Il lupo dei mari

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La traversata della baia di San Francisco era solo una formalità per me. Mi piaceva ritrovare il mio amico Charley Furuseth nella sua villetta estiva all’ombra del monte Tamalpais per dissertare su Nietzsche o Schopenhauer.

Se non fosse stato per la mia abitudine di andare a trovarlo ogni sabato pomeriggio e fermarmi da lui fino al lunedĂŹ seguente, non mi sarei mai ritrovato in quel mattino di gennaio a navigare nelle viciinanze.

Come avrei potuto prevedere, in questo momento, che una banale visita di routine stava per rimaneggiare l’essenza stessa del mio essere?


Non c’era niente da ridire sul ferry-boat Martinez, era nuovo e aveva fatto solo qualche volta il tragitto San Francisco-Sausalito.

In qualità di terrestre, l’unica cosa che scalfiva la mia sicurezza era la nebbia fitta che avvolgeva la baia.


CosĂŹ, pensavo con gratitudine alla divisione del lavoro umano. Ignorando tutto della navigazione, come la maggior parte dei passeggeri, affidavo la mia vita alle conoscenze specifiche del pilota e del capitano.

?

La divisione del lavoro funzionava a pieno regime. Un robusto signore, avendo lasciato la responsabilitĂ del trasporto del suo corpo agli specialisti del mare, poteva dedicare pienamente la sua mente alla lettura di un articolo che avevo scritto io, specialista di Edgar Allan Poe.


MMMRRRR

Ăˆ per colpa di questo tempaccio che noi marinai facciamo delle vedove!...


uhm! Non… Non penso che ci possano essere problemi!!!

I nostri ufficiali sanno orientarsi. Hanno bussole, rilevamenti, calcolano la velocità. Hanno certezze matematiche!!!

ah! ah! ah! Certezze matematiche!!!

Guardi, il pilota gira la barra del timone per correggere la nostra direzione… ah! ah! ah! Certezze matematiche, questa sì che è buona! Senta la boa a campana! Ci passiamo sopra, dovrebbe essere a dritta!


Aggroviglia le budella, vero?!?

Zitto! Non ha sentito? C’è un’altra chiatta!!!

E questo!?! Che cos’è? È spaventoso!!!

Sicuramente una goletta.

Tutto a posto, si salutano… Si sono tratti d’impiccio ora!


Lei mi ricorda mio nonno, riconosceva gli uccelli dal loro canto.

Mmrr, qui ci sono soltanto uccelli del malaugurio…

anche se neppure ulisse pensava che il canto delle sirene fosse di malaugurio!

Questo vecchio scorbutico sembrava venir fuori da un romanzo di Stevenson. La ruvidezza fantastica della sua prosa “naturale”, l’inquietudine continua che trapelava, facevano di lui un vero personaggio.

Insomma, avvolto in questo denso bozzolo di nebbia, mi perdevo nella letteratura, tra le piste vaghe del libro che avrei scritto un giorno… Forse…


Ehi! Ascolti! C’è n’è uno sulla nostra rotta!!!

uh? Dio mio, ci viene addosso!!!

Si aggrappi e preghi!

Aspetti!!!


Mi aiuti! Distribuisca i salvagente!!!


Cosa mi succedeva? Aggredito dal reale, ero finito ko. Il viaggio nella letteratura era finito.

Il seguito lo vissi inebetito.

Allora, Si muove!?!

La situazione è così preoccupante? Perché urlano tutti???



Avrei voluto gridare. L’acqua era gelida. Provavo la sensazione di essere immerso nell’acido. Il freddo intenso mi bruciava fino alle midolla.

Senza capire né come né perché, la corrente mi trascinò lontano dalla folla ululante e ribollente.

Percepii un rumore indistinto di remo. Con ogni probabilità, lo speronatore aveva messo in mare le sue scialuppe.

Ero solo, afono, la Martinez era affondata e persi conoscenza.


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