Tesi_Continuum

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progetto

Lorenzo Giacomini cittĂ

New York City


Continuum.

Un nuovo centro culturale per Roosevelt Island, New York City

UniversitĂ degli Studi di Firenze DIDA | Scuola di Architettura Laurea magistrale a ciclo unico in architettura anno accademico 2016 - 2017

relatore

prof. Fabrizio F.V. Arrigoni correlatore

prof. Roberto Bologna


_indice


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ABSTRACT

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NEW YORK CITY

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LA GRIGLIA E I PIANI URBANISTICI

42 47 52 55

ROOSEVELT ISLAND - la quotidianità - i molti nomi - i landmarks

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LA STORIA DELL’ISOLA

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IL PIANO URBANISTICO DEL ‘69

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LOUIS I. KHAN: IL MONUMENTO

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TEMI

138 141 156 172 180 188

IL CENTRO CULTURALE -masterplan -il museo -la biblioteca -l’auditorio -particolari

196

QUADERNO DI VIAGGIO

202

ESPOSIZIONE

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MODELLI

226 227 227

-bibliografia -sitografia -filmografia

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RINGRAZIAMENTI



a miei nonni Valentino e Silvano


_abstract Adorava New York. Per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea. Woody Allen, Manhattan 1979

Nel trambusto incessante della quotidianità newyorkese, che aliena e rende l’essere umano vittima della macchina del lavoro e dell’innovazione, esiste un’isola lontana dal caos ma al centro di tutto, dove il traffico, la vita frenetica e la soggezione data dagli infiniti grattaceli riecheggiano come una eco lontana che mai la investirà. Per raggiungere Roosevelt Island da Manhattan si può prendere la funivia che si libra sopra il fiume e la città. Si oltrepassa la nuova, modernissima Cornell Tech University e ci si addentra in un ampio parco ben curato e abitato da anatre e scoiattoli. Qua riecheggia la rovina dello Smallpox Hospital abbandonato dagli anni ’50 e l’imponente monumento di Khan dedicato a Franklin Delano Roosevelt. Questo il contesto dentro il quale il progetto di un nuovo centro culturale prende forma. Un complesso costituito da tre corpi di fabbrica distinti ed aggregati attraverso una grande piazza ed un sistema di percorsi e comode rampe. Mentre il museo e la biblioteca formano due lati di un recinto guidando il visitatore verso il memoriale e celando la vista su Manhattan, l’auditorio controbilancia in volumetria il tutto elevandosi sopra la piazza mantenendo però una fascia di rispetto verso lo Strecker Laboratory, l’altra preesistenza insieme all’ospedale. Questi edifici si relazionano sia con la pesantezza, la monumentalità e i materiali dell’opera di Khan, sia con l’architettura di stampo tecnologico del recente plesso universitario. La morfologia del progetto, insieme alle suggestioni che genera l’isola, trasporta il visitatore in un immaginario diverso da quello che egli nota oltre l’Hudson, si erige come punto di contatto tra le due realtà prospicienti così diverse: lo sviluppo imperturbabile della metropoli e l’isola sottovalutata ed emarginata per troppo tempo.


He adored New York City. To him it was a metaphor for the decay of contemporary culture. Woody Allen, Manhattan 1979

In the middle of the unrelenting fuss of New York’s daily life, which alienates and makes the human being a victim of the working system, an island persists away from the chaos and at the heart of every thing, where the traffic, the frantic life and the sense of being overwhelmed by the endless skyscrapers remain a far and distant echo, incorruptible. In order to reach Roosevelt Island from Manhattan, it is possible to use the cableway, which soars with a fair detachment over the river and the city. With the new ultra-modern Cornell Tech University behind, the visitor can enter a well-groomed park where geese and squirrels dwell. Here vivid are the echoes of the ruin of the Smallpox Hospital, abandoned since 1950, and the towering Khan monument dedicated to Roosevelt. Our design is inserted exactly here, in this place filled with memory and heterotopy, and involves a new cultural center built of three different blocks conceived as a whole, a continuum in order to form a centripetal attraction system, through the ramps and the large central square. The museum and the library are figured to be the sides of a fence, carrying the visitor to the memorial statue and hiding Manhattan at sight. The auditorium serves as a medium of volumetric balance instead, lifting above the square but mantaining a sense of respect towards the Stecker Laboratory, also preexisting, as well as the hospital. These buildings interact both with the heaviness, the greatness, the materials of the Khan monument on one side, and with the technology, the direction of use and the spatiality of the university complex on the other. The morphology of the design, altogether with the inspirational appeal of the island, transports the visitor through a non-standard imaginary beyond the Hudson river. In doing so, the conducting wire sewing this detached fragment of landscape is revealed, giving new life to an underrated island, probably marginalized for too long.




_New York City



percorso ciclo pedonale sopra il Brooklin Bridge


New York attrae milioni di visitatori ogni giorno. E’ l’icona della modernità, dell’esagerazione, del cambiamento, della diversità e del consumismo. Meta di immigrati da ogni angolo del mondo ha accolto e continua ad accogliere milioni di persone che l’hanno resa una città globale. Europei, cinesi, africani e gli altri popoli sognatori che in questa città videro una speranza, hanno colonizzato i vari quartieri ricreando addirittura la propria terra d’origine in piccolo o nei peggiori casi ghettizzandosi, dando vita ad organizzazioni illegali. Da sempre è uno dei più desiderati sogni americani, e il posto per eccellenza dove cercare e trovare fortuna. Il motore di crescita della città è sempre stato la libertà estrema del commercio e della finanza. Follia visionaria e tangibile. Imprese tecnologiche. Velocità e cambiamento in brevi e lunghi termini, ma continui. L’ordine orizzontale legato alla griglia e il disordine verticale dei grattacielo. L’incosciente e incontrollata composizione finale costituisce l’originalità e la bellezza di questa città. 15


È sufficiente una passeggiata lungo uno dei viali centrali di Manhattan, come Lexington Avenue o Park Avenue, per comprendere che l’isola è un luogo in cui la competizione, l’ambizione e il desiderio di protagonismo emergono in ogni isolato, in ogni lotto di terreno. Anche edifici vicini appartenenti alla stessa epoca e allo stesso stile, come la Lever House e il Seagram Building, competono per distinguersi. Il “manhattismo” è una “cultura di congestione” (1) e di inesorabile diversità. “L’essenza di Manhattan è proprio di essere un MegaVillaggio ultramoderno ingigantito fino alla dimensione di metropoli, un insieme di Super-Case dove la più fantastica infrastruttura mai concepita induce e favorisce al contempo stili di vita tradizionali e mutanti.”(2) Nonostante la storia e la topografia della penisola abbiano obbligato la metropoli a svilupparsi solo verso il Bronx e a rispettare le rigorose suddivisioni dei lotti della griglia, “centuriando” il terreno con una scrupolosità addirittura maniacale, oltrepassa i limiti nell’unica direzione che poteva ambire: verso l’alto. Rem Koolas aggiunge: “In questo ramo dell’utopia edilizia, l’architettura non consiste più nell’arte di progettare edifici quanto piuttosto nella brutale estrusione verso il cielo di un qualunque lotto l’imprenditore immobiliare sia riuscito a mettere insieme”. Nella pagina di fronte l’esempio più eclatante di come l’irregolarità e la grandezza del lotto abbia trasformato un difetto in un’ottima peculiarità R. Koolas, Delirius New York, (a cura di Marco Biraghi) Stesso libro, p. 279 (3) 16 Stesso libro, p. 86 (1) (2)


Flatiron Building arch. Daniel Burnham


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Generalmente un edificio alto è predominante in una città, ma può capitare anche il contrario, come a New York nel caso della cattedrale di San Patrick che si distingue per la sua piccolezza di fronte alla massa dei grattacieli. Un concetto essenziale della città di New York si trova nella densità di sviluppo. Nei tre secoli trascorsi dal primo insediamento europeo sull’isola, nota allora come New Amsterdam, Manhattan è stata mappata integrata ed edificata quasi completamente. La geologia del terreno è stata profondamente modificata. Una volta l’orografia era molto simile a quello che oggi troviamo a Central Park, lo spazio incontaminato al centro dei grattacieli della high Manhattan. Il terreno quindi è stato scavato, livellato, espanso, e rifinito per diventare infine completamente antropizzato La penisola è divenuta patrimonio immobiliare o territorio pubblico. Edifici privati contro strade, parchi e strutture civiche. Il grattacielo è il simbolo per eccellenza della città, anche più che a Chicago. Questi palazzi altissimi sono spazi di vita quotidiana per milioni di persone. Gran parte dei newyorkesi comincia la giornata su un ascensore che la trasporta a livello delle auto o della metro. É il meccanismo alla base dell’alta densità umana. L’ascensore si diffuse a New York negli anni 50 del 19º secolo, grazie a Elisa Graves Otis, anche se non venne introdotto negli altri fabbricati per uffici fino al 1870-80, quando le strutture cominciarono a raggiungere i 10-12 piani.

vista dal Top of the Rock

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Questo aumento di quota fu permesso dall’aumento di velocità dell’ascensore e da una rivoluzionaria tecnologia di costruzione a scheletro, che comprendeva un reticolo tridimensionale di colonne e travi d’acciaio, che sostituì il tradizionale muro portante e le ibride soluzioni newyorkesi in metallo e mattone. Questa miglioria permise di costruire edifici più ampi ed efficienti negli interni, nonché di appoggiare la facciata sull’ossatura rendendola assai più leggera con la tecnologia del “curtain wall”. Tuttavia questa rivoluzione tecnologica non cambia di molto l’aspetto esteriore degli edifici, i quali rimasero per un pò di anni molto ricchi di decorazioni, con materiali di qualità ma abbastanza obsoleti per la tipologia dello scheletro. Basti pensare al Woolworth Building: nonostante fossero state utilizzate le tecnologie più innovative dell’epoca, espresse la propria ambizione in una guglia gotica. Agli inizi del Novecento due terzi delle merci importate nel paese e metà di quelle esportate passavano dal porto di New York. Questo favorì enormemente l’aumento della ricchezza nella città. L’opulenza entrava non solo attraverso il porto, ma anche grazie alla ferrovia. Si percepisce questa grande ricchezza entrando nella hall della Grand Central Station, prendendosi una pausa nella grande sala doppio volume e capendo la caratteristica che più manca in città, lo spazio aperto. La maggior parte degli edifici è stata rivestita in calcare, un materiale omogeneo e duraturo. Due casi esemplari sono il Rockfeller Center e l’Empire State Building, dove il rivestimento fu richiesto Rockfeller Center dalla piazza antistante


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espressamente, addirittura come uno dei 5 punti del programma dei clienti. Questi due grattacieli sono un esempio anche dell’applicazione della normativa urbanistica del 1916, che imponeva agli edifici più alti una forma rientrata, che conferiva loro l’aspetto di una piramide a gradoni. Altri materiali tipici dei palazzi di New York nei primi decenni del 20º secolo furono il mattone, il cotto e il vetro, quest’ultimo però solo nelle finestre e non per i muri come invece accade dopo. Il Chrysler building, il grattacielo progettato da William Van Alen completo di teste di aquila d’acciaio sul coronamento, lo impiegava descrivendo forme e fughe allungate che in sommità si congiungevano con un effetto aerodinamico, conferendogli un aspetto rigido e planare tipico dello stile moderno. L’edificio, che per poco più di un anno fu il grattacielo più alto del mondo, dimostrava un irrefrenabile desiderio di eccessi. Altro grande tassello della Mid Town fu l’Empire State building, che con i suoi 102 piani fu il grattacielo dei record. Costruito in un solo anno nel pieno della grande depressione, era 60 m più alto del Chrysler e aveva più del doppio dello spazio calpestabile. Addirittura l’antenna in cima fu progettata per l’ormeggio di dirigibili.

Chrysler Building

Alla fine degli anni ‘40, passata la grande depressione e la Seconda Guerra Mondiale, la progettazione tecnologica era completamente cambiata: vennero inventate l’aria condizionata e l’illuminazione 23

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A. DUPLOUICH, G. MILESI, New York, The Gap, p. 24


a fluorescenza, che liberarono le facciate dalla dipendenza delle finestre mobili. Inoltre l’utilizzo dell’acciaio strutturale e della saldatura al posto della chiodatura rese lo scheletro più resistente e leggero. Si iniziò a progettare e costruire facciate in curtain wall solo con l’impiego del cristallo in lastre. Uno dei pionieri fu il Lever House, uno smeraldo di Park Avenue, con fragili lastre perpendicolari alla strada e con il corpo sollevato su pilotis; un altro fu il Seagrams building, dall’altra parte del viale, con campate uniformi di vetro scuro separate in facciata da sottili travi a doppia T. Quest’ultimo con il suo minimalismo e la sua austerità che incarnarono il motto di Miss Van der Rohe, “less is more”, divenne lo standard dei grattacieli degli anni 60. Arretrato di circa ventisette metri dal marciapiede, per conferire alla torre l’aria di un oggetto discreto, che si stacca dal contesto. Mentre nella prima metà del Novecento l’estetica dei palazzi aveva un carattere monumentale con superfici riccamente modellate e lussuosi ornamenti, nella seconda parte si palesò un’enfasi sul volume, sul piano e sulla trasparenza e sulla ricerca di forme geometriche pure dell’International style La questione della modernità di New York è complessa. Negli Anni 80 la Trump Tower e il Jacob K. Javis Center, furono interamente rivestiti di vetro colorato tagliato agli angoli con effetti cubici e cristallini. Oltre alle centinaia di grattacieli a Manhattan si evidenzia il Guggheneim Museum di Wright che, con la sua magnifica spirale, racchiude un grande spazio espositivo a tutta altezza. Esso è un’eccezione nella

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Seagram Building by Ezra Stoller © Esto


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complessità della città, sulla quale si impone come un capolavoro che contiene altre opere d’arte. New York è sempre stata una città di gesti grandiosi e di progetti di ampio respiro. Gli architetti dei grattacieli, benché uomini d’affari per il loro tempo, non sono così famosi come i palazzi che hanno costruito. Pur essendo città natale di celebrità nel campo di molte culture, non ha prodotto architetti del calibro di Le Corbusier, Wright o Mies. Questo perché il vero “genius loci” della città descrive questa densità; la diversità, la continua alternanza di costruzioni e ricostruzioni tendono a soffocare i gesti individuali che si scostano dalla massa. Imprese della portata di un grattacielo hanno bisogno di un grande team di professionisti, milioni di dollari e un esercito di costruttori. “E i grattacieli di New York non sono il simbolo di un individualismo satanico, del potere dei trusts che gettano ombra su tutta l’edilizia circostante?”(4) La grandezza di Manhattan deriva dall’ambizione, dalla competizione e dall’effetto complessivo. Un collage infinito.

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8th Avenue 27

Bruno Zevi, Saper vedere l’architettura, p.110


_la griglia e i piani urbanistici



New York fu comprata agli indiani per 60 fiorini olandesi nel 1620.(1) La New York come noi la conosciamo è nata nel 1811 quando fu redatto e approvato il piano regolatore che avrebbe cambiato per sempre il carattere di Manhattan. Il Piano disegnato dai commissari dell’epoca prevedeva una griglia urbana che copriva tutta l’isola, costituita esclusivamente di 155 strade verticali che si incontravano perpendicolarmente con 12 Avenue. Sfruttando la sua ubicazione in mezzo a due bracci di mare, non avrebbe sofferto della carenza degli spazi aperti ed un eventuale ingrandimento sarebbe potuto avvenire oltre le acque. National Geographic

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A metà del secolo nasceva Central Park, pensato come una sorta di riserva naturale nella sconfinata griglia urbana, che andava completandosi e che avrebbe inesorabilmente fatto lievitare i prezzi delle proprietà limitrofe. Alla fine dell’800, in seguito alla rapida espansione della città, il ruolo del governo cittadino si consolidò e la progettazione urbana fu ripartita tra i responsabili dei boroughs (distretti), l’amministrazione comunale e il Sindaco. Le prime competenze riguardavano la mappatura delle strade e la pianificazione dei parchi.

pag. prec.: disegno di Manhattan di Taylor del 1879. sopra: il piano dei commissari del 1811 31


vista a volo di uccello di Manhattan del 1865


Hilary

Ballon,

professore di urbanistica all’Università di New York scrive: “Il nuovo sistema geometrico astratto di strade ortogonali ignora completamente ciò che era a terra. Prima il sistema esistente aveva le sue fattorie, stalle, strade tortuose, corsi d’acqua, paludi e linee di proprietà, nessuna delle quali rettilinee. Con il passare del tempo si osserva come il lato est è stato costruito prima, come Broadway sia sopravvissuta nonostante l’intenzione dei commissari di eliminare la strada. C’è stato un momento nella storia di New York dove la città ha capito di avere l’opportunità di plasmare il proprio futuro. Questo ha avuto un impatto duraturo ed estremamente positivo sulla gente. La capacità di affrontare grandi sfide riconoscendo l’opportunità che si presenta, e di essere in grado di fare l’investimento nel corso di decenni e decenni, è quello che trovo più impressionante”.(2) All’inizio del XX secolo i progressisti identificarono nel planning un elemento vitale della riforma dell’Amministrazione comunale. Ispirandosi all’esposizione di Chicago del 1893, sostenevano che la città dovesse essere modernizzata sotto la direzione di una commissione municipale e che avrebbe dovuto disegnare un master plan provvisto di un budget di spesa. Nello stesso tempo cresceva la necessità per una regolazione del suolo più rigorosa, a causa della proliferazione dei grattacieli nella parte bassa di Manhattan e dei conflitti tra le fabbriche di abbigliamento dell’area esterna a Midtown e i negozi più eleganti distribuiti lungo la 5th Avenue. The Commisioners: plan 1811

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NYC 1835 J.H.Culton&Co


Fu così istituita la “Commission on Building Districts and Restrictions” per definire una bozza delle norme di zoning della città. Il codice urbanistico, che venne adottato nel 1916 (Zoning Resolution), divise la città in distretti per la residenza e regolamentò la densità per garantire luce ed aria in misura adeguata alle proporzioni degli edifici e delle strade e vincolò il commercio che era diventato fuori controllo. Permetteva inoltre a ogni presidente di borough il potere di nominare un “comitato di controllo cittadino” per l’uso del suolo. Nel 1941 fu presentato un master plan per l’eliminazione degli slums (aree residenziali degradate) e per la realizzazione di alloggi a basso costo, parchi, trasporti e istruzione. L’elemento più controverso del piano fu che lo schema strutturale favoriva il decentramento, ma anche la fuga della classe media verso i suburbs (sobborghi residenziali). Il piano tendeva a localizzare i residenti in prossimità del loro posto di lavoro, prevedeva iniziative di recupero di aree degradate ad uso residenziale, la costruzione di insediamenti residenziali ad alta densità, in prossimità di parchi e del lungofiume e a bassa densità nelle aree più lontane e mal collegate, la localizzazione di centri per il commercio e gli affari vicino ai nodi dei trasporti. Inoltre il documento prevedeva un consistente incremento di aree verdi e la creazione di cinture di verde per separare tra loro funzioni incompatibili e riserve naturali attorno alla Jamaica Bay. Il piano venne criticato soprattutto dall’allora direttore per i parchi Robert Moses. Fatto sta che dopo la Seconda Guerra Mondiale 36


Prospettiva da Central Park di Schlegel del 1873


il ruolo della pianificazione prese un importanza primaria: la legge sullo zoning era ormai ingestibile, a causa della combinazione di tre diverse carte che fornivano troppe ambiguità interpretative e delle possibilità insediative che consentivano un impianto abitativo teorico di settanta milioni di persone, a fronte di una popolazione reale di sette milioni. Fu così varato un massiccio programma di ricostruzione, con leggi che promuovevano il rinnovo urbano attraverso massicci interventi di demolizione e ricostruzione. La Commissione programmò la sostituzione di fabbriche e case popolari con nuovi servizi e con residenze moderne per le fasce di reddito medio alte. Gli interventi dell’urban renewal (riqualificazione urbana) sollevarono l’opposizione di organizzazioni di residenti che protestavano per la distruzione dei loro quartieri e per lo spostamento coatto della popolazione. Nel 1969 fu presentato il “Plan for New York City”, che fu subito ostacolato e mai adottato. Molti considerarono il piano poco più che un inventario, accessibile solo agli addetti ai lavori, e criticarono l’assenza di “coinvolgimento delle persone”. La Commissione intervenne ripetutamente sulla normativa dello zoning, per introdurre nuove tipologie insediative specifiche e nuove tutele: furono creati i distretti di conservazione per la protezione degli edifici e delle aree considerate di rilevanza storica, furono introdotti incentivi per ricavare spazi pubblici in aree dense e venne introdotta una normativa per armonizzare i nuovi edifici con il contesto.

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Manhattan odierna


Manhattan odierna


In ogni caso, la terziarizzazione di Manhattan e il decentramento produttivo e residenziale nei suburbs facevano parte di una strategia coerente. La prima di queste revisioni introdusse gli strumenti per allargare la partecipazione pubblica e venne perfezionato il processo di revisione dell’uso del suolo. Attualmente la Commissione continua a sovrintendere allo zoning e alla revisione dell’uso del suolo. In assenza di un unico master plan, pubblica rapporti quadriennali di aggiornamento dello zoning, controlla e adotta piani locali e risolve le controversie locali. Il Dipartimento del City Planning fornisce il supporto tecnico alla Commissione, lavora con altre agenzie municipali per aggiornare il sistema informativo cittadino e prepara i rapporti previsti dallo Statuto: un comunicato annuale dei bisogni, un rapporto annuale degli indicatori economici e sociali, una strategia di spesa decennale. Se escludiamo gli ampi marciapiedi, gli spazi pubblici più diffusi e frequentati, Manhattan lamenta una carenza di spazi aperti di tipo tradizionale, sacrificati alla regolarità della maglia urbana ortogonale e alla densità edilizia. Eppure l’isola è ricca di spazi pubblici atipici: i “privately owned public spaces” (gli spazi privati ad uso pubblico). Questi si originano da un accordo di compravendita tra i developers e gli uffici pubblici dell’urbanistica accordandosi su quanta percentuale di spazio pubblico deve essere costruita in relazione a quanti metri cubi si possono accumulare per un grattacielo. I risultati di queste trattative sono piantumazioni di alberi nelle avenue o ampie hall pubbliche alla base dei palazzi con molti servizi per la comunità. 40


Al centro delle trasformazioni è sempre stata l’isola di Manhattan, l’area nella quale si sono concentrate le principali attività economiche e i maggiori interessi immobiliari, producendo la più spettacolare rappresentazione urbana del potere economico di tutto il XX secolo. Meno attenzione è stata rivolta agli altri quattro boroughs, che tuttavia ospitano oltre l’ottanta per cento della popolazione della metropoli. Le profonde differenze che si registrano oggi nelle condizioni di vita a Manhattan e negli altri distretti, tra le isole del benessere e i ghetti della povertà e dell’emarginazione sociale, appaiono difficilmente comprensibili se si pensa che New York rappresenta nell’immaginario collettivo la capitale economica dell’impero americano. La pianificazione nell’ultimo secolo non sempre è stata capace di governare la crescita in modo efficace, di attuare politiche di welfare e di redistribuzione in grado di ridurre le disuguaglianze. La griglia non può essere “the Greatest” per misura, dimensioni o portata, ma per la capacità di far coesistere una popolazione culturalmente e socialmente diversificata sotto un’unica metrica.(3)

Rem Koolas, Delirius New York

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_Roosevelt Island





pagina precedente: l’isola vista dalla teleferica sopra: il Queensboro bridge e la teleferica foto di Greg Goodman


Nel cuore di New York City c’è una piccola isola molto lunga e stretta, di circa 60 ettari, pianeggiante e ricca di verde, dove i residenti si sentono parte di una comunità e dove la vita scorre serena. Facente parte del distretto 8 di Manhattan, lo stesso dell’Upper East Side, è localizzata tra quest’ultimo ad ovest e il “borough” del Queens ad est. Lunga circa 2 miglia (3,2 km) in parallelo alle strade 46th e 85th di Manhattan è però larga al massimo 250 mt. L’isola nel corso dei secoli, da quando è stata tolta agli indigeni, ha cambiato molti nomi finché nel 1973 fu chiamata Roosevelt Island in onore al presidente Franklin Delano Roosevelt, al quale verrà intitolato un memoriale progettato da Louis Khan e costruito quasi 40 anni dopo la morte dell’architetto. Il piano urbanistico venne strutturato da Philippe Johnson e John Burgee dei primi anni 70. L’isola è stata sviluppata come una comunità residenziale con un buon numero di edifici di elevata altezza (circa 12 piani nella parte interna e 4 sul lungo mare). Non mancano però attività 47


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01_Four Freedom Park 02_Smallpox Hospital 03_Strecker Laboratory 04_Cornell Tech University 05_Queensboro Bridge 06_Roosevelt island Tram 07_Firefighters Field 08_Stazione marittima traghetti 09_Complesso residenziale Riverwalk 10_Visitor Center Kiosk

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11_Subway M, metropolitana 12_Blackwell House 13_Main street 14_Chiesa del Buon Pastore 15_Motorgate Garage 16_Garden Club 17_Ottagono 18_Coler Goldwater Hospital 19_Lighthouse Park 20_Faro della punta nord 49


commerciali e sportive; il tutto immerso in un continuo parco naturale. Le abitazioni sono per la maggior parte di proprietà di un’unica cooperativa la Urban Development Corporation che affitta le residenze soprattutto ai funzionari e ai diplomatici stranieri del palazzo delle nazioni unite li vicino. L’isola possiede un proprio giornale a cadenza quindicinale, The Main Street Wire, e un sito web curato dai residenti (rioc.ny.gov).

Installazione temporanea di Tadashi Kawamata foto di RIVAA



Anche se piccola, Roosevelt Island ha un vasto panorama architettonico. Ci sono alcuni edifici significativi (spesso dell’architettura brutalista) ed è stata scelta per numerosi importanti concorsi e proposte di arte e architettura, realizzate e non (ad esempio l’istallazione temporanea di Tadashi Kawamata intorno allo smallpox Hospital)(1). I vari nomi dell’isola In origine visto che è pianeggiante ed assomiglia a una punta di freccia, i pellerossa la chiamavano “Minnahanock” che appunto vuol dire isola piatta Nel 1637 gli olandesi di “New Amsterdam” acquistarono l’isola dai nativi ribattezzandola “Varckens Eylandt” (isola del cinghiale). Venne nominata Manning’s Island nel 1666 in onore di un colonnello dell’esercito che ci visse fino alla sua morte nel 1686, quando ricambiò appellativo in Blackwell’s Island in nome del figliastro Robert, il quale costruì la fattoria che attualmente è conservata al centro dell’isola. Con la famiglia di contadini ed allevatori l’isola ebbe un periodo di spensieratezza fino a quando la municipalità di NYC decise alla fine del XVIII secolo di costruire una serie di strutture correttive, asili per ragazze madri e ospedali psichiatrici. Tutto avvenne in maniera responsabile fino al 1914 quando numerosi scandali iniziarono a infangare il nome dell’istituzione dell’isola soprattutto nella prigione. Così nel 1921 il sindaco di New York dopo aver risolto alcuni dei problemi delle case di detenzione decise di cambiarne il nome in Welfare Island. theruinnyc.com

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I carceri chiusero nel 1935 e trasferirono i detenuti nel penitenziario di Rickers Island. Nel 1973 l’ultimo nome che le venne attribuito fu Roosevelt Island in onore dell’amato presidente Franklin Delano Roosevelt. In quegli anni cominciò il ripopolamento dell’isola in seguito all’approvazione del piano urbanistico di Johnson e di Burgee.(2)

Blackwell’s House nel 1960 schizzo di Nicholas Solovioff

The Island Nobody Know

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Il Southpoint Park con un grattacielo del Queens


I landmarks dell’isola Partendo dalla punta sud e salendo lungo tutto l’asse dell’isola troviamo: Il Four Freedom Park ed il monumento a FDR Progettato da Louis Kahn, il parco celebra il presidente FDR con un memoriale in granito bianco a lui dedicato. Un estratto del suo discorso agli Union State del 6 gennaio 1941, in cui pronunciò le quattro libertà, è inscritto in una massiccia parete dietro il suo busto. Smallpox Hospital L’ospedale del vaiolo, ora comunemente chiamato “rovina di Renwick”, fu progettato nel 1854 dall’architetto James Renwick, Jr. e fu aperto due anni dopo. L’ospedale servì anche come scuola per infermiere, ma fu abbandonato nel 1950 e negli ultimi 67 anni, è diventato una rovina. La struttura è elencata nel Registro nazionale dei luoghi storici ed è un punto di riferimento dalla città di NY. Renwick costruì inoltre la Grace Church, la cattedrale di St. Patrick a Manhattan e l’istituto Smithsonian a Washington D.C. Nel 2009, nella riqualificazione del parco è stato pulito dalla vegetazione ed è stato ricoperto da una selva di ponteggi per proteggere la struttura da eventuali crolli e preservarne l’identità in attesa di un futuro restauro; tutt’oggi è tra le più importanti rovine simbolo della città di New York. J. BERDY, Immage of America, Roosevelt Island 55




Il Southpoint park Inaugurato nel 2010, il parco offre ai visitatori viste naturali in un parco che ospita le strutture del laboratorio Strecker e dell’ospedale del vaiolo. I picnic svolti in questo parco godono di una tranquillità raramente trovata in una città vivace come New York. Il memoriale di FDR si trova nel cul-de-sac del parco e celebra il successo del presidente nel superare la sua disabilità. Laboratorio Strecker Questi laboratori aprirono nel 1892. Una divisione della città ospedale fu la prima istituzione della nazione per ricerche patologiche e batteriologiche e operò fino al 1950. Fu ristrutturata nel 1990 per utilizzarla come sottostazione elettrica per le linee metropolitane E e M. Cornell Tech Campus Il campus della Cornell Tech si estende per 12 acri a sud del Queensboro bridge e ospita circa 2000 studenti e centinaia di docenti e personale. Il Campus comprende una serie di funzionalità innovative con viste a 360 gradi sulla città e una serie di spazi pubblici verdi. I primi quattro edifici includono un edificio accademico, uno spazio di collaborazione per start-up, alloggi e strutture. Sarà uno dei campus più ecologici ed efficienti dal punto di vista energetico al mondo. La prima parte del campus è stata aperta il 25 settembre 2017. Il Roosevelt Island Tram Service La tranvia aerea è l’icona più famosa dell’isola. Aperta nel 1976, è stata l’unico collegamento diretto a Manhattan per 13 anni ed è stata la prima funicolare

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pag. prec. Smallpox Hospital foto di Byraha, a dx: Strecker Laboratory




il Southpoint park con l’Upper East Side a destra e i grattacieli del Queens sulla sinitra


per pendolari negli Stati Uniti. L’attraversata dura quattro minuti e offre viste spettacolari dell’Empire State, del Chrysler Building e del palazzo delle nazioni unite, dell’East River, di Manhattan, di Brooklyn e del Queens. La cabina ha una capacità di più di 100 persone ed è stato modernizzato nel 2010. Stazione della metropolitana Nel 1969, l’MTA cominciò un grosso progetto ingegneristico per aprire una linea metropolitana aggiuntiva nel Queens. Scolpita in pietra di granito, a 100 piedi sotto la superficie (30 metri), la linea ferroviaria F a Roosevelt Island fu completata nel 1989, connettendo Manhattan e il Queens. Casa Blackwell E’ la costruzione più vecchia di Roosevelt Island e la sesta casa più antica di tutta New York. La famiglia Blackwell prese possesso dell’isola nel 1676 e la tenne per 150 anni. Ha allevato bestiame, coltivato alberi da frutto e, durante l’epoca postrivoluzionaria della guerra, ha costruito la casa colonica che si trova ancora al centro dell’isola. L’isola è stata venduta al città di New York nel 1828 per 30’000 $. L’esterno della casa dei Blackwell è stato restaurato nel 2007 e, al termine del suo restauro interno, è stata aperta al pubblico per attività comunitarie. Cappella del Buon Sheperd La società missionaria episcopale di New York ha incaricato Frederick Clark Withers per progettare questa piccola struttura. Aperta nel 1889, la cappella ha servito come casa di culto e di comodità per i poveri e gli ammalati, ospitati in molte case per l’elemosina sull’isola. La campana della cappella, ora riposta nella piazza del Buon Pastore, li convocava ai 62

chiesa del Buon Pastore foto del New York Times




servizi. Adesso sede di congregazioni cattoliche e protestanti, ospita anche incontri di comunità, concerti e eventi speciali. Roosevelt Island Bridge Il Welfare Island Bridge, ora conosciuto come il Roosevelt Island Bridge, collega l’isola al Queens al Vernon Boulevard e 36 Avenue. Fu completato nel 1957; il ponte fu dipinto di rosso e ricostruito meccanicamente per il passaggio delle navi più alte nel 2010. Motorgate Questo garage multi livello fu progettato nel tentativo di limitare il traffico automobilistico sulla strada principale ospitando i veicoli di residenti, dipendenti e visitatori. La RIVAA, l’associazione locale degli artisti, sponsorizza le mostre artistiche nell’atrio dell’edificio. Octagon Il Lunatic Asilum municipale di New York aprì nel 1839. L’atrio riflette la convinzione contemporanea che una forma ottagonale possieda speciali proprietà curative per i malati. Quando Charles Dickens ha visitato l’ospedale nel 1843, ha commentato favorevolmente la magnifica scalinata dell’edificio d’entrata, ma era sgomento dalle condizioni imposte ai suoi detenuti. Nel 1895 l’Ospedale Metropolitano assunse l’edificio per l’asilo e divenne un ospedale generale. Insieme all’ospedale della città, formarono due delle più grandi istituzioni sanitarie del mondo. L’ospedale si trasferì a Manhattan nel 1955 e l’edificio fu abbandonato. Il punto di riferimento dell’atrio dell’Octagon è stato restaurato nel 2006 come interno ed esterno dell’ottagono octagonnyc.com

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lobby centrale di un edificio a due piani. Al momento è la hall di ingresso di un complesso residenziale di lusso. Lighthouse park and lighthouse Questo bellissimo parco scolpito sulla punta nord dell’isola presenta una magnifica vista su Manhattan e il Queens. Il suo faro fu costruito nel 1872 per assistere le barche che navigavano nelle acque infami di Hell Gate. È stato costruito secondo un disegno di Jame Renwick, Jr. Avac Plant and Firehouse I tubi sottovuoto posti sotto le strade succhiano i rifiuti domestici dagli edifici residenziali dell’isola fino alla stazione di compattazione, eliminando la necessità di autocarri tradizionali e smaltimento dei rifiuti. Questo metodo di sanificazione unico è stato studiato dai dirigenti delle città di tutto il mondo. Coler Rehabilitation and nursing care facility Negli anni ‘30, la città di New York progettò un parco ospedaliero sull’isola. Solo due dei sette impianti moderni sono stati costruiti. Goldwater, con 991 letti, è stato inaugurato nel 1939 e il Bird S. Coler, con 1025 letti, ricevette i primi pazienti nel 1952. Coler e Goldwater sono stati fusi nel 1996 e sono gestiti dalla New York City Health and Hospital Corporation. La missione di Coler, che ripristina la salute e la ricostruzione delle vite, è quella di fornire assistenza a lungo termine a tutti i residenti della città di New York. Prima che il campus di Goldwater chiudesse nel 2013, i suoi residenti furono trasferiti a Coler e ad altri centri di assistenza a lungo termine. 66

Il faro della punta nord



la sede della RIHS sotto il pilone della teleferica


Shops on Main Nel 2011, le Hudson Companies Inc. e le relative LP sono state designate per operare tutti gli spazi commerciali lungo la Main Street. Da quel momento, il corridoio di vendita al dettaglio, conosciuto come Shops on Main ha subito un importante progetto di ristrutturazione e vendita al dettaglio, ringiovanendo l’ambiente di vendita dell’isola. Scendete in Main Street e godetevi trattamenti, dolci e cibo sano dai rivenditori locali che l’isola ha da offrire, oltre ai distributori esistenti situati a Riverwalk Commons. The Roosevelt Island Historical Society La Società Storica di Roosevelt Island è stata costituita nel 1976 dai residenti dell’isola per mantenere viva la storia unica dell’isola. La società recupera, mantiene e diffonde la storia dell’isola attraverso conferenze, mostre, pubblicazioni e tour. È ospitato in un chiosco originale che si trovava sul lato di Manhattan del ponte di Queensboro, ora chiamato Ed Koch Queensboro Bridge. Questo chiosco serviva una volta come ingresso alla stazione della metropolitana per il servizio di carrelli che attraversava il ponte e collegava Manhattan e il Queens dal 1912 al 1955. Il chiosco ha ricevuto un premio per il suo restauro storico, completato nel 2010.

J. BERDY, Immage of America, Roosevelt Island 69


_La storia dell’isola



pag. prec. prospetto Smallpox Hospital foto di Leonardo Rossi a sx: porzione della Sanitary Topographical map of NYC del 1865


Da quando se ne ha notizia, nel 1623, sappiamo che in mano agli indiani l’isola è sempre stata un posto fertile, ricco di bacche e selvaggina e che le sue acque erano pescose. Nel maggio di quell’anno la Dutch West India Company colonizzò l’area stabilendosi lungo l’East River e sull’isola, che allora veniva chiamata Minnahanock e che fu comprata ai nativi americani per pochi spiccioli. Dal 1647 il governatore olandese Peter Stuyveant con i suoi uomini si stanziò su quelle terre ed iniziarono ad allevarci maiali (da qui il nome Varckens Eiland) ma ben presto si formarono delle tensioni interne, sia tra gli olandesi che con i colonizzatori anglosassoni. Successivamente la Gran Bretagna sconfisse gli olandesi nel 1664 e tutti i possedimenti andarono sotto il controllo di Carlo II. Ad uno degli uomini che si distinse in questa battaglia, il capitano John Manning, dopo esser stato nominato sceriffo di New York, venne donata l’isola che prese il suo nome. 73

Judith Berty and the Roosevelt Island Historical Society


La gloria di Manning fu breve, perché fu accusato di tradimento dalla corona ma fu graziato e gli venne concesso di rimanere sull’isola fino alla morte, avvenuta nel 1685. L’eredità andò alla figliastra Mary Manningam e al marito Robert Blackwell che cambiò il nome dell’isola in Blackwell Island fino al 1921. Casa Blackwell venne costruita nel 1796; sita al centro dell’isola, è tutt’oggi in piedi ed è il 6° edificio più vecchio di New York City. Nel 1820 NYC con i suoi 123’000 abitanti era la città più popolosa del paese e con essa crebbero anche la criminalità e la povertà. L’amministrazione comunale pensò così di acquistare delle isole intorno a Manhattan per costruire delle strutture che potessero contenere criminali, malati ed indigenti. Vi furono perciò vari tentativi da parte della municipalità di NYC di acquistare l’isola, finché nel 1823 firmarono un accordo con la famiglia Blackwell di utilizzo dell’isola per pubblica necessità, acquistandola per 32’000 $. Blackwell island fu la prima ad essere comprata. Il governatore di NYC, Philip Hone, propose la costruzione di un penitenziario e di un ospedale, in quanto si pensava che l’isola potesse risultare rigenerante e rieducativa per i suoi “ospiti”. Si procedette alla posa della prima pietra del penitenziario nel 1828. Per tale costruzione furono chiamati i migliori costruttori della New York del tempo, che permisero l’inaugurazione nel 1832. Il New York City Lunatic Asylum aprì nel 1841 e forniva sostegno alle unità sovraffollate di Bellevue Hospital a Manhattan. Il manicomio fu progettato da Alexander Jackson Davis come un edificio di forma ottagonale per l’ingresso principale che connetteva 4 padiglioni.

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L’ottagono fu coronato successivamente da una cupola disegnata da Joseph Dunn. L’amministrazione del manicomio non riusciva però a smaltire i malati reintegrandoli nella società e ben presto il posto divenne sovraffollato, ospitando addirittura più del doppio della disponibilità dei pazienti. Vista la domanda sempre più crescente di tutori sanitari, si pensò di affidare ai condannati del penitenziario, che scontavano la fine della pena, la supervisione e la cura di alcuni malati in cambio di una più celere cessazione della condanna. La cosa funzionò e si continuò ad ampliare le strutture. Nel 1849 venne inaugurato il Penitentiary Hospital che trattava pazienti con malattie veneree. Otto anni dopo venne costruito il Charity Hospital (City Hospital), il primo ospizio della città visto come il penitenziario dell’isola di Blackwell nel 1853 nycage.org


casa temporanea per migliaia di persone bisognose. Furono costruiti gli alloggi per gli uomini e per le donne. Tra questi edifici fu costruita anche la Cappella del Buon Sheperd (Chapel of Good Sheperd), la prima parrocchia di New York City ad essere stata edificata esclusivamente per pazienti e lavoratori di una istituzione pubblica. Nel 1856 venne costruito lo Smallpox Hospital da James Renwick, che fu il primo ospedale degli Stati Uniti a ricevere solo pazienti di vaiolo. La legge imponeva agli afflitti da vaiolo di rimanere in quarantena sull’isola relegati dai contatti sociali. Si pensava che l’aria di mare aiutasse i malati, ma fortunatamente in pochi anni si scoprì e si distribuì il vaccino.(1) A fine del XIX secolo l’ospedale chiuse e venne riaperto nel 1902 con l’aggiunta delle due ali laterali, come scuola per infermiere (The New York City School of Nursering) che continuò la sua missione per oltre cinquant’anni.

a sx: lo Smallpox Hospital nel 1908 a dx: degherrotipo del complesso carcerario


Nel 1872 vi erano stanziate ben 11 istituzioni pubbliche per ogni genere di emarginati sociali. Ben poco era rimasto del carattere bucolico e pacifico del cottage dei Blackwell. Nel 1894 l’ospedale omeopatico si trasferì dall’Isola di Ward all’isola di Blackwell nel Lunatic Asylum. Il Metropolitan Hospital, nelle strutture dell’ex manicomio, assieme al City Hospital divennero le più grandi istituzioni pubbliche mediche del mondo avendo la possibilità di ospitare ben 1400 pazienti. L’ospedale metropolitano era un presidio medico generale ma era specializzato nel trattamento della tubercolosi. (2) In alcuni periodi la malattia generava delle epidemie e si edificavano tende temporanee accanto all’ospedale. Quando l’epidemia cessava si procedeva con il distruggere e bruciare le tende come misura cautelativa dell’infezione. Nei primi anni del 1880 venne attivato un battello a vapore per trasportare due volte il giorno i lavoratori e i pazienti sull’isola. (1)

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J. BERDY, Immage of America, Roosevelt Island (2) Wikipedia/Roosevelt Island


Il Minnahanonck partiva da Bellevue’s dock sulla 26esima e successivamente venne affiancato da altri battelli, che partendo dalla 70°, erano più vicini all’isola e quindi più veloci. All’atterraggio vi erano delle carrozze mediche che portavano le persone all’ospedale. Questo servizio si protrasse fino al 1955, quando fu aperto il Welfare Island Bridge, il ponte dotato di argani meccanici per il passaggio delle barche, che collega l’isola al Queens. Il Metropolitan Hospital era affiliato con il fiorente Fifth Avenue Hospital e con il New York Medical College, e serviva anche per l’addestramento dei nuovi studenti; insieme agli altri due costituiva un punto di riferimento per la sanità locale e centro di formazione di medici infermieri e operatori sanitari. Nel 1955 l’ospedale si trasferì nei nuovi quartieri nel nord di Manhattan. Le due ali degli edifici furono l’isola mappata nel 1854


demolite lasciando intatta la hall dell’ottagono con la sua cupola, divenendo un immobile abbandonato soggetto ad atti di vandalismo nonostante fosse stato dichiarato un punto di riferimento della città nel 1975. Addirittura due anni dopo scoppiò un incendio che danneggiò inesorabilmente la cupola. La scuola ospedaliera metropolitana di infermiere venne inaugurata nel 1892. Qui, ogni anno, decine di giovani donne venivano a Blackwell Island a studiare la professione. Vivevano e studiavano in una graziosa dimora poco lontana dal City Hospital, chiamata Draper Hall e praticavano alcuni interventi in ospedale. Per queste ragazze era un ottimo posto dove studiare e vivere perché a nord dell’ospedale c’erano un parco lussureggiante e il faro, che tutt’ora è presente sulla punta settentrionale. Inoltre con una breve traversata erano nel cuore di Manhattan. 79


Corrispondenze di questo periodo parlano di molte amicizie durature che si formarono tra le mura della scuola tra le infermiere, che aspettavano l’ultimo traghetto per tornare a Manhattan. Prima della fine del XIX secolo tutte le istituzioni dell’isola avevano il loro posto dove pregare. La cappella del Good Shaperd fu la prima chiesa costruita sull’isola: la società episcopale per la missione protestante costruì la chiesa nel 1889. Per la Cappella del Buon Pastore, progettata dall’architetto Frederick Clark Withers furono usati molti materiali da costruzione, per creare una sottile variazione cromatica e un design relativamente semplice. I prigionieri protestanti del carcere furono i primi a pregare nella cappella, la quale poteva contenere un massimo di 400 persone . Nella parte più bassa della chiesa vi era una biblioteca e il coro per il clero. I detenuti, maschi e femmine, potevano assistere alla celebrazione accedendo alla Chiesa da due entrate opposte. Nel 1958, dopo sessant’anni di attività la Chiesa rimase senza Pastore e senza “gregge” per diciassette anni. Nel 1975 la cappella fu ristrutturata per servire la nuova comunità dell’isola sia come chiesa cattolica che protestante. La chiesa e la piazzetta alberata antistante divennero uno degli spazi comunitari più utilizzati dell’isola. La Cappella di Nostra Signora Consolatrice dell’Infettato ( the Chapel of Our Lady, Consoler of the Afflicted) fu la prima chiesa cattolica costruita nel 1909 dall’Arcidiocesi di NYC per servire la popolazione presente negli ospizi. A poca distanza da essa nacque la Sinagoga del

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Consiglio. Finanziata dal Consiglio Delle Donne Ebree (National Council of Jewish Women) questa sinagoga aprì nel 1927 per fornire una casa di preghiera ai residenti ebrei. In ultima istanza fu costruita La Chiesa del Buon Samaritano (Church of the Good Samaritan) che aprì, grazie alla società luterana, nel 1917. Tutte queste strutture ad eccezione della cappella del buon pastore furono abbandonate e distrutte. Nella parte nord dell’isola c’era una piccola chiesa episcopale de “Lo Spirito Santo”, che fu consacrata nel 1925 (Chapel of the Holy Spirit ) A nord della punto dell’isola confluiscono tre flussi d’acqua: l’acqua dolce del fiume Hudson, le acque salate del Long Island e le acque del East River.

Blackwell’s Island nel 1902. Immagine di H.M. Pettit

Prima del 1872 vi era un enorme scoglio di granito che affiorava pericolosamente fuori dall’acqua J. BERDY, Immage of America, Roosevelt Island 81


rendendo difficile la navigazione. Più di cento navi affondarono a causa del canale che fu chiamato Hell Gate . La città commissionò la costruzione di un piccolo faro per segnalare il pericolo e per evidenziare l’edificio del manicomio. Disegnata dall’architetto James Renwick in stile gotico , la torre di pietra di cinquanta piedi (17m) fu costruita nel 1972. La storia folkloristica dell’isola racconta di un paziente del manicomio di nome John McCarthy che temeva che gli inglesi avessero intenzione di invadere l’isola di Blackwell e gli fu permesso di costruire un fortezza di argilla. Quando il faro fu commissionato, il forte del paziente fu livellato e utilizzato come fondazione per la costruzione del faro, ad opera di un altro paziente di nome Thomas Maxey. La targa alla base della torre commemora questa vicissitudine. Negli anni 70 il corpo degli ingegneri dell’esercito intrapresero un grande progetto: costruirono dei cassoni di contenimento intorno al grande masso di granito, che fu fatto brillare per livellare il terreno. Il canale fu ampliato e reso più profondo. Ancora oggi è un luogo di forti maree, ed il faro rimase attivo fino agli anni 40 del XIX° secolo. Nel 1975 fu designato come punto di attrattiva turistica e venne completato un parco nel 1980. Nel XIX secolo avvennero molte importanti scoperte nella scienza patologica. Lo Strecker laboratory svolge un importante ruolo nella storia medica americana, perché fu il primo laboratorio del paese ad essere dedicato alla ricerca patologica e batteriologica. Fu costruito nel 1892 come un edificio indipendente vicino all’ospedale come supporto amministrativo per il laboratorio.

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Gli architetti Frederick Clarke Withers e Walter Dickson progettarono l’edificio in stile rinascimentale romanico, con grandi archi per fornire luce naturale e ventilazione. L’edificio aveva più mansioni: al piano terra vi era un salotto ed un ufficio, ai piani superiori vi erano dei laboratori per l’analisi dei campioni, la cantina era un deposito e obitorio. Successivamente costruirono un terzo piano che ospitava una piccola biblioteca scientifica ed un archivio. Dal 1907 fu utilizzato dall’istituto di patologia di Russell Sage, affiliato alla Rockfeller University, ma poi abbandonato negli anni 50. Nel 1976 fu inserito nei registri nazionali dei palazzi storici. Nei primi anni 2000 la società MTA (Metropolitan Trasportation Authority) ha ristrutturato l’esterno dell’edificio, utilizzandolo come stazione di conversione di potenza per le linee della metropolitana E e V. Il Bird S. Coler Hospital e le case dei dipendenti furono costruite nel 1952 e non hanno mai smesso di essere utilizzati. Il Goldwater Memorial Hospital nella parte sud dell’isola fu aperto nel 1939 e negli anni successivi fu incrementato molto con altre ali e appartamenti per i dipendenti. Per quanto riguarda la storia della costruzione del ponte che attraversa l’isola e vi si appoggia con due piloni, il tutto iniziò nel 1838, quando, i politici

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Queensboro Bridge


fotogramma del film Manhattan di Woody Allen


e gli uomini di affari del tempo si interessarono alla costruzione di esso per collegare il Queens al East Manhattan. Il tutto avvenne nel 1857. I sostenitori principali furono Austin Corbin, il proprietario della linea ferroviaria del Long Island che voleva collegare Manhattan al suo sistema, William Steinway, che aveva una fabbrica di pianoforti ad Astoria, e il dottor Thomas Rainey proprietario di una compagnia di battelli a vapore. Insieme proposero la costruzione di un ponte di sospensione lungo 2 miglia, che andasse dall’East 77th street al Queens. Numerosi furono i problemi che causarono vari ritardi per il completamento del ponte. Con l’aiuto di Gustof Lindenthal, Leffert L. Buck e Henry Hornboster disegnarono il ponte con un doppio sbalzo (cantilever): al centro dell’isola sarebbero dovuti esser costruiti due grandi piloni di sostegno dai quali sarebbero state sbalzate le due carreggiate verso le estremità. Ancora una volta nonostante diverse pressioni della municipalità vi furono diversi ritardi a causa di alcuni scioperi, dell’impresa fornitrice del ferro e di un gruppo di ingegneri che dubitavano della fattibilità dell’opera architettonica. Addirittura una sezione del ponte non ancora terminato cadde in acqua sradicandosi dalla struttura durante un violento temporale. Il ponte fu finalmente inaugurato nel 1909 con una grande cerimonia comprendente due ore di spettacolo pirotecnico. Dall’apertura del ponte il Queens, con il suo paesaggio rurale, cambiò definitivamente identità. L’industria newyorkese iniziò a costruire fabbriche sul lato del Queens. Oltre l’Hudson i vari piccoli centri

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abitati, che si erano formati, furono colpiti da una violenta e fulminea espansione della città. La conurbazione di New York si espanse attraverso il Queensboro Bridge e il Brooklyn Bridge verso Long Island. Il ponte regge le carreggiate con 4 piloni di 150 m di altezza e le sue maglie strutturali in acciaio sono decorate con fregi di metallo pietra e tegole. All’interno del ponte furono istallate, nel 1917, due ferrovie che insieme alle 6 carreggiate collegano Manhattan al Queens, ad Astoria e Corona. Prima c’era pure un servizio di navetta su rotaie con 4 fermate che portava le persone. Una delle fermate intermedie era sopra l’isola e ci si accedeva tramite un ascensore prossimo ad uno dei pilastri. Il servizio durò solo pochi anni. Queensborough Bridge Edward Hopper - 1913


Attualmente le ferrovie non sono più presenti, perché sono state sostituite dalle gallerie della metropolitana che venne scavata sotto l’East River nel 1942. Dopo circa cinquant’anni dall’apertura del ponte, la struttura era corrosa dalla ruggine e dalle condizioni atmosferiche, così si procedette alla ristrutturazione delle parti strutturali. La curiosità di questa vicenda è che per la costruzione del ponte furono stanziati 20 milioni di dollari, mentre per la ristrutturazione e per la rimozione delle parti di fregio metalliche sono stati spesi 180 milioni di dollari.

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Nel 1796 la Città di New York costruì il primo penitenziario della città nel Greenwich Village, a soli due chilometri dal municipio, e venne chiamata “Newgate”, nome derivante dalla storica prigione londinese del XII secolo. Questa era più un penitenziario che una prigione, nel senso che il metodo di gestione era affidato ad un associazione chiamata Quaker Society of Friend, che resero il sistema giudiziario più umano e civile. Credevano che il carcerato avesse sempre una “luce interiore” e che potesse redimere i suoi peccati riconoscendo le proprie colpe e facendo penitenza. Così come quello di Greenwich esisteva anche un penitenziario a Bellevue, la lingua di terra di fronte a Blackwell Island. Le prigioni chiusero dopo solo 27 anni ed i detenuti del Newgate furono trasferiti nella prigione di Sing Sing, mentre quelli di Bellevue furono mandati sul Blackwell island, per costruire la banchina di rinforzo del margine dell’isola e il nuovo penitenziario. La struttura che i carcerati dovevano completare era formata da un edificio ad L, formato nella parte corta da uffici per l’ amministrazione e un blocco cellulare per i detenuti in quello lungo. Lungo circa 200 m e alto quattro piani, era costruito in blocchi di granito scavato da una cava vicina, che gli dava un aspetto austero e medievale. Poteva ospitare ottocento detenuti che provvedevano a cooperare per ingrandire e sviluppare l’isola: gli uomini più forti lavoravano nella cava e costruivano altri edifici, le donne cucinavano, pulivano e facevano da infermiere ai detenuti in difficoltà. i carcerati che estraggono materiale da una vecchia cava dell’isola. J.Berty Immage of America


Nel 1852 fu costruita la Blackwell’s Workhouse per sostenere un numero maggiore di detenuti che avessero commesso reati minori. Erano chiamati i “Drunks and Disorderlies” che lavoravano insieme agli altri detenuti ma erano gestiti da una diversa istituzione. Negli anni a venire furono costruiti anche l’ospizio e altri edifici, tutti gestiti da amministrazioni differenti. La stampa locale agli inizi del XIX era solita scrivere rapporti di sovraffollamento, droga, violenze, favoritismi, e organizzazioni criminali interne a queste strutture. La Municipalità però non prese mai in considerazione seriamente questi problemi e invece di ampliare le strutture o limitare il numero di detenuti o trasferirne qualcuno in altri penitenziari, pensò nel 1921 di cambiare il nome dell’isola in Welfare Island senza, ovviamente, trarne benefici reali. Quando nel 1933 il riformatore Fiorello La Guardia venne eletto sindaco, fu nominato commissario di correzione il signor Austin H. MacCormick, che si occupò del penitenziario di Welfare Island ponendo fine alla lunga serie di maldicenze che tempestavano l’isola. Infatti dentro il penitenziario le guardie erano state corrotte dalla mafia per rendere meno dura la punizione dei capi, che continuavano ad amministrare l’operato della loro banda all’esterno e all’interno della prigione. Sgominate queste organizzazioni, i 2 capi e i 66 membri della banda furono trasferiti in isolamento nella nuova prigione di Rickers e si pose fine al tutto. Nel 1936 il penitenziario fu raso al suolo e con esso si azzerò anche i programma per il futuro dell’isola. Dalla demolizione del carcere, gli abitanti dell’isola, i

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i coltelli e gli oggetti contundenti trovati nelle celle della banda dei boss.

il cane del capo dei detenuti che mangia carne nella cella, quando i detenuti ordinari non avevano mai un pasto cosĂŹ degno



detenuti e le infermiere iniziarono ad abbandonare il luogo. La città elaborò varie proposte per utilizzare il terreno. Il commissario dei parchi Robert Moses proponeva di trasformare l’isola in un grande parco pubblico integrale, mentre il signor Sigmund S. Goldwater, commissario della sanità pubblica, propose di creare un parco ospedaliero costituito da sette strutture sanitarie moderne per il supporto dei malati cronici. Nel 1939 si procedette alla progettazione del Golwater Hospital sulle fondazioni del penitenziario di Blackwell, pianificandolo su un sito di 10 acri che si componeva di sette edifici che si affacciavano su Manhattan. Con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale nel ’42 la costruzione dell’ospedale subì un arresto, lasciando incompleta solo una struttura. Finito il periodo bellico si inaugurò il S. Coler nel 1952 sulla punta settentrionale dell’isola. Il complesso così costruito fa parte della New York City Health and Hospital Corporation. Nel 1955 il City Hospital si trasferì ad Elmhurst nel Queens, il Metropolitan Hospital andò nell’Upper East Side e pure l’ospedale si trasferì altrove. Non c’erano più attività sull’isola, i suoi abitanti si sparsero in tutti i borghi e le chiese non avevano più i loro parrocchiani, così venne quasi interamente abbandonata. La Blackwell House perse i suoi inquilini e cominciò a cadere a pezzi, lo Smallpox Hospital e la scuola di infermiere resero abbandonato il sito meridionale e i vandali depredarono gli accessori decorativi del palazzo; il tetto crollò e da allora sono rimaste solo le imponenti pareti perimetrali con gli archi gotici. scala dell’ottagono il evidente stato di abbandono

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Furono venti anni bui per l’isola, sulla quale erano rimasti solo i pazienti e il personale dei due ospedali nella parte nord: si erano pure diffuse delle dicerie di fantasmi nelle rovine dei vecchi ospedali e degli edifici annessi ai penitenziari ancora in piedi. Negli anni 70 i vigili del fuoco iniziarono ad utilizzare l’isola costruendo una scuola di allenamento per giovani leve e utilizzando gli edifici abbandonati per le esercitazioni. Agli inizi degli anni 60 la Municipalità di New York esaminò varie proposte per capire cosa fare del territorio dell’isola. Quello che un gruppo di funzionari e di cittadini presero in considerazione fu un piano urbanistico basato sulla riqualificazione degli edifici storici con l’inserimento di due quartieri di etnia diversificata e reddito misto. L’idea era anche quella di inglobare negozi e servizi con residenze di varie metrature e per diverse classi sociali. Il progetto concettuale originale è stato redatto dagli architetti John Burgee e Philip Johnson, che disegnarono una grande strada come arteria centrale dell’isola, sulla quale concentrare edifici ad alta densità che mano a mano degradavano di altezza verso l’acqua. Il tutto inserito in un contesto naturale, tra l’acqua e gli alberi. Il piano comprendeva anche la costruzione di un garage per tutta l’isola in modo da non far circolare le auto nelle strade interne, affidando i residenti e i turisti ad un servizio di trasporto pubblico; gli edifici così costruiti vennero dotati di un sistema di pressurizzazione dei rifiuti interno alle abitazioni, dotato di tubazioni che permettevano ai resti domestici di andare direttamente nella discarica. 94

disegno di Nicholas Solovioff della Main Street



Si decise anche di disegnare una pista ciclabile sulla banchina che costeggiava tutta l’isola, in modo da avere una strada continua per godere di una meravigliosa vista su Manhattan e il Queens. Nel 1969 il governatore Nelson Rockfeller ha costituito la New York State Urban Develepment Corporation (UDC), nominando Edward J. Logue come presidente e capo del progetto. Questa corporazione ha preso in gestione l’isola per 99 anni, prendendo in prestito denaro per finanziare la costruzione della nuova comunità. Era l’inizio di un futuro più prosperò per l’isola, che dal 1973 cambiò il suo nome in Roosevelt Island per onorare il presidente tanto amato dal suo popolo. I primi edifici completati furono l’Eastwood , il Westview Island House e il Rivercross; il primo abitante vi si trasferì nel ’75. Insieme, questi tre edifici contengono 2000 unità abitative, che per lo più sono state affittate ai familiari dei rappresentanti dei governi, che lavorano nel vicino palazzo delle Nazioni Unite. La nuova comunità dell’isola può comodamente raggiungere Manhattan attraverso una teleferica rossa chiamata “Roosevelt island Tramaway”, che ben presto è divenuta un simbolo dell’isola e una simpatica attrazione turistica. Per quanto riguarda la ristrutturazione dei vecchi edifici il primo ad essere restaurato fu la cappella del buon pastore, poi toccò al cottage dei Blackwell e al faro nella parte più settentrionale. La casa dei Blackwell venne ristrutturata per utilizzarla come centro di comunità per piccoli eventi sociali. Lo streaker laboratory fu rinnovato dalla MTA per utilizzarlo come sottostazione di trasformazione dell’energia e di potenza della metropolitana. L’esterno romanico non fa presagire il carattere industriale e la 96


macchina utilitaristica alloggiata all’interno. Il City Hospital nella parte sud è stato demolito, mentre il golden water si unì al S. Coler ed ad una scuola per infermiere nel 1996. Il sistema di questi tre edifici è inserito in un parco, uno dei posti più vitali dell’isola. Nel 1987 è stato costruito un complesso residenziale chiamato Manhattan Park con 800 unità per famiglie con tanti figli, anziani, giovani coppie e persone di reddito alto. La torre dell’ottagono è stata utilizzata come accesso ad un complesso residenziale di lusso. Nella parte sud dell’isola è stata di recente costruita la Cornell Tech University formata da aule, residenze e spazi comuni, dove gli studenti possono studiare in coworking. Il Southpoint Park a sud del college è un grande parco che circonda lo Smallpox Hospital e lo Strecker Laboratory, abitato da anatre, scoiattoli e germani. Il monumento di Khan per Roosevelt inaugurato nel 2012, completa l’isola con la sua purezza ed eleganza, e tutt’oggi è uno dei posti più frequentati da turisti e newyorkesi, che cercano qualche ora di tranquillità e di pace a pochi minuti da Manhattan. La storia di Roosevelt Island la descrive come un posto di disgrazie, dove finivano tutti gli emarginati sociali, mentre il presente e il futuro dell’isola pronosticano il contrario, immaginandola una bellissima striscia di terra verde ambita da tantissimi newyorkesi come propria abitazione. A pochi minuti dal resto della città, Roosevelt Island continua a soddisfare la sua promessa di essere una piccola città dentro una grande città.

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_Il piano urbanistico del 1969



pag. prec. prospettiva di progetto di Philippe Johnson a sx: l’isola divisa nelle nove zone del piano


Lo sviluppo urbanistico odierno dell’isola avvenne nel 1965. Prima di tale anno sappiamo che l’isola ospitava ospedali e manicomi, in generale un deposito di “indesiderabili” (1). I dibattiti sul futuro dell’isola si divisero in quelli che la immaginavano come una parte integrante della città, con tutti i pregi e i difetti che implica, oppure una zona di evasione civilizzata, una specie di luogo di vacanze che offre a distanza di sicurezza lo spettacolo incandescente di Manhattan. La futuristica ipotesi di urbanizzazione dell’isola fa rivivere anche quella tradizione di testare certi temi su “isole laboratorio” più piccole come nel caso di Coney Island all’inizio del secolo.

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(1)

R. Koolas in Delirius New York pag 279


Gli architetti Philip Johnson e John Burgee disegnarono il piano per la lottizzazione dell’isola dividendo lo spazio in nove parti di vario genere allineate sull’asse dell’isola e circondate dal parco e dalla promenade L’ottica futuristica del progetto si nota anche riguardo la costruzione di edifici integrati ad un sistema fognario sottovuoto, che permetteva ai residenti di gettare i rifiuti in tubazioni che giungevano direttamente nella discarica dell’isola. Ma andiamo con ordine. L’isola era in quegli anni un territorio abbandonato con diverse preesistenze storiche annegate nella vegetazione infestante. Decisero di preservare gli edifici mostrati nella mappa e di demolire quelli in rosso. Il piano divideva idealmente il terreno in 9 zone alternando 5 di esse in parco e 4 di gruppi di edifici, e circondava tutto con una promenade chiusa che faceva da marciapiede e pista ciclabile. Partendo dalla punta sud, il Southpoint Park si decise di lasciarlo ad una funzione pubblica e di verde, per la straordinaria vista sullo skyline e per la posizione apicale. Sopra, il Goldwater Memorial Hospital fu lasciato, nascosto dal City Hospital e da diversi alberi ad alto fusto piantati per integrarlo meglio nel verde. Sotto il ponte del Queensboro una zona di campi 102


sportivi composto da campi da baseball, da basket e da tennis (alcuni anche sul tetto del motorgate). Il piano prevedeva anche la parte di Island Town che però è stata costruita per metà, ovvero, solo la parte a nord del parco della casa di Blackwell. Il nucleo costruito ingloba la piccola cappella del Buon Pastore e il parcheggio comunitario del Motorgate proprio sopra il Welfare island Bridge, con più di 2000 stalli; il centro abitato è organizzato intorno alla strada principale ricca di negozi, servizi e uffici con sopra abitazioni e un percorso ad anello parallelo al promenade. Il parco dell’ottagono fu pensato come un grande orto comunitario per coltivare la vegetazione locale e non, sia per il consumo, sia come campo scuola per i bambini. Naturalmente l’ottagono sarebbe stato preservato e ristrutturato; nulla si sapeva ancora del complesso residenziale di lusso che sarà fatto in questi ultimi anni.(2) Riguardo il Bird S. Coler Hospital si pensò a renderlo accessibile a tutti livellando il terreno circostante che portava anche al parco del faro, il quale venne pensato come un grande spazio pubblico verde dotato di tavoli e panchine. Nella planimetria di sinistra sono mostrati in rosso gli edifici demoliti dopo il piano. In quella di destra è illustrato il progetto della lottizzazione con in rosso le preesistenze storiche da ristrutturare. The Island Nobody Know

(2)


La pianificazione di tutto l’intervento avvenne con il rispetto di tre principi fondamentali. •

Si volle costruire un edificato ad alta densità con isolati che degradassero verso l’acqua in corti aperte circondate dal parco e nel rispetto delle preesistenze storiche. Gli edifici sono stati pensati con i negozi al piano terra, gli uffici ai primi piani e le residenze nei piani superiori, con grandi terrazze che si affacciano sul fiume. Dodici piani affacciano sulla strada interna e degradano a 4 lungo il fiume. Si decise di vietare il traffico carrabile in modo da rendere l’isola più sicura per bambini e anziani, e per preservare il clima pacifico e spensierato. In questa maniera si dette piena libertà ai pedoni e ai ciclisti. Il terzo principio riguardava la filosofia per cui era stato scartata l’idea capitalistica di massimizzare l’edificato e i servizi per ricercare una qualità della vita superiore. Qualità che si riscontra nella strada principale e nelle pittoresche strade trasversali che fanno intravedere l’Hudson.

La maggior parte delle abitazioni venne pensata per darle in affitto a tutte le tipologie di persone e ai funzionari del palazzo delle nazioni unite con le loro famiglie; si volle creare una mixitè funcional sia per quanto riguarda le destinazioni d’uso sia per le mescolanza sociale della comunità.

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Un disegno di Nicholas Solovioff della piazza della metro.


Nel 1989 aprì la fermata della Subway di Roosevelt Island, una delle stazioni più profonde della città, circa 30 m sotto l’acqua, che insieme alla teleferica rese gli abitanti ancora più a diretto contatto con l’High Manhattan. Philip Johnson scrive al termine del suo lavoro: La quotidianità si paleserà nelle strade in accordo con la storia e con la natura. Adesso che il Goldwater Hospital è stato distrutto per lasciar spazio alla Cornell Tech occorre predisporre una parte del parco al servizio della comunità la quale necessita di nuovi servizi.

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_Il monumento di Khan



Ordine è Louis I. Khan Progetto è dare forma nell’ordine Forma emerge da un sistema di costruzione Crescita è una costruzione Nell’ordine risiede l’energia che crea Nel progetto risiedono i significati del dove, con cosa, del quando, con quanto La natura dello spazio riflette ciò che lo spazio aspira a essere [...]Dalla natura – perché Dall’ordine – cosa Dal progetto – come La Forma prende forma dagli elementi strutturali che le appartengono. [...] Le composizioni di Mozart sono progetti Sono esercizi su un ordine intuitivo Progetto suscita altri progetti I progetti traggono la loro fantasia dall’ordine Fantasia è la memoria – la Forma Stile è un ordine prescelto [...] Ordine non significa bellezza Il medesimo ordine ha creato il nano e l’ Adone Progettare non è produrre bellezza La bellezza sorge dalla selezione dalle affinità dalle congiunzioni dall’amore

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pag. prec.: corrimano iniziale e l’edificio delle nazioni unite


Arte è una forma che produce una vita nell’ordine dell’intelletto Ordine è intangibile È uno stadio della coscienza creativa che sempre evolve verso l’alto Più alto è l’ordine, più grandi sono le differenze nel progetto Ordine favorisce le congiunzioni Da ciò che lo spazio aspira a essere, ciò che non è usuale può essere rivelato all’architetto. Dall’ordine egli trarrà l’energia per creare e la forza per criticarsi per dare forma a questa cosa inusuale. Bellezza verrà.

Architettura è. Louis I. Kahn, gli scritti a cura di Maria Bonaiti, Electa, Milano 2005, pp. 65-66.


schizzi di Khan


“I had this thought that a memorial should be a Room and a Garden. That’s all I had. Why did I want a Room and a Garden? I just chose it to be the point of departure. The Garden is somehow a personal nature, a personal kind of control of nature, a gathering of nature. And the Room was the beginning of architecture. I had this sense, you see, and the Room wasn’t just architecture, but was an extension of self.” (1)

(1)

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Louis Kahn at Pratt Institute in 1973



Il Franklin D. Roosevelt Four Freedom Park foto di Warchol


Il monumento commemorativo disegnato da Khan per onorare il presidente Roosevelt è un gigantesco terrapieno di luci ed ombre collocato all’apice del Southpoint Park di Roosevelt Island. Quasi quaranta anni dopo la morte dell’architetto, la realizzazione del manufatto, basata sui pochi schizzi rimasti, è stata come ricostruire un’opera perduta del passato, che ha richiesto una grande abilità tecnica e sensibilità interpretativa per seguire i voleri dell’autore, oltre ai problemi e ai vincoli odierni. Una volta raggiunta l’opera di Kahn dalla parte settentrionale del parco e vista la grande scalinata centrale celata dietro la rovina dello smallpox hospital e da cinque faggi, si ha come l’obbligo di prendersi una breve sosta. Si è come avvolti in una sequenza di rilievi e cavità antropizzate che portano fino al margine dell’acqua. Saliti sulla scalinata, ci ritroviamo in un grande prato d’erba delimitato da un duplice filare di tigli che proietta il visitatore verso l’ingresso della baia. Questo gigantesco cuneo ci spinge a guardare al di fuori delle “mura” che lo cingono, e guida occhi e piedi verso un vertice orizzontale,


che prima si comprime all’interno di una stanza e poi si spalanca sul paesaggio. La stanza finale è sicuramente l’inizio di qualcosa, un punto di genesi, ma anche un grembo primordiale e uno spazio per radunarsi. Essa è parzialmente chiusa su tre lati da ventisette imponenti parallelepipedi di granito ed è aperta verso sud-est, invitando lo sguardo tra le maree del fiume. Tra queste grandi masse di granito bianco del Nord Carolina si percepisce la timida delicatezza della luce che penetra attraverso le fessure di un pollice. “La stanza a cielo aperto non è una tomba ma un utero, un “incubatore” di progetti. Per Khan doveva essere “l’inizio dell’architettura”: la genesi di piazze urbane, edifici e parchi pubblici.”(2) Tutto ciò è una grande metafora che ci sussurra qualcosa sulla precarietà di piani e progetti, sulla vulnerabilità delle città e sulla transitorietà delle civiltà. Da questa stanza porosa percepiamo, sorprendentemente, la piccolezza della più grande città del XX secolo.(2) (2)

Gideon Fink Shapiro, Domus 966, feb 2013


il corrimano e le rampe d’accesso




Roosevelt Island, nonostante la sua vicinanza a Manhattan, era sempre ai margini, ospitando penitenziari, ospizi, manicomi e ospedali per “incurabili”. Nel 1973, la New York State Urban Development Corporation (UDC) ribattezzò la scheggia di terra, precedentemente nota come Welfare Island, e presentò al pubblico un modello del memoriale Kahn. I programmi del New Deal avevano tenuto occupato l’architetto fin dall’inizio della sua carriera; “la politica di Roosevelt fu un affare molto importante in casa nostra, e il miglioramento dell’umanità era un tema fondamentale all’interno della nostra famiglia, come risulta dall’impulso di mio padre di arricchire la vita delle persone attraverso l’architettura”, dice la figlia dell’architetto defunto, Sue Ann Kahn, che è stata coinvolta informalmente nel rilancio del progetto dagli anni ’90. Poco prima della morte di Kahn, nel marzo 1974, la Four Freedoms Foundation (FFF) e l’UDC dello Stato di New York approvarono il progetto preliminare dell’architetto per il memoriale. Poiché Khan era noto per non prendere le decisioni in tempi brevi, molte di esse anche sottili, ma importanti, dovevano ancora essere prese. Alcuni vecchi collaboratori del defunto architetto, tra cui il suo ex socio e direttore dell’ufficio, David Wisdom, furono chiamati per completare i disegni esecutivi lavorando insieme allo studio di architettura Mitchell/Giurgola per completare i disegni. il viale alberato e lo skyline

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Building: Louis I. Khan at Roosevelt island


la linea di luce tra i blocchi di granito foto studio Esinam



Così nel 2005, la Fondazione Alphawood di Chicago offrì il capitale iniziale, permettendo a William Vanden Heuvel (presidente del Roosevelt Institute) di avviare i lavori, assumere un direttore esecutivo e poi, nel 2008, fondare il Franklin D. Roosevelt Four Freedoms Park, (FDRFFP), come entità controllata e di costruzione. Con l’arrivo di finanziamenti pubblici e privati, la costruzione iniziò nel marzo del 2010 e terminò nel 2012 con la spesa complessiva di 44,5 milioni di dollari. Poco più a sud delle romantiche rovine dello Smallpox Hospital di James Renwick eretto dal 1854 una monumentale scalinata di granito conduce al giardino triangolare, una distesa di erba inclinata fiancheggiata da filari di piccoli alberi di tiglio. Da una parte e dall’altra, argini granitici scendono giù, con un’ampia discesa che si incunea nell’East River. Riflettendo sull’influenza dell’architettura classica sul lavoro di Kahn, la prospettiva forzata orienta gli sguardi dei visitatori e anima questi spazi. Al di là di un piazzale di ciottoli, il triangolo giunge al busto di bronzo da 470 kg di FDR, un ingrandimento di una scultura di Jo Davidson. Si trova in una nicchia sul retro della quale è scolpita una parte del famoso discorso del 1941 “Le Quattro libertà” al Congresso, in cui ha articolato i principi umani essenziali ai quali credeva che tutti avessero diritto: libertà di parola e di espressione, libertà di culto, libertà dal bisogno e libertà dalla paura. La testa del presidente identifica la soglia della stanza, che è murata da blocchi monolitici di granito bianco

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la panca della stanza finale




del Monte Airy estratto nella Carolina del Nord, l’unica pietra utilizzata nel progetto e una delle tre che Kahn aveva originariamente selezionato. Sono posizionati a solo 1 pollice di distanza, e le facce all’interno del giunto hanno una finitura lucida. “La difficoltà di fabbricare un blocco di queste dimensioni e di mantenere i bordi molto precisi e le tolleranze molto strette che Kahn avrebbe richiesto era incredibilmente difficile per tutti”, afferma la direttrice esecutiva di FDRFFP Gina Pollara, che negli ultimi sei anni, ha aiutato a completare il progetto. Una trincea nella prua della stanza ovvia alla necessità di una ringhiera, che consente di scorgere ampie vedute verso Manhattan con il complesso delle Nazioni Unite dando al visitatore l’impressione che si possa camminare a due passi dall’acqua. Il team voleva essere il più fedele possibile al progetto originale, ma alcuni adeguamenti erano inevitabili. “Nel portare il progetto agli attuali standard di costruzione e nel soddisfare i requisiti del codice edilizio e del cambiamento climatico, e del regolamento antisismico la sfida consisteva nello strutturare le basi senza modificare in alcun modo l’aspetto del progetto” afferma Paul Broches di Mitchell / Giurgola. Il team ha innalzato la quota del parco di circa 40 centimetri per far fronte all’aumento del livello del mare. La fondazione è stata irrobustita con cassettoni per contrastare l’urto delle maree e di un eventuale la vista dalla stanza finale

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sisma, oltre che permettere ai blocchi di rimanere esattamente alla loro distanza senza cedimenti “Il team ha fatto di tutto per rendere il memoriale il più vicino possibile alle intenzioni di mio padre. Penso che sia un miracolo la sua realizzazione e penso che Louis sarebbe contento” afferma Sue Ann Kahn. Attraversare il parco è come camminare sul ponte di una nave che procede in un luminoso aldilà. Stare nell’idilliaca calma dei viali alberati o nell’abbagliante stanza dove le onde si infrangono contro le fondamenta e il surreale skyline della grande città è sospeso sull’acqua, è un’esperienza che trascende il tempo, come la struttura stessa, la quale sembra sia antica sia moderna. La stanza era, per Khan, l’inizio dell’architettura, un’estensione di sé. “What was has always been. What is has always been. What will be has always been,” disse Kahn. “Such is the nature of beginning.” Kahn sapeva bene che per la costruzione di un grande monumento, l’Architetto (con la A maiuscola) avrebbe dovuto farsi amico del tempo.

Queensboro Bridge e i blocchi del corrimano della stanza

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_Temi



ETEROTOPIA Eterotopia è un termine coniato dal filosofo francese Michel Foucault per indicare «quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l’insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano».(1) In generale l’eterotopia ha come regola quella di giustapporre in un luogo reale spazi che normalmente sarebbero, o dovrebbero essere incompatibili. La società adulta ha organizzato i suoi contro spazi, le sue utopie, ovvero dei luoghi reali fuori da tutti i luoghi. Questi sono i cimiteri, i manicomi, le case chiuse, le prigioni, i villaggi del club mediterranee e molti altri. Ogni società ha le proprie eterotopie, dice il primo principio di Foucault. Luoghi in cui gli individui delle vecchie società passavano momenti della loro vita: come la pubertà, il momento delle prime mestruazioni, del parto se non avevi un marito. C’erano i collegi per ragazzi, il servizio militare, addirittura il primo rapporto sessuale doveva essere consumato altrove, in viaggio di nozze. Il secondo principio è dato dal fatto che ogni società nel corso della sua storia può perfettamente riassorbire o fare scomparire un’eterotopia che aveva creato in precedenza e organizzarne altre che non esistevano ancora. Alcune eterotopie sono legate alla festa, al passaggio, alla trasformazione, alla fatica di una rigenerazione. Nel XIX secolo erano i collegi delle caserme che avevano il compito di trasformare i bambini in adulti, i criminali in persone oneste e corrette, gli ammalati in sani. 130


Un altro principio delle eterotopie è il fatto che esse hanno sempre un sistema di apertura e di chiusura, che le aliena dallo spazio circostante. Detto questo, l’isola è perfetta per svolgere la funzione di eterotopia. Dal 1828 fino al 1936 la scheggia di terra era vista dai newyorkesi come altrove, il luogo dove si finiva se si commetteva un crimine, se si rimaneva incinta senza marito e se si era malati o pazzi. I principi espressi da Foucault si ritrovano appieno in questa terra di “indesiderabili”. Ora che le strutture correttive sono state rase al suolo, occorre ricordare il passato denso di memorie. Nel posto in cui sorgeva il City Hospital e il penitenziario sono disegnati tre edifici con una volumetria più “umana “per staccare dalla quotidianità della metropoli e per rinchiudersi nella “cassaforte dell’arte” o nell’”archivio del tempo” o concedersi un momento di evasione con una pieces teatrale o cinematografica. L’idea di accumulare il tutto, di fermare in qualche modo il tempo o piuttosto di farlo depositare all’infinito in un certo spazio privilegiato, l’idea di costruire l’archivio generale di una cultura o la volontà di rinchiudere in un luogo ogni tempo, ogni epoca, ogni forma e ogni gusto, idea di costituire uno spazio per ogni tempo come se questo spazio potesse essere definitivamente fuori dal tempo; l’idea di rendere una visita al Southpoint Park un momento di qualità, di evasione e quasi di alienazione dalla vita manhattiana, preannunciando l’opera dei Khan.

M. Foucault: Utopie Eterotopie. (a cura di) Antonella Moscati, rasoi, Napoli 2004

(1)


MONUMENTALITÀ In architettura, la monumentalità si può definire come una qualità spirituale che manifesta quanto vi è di eterno in una struttura. E’ la qualità che percepiamo nel Partenone, nel Pantheon o sotto la cupola del Brunelleschi. Viviamo in un’epoca di squilibri, dove le trasformazioni si susseguono velocemente e senza sosta, dove è impossibile dare un’interpretazione univoca. Per questo non siamo mentalmente attrezzati per attribuire il carattere monumentale a una qualunque struttura in quanto non la si crea intenzionalmente, neanche con i materiali più ricchi. Tuttavia è possibile darle una qualità architettonica tale da renderla memorabile, per logica, forma funzione, proporzioni e apprezzamento nella collettività. Non è possibile costruire un’opera del passato con le attese, le aspirazioni, l’amore e l’odio che incoraggiava il costruttore del passato: una replica fedele è impossibile, ma non possiamo non vedere la lezione che ci impartiscono i vecchi edifici, poiché appartiene loro quella grandezza che dovranno possedere, a loro modo, anche le nostre costruzioni future.

I volumi giocano il senso del peso, della pressione, della resistenza ed essi saranno (...) freneticamente tesi come i grattacieli di New York. Bruno Zevi, Saper leggere l’architettura p. 120


Questa concezione costruttiva e queste forme hanno attraversato il passato e la contemporaneità, e ritorneranno con energia ancora maggiore grazie alle tecnologie e alle capacità degli architetti A New York la monumentalità è una caratteristica che ritroviamo nell’intera città più che nei singoli edifici. Uscendo ogni giorno dalla metropolitana in strada, ci si trova schiacciati dagli infiniti grattacieli, che assieme formano una maglia invalicabile per traguardare il cielo se non le due direzioni ortogonali della griglia e lo zenit. Questo rende la metropoli alienante, anche perché la maggior parte degli edifici sono stati costruiti dai developers: non hanno un carattere identitario particolare, sono architetture corrette ma monotone. Seguendo il linguaggio dell’International style dettato dal Seagram Building di Mies van Der Rohe, questi team di progettisti e imprenditori hanno trasformato e continuano a trasformare il suolo di Manhattan senza una peculiarità loro. Sono stati pochi e recenti gli interventi che vanno contro questa mentalità, volendo costruire un edificio che si stacca dalla massa e si mette in mostra individualmente. Personalmente sono del tutto contrario all’idea secondo cui un edificio particolare debba avere un carattere individuale. A mio avviso dovrebbe piuttosto essere dotato di un carattere universale, determinato dal problema generale che l’architettura si sforza di risolvere”. [L. Mies van der Rohe]

Maria Bonaiti, Architettura è. Luis I.Kahn, gli scritti 133


GRAVITAS Il termine gravitas è spesso associato, in particolare nei trattati d’architettura, con «gravità», seppur esso si riferisca piuttosto a «serietà» o «pesantezza». La gravitas in un progetto architettonico si riferisce ad uno spazio severo e primario, costruito per celle, per volumi definiti e regolari, radunati in sistemi geometricamente essenziali. Solitamente, un museo è un edificio introverso, chiuso rispetto alla città. Qui si ritrova il principio del muro, del pilastro della trave, del solaio. Nel museo gli elementi tettonici si intrecciano per disegnare delle sezioni complesse, con proporzioni slanciate verso l’alto che “schiacciano”. Il volume prismatico della copertura del museo appare immobile, seppur al suo interno fluiscano immense forze, di una vita segreta custodita dal pesante “dolmen”. Una silenziosa lotta tra movimento e immobilità. Il sarcofago sollevato, e appena appoggiato, grava sulla linea di vetro. Nella biblioteca il pozzo librario rappresenta un altro importante elemento di questo tema. Il pesante volume grava su quattro tozze colonne e comprime lo spazio sottostante, concedendo l’altezza minima per il passaggio.

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Monumento ai caduti delle fosse ardeatine Giuseppe Perugini, Nello Aprile e Mario Fiorentini



PIAZZA La piazza centrale che costituisce il cuore della città costituisce di per sé il luogo prescelto della rappresentazione della centralità della presenza delle pubbliche istituzioni, civili e religiose, perché è delimitata dai principali monumenti cittadini in cui si incarnano le più significative memorie storiche e ogni privilegiata funzione pubblica. La piazza è luogo di riunioni, di spettacoli, di prediche, di cerimonie, di processioni, nonché il luogo privilegiato dello scambio e dell’attività commerciale, dell’informazione in quanto simbolo materializzato della storia pubblica di quella comunità. Pertanto dal punto di vista culturale storico, scientifico, le piazze prodotte nell’ambito della cultura urbana costituiscono lo spazio formale della comunità insediata, il nucleo spaziale ove si realizza l’intersezione di storia civile, movimenti culturali, tendenze artistiche, cultura materiale, immaginazione collettiva, proiezioni simboliche, ritualità consolidate, tradizioni popolari e consuetudini comportamentali.1 Il progetto della piazza costituisce un sistema centripeto nel quale si inseguono i tre volumi, e sul quale si affacciano con i loro ingressi principali. Vi si accede dagli angoli come nella tradizione occidentale e costituisce uno dei pochi luoghi di collegamento visivo diretto delle due sponde del fiume.

1

C. Dardi, Place d’Italie, in “Agorà”, n.1, Roma 1987 136

Piazza, Alberto Giacometti 1947-48


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_progetto




Il progetto è concepito al fine di ricercare alcuni dei caratteri che resero unica l’architettura della metropoli, ma applicata in una piccola isola: la sua capacità di fondere il popolare con il metafisico, il commerciale con il sublime, il raffinato con il produttivo; cose che assieme spiegano il suo originario potere di seduzione su un pubblico di massa.(1) Al centro di questo territorio ricco di memorie e di servizi si colloca il progetto di un centro culturale che si propone con un linguaggio architettonico familiare al monumento di Khan ma con una destinazione d’uso utile per i fruitori della Cornell Tech per i newyorkesi che cercano qualche ora di tranquillità al di là dell’Hudson. Si colloca nel Southpoint Park tra le due sponde del fiume e tra il college e il Renwick Ruin (lo Smallpox Hospital) posizionato più a sud come ultimo landmark prima del monumento. Organizzato intorno ad una corte ribassata, il centro culturale si propone come tappa del sezione ambientale e planivolumetrico

(1)

Delirius New York p. 279




percorso fino al Four Freedom Park, in modo da accompagnare il visitatore e da concedergli una pausa prima dell’apice. Sbarcati sull’isola decidiamo di andare verso sud, passando sotto il Quinsboro Bridge. A destra della promenade si ammira lo straordinario skyline di Manhattan mentre verso l’interno del parco annesso al College si intravede una serie di sentieri che si addentrano in un piccolo boschetto di aceri e di querce riposizionati dal luogo del progetto in esame. Dopo una passeggiata di più di 500 metri dalla fermata della teleferica, lo sbarco più veloce da Manhattan, o dalla fermata della Subway, si giunge in questo complesso di edifici segnato da un cambio di pavimentazione che ricalca i sampietrini di granito usati da Khan nelle rampe. Grazie alla decisione intrapresa negli anni 70 di collocare le autovetture private dei residenti all’interno del Motorgate Garage è stato possibile concepire l’intero complesso senza la predisposizione di parcheggi privati ma solo fermate del bus che circola su tutta l’isola e spazi per il carico e scarico annesse alle funzioni Il masterplan della Cornell Tech ha previsto il disegno di una via pedonale curvilinea in asse al prato, strada che è stata ripresa come terzo accesso al sistema.

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pag. prec. render a volo d’uccello a dx: spaccato assonometrico






Nella parte ovest del lotto troviamo il museo, il quale, celando al visitatore lo skyline sopra citato appare come un grande blocco di granito, senza aperture, che fluttua sul vetro. Il muro verso la piazza è un’unica parete di cemento armato sovrastata dal granito, separata da esso con una lunga fuga orizzontale. L’accesso del museo è celato dietro il setto di cemento e costringe il visitatore a svoltarvi per accedere alla hall di ingresso e biglietteria. Il museo è l’elemento più visibile da Manhattan ed appare come una grande massa bianca sospesa sui vetri e sugli esili pilastri, quasi a diretto contatto con le acque. L’accesso è davanti ad una delle rampe che scendono verso la piazza centrale. Ai lati di quest’ultima c’è un’area verde con panchine e una grande vasca d’acqua bassa. I corrimani divisori della vasca delle aree verdi e dei dislivelli sono stati pensati in granito bianco di 3 piedi di larghezza (circa 91,5 cm) per essere coerenti a quelli di Khan. La passeggiata è a circa 4 metri s.l.m. e discende nella piazza a quota +1,5 metri. Oltre alle rampe, tre serie di gradinate portano l’ospite nella piazza e nella piattaforma adiacente la vasca. Oltre la piazza un altro dislivello a scarpe rivestito ancora di granito riporta la passeggiata in quota per ritrovarsi di nuovo di fronte al fiume. pag. prec. render piazza a sx: piante piani terra

Nella parte nord della piazza sulla sommità di tre serie di rampe vi è l’auditorium, un grande 149


cubo di vetro, regolare, diviso da lesene strutturali in un grande reticolo. Con la sua massa più tozza e voluminosa controbilancia il complesso, rispetto alle altre due stecche. L’ordine tripartito della struttura, delineato da esili travi perimetrali, si infittisce di sostegni nella parte culminante dove gli infissi lasciano lo spazio alla vista della grande terrazza. La parte che costeggia il sentiero centrale è stata pensata opaca, per poter contenere tutti i servizi in una stecca interna, senza aperture, che si relaziona così col museo sito oltre pochi filari di faggi. L’ultimo edificio del complesso è la biblioteca che trova luogo nella parte a sud della piazza e che taglia l’isola collegando le due sponde. L’edificio si propone da tramite tra il linguaggio del museo e dell’auditorium, contenendo elementi presenti in entrambe le architetture: è rivestita in granito con una grande apertura verso nord sormontata da lesene metalliche. Ad essa si accede da un’entrata larga e bassa, posizionata al centro della piazza inferiore in asse con il percorso centrale. La facciata sud che si confronta con lo Smallpox Hospital si compone di una grande parete opaca per commisurare la pesantezza e la massa della rovina. Vi è presente una grande apertura sulla hall con le stesse lesene della parte nord e una sugli uffici dell’amministrazione con listelli orizzontali in metallo.

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vista auditorium



Il masterplan si propone quindi di posizionare i percorsi che portano al monumento ai lati della piazza e di accedere ad essa dagli angoli secondo una metodologia europea. Le geometrie principali del progetto sono state decise proiettando i lati del terrapieno di Khan verso nord e completando l’accenno dei corrimano che hanno costruito all’inizio dell’opera. Sono state seguite delle distanze di rispetto dalla preesistenze dello Strecker Laboratory e del vecchio ospedale. In particolare l’auditorium “esce” dal reticolo a “corte frammentata” con gli altri edifici, appunto per concedere maggior respiro alla preesistenza ristrutturata recentemente dalla MTA. Le aiuole e i giardini sono stati disegnati per essere attinenti al prato di Khan e a quelli dell’università e sono stati pensati ricchi di essenze locali: per quanto riguarda gli alberi, i filari in asse all’isola sono tigli, mentre quelli trasversali sono faggi.

tavole del verde


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il museo e il monumento visti da Manhattan


MUSEO “Tutto comincia dall’arte”. (1)

Mentre al di fuori scorre il tempo della città, dentro le mura del nuovo museo la presenza ancora palpabile del passato e la poesia invisibile di quanto può accadere si incontrano nello spazio espositivo. Il volume prismatico della fabbrica si erge sulla sponda ovest del lotto a diretto contatto con il fiume. E’ costituito da due parallelepipedi inferiori e da una massa chiusa e opaca del coronamento, sui quali scarica celatamente il proprio peso. L’ingresso, antecedente l’entrata scavata e non in asse, è un continuum architettonico, tra l’esterno e l’interno risaltato e accentuato dallo stesso rivestimento alle quote esterne. La hall è una stanza a doppia altezza dove il visitatore può acquistare il ticket e depositare gli indumenti nel guardaroba dietro il bancone. Se decidiamo in primis di visitare la sala temporanea sulla destra ci ritroveremo “schiacciati” dal ballatoio soprastante, e proiettati verso il grande ambiente. La stanza è circondata da quattro setti in cemento armato prefabbricato che nella parte alta curvano verso l’interno secondo il profilo di un quarto di ellisse. I setti in cemento armato fungono da supporto per le opere d’arte e il peso dell’aggetto è compensato dal ballatoio esterno alla sala, che insieme alla copertura sorregge la “pesante” facciata. (1)

Peter Zumthor in “atmosfere” 156

hall d’ingresso del museo



Schema Funzionale Museo 01_sala temporanea 02_guardaroba 03_biglietteria 04_ingresso museo 05_sala permanente 06_servizi 07_caffetteria 08_cucina deposito 09_auditorium 10_lobby auditorium 11_palcoscenico 12_scaffalature libri 13_spazio lettura 14_servizi ritiro/prestito 15_sala informatica 16_mediateca 17_ballatorio mostra 18_giardino segreto 19_doppio volume 20_galleria mostra 21_disimpegno 22_sala video 23_bookshop 24_magazzino book-shop 25_pozzo librario 26_postazioni studio 27_uffici amministrazione 28_impianti 29_terrazza 30_sala ristorante 31_bancone ristorante 32_cucina ristorante 33_spogliatoio dipendenti 34_magazzino e cella frigo 35_archivio


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In pianta i setti si“inseguono”lasciando entrare la luce dalle basse finestre e dall’apertura zenitale di trenta centimetri alla sommità delle volute e nascondono piccole gallerie espositive, il montacarichi ed infine uno spazio cul de sac. La galleria che dà verso Manhattan, con la sua lunga vetrata è l’elemento di continuità che lega ogni parte del museo.

sezioni trasversali pianta piano terra, assonometrie strutturali dal basso

Una volta terminata la visita della temporanea il visitatore torna verso la hall, oltrepassando un volume di servizi e una scala, accedendo così alla sala permanente. Sulla sinistra un muro di cemento armato sorregge due grandi travi parete sostenute sulla parte opposta dai setti in cemento armato sotto il ballatoio. Sul muro a tre metri e mezzo di altezza, è disegnata una fuga di 5 centimetri che separa il cemento dall’intonaco delle volte. Anche in questa sala la geometria dell’ellisse è utilizzata per descrivere l’andamento delle due curvature delle volte, che illuminano la sala grazie all’asola ottenuta dalla differenza di quota delle mensole. La luce è filtrata sia dalle grandi travi sia dal volume del ballatoio sopra i cinque setti. 161


Dopo la sala si prosegue verso la fine del corpo di fabbrica trovando una scala accanto all’uscita di sicurezza. Al piano superiore si trova una piccola sala di proiezione a gradoni, che costituisce all’esterno l’intradosso del padiglione tra la caffetteria e il museo. L’esposizione continua in una serie di spazi larghi 7 metri ed alti 9 dove, in vari modi, la luce naturale diventa il mezzo per caratterizzare le opere. La prima sala della galleria è uno spazio buio, illuminato da fasci di luce che escono da dei tronchi di piramide che scendono, affusolandosi, verso le opere. Quest’ultime sono contenute in teche di vetro, sorrette da piedistalli. Attraversando il muro di separazione tra le gallerie da una piccola porta (che è la trave parete) si giunge in una seconda stanza Sul muro di separazione tra le due gallerie è stato spostato verso l’interno della seconda stanza un parallelepipedo che costringe il visitatore ad accedere lateralmente.

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sezione prospettiva e vista della sala temporanea




L’ambiente che si prospetta dopo aver attraversato la trave parete ha come intradosso un grande volume elicoidale estruso in cartongesso che con dei faretti nascosti illumina i muri marginali. La luce bagna le pareti e le opere esposte su di essi. L’ultima stanza ha due curvature diseguali sull’intradosso che convergono in uno stretto lucernario sul soffitto. La luce viene concentrata su una statua al centro della stanza. Per facilitare la visita sono posizionate lungo tutte le dark room delle luci puntuali incassate nel muro ad un’altezza di 25 cm. Al termine delle gallerie si torna alla scala e ai servizi adiacenti alla hall per l’uscita oppure si continua il percorso attraversando in quota lo spazio d’ingresso in una galleria frammentata da piccole nicchie che nascondono i pilastri della copertura. Vediamo sulla destra un piccolo giardino segreto, confinato dalle alte pareti del museo, oltre una vetrata. Un minimo hortus conclusus: un semplice prato con un giovane tiglio, che può ospitare piccole istallazioni all’aperto. Successivamente si giunge nel ballatoio che circonda la sala permanente, dal quale è possibile affacciarsi nel doppio volume e completare la visita. La fabbrica del museo è costituita anche da una caffetteria al piano terra, con una piccola cucina per il riscaldamento di cibi precotti e dall’accesso indipendente del direttore del museo e dal suo staff. Dalla caffetteria si sale al primo piano dove è presente il bookshop del museo, che si affaccia con una grande vetrata verso il monumento di Khan. sezioni longitudinali pianta piano primo

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prospetto ovest prospetto est pianta piano secondo pianta piano interrato 166

pag. dx: vista del giardino segreto





Lobotomia. Gli edifici hanno tanto un interno quanto un esterno. Nell’architettura occidentale è da sempre presente un’ipotesi classicista secondo cui è auspicabile che tra questi due aspetti si stabilisca una relazione morale, che gli elementi esterni rivelino gli elementi interni, e che quest’ultimi, a loro volta, confermino tale rivelazione. La facciata “onesta” rivela le attività che ha dietro di sé. Nell’esplicito divario tra contenitore e contenuto, gli artefici di NY (...) scoprono la sconnessione tra l’interno, che cambia, e il curtain wall, l’esterno, come appunto una lobotomia.(2)

Al secondo piano ci sono gli uffici dell’amministrazione del museo con una piccola sala di attesa adiacente ad un piccolo cortiletto interno e un archivio. Anche gli uffici prendono luce dalla grande finestra a sud. All’esterno della caffetteria, i tavolini sono posizionati all’aperto o sotto l’aggetto del bookshop e danno direttamente sull’acqua. In questo modo il monolite risparmia al mondo esterno le sofferenze dei continui cambiamenti sfogandosi al proprio interno. Occulta i vari cambiamenti delle istallazioni e i movimenti fluidi dei visitatori.

pag. prec. vista della caffetteria

Delirius New York, R Koolas, pag 93

(2)

sezione prospettica vista della sala permanente



BIBLIOTECA L’edificio a stecca, situato nella parte sud della piazza, esprime il gesto di collegare le due sponde del fiume e di fornire una barriera/filtro tra la piazza e la rovina dell’ospedale. La facciata principale a nord descrive solamente due aperture: l’ingresso basso e largo, che sorregge la parte superiore con esili profili metallici, e la grande finestra sullo spazio lettura e consultazione, scandita come l’altra da profilati rivestiti che svettano senza un loro cordolo. La parte opaca è rivestita dal granito bianco del Nord Carolina. In un primo momento si è compressi dal basso ingresso; una volta entrati, il vuoto della grande hall a triplo volume ci accoglie evidenziando l’imponente pozzo librario gravante su robuste colonne e il triplice sistema di ballatoi, sorretto dalla colonna dei servizi e degli ascensori. In fondo alla stanza una grande finestra a tutta altezza, ritmata dai pilastri metallici, ci fa traguardare la rovina dello Smallpox Hospital immersa nel verde. Il pozzo librario simboleggia il peso della cultura che si eleva e che “schiaccia” con la sua “gravitas”. L’intradosso sotto il pozzo è di 2,5 m per esaltare la compressione dello spazio insieme alle tozze colonne. Il pozzo ha due piani accessibili solo dal personale attraverso due ponti agganciati alla parte amministrativa dell’edificio. Al suo interno scaffalature su binari permettono di massimizzare lo spazio. Il tetto piano sopra il pozzo è

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vista della zona consultazione




forato secondo il perimetro della massa. Il taglio di luce che si viene a formare bagna la parte apicale della gabbia metallica che riveste i vari piani La zona consultazione, a ovest della hall, è formata da una serie di ballatoi in aggetto dalle librerie allineate alle colonne dei servizi, le quali diminuiscono la loro profondità con la quota del piano. Il solaio in aggetto è leggermente strombato per dare più luce e per avere lo stesso linguaggio dell’intradosso della copertura. In sezione i ballatoi arretrano per accogliere la luce e per dare aria ai lettori ai piani inferiori. Per raggiungere i vari livelli di consultazione ci sono due rampe di scale a contatto con la parete opaca rivolta a sud, sopra la quale per tutta l’estensione, ci sono dei lucernari. L’intradosso a padiglione della copertura riveste una struttura di travi reticolari che si estende dal muro sud fino ai profilati della vetrata nord. Le travi fuori escono dal rivestimento in cartongesso solamente sopra le scale, dove il lucernario scandito da esse, vi proietta tagli di luce sui loro 3 metri di altezza.

pianta terra primo, secondo, sezione trasversale e longitudinale

La parte orientale della biblioteca è divisa in due parti: una zona pubblica al piano terra, dove si trovano due sale per la proiezione di video con una aula informatica, e una parte privata esclusiva dell’amministrazione della biblioteca ai piani superiori. La parte pubblica è organizzata attorno ad un corridoio che conduce all’uscita di sicurezza, schermata all’esterno da una parete in cemento con un motivo di travetti orizzontali rivestiti.

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Al piano primo e secondo sono individuati gli uffici della direzione e dei tecnici della biblioteca incaricati dell’archiviazione e della gestione della biblioteca oltre ai servizi e ad un archivio. Gli uffici della direzione si affacciano ad est e a sud attraverso una grande finestra schermata da profili orizzontali.

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Schema Funzionale Biblioteca 01_sala temporanea 02_guardaroba 03_biglietteria 04_ingresso museo 05_sala permanente 06_servizi 07_caffetteria 08_cucina deposito 09_auditorium 10_lobby auditorium 11_palcoscenico 12_scaffalature libri 13_spazio lettura 14_servizi ritiro/prestito 15_sala informatica 16_mediateca 17_ballatorio mostra 18_giardino segreto 19_doppio volume 20_galleria mostra 21_archivio 22_sala video 23_bookshop 24_magazzino book-shop 25_pozzo librario 26_postazioni studio 27_uffici amministrazione 28_impianti 29_terrazza 30_sala ristorante 31_bancone ristorante 32_cucina ristorante 33_spogiatoio dipendenti 34_magazzino e cella frigo


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20

50

100


AUDITORIUM Il terzo edificio progettato in questo centro culturale è un grande parallelepipedo di vetro e granito che padroneggia il complesso, stando all’apice delle comode rampe della piazza. E’ l’oggetto rimasto più fedele agli schizzi iniziali che descrivevano solo due gesti: un’ellisse e una linea. Si stacca dai sampietrini con una poco più alta soglia di granita per concretizzarne il limite. Tre quarti del perimetro dell’auditorium è costituito da un telaio intrecciato di profilati metallici rivestiti e da infissi di vetro tripla camera. La parete ovest invece è completamente opaca e contiene al suo interno tutti i servizi per il pubblico che assiste ai vari spettacoli, conferenze, esibizioni o proiezioni. All’interno è presente il grande volume estruso dell’ellisse, rivestito completamente con un assito ligneo che ne segue il profilo. Intorno a questo volume c’è un grande spazio vuoto che fa da lobby e da public zone con i classici servizi che troviamo alla base dei grattacieli in quegli ambienti contrattati dai developers per poter costruire. Il concetto di comporre due contenitori, uno di legno dentro uno di vetro, è stato preso spunto dall’architetto Tadao Ando che ad Hombroich in Germania progetta la Langen Foundation con due parallelepipedi, uno di vetro che “protegge” quello in cemento interno. L’architetto genera questo spazio cuscinetto secondo la tradizione giapponese dell’engawa, la classica veranda dell’architettura tradizionale. L’obiettivo è creare una continuità tra spazio interno

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piano interrato piano terra piano primo piano copertura prospetto sud sezione interna sezione longitudinale sezione della stecca



e spazio esterno, per dare ai visitatori nella public zone la sensazione di camminare nei boschi. All’interno del volume c’è la platea con circa 550 posti a sedere separati in 3 rampe, il palcoscenico rialzato e un muro divisorio per le quinte, dove è posizionata una scala per scendere nella zona degli “addetti allo show”. La progettazione dell’auditorium è stata svolta anche con un’attenzione verso il fattore “acustica”. La copertura dell’intradosso disegna due curvature per limitare il ritardo acustico di rimbalzo a meno di 32 ms rispetto a quello diretto, per non dare origine all’eco. I rivestimenti interni sono stati pensati in legno forato, con uno strato d’aria al suo interno occupato da materiale riflettente vicino al palco, e da materiale assorbente dietro gli spettatori Nella stecca dei servizi trovano posizione la biglietteria, il guardaroba, due scale per andare al primo piano dell’auditorium e al ristorante, un ascensore, un montacarichi ed i servizi igienici. Al primo piano due ponti irregolari in legno e metallo attraversano il vuoto tra i due solidi estrusi portando lo spettatore nella galleria sopraelevata con un’altra cinquantina di posti. Nella stecca invece sono posizionati altri servizi, e una mediateca. Sulla copertura dell’edificio la stecca arretra la sua lunghezza permettendo alla grande cornice di lesene di spostarsi anche sul lato verso Manhattan. Due pareti vetrate tra la stecca e l’ellisse garantiscono il collegamento visivo tra i due solidi. Nelle giornate soleggiate è prevista la disposizione di

182


tavoli all’aperto per pranzare nella grande terrazza e ammirare lo skyline incorniciato a 360°. Il

ristorante si appoggia alla struttura dell’auditorium con i muri portanti esterni. I tramezzi interni non portanti sono disposti secondo geometrie parallele o perpendicolari all’ellisse portante, distinguendo una sala per le consumazioni nella parte sud, i servizi per il pubblico e gli spogliatoi dipendenti nella parte centrale ai lati del bancone per la consumazione di drink, e una zona accessibile solo ai dipendenti della cucina, dispensa e frigo. La struttura di pilastri che ricalca il profilo dell’ellisse è posizionata internamente agli infissi in modo che all’esterno, il curtain wall trasparente arretrato rispetto al rivestimento in legno dell’ellisse che continua anche all’esterno, generi una forte ombra netta che protegga gli ospiti da un’eccessiva esposizione.

assonometria strutturale dal basso dell’auditorium pag. succ. vista interna auditorium




Schema Funzionale Auditorium 01_sala temporanea 02_guardaroba 03_biglietteria 04_ingresso museo 05_sala permanente 06_servizi 07_caffetteria 08_cucina deposito 09_auditorium 10_lobby auditorium 11_palcoscenico 12_scaffalature libri 13_spazio lettura 14_servizi ritiro/prestito 15_sala informatica 16_mediateca 17_ballatorio mostra 18_giardino segreto 19_doppio volume 20_galleria mostra 21_disimpegno 22_sala video 23_bookshop 24_magazzino book-shop 25_pozzo librario 26_postazioni studio 27_uffici amministrazione 28_impianti 29_terrazza 30_sala ristorante 31_bancone ristorante 32_cucina ristorante 33_spogliatoio dipendenti 34_magazzino e cella frigo 35_archivio



PARTICOLARE TECNOLOGICO MUSEO

01_solaio di copertura pavimento galleggiante100 mm membrana geotessile pannello isolante in polisterene estruso 80 mm membrana impermeabilizzante 10 mm massetto di livellamento 50 mm lamiera grecata in acciao travi in acciaio 32x30x9 mm pannelli di cartongesso resistenti al fuoco 12 mm su profili a C in acciaio 45x25 mm tiranti di accaio appesi al solaio

02_finitura in lastre di acciao zincato sagomate armatura parapetto

iunto elastico 100 mm g profilo metalli di rivestimento bocchetta di uscita aria parete ventilata

03_parete esterna pannello sandwich di granito del North Carolina dal monte Airy alleggerito con celle di alluminio e vetro impregnato 3000x2000x80 mm profilo a L 90x9mm profilo HEB verticale 120x120mm profilo HEB orizzontale 120x120mm pannello isolante polisterene espanso 80 mm pannello di rivestimento per stesura intonaco 30 mm luce spot murato ERCO 44531 intonaco 10 mm


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sezione pianta

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04_solaio ballatoio resina cementizia spatolata 20mm malta di allettamento 15mm pannelli radianti 80 mm membrana impermeabilizzante lamiera grecata in acciao con materiale isolante travi in acciaio 32x30x9 mm travetto secondario HEB 100x100 mm travetto secondario HEB 260x260 mm trave HEB 320x320 mm pannello isolante in poliestere espando 80mm intonaco10 mm

05_facciata in vetro strutturali in acciaio

con

profili

infisso in alluminio vetro temperato tripla camera profilato HEB 600x300x30mm

06_solaio piano terra resina cementizia spatolata 20mm binario d’ottone 30x30x3mm malta di allettamento 20 mm massetto in cls con pannelli radianti 70 mm pannello isolante in polistirene espando 80 mm solaio in cemento armato 400 mm

07_parete esterna idraulica setto in CA con inglobato pilastro HEB 560 mm

08_solaio controterra pavimentazione in cemento 20 mm malta di allettamento membrana impermeabilizzante 10 mm getto di cls con rete elettrosaldata 120 mm pannello isolante in polisterene espanso 70 mm vespaio areato con moduli in plastica 400 mm massetto in calcestruzzo magro 60mm platea in calcestruzzo armato guaina impermeabilizzante

prospetto ovest del museo


191


PARTICOLARE TECNOLOGICO BIBLIOTECA

01_ solaio di copertura pavimento galleggiante 100 mm membrana geotessile membrana impermeabilizzante 10 mm massetto di pendenza pannello isolante in polisterene estruso 100 mm lamiera grecata in acciaio 150x1000x1000mm travetti secondari in acciaio HEB 25x13x9 mm travetti secondari in acciaio HEB 13x13x9 mm trave reticolare con intradosso obliquo controsoffitto in pannelli di cartongesso resistenti al fuoco 12 mm su profili a C in acciaio 45x25 mm tiranti di acciaio appesi al solaio

02_attacco reticolare pilastro p iastra forata con dadi autobloccanti giunto elastico 10mm struttura protettiva metallica telaio infisso in alluminio vetro temperato tripla camera profilato HEB 600x300x30mm

03_parete esterna lastra di granito North Carolina estratta dal monte Airy 3000x2000x80 mm zanca di ancoraggio ammaltata pannello isolante in polisterene estruso 100 mm pilastro HEB 600x300x10 mm parete portante in cemento armato 400 mm malta di allettamento 15 mm intonaco 10 mm


1

2

5

3 6

4

sezione pianta

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04_solaio controterra resina cementizia spatolata 20 mm malta di allettamento 15 mm pannelli radianti 80 mm membrana impermeabilizzante pannello isolante in poliestere espanso 80mm getto di cls con rete elettro-saldata150mm vespaio areato con moduli di plastica 400mm dormiente in cls magro 60mm platea in calcestruzzo armato

05_solaio ballatoio pavimentazione in parquet 20mm malta di allettamento 15mm pannelli radianti 80 mm membrana impermeabilizzante profilo HEB 240x240x9mm profilo HEB 200x200x9mm profilo a caldo C 160x70x6mm controsoffitto in pannelli di cartongesso resistenti al fuoco 12 mm su profili a C in acciaio 45x25 mm tiranti di acciaio appesi al solaio

06_ pavimentazione esterna sampietrini di granito 150mm sottofondo in ghiaia

prospetto nord della biblioteca



_quaderno di viaggio



Auditorium e biblioteca di Staefa, Svizzera. E2A Architect Casa Bosques de las Lomas, Messico. SMA Architect pag. prec. Liberty Island e Ellis Island da Battery Park


Accademia della Scherma, EUR, Roma. Arch. Luigi Walter Moretti Long Museum, Shanghai, Cina. Atelier Deshaus Architect

199


Palacio de Concgesos de Catalua, Barcellona, Spagna. OAB Carlos Ferrater Philippe Exeter Library, Exeter, New Hampshire. Arch. Louis I. Khan


Langen Foundation Hombroich, Germany. Arch. Tadao Ando Beinecke Rare Book & Manuscript Library, New Haven, Connecticut. Gordon Bunshaft, SOM 201


_esposizione



Jannis Kounellis Pireo, 23 marzo 1936 – Roma, 16 febbraio 2017 Il maestro dell’arte povera Nell’arte e nell’amore non si può essere turisti. Santi, rivoluzionari, mai turisti.

01_ Senza titolo (fermata del tram),1959 abiti di lana neri su metallo 100 x 500 cm 02_ senza titolo (l’alfabeto) 1959 inchiostro su tela 100 x 70 204


03_ Untitled 1960 Pittura, smalto 137x300cm

04_ ‘Untitled’, 1960, smalto e tecnica mista su tela. 100x61 cm

05_ Senza titolo 1960 inchiostro su carta intelata 70 x 100 cm

06_ Senza titolo, 1961 vernice acrilica su carta 70 x 100 cm

07_ Senza titolo, 1961 vernice acrilica su carta 80 x 50 cm


10_ Segnali, 1961, ink on paper 80 x 80 cm

11_ senza titolo, 1961 smalto e tecnica mista su tela. 100x60 cm

12_ Segnali, 1961, ink on paper 70x100cm

13_

Senza titolo, (incrocio) 1961 smalto e tecnica mista su tela 80 x 50 cm

14_

Untitle, 1963 catrame su tela. 100x70 cm 206


15_ Rosa Nera, 1965-66, smalto e tecnica mista su tela. 80 x 50 cm

16_ Untitle, 1969 catrame su tela. 170x170 cm

17_ Senza Titolo. 1975. statua in gesso e fiamma ossidrica 30x30x20 cm

18_ senza titolo, 1979 statua in gesso e tessuto 45x25x20 cm


19_ Sans titre, 1986 Wax, lead, burlap on two attached steel panels 200 Ă— 180 cm

20_ Senza titolo, (conchiglie) 2011 Translating China pannello di ferro, piatti rotti tradizionali cinesi, filo di ferro 204 x 184 x 15 cm

21_ Punto Croce, 2011 Translating China ferro e cotone 360x200cm

22_ senza titolo, 2011 Translating China pannello in ferro, cappotto, gancio, tessuto 200 x 180 cm 208



_modelli








pagine precedenti: foto del plastico della parte meridionale dell’isola in scala 1:500 che descrive il progetto racchiuso dalla Cornell Tech University e dal monumento di Khan. a sinistra: dettaglio del progetto sul medesimo modello due pagine successive: plastico con in primo piano il monumento di Khan.




Foto del plastico di una sezione della sala temporanea scala 1:100



Foto del plastico di una sezione della sala permanente scala 1:100



Foto del plastico di una sezione della hall di ingresso scala 1:100



Bibliografia GENERALE

• • • • •

P. AUSTER, (a cura di Patricia Merivale)Trilogia di New York, Einaudi 1987, C. BISHOP, Museologia Radicale, Johan e Levi editore, New York, 2017 M. FOUCAULT (a cura di Antonella Moscati), Utopie Eterotopie, Cronopio,Napoli 2006 W. LEAST HEAT-MOON, Strade Blu, Einaudi, Torino,1989 J. MITCHELL, (a cura di Gaspere Bona) Il segreto di Joe Gould, Adelfi, Milano 1994

ARCHITETTURA • • • • • • • • • • • • • • • •

A.ACOCELLA, L’architettura di pietra, Alinea Editore, 2004 F.F.V.ARRIGONI, Incipit. Esercizi di composizione architettonica, Firenze University Press, Firenze, 2006 F.F.V.ARRIGONI, 000_010 progetti, Edizioni dipartimento di architettura, Firenze, 2010 F,F.V.ARRIGONI, Sinopie architettura ex atramentis, Die Neue Sachlichkeit editore, 2010 M. BONAITI, Architettura è - Louis I. Khan, gli scritti, Electa, Verona, 2015 M. D’ALFONSO, M.INTROINI, Alvaro Siza: due musei, Electa Architettura, Verona, 2009 M. KHAN-ROSSI, Musei d’arte e architettura, Edizioni Charta, Lugano, 1992 R. KOOLAS, (a cura di M. BIRAGHI) Delirius New York, Electa, Milano, 2001 J.PAWSON, (a cura di Anna Calini) Minimum, Phaidon Londra, 2003 M.PREZIOSI, Carlos Ferrater opere e progetti, Electa, Martellago (Ve), 2004 H. PLUMMER (a cura di Cristina Spinoglio), L’esperienza dell’architettura, Einaudi, Torino 2016 V. VAN DUYSEN, (no titolo), Barcellona, Editorial Gustavo Mili, 2001 P. ZERMANI, Architettura: luogo, tempo, terra, luce, silenzio, Electa, Verona 2015 B. ZEVI, Saper vedere l’architettura, Einaudi, Cleis (TN) 2015 P. ZUMTHOR, Pensare architettura, Electa, Milano, 2003 P. ZUMTHOR, Atmosfere. Ambienti architettonici. Le cose che ci circondono, Electa, Milano, 2008

NEW YORK • • • • • • • •

J. BERDY, Immage of America, Roosevelt Island, Arcadia, Charleston, South Carolina, 2003 A. DUPLOUICH, G. MILESI, New York, The Gap, Testo e Immagine, Roma, 2003 R.BERENHOLTZ A. JOHNSON, (a cura di Carla Malerba) L’architettura di New York, una storia, Rizzoli, Milano, 2003 B. HARRIS, Mille edifici di New York, fotografie di Jorg Brockmann Mondadori Electa, Milano, 2003 H.FERRIS, Metropolis of Tomorrow, Ives Washborn, New York City,1929 B. KULOK, Building: Louis I. Khan at Roosevelt island, New York, Aperture Fondation, 2012 E. MENDELSON, Amerika, Rudolf Mosse, Berlino, 1926 P. Johnson John Burgee, The island Nobody Knows, opuscolo del piano urbanistico, 1968

226


Sitografia • • • • • • • •

http://it.phaidon.com/agenda/design/articles/2015/march/17/what-was-louis-kahn-working-onthe-day-he-died http://www.fdrfourfreedomspark.org http://www.dailymail.co.uk/news/article-2177073/Welfare-Island-Black-white-photos-1940s-useNew-York-City-island.html http://www.dailymail.co.uk/news/article-3405042/From-farm-land-high-rise-living-history-NewYork-City-s-overlooked-Roosevelt-Island.html theruin.org https://medium.com/@SOM/campus-as-catalyst-6722fce7c15d http://en.wikipedia.org/wiki/Commissioners%27_Plan_of_1811 newyorkesego.org/archive

Filmografia • • • • • • • • • • • • • • •

C’era una volta in America Cigno Nero Colazione da Tiffany Collateral Beauty Il Grande Gatsby Koolas Houselife La grande scommessa Manhattan My Architect Una notte al museo Il padrino Quinto Potere Spider-man The Wolf of Wall Street World Trade Center (film)

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Ringraziamenti

In conclusione di questo lavoro che mi ha tenuto occupato per un anno dal mio viaggio a New York desidero ringraziare le persone che mi hanno permesso di sviluppare e redigere la tesi. In primis vorrei ringraziare il mio relatore di tesi, il professore di progettazione dell’Architettura Fabrizio Arrigoni, per il suo sincero, spontaneo e indispensabile aiuto in ogni momento di progettazione oltre che per la sua gentilezza, l’incredibile disponibilità, e i suoi preziosi consigli. Un particolare e doveroso ringraziamento va ai miei genitori, mia nonna Licia e a mia sorella Elena, che consapevoli del valore dell’istruzione e della formazione hanno permesso il mio percorso accademico e il sopralluogo a Roosevelt Island senza mai dubitare di me e delle mie capacità. Ringrazio il mio correlatore, il professor Roberto Bologna, per avermi supportato nella parte tecnologica e funzionale degli edifici. Sento di ringraziare il professor Fabio Canessa per il suo supporto per la stesura della relazione di tesi e per regalarmi sempre momenti di profonda riflessione sul mondo. Desidero ringraziare pubblicamente la mia ragazza Camilla Vallini un pilastro della mia vita (o forse una cariatide), per essermi stata vicina nel momento del bisogno e per avermi aiutato nella realizzazione di alcuni elaborati grafici.


Ringrazio inoltre il professor Simone Secchi per delle delucidazioni sul sistema acustico dell’auditorium e il professor Alberto Bove per aver studiato insieme il sistema strutturale del museo. Un pensiero speciale va anche ai miei amici di sempre, colleghi di facoltà e non, coinquilini passati e presenti che con la loro presenza hanno reso speciale questi anni universitari: A Nicola per esserci sempre nonostante la lontananza; A Gianni che mi ha aiutato anche direttamente con le traduzioni; A Diego, Thomas, Benedetta, i migliori coinquilini di sempre. A Vittorio, Fabio, Eugenio, Tommaso, Antonio, per aver condiviso gioie e dolori. A Lucrezia, Elena, Alessandra, Leonardo, Stefano, Francesco, Andrea, al grande Carresi, la mia crew di Piombino. A Leonardo per aver condiviso il viaggio a New York, a Gianluca, a Chiara, a Francesca, a Stella, Federica, a Gianluca, a Giovanni. A tutti voi e agli altri, dico grazie, per esserci stati e per continuare ad esserci. Desidero ringraziare le persone che hanno accolto me ed il mio collega Leonardo Rossi durante il nostro sopralluogo a New York: Il professore Antony Caradonna del Pratt Institute di New York per averci invitato nel suo corso e per averci passato del materiale utile per la stesura degli elaborati oltre che a regalarci pensieri importanti sulle memorie dell’isola; Il professor Giuliano Fiorenzoli, ex membro dello studio Zziguratt e attualmente professore al Pratt University per averci concesso un po del suo prezioso tempo parlando di New York con gli occhi di chi l’ha vissuta per 35 anni ed ha sempre mantenuto il cuore in Italia;

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L’architetto James Garrison per averci invitato nel suo studio di Dumbo ed averci narrato l’immagine di Roosevelt Island vista da un newyorkese con un importante attenzione verso l’ambiente, la storia e le grandi potenzialità dell’isola; La storica Judith Berdy, presidentessa della Roosevelt island Historical Society, per averci parlato del passato burrascoso dell’isola. Ci ha messo a nostro agio nel chiosco del centro visitatori e ci ha fornito il suo libro contenente il racconto dell’isola; Jane Swanson, dell’ufficio pubbliche relazione della Cornell Tech per averci descritto la nuova costruzione del college nella galleria di arte RIVAA.


231


Stampato a Gennaio 2018, successivamente alla Laurea avvenuta il 21 Dicembre 2017 e conseguita con votazione di 110 e Lode e con il riconoscimento della DignitĂ di Pubblicazione




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