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EVENTI
FESTA DELLA PROFESSIONE 2019
Si è svolta a Ottobre, presso il Teatro Petruzzelli di Bari, la Festa della Professione, appuntamento annuale con cui l’Ordine dei medici di Bari rende merito ai colleghi più anziani e accoglie i neoiscritti ribadendo i valori fondanti della Professione medica.
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A cura della Redazione
“Viviamo in una società in cui la mediocrità è quasi diventata una regola. Invece, per essere medici ci vuole impegno e tempo: ci vogliono dai 9 ai 10 anni di studio per esercitare la professione all’interno del ssn. - ha dichiarato Filippo Anelli, Presidente della Federazione nazionale degli Ordini e dell’Ordine dei medici di Bari, aprendo la Festa della professione che si è svolta il 31 ottobre al Teatro Petruzzelli. Ma ci vuole anche passione per il proprio lavoro, quella raccontata dai medici che festeggiavano i 50 anni di professione e che dura intatta dopo così tanti anni di esperienza. “In questo momento così difficile per il nostro Paese e per la nostra Sanità, in realtà non c’è carenza di medici, ma di specialisti. E per tamponare questa carenza, a qualcuno viene l’idea di utilizzare i neolaureati all’interno dei pronto soccorso. Ma l’emergenza è un momento straordinario per salvare vite umane e necessita di una grande preparazione. - ha continuato Anelli salutando i 356 ragazzi che entrano da quest’anno nell’Ordine - “A ogni laureato deve corrispondere per legge una borsa di studio post laurea, per evitare che ogni anno 10mila giovani medici debbano aspettare in panchina sperando di proseguire il proprio percorso professionale al giro successivo. Il nostro Paese non può permettersi di uccidere la speranza e di negare i sogni dei ragazzi” - ha concluso Anelli, che ha anche ricordato la lettera del cardinale Delpini, arcivescovo di Milano, in cui ha ringraziato pubblicamente i medici: “A nome di tutta la federazione voglio dire anche io grazie ai tanti colleghi che si dedicano con passione e dedizione al proprio lavoro, che quando arriva l’orario si fermano per non lasciare solo chi ha bisogno di cure, regalando al sistema ogni anno 15 milioni di ore di straordinario.” Tra le autorità presenti, hanno portato i loro saluti ai medici il sindaco di Bari e della Città Metropolitana Antonio Decaro e il Presidente dell’ARESS Giovanni Gorgoni, che ha sottolineato come nel mondo occidentale la criticità fondamentale dei prossimi anni saranno le diseguaglianze di salute e il mancato accesso di parte della popolazione al diritto alla salute e che ha invitato i medici a non lasciare ai tecnici e agli informatici l’universo della ricerca sull’intelligenza artificiale applicata alla medicina. Un tema ripreso dal sociologo Ivan Cavicchi che ha evidenziato come il medico di oggi debba essere più bravo della tecnologia: l’intelligenza artificiale non ha una coscienza, non riesce a individuare il contesto, non è pragmatica, ha difficoltà a stabilire relazioni con altri esseri, che sono invece i pun- ti di forza del medico.
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Durante la serata si è anche parlato del dramma delle aggressioni ai danni dei medici: “L’Omceo di Bari è stato tra i medici pionieri nel combattere il problema della violenza, anche attraverso campagne di comunicazione che si sono rivolte alla cittadinanza - ha raccontato Franco Lavalle, commentando una delle campagne dell’Ordine dei medici che ha vinto il prestigioso premio internazionale Gold Graphis Award. L’evento, che è stato presentato dalla giornalista Donatella Azzone, con la regia di Rocco Anelli, è stato scandito dalla Cerimonia di consegna di 31 medaglie d’oro per i 50 anni dalla laurea e di 245 medaglie d’argento per i 25 anni dalla laurea, nonché dal Giuramento di Ippocrate di 356 medici neo–iscritti agli Albi. Durante la serata, che è stata accompagnata da un concerto–spettacolo di tango argentino, è stato inoltre conferito il Premio Buona Medicina 2019 che quest’anno il Consiglio Direttivo dell’Ordine ha deciso di assegnare al dott. Domenico Galetta “per avere esposto nel cortometraggio Apolide aspetti e circostanze che appartengono alla propria vita professionale e privata, al fine di testimoniare l’impegno costante di tutti i colleghi, basato sui valori fondanti della professione, quali la cura e l’accoglienza senza alcuna distinzione e discriminazione, che sono patrimonio irrinunciabile cui si ispira l’attività quotidiana di tutti i medici”. Hanno partecipato alla Festa della Professione anche il presidente della CAO Nazionale Raffaele Iandolo, il vice presidente della Fnomceo Giovanni Leoni, il segretario Fnomceo Roberto Monaco, il tesoriere Fnomceo Gianluigi D’Agostino, il direttore della Fnomceo Enrico Depascale, il Presidente della Commissione Albo Odontoiatri e consigliere della CAO Nazionale Alessandro Nisio, i Past President dell’OMCeO, oltre che tutti i membri del Consiglio Direttivo in carica e dell’Esecutivo della Federazione Nazionale degli Ordini.
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emilio nuzzolese componente cao bari medaglia d’argento
Ho i niziato la professione odontoiatrica a 24 anni, consapevole che quanto per molti era già un traguardo, per me era solo l’inizio. Avevo molto chiaro cosa l’odontoiatria mi avrebbe richiesto: acquisire migliori competenze in chirurgia orale e parodontologia, attraverso esperienze formative non solo in Italia ma anche all’estero. L’insegnamento più grande è stato quello di mantenere la professione sempre dinamica e vicina ai bisogni soggettivi dei pazienti e delle persone vulnerabili, fino ad andare oltre il mero perseguire il risultato di una cura specialistica; senza rinunciare agli affetti familiari e alla passione per il Diritto che mi ha portato a diventare un docente di Medicina Legale. Ricerca scientifica, studio e aggiornamento professionale, unito a esperienze umanitarie, militari e giudiziali, hanno mantenuto vitale il senso di un ruolo medico vicino non solo alla cura ma anche al benessere del cittadino. Sono incorso in errori ovviamente, sui quali, però, ho costruito in un continuo mettermi alla prova, superandomi. Cosa ho capito? Che non devo sottovalutare la funzione di garanzia verso la tutela della salute e in particolare della salute orale e i suoi risvolti bioetici. Il mio augurio ai giovani colleghi è quello di non perdere mai di vista la persona e di non chiudersi nella monotonia dello studio professionale, ricercando anche esperienze trasversali e multidisciplinari, in grado di stupire con emozioni e valorizzare il nostro essere medici che proteggono il sorriso.
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Giuseppe Morgese - Pronto Soccorso P.O. San Paolo Bari - Medaglia d’Argento
25 anni di Laurea! A ricordarmelo una email dell’ordine dei Medici che mi invita alla cerimonia della consegna della medaglia d’argento. Il ricordo della mia seduta di laurea mi fa rivivere la trepidazione e l’emozione per l’obiettivo raggiunto, il mio sogno di bambino si è realizzato. Ripercorro nella mente tutti questi anni di professione, quasi tutti vissuti nel turbinio dell’emergenza e urgenza; si sono intrecciati momenti di grande sconforto per prognosi infauste e momenti di gratificazione per aver risolto situazioni cliniche gravissime, momenti di tensione, con immeritati insulti e minacce, e momenti di gioia con amichevoli strette di mano di gratitudine. Mi accorgo che l’essere medico ha ridotto al lumicino le mie relazioni sociali, le tante notti e le tante reperibilità mi hanno costretto a rinunciare a frequentare i miei amici, ormai li incontro raramente, hanno ritmi e tempi molto lontani dai miei. Sono in debito anche con la mia famiglia. Tante volte questa professione mi ha costretto a rinunciare ai momenti di festa con i miei cari, a dire spesso: ”cominciate senza di me, vi raggiungo appena posso”. Questi 25 anni però mi hanno insegnato che a fronte di queste rinunce c’è l’impagabile onore e privilegio di far parte di quel piccolo esercito di uomini e donne che combatte quotidianamente contro la sofferenza e che permette di accendere una luce quando si sprofonda nel buio della malattia. Lo rifarei? Non ho dubbi: 25 volte SI!
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NEL 1969 nella professione medica aveva ancora importanza la sensazione del corpo, come dire il rapporto tra i corpi del curante e del malato: l’uno che si piegava sull’altro a scrutare ogni segno, ogni anomalia, ricevendo informazioni dalla vista, dall’udito, dal tatto e dall’odorato, del corpo del malato franco de luca medaglia d’oro e delle sue escrezioni; l’altro, il malato, che percepiva la vicinanza fisica, umana e partecipe del medico. Nel 2019 l’azione diagnostica-terapeutica è mediata, un pò meno vicina, supportata dagli “accertamenti”, magari non sgradita dal paziente. Punta di diamante è l’app Babylon Health, consulto medico informatico. Il ricordo a cui sono più legato di questi 50 anni come medico è quello memore e grato di coloro che mi hanno insegnato la medicina, uno per tutti il prof. Virgilio Chini, Clinico Medico all’Università di Bari negli anni ‘60, vero Sherlock Holmes della medicina nella ricerca delle insidie dei morbi.
Giuseppina Monteleone - Medico Chirurgo Neolaureata
Giuramento di Ippocrate rappresenta per me, come per tutti i miei colleghi, il coronamento di un percorso di studi lungo quasi 7 anni. Quelle che abbiamo pronunciato tutti oggi non sono solo parole ma è la promessa che noi facciamo a tutti i nostri futuri pazienti. I pazienti sono tutti gli esseri umani che vengono alla nostra attenzione: dalla mamma apprensiva, alla signora anziana che vorrebbe una delucidazione sulla sua terapia antiipertensiva e sicuramente anche gli esseri umani sui ponti delle navi nel Mediterraneo, senza distinzione alcuna. Stiamo giurando di rispettare i principi morali di umanità e solidarietà e quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona; sono sicura che non si possa imporre a questa promessa di oggi una limitazione di tipo fisico né tantomeno che possa essere una legge dello stato a poterla limitare. La presa in carico di un paziente non è la banale somministrazione di terapia ma si basa sul rapporto di fiducia e rispetto che si instaura tra due persone. È il rispetto della dignità e libertà della persona al centro di quello che tutti noi facciamo e faremo ogni giorno della nostra vita, perché non si smette di essere medico nemmeno quanto si esce dall’ambulatorio, dalla sala operatoria o dal reparto. Il Giuramento di Ippocrate è la fine di una parte del mio percorso. Quando sono entrata alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sembrava lontano quel momento in cui mi sarei ritrovata responsabile, se pur nel mio piccolo, del mantenimento della buona salute di un altro essere umano. La Sanità che però accoglie me e i miei colleghi è molto cambiata da quella che accoglieva i medici delle generazioni prima della mia. Sicuramente si sente pressante l’influenza di una politica sanitaria molto più attenta agli sprechi ma i tagli alla sanità rendono l’accesso al medico più difficile da parte del cittadino. Molte strutture chiudono e altre non sono in grado di garantire un livello di assistenza adeguato, perciò sempre di più il paziente è costretto al cosiddetto “turismo sanitario” , un fenomeno per cui, non trovando una struttura che curi loro al meglio si spostano, per lo più dal Sud al Nord. Il Sistema Sanitario sembra quasi implodere per la mancanza di strutture, di risorse ma soprattutto di specialisti. Le modalità di ingresso alle scuole di specializzazione sono diventate, da pochi anni a questa parte, di tipo nazionale con graduatoria unica. Questo test permette l’accesso a circa 6000 borse l’anno che quest’anno sono state aumentate a 8000; con l’aggiunta delle borse regionali e di quelle finanziate da altri enti si arriva ad un totale di circa 9000 borse. Quest’anno eravamo circa 18.000 partecipanti alla prova ma solo 9000 di noi hanno ottenuto una borsa di specializzazione, mentre l’Italia intera soffre per la mancanza di medici specialisti. La conseguenza di ciò è che gente formata e capace è costretta ad emigrare per specializzarsi oppure attendere un altro anno nel cosiddetto “imbuto formativo”. La formazione di un medico costa allo Stato circa 120.000 euro; moltiplicando questo costo per tutti i laureati in medicina che emigrano all’estero si arriva ad una perdita di risorse di miliardi di euro. Il che comporta un impoverimento non solo economico ma anche di quella classe di persone altamente formate che ogni anno lascia l’Italia che li ha formati ma che non offre nulla in termini di futuro. Un medico che aspetta un anno nell’attesa del concorso successivo può essere indotto ad accettare lavori mal pagati, senza che siano versate le tasse necessarie o addirittura pericolosi in termini di salute personale e del paziente. Questo porta sicuramente ad uno svilimento della professione ma ancor più ad un pericolo per il paziente, che viene mal curato, mentre il medico può più facilmente andare incontro a procedimenti civili o penali. Il Giuramento di Ippocrate non è, quindi, solo una fine di un percorso ma è anche l’inizio di un tempo in cui io, come tutti i miei colleghi, mi assumo delle responsabilità davanti al paziente. Questo giorno è la fine dei tempi in cui pensavo che le mie parole e azioni non avrebbero avuto un peso sulla vita di qualcun altro e l’inizio della vita adulta in cui spero le mie parole e le mie azioni possano essere un contributo alla difesa della vita, alla tutela della salute fisica e psichica, al trattamento del dolore e al sollievo dalla sofferenza.
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Giuseppe Colucci - Oncologo - Medaglia d'oro.
In questi 50 anni anche il ruolo del medico si è modificato in complessità e in responsabilità: i grossi mutamenti avvenuti nella società non potevano non incidere sul significato della professione medica e sul ruolo del medico. Tutto ciò si è concretizzato nel 2002 con la giuseppe colucci pubblicazione oncologo su Annals of Internal Medicine medaglia d’oro e su Lancet della nuova Carta della professione medica che si basava su tre principi fondamentali: la centralità del benessere del paziente; l’autonomia del paziente; la giustizia sociale. La professione quindi è stata caricata di nuove e giuste responsabilità: il medico è chiamato non solo a migliorare la qualità delle cure ma ad impegnarsi perché tutti possano accedere a quest’ ultime. Le disparità sociali crescenti e le difficoltà economiche globali potrebbero ridurre l’accesso a metodi diagnostici e a presidi terapeutici per le fasce di pazienti. E sempre più spesso oggi il medico, che dovrà sempre operare in piena autonomia, è chiamato ad essere l”avvocato” dei pazienti e dei loro diritti. Ma altresì il medico deve partecipare al controllo della spesa sanitaria non col negare terapie costose ai suoi pazienti ma solo con l’unico criterio che è “l’appropriatezza” diagnostica e terapeutica.
50 anni fa si giurava ancora nel nome di Apollo e Asclepio, oggi non è più così ma la sacralità del giuramento (che continua a dirsi giustamente di Ippocrate) dovrà sempre vivere nei nostri cuori. In 50 anni i ricordi lieti e gratificanti sono tanti: oltre il giorno della laurea, il giorno in cui firmai la prima ricetta (novembre 1969) o quando entrai nell’Istituto Tumori di Bologna. Certamente anche il giorno in cui mi sono seduto sulla “cattedra” di presidenza dell’Ordine dei Medici di Bari. Dove, insieme al Consiglio Direttivo, facemmo molte e belle iniziative: gli incontri settimanali con gli specialisti di settore su tematiche specifiche (allora c’era il problema AIDS, trapianti d’organo, l’occupazione e l’organizzazione), pubblicammo la rivista Quaderni di Medicina, che ebbe una bella accoglienza anche a Roma. Un altro bel ricordo è il gruppo di lavoro dell’U.O. di oncologia medica e sperimentale dell’Istituto Tumori di Bari e i successi ottenuti nella ricerca clinica e nell’applicazione dei suoi risultati ai nostri pazienti (si cura meglio dove si fa ricerca). Ho sempre fatto affidamento sui risultati del nostro lavoro e sulla volontà comune (il nostro motto federiciano è stato non sit quiescendum sed continue agendum). Oggi, soddisfatto, posso dire che posseggo una splendida collana di ricordi e di amicizie.
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