la propria scheda di approfondimento. In un percorso che attraversa tutte le fasi della filiera, ai consumatori verranno raccontati e spiegati i metodi produttivi, dalla lotta integrata alla coltivazione biologica, fino al codice di rintracciabilità con cui si riesce a risalire al campo e al produttore delle mele acquistate. Disponibile in 5 lingue, il QR Code è una vera e proprio finestra aperta sul mondo di Mela Val Venosta: dalla produzione, allo stoccaggio, alla cernita passando per l’imballaggio fino alla vendita, ogni singola fase del percorso del frutto viene mostrata e descritta, per consentire ai consumatori di conoscere in un modo trasparente cosa mettono in tavola. www.vip.coop.it



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A NATALE REGALA LA QUALITA’ SU WWW.SACLA.IT TANTE IDEE GOURMET PER SODDISFARE I PALATI PIU’ ESIGENTI Per le prossime festività metti sotto l’albero la nuova linea di alta qualità CASA SACLA’: un esclusivo mix di prodotti legati alla tradizione che rappresentano il meglio della gastronomia italiana, acquistabili nella sezione e-commerce del nuovo sito dell’azienda (www.sacla.it) e in alcuni punti vendita del settore ho.re.ca come la catena dei ristoranti Pomod’oro.

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Sarà il difficile scenario economico o sarà che siamo diventati un popolo di foodies, ma è un dato di fatto che a Natale il regalo alimentare va sempre più di moda. Del resto già lo scorso anno, secondo i dati della Confcommercio ben 3 italiani su 4 hanno fatto regali gastronomici. Quale idea migliore allora se non quella di sorprendere un amico o un proprio caro con i prodotti di alta gastronomia CASA SACLA’? Si tratta di una linea artigianale di eccellenza realizzata attraverso una selezione molto accurata delle materie prime, il meglio della qualità made in Italy in fatto di antipasti, salse, sughi, contorni, condimenti: dall’oliva Bella di Cerignola alla cipollina borettana, dai pomodori al forno alle invitanti creme di asparagi o di carciofi senza dimenticare i deliziosi carciofini rustici. Un assortimento completo per prodotti di alta qualità che rendono omaggio alla tradizione culinaria mediterranea. L’ideale per dar vita a tante sfiziose idee in cucina durante i pranzi e le cene che riuniranno a tavola a Natale la famiglia italiana. L’esclusività dei prodotti della linea si riflette anche nel packaging, presentato in confezioni evocative e preziose. I tradizionali e raffinati vasetti in vetro con chiusura meccanica sono ispirati infatti alle conserve

preparate in casa, mentre le etichette in carta pregiata con lamina in oro conferiscono uno stile unico a questa “collezione” di prodotti, studiata per accontentare anche i consumatori più esigenti. Preparate in casa con molta pazienza e amore sono accompagnati dalle moderne competenze tecnologiche di sicurezza alimentare di un’azienda con 75 anni di storia. NUOVA VESTE PER IL SITO WWW.SACLA.IT CON UNA SEZIONE DEDICATA ALL’ECOMMERCE Dove si possono trovare queste squisitezze? Anche la distribuzione dei prodotti è esclusiva. Oltre ai uno dei negozi gourmet di cui Saclà è partner come la Pomod’oro tutti i prodotti della nuova linea possono essere acquistati direttamente online sul nuovo sito dell’azienda www.sacla.it. Un sito web tutto nuovo per il brand che, con questa operazione di restyling e redesign della sua presenza in rete, vuole avvicinarsi al proprio pubblico per condividere esperienze, emozioni e pareri trasformando il rapporto tra azienda e consumatore da canale a senso unico a spazio di scambio. Il sito www.sacla.it quindi si veste di nuovo rinnovando la propria immagine che diventa pulita, dinamica ma semplice allo stesso tempo. Si possono trovare tante informazioni utili sul Gruppo e la sua storia così come un blog su food e lifestyle che speriamo vi dia tanti piccoli suggerimenti e news per emozionarvi di bontà con noi. Il sito sarà la base della nostra attività web che però è estesa anche alle principali piattaforme di social network (a cui si può accedere comodamente e controllare gli ultimi aggiornamenti dalla pagina #emozionarsidibontà ). Saclà’ vi aspetta infatti su facebook, twitter, google+, youtube, pinterest e instagram. www.sacla.it



CHAD

Nel cuore del Sahara

Localizzato nella parte centrale del Sahara, il Chad è il Paese più sconosciuto e isolato del grande deserto africano. Punto di incontro tra due culture: quella africana nella parte sud con i mercati vocianti e colorati, e quella sahariana con i nomadi e i loro animali che affollano i pozzi. Geologicamente interessantissimo è caratterizzato da gruppi montagnosi come l’Ennedi, con le sue bizzarre e imponenti formazioni tassiliane di arenaria color ocra che danno vita ad un dedalo di canyon, gole e cattedrali di roccia dove, nascosti in ripari naturali, si trovano siti con stupende pitture rupestri. A Nord i laghi di Ounianga che appaiono all’improvviso inaspettati tra le dune arancioni che cadono a picco nell’acqua, circondati da rigogliosi palmeti e colline rocciose. Il viaggio sorprende anche per gli attraversamenti di vaste distese di dune che sembrano non finire mai dove si ha l’impressione di essere i primi esseri umani a passare. Maurizio Levi


CHAD MAURIZIO LEVI

ITINERARI

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Focus di un viaggio in Chad è la regione dell’Ennedi, un altopiano di arenarie esteso per circa 60.000 kmq (quanto la Svizzera), con un’ altitudine media di 1000 m, formatosi tra i 500 e i 300 milioni di anni fa. Si inizia il viaggio con uno bel percorso di circa 500 km verso Est che dalla capitale N’Djamena, attraversando una regione predesertica saheliana caratterizzata da isolati baobab, villaggi e mercati, porta alla cittadina di Abechè, capoluogo della regione del Ouaddai nei pressi del confine con il Sudan. Poi si procede verso nord, inoltrandosi nel grande Sahara.

Le gole di Archei, nel massiccio dell’Ennedi, sono un importante punto d’incontro dei nomadi Tebu che portano i cammelli all’abbeverata

Il paesaggio diventa sempre più desertico e appaiono i primi assembramenti di uomini e animali attorno agli isolati pozzi. Dalla sabbia del grande deserto africano, tutto ad un tratto appaiono formazioni rocciose irregolari di arenaria modellate nei millenni dal vento, che ha scolpito forme di torrioni singoli e multipli simili a castelli medioevali (tipiche dei plateau tassilini), intervallate da canyons e gole. Sicuramente la più nota per la sua bellezza è la gola di Archei, dove spettacolari pareti di arenaria rossa delimitano delle “guelte”, bacini d’ acqua permanenti.

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Qui, ogni giorno, nel silenzio assordante del deserto, carovane di cammelli si addentrano per l’abbeverata. Uno scenario “preistorico” che si ripete immutato da centinaia d’anni. Dopo altri 100 km verso nord si raggiunge Fada, una piccola oasi con 5000 abitanti. Una caratteristica oasi sahariana dove il piccolo villaggio e il povero mercato, costituiti da case d’argilla riunite attorno al vecchio forte coloniale, furono occupati per sette anni dall’esercito libico (dal 1980 al 1987) durante l’invasione del Chad settentrionale. L’intervento militare della Francia risultò determinante e l’esercito libico, nella ritirata, abbandonò il valore di circa un miliardo di dollari in attrezzature militari, lasciando fra le dune del deserto lamiere contorte e carbonizzate di carri armati e veicoli lanciamissili, grana-

te di artiglieria, elmetti dei soldati, tettucci di auto e camion, mentre migliaia e migliaia di bossoli di mitragliatori sbucano ancora adesso fra le sabbie. Di questa sanguinosa guerra rimasero anche 70.000 mine antiuomo (soprattutto lungo le piste che collegano Fada con le oasi di Ounianga), ora completamente bonificate, rendendo così inaccessibile per decenni agli stranieri questa remota zona del Sahara. Da Fada si inizia la traversata della Depressione del Murdi, un’ area totalmente disabitata caratterizzata da grandi cordoni dunari. Il percorso in auto è impegnativo per i frequenti insabbiamenti; si segue la traccia dell’antica pista carovaniera che collegava le saline delle regioni di Ounianga e Teguedei ai villaggi ciadiani del Sud. Qui, in una delle regioni più isolate del Sahara, nell’enorme va-

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stità dello spazio e nel silenzio più assoluto, è facile incontrare giacimenti neolitici e paleolitici con resti di vasellame di ceramica e altri manufatti preistorici. Questi luoghi così inospitali furono abitati dall’uomo preistorico, come testimoniano i numerosi ripari incisi con pitture rupestri di raffinata qualità risalenti ad oltre 5000 anni fa e raffiguranti animali e scene di vita perdute. Nella parte sahariana del Chad oggi vivono diverse etnie (tebou, in lingua kanouri “gli uomini che vivono sulla montagna”, a nord; kanembou, daza, kanouri, kereda, boulala, fulbe, hausa, hadjerai, kotoko, baguirmi e arabi al centro; moundang, moussei a sud) che parlano diverse lingue e professano tre confessioni principali, sullo sfondo di una storia, ricca e complessa, che affonda le radici nell’antichità. Bisogna essere esperti come gli autisti tebou per guidare nel deserto del Chad. Non ci si orienta con la cartina, ma con l’istinto e l’esperienza, “leggendo la sabbia” per indi-

viduare i passaggi migliori, fra dune, rocce, sassi e imprevisti. Bisogna riconoscere i colori e le ondulazioni della sabbia per scegliere, di volta in volta, i passaggi più sicuri ed evitare faticosi insabbiamenti o pendenze laterali improvvise; se necessario anche con una ricognizione a piedi. Naturalmente le vetture, Toyota Land Cruiser, le migliori auto 4x4 per queste spedizioni sahariane, devono essere perfettamente equipaggiate con piastre da sabbia, cavi di traino, taniche per carburante extra, compressore per pneumatici, almeno 2 pneumatici di scorta, casse in alluminio per immagazzinare cibo e attrezzature, un GPS, un telefono satellitare tipo Thuraya per emergenza. Quasi tutto il percorso si svolge su piste per la maggior parte sabbiose, ma anche lunghi tratti fuoripista attraversando un deserto di dune e pianure di sabbia; è quindi necessario ridurre la pressione delle gomme per “galleggiare” sulla sabbia e procedere più speditamente.

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Un viaggio nel nord del Chad è una vera e propria spedizione sahariana dove bisogna prevedere tutto il possibile con anticipo, ma non si devono mai escludere gli imprevisti: non esistono, ad esempio, stazioni di servizio, ma in alcune oasi i commercianti locali possiedono un piccolo magazzino di barili di carburante. Ovviamente non si può mi sapere se sono forniti o no e quindi può capitare che non ci sia disponibilità. In caso di difficoltà di approvvigionamento si può contrattare con i camionisti locali che accettano di vendere qualche decina di litri succhiandolo

I laghi Ounianga sono una vera “curiosità geologica” in pieno Sahara, circondati da dune e falesie rocciose si trovano una quindicina di bacini d’acqua dei quali alcuni veramente estesi

dai loro enormi serbatoi, ad un prezzo decisamente più alto, ma arrotondano così il loro stipendio. Si dorme in tende ad igloo, augurandosi che non ci sia troppo vento, situazione alquanto frequente nella tarda primavera e in estate quando è sconsigliabile il viaggio per le altissime temperature che possono superare i 50°C. Ogni notte in un luogo diverso, ma sempre sotto un soffitto di stelle, fari nitidi nel cielo, mai inquinato. Ma il vero viaggio è l’attraversamento, solitario e intrepido, del grande deserto africano, una sconfinata distesa di sabbia che ricopre il mare perduto.

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Ogni oasi è una scoperta, Kalait, Fada, Ounianga Kebir e Faya sono le più significative. Circa 600 km separano l’una dall’altra come isole in un mare di sabbia. Faya, una delle oasi più grandi del mondo, è la capitale amministrativa del nord, localizzata a circa 1000 km a nord di N’Djamena, con un’ economia sorprendentemente basata, nel cuore del Sahara, sull’agricoltura con le coltivazioni di grano, datteri e fichi grazie a un enorme bacino di acqua sotterranea. Il Lago Chad, situato tra Ciad e Camerun, è una fonte d’acqua dolce perenne, anche se durante i più gravi periodi di siccità (come quello del 1984) era attraversabile a piedi. L’attuale superficie è ora il 10%

Il pozzo di Toukou, tra le montagne dell’Ennedi, è frequentato tutto i giorni da migliaia di animali che i nomadi portano all’abbeverata. Tutta l’acqua è estratta a mano dal pozzo profondo oltre 10 metri

di quanto fosse in tempi antichi, oscilla fra 10.000, 17.000 km² con massima profondità di 7 m. Ma le sensazioni e i luoghi visitati ripagano di qualche esigua scomodità. L’Ennedi, la regione più interessante, è abitata da nomadi. Nella sabbia si seguono numerosissime impronte che provengono da tutte le direzioni per dirigersi verso i pozzi, punti di incontro dei gruppi nomadi che portano gli animali tutti i giorni all’abbeverata. I nomadi Tebu o Toubou, gli uomini (Bou) che vivono sulle montagne (Tou), parlano solo dialetti locali e sono sempre un po’ sospettosi nei confronti degli stranieri.

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Il pozzo di Toukou

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Mercati

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Uomini magri dalle membra lunghe e sottili, dai capelli neri ma non crespi. Il naso è fine, dritto e aquilino, gli occhi vivi e sempre penetranti, in continuo movimento. Hanno un fisico molto adattato all’ambiente sahariano e una resistenza alla fame, alla sete e alla fatica fuori del comune. Solo uno di loro è in grado di rintracciare, arrampicandosi tra le rocce, le grotte naturali dove si trovano splendide pitture rupestri preistoriche non segnate su alcuna cartina. Un’ arte rupestre sviluppatasi tra le antiche popolazioni del Sahara, con srtili unici e sorprendentemente raffinati che abbiamo la fortuna di poter ammirare, grazie al perfetto stato di conservazione dovuto al clima secco e all’assenza di piogge.

Aneddoto

Tra le popolazioni dell’Africa del Nord i Tebu sono famosi per la loro resistenza fisica alle privazioni. Vivere in un ambiente così ostile come è il deserto del Sahara porta ad un adattamento fisico e mentale e ad uno stile di vita essenziale. Si dice che un Tebu può viaggiare per tre giorni con un solo dattero: il primo giorno mangia la buccia, il secondo la polpa e il terzo giorno succhia il nocciolo.

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Come arrivare Voli: Air France, Ethiopian Airlines o Turkish Airlines Viaggio dall’Italia: con “I Viaggi di Maurizio Levi” (Tel 02-34.93.45.28, info@viaggilevi.com, http://www.viaggilevi.com) partenze di gruppo il 23 Dicembre 2014 e 26 Febbraio 2015, durata 17 giorni. Si viaggia con Toyota Land Cruiser con 3 passeggeri + autista per auto e accompagnatore-guida italiano di grande esperienza. Da Euro 3.570 (base 10 pax). Vaccinazioni obbligatorie: febbre gialla, consigliata la profilassi anti-malarica. Documenti: passaporto e il visto, da richiedere presso l’Ambasciata del Chad a Parigi (necessari almeno 20 giorni). Quando andare: da Novembre a Marzo. Km percorsi in fuoristrada: circa 3.000

Si riprende il viaggio fra le dune solitarie, nessun rumore, ciascuno rimane solo con la parte più intima di se stesso. Il silenzio delle dune nasconde storie di uomini, mai tornati, alla ricerca di un passaggio o di un’ oasi. Il viaggio prosegue verso nord. Inaspettati, tra le dune arancioni, appaiono improvvisi i Laghi Ounianga, avvolti da rigogliosi palmeti e colline rocciose, che si sviluppano a sud di una falesia di roccia calcarea, dai colori che vanno dal bianco al rosa al viola in contrasto con la sabbia gialla, le palme e il blu dell’acqua. Un luogo unico, e tra i più belli del Sahara, entrato nel 2012 a far parte del patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Da questa zona, non lontana dal confine con la Libia, sono necessari 3-4 giorni per ritornare nella capitale. Si attraversano le dolci dune ondulate dell’Erg Djourab, dove sono stati trovati i resti di un ominide vecchio di 6-7 milioni

di anni, il primo rinvenuto in Africa centrale. E’ una zona quasi priva di insediamenti se non le poche tende dei nomadi arabi che vivono di pastorizia. Ogni clan, microcosmo apparentemente autosufficiente, ha l’accesso a pozzi e pascoli ben definiti. Si segue l’antico letto del fiume Bahr El Ghazal, in tempi preistorici un affluente del lago Chad e si ritorna nella Capitale.

Maurizio Levi

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RIGONI DI ASIAGO: DOMENICA 30 NOVEMBRE, A MILANO, UNA DOLCISSIMA SFIDA A Cooking X Art, negli spazi di via Tortona 32, cinque Pastry Chef emergenti presenteranno la loro “prima colazione” creativa con i prodotti dell’Azienda veneta.

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Pane, burro e marmellata? Certo! Ma anche miele, croissant, crema di nocciole, fette biscottate e tutto ciò che comunemente si intende per prima colazione. Tutto questo non mancherà sulla tavola della prima colazione organizzata all’interno dell’evento Cooking x Art che aprirà i battenti della più golosa “tre giorni” dell’anno, dal 29 novembre al 1° dicembre. L’appuntamento con la dolcezza e il benessere è per domenica 30 novembre quando, dalle 9 alle 14, pubblico, giornalisti e operatori del settore, potranno degustare “la colazione” ideale firmata Rigoni di Asiago, azienda leader nella realizzazione di prodotti biologici 100% , sani e naturali. Fiordifrutta, Mielbio, Nocciolata e, da quest’anno, anche l’eccellente Tantifrutti, un ottimo succo di mirtilli selvatici di montagna che stupirà ed entusiasmerà per la sua naturalezza e bontà. A catturare l’attenzione saranno anche le performance di cinque abilissimi Pastry Chef che, accanto alle proposte tradizionali, prepareranno “ricette” creative utilizzando proprio i prodotti Rigoni di Asiago. Selezionati da Luigi Cremona, giornalista e critico gastronomico di alto profilo, i cinque Pastry Chef saranno protagonisti di una competizione che li

impegnerà a preparare due ricette che verranno esibite sul palco e che verranno sottoposte a una giuria qualificata. Estetica, eleganza, scelta dei colori , equilibrio di gusti e sapori… una prima colazione straordinariamente “gourmet”! I Pastry Chef emergenti sono già attivi in ristoranti italiani di ottimo livello: PAOLO GRIFFA, del Piccolo Lago, a Verbania, ANTONIO MONTALTO, dell’Antica Corte Pallavicina, a Parma, PAMELA RUSSO, de I due Buoi, ad Alessandria, FABRIZIO FIORANI, de La Pergola, a Roma, e DANIELE BONZI, di Da Vittorio, a Brusaporto (BG). I loro curriculum parlano di giovani in ascesa, con grandi esperienze alle spalle e con tanta voglia di “diventare grandi”. Rigoni di Asiago è un’azienda particolarmente sensibile al benessere dei consumatori ed è costantemente impegnata nel mantenere sempre alto il suo standard produttivo, un elemento importantissimo per quanto riguarda la prima colazione, considerata a livello scientifico il pasto più importante della giornata. Le prime colazioni che verranno servite domenica 30 novembre parlano anche di solidarietà. Infatti con un piccolissimo contributo simbolico si potrà contribuire a sostenere, con Rigoni di Asiago, 3 Onlus: FATA ONLUS, l’Associazione Famiglia Aperta e l’Associazione Amici del Rene di Vicenza. Bontà, salute, solidarietà e alta cucina. Quale modo migliore di cominciare una domenica? www.rigonidiasiago.com


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Fino a 3-4 porzioni di pesce a settimana è la quantità consigliata dall’EFSA per le donne in gravidanza e per il corretto sviluppo fetale. Come evidenziato in uno studio recente, l’EFSA riconferma il ruolo nutrizionale del pesce, sia come fonte di proteine ad alto valore biologico, sia perchè contribuisce al fabbisogno giornaliero di nutrienti essenziali come le vitamine A e D e alcuni minerali (iodio, selenio, calcio), oltre agli Omega-3, per i quali l’apporto con il pesce permette di raggiungere la quantità giornaliera raccomandata. IL TONNO, ALIMENTO PER LA GRAVIDANZA Durante la gravidanza, uno dei momenti più delicati della vita di una donna, il controllo dell’alimentazione assume un ruolo fondamentale e la scelta del cibo diventa scrupolosa, per garantire il benessere del bambino. Alcuni interrogativi, durante la dolce attesa, nascono riflettendo sull’opportuno consumo di pesce. L’FDA rassicura e sfata tutti i falsi miti, promuovendo

la scelta del tonno per tutte le donne in gravidanza. La quantità suggerita per tutte le future mamme è di 4-6 scatolette alla settimana (peso sgocciolato corrispondente a 56 g). A sostegno di questa tesi, uno studio pubblicato dalla rivista americana Environmental Health Perspect, indaga il rapporto fondamentale rischio/ beneficio relativo al consumo di pesce e stabilisce che l’acquisizione di un’alta quantità di Omega-3 rappresenta un beneficio per il feto. NOSTROMO PER LE FUTURE MAMME Il Tonno Basso in Sale all’olio extravergine di oliva firmato Nostromo è ricco di fosforo, selenio, vitamina B3, B12 e D3, oltre a essere fonte di Omega-3. Il suo apporto lipidico è molto limitato (meno di 1/3 dei grassi di una mozzarella da 100 g o simile a una fettina piccola di carne (bovina o suina). La linea Basso in Sale di Nostromo, dedicata anche a chi vuole seguire una dieta povera di sale, si presenta nelle due varianti al naturale o in olio di oliva. www.tonnonostromo.it

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TONNO IN SCATOLA DURANTE LA DOLCE ATTESA: FINO A 3-4 PORZIONI A SETTIMANA Il Tonno Nostromo Basso in Sale è Yellowfin, una delle specie garantite dall’FDA come alimento sicuro per le donne in gravidanza.

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È DELL’AZIENDA VENETA FRACCARO IL PANETTONE “ECCELLENTE E SOLIDALE” DI FONDAZIONE SLOW FOOD Dal Salone del Gusto iniziative di solidarietà per questo Natale: l’azienda veneta artigianale Fraccaro e la Fondazione Slow Food hanno presentato il “Panettone Tre Presìdi”, che andrà a sostenere progetti solidali.

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Con alle porte l’inaugurazione del Fraccaro Cafè, il nuovo spazio gourmet a Castelfranco Veneto (Tv) dedicato al dolce in tutte le sue declinazioni, caffetteria, gelateria, ristorante, pizzeria e punto vendita tutto in un unico locale, l’azienda veneta Fraccaro in questi giorni ha anche presentato al Salone del Gusto - Terra Madre di Torino, il panettone nato dalla collaborazione con la Fondazione Slow Food e che sosterrà progetti solidali per la Biodiversità. La nascita del primo “Panettone Tre Presìdi” sancisce la collaborazione tra la Fondazione e l’azienda artigianale Fraccaro, che rientra così a pieno titolo fra quei produttori agroalimentari italiani virtuosi “Eccellenti e Solidali”, che utilizzano ingredienti in via di estinzione, quelli dei Presìdi, per creare alimenti “buoni, sani e puliti”. Il “Panettone Tre Presìdi”, prodotto in edizione limitata, senza conservanti e aromi, ha tra gli ingredienti i datteri dell’oasi di Siwa (Egitto), la vaniglia di Mananara (Madagascar) e i canditi provenienti dagli agrumi del Gargano (Puglia), tutti Presìdi Slow Food, che assieme all’antico lievito madre che

ha oltre 80 anni e alla farina tipo 0 prodotta da un mulino di Vicenza, al miele italiano e alle uova fresche, rendono questo panettone un dolce della tradizione natalizia “Eccellente e Solidale”. “Con la partecipazione ai progetti della Fondazione Slow Food per noi inizia un nuovo percorso - afferma Luca Fraccaro - non vincolato ai soli concetti di redditività, ma che sostiene una causa valida come la salvaguardia della biodiversità”. Proposto nelle eleganti scatole di latta in acciaio riciclato realizzate da Ricrea (Consorzio Nazionale Riciclo e Recupero dell’Acciaio), che da’ nuova vita agli imballaggi usati provenienti dalla raccolta differenziata, il panettone ha ricevuto, durante il Salone del Gusto 2014, la prestigiosa Menzione Speciale del Premio Slow Pack per la Sostenibilità Sociale. Questo panettone presenta anche “l’etichetta narrante”, dove si racconta descrivendo chi lo produce e tutta la filiera. Un cammino verso la completa trasparenza dell’etichetta, che spiega in modo dettagliato l’origine, la storia e la tecnica di trasformazione, consentendo così al consumatore di capire meglio come la produzione avvenga nel rispetto dell’ambiente. L’azienda dolciaria artigianale Fraccaro nasce nel 1932 con il primo panificio sotto l’antica torre in provincia di Treviso, dove ben presto all’attività di panificazione viene affiancata quella della produzione di specialità dolciarie. La famiglia Fraccaro è ancora oggi saldamente ancorata a valori quali tradizione e artigianalità, princìpi che hanno ispirato fin dall’inizio la piccola impresa familiare veneta. www.fraccarodolciaria.it

Fraccaro Dolciaria si trova a Castelfranco Veneto, in Provincia di Treviso. L’azienda nasce come panificio nel 1932 e viene fondata dai nonni paterni degli attuali proprietari.


APRE IL PRIMO FRACCARO CAFÉ A Castelfranco Veneto sarà inaugurato il primo Café gestito dalla famiglia Fraccaro, pasticceri dal 1932, che riunisce tutti i prodotti del brand destinati al consumer ed è parte integrante di una strategia globale di sviluppo. In controtendenza rispetto al difficile contesto economico l’azienda veneta, produttori di specialità dolciarie da forno, investe aprendo al pubblico il primo spazio gourmet multifunzionale, un ponte diretto con il cliente a cui far vivere gustose emozioni. Un raffinato ambiente di design che riflette l’identità dell’azienda nei minimi dettagli, aperto dalle 6.30 del mattino 7 giorni su 7.

Nella cantina a vista, degna di un grande ristorante, una vasta selezione di vini come prosecco e spumanti Doc e Docg da uve biologiche servite al calice. “Volevamo ricreare un ambiente familiare - puntualizza Luca Fraccaro - abbiamo ideato assieme agli architetti un concept store studiato per riunire diverse esigenze e rispondere con la varietà dell’offerta alle necessità di un vasto pubblico, dal business man alle famiglie. È il punto di partenza di un progetto che ha la velleità di aprire nel futuro altri spazi come questo” - e sottolinea - “Siamo convinti di offrire una formula originale, incentrata sulla pasticceria di qualità e con una forte identità italiana”. La sala ristorante con oltre 80 posti e un ampio dehor open air accolgono i buongustai che si fermano per una pausa golosa, con un menu tutto all’insegna dell’eccellenza e che utilizza prodotti preferibilmente del territorio. C’è solo l’imbarazzo della scelta, pasta fresca di giornata fatta a mano, riso di Grumolo delle Abbadesse del presidio Slow Food con verdure di stagione e invitanti zuppe di cereali. Poi ci sono le fresche insalatone e una proposta di gustose preparazioni culinarie vegetariane e vegane, il pane e la pizza con lievito madre e mozzarella di bufala trevigiana e la golosissima Bio Brioche Fraccaro da riempire con il gelato artigianale privo di additivi, coloranti e aromi artificiali, che oltre ai comuni gusti propone anche una variante “crema Fraccaro” con panettone e canditi.

Accolti dall’inconfondibile profumo di vaniglia e caffè che aleggia invitante tra i tavoli e dal grande bancone colmo di soffici brioche appena sfornate, torte, frolle dorate e cremosi mignon: una gran parata di delizie al nuovo Fraccaro Café. L’innovativo spazio gourmet apre i battenti venerdì 31 ottobre in via Circonvallazione Ovest a Castelfranco Veneto (Tv). Caffetteria, gelateria, ristorante, pizzeria e punto vendita tutto in un unico locale, dove il cliente può riappropriarsi del proprio tempo e dei piccoli piaceri della vita. Al Fraccaro Café il buongiorno comincia dalla colazione, una ricca proposta di croissant appena sfornati allineati perfettamente in attesa di essere farciti al momento assecondando i gusti del cliente più esigente: una E prima di uscire impossibile non fare scorta di dolci particolarità che in molti bar della zona si fa fatica a nel “Fraccaro Store”, e portarsi a casa le leccornie più trovare! ricercate come i croissant Bio e Vegani e le più tradizionali Un nuovo spazio dedicato al dolce in tutte le sue torte farcite, panettoni, focacce e crostate. declinazioni da accompagnare ad un ottimo caffè, miscela 100% arabica, di una rinomata torrefazione www.fraccarodolciaria.it veneta, tostato con maestria, dal gusto piacevole, armonioso ed elegante che sarà utilizzato per espressi e cremosi cappuccini e cioccolate in tazza, preparate solo con latte fresco di alta qualità. Tra i dolci vale la pena Fraccaro spumadoro S.p.A. ha il piacere di di provare il classico invitarLa all’inagurazione tiramisù nella versione del nuovo spazio gourmet “Fraccaro Cafè” e del nuovo “Fraccaro Store” “Fraccaro” con il pandoro, Venerdì 31 ottobre 2014 - ore 10.00 le brioches salate farcite È gradita gentile conferma - Tel. 0423.1904435 - inaugurazione@fraccarodolciaria.it con la soppressa vicentina Dop e una notevole Via Circonvallazione Ovest, 25/27 - 31033 Castelfranco Veneto (TV) - Tel. 0423.491421 - www.fraccarodolciaria.it varietà di formaggi veneti. Fraccaro Spumadoro S.p.A.

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RINASCE IL BASTARDO DI BURLINA L’ANTICO FORMAGGIO DEI VENETI Al suo primo Caseus Veneti è già medaglia d’oro. La razza autoctona bovina, quasi estinta dopo le politiche autarchiche di Mussolini, ora torna in Pedemontana: una piccola mandria e un progetto di filiera controllata, dalle stalle alla GDO, tutto Made in Veneto.

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Dalla caparbietà di un manipolo di amanti dei formaggi tipici veneti e appassionati del mondo della zootecnia da latte, rinasce il formaggio dei nostri nonni. Partito operativamente un anno e mezzo fa, è arrivato al suo primo grande traguardo: lo scorso fine settimana Caseus Veneti, X Concorso Regionale Formaggi del Veneto, ha assegnato al Bastardo di Vacca Burlina la sua prima Medaglia d’Oro, come miglior formaggio della categoria Semi-Duri (con stagionatura tra 3 e 6 mesi). Alle spalle di un prodotto di qualità, formaggio tipico della Pedemontana del Grappa, un progetto di filiera certificata che parte dalla valorizzazione di una bovina autoctona, inserita nel registro nazionale delle razze in estinzione. La burlina, animale allevato per secoli dai veneti nei pascoli montani di Treviso e Vicenza, era ormai quasi estinta. Colpa delle politiche autarchiche imposte con la forza dal regime fascista, che aveva portato all’introduzione di razze nazionali scelte per la maggior resa in termini di quantità di latte. La burlina, piccola di taglia perché adatta ai pascoli, capace di produrre un minor quantitativo di latte e tuttavia di qualità superiore, rischiava di restare solo nella memoria di qualche foto d’epoca. Ora invece, grazie al progetto di Centro Veneto Formaggi, azienda di produzione, trasformazione e affinamento formaggi con sede a Cavaso del Tomba (TV), la burlina è tornata nelle stalle della Pedemontana del Monte Grappa. Tre aziende agricole (due di Crespano del Grappa, una di Paderno) allevano oggi 400 animali in lattazione: nelle stalle in pianura durante autunno e inverno, libere tra i verdi pascoli delle malghe del Grappa, da maggio ad ottobre. Ogni giorno vengono prodotti 13/14 quintali di latte al giorno (latte dalle qualità nutrizionali superiori) che viene trasformato in formaggi tipici, Morlacco e Bastardo del Grappa (quest’ultimo – lo ha rivelato proprio durante l’inaugurazione di Caseus Veneti, particolarmente amato anche dal Governatore Luca Zaia). “Abbiamo aperto la nostra prima forma a maggio, al Cibus di Parma – spiega Gabriele Toniolo, presidente di Centro Veneto Formaggi – e quest’anno ci attesteremo Foto in alto da sinistra: il direttore Aprolav Bruno Bernardi, Eleonora Daniele madrina a Caseus Veneti, Gabriele Toniolo

sulle 1.200 forme di Bastardo del Grappa. La Medaglia d’Oro conseguita a Caseus Veneti è il riconoscimento di una qualità in cui abbiamo investito energie e risorse. Non solo recuperando una razza e formaggi tipici veneti, ma ponendo attenzione a tutta la filiera: il marchio Frutti di un Territorio rappresenta infatti la prima filiera di prodotto, nel settore lattiero-caseario italiano, che garantisce l’origine della materia prima, 100% Made in Veneto”. Si è andati ben al di là del recupero di una razza bovina, si è infatti riusciti grazie al sostegno di partner pubblici (dalla Regione Veneto ad Avepa) e il coinvolgimento di associazioni e aziende private (da A.Pro.La.V. a Centro Veneto Fromaggi) a organizzare la filiera dalla stalla al banco del supermercato. “Abbiamo incontrato nel gruppo Alì Spa, leader nella GDO veneta, un partner che ha saputo vedere le potenzialità di questo progetto, per i valori che rappresenta sotto il profilo della salvaguardia delle tradizioni e del territorio Pedemontano e per la qualità dei nostri formaggi. Oggi – conclude Toniolo- i formaggi di vacca burlina sono venduti in esclusiva nei supermercati Alì e sono apprezzati dai consumatori”. Centro Veneto Formaggi è oggi una importante realtà lattiero-casearia specializzata nella produzione di formaggi tipici e affinati, con particolare attenzione alla materia prima, il latte, conferito da 174 stalle venete. www.venetoformaggi.it



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Tutto il gusto e la tradizione delle alici del Mar Cantabrico nella linea Faro di Rizzoli Emanuelli Risultato di un processo artigianale di alta qualità, frutto di una centenaria tradizione marinara, nei Filetti di Alici della linea Faro la rinomata acciuga Cantabrica è lavorata entro poche ore dalla pesca e confezionata in pratiche confezioni di plastica trasparenti da 70 grammi.

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Le migliori per dimensioni, polpa e gusto. È questo il motivo che rende i Filetti di Alici del Mar Cantabrico di Rizzoli Emanuelli, azienda di riferimento nell’utilizzo di packaging flessibile per le conserve ittiche, una vera tentazione. Disponibili in tre gusti: all’olio d’oliva, al prezzemolo e al peperoncino, ideali da assaporare semplicemente su un crostino di pane o per arricchire di gusto le ricette più sfiziose. Le acciughe del Mar Cantabrico hanno conseguito nel tempo importanti riconoscimenti a livello gastronomico; per scoprire perché sono così buone bisogna partire delle acque del mare in cui vivono: fredde, ossigenate e ricche di plancton, particolari condizioni che rendono le carni delle acciughe più succose, aromatiche e saporite. La pesca avviene in primavera, quando gli esemplari sono più grandi; la tecnica di pesca adottata è esclusivamente “al cerchio” con l’utilizzo di lampare, nel rispetto e nella salvaguardia dell’ecosistema marino. Tutto il processo produttivo è eseguito a regola d’arte: le alici vengono lavorate dal fresco, pulite a mano, messe a maturare in barili dove si lasciano stagionare dai tre ai sei mesi.

Infine, il confezionamento con la tecnologia vuoto-gas a garanzia di un’ottimale conservazione del prodotto che mantiene inalterate le proprietà organolettiche e sensoriali. Il packaging è innovativo e dotato di forte appeal a scaffale: la finestra trasparente consente al consumatore di vedere integralmente il prodotto prima dell’acquisto, senza la barriera dell’etichetta. Con le Acciughe del Mar Cantabrico Rizzoli Emanuelli conferma ancora una volta la sua spiccata attitudine nella produzione di specialità gastronomiche dal gusto unico e inimitabile. I Filetti di Alici del Mar Cantabrico della linea Faro sono disponibili al prezzo indicativo di 3,90 €. Con sede a Parma, Rizzoli Emanuelli è un’azienda storica nel mercato delle conserve ittiche, attiva dal 1906. Elevati standard qualitativi, grande attenzione alla selezione delle materie prime, la scelta di una pesca sostenibile rispettosa dell’ecosistema marino, l’utilizzo di packaging innovativi sono gli asset distintivi di questa società che coniuga nuove tecnologie di produzione con una lavorazione artigianale per mantenere inalterato tutto il gusto fresco di mare e le proprietà nutrizionali dei propri prodotti. Rizzoli Emanuelli propone un’ampia selezione premium che comprende alici, tonno e sgombro in diverse linee per la famiglia e la ristorazione. www.rizzoliemanuelli.it


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È solo dall’esperienza Bauli che nasce l’irresistibile sofficità del PAN DE ORO. Il fior di pandoro torna in tutta la sua delicatezza per un Natale dal gusto inconfondibile. Il vero cuore del pandoro Natale è riscoprire il sapore di momenti più dolci. A volte avere un prodotto unico fa la differenza: per questo Pan de Oro è l’ingrediente speciale per rendere l’atmosfera ancora più magica. Semplicità e tradizione si fondono in un irresistibile classico unico di Bauli: Pan de Oro, con la sua pasta soffice e leggera e la sua delicata e distintiva profumazione, conquista anche i palati più raffinati. Tutta la bontà e la sofficità si uniscono nel dolce più amato del Natale, per un regalo che viene dal cuore.

Occasione: Natale 2014 Linea: Oro Nome: Pan de Oro Grammatura: 750 g Prezzo al consumatore: 9,70 € Disponibile: da ottobre

Pan De Oro si veste per la festa e… Raffinato ed elegante, Pan de Oro si presenta per il Natale 2014 con una nuova veste che enfatizza l’eccellenza del prodotto. Oro, marrone e bianco perla infondono preziosità e pregio alla confezione, completata dal fiocco morbidamente annodato. È lo scrigno di un tesoro, il gioiello di pasticceria Bauli, pronto per essere regalato. … incontra Demi-Sec Ferrari Vestito di tutto punto, il fascino di Pan de Oro si incontra poi, per chi lo desidera, con Demi-Sec Ferrari, ed è un abbinamento ricercato che prepara con successo l’attesa trepidante del brindisi. Una proposta unica e di valore, che rende il tuo Natale più dolce e più prezioso. www.bauli.it facebook.com/dolcebauli

Occasione: Natale 2014 Linea: Oro Nome: Natale Deluxe Grammatura: Pan de Oro da 750 g e Ferrari Demi-Sec 75cl Prezzo al consumatore: 19,90 € Disponibile: da ottobre

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Il Natale Bauli è sempre più prezioso con Pan de Oro In una nuova e raffinata confezione

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del Piennolo del Vesuvio La coltivazione del “Pomodoro del Piennolo” lungo le pendici del Vesuvio ha radici antiche, come testimoniano alcune scene dei presepi della tradizione napoletana del 1700. Le bacche raccolte a grappoli, i cosiddetti “piennoli”, si conservano in maniera naturale fino alla primavera successiva.

Rosa Caiazzo, Nunzio D’Agostino, Patrizia Spigno, Riccardo Riccardi, Mario Parisi.

Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Caiazzo, D’Agostino, Spigno, Riccardi, Parisi

ALIMENTAZIONE

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Cenni storici: i progenitori e l’ecotipo dei giorni nostri. Il pomodoro, originario dell’America centro-meridionale, fu introdotto in Europa agli albori del XVI secolo dagli Spagnoli e, ben presto, si diffuse nei Paesi del bacino del Mediterraneo, grazie alle favorevoli condizioni pedoclimatiche. Nell’Italia meridionale, e in particolare in Campania, il pomodoro ha trovato la sua massima diffusione, principalmente, con l’affermazione delle tipologie a bacca piccola idonee per la coltivazione cosiddetta “seccagna”, cioè priva di sussidio irriguo. I due ecotipi di “pomodorino” campani più diffusi e storicamente più famosi sono il “Pomodorino di Corbara” o “Corbarino” ed il “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio” o “Vesuviano”. La coltivazione del “Pomodorino del Piennolo”, lungo le pendici del Vesuvio, ha radici antiche e ben documentate. Infatti, riprodu-

zioni artistiche dei “Pomodorini del Piennolo”, si trovano nella scena di presepi della tradizione napoletana risalente al 1700. L’antica storia del “Piennolo” è inoltre documentata nel saggio “Degli ortaggi e loro coltivazione presso la città di Napoli” scritto dal Bruni (1858), ove si fa menzione di pomodori a ciliegia, molto saporiti, che “si mantengono ottimi fino in primavera, purché legati in serti e sospesi alle soffitte”. Altra fonte letteraria è l’Annuario della Reale Scuola Superiore d’Agricoltura in Portici (attuale Dipartimento di Agraria), del 1885, dove il Palmieri descrive la pratica di conservazione delle bacche della varietà p’appennere in luoghi ombrati e ventilati dell’area vesuviana. L’ attuale “Pomodorino del Piennolo” deriva da vecchie varietà coltivate in loco (“pomodoro prugna”, “pomodoro a mazzetti”, “Fiaschella”, “Lampadina”, “Patanara”, “Principe Borghese” e “Re Umberto”). La pianta, a sviluppo indeterminato e con stelo molto esile tanto

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da necessitare di sostegni, produce frutti ovali-piriformi dallo spiccato sapore agrodolce, del peso unitario di circa 15-25 g, con apice stilare ben evidente (“pizzo”), portati in grappoli di 5-6 frutti, con evidente colletto verde-scuro ante-maturazione e di colore rosso vermiglio a maturazione completa. La maggior parte delle accessioni di “Piennolo” presenta frutti con costolature longitudinali più o meno evidenti e una tipica strozzatura in prossimità del colletto che insieme contribuiscono a formare la cosiddetta “pancia”. Caratteristiche peculiari delle bacche sono l’elevato contenuto in sostanza secca, l’ottima consistenza e l’assenza del carattere jointless. Il notevole spessore della cuticola e la sua elasticità riducono la disidratazione del frutto rendendo possibile una lunga conservazione allo stato fresco.

La destinazione tipica è quella da serbo: le bacche si raccolgono a grappoli, prima della completa maturazione e vengono posizionate su supporti di spago o su fili di ferro a formare corone di frutti (i cosiddetti “piennoli”), del peso di 4-5 Kg, riposte appese in locali sufficientemente ventilati, in modo da consentirne la conservazione fino al periodo natalizio o, addirittura, fino alla primavera successiva. Tuttavia è diffuso anche il commercio di prodotto fresco o in barattolo (pomodorini interi, immersi in conserva derivante dalla spremitura dei medesimi frutti). Tradizionalmente il “Pomodorino del Piennolo” è impiegato in cucina come condimento per la pasta e in abbinamento ad altre pietanze a base di ortaggi tradizionali. È fortemente radicato nella tradizione gastronomica napoletana per il suo impiego

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nel primo piatto caratteristico della vigilia di Natale “spaghetti con frutti di mare e pomodorini”. Da alcuni anni questa produzione tipica è diventata anche un Presidio Slow Food (www.fondazioneslowfood.it). Denominazione d’Origine Protetta (DOP) La Denominazione di Origine Protetta (DOP) “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio” è stata riconosciuta, ai sensi del Reg. CE n. 510/06, con Regolamento n. 1238 del 11.12.09 (pubblicato sulla GUCE del 17.12.09). L’iscrizione al registro nazionale delle denominazioni e delle indicazioni geografiche protette è avvenuta con provvedimento ministeriale del 18.12.09, pubblicato sulla GU n. 2 del 4.01.10, unitamente al disciplinare di produzione. La zona di produzione e condizionamento della DOP comprende 17 comuni della provincia di Napoli e parte del comune di Nola, secondo quanto riportato dal disciplinare di produzione (www.agricoltura.regione.campania.it).

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le produzioni, fresche e conservate, sono smaltite rapidamente e senza alcuna difficoltà soprattutto sul mercato locale e nazionale, anche presso la grande distribuzione. Inoltre si è sviluppato un interessante mercato di esportazione verso i paesi del centro Europa, Germania in particolare. Considerando il lungo periodo di commercializzazione (da luglio a maggio dell’anno successivo) e la variabilità del prezzo nel tempo (da 1 a 6-7 euro al chilogrammo) è difficile determinare un fatturato medio per questa DOP.

Le aziende presenti nell’areale della DOP, distribuite lungo tutto il complesso montano del Somma-Vesuvio, sono di dimensioni molto piccole e l’offerta di prodotto è piuttosto frammentata. Il prodotto che confluisce nella DOP, circa 3000 quintali, rappresenta il 15-20% di tutta la produzione dell’areale di coltivazione. Le rese oscillano fra i 60 e i 200 q/ha (tuttavia, il limite previsto nel disciplinare della DOP è fissato a 160 q/ha). Il riconoscimento della DOP e l’apprezzamento da parte del consumatore hanno rivitalizzato l’intero comparto tanto che tutte

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La coltivazione e la commercializzazione La coltivazione del “pomodorino del Piennolo del Vesuvio” è tradizionalmente condotta con limitati sussidi irrigui e con ridotto impiego di fertilizzanti, grazie alla naturale ricchezza dei terreni vulcanici. Il trapianto è effettuato in file singole, tra il 15 marzo e il 15 maggio, con messa a dimora di piantine prodotte in semenzai a terra o in contenitori alveolati. La densità d’impianto non deve essere superiore a 45.000 piante per ettaro. “Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP” va coltivato esclusivamente in pieno campo; le piante, allevate in verti-

cale, sono sostenute con legature di fili tesi fra paletti di sostegno. La raccolta deve essere eseguita a mano, nel periodo compreso tra il 20 giugno ed il 31 agosto. Durante la conservazione dei pomodorini in “piennoli”, allestiti come specificato in precedenza, il disciplinare della DOP vieta esplicitamente trattamenti chimici per il miglioramento della conservabilità, mentre possono essere usati unicamente sistemi fisici per la miglior protezione del prodotto quali retine contro gli insetti ed apparecchi ad ultrasuoni. L’immissione al consumo della DOP “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio”, deve

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sigillati, con capienza fino ad un massimo di 10 kg (fonte: disciplinare di produzione).

avvenire secondo le seguenti modalità: • allo stato fresco, il prodotto deve essere posto in vendita o in bacche o in grappoli, posti alla rinfusa in idonei contenitori sigillati, con capienza fino ad un massimo di 10 kg.; • conservato “al piennolo”; i piennoli devono avere un peso massimo di 5 kg ed essere posti in vendita o singolarmente con il logo identificativo della DOP o in idonei contenitori sigillati. • conservato, allo stato di bacche o di grappoli, posti alla rinfusa in idonei contenitori

La ricerca a supporto della tipicità e della qualità L’ Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania ha finanziato nel corso dell’ultimo decennio alcuni progetti di recupero e valorizzazione di accessioni dell’ecotipo “Vesuviano”. Per una decina di queste è stata eseguita una caratterizzazione agronomica, genetica e nutrizionale. Le prove agro-

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nomiche hanno permesso di evidenziare la variabilità, in termini di produttività (fino a 250-300 q/ha in condizioni di “asciutto”), attitudine alla trasformazione ed alla conservabilità in “piennoli”. Il seme prodotto è conservato presso la Banca Regionale del germoplasma ed è disponibile per gli agricoltori interessati alla messa in coltura. Nell’ambito del “Programma delle attività di collaudo e sperimentazione del Centro Orticolo Campano” (annualità 2013-2014) è stata svolta una sperimentazione per il miglioramento della conservabilità del prodotto in “piennoli”, mediante l’utilizzo in pre-raccolta di formulati (fungicidi o corroboranti) di sintesi o di origine naturale, comunque ammessi dal disciplinare DOP. Infine, nell’ambito del progetto finanziato dal MIUR dal titolo “Piattaforme integrate

per applicazioni di post-genomica in pomodoro”, GenoPompro, è in corso un’attività di ricerca interdisciplinare che mira a studiare i meccanismi molecolari e fisiologici di maturazione e appassimento post-raccolta delle bacche di “Vesuviano” che ne determinano la lunga shelf-life.

Rosa Caiazzo, Nunzio D’Agostino Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura, Centro di Ricerca per l’Orticoltura (CRA-ORT) e Riccardo Riccardi ARCA 2010 Società Cooperativa ARL

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Fondazione di Comunità presenta il progetto Pollicino ecco il latte buono che fa davvero del bene Il progetto presentato oggi a Conegliano alla presenza del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Grazie alla collaborazione con Latteria Soligo sarà distribuito in tutto il Nord Italia un milione di litri di latte: per ogni litro venduto l’azienda devolverà un centesimo alla Fondazione. Il ricavato servirà a sostenere progetti a favore dell’infanzia nell’ambito dell’Ulss 7.

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Un milione di litri di latte per contribuire alla serenità di tanti bambini in difficoltà. E’ il Progetto Pollicino lanciato oggi da Fondazione di Comunità della Sinistra Piave O.N.L.U.S. in collaborazione con Latteria Soligo, alla presenza del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Dal 10 Ottobre fino al 14 Dicembre 2014, l’azienda leader nel comparto lattiero-caseario nel Nordest, distribuirà attraverso la propria rete di vendita (supermercati, ma anche ristoranti, gelaterie e panifici nelle regioni di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia ed Emilia Romagna) un milione di confezioni di latte che riporteranno la simpatica immagine simbolo del Progetto Pollicino: per ogni litro venduto Latteria Soligo devolverà un centesimo a favore della Fondazione. Il ricavato servirà a finanziare attività e micro-azioni a supporto dell’infanzia, realizzate nell’ambito del Piano Socio Sanitario dell’Ulss 7 di Pieve di Soligo. “Siamo orgogliosi di poter essere - afferma Fiorenzo Fantinel, presidente della Fondazione di Comunità - il primo esempio a livello nazionale di welfare alternativo capace di innovare davvero le dinamiche sociali. In questa nuova idea di stato sociale i cittadini, non più solo consumatori, possono compiere scelte consapevoli innescando con i loro comportamenti quotidiani concrete azioni di solidarietà a favore del proprio territorio. D’altra parte, le imprese possono ritrovare quella responsabilità sociale che può essere motore di benessere per l’intera comunità. Per far questo stiamo creando una rete di aziende locali sensibili a progetti filantropici e abbiamo trovato subito in Latteria Soligo una risposta positiva, anche per i valori cooperativistici che da sempre l’azienda incarna”. Partire dal gesto semplice e quotidiano che ogni mattina si fa bevendo del latte a colazione, coinvolgere le famiglie entrando nelle case, attivare risorse attraverso la sensibilità di una grande impresa, finalizzate a progetti concreti a favore dell’infanzia: tutto questo è il Progetto Pollicino che, come nella favola, ritrova la giusta strada

grazie ad un piccolo gesto. “Latte è vita: è da sempre uno slogan di Latteria Soligo. Siamo perciò felici di contribuire - afferma il presidente di Latteria Soligo, Lorenzo Brugnera - ad un progetto che, grazie al latte prodotto ogni giorno nelle stalle dei nostri soci e grazie ai nostri clienti, potrà realizzare qualcosa di importante per i bambini in difficoltà in un territorio che raccoglie 28 Comuni e oltre 220mila abitanti. Latteria Soligo è nata 130 anni fa come Cooperativa Sociale, perciò ha nel suo DNA l’attenzione verso il territorio. Lo statuto dei nostri padri fondatori ci chiede di realizzare ogni giorno “prodotti perfetti”, ovvero attenti al benessere dei nostri consumatori. Oggi possiamo realizzare questa mission non solo producendo un latte di qualità, ma anche contribuendo concretamente a migliorare le condizioni di vita di tanti bambini”. Fondazione di Comunità devolverà il ricavato dell’operazione all’Ulss 7 di Pieve di Soligo e alla Conferenza dei Sindaci per la realizzazione di progetti concreti a favore dell’infanzia. “Il Progetto Pollicino - promosso dalla Fondazione di Comunità e sostenuto dalla Latteria Soligo - offre una possibilità in più per prendersi cura della famiglia e dei minori in questo territorio, sostenendo percorsi innovativi di affido e di solidarietà tra le famiglie e creando le condizioni per la costituzione di un Fondo Solidale per intervenire nelle situazioni di emergenza dei bambini e ragazzi in grave difficoltà - sottolinea il Direttore Generale dell’ULSS 7 Gian Antonio Dei Tos - L’idea che sta alla base del Progetto è quella di sostenere la famiglia in difficoltà attraverso un percorso che possa aiutarla a individuare strumenti utili per affrontare la crescita dei figli ed i problemi connessi alla gestione della vita quotidiana”. www.fondazionesinistrapiave.it www.latteriasoligo.it



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IN AMERICA LA MOSTARDA LAZZARIS È SEMPRE PIÙ “COOL” Sull’onda del successo dell’Italian lifestyle, anche la mostarda conquista gli Stati Uniti. L’azienda Lazzaris, grazie ad una brillante promozione nel mercato statunitense e all’individuazione di un “brand ambassador” è riuscita ad implementare notevolmente le vendite e la distribuzione, tanto che nella West Coast i migliori ristoranti e gastronomie propongono la mostarda Lazzaris. Un grande risultato per un’azienda che si è data come mission l’ampliamento dei mercati internazionali.

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L’ultimo must negli Stati Uniti in tema di cibo, si chiama mostarda. Sarà per il caratteristico sapore forte e piccante che ben si adatta ai gusti culinari degli americani, fatto sta che proprio questa particolare specialità Made in Italy sta vivendo un momento d’oro Oltreoceano. Con il tacchino o la carne al barbecue, gli americani hanno scoperto un gusto inedito: piace il mix dolce-piccante e il sapore unico della mostarda! Lo conferma l’azienda Lazzaris, realtà leader nel settore delle mostarde artigianali, delle confetture biologiche, delle marmellate e delle salse di frutta, che negli States segnala un’espansione delle vendite, grazie alle quali arriva a prevedere per la fine del 2014 un fatturato in incremento di ben tre volte superiore a quello dello scorso anno. C’è da aggiungere che la crescita nella vendita dei prodotti italiani negli Stati Uniti è stata favorita dalla diffusione di programmi televisivi di cucina come ‘Everyday Italian’, un format molto seguito tra lifestyle e food italiano. “Vediamo il mercato statunitense come una grande opportunità per il nostro export – afferma Alberto

Lazzaris – con l’importatore il rapporto era statico e la sfida è stata quella di affidarci ad un ‘brand ambassador’, un giovane americano, che con passione e dedizione è riuscito a promuovere i nostri prodotti, a trovare il canale distributivo migliore e a declinare le nostre mostarde secondo i gusti e le esigenze di quel mercato. Da circa un anno lo abbiamo trovato e devo dire che da quando c’è lui si sono aperti dei canali comunicativi talmente diretti e stretti che ci hanno portato ad avere degli sviluppi impressionanti: il triplo del fatturato dell’anno scorso, ma questo è soltanto l’inizio”. Il successo dell’azienda Lazzaris negli USA, è stato sostenuto da una campagna di marketing con un concept grafico dall’alto impatto visivo che ha saputo trasferire freschezza ed emozionalità: una tavolozza dove al posto dei colori ci sono le mostarde, rivelandone l’ampia varietà di referenze e gusti, ma soprattutto i molteplici abbinamenti in cucina. Un vero successo! Lazzaris, la più antica azienda veneta produttrice di mostarde artigianali, annovera anche il primato del più ampio assortimento, ben 19 varianti, e in questi giorni nel reparto spedizioni grande fermento: la mostarda è pronta per essere spedita non solo negli Stati Uniti ma anche in Australia, Giappone e Cina e non da ultimo in Italia, dove da Roma in giù sembra essere molto richiesta. L’azienda artigianale di Conegliano, promotrice della tradizione culinaria veneta e italiana nel mondo, è presente in più di 25 Paesi tra Europa, Stati Uniti, Brasile, Canada e Australia. Il mercato export per l’azienda veneta occupa un posto di primo piano raggiungendo circa il 30% del fatturato globale, con l’obiettivo di raggiungere quote più ampie nei prossimi anni. www.lazzaris.com


PER LE PROSSIME FESTIVITÀ COLLABORAZIONE DI GUSTO TRA LAZZARIS E FERRARI FORMAGGI L’azienda Lazzaris Spa, fondata nel 1901 dal pasticcere Luigi Lazzaris, che con la sua lungimiranza e passione di sperimentatore diventa ben presto famoso per le sue mostarde ottenute, come da antica ricetta, mescolando zucchero, mele cotogne, frutta candita e senape, ottenne fin da subito importanti riconoscimenti, anche internazionali e numerosi consensi, già a partire dal dopoguerra. Oggi l’azienda, guidata dall’intraprendente Alberto Lazzaris alla direzione generale e da Alessandro Fumo alla direzione commerciale è presente in oltre 25 paesi tra Europa, Stati Uniti, Brasile, Canada, Australia, Asia e Russia e combina gusto e sperimentazione con l’obiettivo di diffondere la cultura del cibo. Dalla mostarda veneta alle confetture, dalla cotognata fino alle deliziose salse di frutta da abbinare ai formaggi, quello dell’azienda Lazzaris è un successo fatto di ricerca e innovazione continua, di nuovi accostamenti e lavorazioni all’avanguardia in risposta alle moderne esigenze del mercato. Ma, prima di tutto, un successo che nasce dalla qualità nella scelta delle materie prime, provenienti anche da coltivazioni biologiche di proprietà. In Italia i prodotti Lazzaris sono distribuiti nei negozi specializzati, delicatessen, distribuzione moderna, catering e canale Horeca. Dal 1823, Ferrari Giovanni Spa è un’azienda altamente specializzata nella produzione, selezione, stagionatura e confezionamento di formaggi italiani ed internazionali.

L’azienda è presente sul mercato italiano con i brand Ferrari (prodotti porzionati e grattugiati) e GranMix (blend di grattuggiati di qualità). L’azienda fa capo alla famiglia Ferrari, attiva nella direzione e sviluppo dell’azienda nelle persone del Presidente Giovanni Ferrari, e delle figlie Silvia, Laura e Claudia, e coinvolge nel lavoro 170 persone. L’attività di selezione, stagionatura, porzionatura, grattugia e confezionamento avviene nelle due unità produttive di proprietà situate ad Ossago Lodigano (Lo) e Fontevivo (Pr). Inoltre grazie al suo caseificio di famiglia Ferrari di Bedonia nell’Alta Valtaro, viene valorizzata una produzione di nicchia e di alta qualità, quella del Parmigiano Reggiano DOP Prodotto di Montagna, preservando l’economia montana della zona e salvaguardando il territorio e l’attività delle persone che ci lavorano, da chi conferisce il latte e chi lo lavora da sempre con amore. Dall’incontro di queste due affermate realtà nascono per le festività 2014 confezioni gastronomiche gustose e inedite, come il Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna 30 mesi Ferrari con 2 vasetti salsa di frutta Lazzaris da 50g in vendita a partire da 8,00 € e il Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna Percorso Degustazione Verticale con 2 vasetti salsa di frutta Lazzaris da 50g, in vendita a partire da 16,00€. www.lazzaris.com www.ferrariformaggi.it

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AUTUNNO DETOX ALLA MEDICAL SPA DI GALZIGNANO TERME SPA & GOLF RESORT Programma dedicato alla depurazione del corpo al miglioramento dello stile di vita: si acquisisce consapevolezza del proprio corpo e della propria mente, nutrendoli in modo appropriato e imparando a gestire le conflittualità della vita quotidiana.

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Perché scegliere il programma Detox: Il nostro organismo è una sorta di sistema di flusso: giornalmente entrano tossine di diversa natura quali farmaci, eccipienti o coloranti alimentari, campi elettromagnetici, inquinanti ambientali ma anche frustrazione, rabbia, traumi fisici o psichici. Il corpo è in grado di liberarsene attraverso gli “organi emuntori”: reni, intestino, pelle, polmoni e anche la nostra stessa reattività alle emozioni. Se però l’organismo subisce una massiva entrata di tossine o blocca anche solo uno dei suoi organi emuntori (stipsi, diuresi ridotta, emozioni trattenute...) è costretto a depositarle dapprima nel tessuto connettivo, che è il tessuto che “circonda” le cellule, e poi all’interno delle cellule aprendo la strada a malattie croniche degenerative. Alimentazione: Il cibo come alleato per la nostra salute: mangiamo tre pasti al giorno e la maggior parte di noi aggiunge anche due spuntini o più se si è tristi, giù di morale o sotto stress. Non ci sono farmaci che noi prendiamo così assiduamente e in così grande quantità: ecco perché l’alimentazione è la nostra prima terapia. Il programma nutrizionale è personalizzato con particolare attenzione sia ai valori nutrizionali che alla loro capacità di eliminare le tossine. Una combinazione di ingredienti sani, semplici e freschi con un tocco gourmet firmato dall’executive chef stellato Andrea Ribaldone. Trattamenti Medical Spa: · Screening di base con prelievo in hotel (esame del sangue e delle urine) · Visita medica integrata: la visita medica punta l’attenzione sulla persona nella sua globalità mente-corpo, partendo dal presupposto che, come già detto, ogni malattia è l’espressione di uno squilibrio più generale di tutto l’organismo, in una relazione detta psico-neuroendocrino-immunologia (PNEI). Scopo principale della visita è ricercare la causa di partenza del problema, lo stato di salute dell’organismo intero e l’incidenza dello stile di vita, dello stress quotidiano, dei traumi fisici e psichici subiti, dell’alimentazione e delle terapie in atto. Ove necessario verranno consigliati farmaci omeopatici e omotossicologici per aiutare l’organismo nel suo naturale processo di drenaggio, disintossicazione e

recupero dell’equilibrio endocrinologico, immunologico ed emozionale. Su richiesta è possibile studiare un piano alimentare personalizzato finalizzato al dimagramento. · Seduta di Corpo e Coscienza Metodo Courchinoux: conoscenza di sé, aggiustamento posturale, riarmonizzazione energetica e gestione delle emozioni. Un’incredibile esperienza che insegna ad impostare e gestire il proprio corpo seguiti da un medico o da un fisioterapista. Trattamenti beauty & spa: • Linfodrenaggio con Metodo Vodder • Trattamento corpo Drenante e Detossinante • Servizio tisaneria dedicato • Lezione individuale con il personal trainer Sport & Relax: • Attività sportiva giornaliera • Accesso alla palestra attrezzata • Uso illimitato delle piscine termali con idromassaggi, sauna, grotta termale, percorso Kneipp. www.galzignano.it


CALEIDOSCOPIO LA POLPAPIÙ CIRIO NUOVA RICETTA, LA POLPA CHE NON C’ERA La prima polpa fine con corposi pezzi di pomodoro. CIRIO lo specialista del pomodoro dal 1856, da sempre sinonimo di esperienza e alta qualità, propone ancora una novità per gli amanti del pomodoro. La novità è La PolpaPiù, una polpa di pomodoro realizzata solo e rigorosamente con pomodoro italiano, coltivato nelle aree più vocate del Paese e raccolto al punto giusto della maturazione per ottenere la migliore resa finale.

• Più pratica e veloce, si accompagna alla perfezione ai primi piatti di pasta; • Più versatile in cucina, è ideale anche per piatti a base di verdura e per tutte le cotture veloci; • Più aderenza alla pasta garantisce un migliore risultato ad ogni piatto. Prezzo di vendita Cluster da 3 confezioni (400grx3) a 2.70 euro a confezione. Ingredienti Polpa di pomodoro, sale, correttore di acidità, acido citrico.

Il connubio tra gusto deciso, fresco e genuino, e la perfetta densità creata dall’integrazione ideale tra salsa e pezzi, rende La PolpaPiù una polpa dalla bontà vincente, con un aspetto invitante, un colore vivace e un profumo intenso.

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La PolpaPiù è la polpa che non c’era, tutta nuova nella ricetta, unica e distintiva, con il mix perfetto tra polpa fine e polpa a cubetti, una consistenza equilibrata che unisce i plus dei due tipi di polpa.

107 Su www.cirio.it è possibile trovare tante ricette e consigli pratici in cucina per gustare al meglio La PolpaPiù.


FORMAGGI D’ITALIA

L’Italia è il Paese dell’Unione Europea che ha il maggior numero di formaggi DOP, ben 41, ed il mggiore consumo annuale di formaggi a testa, circa 20 Kg. Il formaggio è una delle maggiori fonti nutrizionali di proteine e di calcio e viene consumato con il pane o come ingrediente aggiuntivo per dare sapore. Giovanni Ballarini


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Agricoltura oggi

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ITALIA DEI MILLE FORMAGGI Charles De Gaulle affermò che non era possibile unificare un Paese che conta 256 tipi di formaggi; ma cosa dire dell’Italia che secondo alcune indagini ne conta 403 e gli esperti del mercato gastronomico ritengono che il loro numero superi i 500, o addirittura si possa arrivare a 1000? “Dietro ogni formaggio c’è un pascolo d’un diverso verde sotto un diverso cielo….” dice il Palomar di Italo Calvino e il Belpaese, che non a caso é stato anche il nome di un formaggio, vede una folla di formaggi vaccini, pecorini e caprini, grassi, semigrassi e magri, erborinati, freschi e stagionati, a pasta dura, semidura e molle. L’Italia è anche il Paese dell’Unione Europea che ha il maggior numero di formaggi a Denominazione d’Origine Protetta (DOP) e gli italiani ne godono mangiando annualmente circa 20 chili di formaggio a testa.

ni giungono molto più tardi, che forniscono latte per un consumo familiare e immediato. In seguito, quando nasce l’agricoltura, sorgono gli insediamenti dei villaggi e delle città, il latte diviene merce di scambio e bisogna conservare quello eccedente. Questo avviene con la produzione di una bevanda acidificata per opera della microflora microbica che dai pascoli è portata ai villaggi in otri di stomaco animale o di pelle. Sicuramente la prima trasformazione del latte praticata nei tempi antichi è simile al kumis, citato da Erodoto e Senofonte, o al bulgaro kefir dal quale deriva l’attuale yogurt.Parrebbe che l’invenzione dei latti acidi si debba ai pastori che circa 18.000 anni fa popolavano la Mesopotamia. Alcuni studiosi ritengono che i tartari, i tibetani e i persiani furono i primi a cimentarsi strutturalmente nell’arte casearia, ma non esistono documenti sicuri. Al momento la fonte più antica che testimo-

UNA STORIA CULTURALE ANTICA La produzione del formaggio è intimamente legata all’allevamento del bestiame; la pastorizia in particolare, la prima attività dell’uomo dopo la caccia e la raccolta, precede la nascita dell’agricoltura. All’inizio sono piccole greggi composte di pecore o capre, mentre i bovi-

nia con particolare precisione le fasi di lavorazione del latte è un bassorilievo sumero datato III millennio a. C. Nel “Fregio della latteria”, questo è il nome attribuito all’epigrafe, sono rappresentati dei sacerdoti impegnati nella lavorazione del latte. Dal latte acido prende avvio la produzione di primi formag-

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gi molli, consumati esclusivamente freschi. É nel 5.000 a. C. che in Italia si diffonde l’allevamento di ovini e caprini. Fonti archeologiche permettono di datare nel 2.800 a.C. l’inizio della produzione di un formaggio molle. 3.000 anni fa circa vi sono formaggi stagionati e duri, come quelli prodotti da Polifemo

e dettagliatamente descritti da Omero nell’Odissea, o quello che Macaone fa grattugiare nel vino come racconta sempre Omero nell’Iliade. A questo punto i formaggi divengono alimenti caratterizzanti tutta la vasta area mediterranea e si differenziano in un’ ampia varietà di tipi.

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COME NASCE IL FORMAGGIO L’arte casearia si basa da sempre su pochi elementi di base: latte, caglio, calore, sale. Tutto parte da una scoperta: qualcuno nota che il latte di pecora o di capra, lasciato per un certo periodo in alcuni recipienti, coagula spontaneamente se si aggiunge del latice di fico o di altro vegetale. In seguito la parte solida si divide in una parte liquida (siero) e in una pasta (cagliata) che aumenta di consistenza fino a prendere la forma del contenitore. Per questo i primi formaggi prendono il nome di giuncata, dai canestri intrecciati con rami di giunco nei quali prende forma la cagliata. Il termine di formaggio, secondo alcuni

deriva dal greco formos (messo in forma), secondo altri da formaticum, parola con la quale si indica una forma di questo prodotto “de caseus formatus” (formato da formaggio - caseus, infatti, in latino è il termine proprio del formaggio). La pasta può essere anche “mozzata” in piccoli pezzi e quindi diviene mozzarella. Oppure le forme di cacio sono messe a maturare a cavallo di un bastone e diventano caciocavallo. I primi formaggi primaverili sono quelli del latte di marzo o “marzolini”, mentre altri formaggi prendono il nome della zona di produzione: Parmigiano, Gorgonzola, Asiago e così via per tante altre denominazioni.

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Nel 1865 Joseph Hording, uno dei più famosi produttori di formaggio Cheddar, in Inghilterra idea e utilizza il siero acido del giorno precedente per arricchire la popolazione microbica del latte da trasformare in formaggio. Un’altra grande scoperta applicata alla lavorazione del latte e del formaggio é di Louis Pasteur (1822 – 1895) che introduce la pastorizzazione (che da lui prende nome); in altre parole il risanamento termico applicato al latte per minimizzare i rischi per la salute, causati da microrganismi patogeni, senza modificare le proprietà nutritive e organolettiche dell’alimento. Nel XIX secolo l’attività casearia diviene artigianale condotta da una o più persone nella propria bottega o masseria di campagna, per poi passare a processo industriale nella nuova struttura adibita a tale scopo, il caseificio. Nel XX secolo continua il processo di perfezionamento tecnologico, aumenta la qualità e la sicurezza igienicosanitaria del formaggio, per tutelare sempre di più il consumatore, ma le norme che limitano l’utilizzo di latte crudo e la vendita al dettaglio compromettono la

secolare tradizione lattiero-casearia, a scapito soprattutto delle piccole realtà produttive tipiche del territorio. Anche per reazione, nel secondo dopoguerra (1950) nascono le Denominazioni Tipiche e di Origine, mentre le Denominazioni di Origine Protetta (DOP) si sviluppano tra la fine del 1990 e l’inizio del 2000. FORMAGGIO RICCO DI PROTEINE E CALCIO Il formaggio è una delle principali fonti nutrizionali di proteine e di calcio. Questi nutrienti sono necessari per l’accrescimento e lo sviluppo del corpo, in particolare per ossa e denti. Un pezzo di un formaggio a pasta dura della misura di una scatola di fiammiferi (40-50 grammi) procura circa la metà del fabbisogno proteico giornaliero per un adulto e circa un terzo del calcio richiesto dall’organismo di un giovane. Le proteine del formaggio sono di alta qualità. Inoltre nei formaggi stagionati le proteine sono in parte, “predigerite” e sono trasformate in peptidi e aminoacidi, tra questi anche

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quelli che determinano il sapore. Importante, tra gli aminoacidi, é l’acido glutammico, un potente insaporente e di cui sono ricchi i formaggi a lunga stagionatura, come il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano e altri formaggi. Per questo un cucchiaino di questi formaggi grattugiati insaporisce in modo eccellente una pasta in brodo o una verdura cotta. Il calcio del formaggio è facilmente utilizzabile dall’organismo, più di quello dei vegetali. Il formaggio contiene inoltre vitamine A, B2, niacina, B12 e D, oltre a zinco e fosforo.

tenuta nei formaggi, magri e a pasta dura, è costituita da grassi saturi, ma oggi sono disponibili anche formaggi con pochi grassi, in particolare per i formaggi stagionati. Di conseguenza, ognuno può scegliere il formaggio più adatto alla sua dieta e al proprio fabbisogno calorico. SAGGEZZA DEL SALE Nei formaggi stagionati é presente il sale (cloruro di sodio), che ha molte funzioni: contribuisce a dare sapore, consistenza e soprattutto sicurezza. Contrariamente a quanto si pensa, formaggi quali il Grana e Parmigiano contengono poco sale. Per fare un confronto, 3 grammi di sale da cucina corrispondono a 1.200 milligrammi di sodio, mentre 10 grammi di Parmigiano ne contengono 45. Quello che dà sapore è il citato acido glutammico, un esaltatore del gusto.

GRASSI CHE NON FANNO PAURA Nei formaggi sono presenti grassi da meno di 10 grammi a circa 35 grammi per 100 grammi di prodotto. La ricotta ha la quantità minore, i formaggi stagionati hanno la quantità maggiore. La maggior parte dei grassi con-

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FORMAGGI ITALIANI DOP • Asiago • Bitto • Bra • Caciocavallo Silano • Canestrato di Moliterno • Canestrato Pugliese • Casatella Trevigiana • Casciotta d’Urbino • Castelmagno • Fiore Sardo • Fontina • Formaggio di Fossa di Sogliano • Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana • Gorgonzola • Grana Padano • Montasio • Monte Veronese • Mozzarella di Bufala Campana • Mozzarella • Murazzano • Parmigiano Reggiano

• Pecorino di Filiano • Pecorino Romano • Pecorino Sardo • Pecorino Siciliano • Pecorino Toscano • Piacentinu Ennese • Piave • Provolone del Monaco • Provolone Valpadana • Quartirolo Lombardo • Ragusano • Raschera • Robiola di Roccaverano • Spressa delle giudicarie • Stelvio o Stilfser • Taleggio • Toma Piemontese • Valle d’Aosta Fromadzo o Vallèe d’Aoste Fromadzo • Valtellina Casera • Vastedda della Valle del Belice

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La produzione di formaggi con una ridotta quantità di sale è ancora in sperimentazione, tuttavia gli sforzi per ridurre il sodio potrebbero avere più successo per altri tipi di alimenti. Il calcio e il potassio contenuti nel formaggio possono contrastare gli effetti del sodio sulla salute, sottolineando il beneficio di diversi nutrienti che lavorano in sinergia in tutti gli alimenti.

giuntivo per dare sapore. I formaggi stagionati, relativamente ricchi di grassi e sale, hanno un gusto deciso, sono economicamente convenienti e sicuri. La riduzione dei grassi modifica il sapore e la consistenza, la riduzione del sale oggi non compromette la sicurezza, perché per i formaggi freschi si usa latte pastorizzato, ma in entrambi i casi aumenta il valore nutritivo. Quasi tutti i formaggi contengono vitamine e minerali, e qualunque siano le preferenze gustative e gastronomiche, sono un alimento ricco di nutrienti. Se consumati in giusta misura, i formaggi sono importanti per una dieta salutare e bilanciata, tipica della cultura italiana.

IL FORMAGGIO FA PARTE DI UNA DIETA SALUTARE E BILANCIATA I formaggi sono molto apprezzati nella cultura alimentare italiana e sono consumati in diversi modi: innanzitutto con il pane, come pietanza principale o come ingrediente ag-

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Per questo l’INRAN (Istituto Nazionale Ricerca Alimentazione e Nutrizione) per una nutrizione equilibrata consiglia di consumare tre porzioni giornaliere di latte e/o yogurt e tre porzioni settimanali di formaggi.

FORMAGGI SULLA TAVOLA DEGLI ITALIANI La produzione italiana di formaggi é di circa 2 milioni di quintali per anno e il consumo pro capite é di circa venti chilogrammi per anno, simile a quello dei salumi. Questo indubitabile “successo”, che pone gli italiani assieme ai francesi tra i popoli più amanti dei formaggi, dipende da una serie di condizioni e in particolari dalle seguenti: - i formaggi appartengono ad una tradizione alimentare antica, fortemente radicata in consuetudini gastronomiche e fanno parte dei paesaggi gastronomici dei quali l’Italia é particolarmente ricca, come dimostra l’alto numero di formaggi DOP italiani. - i formaggi si sono evoluti e si sono adeguati alle moderne esigenze nutrizionali (più nutrienti e meno calorie) e agli attuali stili alimentari.

FORMAGGI, BELLEZZA E UNGHIE FORTI Consumare regolarmente latte, yogurt, burro e formaggi è importante anche per la bellezza e per avere unghie belle e sane poiché i latticini contengono minerali e vitamine indispensabili per farle crescere sane e forti, senza antiestetiche striature o irregolarità. I formaggi sono un’ottima fonte di proteine di ottima qualità, contengono calcio e vitamina B2, che rafforzano le unghie, vitamina E che regola il contenuto di acqua delle unghie e dà loro morbidezza e flessibilità, e zinco in forma altamente biodisponibile e necessario per produrre la cheratina che rende forti le unghie e impedisce che si spezzino con facilità.

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FORMAGGI E PRESSIONE DEL SANGUE

FORMAGGI E COLESTEROLO

Oltre ai grassi, i formaggi hanno altri componenti salutari e oggi si dà particolare attenzione ai peptidi bioattivi, che si liberano in seguito alla proteolisi cui vanno incontro le proteine del latte durante la maturazione del formaggio iniziata dai batteri e dalle muffe. Ad alcuni di questi peptidi bioattivi si attribuiscono benefici effetti sul sistema cardiovascolare per un’azione antitrombotica, il potenziale effetto favorevole sulla pressione sanguigna al quale potrebbero concorrere anche altri componenti presenti nel latte e nei suoi derivati. Uno dei processi che regolano la pressione è dovuto al cosiddetto sistema renina-angiotensina-aldosterone e nel formaggio sono stati identificati alcuni peptidi bioattivi in grado di inibire tale enzima, con possibile effetto antipertensivo. Alcune di queste proprietà favorevoli del formaggio compaiono durante il processo di maturazione. Altri vantaggi vi sono nei formaggi erborinati e a crosta fiorita (come gorgonzola, roquefort, camembert) per la presenza di muffe che favoriscono la formazione di sostanze, come le andrastine A-D, inibitori della farnesiltransferasi, uno dei principali enzimi coinvolti nella sintesi del colesterolo. Una recente ricerca italiana ha dimostrato che 30 grammi al giorno di Grana Padano DOP aiutano a tenere sotto controllo la pressione alta e il merito sarebbe di frammenti proteici chiamati tripeptidi che si sviluppano nella fermentazione del latte a opera del batterio Lactobacillus helveticus. La massima concentrazione di tripeptidi si raggiunge quando il formaggio ha 9-12 mesi di stagionatura.

I formaggi sono ingiustamente colpevolizzati per il colesterolo. Nella maggioranza del genere umano il colesterolo alimentare non sembra aumentare il rischio di malattia cardiovascolare, anche perché, contrariamente a quanto spesso si crede, la maggior parte del colesterolo presente nel corpo umano non è di origine alimentare (esogeno) ma é fabbricato all’interno dell’organismo (endogeno). Ogni giorno é prodotto internamente circa un grammo di colesterolo, mentre l’apporto alimentare è di soli 0,3 grammi circa (ovviamente si tratta di un valore medio che può variare in base alle diverse abitudini alimentari). Da qui possiamo trarre un primo insegnamento: anche evitando accuratamente tutti gli alimenti che contengono colesterolo, è possibile riscontrare, in occasione delle analisi del sangue, valori elevati relativi a questa sostanza.

FORMAGGI E GRASSI SATURI Gli acidi grassi saturi sono oggetto di un dibattito e vi sono esperti che hanno raccomandato di limitarne il consumo a non più del 10% delle calorie totali giornaliere per ridurre il rischio di malattia coronarica. Oggi invece si dà importanza alla loro origine. Infatti, si é visto che un elevato apporto di acidi grassi saturi da latte e derivati si associa a una riduzione del rischio cardiovascolare, mentre accade il contrario per gli acidi grassi saturi provenienti dalla carne. In particolare non vi é alcuna associazione fra rischio cardiovascolare e acidi grassi saturi derivanti da burro e da fonti di origine vegetale. Inoltre esistono dati che supportano l’effetto benefico dei prodotti lattiero - caseari sul rischio di diabete di tipo 2.

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FORMAGGI E INTOLLERANZE Come tutti gli alimenti, anche per i formaggi esistono alcune controindicazioni e basta conoscerle per evitarle. Alcuni formaggi, non tutti, contengono tracce di lattosio, lo zucchero del latte, che non tutte le persone digeriscono e nelle quali può determinare gonfiore intestinale. I formaggio stagionati sono privi di lattosio. Nei formaggi a lunga stagionatura le proteine si scindono in aminoacidi e tra questi vi é anche la tirosina che, in talune persone, provoca dilatazione dei vasi sanguigni della faccia (rossore al viso) e delle meningi (mal di testa). In modo analogo avviene per taluni vini, soprattutto i rossi a lungo invecchiamento. Ne può conseguire la Sindrome da formaggio, crisi ipertensiva che insorge nei soggetti in terapia con farmaci inibitori della mono-amino-ossidasi (IMAO) quando ingeriscono alcuni formaggi stagionati che contengono amine vasopressorie che persistono a lungo nell’organismo per la presenza di IMAO.

Composizione nutrizionale per 100 g di alcuni tra i formaggi più diffusi

FORMAGGI

Proteine (g)

Grassi (g)

Grassi saturi (g)

Sodio (mg)

Calcio (mg)

Brie

20.3

29.1

18.2

556

256

Camembert Cheddar Ricotta Danish Blue Edam Feta Mozzarella Parmigiano Roquefort

21.5 25.4 12.6 20.5 26.7 15.6 18.6 36.2 19.7

22.7 34.9 4.3 28.9 26.0 20.2 20.3 29.7 32.9

14.2 21.7 2.3 19.1 15.8 13.7 13.8 19.3 20.7

605 723 300 1220 996 1440 395 756 1670

235 739 127 488 795 360 362 1025 530

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CONSUMI DI FORMAGGIO (anno 2013)

Paese EU-27

Kg per persona 16,58

Canada United States Argentina Australia New Zealand Russia Brazil Mexico Ukraine Japan Taiwan Philippines

15,92 15,22 12,45 9,94 7,55 5,52 3,75 2,99 2,32 2,28 1,11 0,18

COLESTEROLO NEI FORMAGGI ITALIANI

FORMAGGIO

CONTENUTO DI LATTOSIO NEI LATTI E FORMAGGI (grammi per 100 grammi di alimento)

LATTE E FORMAGGI

LATTOSIO (grammi)

Latte di mucca scremato

4,7

Latte di mucca parzialmente scremato Latte di mucca intero Latticello (siero del latte) Latte privo di Lattosio (Zymil, Accadì ecc.) Latte di pecora Latte di capra Latte di bufala Yogurt intero Yogurt parzialmente scremato Yogurt scremato – Yogurt magro alla frutta Panna Burro Fiocchi di latte Cheddar (formaggio inglese morbido) Mozzarella vaccina Formaggio caprino Crescenza Ricotta romana di pecora Ricotta fresca vaccina Crema Bel Paese Taleggio – Gorgonzola – Fontina - Provolone -dolce – Pecorino - Parmigiano Reggiano - Grana Padano Formaggino (tipo MIO) Edam Parmigiano grattugiato Formaggio svizzero

4,6 4,5 4,1 0,5 4,5 4,2 4,9 3,2 3,3 3,1 3,21 4 2,6 0,23 1,5 - 2 1,5 - 2 1,5 - 2 3,2 4,0 3,2 0 6 1 0,15 0,06

Brie

colesterolo [mg/100g] 98

Caciotta Camembert Crescenza Edam Feta Fontina Formaggio spalmabile Formaggio spalmabile light Gorgonzola Grana Mozzarella Parmigiano Pecorino romano Provolone Ricotta di pecora Ricotta di mucca

71 78 53 79 68 82 90 42 70 109 46 91 90 73 42 57

PRODUZIONE ITALIANA FORMAGGI (QUINTALI ANNO)

FORMAGGIO

colesterolo [mg/100g] Kg 389.407.900

Formaggi a pasta dura latte vaccino - Parmigiano Reggiano, Grana padano, altri Grana, Asiago, Montasio, ecc. Formaggi a pasta dura Kg 31.025.700 pecorini Formaggi a pasta semidura Kg 9.8698.900 (Provolone, Caciocavallo, Fontina, ecc.) Formaggi a pasta molle Kg 159.209.800 (Italico, Taleggio, Gorgonzola, Crescenza, Stracchino, ecc.) Formaggi freschi (Mozzarella, Kg 498.821.100 Robiola, Mascarpone ecc.) Totale formaggi Kg 1.177.163.400 Formaggi fusi Kg 39.096.400


centromeridionale e delle paste ripiene in brodo dell’Italia settentrionale. Quasi infinite sono le ricette di verdure sposate ai formaggi, che troviamo negli antipasti, nei primi e secondi piatti. Il successo dei formaggi in cucina, particolarmente di quelli stagionati, deriva dal potere “insaporente” loro attribuito dall’acido glutammico e dal glutammato.

- i formaggi hanno un ottimo rapporto tra qualità e prezzo. - i formaggi sono di facile e diversificato uso alimentare e si sono adeguati alle nuove linee di sviluppo gastronomico. GASTRONOMIA DEI FORMAGGI I formaggi fanno parte della cucina tradizionale regionale italiana e sono entrati nella gastronomia moderna. Cacio e pepe é una ricetta tradizionale della cucina romana, come in tutto il meridione il formaggio con le fave. Se il Parmigiano grattugiato fa parte della classica ricetta che caratterizza il Paese di Bengodi descritto da Giovanni Boccaccio nel 1.300, i formaggi sono i condimenti indispensabili per le paste e le pizze dell’Italia

Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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L’Università di Pisa brevetta nuovo metodo di estrazione dell’olio extravergine Il metodo ideato dai ricercatori del dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari Agro-ambientali permette di ottenere una maggiore resa ed un prodotto con elevate qualità nutrizionali.

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Estrarre l’extravergine di oliva grazie all’utilizzo della“neve carbonica”, cioè dell’anidride carbonica allo stato solido. E’ questa l’idea alla base del brevetto ideato ricercatori del dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari Agroambientali dell’Università di Pisa. Il gruppo di ricerca coordinato dal professor Gianpaolo Andrich e composto da Angela Zinnai, Francesca Venturi, Chiara Sanmartin, Maria D’Agata e Isabella Taglieri ha intrapreso questa la ricerca che è ancora in corso sei anni fa, nel 2008. I vantaggi dell’innovativa tecnica - spiegano i ricercatori - sono molti: una maggiore resa (in media 9% in più, cioè 17,4 kg di prodotto invece di 16 kg per quintale di olive), una migliore qualità nutrizionale dell’olio (che ad esempio contiene in media il 6% in più di vitamina E) e una maggiore resistenza ai processi ossidativi, tanto che l’olio così ottenuto può essere conservato più a lungo di quello ricavato utilizzando le tecnologie convenzionali. “Addizionare l’anidride carbonica allo stato solido alle olive prima della frangitura –spiega Gianpaolo Andrich - rappresenta l’operazione fondamentale che caratterizza questo nuovo sistema di estrazione. L’anidride carbonica solida provoca il congelamento dell’acqua presente all’interno dei frutti e la formazione di cristalli di ghiaccio che a loro volta determinano il collasso della struttura cellulare della polpa, facilitando la fuoriuscita delle sostanze e il loro trasferimento nell’olio, che si arricchisce così in metaboliti cellulari ad elevato valore biologico. Inoltre l’anidride carbonica gassosa è più pesante dell’aria per cui tende a restare al di sopra della pasta delle olive in lavorazione, creando uno strato gassoso in grado di evitare il contatto diretto con l’ossigeno dell’aria e quindi di preservare i costituenti cellulari dalla degradazione ossidativa”. “L’olio extravergine prodotto utilizzando il nostro brevetto - ha concluso Gianpaolo Andrich - è più strettamente legato alla materia prima utilizzata, alla tipologia di olive lavorate e alla loro zona di produzione, e dunque si presenta come un prodotto tipico contraddistinto da chiare ed inconfondibili caratteristiche organolettiche più facilmente riconoscibili e identificabili dal consumatore”. Ma i vantaggi di questa nuova tecnica sono anche

per i produttori. L’aumento della resa rende infatti economicamente sostenibile una raccolta precoce delle olive, che essendo meno mature saranno più ricche in acqua e in componenti bioattivi (polifenoli, tocoferoli), limitando allo stesso tempo i danni derivanti dagli attacchi della Bactrocera oleae (la mosca dell’olivo), una delle avversità più temute dagli operatori del settore, in grado di condizionare sensibilmente sia la resa che la qualità dell’olio prodotto. www.unipi.it

Dall’alto: microfrantoio sperimentale utilizzato; olive poste a contatto con l’anidride carbonica solida; strato gassoso che si forma al di sopra della pasta delle olive in lavorazione


GIORDANO RADDOPPIA E PORTA I SUOI VINI IN 20 STATI USA 20 STATI USA L’azienda leader della vendita diretta consolida la sua presenza nel mercato occidentale, che offre ancora ampie prospettive di crescita L’Azienda vinicola Ferdinando Giordano Spa, leader della vendita diretta da oltre sessant’anni, continua ad investire in una forte strategia export per la conquista di nuovi mercati internazionali e rafforza la sua presenza negli USA. Qui la cantina piemontese è approdata nel 2013 vendendo i suoi prodotti dapprima in California, Texas, Illinois, New Jersey, Virginia e Florida; nella primavera 2014 ha conquistato Minnesota e Nevada, due stati particolarmente interessanti perché la loro popolazione ha registrato tassi di aumento del consumo di vino tra i più alti degli Stati Uniti. Da settembre 2014 si è confermata l’apertura di ben 12 nuovi Stati “stelle e strisce”: South Carolina, Tennessee, Wisconsin, District of Columbia, Idaho, Louisiana, Missouri, Nebraska, New Hampshire, New Mexico, Oregon e Wyoming. Gli Stati Uniti sono un mercato enorme da esplorare. Il consumo pro-capite di vino è la metà rispetto a quello italiano: se consideriamo la vastità del territorio e i grandi numeri della popolazione, sono dunque altissime le possibilità di crescita in questo Paese. Si tratta però di uno scenario molto particolare, dove ogni Stato costituisce una realtà a sé, con tradizioni e normative diverse, talvolta molto particolari. Per commercializzare i propri prodotti bisogna accreditarsi e provvedere al pagamento di accise ogni volta per ciascuno stato in cui si approda, conseguenza di un retaggio del protezionismo degli anni ‘20. per fare solo alcuni esempi: in Texas, ogni 10 bottiglie di vino straniero acquistato, bisogna acquistarne una di vino texano; in Virginia, chi vende vino deve tenere traccia di tutti gli acquisti di ciascun cittadino, che non può acquistare più di 12 bottiglie al mese; in Idaho, la vendita del vino non avviene in negozio ma solo attraverso il monopolio del Paese. Insomma: è una realtà molto complessa, che Giordano è in grado di affrontare. Negli USA l’azienda opera con due magazzini, uno nella Napa Valley in California e uno nello stato di New York. In oltre sessant’anni di esperienza di vendita diretta, Giordano ha sviluppato un’esperienza enorme in termini di flessibilità degli strumenti, supporto alla

vendita, archiviazione dati, servizio clienti e così via, tutti strumenti che risultano particolarmente utili per affrontare un mercato vasto e complesso come gli Usa. “L’export – commenta SimonPietro Felice, Ad dell’Azienda – ha rappresentato quest’anno il 51% del nostro fatturato, con una crescita di due punti percentuali rispetto allo scorso anno. In particolare il mercato USA ha valso per l’Azienda circa 2 milioni di euro di fatturato. L’export rappresenta per noi, come per molte aziende italiane, una chiave di crescita molto importante anche in virtù di una situazione di stallo dello scenario italiano, e proprio negli Stati Uniti abbiamo individuato un’ottima opportunità per la crescita ulteriore della nostra Azienda”. GIORDANO SPA Giordano produce vini fin dal 1900 e affonda le sue radici nelle Langhe, cuore dell’eccellenza vinicola piemontese. Nel 1956 l’Azienda decide di vendere i propri vini esclusivamente col sistema della vendita diretta, senza intermediari. E’ il modo migliore per mantenere e controllare un rapporto qualità/prezzo ottimo, abbinato ad un servizio accurato, grazie al rapporto diretto col Cliente. Grazie a questa intuizione, da piccola realtà contadina, dopo oltre cento anni di storia l’Azienda è salita ai vertici nazionali del settore e figura oggi tra le prime Aziende vinicole (secondo il ranking Mediobanca) con un fatturato di 101 milioni di euro ca. (dato 2013). Oggi l’Azienda conta oltre 3 milioni di consumatori in Italia e nel mondo. www.giordanovini.it

SimonPietro Felice, AD Giordano.

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Van Gogh: L’uomo e la terra.

La mostra di Van Gogh a Palazzo Reale, aperta al pubblico fino all’8 marzo 2015, presenta le opere che il grande pittore concepì a stretto contatto con il mondo rurale, la luce e i paesaggi delle campagne del Nord e del Midi della Francia.

Lamberto Cantoni VAN GOGH A MILANO Anche se la mostra a Palazzo Reale non esibisce le opere più conosciute di Van Gogh, come La camera di Vincent ad Arles (1888), Notte stellata sul Rodano (1888), I girasoli (1888), Il caffè di notte (1888), Il seminatore (1888), La casa gialla (1888), rimane pur sempre una mostra completa in ogni possibile aspetto e un evento artistico eccezionale per il nostro Paese. Devo aggiungere che Van Gogh è uno di quegli artisti capace di trasmettere sublimi emozioni estetiche anche solo con un disegno. Per non parlare della sua produzione di Arles: oltre 200 opere che mi appaiono tutte come dei capolavori. Paesaggi con covoni e luna che sorge.

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ARTE E NATURA

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Autoritratto, 1887

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La mostra ci accompagna dalle sue prime esperienze naturalistiche fino alla fine prematura della carriera. La prima fase artistica è dominata da una sorta di empatica fusione con la vita della campagna olandese. I suoi contadini e contadine spesso piegati in due dalla fatica, forse lo commuovevano per la faticosa attività che comportava una vita dura ma serena. I loro corpi sono tozzi, ineleganti ma incredibilmente veri. Gli abiti grossolani e la tonalità grigio-scura delle sue opere in questa fase assolutamente dominante, ci suggeriscono una partecipazione emotiva sincera e al tempo stesso la sua visione sull’arte. In una lettera al fratello Theo del 1881, Vincent scrive: “Mostrare le figure del contadino mentre lavora, ecco cos’è una figura - lo ripeto - essenzialmente moderna - qualcosa che non hanno fatto nè i greci, nè il Rinascimento, nè la vecchia scuola olandese”. Per la verità, il tentativo del pittore di elevare a oggetti di studio dal vero, personaggi e situazioni da sempre rimossi dai quartieri alti dell’arte, non è che commuovesse poi tanto gli inconsapevoli protagonisti. Tra il 1881 e il 1883 Van Gogh prese in casa propria una puttana indigente e per giunta incinta. La gente del luogo insorse e lo costrinse ad andarsene. In seguito, dopo l’esperienza a Parigi a stretto contatto con l’impressionismo e l’eccezionale

maturazione del periodo di Arles la sua pittura cambiò in modo impressionante. Tuttavia la visione umanistica degli inizi continuò fargli prediligere i soggetti artistici più umili, a osservare e studiare la gente comune, a preferire paesaggi tutt’altro che pittoreschi, a osservare con emozione le piccole cose della vita che anche le persone più povere possedevano. Nei confronti di questi soggetti umili si comportò come un predicatore capace di infondere speranza tra gli ultimi. Invece che parole di conforto Van Gogh regalò una bellezza percettiva ed emotiva che non si era mai vista. Fu ripagato con il silenzio, l’incomprensione, la povertà. Ma bisogna aggiungere che forse era troppo chiedere alla borghesia di quel tempo, abituata alla musica gioiosa dei colori degli impressionisti, di comprare quadri con raffigurati contadini veri, ruvidi e rocciosi. Potevano fare un’eccezione per Meillet, per Corot: per loro realismo incantato, decontaminante, potevano aprire il portafoglio. Ma chiedere ai collezionisti della classe sociale che stava prendendo il controllo della Francia, di appendersi alle pareti del proprio salotto campagne coltivate a patata, contadine che spargono letame, o covoni di grano agitati come se fossero organismi viventi, evidentemente era quasi impossibile.

Contadini che piantano le patate, 1884

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Tuttavia appena dopo la morte le quotazioni dei quadri di Van Gogh aumentarono in modo significativo. Forse non è del tutto vera l’ipotesi di una scarsa ricettività del pubblico borghese. Forse i cosiddetti mercanti d’arte, i critici e i sapientoni, che da sempre stanno nel mezzo tra artisti e pubblico, non erano poi così attenti, informati e disinteressati. VAN GOGH NELLA STORIA Il movimento artistico che tutti conosciamo attraverso la parola/etichetta “impressionismo”, si sviluppò partendo dalla convinzione che lo scopo dell’arte coincidesse con la restituzione al fruitore di una verità visiva che nobilitava praticamente ogni situazione della vita quotidiana. Secondo Manet, Monet, Pissarro, Degas un atto di pittura, per raggiungere il livello di realismo al quale auspicavano, presupponeva la totale dedizione del pittore alla situazione che il suo occhio stava rita-

gliando da quella specie di tapis roulant che era il reale. Il mondo si muove, lo scorrere del tempo muta la percezione degli oggetti. Cosa può fare il pittore per essere un buon testimone oculare? Cogliere al volo la bellezza del momento che i suoi occhi stavano registrando, fissandola velocemente sulla tela. Per realizzare il sogno di un’arte completamente immersa nella realtà del momento, furono necessarie nuove tecniche pittoriche che sconvolsero le tradizionali dell’Accademia; i valori artistici del passato, malgrado l’iniziale incomprensione di critica e pubblico verso i nuovi eroi culturali, furono fatti a pezzi. In pochissimi anni il successo degli impressionisti fu completo. Ma la totale libertà di scelta dell’artista “moderno” introduceva inediti problemi. Se ogni situazione del reale contiene un potenziale artistico e se la sua evocazione più vera implica un approccio tecnico work in progress

Contadina che lega una fascina di grano, 1885

Testa di pescatore con cappello di tela cerata, 1883

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Contadina che spala letame in un campo innevato, 1883

(implica cioè un approccio non normativo alle pratiche pittoriche) come possiamo risolvere il problema della condivisione dei valori artistici? Chi decide cosa può essere definito arte da ciò che non lo è? Come difenderci dal disordine estetico? L’artista è al servizio dell’occhio innocente o in qualche modo reagisce, deviandone, alterandone le impressioni? Questi problemi furono affrontati dalla generazione di pittori che gli storici dell’arte collocano a ridosso dei grandi maestri dell’impressionismo. Seguendo una felice intuizione di Roger Fry, grande conoscitore e critico d’arte attivo nei primi decenni del novecento, oggi definiamo post-impressionisti gli artisti che raccolsero le sfide depositate nel mondo dell’arte dall’enorme, rapido mutamento provocato dal polarizzante successo dei pittori della vita moderna.

In realtà Roger Fry stava semplicemente scegliendo il titolo per una mostra alla Grafton Gallery di Londra nel 1910, che presentava pittori francesi considerati d’avanguardia, arrivati sulla scena artistica dopo gli impressionisti. Il critico cercava qualche elemento che unisse Seurat, Cezanne, Van Gogh e Gauguin. Doveva essere un titolo semplice, capace di non spaventare il pubblico inglese per il quale gli artisti citati erano degli sconosciuti, ma al tempo stesso autorevole, ovvero in grado di passare indenne l’esame dei sapientoni della critica. Un ulteriore problema per Roger Fry discendeva dalla scelta di aggiungere ai quadri degli artisti citati alcune opere di Manet, pittore ben conosciuto dal pubblico londinese, in grado quindi da fare da traino ai colleghi. Dal momento che: Seurat e Van Gogh erano già stati etichettati come neoimpressionisti; Cezanne all’inizio della sua car-

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Oliveto con due raccoglitori di olive, 1889

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Natura morta con patate, 1888

classificazione così brutale, incapace di restituire la radicale “differenza” che caratterizzava la loro pratica pittorica. L’ossessione di Cezanne era la ricostruzione di un ordine estetico più solido rispetto l’estasi per la fugacità di ogni cosa degli impressionisti dell’ultima ora (non dei monumentali maestri), atti pittorici privi di tensività artistica che, secondo la sua opinione, rendevano traballanti i veri valori dell’Arte. Seurat prese sul serio la sfida con il reale retinico e la sua bellissima pittura era attraversata da evidenti appelli alla scienza della visione; ma era anche caratterizzata da uno stile che aveva la paradossale proprietà di trasformare la percezione del momento in raggelanti forme evocatrici di eternità. Per quanto riguarda il narcisista, arrogante, prepotente Gauguin, io

riera aveva aderito all’impressionismo; Gauguin aveva vissuto per un certo periodo con Van Gogh condividendone, fino ad un certo punto, le visioni artistiche; e che nel titolo non poteva non esserci il nome dell’artista più conosciuto, il critico/curator decise di aggiungere un prefisso al termine impressionismo e di giocarsela con il titolo: “Monet e i Postimpressionisti”. Definizione azzeccata. Ciascuno dei quattro artisti aveva preso le mosse dallo smottamento artistico provocato dagli impressionisti per poi decollare verso altri lidi. La mostra fu un disastro. L’etichetta data da Roger Fry invece rimase nei libri di storia e ancora oggi spopolala sulla bocca degli appassionati dell’arte moderna. In realtà,io credo che nessuno dei 4 avrebbe accettato di buon grado di rientrare in una

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penso che facesse solo finta di seguire i protocolli impressionisti. In realtà sceglieva i colori più strambi e idealizzava il soggetto come più gli piaceva. Non a caso viene oggi ricordato come uno degli ispiratori del Simbolismo. Era di una ambizione smisurata e il suo vero obiettivo era uccidere l’impressionismo. Van Gogh, delle magnifiche quattro voci dissonanti la cui musica pittorica atonale avrebbe plasmato l’arte di inizio novecento, era il pittore animato dai maggiori tumulti interiori. Umile, generoso, colto, rispettabile era ciò che definiremmo una gran brava persona con un pessimo carattere e un aspetto inquietante. Nella prima parte della sua carriera la sua pittura introdusse un umanesimo naturalistico di gran lunga superiore alle pur ragguardevoli raffigurazioni campagnole di Millet.

Come un reporter, amava confondersi con la gente più umile per nobilitarne il lavoro, il sacrificio, l’alto valore morale. La prima volta che vidi “I mangiatori di patate”(1885) rimasi colpito dal senso di sacralità che il pittore era riuscito a trasmettere senza rinunciare alla forza espressiva che trasudava da fisionomie scolpite su macchie di colori grigi e tristi ma al tempo stesso pieni di dignità, ravvivati da una delicata candela il cui lumen diffondeva sull’umile cena un’aura di mistico raccoglimento. Nell’ottantasei Van Gogh si trasferì a Parigi. Studiò la tavolozza di colori degli impressionisti, provò ad imitarne lo stile con pennellate meno studiate, più spontanee. Si può dire che cominciò a capire l’energia concentrata nei colori. Sperimentò impasti via via sempre più

Natura morta con cipolle, 1889

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fusionale di cui aveva fortemente bisogno. Come andò a finire lo sanno proprio tutti. Dopo una discussione accanita con l’amico, Van Gogh si recise una parte dell’orecchio. Un drammatico segnale della sua propensione a rivolgere verso se stesso parte della forza pulsionale che la sua pratica artistica non poteva instradare e dissolvere nei quadri. A soli trentasette anni, nel 1890, nel pieno possesso della propria forza creatrice, Van Gogh morirà dopo due giorni di atroce agonia, in seguito alla fucilata che si era sparato al petto. Io credo che il pittore soffrisse moltissimo l’incomprensione del pubblico per la sua opera. Succede spesso che le personalità eccentriche, visionarie, troppo appassionate, ci spaventino. Rivolgiamo allora in nostro sguardo in direzioni più rassicuranti. Non ci accorgiamo della solitudine di chi sta sperimentando anche per noi livelli inediti di reale. L’eccesso di sensibilità non è mai stata apprezzato dal senso comune. Con questo non voglio schierarmi con chi considera Van Gogh il primo martire del modernismo.

complessi per ottenere effetti tridimensionali. Ma mancava ancora qualcosa per scatenare la tempesta interiore che lo trasformerà nel pittore dalla valenza universale. Questo qualcosa lo troverà ad Arles, in Provenza. L’intensità della luce del Sud provocò un urto decisivo alla sua delicata e fragile sensibilità, travolgendo di un furore mistico l’atto della pittura. Ogni dimensione del suo lavoro venne enfatizzata. Le delicate armonie cercate nel breve apprendistato impressionista furono sconvolte. Le forme che emergevano dai quadri erano come deformate, sfigurate, scolpite dalle folate di passione che Van Gogh trasduceva in linguaggio pittorico. Quasi tutti i suoi capolavori furono prodotti in 14 mesi di completa immersione in un visionario mondo interiore che della realtà sembrava cogliere soprattutto i nervi delle cose, le “energie” che le rendevano vive. Fu in questo periodo che sognò di fondare una comune di artisti. Lo raggiunse solo Gauguin, probabilmente il soggetto meno indicato per il bisogno di amicizia sincera e Contadine che raccolgono patate, 1885

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Veduta di Saintes-Maries-de-la-mer, 1888

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Sottobosco, 1887

e troppo distanti dalla parte maledetta dell’umanità senza la quale esse perdono di verità e bellezza.

Voglio soltanto sottolineare che se il pittore morì da miserabile squattrinato, come ho già ricordato sopra, l’impatto delle sue opere dopo la sua scomparsa fu immediato e straordinario. E se oggi ciascuno di noi considera un’esigenza interiore esprimere liberamente le proprie emozioni in ciò che crea o vive, mi piace pensare che un pò lo debba al complicato, evangelico, tormentato Vincent Van Gogh. Anche grazie a lui (e agli artisti che ne proseguirono il “programma di ricerca”) abbiamo imparato ad apprezzare il clamore delle pulsioni che chiedono udienza nel mondo delle cose che chiamiamo immagini, spesso fredde

VAN GOGH, MONUMENTO DELL’ESPRESSIONISMO La mia ammirazione per il pittore trascende le pur scioccanti opere che ci ha lasciato. Era un artista colto e persino un fine teorico. Le lettere al fratello Theo sono un esempio di buona letteratura e di riflessione sui principi e le pratiche artistiche. Vi propongo un passaggio che a suo tempo mi fece riflettere: “ Si agisce secondo ciò che si sente. È dalle nostre azioni, dalla prontezza

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Contadino che brucia le erbacce insieme alla moglie, 1883

re per iscrivere nel reale pittorico le sue emozioni. Deformare le immagini per farle essere più vere (dal momento che portavano le stigmate del soggetto che le aveva create) era un atto pittorico coraggioso. Presupponeva una “violenza” che non aveva precedenti nell’arte occidentale. Una violenza che riservò prima di tutto a se stesso: i 10 autoritratti che ci ha lasciato, uno dei quali presente nella mostra di Palazzo Reale, sono di una drammaticità che lascia senza fiato. Nessuno aveva mai guardato se stesso in quel modo. Non credo si esageri se si afferma che qualche decennio prima di Freud (Il disagio della civiltà è del 1929), Van Gogh abbia dipinto, oltre alla straniante bellezza di oggetti minimi della vita quotidiana, il disagio dell’umanità del XX sec.

delle nostre decisioni o dalle nostre esitazioni che ci si può riconoscere - e non dalle parole più o meno amabili che pronunciamo con la bocca. Le buone intenzioni, le opinioni sono fatte meno di niente” (Lettera del 7 Dicembre 1883). In questi pensieri scritti prima della assimilazione dei principi dell’impressionismo, del pointillisme di Seurat e della passione per le stampe giapponesi, Van Gogh ci trasmette la versione simbolica del suo sintomo. Io credo che amasse profondamente le pratiche artistiche elencate sopra. Ma poteva assimilarle solo deformandole. Porre in una relazione di stretta contiguità il sentire e l’agire, relegando la mediazione delle parole in secondo piano, significava, a mio avviso, liberare i suoi stati d’animo dalle istanze normative che ne avrebbero limitato l’espressione. Insomma, Van Gogh poteva sperimentare e apprendere solo abbandonandosi a una concitazione emotiva che, era solo una questione di tempo, avrebbe fatto a pezzi ciò che aveva collocato in posizione di “oggetto” o di referenza. Mi sembra rilevante sottolineare che il pittore era consapevole del prezzo che doveva paga-

Lamberto Cantoni Direttore Responsabile Karpòs Magazine

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L’accordo annunciato oggi nel corso della 49^ edizione della rassegna: PARTNERSHIP EXPO 2015 VERONAFIERE MARMOMACC Promozione sui mercati mondiali e iniziative mirate nei mesi dell’Esposizione Universale.

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Expo 2015 e Veronafiere raddoppiano con Marmomacc la collaborazione, già in atto con VINO – A Taste of Italy, il Padiglione dell’esperienza vitivinicola italiana nell’ambito del Padiglione Italia. É stato dato l’annuncio, nell’ambito della seconda giornata della 49^ edizione di Marmomacc a Verona. La manifestazione - punto di riferimento mondiale della filiera della pietra naturale, dai macchinari ai prodotti lavorati, dal design alla formazione per architetti e progettisti - ha registrato 57 Paesi espositori e 140 nazioni di provenienza degli operatori con 45 delegazioni commerciali ufficiali. «Con Marmomacc la partnership che lega Expo Milano 2015 e Veronafiere, già attiva soprattutto sul fronte della promozione vitivinicola italiana, si è rafforzata ulteriormente. Siamo consapevoli che il tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” prenderà forma grazie al design dei padiglioni e ai materiali scelti dai Paesi per allestire i propri spazi espositivi. Per questo è importante per noi che l’Esposizione Universale sia stata presente a questa rassegna internazionale: offrendoci l’opportunità di parlare a un pubblico di esperti del settore, stimolando iniziativa e curiosità», ha spiegato il Commissario Unico Delegato del Governo per Expo Milano 2015, Giuseppe Sala.

«In una logica di sistema Paese, l’accordo è stato una naturale conseguenza del riconoscimento di due eccellenze come l’Expo Universale 2015 a Milano e Marmomacc. La rassegna rappresenta a livello planetario il settore della pietra naturale e raggiunge, sia nei giorni di manifestazione, sia durante le iniziative promosse durante l’anno in Sud America, Nord America, Nord Africa e Penisola Arabica un panel mirato ed estremamente qualificato di professionisti di sicuro interesse per Expo 2015. Dall’altra parte, il richiamo dell’Esposizione Universale e la sua promozione worldwide consentiranno di veicolare ancor più il brand Marmomacc verso i 20 milioni di potenziali visitatori ed agganciare in vista della 50^ edizione i flussi di maggior interesse per la rassegna, che si svolgerà in pieno Expo», ha commentato il Presidente di Veronafiere, Ettore Riello. «Architetti, progettisti, designer e interior designer, ma anche rappresentanti dei governi, delle associazioni di costruttori, di società di investimenti di quasi tutte le nazioni del mondo si danno appuntamento ogni anno a Verona per Marmomacc e attraverso Marmomacc in the World vengono fidelizzati durante l’anno: si tratta di una delle operazioni più complesse e meglio strutturate nella centenaria storia di attività di Veronafiere che viene messa al servizio dell’Expo 2015 e che, attraverso quest’ultimo, si potenzia ancora di più verso i propri interlocutori, intercettando nuove realtà ed opportunità per le imprese nazionali, vere e proprie eccellenze del manifatturiero made in Italy», ha sottolineato il Direttore Generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani. www.veronafiere.it


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Quello del casaro è forse uno dei mestieri più antichi al mondo, che per essere svolto oggigiorno necessita di preparazione, formazione e soprattutto passione e fantasia. Con lo scopo di preparare a 360 gradi il moderno casaro-professionista, l’Accademia Internazionale dell’Arte Casearia, con sede alla Latteria Perenzin di Bagnolo (Tv), ritorna dal 22 al 27 settembre e dal 17 al 22 novembre con il corso base per apprendere l’arte e le tecniche di produrre formaggi artigianali d’eccellenza. L’Accademia Internazionale dell’Arte Casearia propone per una settimana l’unico percorso formativo in Italia che fornisce una preparazione multidisciplinare volta a preparare il moderno casaro, rendendolo in grado sia di gestire la produzione che di produrre formaggi artigianali di elevata qualità.

Questo corso base prevede un metodo di insegnamento intensivo e diretto: a lezioni di teoria, tenute da esperti del settore e docenti universitari, sono applicate lezioni pratiche in latteria tenute dal mastro casaro Carlo Piccoli; in questo modo gli aspiranti casari, dal primo all’ultimo giorno, si troveranno a vivere in prima persona l’arte di produrre formaggi, imparando direttamente da chi giornalmente svolge questo mestiere con passione. L’Accademia Internazionale dell’Arte Casearia, fondata alcuni anni fa dall’Associazione Famiglie Rurali Sinistra Piave e dalla storica Latteria Perenzin, sostiene l’innovazione nel settore caseario supportando attivamente progetti formativi e didattici finalizzati alla promozione della cultura e al recupero delle tradizioni artigianali di qualità. Per info e costi sui prossimi corsi di settembre e novembre dell’Accademia Internazionale dell’Arte Casearia: tel. 0438-21355 oppure mail a: accademia.artecasearia@gmail.com www.perenzin.com www.accademiacasearia.com

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ALL’ACCADEMIA INTERNAZIONALE DELL’ARTE CASEARIA TORNANO I NUOVI CORSI PER ASPIRANTI PRODUTTORI DI FORMAGGI ARTIGIANALI Dal 17 al 22 novembre ritornano i corsi base dell’Accademia Internazionale dell’Arte Casearia presso la sede della trevigiana Latteria Perenzin a Bagnolo. Un percorso multidisciplinare di una settimana rivolto a chi intende diventare un “casaro contemporaneo” ed apprendere l’arte di produrre formaggi artigianali d’eccellenza.

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RACCOLTA E NUOVE VARIETÀ Al termine con la varietà precoce Gala, la raccolta in Val Venosta procede regolarmente.

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Partita nei tempi previsti, con circa due settimane di anticipo rispetto alla scorso anno, la raccolta sta procedendo regolarmente. “Con la raccolta siamo ormai a metà strada - spiega Josef Wielander, direttore di VI.P, l’Associazione delle Cooperative Ortofrutticole della Val Venosta ed abbiamo già concluso con la varietà Gala, la prima ad essere raccolta. Dal 15 settembre ha preso avvio la raccolta della Golden e della Stark, oltre ai primi stacchi della Pinova. Si prosegue poi con le altre varietà come Jonagold e Kanzi. Anche se è ancora presto per dirlo, stimiamo un raccolto nella norma con una produzione regolare e una dimensione medio-grande dei frutti. Le mele risultano di ottima qualità: dal punto di vista della colorazione, in particolare per le mele rosse, la tonalità è intensa e brillante grazie anche ai perfetti sbalzi termici tra il giorno e la notte, mentre grado

zuccherino e acidità sono perfettamente in linea con gli alti standard qualitativi di VI.P. La raccolta proseguirà come di consueto per il tutto il mese di settembre fino alla fine di ottobre. All’avanguardia nel rinnovamento varietale, VI.P ha un assortimento di mele piuttosto ampio. “Tra le principali varietà club c’è la Kanzi, dalla polpa compatta e dal perfetto equilibrio tra zuccheri e acidi. I suoi mercati principali sono la Germania e i Paesi Scandinavi, ma trova un crescente mercato anche in Italia e Spagna. Altra nuova varietà club è la Envy, di origini neozelandesi, prodotta in collaborazione con VOG. Quest’anno conclude Wielander - sono state messe a dimora in primavera sia la varietà Envy che Ambrosia, cultivar di mela nata in Canada da un incrocio naturale, dalla caratteristica tonalità bicolore e dal buon tenore zuccherino che entrerà sul mercato tra alcuni anni in partnership con Rivoira, azienda piemontese che è una delle principali realtà frutticole nazionali”. www.vip.coop.it


PER IL KIWI SI PREANNUNCIA UNA CAMPAGNA VIVACE Elisa Macchi Direttore di CSO ha presentato a Verona, all’annuale Convegno dedicato al kiwi, i dati di previsione e di analisi economica su uno dei prodotti frutticoli più importanti dell’offerta italiana. “ La coltivazione del kiwi – dichiara Elisa Macchi – ha vissuto, in questi ultimi anni, momenti di criticità dovuti alla diffusione della batteriosi ma fortunatamente, grazie anche agli sforzi compiuti dall’attività di ricerca, si registra quest’anno una minore incidenza della malattia ed in parallelo si respira un certo ottimismo sulla campagna commerciale alla luce dei dati a nostra disposizione. Tuttavia – conclude Macchi- di fronte ad un mercato interno in lieve calo e con paesi, come la Grecia molto aggressivi sui mercati esteri e in continua espansione, è

indispensabile non sedersi sugli allori, ma è necessario puntare con la massima energia all’export ampliando ancor di più i paesi coinvolti e consolidando standard qualitativi di prodotto sempre più elevati.” Secondo i dati CSO la produzione di quest’anno, a livello di Emisfero Nord, si colloca nella media degli ultimi cinque anni. Rispetto alla scorsa annata, caratterizzata da una produzione scarsa, si registra una crescita del 6% nell’Emisfero Nord . L’Italia si conferma primo paese produttore del mondo con una offerta sostanzialmente in linea con la scorsa annata. A livello europeo si registrano gli aumenti produttivi di Grecia, Spagna e Francia mentre risulta in calo la produzione di Portogallo, California e Corea. www.csoservizi.com

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CALEIDOSCOPIO LE MINI-CROCIERE DI EVOLUTION TRAVEL

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Una Mini-crociera Costa è un concentrato di divertimento, relax, emozioni e tanti luoghi diversi sempre interessanti. Quelle di Evolution Travel con Costa Luminosa partono (e tornano) da Savona per toccare prima a Barcellona, una città vivace e aperta che offre sempre qualcosa di nuovo da scoprire, poi Marsiglia, porta di ingresso della Provenza, passando per Palma di Maiorca, travolgente e briosa ti stupirà con i suoi stretti vicoli arroccati e le sue grandiose opere di architettura, ed Ibiza, sinonimo di bel mare e divertimento.

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Ci sono tantissime meraviglie da vedere e visitare a Barcellona, capoluogo della Catalogna: le Ramblas, la Cattedrale - dedicata a S. Eulalia - patrona della città, la famosa Sagrada Familia, iniziata nel 1882 ma mai completata dal grande architetto Antonio Gaudí che la concepì come una grande scultura architettonica con tre facciate rappresentanti: Natività, Passione e Gloria di Cristo. Nel Barrio Gotico, il nucleo più antico della città, ha sede il Museo Picasso di Carrer de Montcada: il più ricco del mondo per la quantità di opere del grande maestro. Tra una visita e l’altra è d’obbligo l’assaggio del piatto tipico catalano: la Paella a la Parcellada accompagnata da una Sangria. Marsiglia, la più antica città francese fondata nel 600 a.C. da marinai greci, è sede universitaria e arcivescovile. Assolutamente da non perdere sono la “Corniche Kennedy”, strada che corre lungo il mare offrendo una vista sulle isole situate all’entrata di Marsiglia tra cui spicca Château d’If, ex carcere in cui “soggiornò” il conte di Montecristo, e la Basilica di Notre Dame de la Garde, situata sul monte più alto della città. Il Porto Vecchio di Marsiglia (Vieux Port in francese) si trova alla fine de La Canebière, il viale centrale della città che un tempo collegava i campi a nord con il Vieux Port.

Palma di Maiorca, la principale città dell’Isola di Maiorca e capoluogo della Comunità Autonoma delle Isole Baleari. Da vedere la Cattedrale di Santa Maria di Palma - detta anche La Seu, che è il monumento più noto della città – la cui costruzione risale agli inizi del XV secolo sul luogo dove sorgeva la più grande moschea della città. Il Palazzo de l’Almudaina, residenza del Re di Spagna quando è in visita nell’isola, che venne fatto costruire da Giacomo II di Maiorca su progetto di Pere Salvà sul sito di una precedente fortezza araba. Ibiza, Eivissa in catalano, appartiene all’Arcipelago delle Isole Baleari. Conosciuta per i negozi, i ristoranti e la vita notturna, l’isola è circondata da bellissime spiagge e calette. Inoltre, da non perdere, la passeggiata nella Dalt Vila, la Città Alta di Ibiza, per ammirare le sue fortificazioni dichiarate dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il baluardo di Sant Pere, chiamato anche Es Portal Nou, è una delle entrate alla cinta. Un’altra porta d’accesso alla Dalt Vila è il Portal de ses Taules, dove si trova la spettacolare piazza d’armi e di seguito la Plaça de Vila, piena di accoglienti ristoranti, gallerie d’arte e negozi d’artigianato. www.evolutiontravel.it



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