Tesi_Entroterra. Museo per le "Genti senza storia" ad Altavilla Irpinia. Avellino.

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cecilia marcheschi

Entroterra Museo per le Genti senza Storia ad Altavilla Irpina - Avellino


Relatore prof. Fabrizio F. V. Arrigoni

Correlatore prof. Giovanni Cardinale arch. Plinio Vanni

UniversitĂ degli studi di Firenze DIDA | Scuola di Architettura Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura anno accademico 2018/2019


indice

- Abstract

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- Abbandoni - Storia del Partenio - Altavilla, tra morfologia e storia

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- 1l museo per le Genti senza Storia, alle origini - L’area di progetto, un brano da riscrivere - Il progetto - Suggestioni materiche - Tecnologia e struttura - Acustica - Maquettes

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- Conclusioni

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- Bibliografia e Sitografia - Ringraziamenti

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abstract

“Sono monti lontani, alti e azzurri, chiari e apriche colline; sono ondulate pianure, coperte di grano o d’erbe o di arbusti che intrecciano i loro rami con quelli degli alberi più alti e formano, con l’edera, con le viti, con le siepi, ammassi inesplicabili di verde, sotto i quali spariscono fossi e sentieri. Sono fertili vallate, profonde, parallele, formate da grandi ondulazioni di terreno, solcate da fiumi e da torrenti, e sono bianchi paeselli, sparsi su chin e scoscese, ‘come branchi di pecore pascenti’, o torreggianti sui culmini; e sono vie rotabili e mulattiere, che si spiegano come nastri serpeggianti su per i pendii e giù nelle valli, fino a che svaniscono sull’estremo lembo dell’orizzonte. Sono ridenti casini, graziosamente variopinti, e boschetti romiti e silenziosi, e selve risonanti di trilli e di gorgheggi, di zirli, di pigoli, di sussurri, e pittoresche insenature, e strada ferrata, e gallerie lontane e nere, e ponti maestosi, e cappellucce povere, e capanne affondate negli argini, ‘e quete ville solitarie e care’, e aie vaste e biancheggianti nell’immenso verde che le circonda e dal quale, di tanto in tanto, sale una patetica nenia contadinesca, che si va lentamente perdendo nello spazio infinito. Sono bizzarri cocuzzoletti, e gole strette, e spianate deliziose, ed erte ripide, e dappertutto una grandezza di linee, una magnificenza di verde, una limpidità di cielo, un silenzio, una quiete, che ricreano lo spirito.” Michele Severini, Monografia storica, 1907 Al viaggiatore che da Avellino percorre la strada verso Benevento Altavilla Irpina si presenta, tra le dense pennellate di verde, aggrappata sul fianco del colle Ripa, quasi a fare la guardia sulla vallata sottostante. Fin dal Medioevo Altavilla è sopravvissuta ad assedi, pestilenze e terremoti, ma rischia oggi di scomparire afflitta da una grave malattia, la malattia dell’abbandono. Il lento e pericoloso cancro che sta infettando non pochi luoghi dell’Italia, non ha cancellato questo paese, che sopravvive grazie ai fedeli abitanti, ma ha comunque portato


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all’inesorabile abbandono di buona parte del suo nucleo più antico a vantaggio di zone di espansione moderne, spesso terreni fertili per improprie speculazioni, o di lontane città, che offrono più opportunità e condizioni di vita più agiate. In un’epoca in cui le grandi città metropolitane, fonti di ricchezza e di guadagno, divengono le nuove protagoniste dell’abitare, i paesi, al contrario, si svuotano, rischiando di sparire con le proprie comunità, portatrici di memorie e culture locali. Al posto di questi luoghi e della loro vitalità appassita rimangono le spoglie di una vita passata, frammenti, mura inermi, scarti apparentemente vuoti in cui si racchiude una condizione duplice, la rappresentanza di una vita e il suo lento e inesorabile scorrere. Il lavoro si pone l’obiettivo di raccogliere parte delle macerie e delle rovine rimaste e di sottrarre all’incuria e all’oblio un brano di terra sul fianco ferito dell’antico borgo irpino che da anni versa in stato di abbandono. Ai piedi del monumentale Palazzo Comitale che domina il paese dal suo punto più alto, tra i tracciati stretti e tortuosi dei vicoli che solcano gli isolati tufacei del centro antico medievale, si erge, fiero, il nuovo museo per le Genti senza Storia. I volumi del complesso, monumentali ma allo stesso tempo frammentati; la torre, nuova porta d’accesso al paese e belvedere; il sistema di piazze, che interconnette i vari elementi dislocati sulla forte pendenza: questi elementi, con le loro radici ben piantate nella roccia, si propongono così come biglietto da visita al viaggiatore che stanco del rumore del frastuono cittadino si addentra alla ricerca di orizzonti sconfinati per le strade tortuose di questo magnifico entroterra irpino.





altavilla irpina, abbandoni

Assenza, più acuta presenza. Vago pensiero di te vaghi ricordi turbano l’ora calma e il dolce sole. Dolente il petto ti porta, come una pietra leggera. Attilio Bertolucci1 L’Italia nel corso della storia ha conosciuto innumerevoli episodi di abbandono e di ricostruzioni, gli abitanti di città e paesi hanno lasciato i luoghi di origine a causa di guerre, di calamità naturali, mancanza di lavoro, servizi o opportunità, portiamo sul nostro territorio ancora i segni di civiltà antiche sepolte e riemerse millenni dopo. Ma ognuna di queste rotture, di queste separazioni, non è mai stata neutra, ogni abbandono porta con sé delle conseguenze, “la scelta dell’abbandono produce sempre uno scarto. La fuoriuscita non è mai pulita, netta, senza attriti. L’abbandono è un’esplosione, una detonazione lenta che frammenta, frattura, disintegra, incenerisce. L’abbandono pone in questione la struttura del mondo che si lascia; mette in tensione le relazio-

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Attilio Bertolucci, Sirio, 1929

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Nucleo storico di Altavilla Irpina. Area di progetto


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ni; modifica la densità dei luoghi, cambia la morfologia dell’abitato e degli spazi; il loro aspetto formale, i loro usi”2. In un’epoca in cui le nuove protagoniste dell’abitare diventano le dense e piene aree metropolitane fonte di ricchezza e di guadagno, il problema dello spopolamento dei centri minori dell’Italia, privi di servizi, spesso troppo isolati e mal connessi, diviene più attuale che mai. Se da un lato la città si riempie di vita, tempio del consumo, con le mille “opportunità” e una morale basata sullo sfruttamento e sul profitto, dall’altro quell’insieme disomogeneo di centri minori, o parti di essi, in cui un esperimento di vita in collettività per secoli è stato spontaneamente praticato, sta andando lentamente a scomparire, abbandonato a se stesso e privato della sua linfa vitale, con rischiose conseguenze, come la disgregazione di comunità e la dissipazione di memorie e culture locali, che nei secoli hanno dettato l’identità della nostra terra. Lì, dove la vita non popola più le strade, un’assenza densa di significato riempie le case, un silenzio assordante si ode per i vicoli dei borghi vuoti. Al posto dei paesi e della loro vitalità rimangono le spoglie di una vita passata, rovine, scarti rimasti inermi in cui si racchiude una condizione duplice, la rappresentanza di una vita e il suo lento e inesorabile scorrere. “La maceria-eikon segna, è prova, dell’inevitabilità del divenire e dell’inabissamento del tutto nel nulla (“Pare che l’essere delle cose abbia come suo unico obiettivo morire”) e, simultaneamente, evidenzia l’ottusa tenacia delle eccelsi moli, divenendo esse il supporto attivo, il ruvido torsolo su cui tessere il filo di una rammemorazione, di un recupero emotivo e concettuale di ciò che frana, di ciò che si va estinguendo. Un passo doppio tra impermanenza e costanza, tra essenza e presenza, un continuo scorrere tra le rispettive perimetrazioni e separazioni che afferra il presente come stratificazione, coalescenza di temporalità plurime”.3 Qui sorge allora spontanea una domanda, cosa fare con quel che resta? Cosa fare con chi resta? “Bisogna rintracciare, cogliere, interrogare i segni della vita e della memoria non già nei luoghi abitati e vissuti, pieni di gente, di oggetti, di

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Vito Teti, Quel che resta, l’Italia dei paesi tra abbandoni e ritorni, Donzelli, Roma, 2017

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Fabrizio F.V. Arrigoni, Fogli, scritture per l’architettura, Didapress, Firenze, 2018

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Nucleo storico di Altavilla Irpina. Incorocio di via Sanbuco con via San Pellegrino


altavilla irpina, abbandoni

palazzi, di macchine, ma in maniera paradossale proprio la, dove i luoghi sembrano finiti, la vita cessata. Ritrovare i semi della vita proprio là dove l’uomo ha rischiato e rischia di smarrirsi, perdendo i luoghi e i rapporti con essi. Ho cercato di capire come la voglia di esserci sia tanto più forte e decisiva là dove si sono vissute le esperienze del perdersi, dove sembrano prevalsi il vuoto, la fine. Ho pensato di suggerire come ogni abbandono comporti una ricostruzione, ogni scomparsa pure drammatica e dolorosa, prelude una nuova presenza ”.4 Se dal punto di vista sociale e politico le parole d’ordine diventano cultura e territorio, dal punto di vista architettonico-progettuale cioè che resta, le macerie fisiche, i frammenti, i detriti di ciò che è stato, risultato dell’azione della storia nelle sue varie epoche, diventano il punto di partenza per una nuova spinta, diventano il nesso, il filo conduttore che permette di riprendere una narrazione interrotta, o come nel caso di Altavilla che rischia di interrompersi. Va specificato che con rovina non si intende solo il monumento, a cui per altro spesso spetta un trattamento differente più di stampo conservativo, ma al contrario viene intesa anche l’architettura minore, quella fatta di piccoli edifici di poco conto che non raccontano le grandi gesta di una civiltà estinta, ma raccontano la storia quotidiana della fatica e del lavoro, della semplicità e dell’umiltà. In questi contesti l’intervento architettonico “nuovo” è da intendersi quindi come innesto sull’esistente, deve “radicarsi negli strati profondi della tradizione per succhiarne l’alimento e qualificarsi” , specificando che “La tradizione non coincide più con la volontà di perpetuazione con il medesimo - una delle molte varianti per asserire la fine della storia-, ma recupera il suo etimologico valore di moto, di rimessa in gioco, “del prendere e portare oltre””5. Una riqualifica quindi che non porta ad un’asettica ricostruzione ‘com’era dov’era’ ma che giochi un ruolo intermedio tra le varie ‘temporalità’ che identificano il locus compresa quella attuale, una ricostruzione che non indossi le vesti della preesistenza ma nel cui sangue essa scorre.

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Vito Teti, Il senso dei luoghi. Memoria e storia dei paesi abbandonati, Donzelli, Roma, 2004 Ernest N. Rogers, Esperienza dell’architettura, Enauidi, Torino, 1958

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Strada panoramica, Altavilla Irpina


altavilla irpina, abbandoni

Il nucleo più antico di Altavilla, risultato di un lento processo di stratificazione che a partire dal medioevo secolo dopo secolo l’ha portato alla conformazione attuale, da anni è disabitato, con l’eccezione di pochi edifici ad uso residenziale. Il lavoro proposto inserito all’interno di un più ampio progetto di riscrittura dell’antico tessuto residenziale minimo, si pone l’obiettivo di riconfigurare la fisicità di un luogo che sembra destinato a scomparire, utile a preservare e tramandare storie e memorie locali. Il luogo trascurato, denso di resti, scarti, macerie o rovine6 , diviene così il terreno fertile, base e substrato per il progetto delmuseo per le Genti senza Storia.

“Le macerie accumulate dalla storia recente e le rovine nate dal passato non si assomigliano. Vi è un grande scarto fra il tempo storico della distruzione, che rivela la follia della storia (le vie di Kabul o di Beirut), e il tempo puro, il tempo in rovina, le rovine del tempo che ha perduto la storia o che la storia ha perduto” Marc Auge, Macerie e rovine, il senso del tempo, Bollati Boringhieri, 2004 7

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Fiumi Statale 88 Parco del Partenio Bassa valle del Sabato Provincia d’Avellino


storia del partenio

“È questo illimitato mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto solo fino a pochi anni fa, che io rimpiango” P.P. Pasolini1 Il comune di Altavilla ricade nell’area geografica del Partenio e bassa valle del Sabato. Oltre l’omonima comunità montana, la zona comprende infatti anche i territori limitrofi. “Il Partenio è un ambito nodale per chi vuole addentrarsi nel cuore dell’Appennino, attraverso le valli dell’Ofanto, del Sele, del Calore e del Sabato, da cui successivamente seguire per la Puglia”2. Connotato dalle alte cime a cui si alternano vallate verdi solcate da torrenti, è costellato da un arcipelago di paeselli abitati fin dai tempi più antichi. Nell’età preromana popolavano la zona tribù di lingua osca (sanniti), sparse tra Abruzzo, Molise, Puglia, Lazio e Campania, fra questi vi erano gli “Hirpini” di cui rimane a ricordo il nome dell’omonima zona geografica. In tale periodo le popolazioni, la cui sussistenza era strettamente legata alla pastorizia e all’agricoltura, erano distribuite in dei villaggi mobili “vici”, collegati tra di loro tramite impervie strade in terra battuta. A seguito delle guerre sannitiche e con la conquista da parte dei romani, si assistette ad un’imposta romanizzazione. Ingenti masse di persone furono inviate nella zona al fine di fondare nuovi insediamenti a struttura ippodamea o ad accampamento ed isolare le tribù locali. Del fiorente periodo romano, che portò all’incremento dei P.P.Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, Milano, 1975

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Plinio Vanni, I luoghi dell’abbandono, Ipotesi per la riscrittura architettonica di parti degli antichi nuclei urbani, quale strategia di rivitalizzazione dei centri minori irpini del Partenio e della bassa Valle del Sabato: il caso studio di Altavilla Irpina (Av) 2

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storia del partenio

territori coltivati e allo sviluppo di attività artigianali, il Partenio porta ancora numerose tracce sulle sue terre, come ad esempio la grande opera idraulica dell’acquedotto sannitico. Il traffico di genti e di merci necessitavano di adeguate via di circolazione (la cui estensione e qualità ieri come oggi è indice di sviluppo), tra queste la principale era senza dubbio la Via Appia, che collegava Roma a Capua per proseguire verso Benevento e Brindisi e dalle quale si diramavano una serie di strade secondarie, tra cui quella che collegava Avellino a Benevento, parallelamente al fiume Sabato, arrivando fino a Salerno. Il declino dell’impero romano rese vani i progressi fatti nell’organizzazione dei territori, gli abitanti privati del loro punto di riferimento principale si affidarono alla protezione di signorotti locali, tornando ad un’agricoltura si sussistenza e abbandonando i terreni bonificati.

Il Sannio secondo l’Historical Atlas di William R. Shepherd. 1911


storia del partenio

Anche le città di matrice romana vennero definitivamente abbandonate con l’arrivo dei longobardi, la cui ridistribuzione sul territorio vide il sorgere dei tipici insediamenti fortificati, in zone quanto più impervie possibile e dal tessuto principale composto da edilizia povera. In generale all’epoca il territorio era cosparso da una serie di villaggi piuttosto arretrati e poco popolati, alcuni dei quali fortificati. I tracciati viari maggiormente sfruttati furono il tratto Salerno-Benevento, e il tratto Avellino-Napoli il cui utilizzo fu incrementato dallo spostamento della capitale da Salerno a Napoli. Un’importate avvenimento durante l’epoca medievale è rappresentato dalla fondazione dell’abbazia di Montevergine per mano di San Guglielmo, destinata a divenire una grande potenza latifondista, meta di pellegrinaggi e simbolo ancora oggi della profonda e radicata cultura religiosa e contadina locale. La situazione migliorò nel X secolo e successivamente con l’arrivo dei normanni, grazie soprattutto alle piccole chiese, che per incrementare la redditività dei possedimenti ecclesiastici svilupparono forme più avanzate di agricoltura, tanto che attorno ad esse si svilupparono veri e propri centri abitati. Per quanto riguarda i nuclei urbani di fondazione precedente, invece, furono sottoposti da parte delle popolazioni normanne all’incastellamento, privilegiando quei nuclei con una posizione più ‘fortunata’ rispetto ad altri, sia per quanto riguarda la difendibilità che i mezzi di comunicazione, come la vicinanza ad arterie principali. Il periodo alto medievale rimane un’epoca di riferimento per quanto riguarda gli insediamenti attuali, di cui molti ancora conservano le tracce, come nel caso di Altavilla. In generale il territorio era organizzato in piccoli insediamenti ad edilizia minima e a sussistenza agricola, sparsi sul territorio e raggruppati in distretti amministrativi, come ad esempio quello di Avellino. Tale situazione rimase invariata all’incirca fino al XV secolo, quando a seguito di lotte tra i vari feudatari locali, alcuni nuclei urbani si rafforzarono, conformandosi come veri e propri stati feudali. Nacquero in questo periodo nuove forme di residenza, come la casa a corte, e iniziano circolare nuove Maestranze, i cui manufatti ancora si ammirano sui numerosi palazzi rinascimentali che costellano la zona.

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20 storia del partenio

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Raccolta delle mele. Altavilla 1939 (www.altavilla historica.it)


storia del partenio

Il benessere generale, che portò un amento della popolazione e un conseguente ampliamento delle città, proseguì fino al 1688 quando l’Irpinia fu investita dal primo disastroso terremoto. Già ai tempi, il sisma fu una vera disgrazia per i più poveri e al contrario un’occasione ottima per gli abbienti signorotti locali, che ricostruirono le loro residenze inglobando gli aggregati limitrofi, appartenenti a chi non poteva permettersi una tale spesa. Con l’epoca borbonica vi fu un notevole incremento per quanto riguarda le vie di comunicazione, proseguito successivamente dalle politiche del Regno d’Italia, a cui dobbiamo anche l’arrivo della strada ferrata. Il treno, con il traffico sempre più veloce delle merci, non giovò di certo all’arretrato entroterra, che fu fin dal principio trascurato dalle politiche italiane, ma al contrario incrementò il divario economico tra le zone interne e quelle costiere. La situazione non è che peggiorata con il passare del tempo, in epoca contemporanea, l’interno territorio ha registrato una perdita diffusa del valore dei terreni votati all’agricoltura, ad esclusione di alcune produzioni locali note, con l’utilizzo di tali terreni a fini edificatori, alternando non di poco l’equilibrio paesaggistico locale. L’arretratezza, la mancanza di lavoro e di opportunità ha portato all’emigrazione di buona parte degli abitanti di queste zone, che vedono diminuire la propria popolazione di anno in anno, con la conseguente perdita delle culture locali, come quella contadina, che con i suoi saperi e detti tramandati di generazione in generazione e con il suo forte sentimento religioso mariano, ha connotato l’area fino a pochi decenni fa.

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Panorama Altavilla veduta dalla valle in Contrada Isca 1904 (www.altavilla historica.it)


Altavilla, tra morfologia e storia

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“In questi scorsi giorni, pieni di sole e di luce, sono asceso lentamente fin sull’alto del nostro Monte Toro per goderne ancora una volta l’incantevole panorama - antico, infantile diletto del mio spirito - e questa volta mi son sentito invaso da una dolcezza piena di malinconia: dalla dolcezza di chi rivede, dopo lunga assenza, certi cari luoghi del suolo natio; dalla malinconia che sorge dalla quiete serena e dalla modestia d’ogni loro aspetto. Lassù non giunge l’ansare affannoso della vita dei grandi centri, ne il frastuono giocondo degli opifici, che, nella sottostante ricca vallata del Sabato, riempiono l’aria di fumo, di gridi di canti, d’esultanza; ma il silenzio dei campo esuberanti di fecondità, ma l’onesto clamore dei piccolo paesi, vigilanti dalle alture la gaia distesa del verde, e la voce tranquilla dei villaggi appollaiati sui colli, sui poggi sparsi sui piani, quasi nascosti dietro folte chiome d’alberi. E tutte così questa nostre contrade, tutte così!” Michele Severini, 1917 1 Tra l’immenso arcipelago di paesi che costellano la zona del Partenio, in una posizione strategica poiché a pari distanza da Avellino e Benevento, ad un’altitudine media di 335 m s.l.m. è collocato Altavilla Irpina. Il suo nucleo urbano si sviluppa su tre colli, Ripa, Torona e Foresta che dall’alto dominano la verde e rigogliosa valle del Sabato, solcata a sua volta dalla strada statale e da quella ferrata, principali collegamenti con le zone limitrofe. Come ogni città storica, il tessuto d’Altavilla visto dall’alto si presenta come un complicato collage, i cui pezzi, grandi o piccoli, colorati o monocromi, vicini o lontani, si sono affiancati nel corso della storia, andando a formare il grande disegno, per sempre incompiuto, della Michele Severini descrive così il panorama che ammira nel 1917 dalla vetta del monte Toro. Michele Severini, Irpinia sconosciuta, Tipo-litografia e pergola, Avellino, 1917 1


24 altavilla, tra morfologia e storia

città. Necessario quindi, per poter aggiungere un brano in questo racconto scritto a più mani, conoscerne gli autori, che dalle origini, fino all’epoca contemporanea, hanno portato il paese alla sua conformazione attuale. Partendo dal principio è necessario nominare i Caudini, una tribù sannitica, dai quali è probabile derivi l’originario nome di Altacauda, che come è facile intuire, indicava un insediamento alto all’interno del territorio dei Caudini. Dal periodo di dominio romano, a testimonianza della magnificenza delle popolazioni del luogo è giunto fino a noi, visibili in alcuni suoi tratti, l’importante acquedotto sannitico, che forniva le provvigioni d’acqua alla città di Benevento. Per quanto riguarda le epoche successive le notizie sono poco chiare, sicuramente passò sotto il dominio dei longobardi e successivamente sotto quello normanni che configurarono l’insediamento come presidio strategico a difesa del territorio circostante sulla cima dal colle Ripa, da cui la vista spazia fino a Benevento. L’antica struttura fortificata risalente all’epoca normanna è riconoscibile nelle volumetrie del Palazzo Comitale, un’elegante residenza che oggi porta le vesti tipiche rinascimentali. Intorno ad esso si addensarono le prime abitazioni dell’antico borgo medievale. “I manufatti del minuscolo borgo si svilupparono lungo un percorso

Ponte dei Santi Altavilla Veduta panoramica della località Ponte dei Santi e del ponte ferroviario foto cartolina anni ‘50 (www.altavilla historica.it)


altavilla, tra morfologia e storia

dall’andamento curvilineo e fortemente irregolare, posto a mezza costa fra la cima del promontorio delle ‘Ripe’ ed i suoi versanti scoscesi che, ancora oggi, fanno da sponda ai due compluvi laterali. Il primo è quello interposto fra questa altura ed il colle ‘Foresta, verso sud-ovest; il secondo, invece separa le ‘Ripe’ dalla collina del ‘Torone’ verso Nord-Est. Le misere costruzioni destinate al ricovero della popolazione, si addossavano, ieri come oggi, alle pareti rocciose del picco fortificato, restando al di sotto della quota naturale su cui spiccava la vecchia struttura militare”2. La struttura fortificata che proteggeva l’antico nucleo racchiudeva l’agglomerato urbano a monte di via San pellegrino, Via Annunziata, via Pietra Mazzuccatoia e gli slarghi di Piazza F.lli Severini, Piazza Matteotti, Largo S. Alberico Crescitelli. Il tracciato ellissoidale, risultato dell’orografia del terreno, era interrotto da quattro porte nei punti cardinali, le cui tracce oggi sono andate completamente perdute ad accezione del torrione ‘Bruno’ nei pressi di ‘porta Nova’ ancora visibile nel suo profilo cilindrico inglobato nelle costruzioni di Piazza Severini. Plinio Vanni, I luoghi dell’abbandono, Ipotesi per la riscrittura architettonica di parti degli antichi nuclei urbani, quale strategia di rivitalizzazione dei centri minori irpini del Partenio e della bassa Valle del Sabato: il caso studio di Altavilla Irpina (Av) 2

Il perimetro del nucleo insediativo originario con evidenziata l’ubicazione delle antiche porte urbiche

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altavilla, tra morfologia e storia

A partire dall’epoca rinascimentale con l’edificazione della Chiesa dell’Annunziata (imponente monumento in tufo che ancora oggi sfida le scoscese pareti rocciose), grazie ad un forte incremento demografico, il nucleo originario iniziò ad espandersi, prima saturando tutto lo spazio disponibile sul colle Ripe, successivamente verso la zona orientale dell’altura e verso meridione, occupando le pendici settentrionali del colle Foresta. A questo periodo risale anche la ricostruzione con le sue vesti attuali di Palazzo Comitale, da parte della famiglia di feudatari De Capua, il cui potere sul paese si protrasse fino alla prima metà del 700, e a cui dobbiamo anche il nome attuale di Altavilla, a ricordo della città Hauteville di Normandia da cui la famiglia proveniva. Le espansioni settecentesche ed ottocentesche tra momenti fiorenti e momenti di crisi, come la peste del 1656 e il sisma del 1688 hanno portato a loro volta alla saturazione del crinale e ad una nuova edificazione verso Sud-est, con la nascita, sulla traccia di un antico torrente, di quella che ancora oggi è la principale arteria cittadina, Corso Garibaldi, la cui conformazione attuale da boulevard francese risale a interventi novecenteschi. Per la storia del paese irpino, un anno fondamentale è rappresentato dal 1886, quando vennero rinvenuti i giacimenti di zolfo. Gli scavi

Attuale Corso Garibaldi veduta dal lato sud cartolina inizio ‘900 (www.altavilla historica.it)


altavilla, tra morfologia e storia

iniziarono contemporaneamente da parte di “Ferdinando Capone” di Altavilla e dei “Di Marzo” di Tufo con ottimi risultati. Nel 1907 quando l’attività estrattiva era in piena efficienza il Severini scrisse che per Altavilla si trattò “di un vero tesoro, una sorgente inesauribile di ricchezza, la fonte principale di vita, uno dei più preziosi doni, che la munificente natura abbia potuto elargire ad Altavilla”. La fiorente industria influenzò anche la posizione degli scali ferroviari, che non a caso vennero realizzati nei pressi degli stabilimenti. Il declino dell’attività industriale, che non fu in grado di compete con i bassi prezzi dei mercati mondiali del secondo dopo guerra, va di pari passo con il declino del paese, privato di una delle sue fonte di lavoro maggiore. Ad incrementare le problematiche derivanti da una sempre minore popolazione giunse il famoso terremoto che nel 1980 devastò buona parte dell’Irpinia con conseguenze disastrose ancora oggi non del tutto risolte. Ad Altavilla in particolare, a differenze dei paesi dell’alta Irpinia che registrarono numerosi morti, i danni del sisma riguardarono solo edifici, ma l’incapacità e la disonestà delle politiche locali aggravarono la situazione. Gli interventi di ricostruzione ad Altavilla “hanno portato ad una marcata forma di sprawl nelle aree collinari della cinta rurale periurbana” 3, con conseguenze negative sul pae-

Miniere di zolfo Veduta dalla ferrovia cartolina 1939 (www.altavilla historica.it)

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28 altavilla, tra morfologia e storia

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Area S.A.I.M Distesa di zolfo in primo piano ed edifcio in disuso sullo sfondo


altavilla, tra morfologia e storia

saggio altavillese, andando a incrementare l’abbandono del nucleo antico e scoraggiandone il recupero. “1982 La ricostruzione inizia dov’è più facile, nelle campagne. Dove c’era un rudere per i porci viene velocemente edificata una casa in cemento armato. Comincia il walzer delle betoniere.”4 A questo periodo risale anche il “progetto delle infrastrutture e dell’arredo urbano per la riqualificazione del centro antico”, con la riuscita realizzazione di una strada panoramica che circonda la porzione settentrionale del nucleo antico. Il percorso, partendo da uno spiazzo all’altezza della cripta della Chiesa madre percorre, seguendo l’orografia del terreno, il fianco settentrionale del monte Ripe, a ridosso di quelle minute unità abitative di origine medievale, fino ricongiungersi poi a via san Pellegrino. L’intervento di riqualificazione, non ostante la moltitudine di panorami mozzafiato che offre, non è bastato a contrastare quel lento e rovinoso cancro che stava, già in tempi antecedenti al sisma, proliferando per le vie del centro storico, ed anzi la panoramica a sua volta è divenuta vittima del lento declino fino al suo totale disuso. Ultimo e discutibile intervento urbano di ingente consistenza risale al 2003. Il ‘riordino urbanistico’ di via Capone e via Vanni ha portato alla drastica demolizione e sostituzione di una parte di tessuto storico urbano, naturalmente equilibrato nella sua disomogeneità tra architettura minuta ed emergente, con un asettico isolato in calcestruzzo armato dai prospetti anonimi, le cui radici sembrano affondare in una grigia periferia piuttosto che in un borgo storico. Plinio Vanni, I luoghi dell’abbandono, Ipotesi per la riscrittura architettonica di parti degli antichi nuclei urbani, quale strategia di rivitalizzazione dei centri minori irpini del Partenio e della bassa Valle del Sabato: il caso studio di Altavilla Irpina (Av) 3

Arminio F., Terracarne. Viaggio nei paesi invisibili e nei paesi giganti del Sud Italia, Mondadori, Milano 2011 4

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30 altavilla, tra morfologia e storia Ferrovia Fiume Sabato Statale 88 Nucleo originario Espansione rinascimentale Espansione tadorinascimentale e seicentesca Espansione settecentesca Espansione ottocentesca

Le fasi di espansione del centro abitato

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altavilla, tra morfologia e storia

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Piazza F.lli Severini Altavilla cartolina anni ‘50 (www.altavilla historica.it)


museo per le genti senza storia, alle origini

Il progetto per il Museo delle Genti senza storia si affianca ad una ben più ampia e precedente proposta di riscrittura urbana dell’antico nucleo storico, iniziata grazie ad un dottorato di ricerca dal titolo “I luoghi dell’abbandono, Ipotesi per la riscrittura architettonica di parti degli antichi nuclei urbani, quale strategia di rivitalizzazione dei centri minori irpini del Partenio e della bassa Valle del Sabato: il caso studio di Altavilla Irpina (Av)”. Un approfondito lavoro di studio, e di indirizzo progettuale per il recupero del borgo principalmente concentrato sul recupero del tessuto edilizio minore ad uso residenziale, per me fedele guida durante l’intero lavoro. La collezione del Museo per le Genti senza Storia, a sua volta, ha origini lontane, per la prima volta fu ospitata nella Chiesa del paese, mentre attualmente, almeno in parte, è disposta lungo la loggia vetrata che circonda il chiostro del Palazzo comunale, un luogo poco adatto e sicuramente troppo piccolo per accoglierla. Da qui nasce la necessità di trovare una nuova sistemazione idonea ai reperti della raccolta, che spaziano dal periodo preistorico, passando per quello medievale, fino all’archeologia industriale, narrando la modesta storia di una comunità. Una sezione particolare è rappresentata da una serie di abiti, di cui alcuni squarci furono rivenuti nell’ossario della Chiesa e recuperati grazie ad una campagna di restauro, a seguito delle ricostruzioni post sisma. Tale campagna, risalente al 1983, ha portato all’apertura di laboratori di restauro con il progetto futuro di un’ipotetica succursale universitaria legata al restauro dei tessuti. Le funzioni ospitate dall’edificio polifunzionale annesso ma indipendente al museo si pongono al servizio di tale attività.

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34 museo per le genti senza storia, alle origini

Piano terra

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1. Atrio 2. Uscita di sicurezza 3. Sala delle origini 4. Sala del Medioevo

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5. Sala dell’età moderna 6. Sala dell’ottocento e del novecento 7. Sala di accesso al piano superiore

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Piano piano

10 8. Passaggio alle sale

9

11

9. Sale della storia del costume 10. Passaggio alla sala della miniera 11. Sala della miniera

9

Artigiano fine XIV sex

11

Il contadino inizio XIX sec

La contadina XVIII sec

Soldato G. Crescitelli 1815

Pianta del museo negli spazi della Chiesa 2003


museo per le genti senza storia, alle origini

Il piccolo re anni ‘20 XIX sec

La fanciulletta anni ‘40 XIX sec

La bambina anni ‘20 XIX sec

Il bimbo con la tuta anni ‘30 XIX sec

Il ragazzetto anni ‘30-40 XIX sec

La fanciulla bianco vestita anni ‘40 XIX sec

Completo femminile popolare anni ‘40 XIX sec

Abito da sera 1820

Abito da sera 1820

Il priore inizio XIX sec

Il confratello inizio XIX sec

La collezione dei tessuti, in parte recuperati grazie ai restauri e in parte donati al museo. (museo della Gente senza Storia, Lucia Portoghesi) Nella pagina successiva: Vista a volo d’uccello del paese dal lato del borgo storico

Abito da passeggio 1820

35





l’area di progetto, un brano da riscrivere

Nella pagina successiva: Vista zenitale del borgo antico

Il lotto su cui il progetto è stato pensato è un lembo di terra dell’antico fianco settentrionale del paese in cui gli edifici si configurano, o meglio si configuravano, come fortificazioni naturali, addossati agli scoscesi fianchi del colle Ripa. Alle sue spalle si impongono, all’interno del denso tessuto urbano residenziale, i due monumenti principali del borgo: il Palazzo Comitale, nel punto più alto, e appena dietro il Santuario dei Santi Martiri Pellegrino e Alberico Crescitelli. Lungo la traccia delle mura naturali, una manciata di macerie e qualche tenace parete che invano combatte contro l’edera e gli altri rampicanti, interrompono il percorso curvilineo disegnato dagli edifici ancora intatti ed enfatizzato dalla strada panoramica, che parecchi metri sotto, si snoda a sua volta lungo un marcato dislivello. Il lotto di forma irregolare, connotato da forti cambiamenti di quote, è situato in una posizione particolare. A meridione vi si affacciano le umili casette tufacee del paese a cui si accede dalla via retrostante San Pellegrino, a settentrione ed a oriente è delimitato dalla panoramica e dall’immenso paesaggio, ad occidente di nuovo una manciata di casette in linea sviluppate in altezza e dalla modesta profondità, si addossano sullo scosceso fianco del colle. Il lembo di terra, si configura inoltre come punto di passaggio, da un lato è raggiungibile infatti dal paese imboccando via Sambuco, diramazione di via San Pellegrino, stretta fra i due prospetti delle case in parte abbandonate che vi si affacciano, dall’altro una ripida scalinata che parte dalla panoramica termina su un modesto slargo a confine con il lotto, ricollegando le due zone. Il progetto quindi si inserisce su un lotto denso di tensioni, fulcro tra due polarità, paesaggio naturale e città, punto di frattura, lungo “l’antica traccia” dettata dalle preesistenze, e collegamento tra varie quote, quella inferiore dettata dalla panoramica e quella superiore dal paese.

39




•

Vista dalla strada statale Nelle pagine successive: Vista a volo d’uccello


il progetto

43

Percorrendo la statale che congiunge Avellino a Benevento ed alzando lo sguardo verso il fianco del colle Ripa, il complesso delmuseo per le Genti senza Storia appare, ben saldo, aggrappato alla parete rocciosa. Composto dall’edificio polifunzionale ad oriente, a confine con le preesistenze, dall’edificio museale a settentrione, e dalla torre al di là della strada panoramica, si fa carico di rimodellare il fianco ferito del paese, costituendosi come fulcro tra due polarità: il borgo costruito e l’immenso paesaggio, elemento che diviene protagonista più volte all’interno del progetto tra timidi scorci e ampie vedute. I volumi in tufo, del museo e dello spazio polifunzionale, compatti nella base ma frammentati in altezza, ripropongono quel senso di disordine legato all’apparente mancanza di una regola insediativa che domina l’intero centro storico, ma che in realtà ha avuto nel corso della Storia quell’unica regola insediativa dettata dall’andamento del terreno e dagli strapiombi rocciosi, fortificazioni e robuste pareti naturali per gli edifici che vi si addossano. A livello planimetrico il progetto ripropone quello che era l’ingombro delle preesistenze, lungo il confine con la panoramica a proseguire il disegno avviato dalle antiche case confinanti, connotate dallo spiccato sviluppo volumetrico in altezza piuttosto che in profondità. La torre, collegamento verticale e nuova porta d’accesso al paese, richiamo all’antico tracciato fortificato, offre un magico scorcio da cui è possibile ammirare il famoso paesaggio irpino cantato da poeti e ammirato da uomini illustri. Il sistema di piazze, articolato in quattro livelli altimetrici principali



il progetto

45


46 il progetto

02

01 03

04


il progetto

Planemetria

01 Edificio I museo bar 02 Edificio II sala conferenze aula studio spazio espositivo 03 Torre collegamento verticale belvedere 04 Parcheggio

47


48 il progetto quota +8.10m 11_piazzetta I1

11 10

Edificio II 10_spazio espositivo

quota +4.50m 08_piazza 1 Edificio I 09_percorso espositivo

08 07

10

Edificio II 07_aula studio

09

Torre 10_belvedere

quota 0.00m Edificio I 01_ingresso museo 02_percorso espositivo

05

03 06

04

01 02

Edificio II 03_ingresso 04_sala conferenze 05_servizi ingienici Torre 06_accesso torre dal paese

quota -4.50m Edificio I 12_percorso espositivo/sala tessuti 13_deposito 14_servizi igienici 12

15_piazza/terrazza Edificio I 16_bar 17_cucina 18_deposito bar 19_servizi igenici 20_deposito/vano tecnico Torre 21_accesso torre dalla panoramica

14

13

quota -9.00m

20 18 17

21

19

16 15


il progetto

interconnette i vari elementi dislocati sulla forte pendenza, che si alternano tra scorci segreti e ampie stanze all’aperto.

Esploso assonometrico

L’itinerario di un ipotetico visitatore che incuriosito si addentra per la strada tortuosa che porta al paese antico, inizia dal piccolo parcheggio ai piedi della Chiesa madre. Da lì la panoramica, seguendo l’andamento del terreno, curva per il fianco del colle, verso la base massiccia dell’edificio che accoglie il museo, in direzione della torre. In corrispondenza dell’imbocco della strada, una seconda viuzza, più stretta, ma dalla pendenza decisamente più dolce, inizia la salita verso il livello principale del complesso, quello della piazza da cui è possibile accedere al museo e all’edificio polifunzionale o salire ancora verso il paese. Proseguendo per la panoramica invece, si impone la torre. Con i suoi pilastri irregolari in calcestruzzo, caratterizzati dalle ombre che rincorrono i profili smussati, svolge una duplice funzione, la prima di collegamento verticale con la piazza principale a ben 9 metri di dislivello, la seconda di belvedere. Durante l’intera salita, infatti, l’alternarsi dei pilastri permette fugaci scorci verso il paesaggio, ma è sulla vetta, che l’interrompersi di questi apre la vista verso le verdi cime. Accanto alla torre lungo la strada si apre uno spiazzo, un’ampia piazza/terrazza sul paesaggio si pone a servizio del bar, che occupa la parte inferiore dell’edificio museale e a cui si accede tramite una vetrata arretrata, che porta la luce all’interno del locale bucando il massiccio muro in tufo. Il bar, indipendente rispetto al museo, accoglie i clienti nell’ampia stanza allungata. Alle spalle del bancone, opposto rispetto all’ingresso, una parete divide dalla zona di preparazione pasti, illuminata e ventilata grazie all’alta finestra aperta sulla doppia altezza. Accanto all’ingresso del bar una porta più piccola permette l’accesso al deposito del museo, collegato agli altri piani tramite il vano scale e l’ascensore. Svoltando l’angolo e costeggiando il muro imponente, interrotto solo da una serie di piccole e profonde fessure che enfatizzano la massa del volume, si nasconde tra l’edificio museale e quello polifunzionale una stretta scalinata, terzo punto di connessione tra la piazza princi-

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50 il progetto

06

07

04 05 03

02 01


il progetto

Sezioni trasversali

Pianta quota -9.00m

01_piazza/terrazza 02_bar 03_cucina 04_deposito bar 05_servizi igienici 06_deposito museo/ vano tecnico Torre 07_accesso torre dalla panoramica

pale e la strada ed evidente richiamo alla morfologia del paese, la cui articolazione su vari livelli spesso rende necessario l’utilizzo di scale che connettono una quota con l’altra. La panoramica continua il suo percorso costeggiando la base dell’edificio polifunzionale e successivamente delle case preesistenti lungo lo scosceso fianco, fino al bivio che permette di risalire verso via san Pellegrino o di scendere per una piccola e stretta stradina, scorciatoia percorsa quotidianamente dai minatori all’epoca della fiorente attività dell’industria di zolfo. Salendo le strette scalette, invece, lo spazio si decomprime aprendosi sulla piazza pubblica. Articolata su due livelli si configura come un’ampia stanza all’aperto, circondata dal denso tessuto urbano che impedisce il contatto visivo con il paesaggio, ad eccezione di due scorci, il primo incorniciato dal profondo e stretto taglio che separa il museo dall’edificio polifunzionale, il secondo al di là dei volumi tufacei in prossimità della torre. Dalla piazza, fulcro del progetto è possibile intraprendere vari percorsi: accedere al museo, allo spazio polifunzionale o continuare la salita verso il paese, imboccando una nuova rampa di scale e accedendo allo spiazzo superiore. Il percorso che porta all’accesso del museo segue un muro scandito da una serie di fessure regolari che si aprono sull’interno, sotto la tettoia rivestita in breccia che ricuce il prospetto frammentato dato dagli sbalzi delle sale espositive. Alla quota principale, infatti, il possente blocco che fa da base all’edificio si frammenta in tre volumi scolpiti dal tetto a falda e collegati fra loro tramite dei passaggi vetrati.

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52

il progetto

Vista dalla strada panoramica


il progetto

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54 il progetto

Vista dalla piazza


il progetto

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il progetto

04 06

01 07

05

02

03


il progetto

Prospetto sulla strada panoramica

Pianta quota 0.00m 01_piazza Edificio I 02_ingresso museo 03_percorso espositivo Edificio II 04_ingresso 05_sala conferenze 06_servizi igienici Torre 07_accesso torre dal paese

Il volume dell’edificio museale si articola su quattro livelli, tre dei quali occupati dai preziosi resti, e l’inferiore, occupato dal deposito, e dal bar indipendente, precedentemente citato. Dalla hall d’ingresso è infatti possibile imboccare le scale (o l’ascensore) e iniziare il percorso espositivo. Al livello inferiore si trovano collocati i servizi igienici ed una lunga sala con un piccolo deposito, dedicato alla particolare sezione riguardante i tessuti restaurati. Gli antichi vestiti esposti sono accolti nelle apposite teche progettate ed illuminati con luce principalmente artificiale, le strette fessure che feriscono il volume di tufo aprendo la sala verso l’esterno, infatti, prevedono un sistema di tendaggio al fine di oscurare la sala in caso di necessità. Alla quota della piazza, superate le scale, i ritrovamenti archeologici sono disposti in tre sale aperte sulla piazza e, dal lato opposto, a Nord, sulla panoramica, tramite le piccole fessure, che permettono fugaci scorci verso l’esterno e il passaggio di poca e fioca luce verso l’interno. E’ tramite i tagli, che il paesaggio diviene protagonista. Pausa tra una sala e l’altra, infatti, i passaggi vetrati permettono la vista e l’affaccio verso la vallata circostante. Le tre sale superiori più ampie rispetto alle inferiori e chiuse su tutti i lati, sono illuminate tramite luce zenitale che passa dai lucernari aperti sulle falde. La luce al contrario inonda le passerelle che attraversano i tagli vetrati, collegamenti tra una sala e l’alta e un punto di contatto tra i due piani. Tra le sale espositive si differenziano quelle centrali, comunicanti grazie alla doppia altezza. Il solaio a sbalzo del primo piano permette oltre che l’affaccio, il passaggio della luce, che non trovando ostacoli, lambisce le pareti fino al piano inferiore. Una piccola finestra, inoltre, rompe il prospetto esposto a Nord portando di nuovo il paesaggio e le verdi montagne all’interno del museo, tra i ritrovamenti archeologici che da quelle stesse terre provengono. Il cemento a vista dai colori caldi, anonimo e al contempo avvolgente fa da sfondo agli antichi oggetti, m wtentre la breccia irpina materiale usato con il tufo come rivestimento esterno rifinisce i passaggi tra una sala e l’altra.

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58 il progetto

Vista della sala espositiva dei tessuti


il progetto

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60 il progetto

Vista della sala espositiva a doppia altezza del museo


il progetto

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62

il progetto

Vista dalla sala espositiva del museo


il progetto

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64 il progetto

01

03 05 04

02


il progetto

Sezioni trasversali

Pianta quota +4,50m

01_piazza 1 Edificio I 02_percorso espositivo Edificio II 03_aula studio 04_terrazza/loggia Torre 05_belvedere

Di fronte all’ampia vetrata che porta all’interno del museo, scavata sotto il secondo livello della piazza, si apre la hall d’ingresso dell’edificio polifunzionale. Da qui si accede al lungo volume articolato su tre piani, simile nelle sue forme scultoree ai frammentati edifici museali. Al piano terra una modesta sala conferenze da settanta posti si sviluppa su un forte dislivello (circa 3 metri). La parte finale infatti si raccorda con la quota della panoramica, in maniera da permettere l’apertura dell’uscita di sicurezza nei pressi del palco. I materiali che rivestono la sala sono stati pensati e quantificati al fine di avere un’acustica ottimale al suo interno (vedi capitolo “acustica”). Un’ampia pannellatura lignea, in cui è intagliata una piccola finestra che permette un timido scorcio verso il paesaggio, fa da sfondo al palcoscenico; i pannelli acustici sagomati bianchi posizionati sul soffitto schermano le luci alla vista, il cemento dai toni non troppo freddi crea un’atmosfera avvolgente e calda. Al piano superiore l’aula studio si apre su una loggia che rompe il volume monotono del prospetto offrendo una stupenda vista verso la vallata e verso i colli. L’ultimo piano del volume, illuminato esclusivamente da luce zenitale ospita un ampio spazio dedicato alle esposizioni di artisti locali. Il particolare lucernario pensato per la sala permette un’illuminazione ottimale per l’ambiente, i setti in calcestruzzo orientati, infatti, schermano la luce diretta proveniente da sud, mentre incanalano la luce che arriva da Nord, la lamiera in doppio strato di alluminio microforato inoltre, in parte riflette e in parte diffonde la luce in maniera da creare un’atmosfera uniforme all’interno di tutto lo spazio. L’accesso principale all’ultimo piano del volume avviene tramite una porta che affaccia su un piccolo slargo. Dal secondo livello della piazza infatti il percorso verso il paese continua tramite una scalinata, prima più ampia e poi sempre più stretta, fino all’ultima piazzetta del sistema progettato, nesso fra il nuovo edificio e le preesistenze oltre che ultimo scorcio verso il paesaggio prima di addentrarsi nel denso tessuto del borgo.

65


66 il progetto

Vista dalla loggia dell’aula studio


il progetto

67


68 il progetto


il progetto

•

Dettaglio tecnologico

01_solaio di copertura rivestimento in breccia irpina bocciardata 60x60cm

0,4 cm

guaina traspirante impermeabilizzante

0,3 cm

pannello per isolamento termico

10 cm

barriera al vapore

0,2 cm

calcestruzzo armato

35 cm

controsoffitto

80 cm

02_lucernario a doppio vetro infisso con vetrocamera di copertura

8-16-8

infisso con vetro secondario opaco

03_chiusura verticale rivestimento in blocchi di tufo pezzatura mista

25 cm

staffe di ancoraggio tra rivestimento e setto portante intercapedine di aria

4,5 cm

pannello per isolamento termico

10 cm

setto portante in calcestruzzo armato

27 cm

04_solaio intermedio a sbalzo calcestruzzo armato

30 cm

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70

il progetto

02

01

03 04

05

07 06


il progetto

05_solaio intermedio pavimento parquet

0,15 cm

massetto in calcestruzzo alleggerito di livellamento

3 cm

massetto porta impianti

10 cm

guaina fonoassorbente

1 cm

calcestruzzo armato

27 cm

controsoffitto

40 cm

06_solaio controterra pavimento

0,15 cm

massetto in calcestruzzo alleggerito di livellamento

3 cm

massetto porta impianti

10 cm

pannello per isolamento termico

10 cm

barriera al vapore getto in calcestruzzo armato con rete elettrosaldata

8 cm

vespaio areato

40 cm

fondazione a platea

40 cm

magrone

15 cm

07_parete controterra guaina impermeabilizzante

0,3 cm

setto in calcestruzzo armato

27 cm

scannafosso

60 cm

guaina impermeabilizzante

0,3 cm

setto in calcestruzzo armato

25 cm

pannello per isolamento termico

10 cm

setto in calcestruzzo armato

32 cm

intonaco

1,5 cm

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il progetto


il progetto

•

Dettaglio tecnologico

01_lucernario di copertura a doppio vetro infisso con vetrocamera di copertura setti in calcestruzzo armato

25 cm

infisso con vetro opaco profilo in metallo doppio foglio di alluminio microforato profilo in metallo con sistema di illuminazione

02_chiusura verticale rivestimento in blocchi di tufo pezzatura mista

25 cm

staffe di ancoraggio tra rivestimento e setto portante intercapedine di aria

4,5 cm

pannello per isolamento termico

10 cm

setto portante in calcestruzzo armato

27 cm

03_solaio intermedio pavimento parquet

0,15 cm

massetto in calcestruzzo alleggerito di livellamento

3 cm

massetto porta impianti

10 cm

guaina fonoassorbente

1 cm

calcestruzzo armato

35 cm

controsoffitto

30 cm

73


74

il progetto

01

02 03

04

06

05


il progetto

04_porte scorrevoli infisso in alluminio con doppio vetro camera

05_solaio intermedio pavimento

0,15 cm

massetto in calcestruzzo alleggerito di livellamento

3 cm

massetto porta impianti

10 cm

guaina fonoassorbente

1 cm

calcestruzzo armato

30 cm

controsoffitto

30 cm

pannelli fonoassorbenti sagomati

06_solaio controterra pavimento in microcemento

0,15 cm

massetto in calcestruzzo alleggerito di livellamento

3 cm

massetto porta impianti

10 cm

pannello per isolamento termico

10 cm

barriera al vapore getto in calcestruzzo armato con rete elettrosaldata

8 cm

vespaio areato

40 cm

fondazione a platea

40 cm

magrone

15 cm

75


•

Nucleo storico di Altavilla Irpina. Dettaglio di muratura in tufo lungo la panoramica


suggestioni materiche

“Da bambino andavo spesso dai miei nonni, a San Giuseppe Vesuviano. Spesso mi intrattenevo per ore fuori dalla casa, in un lungo cortile dove si aprivano anche altre case. Con un pozzo al centro. Spesso, lì, c’era un uomo, piccolo di statura ma massiccio –col baricentro basso come un calciatore-, che con una sua squadra di 2-3 operai costruiva muri di confine e piccole case matte. Usava la pietra di tufo. Tutta la zona vesuviana, ma in generale tutta l’area, ne è ricca, è ricca di tufo. Il tufo [la pietra di tufo] è il materiale da costruzione a me più familiare. E’ [il tufo, la pietra di tufo] il mattoncino della Lego con cui sono costruiti gli edifici della mia memoria [infantile, adolescenziale]. Interi pezzi di insediamenti vesuviani prima e casertani poi mi sono apparsi attraverso superfici di tufo. [Con varie rifiniture, trattamenti, orditure.] Ricostruisco la parete di tufo della mia memoria [che corrisponde alla parete di tufo che desidero]. La memoria conserva i desideri. L’uomo dal baricentro basso si chiamava ‘Ntonio ‘o tzo-tzo [ognuno, da quelle parti, aveva un nick name. Il più delle volte appioppato a una caratteristica fisica. Il nostro aveva, infatti, un difetto di pronuncia che gli faceva suonare le poche parole che usava come se avesse una polpetta –o anche una zeppola- in bocca]. Ecco il mio primo maestro è stato ‘Ntonio ‘o tzo-tz”1 Beniamino Servino Per quanto riguarda i materiali sono stati privilegiati i locali. Per il rivestimento principale esterno non si poteva che scegliere il tufo, roccia vulcanica, la principale pietra utilizzata storicamente per murature portanti e non, nell’edilizia in tutta la zona. La muratura classica utilizzata per l’architettura monumentale storica in tufo prevedeva filari di blocchi con giunti a vista, alternando un

1

Beniamino Servino, Derivo da questa cultura e da qui parto

77


78

suggestioni materiche

filare da circa 25 cm con due da circa 12,5 cm, o più semplicemente filari da 25 cm con giunti alternati. Il tufo è un materiale particolare, molto poroso e facile da lavorare, le misure standard di un blocco all’incirca sono 12,5x40x25 cm ma vista la semplicità della lavorazione, spesso variano in base alla cava e alle necessità. Tale duttilità di lavorazione, se da un lato rappresenta una qualità del materiale dall’altro ne è anche criticità, non può infatti essere utilizzato con spessori troppo sottili, sia per una difficoltà di taglio, che con misure ridotte porta alla disgregazione del materiale, che per la corrosione superficiale causata da una prolungata esposizione agli agenti atmosferici esterni. Nel caso del progetto la disposizione del tufo è stato pensato a filari alternati, con un filare da 25 cm alternato a due da 12,5 cm. Per la pezzatura è stato deciso di utilizzare blocchi con le due dimensioni in profondità e in altezza fissa (25 e 12,5 cm) ma variabile in larghezza, ricreando un disegno irregolare e più caotico a richiamo dell’architettura popolare in tufo, in cui la muratura in blocchi non seguiva una trama prestabilita ma veniva eseguita con materiale di fortuna trovato sul luogo e assemblato in modo pressappoco casuale. Il tufo inoltre è stato utilizzato in modo da nascondere i giunti tra un mattone e l’altro, grazie ad una risegatura effettuata nella parte posteriore dei blocchi in cui viene posizionata la malta. Questa particolare tecnica, utilizzata storicamente dalle maestranze locali, non comporta un’eccessiva lavorazione grazie proprio alla semplicità di lavorazione del materiale, che viene tagliato con delle semplici seghe. Lo spessore importante del rivestimento, di 25 cm, vuole prevenire quel deterioramento causato dalla corrosione del materiale provocato della prolungata esposizione agli agenti atmosferici. Rompono la monotonia del tufo i filari in breccia irpina, anch’essa pietra di estrazione locale, di colore chiaro, vista la sua resistenza (spesso viene utilizzata nell’architettura urbana per il rivestimento di strade) è tata utilizzata anche per la copertura. Per la pavimentazione urbana delle piazze di nuova edificazione è stata scelta la pietra lavica, di colore scuro, pietra utilizzata già in altre zone del paese per rivestimenti di piazze e manti stradali. Un’eccezio-


suggestioni materiche

ne è rappresentato dall’intervento lungo la panoramica, in cui è stato deciso di mantenere e di riproporre nell’area della terrazza/piazza la pietra preesistente. La torre dalla base in tufo si innalza con possenti pilastri in cemento, materiale idoneo e abbastanza resistente per sfidare tali altezze.

Muratura classica in tufo con giunti a vista

Muratura in tufo con giunti invisibili

Rivestimento in tufo con giunti invisibili

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Altavilla Irpina

•

Mappa di pericolositĂ sismica del territorio nazionale


struttura e tecnologia

La prima cosa da tenere di conto per la progettazione di un nuovo edificio nella zona dell’entroterra appennino è di certo l’alto rischio sismico. Dalla mappa di pericolosità sismica, infatti risulta ben chiara la posizione dell’area di Altavilla Irpina. Per quanto riguarda la tecnologia, visto lo spessore massiccio di rivestimento in tufo, pietra molto porosa e che quindi permette il passaggio dell’acqua, è stato necessario prevedere un’intercapedine d’aria fra il rivestimento e il setto portante in maniera da permettere la circolazione dell’aria ed evitare la formazione di muffe che andrebbero a danneggiare il calcestruzzo. L’aggancio tra il rivestimento e la parete avviene tramite delle staffe in acciaio con una forma ad L poste ogni 4 o 5 filari, intervallate a loro volta da rinforzi secondari. Il sistema di ancoraggio è stato ipotizzato sovradimensionato visto l’alto rischio sismico della zona. Particolare attenzione è stata fatta al nodo tecnologico infisso-parete, prevedendo una piastra metallica di supporto ancorata al setto il calcestruzzo armato, su cui scarica il tufo e su cui è agganciata la breccia che fa da rivestimento alla parte superiore della fessura.

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82

struttura e tecnologia

Blocco in breccia irpina sagomato 26cmx60cmx100cm

Malta Isolante 10cm Griglia per la fuorscita dell’aria Rivestimento in tufo 25 cm Intercapedine d’aria 4,5 cm Setto il calcestruzzo armato 27 cm Staffa di ancoraggio tra rivestimento e parete

Dettaglio tecnologico della parete


struttura e tecnologia

Lastra metallica di supporto su cui scarica il rivestimento Blocchetto in breccia irpina 25cmx12,5cmx50cm Breccia irpina 35cmx7cmx60cm Ancoraggio breccia-lastra metallica Ancoraggio lastra metallica-parete cls

•

Nodo tecnologico infisso-parete

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struttura e tecnologia

•

4,34

4,34

5,7

6,48

Parete trave appoggiata

4,2

4,2

Setto portante in ca

Setto portante in ca

9,31

Setto portante in ca 4,81

4,81

Sezione bb

4,34

5,7

Sezione aa

4,2 4,81

Schema di funzionamento della parete 2,5

2,5

Vista assonometrica

11 11 2,5 ,69

,33

8

,06

14 ,7

6,8

1,7

6

2,5

11

5,0

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Sezioni strutturali


struttura e tecnologia

4,2

4,81

4,81

9,31

4,2

4,34

4,34

5,7

6,48

Per il museo è stata prevista una struttura in setti portanti in calcestruzzo armato dallo spessore di 27 cm. Di tale struttura è stato analizzato un punto critico, cioè la discontinuità in altezza dei setti portanti. Tre setti principali paralleli sono la base per l’intero edificio museale, ma solo uno di questi è contiguo per tutta l’altezza, gli altri due si interrompono alla “quota 0”. Nei piani superiori infatti, in cui abbiamo la frammentazione del volume museale, le pareti in calcestruzzo armato che organizzano lo spazio sono poste in direzione perpendicolare rispetto ai tre setti inferiori. Le diverse necessità distributive impediscono di proseguire le parete fino alla quota inferiore. Queste pareti, quindi, si comportano come pareti-travi, appoggiate sui due dei tre setti inferiori, e nella parte finale a sbalzo. La maggior parte dei solai sono realizzati in calcestruzzo a soletta piena alleggerita con doppia armatura. Questa tipologia di solaio differisce dai classici a doppia armatura nel fatto che tra un’armatura e l’altra, prima di eseguire il getto vengono inserite delle sfere in polietilene al fine di minimizzare gli effetti dovuti alle masse eliminando il calcestruzzo nelle zone dove ha meno effetto. Questa tecnologia risulta adatta alle zone ad alto rischio sismico in quanto la minor massa partecipante significa una drastica riduzione del rischio di danni

piano 2 piano 1 piano 0 piano -1 piano -2

2,5

Sovrapposto piante

85


4,34

4,34 9,31

4,2

4,2

struttura e tecnologia

4,81

4,81

sfere in polietilene

Armatura longitudinale e armatura trasversale Armatura longitudinale e armatura trasversale

Ø23

traliccio

3 30

30

30

30

30

3

30

Soletta piena in ca

30

30

30

Solaio in ca bidirezionale a soletta piena alleggerita

30

20

Profilo HEB

50

50

50

30

125

Solaio misto in acciaio e ca per grandi luci

50

125

125

50 30

2,5

2,5

125

11

,33

11 2,5 ,69

c

11

,7

2,5

,06

14

6,8

1,2

5

1,7

5,0

6

8

,42

c 16

b 5,92

2,5

16

,56

2,35 0,27

9,18

a 7

11,72

a

2,94

0,2

2,5

30

8,37

7,8

2

6,8

2,5

7

0,2

86

9,19

b

Ø23

3

2

30

30

30

30

30

30

3

30

30

30

30

Pianta strutturale piano 0

30

30

30


4,81

struttura e tecnologia

87

strutturali. Un’eccezione è rappresentata dal solaio della hall d’ingesso all’edificio polifunzionale, in cui, vista l’ampia luce, si è optato per una soluzione mista calcestruzzo armato-acciaio, composto da travi HBE e soletta in calcestruzzo a doppia armatura. Un secondo punto critico è rappresentato dall’attacco del progetto con gli edifici preesistenti, nello specifico è stato analizzato il caso degli edifici posti a confine con la hall d’ingresso a Sud-Est, quest’ultima infatti si trova ad una quota inferiore rispetto alla quella degli edifici preesistenti. Lo sbancamento realizzato senza accortezze porterebbe quasi sicuramente al crollo degli edifici confinanti. La soluzione prevede l’utilizzo di diaframmi in calcestruzzo armato il cui ruolo è quello di contenere il terreno sotto le fondazioni degli edifici esistenti. La costruzione dei diaframmi prevede la realizzazione di uno scavo delle misure esatte di ogni diaframma, eseguito tramite idro fresa, tecnica che consente di scendere molto in profondità. Una volta eseguito il foro viene inserita la gabbia e gettato il calcestruzzo, che va a formare il possente setto. I setti, la cui lunghezza massima è 2,5 m si susseguono per la lunghezza necessaria.

6,8

5,0 6

8

preesistenze 10.68

diaframma in ca tirante

16

,42

4.50 4.85

10.68

16

,56

1.20 4.50 4.85

7

sezione cc

0,2 1.20

7,8

7

2

0,2

Studio dell’attacco tra il nuovo edificio e le preesistenze

9,19


•

Vista della sala conferenze


acustica

89

La progettazione della sala conferenze è stata guidata da una particolare attenzione al comfort acustico. Le dimensioni ridotte dello spazio non richiedono particolari attenzioni, una scelta e un posizionamento consapevole dei materiali al fine di ottenere un tempo di riverbero adeguato, è quanto basta per consentire la miglior esperienza di ascolto possibile. Il tempo di riverbero adatto è stato ottenuto bilanciando opportunamente il numero di superfici fonoassorbenti e fono riflettenti presenti all’interno della sala, avendo cura di posizionarle nei punti opportuni, in maniera da creare riflessioni o assorbimento di suono dove è più necessario. La volontà progettuale era quella di trattare le pareti laterali, come per il museo, con il cemento del setto portante a vista. Motivo per cui la posizione dei pannelli fonoassorbenti, necessari per ottenere un tempo di riverbero ottimale è stata prevista sul soffitto. Per il rivestimento alle spalle del palco, all’opposto, è stata scelta una pannellatura in legno riflettente, in maniera da incrementare le riflessioni verso il pubblico. Il calcolo è stato svolto secondo il metodo indicato dalla norma UNI EN 12354-6, 2006, Acustica in edilizia - Valutazioni delle prestazioni acustiche di edifici a partire dalle prestazioni di prodotti - Parte 6: Assorbimento acustico in ambienti chiusi. Nella seguente tabella sono stati riportati i coefficienti di assorbimento acustico dei vari materiali utilizzati.


90

acustica

α (coefficiente di assorbimeto acustico) A (unità fon Sup (mq) 125 Hz 250 Hz 500 Hz 1000 Hz 2000 Hz 4000 Hz 125 Hz 250 Hz 500 Hz Soffitto (pannelli fonoassorbenti) 90,6 0,42 0,7 0,76 0,73 0,65 0,59 38,052 63,42 68,856 Pavimento cls 56,6 0,01 0,01 0,01 0,02 0,02 0,03 0,566 0,566 0,566 Pavimento legno 33 0,02 0,03 0,04 0,05 0,05 0,06 0,66 0,99 1,32 pareti cls 138 0,01 0,01 0,01 0,02 0,02 0,03 1,38 1,38 1,38 pareti legno 70,13 0,12 0,1 0,06 0,05 0,05 0,06 8,4156 7,013 4,2078 Sedie (imbottite) 70 0,1 0,2 0,25 0,3 0,35 0,35 7 14 17,5 porta (legno) 10,77 0,14 0,1 0,08 0,08 0,08 0,08 1,5078 1,077 0,8616 persone 3/4 52 0,12 0,45 0,8 0,9 0,95 1 6,24 23,4 41,6 persone pieno 70 0,12 0,45 0,8 0,9 0,95 1 8,4 31,5 56 TOTALE A (no persone) 57,58 88,45 94,69 A (3/4 persone) 58,62 101,45 123,29 ITOTALE coefficienti di assorbimento acustico dei vari materiali vengono molTOTALE A (pieno) 58,98 105,95 133,19

tiplicati per l’effettiva superficie che essi ricoprono, ottenendo così le 125 Hz è rappresentata 250 Hz 500 Hzdalle 1000 Hz 2000 Hz 4000 Hz unità fonoassorbenti. Un’eccezione sedie e dalle T60 (no persone) 1,45 0,94 0,88 0,86 0,90 0,92 persone, partecipi all’assorbimento1,42 del suono. svolgere0,67 il T60 (3/4 persone) 0,82 E’ necessario 0,68 0,65 0,67 T60 (pieno) 0,79persone 0,63e ad0,60 0,62 0,61 calcolo, infatti, sia ad aula vuota, 1,42 a 3/4 delle aula piena. Inoltre per questi fattori non viene0,90 presa in considerazione l’area che T60 ottimale ricoprono ma il numero effettivo di sedie occupare o libere e persone presenti, motivo per cui nella tabella precedentemente riportata i valori forniti per questi fattori sono espressi in area di assorbimento acustico equivalente.

α (coefficiente di assorbimeto acustico) α (coefficiente A (unità fonoassrobenti) di assorbimeto acustico) A (unità fon 125 Hz 250 Hz 500 Hz 1000 Hz 2000 Hz 4000 Sup Hz 125 (mq) Hz125 Hz 250 Hz 250 Hz 500 Hz 500 Hz 10001000 Hz Hz 20002000 Hz Hz 4000 4000 HzHz 125 Hz 250 Hz 500 Hz 0,42 0,7 Soffitto 0,76(pannelli 0,73fonoassorbenti) 0,65 0,59 90,6 38,052 0,4263,42 0,7 68,8560,76 66,1380,73 58,89 0,65 53,454 0,59 38,052 63,42 68,856 0,01 0,01 Pavimento 0,01 cls 0,02 0,02 0,03 56,60,566 0,010,566 0,010,5660,01 1,1320,02 1,132 0,02 1,698 0,03 0,566 0,566 0,566 0,02 0,03 Pavimento 0,04 legno 0,05 0,05 0,06 33 0,66 0,02 0,99 0,03 1,320,04 1,650,05 1,65 0,05 1,98 0,06 0,66 0,99 1,32 0,01 0,01 pareti 0,01 cls 0,02 0,02 0,03 138 1,38 0,01 1,38 0,01 1,380,01 2,760,02 2,76 0,02 4,14 0,03 1,38 1,38 1,38 0,12 0,1 pareti 0,06 legno 0,05 0,05 0,06 70,13 8,4156 0,127,013 0,1 4,20780,06 3,50650,05 3,5065 0,05 4,2078 0,06 8,4156 7,013 4,2078 α (coefficiente di assorbimeto acustico) A (unità fonoassrobenti) α (coefficiente di assorbimeto acustico) A (unità fon 0,1 0,2 Sedie 0,25 (imbottite) 0,3 0,35 0,35 70 7 0,1 14 0,2 17,50,25 21 0,3 24,5 0,35 24,5 0,35 7 14 17,5 125 Hz 250 Hz 500 Hz 1000 Hz 2000 Hz 4000 Sup Hz 125 Hz125 Hz 250 Hz 500 Hz 10001000 Hz Hz 20002000 Hz Hz 4000 HzHz 125 Hz (mq) 250 Hz 500 Hz 4000 250 Hz 500 Hz 0,14 0,1 porta 0,08 (legno) 0,08 0,08 0,08 10,77 1,5078 0,141,077 0,1 0,86160,08 0,86160,08 0,8616 0,08 0,8616 0,08 1,5078 1,077 0,8616 0,42 0,7 Soffitto 0,76(pannelli 0,73fonoassorbenti) 0,65 0,59 90,6 38,052 0,4263,42 0,7 68,8560,76 66,1380,73 58,89 53,454 0,65 0,59 38,052 63,42 68,856 0,12 0,45 persone 0,8 3/4 0,9 0,95 1 52 6,24 0,12 23,4 0,45 41,6 0,8 46,8 0,9 49,4 0,95 521 6,24 23,4 41,6 0,01 0,01 Pavimento 0,01 cls 0,02 0,02 0,03 56,60,566 0,010,566 0,010,5660,01 1,1320,02 1,132 0,02 1,698 0,03 0,566 0,566 0,566 0,12 0,45 persone 0,8 pieno 0,9 0,95 1 70 8,4 0,12 31,5 0,45 56 0,8 63 0,9 66,5 0,95 701 8,4 31,5 56 0,02 0,03 Pavimento 0,04 legno 0,05 0,05 0,06 1,98 33 0,66 0,02 0,99 0,03 1,320,04 1,650,05 1,65 0,05 0,06 0,66 0,99 1,32 TOTALE A (no persone) 57,58 88,45 94,69 97,05 93,30 90,84 57,58 88,45 94,69 0,01 0,01 pareti 0,01 0,02 0,02 0,03 138 1,38 0,01 1,38 0,01 1,380,01 2,760,02 2,76 4,14 cls 0,02 0,03 1,38 1,38 1,38 TOTALE A (3/4 persone) 58,62 101,45 123,29 riferite 128,25 ad 124,50 124,64 58,62 101,45 123,29 questo punto delle unità 0,12 0,1 A 0,06 0,05facendo 0,05la somma 0,06 70,13 8,4156 7,013 0,1 4,20780,06 3,50650,05 3,5065 pareti legno 0,12fonoassorbenti 0,05 4,2078 0,06 8,4156 7,013 4,2078 TOTALE A (pieno) 58,98 105,95 133,19 139,05 135,30 136,34 58,98 105,95 133,19 0,1 0,2 iSedie 0,3 0,35 0,35 21 0,3 24,5 24,5 (imbottite) 70 si7ottiene 0,1 14 0,2 17,5 0,35 0,35 7 14 17,5 vari0,25 materiali alle rispettive frequenze il totale ad0,25 aula vuota, 0,14 0,1 porta 0,08 0,08 0,08 10,77 1,5078 0,141,077 0,1 0,86160,08 0,86160,08 0,8616 (legno) 0,08 0,08 0,8616 0,08 1,5078 1,077 0,8616 250 Hz 500 Hz ad 1000 Hz 2000 Hz 4000 Hz 125 Hz 250 Hz 500 Hz 1000 Hz 2000 Hz 4000 Hz aula occupata 3/4 degli spettatori ed 0,12 aula23,4 piena. 0,12 0,45 persone 0,8 3/4 0,9 dai0,95 1 521 52 6,24 0,45 41,6 0,8 46,8 0,9 49,4 0,95 6,24 23,4 41,6 0,94 0,88 T600,86 (no persone) 0,90 0,92 1,45 0,94 0,88 0,86 0,90 0,92 0,12 0,45 persone 0,8 pieno 0,9 0,95 1 63 0,9 66,5 701 70 8,4 0,12 31,5 0,45 56 0,8 0,95 8,4 31,5 56 0,82 0,68 T600,65 (3/4 persone) 0,67 0,67 1,42 0,82 0,68 0,65 0,67 0,67 57,58 88,45 94,69 97,05 93,30 90,84 TOTALE A (no persone) 57,58 88,45 94,69 0,79 0,63 T600,60 (pieno) 0,62 0,61 1,42 0,79 0,63 0,60 0,62 0,61 58,62 101,45 123,29 128,25 124,50 124,64 TOTALE A (3/4 persone) 58,62 101,45 123,29 58,98 105,95 133,19 139,05 135,30 136,34 TOTALE A (pieno) 58,98 105,95 133,19 T60 ottimale 0,90

250 Hz 500 Hz 1000 Hz 2000 Hz 4000 Hz 0,94 0,88 T600,86 0,90 0,92 (no persone) 0,82 0,68 T600,65 0,67 0,67 (3/4 persone) 0,79 0,63 T600,60 0,61 (pieno) 0,62

125 Hz 250 Hz 500 Hz 1000 Hz 2000 Hz 4000 Hz 1,45 0,94 0,88 0,86 0,90 0,92 1,42 0,82 0,68 0,65 0,67 0,67 1,42 0,79 0,63 0,60 0,62 0,61


Pavimento legno 33 0,02 0,03 0,04 0,05 0,05 0,06 0,66 pareti cls 138 0,01 0,01 0,01 0,02 0,02 0,03 1,38 pareti legno 70,13 0,12 0,1 0,06 0,05 0,05 0,06 8,4156 acustica 791 Sedie (imbottite) 70 0,1 0,2 0,25 0,3 0,35 0,35 porta (legno) 10,77 0,14 0,1 0,08 0,08 0,08 0,08 1,5078 persone 3/4 52 0,12 0,45 0,8 0,9 0,95 1 6,24 Il calcolo del tempo nelle tre0,8 conformazioni avviene tramipersone pieno 70 di riverbero 0,12 0,45 0,9 0,95 1 8,4 TOTALE A (no persone) 57,58 te la formula di Sabine T60 = 0,161 * (V/A) con TOTALE A (3/4 persone) 58,62 TOTALE A (pieno) V=volume sala e A=unità fonoassorbenti totali 58,98 125 Hz 250 Hz 500 Hz 1000 Hz 2000 Hz 4000 Hz 1,45 0,94 0,88 0,86 0,90 0,92 1,42 0,82 0,68 0,65 0,67 0,67 1,42 0,79 0,63 0,60 0,62 0,61

T60 (no persone) T60 (3/4 persone) T60 (pieno)

0,90 della sala vi sia un tempo di riverbero ottimale, è Affinché all’interno necessario che sia valida la relazione: T60 ≤ T60ottimale verificata per frequenze comprese tra 250 e 4000 Hz con Tott=0,32*log(Vsala)+0,013. Nel nostro caso T60ottimale=0,9.

T60 ottimale

T60 ott

Tempo di riverbero (s)

T60 sala vuota T60 sala 3/4 T60 sala piena

0,9

125

250

500 Frequenza (Hz)

1000

2000

4000

I risultati ottenuti possono considerarsi soddisfacenti, le criticità maggiori riguardano l’aula vuota condizione che mai si manifesta e che comunque può essere trascurata viste la piccola dimensione della sala.

0,99 1,38 7,013 14 1,077 23,4 31,5 88,45 101,45 105,95


•

Scatto zenitale del modello di inquadramento scala 1:500


maquettes

93

Per il progetto di tesi delmuseo per le Genti senza Storia sono stati realizzati a mano quattro modelli. - Una maquette di inquadramento a scala urbana dell’area di progetto, in scala 1:500. Realizzato interamente in cartonlegno. - Una sezione longitudinale rappresentativa dell’edificio polifunzionale in scala 1:100. Realizzato in cartonlegno e plexiglas per i vetri - Una sezione trasversale rappresentativa dell’edificio museale lungo il volume centrale in scala 1:100. Realizzato in cartonlegno e plexiglas per i vetri - Una sezione trasversale rappresentativa dell’edificio museale lungo il primo volume in scala 1:100. Realizzato in cartonlegno e plexiglas per i vetri


94

maquettes

•

Scatto del prospetto del modello scala 1:500


maquettes

Scatto a volo d’uccello da Nord Ovest del modello scala 1:500

Scatto a volo d’uccello da Nord Est del modello scala 1:500

95


96

maquettes

•

Scatto della sezione del modello della sala conferenze scala 1:100


maquettes

•

Scatto a volo d’uccello da Nord Est del modello della sala conferenze scala 1:100

97


98

maquettes

•

Scatto della sezione del modello Secondo volume dell’edificio museale scala 1:100


maquettes

Scatto a volo d’uccello da Nord Est del modello Secondo volume dell’edificio museale scala 1:100

99


100

maquettes

•

Scatto della sezione del modello Primo volume dell’edificio museale scala 1:100


maquettes

Scatto a volo d’uccello da Nord Ovest del modello Primo volume dell’edificio museale scala 1:100

101


•

Foto di gruppo e sosta dei Battenti davanti la Chiesa dell’Assunta. Sullo sfondo il carro di paglia, tradizione ormai da lungo tempo scomparsa 1959 (www.altavilla historica.it)


conclusioni

103

L’architettura può contribuire a far rinascere la rovina, ricostruire o integrare, partendo da un lacerto, riconfigurare la fisicità di luoghi, utili a preservare e tramandare valori, storie e memorie. Al contrario essa può divenire anche un micidiale strumento se in mano alle persone sbagliate e se non utilizzato nel modo giusto. Ciò che è accaduto in buona parte dei paesi dell’appennino a conseguenza del sisma del ‘80, compreso Altavilla Irpina, ne è l’emblema assoluto. La gestione dei fondi stanziati dalle leggi per le ricostruzioni e le cattive amministrazioni sia locali che centrali degli anni successivi, hanno infatti spesso trasformato il territorio in un succulento bottino di guerra per interessi privati politici. Paesaggi cementificati stuprati e centri urbani abbandonati a se stessi, ne sono il risultato. Là dove per millenni l’equilibrio tra ‘forme naturali’ e antropiche è stato sapientemente mantenuto, caratterizzando i luoghi stessi, nel corso degli ultimi decenni è stato irrimediabilmente compromesso. Il progetto del museo per le Genti senza Storia nasce dalla volontà di opporsi a questa tendenza, un esempio di riscrittura ben lontano dalla mera conservazione, ma una dimostrazione di come lo scarto, lacerto e frammento, non sia un avanzo da buttare, come siamo abituati a pensare succubi della società del consumo e di una frenetica fruizione distratta, ma una fertile materia prima con cui o su cui tessere nuove trame. Il lavoro proposto, inoltre deve essere letto all’interno del più ampio progetto di recupero relativo al tessuto residenziale minore dell’antico paese. Una saggia riscrittura, che renda i luoghi ormai impervi adatti ad accogliere di nuovo la vita, non cancellando ma riscoprendo ed interpretando il patrimonio edilizio di base esistente, som-


104

conclusioni

•

Nucleo storico di Altavilla Irpina. Incorocio di via Sanbuco con via San Pellegrino


conclusioni

mata alla progettazione di nuovi spazi pubblici e culturali si spera potrebbero essere un buon incentivo per riportare abitanti e turisti tra le strade, invertendo, quanto meno, quel fenomeno che vede privilegiate le zone esterne al paese per le nuove edificazioni. “Bellissima l’Italia annidata sull’Appennino. E’ la mia Italia, è l’Italia che trema, in cui mi inginocchio ogni giorno davanti alle porte chiuse, ai muri squarciati. Bisogna ripartire da qui, qui c’è il sacro che ci rimane: può essere una chiesa, una capra, un soffio di vento, qualcosa che non sia di questo mondo ne di questo tempo.” Franco Arminio1

1

Arminio F., Cedi la strada agli alberi. Poesie d’amore e di terra, Chiarelettere, 2017

105


106

bibliografia e sitografia

Bibliografia Arminio F., Vento forte tra Lacedonia e Candela. Esercizi di paesologia, Laterza, Roma-Bari, 2008 Arminio F., Geografia commossa dell’Italia interna, Mondadori, 2013 Arminio F., Terracarne. Viaggio nei paesi invisibili e nei paesi giganti del Sud Italia, Mondadori, Milano 2011 Arminio F., Cedi la strada agli alberi. Poesie d’amore e di terra, Chiarelettere, 2017 Teti V., Quel che resta. L’italia dai paesi, tra abbandoni e ritorni, Donzelli, Roma, 2017 Teti V., Il senso dei luoghi. Memoria e storia dei paesi abbandonati, Donzelli, Roma, 2004 Teti V., Pietre di pane. Un’antropologia del restare, Quordlibet, Macerata, 2014 Tarpino A., Spaesati, luoghi dell’Italia in abbandono tra memoria e futuro, Einaudi, Torino, 2012 Nicola Flora N., Crucianelli E., I borghi dell’uomo. Strategie e progetti di ri/attivazione, LetteraVentidue, 2013 Benjamin W., Angelus Novus, Enaudi, 1962 Attilio Bertolucci, Sirio, 1929 Arrigoni F. F. V., Fogli, Scrittura per l’archiettura. Didapress, Firenze, 2018 Arrigoni F. F. V., Il cervello delle passioni. Dieci tesi di Adolfo Natalini, Firenze University Press, Firenze, 2018 Augè M., Rovine e macerie. Il senso del tempo, Bollati Boringhieri, 2004 Venezia F., Che cos’è l’archiettura: lezioni, conferenze, un intervento, Electa, Milano, 2011 De Carlo G., Buncuga F., Conversazioni su architettura e libertà, Elèuthera, 2014 Rogers E. N., Gli elementi del fenomeno archiettonico, Ciristian Marainotti Ed., Milano 2006 Cucinella M. (a cura di), Arcipelago Italia. Progetti per il futuro dei territori interni del Paese. Padiglione Italia alla Biennale architettura, Quodlibet , 2018 Marotta A., Atlente dei Musei Contemporanei, SKIRA, Ginevra-Milano, 2010


bibliografia e sitografia

Peressut L. B.., I luoghi del museo. Tipo e forma fra tradizione e innovazione, Editori riuniti Dernie D., New stone architecture, Laurence King Publishing, 2003 Andrea Deplazes, Costructing Architecture: Materials Processes Structures, Birkauser Verlag AG, Basel 2008

Sul Luogo: Vanni P., I luoghi dell’abbandono, Ipotesi per la riscrittura architettonica di parti degli antichi nuclei urbani, quale strategia di rivitalizzazione dei centri minori irpini del Partenio e della bassa Valle del Sabato: il caso studio di Altavilla Irpina (Av), 2017 Lucia Portoghesi, Museo della Gente senza Stori, De Angelis Lucia Portoghesi, Frammenti di storia Altavillese, De Angelis Severini M., Monografia storica, Tipo-litografia Pergola, Avellino, 1907 Severini M., Irpinia sconosciuta, Tipo-litografia Pergola, Avellino, 1907 Sabatino G., Vanni M., Vetronon R., Altavilla Irpina, nei racconti del Commendador Promododea. Schizzi di Memoria pre e post unitaria, ATB Consulting, 2015 Accanto, Verderosa A. (a cura di) Il recupero dell’architettura e del paesaggio in Irpinia. Manuale delle tecniche di intervento, De Angelis, 2005

Sitografia www.altavillahistorica.it www.prolocoaltavillese.com www.saimzolfi.it/index.html www.comunealtavillairpina.gov.it www.kinetes.com/mugess.html www.irpinia.org

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ringraziamenti


ringraziamenti

Al professor Arrigoni, Uomo e Maestro, alla quantità e alla qualità dei suoi insegnamenti Al professor Cardinale e al professor Secchi, alla loro infinita pazienza A Plinio, viaggiatore in patria, e a tutti gli altavillesi, alla vostra battaglia Alla mia famiglia, che mi ha spinto ad iniziare questo percorso, e che fino alla fine mi ha sostenuto A Marco, alla sua instancabile presenza A tutti gli altri, amici e compagni di vita, che mi hanno sempre supportato e soprattutto sopportato, grazie per la comprensione e l’aiuto

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