Tesi_Freiheit ist immer. Fondazione Rosa Luxemburg, Berlino.

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Giulia intaschi

Freiheit ist immer Fondazione Rosa Luxemburg a Berlino


Relatore prof. Fabrizio F. V. Arrigoni

Correlatore prof. Giovanni Cardinale

UniversitĂ degli studi di Firenze DiDA | Scuola di Architettura Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura anno accademico 2017/2018


indice

Abstract

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1. Luogo 1.1 Berlino: “un luogo da nessuna parte� 1.2 Berlino e il Muro

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2. Progetto 2.1 Kreuzberg-Freidrichshain

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2.2 Nuova sede della Fondazione Rosa Luxemburg

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3. Struttura 3.1 Strutture appese

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3.2 Torre per uffici

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Modelli

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Conclusioni

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Bibliografia e itografia

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Filmografia

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Ringraziamenti

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Abstract

Amongst the six political foundations in the Federal Republic of Germany, the Rosa Luxemburg Foundation, linked to Die Linke, a leftist party, follows the legacy of its namesake. Focusing on emancipation, awareness and critical analysis of society, political education, following the paths of workers’ movements and feminists fighting fascism and racism, reflecting on social perspectives, training young socially responsible students and moving with an international focus. Established in Berlin in 1990, it is in this city, where the words of Luxemburg are engraved in the walls and on the asphalt, that the Foundation needs its new headquarters.The project imposes itself between two powerful thresholds of the center of Berlin, the Spree and the wall track, which has become a museum itself and which today is called the East Side Gallery.Walking along the wall, among the graffiti that like scars recall what those concrete formsworks represented for Berlin, a park and a forest of birches are found to frame a trilith.This office tower, crowned by an exhibition hall, which hides behind the reticular beam, a structural character of the project, is surrounded by an archive, a place of study, and rises above a new ground line,which surpasses but doesn’t touch theWall.At the level of the park the building presents a void,underlined by the transparency of the glass and limited by the two powerful pillars of the trilith, a space between in and out, a connection with the outside. This moment of suspension is allowed by the structure of the tower, the two cores support a reticular beam to which the floors of the offices are hung, by means of rods stretched behind the façade, which’s succession of glass and granite expresses its pace. The plinth of the building is a system of terraces that conceals a conference room below the park’s floor, on the level of the Spree, facing the river, giving order to the shore at a docking point, the arrival at the river.


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Tra le sei fondazioni politiche nella Repubblica Federale della Germania, la Fondazione Rosa Luxemburg, legata al Die Linke, partito della sinistra tedesca, segue l’eredità del suo omonimo nome. Emancipazione, consapevolezza e analisi critica della società, educazione politica, sulle tracce dei movimenti operai e femministi in lotta con fascismo e razzismo, riflette sulle prospettive sociali, forma giovani studenti socialmente impegnati e si muove con una messa a fuoco internazionale. Nasce a Berlino, nel 1990, ed è in questa città, dove le parole della Luxemburg sono incise nei muri e sull’asfalto, che la Fondazione necessita una nuova sede. Il progetto si impone di taglio tra due soglie potenti del centro di Berlino, la Sprea e la traccia di muro, che è divenuta museo di se stessa e che oggi prende il nome di East Side Gallery. Percorrendo il muro, tra i graffiti che come cicatrici ricordano ciò che quelle cassaforme di cemento sono state per Berlino, un parco e una selva di betulle, incorniciano un trilite. Questa torre per uffici, coronata da una sala espositiva, che si nasconde dietro la trave reticolare, carattere strutturale del progetto, è cinta da un archivio, il luogo dello studio, e si eleva al di sopra di una nuova linea di terra, che supera ma non tange il Muro. Al livello del parco l’edificio presenta un vuoto, sottolineato dalla trasparenza del vetro e limitato dai due potenti piedritti del trilite, uno spazio tra dentro e fuori, una connessione con l’esterno. Questo momento di sospensione è permesso dalla struttura della torre, i due nuclei sorreggono una trave reticolare alla quale i piani degli uffici sono appesi, tramite dei tiranti arretrati rispetto alla facciata, la cui successione tra vetro e granito ne esprime il passo. Il basamento dell’edificio è un sistema di terrazze che celano una sala conferenze al di sotto del piano del parco, al livello della Sprea e vi si affaccia regolarizzando la sponda in un punto di attracco, l’arrivo al fiume.


• Fotogramma del film “Il Cielo sopra Berlino” del 1987, diretto da Wim Wenders


Berlino: un luogo da nessuna parte

“Als das Kind Kind war, war es die Zeit der folgenden Fragen: Warum bin ich ich und warum nicht du? Warum bin ich hier und warum nicht dort? Wann begann die Zeit und wo endet der Raum? Ist das Leben unter der Sonne nicht bloß ein Traum? Ist was ich sehe und höre und rieche nicht bloß der Schein einer Welt vor der Welt? Gibt es tatsächlich das Böse und Leute, die wirklich die Bösen sind? Wie kann es sein, daß ich, der ich bin, bevor ich wurde, nicht war, und daß einmal ich, der ich bin, nicht mehr der ich bin, sein werde?” “Quando il bambino era bambino, era l’epoca di queste domande: perché io sono io, e perché non sei tu? perché sono qui, e perché non sono lì? quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio? la vita sotto il sole è forse solo un sogno? non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo quello che vedo, sento e odoro? c’è veramente il male e gente veramente cattiva? come può essere che io, che sono io, non c’ero prima di diventare, e che, una volta, io, che sono io, non sarò più quello che sono?” 5 5 “Lied vom Kindsein”, l’Elogio all’infanzia di Peter Handke con cui inizia il film “Der Himmel über Berlin”, Il cielo sopra Berlino, del 1987 diretto da Wim Wenders

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Berlino: un luogo da nessuna parte

• Potsdamer Platz, scatto di Colin McPherson, Berlino, 1992.


Berlino: un luogo da nessuna parte

“È la capitale di se stessa, il suo fiume è un mare dov’essa è un continente” 1

Joseph Roth

Il cambiamento è un valore intrinseco dell’uomo, una necessità, una tensione spontanea alla conquista di una nuova forma, così forte da superare anche dolorose e inevitabili perdite. Nel continuo mutare sono inscritti i tracciati della storia in fieri, un movimento incessante che si oppone alla staticità ma si muove in direzione tracce del passato. Il divenire delle città si appropria di questo valore, ne fa da fondamento. Un’evoluzione continua di cui la forma della città porta i segni e ne fa carattere. Il critico d’arte Karl Scheffler all’inizio del Novecento definisce Berlino come una città che è “condannata a diventare, mai ad essere” 2. Un gigantesco sito archeologico della sua evoluzione, della modernità e delle sua tragedie. Seducente nelle sue profonde lacerazioni, nei tracciati, nei resti dei grandi complessi architettonici, industriali o residenziali, dallo straniamento di tanti frammenti dell’architettura delle avanguardie tra le due guerre, dalla

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La babilonia tedesca che Joseph Roth descrive tramite le parole di Franz Tunda protagonista del suo romanzo “Fuga senza fine” del 1927. Fu proprio Roth a definire Berlino: un luogo da nessuna parte. 2. “immerfort zu werden und niemals zu sein” Karl Scheffler nella sua opera “Berlin. Ein Stadtschicksal” Berlino. Il destino di una cittá del 1910

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Berlino: un luogo da nessuna parte

discontinuità della Großstadt sin dalla sua fondazione ed alle vicende storiche, che hanno diviso la città costringendola a vivere e rappresentare per quasi cinquanta anni due mondi diversi. Nessun tentativo di ricucire o cancellare i segni del più recente passato e rilanciare l’immagine come capitale europea, conforme alle altre, tentando opere di completamento o spettacolari architetture dell’infrastrutturazione e della riqualificazione, posso sottrarre a Berlino la testimonianza delle sue tragedie urbane, le ferite della sua storia, i progetti interrotti, le generose utopie di soluzioni urbane e architettonica, l’aria drammatica e intensa, frammentaria e febbrile che ne determina l’autenticità. Berlino non è il frutto di una lenta crescita, di una progressiva identificazione, la sintesi delle forme del tempo con le abitudini dei suoi abitanti. Sin dalle sue origini il carattere di questa città è la pluralità. Ripercorrendo brevemente attimi di questa città sempre nuova, possiamo comprende le sue patologie, ma anche il suo sfrenato vitalismo, la sua originale mescolanza di progresso e stasi, futuro e passato.

• Carta di Berlin e Colln, disegnata da Johann Gregor Memhardt, del 1652


Berlino: un luogo da nessuna parte

Berlin-Cölln Nella valle del basso corso del fiume Sprea, la città medievale era composta da singoli elementi di forma bel definita: un fiume, un’isola, una strada commerciale, due corpi urbani: Berlino e Cölln. Cölln rappresenta il nucleo più antico, l’insediamento a semicerchio, circoscritto dalla Sprea, attraversato nel suo asse dalla strada commerciale. Berlin, più estesa formò un sistema a scacchiera. Berlino e Cölln diventano un unico centro fortificato agli inizi del 1300, quando aderiscono, in forma di città doppia, alla federazione della Lega Anseatica. Divise dal fiume e collegate dall’arteria commerciale, portavano già in sé tutto il pluralismo dialettico e vitale che Goethe focalizza nel pensiero: “ Kein Lebend’ges ist ein Eins, immer ist’s ein Vieles” “Ogni essere vivente non è mai Unico, ma è sempre Plurimo” 3 Doroteenstadt Fino alla metà del ‘600 la storia di questa città resta quella di un piccolo centro fluviale e commerciale della marca di Brandeburgo, ripopolato da ebrei ed ugonotti, anche se già a metà del XV secolo era diventata residenza dei Margravi di Brandeburgo, poi re di Prussia, assumendo così nel tempo un rilevante ruolo politico. Nel 1673 il piano di Doroteenstadt prevede l’apertura dell’importante arteria dell’Unter den Linden. A sud di questa verrà edificata la Friedrichstadt, a partire dal 1678, completando così il centro amministrativo, commerciale, militare e residenziale di una città riconfigurata. L’impianto urbano è strutturato sull’idea barocca di Tridente ispirato alla piazza del Popolo di Roma. Presenta una struttura ortogonale ad isolati con l’inserimento di tre piazze dalle forme geometriche pure. 3

Johann Wolfgang von Goethe, “Epirrhema” in Gedichte (1766-1832)

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Berlino: un luogo da nessuna parte

Da città di caserme a Capitale Nel 1701 la Prussia diventa un regno indipendente e Berlino la sua capitale, assumendo un carattere a forte impronta militare, sarà detta infatti la città delle caserme. Tra il 1701 ed il 1812 la città capitale tardo barocca raggiunge il castello di Charlottenburg attraverso la Unter den Linden ed il parco reale Tiergarten. Nel processo di formazione del regno di Prussia la figura più significativa è quella di Federico II il Grande (1740-1786): uomo raffinato e aperto alle più moderne istanze liberali, il sovrano è artefice – oltre che di vittoriose campagne militari – anche di importanti riforme sociali e di un programma di sviluppo urbano che consente a Berlino di trasformarsi da «città di caserme» ad autentica capitale di un moderno regno europeo. La pianta di Berlino del 1810 mostra il nucleo antico della città attraversato dal fiume Sprea e separato in due dalla lunga isola al cui centro sono il Castello reale e il piccolo giardino del Lustgarten. Un ampio viale piantumato a tigli – da cui il nome di Unter den Linden, «sotto i tigli» – si sviluppa verso ovest collegando il castello ai terreni di caccia del re. Il viale è il principale luogo di incontro e di passeggio della città e si conclude a ovest nella quadrata Pariser Platz, dove nel 1791 viene eretta la neoclassica Porta di Brandeburgo.

• Carta di Berlino dell’ampliamento settecentesco, con il nuovo viale dell’Unter den Linden che collega la città al castello di Charlottenburg attraversando il grande parco del Tiergarten.


Berlino: un luogo da nessuna parte

Città Neoclassica Dopo le guerre napoleoniche, con Federico Guglielmo III, la città cresce da circa 170.000 a 400.000 abitanti e diventa progressivamente una delle principali capi tali europee (la quarta per importanza dopo Londra, Parigi e San Pietroburgo). Nel 1815 Karl Friedrich Schinkel è nominato Oberbaurat, cioè consigliere superiore per l’edilizia, dal re Federico Guglielmo III (1797-1840). È l’inizio di un periodo straordinariamente ricco di realizzazioni architettoniche. Tra il 1848 ed il 1870 inizia lo sviluppo industriale della città, basato sulla veloce realizzazione della rete ferroviaria del regno e sulla crescente centralità politica della Prussia. Agfa, AEG, Siemens, Osram, sono i nomi di alcune delle industrie più importanti che hanno sede a Berlino. All’industrializzazione è connesso uno straordinario processo di sviluppo economico e demografico, sostanziato dall’incredibile incremento dai 500.000 abitanti del 1870, ai 2.700.000 residenti che nel 1900 fanno della capitale prussiana la più popolosa città europea.

• Karl Friedrich Schinkel, il Neues Museum visto nei pressi di Schlossbruke

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Weltstadt In questi anni il tessuto dell’espansione urbana, pur regolato dal Piano Hobrecht (1862), è caratterizzato da isolati iperintensivi con numerosi piccole corti, le Mietkasernen, che diventano simbolo del disagio abitativo. Contemporaneamtne un forte potenziamento della rete infrastrutturale si sostanzia in una moderna tranvia elettrica con tratti di linea soprelevati. Nella Berlino fantasmagorica dei primi decenni del ‘900 nessun altro luogo trasmetteva dinamismo e vitalità come Alexander Platz e Potsdamer Platz, non due semplici piazze ma nodi di traffico, luoghi urbani innovativi, sede di edifici ed attività commerciali di scala metropolitana. Il carattere nuovo e dinamico della città è rappresentato dalla Friedrichstrasse, in particolare nel tratto compreso tra la Leipziger platz e l’ Unter den Linden, dove si aprono nuovi locali, ristoranti, caffè, con tutta la sua vita notturna. Le stazioni,le strutture destinate ai mezzi di trasporto, gli edifici industriali e le opere di ingegneria, gli immobili commerciali e amministrativi, i silos, i negozi e i grandi magazzini. Berlino diviene “la città di pietra: la più grande città di caserme in affitto” 4. Al giovane Le Corbusier, che si ricava a Berlino nel 1910 per lavorare con Gropius e Mies nello studio di Behrens, la città appariva “sotto una luce folle, poco definita. Le impessioni di bellezza si mischiano col sentimento della più nera desolazione.” Dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale e la fine della monarchia, la città vive un dopoguerra violento e caotico, accompagnato dagli anni della repubblica di Weimar (1919 / 1933). L’inflazione nel 1923 è catastrofica: un trilione di marchi per un dollaro. Rimando a “La Berlino di pietra:storia della più grande città di caserme” d’affitto di Werner Hegemann

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Berlino: un luogo da nessuna parte

• Foto degli isolati delle Mietkasernen 1900

Ma le condizioni impervie, dal punto di vista socio economico, non frenano lo sviluppo di Berlino che con i suoi 3.900.000 abitanti (di cui più di un quarto operai) assume il ruolo di città industriale più importante d’Europa. Gli anni della repubblica di Weimar introducono principi insediativi per nuovi quartieri residenziali diversi da quelli dell’impianto della Friedrichstadt e delle ottocentesche Mietkasernen. Per cui agli isolati urbani allineati all’impianto stradale, si contrappongono le Siedlungen, i quartieri razionalisti in cui si sperimenta una relazione diversa tra strada ed abitazione, in cui non si predilige più il principio dell’affaccio e dell’allineamento ma si persegue un più libero intreccio tra edificato ed ampie porzioni di suolo trattato a verde. Berlino diventa così uno dei laboratori più avanzati dell’architettura sociale moderna, grazie ai piani coordinati da Martin Wagner. Queste politiche saranno interrotte dall’ascesa del nazionalsocialismo hitleriano, con il Piano monumentale del 1933, progettato da Albert Speer, che immagina un grandioso sviluppo lungo l’asse nord-sud con un ritorno ad ampie visioni sce nografiche che non saranno realizzate.

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• Grattacielo sulla Friedrichstrasse, Berlino, Ludwig Mies van der Rohe, 1922


Berlino: un luogo da nessuna parte

“ Una materializzata ribellione contro la vana inaccessibilità, contro il mistero dell’altezza, contro l’aldilà del regno celeste” 5ù

Concorso per un grattacielo silla Friedrichstrasse Alla fine del 1921 si svolge a Berlino un concorso per un grattacielo di venti piani, tra il fiume Sprea e la stazione centrale sulla Friedrichstrasse. Partecipano 144 concorrenti. Tra questi Hans Poelzig, Hugo Häring, Mies e Scharoun. L ‘edificio di Poelzig, di raffinata semplicità, si basa su uno schema triangolare con il corpo degli ascensori posto al centro. Häring dopo aver studiato una proposta planimetricamente simile, decide di realizzare una configurazione a V che, da un lato, rende l ‘edificio convesso e penetrante, dall ‘altro concavo e avvolgente. Tuttavia, entrambi i lavori faticano a fare i conti con la dimensione verticale del grattacielo. Mies, invece, senza rinunciare al corpo dei servizi posti al centro e a una configurazione in pianta rigorosamente simmetrica, sfaccetta le superfici del triangolo riuscendo così a suddividerlo in fasce che lo slanciano in altezza. La scelta del rivestimento in cristallo, lo rende evanescente, leggero. In uno sviluppo successivo, Mies sonda una pianta più libera e l ‘utilizzo della linea curva. su il progetto di un grattacielo silla Friedrichstrasse, In “Joseph Roth in Berlin” di Michael Biernet Joseph Roth, scrittore e giornalista austriaco, 1894-1939 vive a Berlino nel 1920

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A un osservatore superficiale, scrive Mies, il contorno della pianta può sembrare arbitrario, eppure è il risultato di molte ricerche effettuate sul plastico di vetro. Per la linea curva sono stati determinanti l ‘illuminazione dell ‘interno dell ‘edificio, l ‘effetto della massa costruttiva nell ‘ambito della strada e, infine, il gioco dei riflessi di luce. Il secondo progetto degno d ‘interesse presentato nel concorso del 1921 è di Scharoun, il quale realizza un massiccio basamento con un avvolgente ingresso concavo spaccato da un ingresso triangolare abilmente sovradimensionato. Vi poggia due corpi di fabbrica, uno dei quali è una snella e svettante torre. Un nucleo di vetro proietta la propria luce sulla città. Sviluppo verticale, poetica della luce. Sono i due temi, che al di là delle differenze, caratterizzano i progetti di Mies e Scharoun e su cui si dovranno cimentare gli architetti tedeschi lungo gli anni venti.

• A sinistra il progetto per il concorso per un grattacielo sulla Friedrichstrasse di Hans Poelzig A destra quello di Hugo Haring


Berlino: un luogo da nessuna parte

Revolutionsdenkmal Mies van der Rohe, progettò nel 1926 il “Monumento a Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg” noto anche come Revolutionsdenkmal - utilizzando come elemento unico e fondamentale una parte muraria, movimentata dall’avanzare e rientrare di volumi in laterizio ed è il primo manufatto di Mies van der Rohe in cui si manifesti la sua adesione al linguaggio delle avanguardie. Come i Proun di El Lissitsky 6 il monumento della rivoluzione con i suoi scomparti in mattoni congelati in un moto di traslazione ora in avanti, ora all ‘ indietro, si sottrae in ogni direzione all ‘ ingabbiamento in un determinato cono prospettico. Proun costruito, sottratto al mondo delle idee ed incarnato nel corpo vivo di un muro di mattoni, il monumento costituisce il primo frammento costruito di un nuovo mondo sensibile per un nuovo uomo, una nuova società. All’inizio del 1935 venne ordinata da parte delle autorità la distruzione dalle fondamenta del Monumento e la copertura delle lapidi memoriali. “stazioni di transito dalla pittura all’architettura” El Lissitzky intendeva un nuovo ambito artistico intermedio fra architettura e pittura.

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• “Monumento Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg” del 1926, Mies Van der Rohe

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Il primo dopoguerra I bombardamenti tra il 1943 ed il 1945 distruggono circa la metà dell’edilizia esistente, riducendo la popolazione a 2.700.000 abitanti. Nel 1945 Berlino è divisa in quattro settori (americano, francese, inglese e sovietico) ed inizia così la guerra fredda. Nel 1949 nascono la BRD, la Germania Federale occidentale con capitale Bonn e la DDR, la Repubblica Democratica tedesca ad est, con governo socialista e capitale Berlino (Pankow). Gli effetti della guerra sulla struttura edilizia della città sono stati devastanti, il 34% delle strutture architettoniche è completamente raso al suolo, il 54% sono gravemente danneggiate, solo il 12% sono preservate. La divisione tra le due Berlino sarà stabilita subito dopo la guerra e permarrà fino al 1989. Le condizioni in cui le due città versano sono però alquanto differenti. Berlino ovest è isolata nel territorio della DDR, è collegata solo da corridoi terrestri e da due aeroporti (Tegel e Tempelhof). Il nucleo urbano conta 2.200.000 abitanti, il centro è permeato dal grande parco del Tiergarten, possiede una struttura industriale, fortemente assistita, e un importante terziario pubblico. Berlino est contiene tutto il centro storico e conta su 1.200.000 abitanti, mantiene parte della sua antica strutura industriale ed ha un forte sviluppo nel settore pubblico.

• Berlino, la planimetria del 1943 prima dei bombardamenti della guerra


Berlino: un luogo da nessuna parte

• Berlino, la planimetria del 1950 dopo la distruzione della guerra

La ricostruzione, all’inizio, ci si illude possa avvenire sotto un’unica regia: viene istituito un magistrato per Berlino e in seguito Hans Scharoun viene nominato architetto capo ed inizia una ricerca progettuale per la rifondazione della città tagliando nettamente i ponti con la città di pietra del passato e l’idea di capitale del reich millenario. Nel 1946 Scharoun presenta una proposta fondata sul con cetto di paesaggio urbano dove spazi aperti e spazi urbani si dispongono secondo uno schema lineare fluido lungo il corso della Sprea. Agli inizi degli anni ’50 si palesa l’impossibilità di perseguire altro che due politiche urbanistiche separate. La rottura è definitivamente sancita nel 1958 con il bando del concorso Haumpstadt Berlin (Berlino Capitale) che destò grosse polemiche, visto che intendeva approntare progetti per una futura capitale riunificata senza aver consultato il settore orientale. Fu inevitabile la risposta della DDR, che nel 1959 bandì una gara per la ristrutturazione del centro storico, interamente incluso nel settore sovietico. I progetti di Scharoun, dei britannici Alison e Peter Smithson e Le Corbusier, costituiscono punti di vista eterogenei, in cui un grande centro politico amministrativo è immaginato attraverso elementi distinti a stretto contatto con la natura (Scharoun), una struttura urbana per grandi porzioni di suolo separate dalla infr struttura viaria posta a differenti livelli con elementi puntuali (Allison e Peter Smithson), un rigoroso impianto di grandi corti aperte (Le Corbusier).

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Ma la vera e propria ricostruzione inizia già nel 1950 e nel settore sovietico: la Stalin-Allee (poi Karl Marx-Allee) è una grandiosa struttura residenziale innestata sul centro storico che recupera una imponente visione monumentale, determinata da una lunga prospettiva lineare, che si completa con la ristrutturazione di Alexander Platz, icona moderna della Berlino socialista. Contemporaneamente inizia la faticosa opera di restauro di molti edifici notevoli antichi. La risposta occidentale è Hansaviertel, un quartiere modello fondato sui principi urbani del Ciam (Congressi internazionali di architettura moderna) e promosso dalla nuova organizzazione occidentale dell’Interbau, a ridosso del Tiergarten. In questo caso si decide di innovare profondamente il tessuto urbano, sostituendo al vecchio impianto ottocentesco una serie di edifici di scuola modernista che si stagliano isolati nel verde. Un ossequio ai quartieri razionalisti della repubblica di Weimar.

• Kulturforum 1967, la Philharmonie, la Neue National Galerie l’anno precedente all’apertura


Berlino: un luogo da nessuna parte

La parte pubblica di Berlino ovest è affidata ad Hans Scharoun che ha finalmente la possibilità di attuare i principi del paesaggio urbano con il Kulturforum: tre grandi edifici per la cultura che si fronteggiano distanti, come una acropoli moderna, la Filarmonia e la Biblioteca di stato (entrambi dello stesso Scharoun), la Neue Gallerie (di Mies van der Rohe).

La seconda ricostruzione, gli anni del Muro Nel 1961 la divisione politica di Berlino diventa anche fisica: viene costruito dalla DDR il muro che segna il confine tra le due città in maniera violenta, separando famiglie e nuclei sociali. In seguito un ulteriore potenziamento della cortina, determinerà la no man’s land, la terra di nessuno, che occupando una porzione molto ampia del centro urbano determinerà il congelamento di qualsiasi programma di ricostruzione della zona centrale di Berlino. Gli interventi si concentrano sue due grandi poli residenziali, la Gropiusstadt (1962 - 1972), 62.000 appartamenti a Berlino ovest, il Quartiere Marzahn (1975 - 1980), 50.000 appartamenti ad est. Il primo quartiere sconta la progressiva revisione, tutta in senso intensivo, che ne appesantisce notevolmente il carico di cubatura. Gli edifici a torre si alternano a grandi blocchi, per i quali si introduce anche qualche differenziazione formale. Il tono complessivo resta però abbastanza freddo, proprio di una periferia metropolitana. Non avrà un esito più felice il Marzahn che pure prova a cimentarsi su possibili varianti della tipologia a corte, qui ostentatamente proposta nella versione aperta. Tutti e due i quartieri si pongono sulla linea dell’innovazione dell’impianto urbano e distacco dalla città ottocentesca.

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Sono gli esiti costruttivi a lasciare poco entusiasti, anche se più di re cente sono state attuate azioni di rivalutazione di questi due pezzi di città, sorti separati ma con più di un elemento di contatto. Dal 1961 al 1980, il fabbisogno di abitazioni viene risolto, sia ad est che ad ovest, con grandi quartieri o città satelliti, trascurando il risanamento delle zone centrali. Il cambio di rotta avviene dal 1980 fino al 1989 con l’IBA (Internationale BauAusstellung – Mostra Internazionale Edilizia) che promuove, ad ovest, una politica urbana radicalmente diversa: la ricostruzione critica della città. Impianto teorico di riferimento un influente libro di un architetto italiano: L’architettura della città di Aldo Rossi.

• Alvaro Siza, Wohnhaus Bonjour Tristesse, Berlin-Kreuzberg, 1980-1984


Berlino: un luogo da nessuna parte

“La città, oggetto di questo libro, viene qui intesa come una architettura. Parlando di architettura non intendo riferirmi solo all’immagine visibile della città e all’insieme delle sue architetture; ma piuttosto all’architettura come costruzione. Mi riferisco alla costruzione della città nel tempo. Ritengo che questo punto di vista, indipendentemente dalle mie conoscenze specifiche, possa costituire il tipo di analisi più complessiva della città; essa si rivolge al dato ultimo e definitivo della vita della collettività, la creazione dell’ambiente in cui essa vive. Intendo l’architettura in senso positivo, come una creazione inscindibile dalla vita civile e dalla società in cui si manifesta; essa è per sua natura collettiva. Come i primi uomini si sono costruiti abitazioni e nella loro prima costruzione tendevano a realizzare un ambiente più favorevole alla loro vita, a costruirsi un clima artificiale, così costruirono secondo una intenzionalità estetica. Essi iniziarono l’architettura a un tempo con le prime tracce della città; l’architettura è così connaturata al formarsi della civiltà ed è un fatto permanente, universale e necessario. Creazione di un ambiente più propizio alla vita e intenzionalità estetica sono i caratteri stabili dell’architettura; questi aspetti emergono da ogni ricerca positi- va e illuminano la città come creazione umana. Ma per dare forma concreta alla società, ed essendo intimamente connaturata con essa e con la natura, essa è diversa e in modo originale da ogni altra arte e scienza. Queste sono le basi per lo studio positivo della città; essa già si delinea nei primi insediamenti. Ma col tempo la città cresce su se stessa; essa acquista coscienza e memoria di se stessa. Nella sua costruzione permangono i motivi originari ma nel contempo la città precisa e modifica i motivi del proprio sviluppo” 7. 7

Aldo Rossi, “L’architettura della città” 1966

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Berlino: un luogo da nessuna parte

Il dibattito sulla città europea in questi anni del Novecento si rivolge ad un recupero dei valori formali della città e della tipologia edilizia. L’IBA prova a rideterminare la ricostruzione di Berlino a partire dalla costruzione ex novo di grandi isolati urbani a corte, di natura residenziale, in grado di ribadire l’impianto urbano tardo barocco ed ottocentesco, in un’accezione architettonica moderna. Prima avvisaglia l’isolato di Vinetaplatz a Berlin-Wedding, progettato da Joseph Paul Kleihues, autentico deus ex machina dell’IBA. “ Dal punto di vista del contenuto, i nostri sforzi si concentrano sul mantenimento e sulla ricostruzione del centro-città come degna residenza. Noi partiamo dalla premessa che esigenze sociali, economiche, tecniche e artistiche rappresentino un’unità e non possono essere giocate le une contro le atre. (...) Riconoscere gli elementi costruttivi della città, conservare in essa le tracce storiche, che da sempre sono state tracce di passati dolori, di speranze e delusioni di generazioni precedenti” 8. 8

Josef Paul Kleihues, Sulla ricostruzione critica della città, 1985

• Joseph Paul Kleihues, Block 270 Vinetaplatz, Berlin-Wedding, 1975-197


Berlino: un luogo da nessuna parte

Si tratta di un intervento di edilizia sociale. Venne eseguito nell’ambito del vasto piano di risanamento urbanistico di Berlin-Wedding, area urbana urbanizzatasi tra la fine del XIX secolo e gli inizi del successivo, con i tipici isolati dagli stretti cortili interni. Invece di demolire edifici del passato e di cancellare il sistema di piazze, strade e corti esistenti, si preferì salvaguardare la città storica. La costruzione di Kleihues rientra nel programma di sistemazione di Vinetaplatz, zona che in quegli anni aveva subito un processo di emarginazione in quanto venutasi a trovare a pochi metri dal Muro. L’idea-guida era quella di recuperare la tipologia all’edificio residenziale a corte, tipica di Wedding, ma senza ripetere le gravi carenze delle vecchie Mietkasernen operaie. Il ritorno all’isolato ha comportato l’abbbandono delle visioni urbanistiche del Razionalismo caratterizzate dagli edifici pluripiano in linea, a favore di una proposta che prova a recuperare le caratteristiche storiche del luogo. L’architetto ha quindi ripreso, per la prima volta dal termine della II Guerra mondiale, la tipologia berlinese dell’edificio a blocco con corte interna. L’intervento fece scalpore e fu criticato sia perché recuperava la tipologia del blocco chiuso, sia per l’uso del laterizio faccia vista. Ma in poco tempo divenne il manifesto di un nuovo modo di concepire la città, opposto a quello funzionalista. Con questo concetto di ricostituzione urbana mediante il recupero di tipologie abitative premoderne, Kleihues ha determinato un nuovo orientamento nella progettazione residenziale che verrà ampiamente approfondito nel corso degli anni Ottanta nell’ambito dei progetti di rinnovamento urbano promossi dall’IBA.

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Rispetto alle Mietkasernen, la corte è completamente libera e assume il carattere di area pubblica. Il dato innovativo è il trattamento degli angoli; qui il volume è stato svuotato da una smussatura diagonale a 45°, in modo da evitare la creazione di alloggi d’angolo scarsamente illuminati verso la corte. In questi punti il blocco edilizio è interrotto per lasciar spazio a passaggi, alti fino a 4 piani, tra strada esterna e corte interna.

L’IBA, Internationale Bauausstellung (“mostra internazionale dell’edilizia”) si tenne a Berlino Ovest in due fasi, nel 1984 e nel 1987. L’organizzazione fu divisa in due parti, denominate Neubau-IBA e Altbau-IBA (letteralmente: “IBA della nuova edilizia” e “IBA della vecchia edilizia”). La Neubau-IBA, diretta dall’architetto J.P. Kleihues, fu dedicata alle nuove realizzazioni edilizie; essa operò in quartieri caratterizzati da vuoti urbani, lasciati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale (la Südliche Friedrichstadt, il quartiere Tiergarten-Süd, l’area di Wilmersdorf intorno a Prager Platz) o da riconversioni industriali (l’area ex portuale di Tegel). Complessivamente furono realizzati più di 4000 alloggi, su progetto di architetti di fama internazionale (fra i tanti Rossi, Eisenman, Ungers), ma anche di giovani professionisti. La Altbau-IBA, diretta dall’architetto Hardt-Waltherr Hämer, intervenne nell’area SO 36 (o Luisenstadt) del quartiere di Kreuzberg, caratterizzata da un’edilizia storica in gran parte fatiscente e da problemi sociali rilevanti.


Berlino: un luogo da nessuna parte

Abbandonando la prassi seguita fino ad allora in casi analoghi (demolizione e ricostruzione in stile moderno), si operò secondo il principio del “rinnovamento urbano prudente” (Behutsame Stadterneuerung), con un’estesa opera di manutenzione e restauro del patrimonio esistente e interventi sugli spazi pubblici, anche con il coinvolgimento degli abitanti. Complessivamente vennero recuperati 5000 alloggi, più altri 600 di nuova costruzione. Alcuni interventi perseguono una ricostruzione quasi filologica della vecchia Berlino. Pensiamo alla Prager Platz, riconfigurata su disegno di Gottfied Bohm e Rob Krier oppure al quartierino della Stadtvilla al Tiergarten con otto edifici di abitazione disegnati da diversi architetti e tesi a riproporre la tipologia della strut- tura residenziale suburbana isolata nel verde. Più imponenti le operazioni edilizie promosse a Kreuzberg ma soprattutto nella Friedrichstadt, dove i grandi isolati urbani si ripropongono in una maggiore libertà di linguaggio architettonico e soprattutto di scarti volumetrici e formali.

• IBA Berlino, Aldo Rossi, isolato alla Friedrichstadt, 1981

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Dopo il Muro Nel 1989 cade il Muro di Berlino e per prepararsi al suo ritrovato ruolo di capitale della Germania riunita, Berlino deve riorganizzare il sistema di trasporti, promuovendo un nuovo Piano delle infrastrutture, con la stazione di Lehrter Bahnhof e aeroporto di Schönefeld. Berlino è oggetto di un enorme afflusso di investimenti che produce uno straordinario boom edilizio. Vengono realizzati, soprattutto nell’area centrale, uffici per 7.000.000 di metri quadri e 26 nuovi centri com- merciali. Il Piano per il 2010 prefigura una città quasi del tutto nuova, ricomposta sugli spazi, le misure e la memoria di una città quasi del tutto distrutta. Gli interventi strategici sono commisurati ad una nuova visione della città pubblica e si concentrano sull’Area governativa - Porta di Brandeburgo, l’area di Potsdamerplatz, l’isola dei Musei nel cuore della città vecchia.

• Il 9 Novembre 1989 cade il Muro di Berlino, foto della Porta di Brandeburgo


Berlino: un luogo da nessuna parte

Nel 1991 il parlamento tedesco decise di trasferirsi da Bonn a Berlino e il Reichstag di Berlino tornò ad essere la sede del parlamento. Il trasferimento richiedeva quindi la costruzione di nuovi edifici governativi. Fatta eccezione per il Reichstag e l’ambasciata svizzera, tutto il resto del quartiere governativo sulla Sprea era stato ridotto in cenere durante la Seconda Guerra mondiale. Pertanto, c’era molto spazio per ispirare le idee di architetti innovativi. L’idea originale per il Band des Bundes era un gesto di riunificazione. Con un duplice simbolismo, gli edifici governativi e gli uffici per i deputati democraticamente eletti rappresentano sia un vero e proprio collegamento materiale, sia un ponte simbolico tra Est e Ovest. Architetti Axel Schultes e Charlotte Frank. Il progetto opta per edifici moderni, ad ampie superfici vetrate e facciate bianche. Un simbolo di trasparenza e rinascita. A ridosso del nucleo governativo il polo iper tecnologico della stazione. Differente il principio insediativo presso la porta di Brandeburgo dove la Pariser Platz si ricostruisce seguendo una struttura for- male storicista ed edifici fin troppo laconici. Nel 1992 l’industria Daimler-Chrysler promuove un concorso internazionale per l’edificazione dell’area di sua proprietà. La superficie di concorso, di 68.000 mq, è delimitata a nord dalla Neue Potsdamer Straße (al confine con l’area Sony) e a ovest dal Kulturforum coinvolgendo tutta l’area di Potsdamerplatz, determinando un centro direzionale di attività afferenti a società private. In netto contrasto col modello urbanistico dello zoning funzionalista, il bando richiedeva la realizzazione di una zona a destinazione d’uso mista. Si voleva quindi evitare la monofunzionalità e garantire una utilizzazione degli spazi urbani lungo l’arco delle 24 ore.

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Nel 1992 la vittoria fu assegnata alla proposta di Renzo Piano, ritenuta la più convincente, sia per il modo con cui si intendeva edificare i lotti interni sia per la soluzione con cui il Kulturforum veniva messo in comunicazione con la prevista edificazione a blocchi presso la Potsdamer Platz. Discende dai progettisti l’idea di aprire l’attuale Marlene-Dietrich-Platz, creazione che ha conferito nuova vita- lità alla Potsdamer Straße, che nel 1968 era stata tagliata in due dal complesso della Biblioteca di Stato di Scharoun. La progettazione urbanistica complessiva e la supervisione artistica dell’intero complesso è stata assegnata a Piano, che ne ha poi affidato la progettazione dei singoli interventi a vari studi professionali. Con riguardo ai tracciati stradali preesistenti e con l’aggiunta di nuovi percorsi (alcuni solo pedonali), è stata creata un’enorme “isola architettonica” composta da 19 costruzioni a blocco (di cui 8 progettate dallo stesso Piano), divisa in due grandi settori. L’area è costituita da edifici formalmente e cromaticamente diversi tra loro, separati da stradine, passaggi pedonali, viali alberati, piazzette. Il dinamismo complessivo si esaspera proprio sul fronte di Potsdamer Platz, dove il modello degli edifici a blocco, con corte interna, tipici della tradizione berlinese, lascia il posto a tre torri per uffici che si differenziano fortemente tra loro nel carattere architettonico. Questo excursus evidenzia la complessità del caso di Berlino, ricca di stratificazioni e tensioni culturali che si riversano nelle formulazioni, a volte anche in forte tensione dialettica, dei Piani urbani proposti nello scorrere del tempo.

Il saggio è riscritto sulla traccia del libro “L’architettura delle città che cambiano” di Maria Antonietta Crippa e da una sezione delle lezioni “La Città come Manufatto” del professore Raimondo Consolante.


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• Torre Kohlloff, Potsdamer Platz di Hans Kohlloff del 1999

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Wim Wenders, rispondendo ad una intervista rilasciata da Hans Kolhoff (“trovatemi una città per vivere”), sosteneva: “È proprio straordinario che una metropoli come la nostra disponga ancora di tanti spazi vuoti”, e aggiungeva: “è inevitabile che la città, prima o poi, cerchi una utilizzazione per quel genere di terreni. È questa la tragedia. Lo spazio vicino alla Friederichstrasse è per me uno dei luoghi più belli di Berlino, assieme alla Potsdamer Platz. Sono luoghi che non possono sopravvivere, sono totalmente anacronistici, si sono sottratti a qualsiasi pianificazione, e questo una città non può tollerarlo a lungo.9” Mentre anche l’ultimo pezzo di Muro viene abbattuto, cancellando ogni traccia, si pensa di affidare il ricordo di questa tragica divisione ad un paradossale monumento con tanto di muro finto. La nuova Berlino, e Potsdamer Platz simbolo di questo rinnovo urbano si potrebbe riassumere nelle parole di O. M. Ungers: “..un caos, un ammasso insensato di monumenti costruiti..un guazzabuglio di relitti con i quali nessuno si può ancora identificare.10 ” Il bricolage decostruttivo non è la soluzione a scala urbana. A Berlino, dove gli architetti, anzi tecnocrati, hanno risposto soltato alle richieste dei finanziatori, il risultato suscita delusione. Siamo parassiti dalla città ottocentesca, come sostiene H. Kollhoff, della cultura che, dal 1800 al 1930, si è occupata sistematicamente e con grandi risultati problema della forma della città?

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Appunti su abiti e città in L’atto di vedere di Wim Wenders, 1992

Oswald Mathias Ungers (Kaisersesch, 12 luglio 1926 – Colonia, 30 settembre 2007)architetto tedesco e teorico dell’architettura, conosciuto per il suo stile caratterizzato dal rigore geometrico. 10


Berlino: un luogo da nessuna parte

Le strategie messe in atto in quegli anni sono note, così come l’esito dei grandi concorsi, emblematico il caso di Potsdamer Platz rispotto al quale Rem Koolhaas membro dimissionario della commissione a proposito del progetto vincitore di Hilmer & Sattler parlerà di “massacro dell’immaginazione in architettura”. In quasi tutti i progetti il tema del limite, e dei grandi vuoti urbani a ridosso del muro è come rimosso a favore di una progettualità maggiormente attenta alle tracce di una storia meno recente e più rassicurante, quasi fosse scontata la riproposizione dell’ottagono della leipzigerplatz come la ricostruzione “in stile” degli edifici attorno alla Porta di Brandeburgo, e la saturazione dei vuoti urbani lungo la Friedrichstrasse. Di fronte alla difficoltà dei progetti in corso di realizzazione di ridefinire luoghi urbani evitando la drastica cancellazione di una topografia anch’essa del terrore e la rimozione incondizionata finanche delle tracce, i pochi tratti visibili del muro suscitano una insospettata pietas, la speranza è che noon si esaurisca tutto nella retorica immagine del superamento banalmente rappresentata dalla serigrafia realizzata sulle torri della Daimler-Benz, nell’inadeguato Haus Am Checkpoint Charlie piccolo e grottesco museo malamente allestito, e nella vendita al dettaglio di frammenti confezionati, più o meno variopinti, più o meno autentici, all’Info Box, paradossale merchandising del futuro della città.

Le conclusioni sono tratte dai saggi di Fabrizio Toppetti e Valter Bordini, in “Ricognizioni Berlinesi”.

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• Il muro che divide Berlino in due. La Porta di Brandeburgo non è più accessibile né dai Berlinesi dell’ovest, né da quelli dell’est


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“ Berlino: qui sono straniera e tuttavia è tutto così familiare. In ogni caso non ci si può perdere: s’arriva sempre al muro” 1

Berlino è il luogo dove, all’indomani della nascita della DDR, è “nata e finita la guerra fredda”. Nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961 vennero chiusi tutti i transiti verso il settore occidentale della città e cominciò la costruzione del Muro, ancestrale segno di divisione spaziale e dell’intolleranza culturale. E per ventotto anni Berlino rimane “tagliata” due finchè, nel 1989, l’abbattimento del muro a Potsdamer Platz, l’apertura della Brandenburger Tor e la successiva demolizione del Checkpoint Charlie nei pressi della Friedrichstrasse sancirono, l’anno successivo, la riunificazione della città e delle due Germanie. Una barriera lunga quasi 155 km, dei quali, poco più di cento costruiti in cemento, ha segnato, dunque, la storia della seconda metà del secolo scorso. Più di 5.000 persone riuscirono a scavalcare il Muro, moltissime furono arrestate e oltre 150 furono uccise. Nella seconda metà degli anni Ottanta il blocco comunista in Europa mostrò evidenti segni di crisi. Il 9 novembre gli abitanti della città iniziarono la conquista e l’abbattimento del Muro. Preso a picconate, raschiato, martellato, ne rimase un cumulo di macerie. Dall film “Der Himmel über Berlin”, Il cielo sopra Berlino, del 1987 diretto da Wim Wenders 1


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Nel 1964, tre anni dopo la costruzione del Muro, Joseph Beuys presenta alle autorità del governo federale tedesco un progetto per aumentare l’altezza del muro di cinque centimetri al fine di migliorarne i rapporti proporzionali. “Questa è un’immagine e deve essere considerata come tale, solo in caso di necessità o per motivi fomativi si ricorre all’interpretazione. Non riesco a comprendere perchè senza interpretazione non riusciate a capire il senso evidente di una cosa. Dovrebbe essere pienamente consentito considerare il muro di Berlino da un punto di vista che tenga conto unicamente della proporzione di questo edificio. Sdrammatizza immediatamente il muro, distruggendolo con una risata interiore. Non ri resta più attaccati al muro fisico, ci si volge verso quello spirituale, e quel che conta è davvero superarlo.” Sei anni dopo l’artista Frank Lifeoghe esegue per primo un’opera sulla superficie del muro, alla quale dopo la seconda metà degli Joseph Beuys (1921-1986) è stato un pittore, scultore e performance artist tedesco del Neo-Dada e delll’arte concettuale. 2

• Foto storica del periodo in cui Berlino era una città divisa dal Muro


Berlino e il muro

anni settanta faranno seguito innumerevoli inteventi di natura varia da parte di artisti come Keith Haring e Peter Unsicker. Il manufatto acquista così, oltre al valore indiretto che deriva implicitamente dall’essere soggetto di riflessioni e opere sul tema - cinema, letteratura, fotografia - un valore aggiunto diretto intrinsecamente legato al muro come supporto materiale di espressioni artistiche. Il muro diventa nel corso degli anni la più grande e straordinaria galleria d’arte a cielo aperto, esempio estremo, drammatico e antiretorico, di una possibile modalità dell’espressione artistica alla scala della città. Per ventotto anni il muro ha svolto una importante controfunzione sia alla scala urbana che nel dibattito politico internazionale, la sua icona è lo specchio della contrapposizione dei regimi e la sua funzione primaria è divenuta quella di immagazzinare energia negativa rigenerarla e trasformarla attraverso un processo continuo di trasposizione. L’evidenza fisica della sua presenza ora non è altro che il resto di una operazione politica imperfetta, testimonianza tangibile e surreale della guerra fredda.

• Foto storica del periodo in cui Berlino era una città divisa dal Muro

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• Foto del 1960 un abitante della zona Est di Berlino scruta attraverso il filo spinato un abitante della zona Ovest


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• Il 9 Novembre 1989 cade il Muro di Berlino, foto della presa da parte dei cittadini che iniziano a scavalcare e passare la barriera di cemento

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Lo stato di calamità architettonica e urbanistica nel quale si trova la città dopo il trauma positivo del crollo, è chiaro alle autorità dell’architettura in generale sempre tendenziosamente attento alla vicenda di una “Berlino provvisoria” (Rogers 1964), città che come ha scritto Wenders “reclama sempre un seguito”. Questo si delinea nei fatti come una emergenza progettuale con la quale si intreccia fatalmente la sorte delle aree libere comprese all’interno della “striscia della morte” e di ciò che resta del muro. A Berlino si stanno realizzando, oggi, le trasfomazioni più sconvolgenti. Divorando la storia, gru e scavatrici lavorano, infati, senza tregua. Cos’altro si poteva fare se non riempire di edifici la capitale promessa del socialismo, centro di avanguardie artistiche degli anni ‘20, mausoleo del nazismo e tratro, infine, della massima intolleranza del secolo?

• Dalla primavera del 1990 questa traccia di Muro fu dipinta da artisti di tutto il mondo con 106 murales


Berlino e il muro

Cos’altro, se non riempire la metropoli di manufatti che svolgono un ruolo asimmetrico a quello delle rovine che i russi condervavano ad Est come forma di punizione mentale? Se prima di manteva per ricordare, oggi si costruisce per dimenticare. Berlino è la città dei paradossi. Come pochi anni hanno sconvolto la capitale più libera d’Europa, con la stessa velocità della memoria la ricostruzione rade al suolo ogni traccia del Muro, ne divora la testimonianza. Singolare la memoria dei berlinesi: nostalgia e smemorata al tempo stesso, non esclude la voglia di dimenticare. Periferico e rosicchiato dalla brama di trasformazione, resiste, tuttavia, quel km di Muro chiamato East side Gallery: tra Hauptbanhof e Warschauerstrasse, decorato da murales di artisti di tutto il mondo è una vera e propria galleria a cielo aperto di critica sociale e politica.

• Il Muro diventa museo di se stesso, attrazione per i visitatori della città nella sua tragedia

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Al momento della caduta del muro, la futura East Side Gallery era bianca immacolata: questa sorta di enorme tavolozza fu offerta agli artisti di murales dell’epoca perché la dipingessero. A questa circostanza si deve la conservazione, sotto tutela artistica, dell’unico pezzo di muro di Berlino che ancora oggi permette di capire cosa davvero rappresentasse questa ingombrante presenza nel cuore della città. Essa consiste di circa 106 murales di artisti di ogni parte del mondo ed essi sono dipinti sul lato orientale del Muro di Berlino. Il primo murales fu dipinto da Christine Mac Lean nel dicembre 1989, poco dopo la caduta del muro. Ci sono pitture di Kasra Alavi, Kani Alavi, Jim Avignon, Thierry Noir, Ingeborg Blumenthal, Ignasi Blanch i Gisbert e molti altri ancora.

• Foto storica dell’area tra la traccia di Muro dell’East Side Gallery e la Sprea


Berlino e il muro

In un certo senso, Berlino è, allora, una città della memoria smarrita. Se la ricostruzione chiede, infatti, la sua totale rimozione, con essa svanità anche la memoria del vecchio Muro. Scomo testimone del passato, il moumento all’intolleranza non potrà così più monere, non potrà ammonire per ricordare. Superbo e trionfio, il nuovo paesaggio costruito nasconde ormai le macerie, ricopre di realtà lo spazio della memoria. La volontà di ricordare sembra allora ritirarsi al di là dello sguardo , sopravvivere solo al di là dell’orizzonte costruito. Ma, nonostante il cemento, il ricordo del muro rimane ancora una forza capace di dire qualcosa sulla strutturale opacità del presente.

Il saggio è riscritto sulla traccia degli scritti del libro “Ricognizioni Berlinesi” a cura di Massimo del Vecchio e Daniela Fondi

• Foto attuale dell’area tra la traccia di Muro dell’East Side Gallery e la Sprea

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• Il drammatico tentativo di fuga della 77enne Frieda Schulze, foto di A. Waidmann


Berlino e il muro

Checkpoint Charlie e East Side Gallery sono tappe obbligate in un percorso tematico sulla storia del Muro. Un’altra cicatrice di questo taglio nella storia della Città è Bernauer Straße. Questa strada rappresenta in modo emblematico la ferita che lacerò la città dal 13 agosto 1961 al 9 novembre 1989. Qui, nella prima fase del Muro, il confine era costituito dagli edifici stessi. Si creò una paradossale quanto tragica situazione. Le case appartenevano a Berlino Est mentre il marciapiede e la strada sottostante erano già Berlino Ovest. Favorendo non solo la crudele divisione di famiglie, amici e vicini, ma anche drammatici tentativi di fuga dalle finestre come quello, celebre, della settantasettenne Frieda Schulze. In seguito, per impedire tali salti disperati, le facciate degli edifici furono murate e tutti gli inquilini obbligati a trasferirsi. Bernauer Straße fa oggi da memento di quella insensata cicatrice. Sorta di via dolorosa che a ogni passo ricorda la Berlino che fu, le impensabili tecniche di fuga, gli espedienti usati dalle famiglie separate per salutarsi, le almeno 136 vittime della Striscia della morte. Si tratta di un vero percorso commemorativo lungo 1,4 km. Il tracciato del Muro è ancora segnalato da una particolare pavimentazione e i visitatori possono informarsi in un museo a cielo aperto arricchito da foto, cartine e documenti.

• Il percorso del muro è inciso per le strade di tutta la città di Berlino

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•

I d F K d i t d


Friedrichshain-Kreuzberg

• Il distretto unificato dei quartieri di FriedrichshainKreuzber divisi dalla Sprea, in evidenza il tracciato del Muro di Berlino

Dal 1º gennaio 2001 il distretto di Friedrichshain si unì a quello di Kreuzberg. Da quella data, Friedrichshain e Kreuzberg sono quartieri del nuovo distretto di Friedrichshain-Kreuzberg. La decisione di unificare i due distretti fu inizialmente molto contestata, per la composizione sociale molto differente: Friedrichshain, già appartenente a Berlino Est, con una popolazione giovane ed etnicamente omogenea; Kreuzberg, al contrario, appartenuta a Berlino Ovest e caratterizzata da un alto numero di anziani e stranieri (soprattutto immigrati turchi). Anche la presenza fra i due quartieri del fiume Sprea, varcato solo dal ponte Oberbaumbrücke, fu visto come un ulteriore elemento di divisione, che ne diventa, tuttavia, oggi il simbolo dell’unificazione. L’unione di questi due quartieri è un momento segnante della storia della città di Berlino, simbolo della sua riunificazione.

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50 Friedrichshain-Kreuzberg


Friedrichshain-Kreuzberg

• Oberbaumbrücke negli anni del Mauer

Simbolo di divisione durante la Guerra fredda, dal 1961 al 1989 punto di passaggio tra Est e Ovest, il ponte a due piani, Oberbaumbrücke, collega i due quartieri di Kreuzberg e Friedrichshain, separati dalla Sprea. Il ponte fu costruito in sostituzione di un precedente ponte di legno, risalente al 1724, perché la realizzazione della ferrovia sopraelevata richiedeva una struttura più robusta. Il risultato fu un grande ponte a sette campate in calcestruzzo con una facciata in granito e mattoni. La sua particolare architettura richiama elementi medievali, come le torrette e gli archi. Nel 1732 il limite della dogana cittadina venne trasferito più ad est e qui venne edificato un nuovo ponte di legno. Nel 1894 secondo il progetto dell architetto Otto Stahn il ponte fu restaurato in stile neogotico in una costruzione a sette campate, dotata di due torri alte 34 metri ed ispirate alle costruzioni delle mura cittadine di Prenzlau. Dal 1902 sulla parte superiore del ponte corrono i binari della linea U1 della metropolitana. Il ponte è stato pesantemente danneggiato nel corso della seconda guerra mondiale e per disposizione di Adolf Hitler venne fatto saltare il 23 aprile 1945 per ostacolare l’avanzata delle truppe sovietiche. In seguito fu riedificato e dopo la costruzione del Muro di Berlino, il 13 agosto del 1961, non fu percorribile fino alla riapertura nel 1963 per il solo passaggio pedonale. Dal 1995 viene nuovamente percorso dal traffico automobilistico e dalla linea U1 della metropolitana.

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Fondazione Rosa Luxemburg

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“ Voglio colpire come un tuono, infiammare le menti non con i particolari ma con l’ampiezza della mia visione, la forza della mia convinzione e il potere della mia espressione.” Rosa Luxemburg

La Fondazione Rosa Luxemburg è una delle sei fondazioni politiche nella Repubblica Federale della Germania. Legata al Die Linke, partito della sinistra tedesca, segue l’eredità del suo omonimo nome. Attiva dal 1990, la Fondazione no profit è impegnata nell’analisi dello sviluppo sociale a livello internazionale. In collaborazione con associazioni di tutto il mondo, lavora sulla partecipazione democratica e sociale, responsabilizzazione di minoranze, propone alternative per lo sviluppo economico e sociale, prevenzione e risoluzione dei conflitti. Si muove, con una messa a fuoco internaziole, sulle tracce dei movimenti operai e femministi in lotta con fascismo e razzismo, sui principi dell’emancipazione, della consapevolezza e analisi critica della società, propone un programma e una vera e propria accademia di educazione politica, forma giovani studenti socialmente impegnati e riflette sulle prospettive sociali per un mondo migliore. Al fine di coordinare questi progetti, la Fondazione ha creato 17 uffici regionali in tutto il mondo. Rosa Luxemburg, lettera a Leo Jogiches, il suo compagno, nell’aprile 1899 “La Rosa Rossa Del Socialismo” Spada e fiamma della Rivoluzione, ella viene ancora ricordata dalla storia come una delle più grandi e illustri figure del socialismo internazionale. Polacca naturalizzata tedesca (Zamosc, Polonia, 1870 - Berlino 1919). Di origine ebraica, costretta all’esilio per motivi politici (1889), a Berlino aderì al Partito socialdemocratico e divenne la principale esponente dell’ala di sinistra. Nel 1916 fu tra i fondatori dello Spartakusbund. Insieme a K. Liebknecht promosse l’insurrezione spartachista: entrambi furono uccisi, nel gennaio 1919, nella repressione che seguì.

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• Celebre foto storica rappresentante un discorso in pubblica piazza di Rosa Luxemburg


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• Planimetria della città di Berlino, in rosso l’area di progetto della nuova sede della Fondazione RLS


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Nel 2015 la Fondazione bandisce un concorso pubblico a inviti per la costruzione della nuova sede centrale a Berlino. L’area di progetto si trova in un lotto d’angolo di fronte alla stazione di Ostbahnof, nella Pariser Kommune Strasse nel distretto di Freidrichshain-Kreuzber. Nel progetto di tesi si mantengono tutti gli obiettivi progettuali del concorso e la traccia del programma funzionale. La costruzione di uno spazio per il lavoro, ma anche di una nuova centralità urbana, punto di attrazione e incontro, un complesso culturale che comprende aree eventi, spazi comuni, un luogo per lo studio e una sala espositiva. L’area di progetto viene spostata in un’area critica dello stesso distretto di Freidrichshain-Kreuzber, una zona verde dismessa che si trova da due potenti tracce della città, la Sprea e l’East Side Gallery, proponendo il progetto come una nuova centralità, all’intenro di un parco che si affaccia sul fiume, dietro il Muro.

• Tra il muro e il fiume. Scatto tra dal Mauer che diviene East Side Gallery e la Sprea verso l’Oberbaumbrücke

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• Planimetria del 1910 tra Kreuzber e Freidrichshain, in evidenza l’area di progetto Sulla destra il planivolumetrico del progetto della Fondazione


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Confine è, letteralmente, ciò che separa e nel contempo ciò che uni- sce,“Cum” condividere e “Finis” il termine, il fine. L’ambiguità del confine, sempre delimitato, ma insieme aperto, porta in sé l’idea della defini- zione del luogo e della diffe- renza, dell’alterità e del passaggio come tramite tra dentro e fuori, tra il limite e il legame. Nel centro della città di Berlino, accanto al Mitte, il quartiere di Freidrichshain confina con quello di Kreuzberg, ne fa da cesura la Sprea e alle sue spalle una linea che ha il tratto marcato del peso della storia, la traccia lunga 1,3 km del Muro di Berlino. Il nuovo quartiere Freidrichshain-Kreuzberg, tra Est e Ovest, ricuce la città divisa e si propone come una centralità forte nella città contemporanea, carico delle sue diversità, dei riferimenti, delle impronte storiche. Nel percorrere la galleria d’arte a cielo aperto che è oggi la traccia del muro nella parte a Est, da cui prende il nome di “East Side Gallery”, l’animo è smosso dai colori che solcano le cassaforme di cemento, ciò che prima è stato una cesura, un limite, un momento statico adesso è punto di connessione, un movimento con- tinuo, un percorso umano.


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• Vista dalla sponda lato Kreuz berg del progetto della Fondazione e del parco

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• Vista dell’ingresso della Fondazione dalla Mühlenstraße e dalla straße der Pariser Kommune dove si trova la stazione di Ostbahnhof


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L’asse tra Est e Ovest è marcato inoltre dalla linea ferroviaria, di cui la stazione di Ostbanhof, messa in fun- zione nel 1852, stazione principale di Berlino Est ai tempi della DDR, ne è una importante memoria storica. I ponti sono l’unica linea di connessione tra i due vecchi quartieri separa- ti dal fiume e precedentemente dal Muro: quello di Oberbaumbrücke, che collega Oberbaumstraße a Sud del fiume con la Warschauer Straße a Nord, è un monumento simbolo della memoria dell’unificazione della capitale tedesca. Tra il muro e il fiume, un parco, delineato da pochi segni che seguono le tracce che lo circondano e da leggeri movimenti della terra che dalla quota della città arrivano al livello dell’acqua. Coronato da filari di betulle e un basamento di salici, è il luogo dove la Fondazione trova il suo centro, la nuova sede. Ortogonale rispetto alle marcate tracce della Sprea e del Mauer si impone la torre sospesa, come i ponti, a collegare, ad unire.

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Programma Funzionale

_ Consiglio di amminastrazione _ Accademia per l’educazione politica _ IFG - Istituto per l’analisi sociale _ ZID - Centro per il dialogo nazionale _ Studienwerk _ BWA - BundWArbeit - uffici di politica nazionale _ FIZ - Dipartimento delle Finanze _ Uffici di comunicazione politica _ Dietz Verlag - Casa editrice _ Sonderfunktionen - uffici specialistici _ Praticantati - Stage _ Sala espositiva _ Archivio e sala lettura _ Area eventi - spazio polivalente _ Sala conferenze _ Ristorante


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• La sala espositiva che ospita la Fondazione negli ultimi piani con la grande scala elicoidale sospesa


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La sala espositiva In testata alla torre per uffici della Fondazione, una parete metallica fa da sfondo all’alta trave reticolare. Questa scura quinta cela al suo interno la sala espositiva. Entrando, una parete in granito lascia intravedere il sistema di cavi che si scopre essere la struttura di una scala sospesa. Lastre di granito che si susseguono in maniera elicoidale, tirati dall’alto da un sistema di cavi in acciaio. Tensione, sospensione, struttura. Principi fondanti che si ritrovano all’interno del progetto. Lo spazio della sala espositiva si svillupa in lunghezza, due livelli, uno per le esposizioni fotografiche, e un grande triplo volume, un ambiente versatile che soddisfa la necessità della Fondazione di avere degli spazi polivalenti. In copertura, i profilati della trave reticolare sono svelati, e un sistema di vetratura opaca illumina questo ambiente. Con ritmo seriale scandito dalla trave reticolare, alcune delle lastre di metallo che delimitano la sala si aprono. Un’altana chiusa da alte vetrate e scandita dai profilati della trave, chiude la torre della Fondazione diviene un affaccio su Berlino.

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• Pianta del sala espositiva dove si evidenziano i due nuclei in calcestruzzo che sostengono la trave reticolare che spicca nella terrazza chiusa, e la spazio longitudinale per l’esposizione


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• Sezione della torre per uffici, dove il susseguirsi dei piani dello spazio del lavoro culminano con la sala espositiva nel suo triplo volume

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1. Solaio di copertura della Fondazione con sistema di doppia vetrata 2. Parete metallica che fa da sfondo alla trave reticolare e cela la sala espositiva 3. Grande vetrata che chiude la terrazza affaccio sulla cittĂ 4. Trave reticolare che, sostenuta dai grandi nuclei in calcestruzzo, tiene appesi i piani sottostanti 5. Sala espositiva con la grande scala elicoidale sospesa da cavi in acciaio 6. Nucleo in calcestruzzo che ospita il blocco servizi


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• Schema ssonometrico della testata della Fondazione che ospita la sala espositiva con la grande scala elicoidale sospesa, celata dalla terraza dove si trova la trave reticolare, punto di affaccio sulla cittĂ

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• Lounge di ingresso dei piani degli uffici della Fondazione granito, marmo e radica danno carattere agli spazi degli uffici della Fondazione


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Gli uffici Il progetto per un luogo del lavoro suppone dei principi fondanti: uno spazio libero da ingombri strutturali, flessibile, luminoso e che abbia un affaccio sulla città. La struttura della Fondazione permette di avere una pianta libera e la scansione dei pilastri di protezione dei tiranti scandisce sia la superfice degli uffici che le ampie vetrate. L’accesso si ha dai due nuclei che abitano i corpi scale e gli ascensori. In ogni piano l’accoglienza è una lounge dove la luce entra e si riflette sulle lucide pareti di granito e sulla pavimentazione in marmo, le pareti in radica di noce celano e scandiscono gli uffici che si susseguono in uno spazio che si sviluppa in lunghezza. La fondazione ospita circa 155 dipendenti e la necessità di avere degli spazi versatili è dovuta alle diverse sezioni lavorative che essa ospita. Un luogo di condivisione, di comunità e di ricerca adatti per le diverse identità e compiti della Fondazione: direttivo, gestionale, educativo, propagandistico.

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• In evidenza, la pianta del piano tipo degli uffici, si nota la doppia facciata che porta il ritmo deipilastri di protezione dei tiranti interni che fanno da scansione agili uffici


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Il suo Istituto di Analisi Critica Sociale offre studi di ricerca sul capitalismo neoliberale, produce lavoro analitico su strategia politica e alternative socialiste democratiche, oltre a lavorare sulle ingiustizie relative al genere, alla sessualità alla razza e alla nazione. L’Accademia per l’educazione politica propone ampi programmi di formazione sotto forma di pubbliche conferenze, seminari, workshop e offre corsi per giovani studenti e adulti su argomenti di stampo socio-economico, diseguaglianze di genere, sviluppo sostenibile e comunicazione politica. Coinvolge movimenti sociali direttamente attraverso media, siti e social web, eventi pubblici e attraverso la produzione di materiali informativi di cui si occupa, oltre alle molteplici pubblicazioni, la casa editrice della Fondazione il Dietz Verlag. Attraverso il Centro per il Dialogo e Cooperazione internazionale, coinvolge e sostiene gruppi e organizzazioni di movimenti sociali in America Latina e Nord America, Africa, Asia, Europa sotto forma di finanziamenti, nonché attraverso seminari e conferenze organizzati con partner locali.

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1. 2. 3. 4. 5. 6.

• Schema assonometrico del piano tipo degli uffici con legenda esplicativa


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1. Louge di accoglienza 60 mq 2. Area stampa 16 mq 3. Spazio comune con cucinotto 23 mq 4. Ufficio di rappresentanza di 28 mq (4,20x7,00m) 5. Ufficio singolo 18,5mq (4,20x4,65m) 6. Blocco servizi: servizi igenici, 2 ascensori/montacarichi (2,00x2,25m), scale compartimentate

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• In sezione, il volume dell’archivio e la struttura in acciaio che tiene le librerie e si affaccia sulla Sprea, con i solai dove si ha la sala lettura


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L’archivio e la sala lettura Il dipartimento è responsabile dello sviluppo e del supporto di un ampio archivio di documenti storici cartacei ma anche analogici e digitali.La biblioteca dispone attualmente 40.000 unità di media e più di 100 titoli di giornale. Lo Studienweek e l’Accademia per l’educazione politica offrono borse di studio a numerosi studenti che prendono direttametne parte della Fondazione. La Fondazione propone come luogo dello studio un volume a sé stante in granito, che cinge la torre per uffici a cui è direttamente connessa e si affaccia sul fiume con una facciata completamente vetrata. Questo guscio in granito cela al suo interno uno spazio a tutta altezza dove una struttura in acciaio ospita i piani dell’archivio, dove i sono i libri e i documenti, e tende verso la vetrata sulla Sprea con dei solai, luogo dello studio. L’archivio e la biblioteca sono uno spazio fruibile dalla Fondazione ma concepiti anche come spazio aperto al pubblico.

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• In evidenza, la pianta dell’archivio e della sala lettura dove si disingue la struttura interna in acciaio dal guscio esterno in calcestruzzo e rivestito in granito


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Sala lettura: dei solai liberi si affacciano sulla grande vetrata che da sulla Sprea

Archivio: la struttura in acciaio ospita un blocco di librerie compact a scorrimento

• Schema assonometrico del volume dell’archivio e della sala lettura, che cinge la torre per uffici a cui è connesso, anche tramite il blocco servizi

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• La Hall al piano del parco della Fondazione


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La hall Uno spazio tra interno esterno, dove il rapporto con il parco antistante è diretto e filtrato dalle grandi vetrate trasparenti. La struttura sospesa della torre per uffici permette a questo ambiente di essere completamente libero da ingombri strutturali, delimitato, nei lati corti, dai due grandi nuclei delle torri di servizio. Un muro in granito lucido segna l’accoglienza, e la grande scala sospesa scandita da cavi in acciaio porta al piano sottostante che ospita il foyer dalla sala conferenze ipogea e al primo piano della Fondazione che ospita uno spazio polivalente. L’ambiente è caratterizza dalle grandi travi rastremate della pensilina, ultimo piano appeso in copertura, che si susseguono seguendo il passo dei tiranti. Dalla grande vetrata si intravede la traccia di Muro che è oggi museo a cielo aperto di sé stessa, simbolo e attrazione per la città di Berlino: l’East Side Gallery.

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• In evidenza, la pianta del piano terra della fondazione, la hall è completamente libera da ingombri strutturali e delimitato dai due blocchi servizio


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1.

2.

3.

• Schema assonometrico del piano terra che ospita la hall di ingresso alla Fondazione, i due blocchi servizio e l’accesso al piano ipogeo

1.Blocco servizi: servizi igenici, 2 ascensori/montacarichi (2,00x2,25m), scale compartimentate con uscita di emergenza sull’esterno 2. Foyer della sala conferenze ipogea collegata dalla grande scala sospesa 3. Hall e accoglieza della Fondazione

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• Prospetto dal fiume della Fondazione


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La sala conferenze Al di sotto del piano del parco, l’arrivo dalla Sprea è ridisegnato con pochi segni: un regolare punto di attracco, una scalinata, una rampa e una lunga vetrata. Dietro la trasparenza del vetro si trova un punto ristoro e, sotto la piazza soprastante, una sala conferenze. La Fondazione necessita di un’area eventi, spazio per riunioni e incontri aperto al pubblico e con accesso indipendente. Disponde di due diversi ingressi: quello che si affaccia sulla Sprea, il cui arrivo avviene dal percorso lungo il fiume e da una scalinata e una rampa che scendono dalla piazza al livello del parco; l’accesso dall’intenro della Fondazione, che dalla hall porta al foyer della sala conferenze. La sala è pensata come un auditorium, le sedune stanno su gradinate che scendono verso il palco a semicerchio. Lo spazio è versatile e può ospitare fino a 350 posti. Il punto di ristoro si affaccia al fiume e serve sia la Fondazione che il pubblico. Nel doppio volume del foyer si trova, olter alla biglietteria per gli eventi, il bookshop della Fondazione. Nel piano ipogeo della torre si trova il volume tecnico.

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- 3m

• In evidenza, la pianta ipogea della Fondazione dove si distinguono la sala conferenze, il foyer, il punto ristoro e il volume tecnico


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• Schema ssonometrico della volumetria dell’edificio e del piano ipogeo

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• In sezione, si evidenzia la pendenza della sala conferenze e tutto il complesso dell’dificio, la hall al piano del parco, l’archivio e la torre per uffici


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• Schema ssonometrico del piano ipogeo che sia affaccia sul fiume

1.Blocco servizi: servizi igenici, 2 ascensori/montacarichi (2,00x2,25m), scale compartimentate con uscita di emergenza sull’esterno 2. Punto ristoro 3. Volume tecnico 4. Sala conferenze

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• La Hall al piano del parco della Fondazione


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Detaglio tenologico Il seguente dettaglio tecnologico studia la parte alta della torre dal ultimo piano degli uffici, alla sala espositiva fino alla copertura.

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1. Solaio copertura Ghiaia Strato di tessuto non tessuto Isolante in lana di roccia 2 da 80 mm Barriera al vapore 10 mm Massetto pendenza Massetto e rete elettrosaldata 50 mm Lamiera grecata Trave in acciaio - doppio C 400 Travetti in acciaio - HEA 200 Controsoffitto fonoassorbente Faretti LED a soffitto 2. Solaio in acciaio Pavimento in legno di rovere Strato di allettamento Sostegni per pavimentazione Membrana fonoassorbente 30 mm Massetto e rete elettrosaldata 50 mm Lamiera grecata Trave in acciaio - doppio C 400 Travetti in acciaio - HEA 200 Controsoffitto fonoassorbente Faretti LED a soffitto 3. Solaio in acciaio Pavimento in legno di rovere Strato di allettamento Sostegni per pavimentazione Membrana fonoassorbente 30 mm Massetto e rete elettrosaldata 50 mm Lamiera grecata Trave in acciaio - doppio C 400 Travetti in acciaio - HEA 200 Sostegni controsoffitto Telaio controsoffitto Griglia di ventilazione Pannelli illuminanti e fonoassorbenti


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4. Solaio in calcestruzzo Pavimento in marmo verde scuro Strato di allettamento Sostegni per pavimentazione Membrana fonoassorbente Massetto e rete elettrosaldata Trave in cls armato precompresso Travetti in cls armato Sostegni controsoffitto Telaio controsoffitto Griglia di ventilazione Pannelli illuminanti e fonoassorbenti

30 mm 50 mm 600x600mm 300x300mm

5. Infisso esterno della sala espositiva Infisso in alluminio zincato Vetro temperato triplacamera Griglia di ventilazione 6. Elemento verticale di trave reticolare in acciaio doppio C 400 7. Parete con finitura metallica Rivestimento lastra di metallo zincato esterno Travetto telaio tubolare in acciaio 200 Rivestimento lastra di metallo zincato interno

2 mm 2 mm

8. Scala elicoidale appesa Elemento circolare in acciaio di sostegno tiranti Cavi in acciaio Gradini in Granito lucidato Montanti gradini Montanti cavi Elemento circolare in acciaio di appoggio tiranti 9. Tirante e pilastro di protezione Cavi in acciaio ø20 Cover tirante ispezionabile di protezione in cls armato Telaio in alluminio zincato Vetro temperato doppia camera

600x600mm

10. Infisso e rivestimento facciata esterna Passerella composta da travetto di sostegno Griglia di ventilazione Infisso in alluminio zincato esterno Vetro temperato tripla camera Elemento verticale di facciata a sezione triangolare in cls Finitura in lastre di granito Carbon Grey 900x2400mm Sistema di ancoraggio a telaio in acciaio per lastre in granito

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• La Hall al piano del parco della Fondazione


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Detaglio tenologico Il seguente dettaglio tecnologico studia la parte bassa della torre dal primo piano degli uffici, alla hall, fino all’attacco a terra.

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1. Solaio in calcestruzzo Pavimento in marmo verde scuro Strato di allettamento Sostegni per pavimentazione Membrana fonoassorbente 30 mm Massetto e rete elettrosaldata 50 mm Trave in cls armato precompresso 600x600mm Travetti in cls armato 300x300mm Sostegni controsoffitto Telaio controsoffitto Griglia di ventilazione Pannelli illuminanti e fonoassorbenti 2. Tirante e pilastro di protezione Cavi in acciaio ø20 Cover tirante ispezionabile di protezione in cls armato Sostegno tirante Telaio in alluminio zincato Vetro temperato doppia camera

600x600mm

3. Infisso e rivestimento facciata esterna Passerella composta da travetto di sostegno e gragliato in acciaio Griglia di ventilazione Infisso in alluminio zincato esterno Vetro temperato tripla camera Elemento verticale di facciata a sezione triangolare Finitura in lastre di granito Carbon Grey 900x2400mm 4. Solaio e pensilina in calcestruzzo Pavimento in marmo verde scuro Strato di allettamento Sostegni per pavimentazione Membrana fonoassorbente 30 mm Massetto calcestruzzo 300 mm Trave in cls armato precompresso 600x600mm Travetto in aggetto in cls armato rastremato


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5. Infisso Infisso coibentato in alluminio zincato esterno Vetro temperato tripla camera 6. Solaio in calcestruzzo Pavimento in granito lucidato Pannelli radianti Strato di allettamento Sostegni per pavimentazione Membrana fonoassorbente 30 mm Massetto e rete elettrosaldata 50 mm Trave in cls armato precompresso 700x700mm Travetti in cls armato 300x300mm Sostegni controsoffitto Telaio controsoffitto Griglia di ventilazione Pannelli illuminanti e fonoassorbenti 7. Solaio controterra e fondazione Rivestimento in resina Massetto e rete elettrosaldata 50 mm Massetto contenitore impiantistico 80 mm Pannello termoisolante in polistirene espanso Rete elettrosaldata Solaio controterra in CA Cassaforme a perdere a iglù Terra ben costipata Distanziatori per posa vespaio con iglù Bocchettone di aerazione Ciottolato a spigoli arrotondati Tubo per allontanamento dell’acqua Strato di protezione in tessuto non tessuto Magrone per posa del tubo di drenaggio Magrone per posa sistema di fondazione Trave rovescia in CA Strato di tenuta dell’acqua in PVC Membrana bugnata in polietilene Vespaio stipato con ghiaia (strato drenante) Grata metallica Profilato a L in acciaio di sostegno grata Scannafosso in Ca Massetto pendenza Pavimentazione in granito per esterni

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• Dettaglio della facciata del palazzo Centro LeasingEx Olivetti, a Firenze di Alberto Galardi


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„La costruzione non definisce soltanto la forma, ma è la forma stessa. Dove la vera costruzione prova un contenuto autentico, là sorgono anche opere vere; opere vere e corrispondenti alla loro essenza. E queste sono necessarie. Esse sono necessarie in se stesse e in quanto parti di un ordine genuino. Si può ordinare soltanto ciò che è già in sé ordinato. L’ordine è qualcosa di più dell’organizzazione. L’organizzazione è la determinazione della funzione. L’ordine invece è attribuzione di significato.1 ” Ludwig Mies van der Rohe

In una sua lezione, Sergio Pone ricorda Felix Candela, grande progettista di gusci in calcestruzzo armato amava sostenere che le strutture vanno capite prima che calcolate, e Guido Nardi che, in Struttura come costruzione, citando la definizione di Niccolò Tommaseo «Costruzione è l’atto; struttura, l’effetto della costruzione», e riferendosi alle origini stesse dell’attività costruttrice, ricorda che «in qualsiasi costruzione architettonica coscientemente progettata ed edificata, la forma e i materiali, cioè i mezzi, contribuiscono in egual misura a realizzare i fini, secondo un percorso logico che aderisce a una precomprensione del mondo che è già scientifica, ma al tempo stesso olistica. Dovrà passare del tempo – appunto fino alla revisione galileiana – perché questo quadro sia in qualche modo rovesciato in una visione del mondo forse più rigorosamente scientifica, ma allo stesso tempo più riduttiva, impostata come è a un tipo di razionalizzazione che la rende soggetta a verifica settorialmente sperimentale.” Introduzione sulla struttura in architettura, da una lezione di Sergio Pone 1

Dal libro “ Gli scritti e le parole” su Mies Van der Roha a cura di Vittorio Pizzigoni


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strutture sospese

Non si può considerare il progetto di architettura come risultante di una sommatoria lineare di forma, funzione, calcoli e tecniche poiché ciò determina una pericolosa spaccatura di un processo che nasce, invece, come “insieme”. Ancora Nardi, sulla nozione di struttura, spiega: «se la parola Structura ha origine proprio in campo architettonico, derivando dal verbo latino Struere (costruire, fabbricare), Renato de Fusco sottolinea che pur essendo una locuzione tecnica – il termine Structura significa in Vitruvio “costruzione muraria” – essa aveva una connotazione dotta e indicava più esattamente un’organizzazione interna dell’edificio cui si riferiva. (…) Se si assume come valida la definizione generale di struttura come concetto essenzialmente basato sulla nozione di correlazione tra le parti e il tutto, di interdipendenza fra l’elemento singolo e il sistema di appartenenza, ecco che l’identificazione del termine struttura con quello di costruzione li fa apparire sinonimi.» Nelle opere di architettura e ingegneria il parametro fondamentale dal punto di vista strutturale è la luce. Con tale termine si intende, in una costruzione, la distanza orizzontale tra due appoggi successivi, siano essi puntiformi o lineari.

• La costruzione del ponte di Brooklyn, foto del 1909


strutture sospese

Il campo gravitazionale terrestre e il rapporto pesi/resistenze dei materiali, normalmente utilizzati nelle costruzioni, rendono infatti particolarmente oneroso superare luci appena superiori a qualche decina di metri, mentre non pone particolari problemi per strutture molto alte o comunque molto voluminose. Questo spiega, almeno in parte, la fama di alcune costruzioni che hanno grandi luci, come il Pantheon di Roma, per quasi due millenni la cupola di luce maggiore al mondo. Questo primato delle grandi luci, appannaggio di chiese e cupole fino alla rivoluzione industriale, con l’avvento dell’acciaio è passato alle coperture e agli archi reticolari in acciaio e, dunque, ai ponti sospesi realizzati con questo materiale. Con l’introduzione dell’acciaio infatti, le massime luci, che si ottenevano con archi e volte in materiali lapidei, sono passate da alcune decine di metri ad alcune centinaia di metri fino a oltre i mille con le funi in acciaio dei grandi ponti americani d’inizio Novecento. Tutte le grandi strutture successive all’avvento dell’acciaio utilizzano questo materiale, perché ha una resistenza di circa dieci volte superiore a quella dei materiali lapidei da costruzione.

• Primo disegno di un ponte sospeso, Fausto Veranzio 1595

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strutture sospese

Ponti sospesi Nei ponti sospesi il sistema di sospensione è costituito da due elementi, i cavi e i pendini. I cavi di sospensione sono la componente principale: si tratta di grandi funi metalliche sospese sulle torri a cui è appeso l’impalcato attraverso funi verticali o subverticali, i pendini. Questi ultimi sono funi di dimensioni assai minori, spaziate con regolarità lungo l’impalcato, similmente a quanto avviene per gli stralli. Nei grandi ponti sospesi, la componente di trazione dei cavi di sospensione è sopportata dai blocchi di ancoraggio ai due lati del ponte. Nella maggioranza dei casi questi ancoraggi sono dei grandi blocchi di calcestruzzo che si oppongono con il loro peso alle forze trasmesse dai cavi. Tutti gli sforzi esercitati su un ponte sospeso sono praticamente sforzi di tensione. Gli elementi sotto tensione possono essere più sottili di quelli sotto compressione, dato che non si deformano. Di conseguenza i ponti sospesi sono molto leggeri e possono avere un’estensione più lunga di qualunque alto tipo di ponte. Quando sono sottoposti al carico, si incurvano leggermente in modo da distribuire lo sforzo su un tratto di superficie molto maggiore che non gli altri ponti. Rudimentali ponti sospesi furono realizzati fin dall’età della pietra. Di solito, il piano percorribile seguiva la curva degli elementi sospesi. Nella loro forma più semplice, erano costituiti da due tavole di legno per camminare, appese a due corde parallele. I più antichi ponti sospesi conosciuti si trovano in Cina. Uno di essi, nella provincia di Yünnan, risale al 1470 e ha un’estensione di 68 metri. Il cavo di sospensione è costituito da catene di ferro forgiate a mano. In Occidente, il primo progetto per un ponte sospeso con piano orizzontale rigido apparve in un libro di Fausto Veranzio, nel 1595. Era sostenuto da catene, fatte con bare di ferro collegate assieme. Il ponte sospeso primitivo era inadatto ai veicoli perché troppo flessibile.


strutture sospese

A questo si è dato rimedio nel ponte sospeso moderno, agganciando al cavo di sospensione un piano rigido, mediante funi d’acciaio. I cavi poggiano sulla sommità di due torri e sono ormeggiati alle estremità, incastrandoli saldamente nella roccia o legandoli a enormi contrappesi. L’ingegnere di origine tedesca John Roebling è da ritenersi il padre del moderno ponte sospeso a cavi. Il capolavoro di John Roebling fu senza dubbio il Ponte di Brooklyn, a New York, per la cui costruzione fu nominato ingegnere capo. Adottando la sua tecnica di produzione di cavi trafilati egli realizzò il più grande ponte sospeso dell’epoca, che, con la sua luce di 487 m superava di una volta e mezzo quella di qualunque altro ponte precedente, e che fu il primo ponte ad avere cavi di acciaio. Il nuovo principio introdotto per questo ponte è quello di suddividere il carico su molti fili; se uno di questi fili si rompe, l’energia prodotta dalla rottura non verrà trasmessa alle altre fibre del materiale, come accadrebbe se si trattasse di un unico cavo. A partire però dall’ultimo decennio del Novecento, i progressi compiuti nello studio del comportamento aeroelastico di queste strutture ha suggerito soluzioni più efficaci che, proprio in questi ultimissimi anni, sono state implementate in alcune grandi opere che riguardano non più solo ponti o infrastrutture, ma anche edifici sospesi.

• Ponte sospeso di Brooklyn, John Roebling completato nel 1883

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• Vista dell’edificio Centro Leasing - Ex Olivetti, via Santa Caterina d’Alessandria, dal viale Spartaco Lavagnini


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Edifici sospesi Il progresso compiuto nell’opera ingegneristica e architettonica nella seconda metà del ‘900 ha permesso ai progettisti di tutto il mondo di sperimentare, osare e certe volte eccedere nel disegno dell’opera architettonica. Uno tra gli esempi più affascinanti di questo periodo di forte sperimentazione e ricarca sono gli edifici sospesi. Seguendo i principi costruttivi dei ponti sospesi, la struttura degli edifici sospesi è caratterizzata da uno o più elementi verticali, dei nuclei portanti cui sono appesi gli elementi orizzontali del progetto, i solai, collegati tramite dei tiranti, dei cavi. Per quanto riguarda il comportamento strutturale di queste tipologie di edificio, i carichi orizzontali vengono assorbiti dagli elementi orizzontali del progetto, quindi i solai, trasmessi tramite i tiranti al nucleo centrale che scarica a terra. I carichi verticali, come per ogni edificio, vengono trasmessi a terra direttamente dagli elementi verticali del progetto, in questo caso proprio i nuclei portanti, unici elementi ad arrivare in fondazione. La sospensione di questi edifici delinea dei caratteri progettuali che si ripetono nei progetti di questa tipologia strutturale: La possibilità di avere un piano terra, o più, compleamente libero da ingombri strutturali se non i nuclei; una distrubuzione in pianta anch’essa libera e fruibile; una facciata svincolata da elementi strutturali, se i cavi sono arretrati, oppure caratterizzata proprio dal ritmo di questi ultimi, come uno dei grandi esempi di architetture di questo tipo, riferimento progettuale primario per il progetto della Fondazione: l’edificio Centro Leasing - Ex olivetti progettato da Alberto Galardi tra il 1970 e il 1972.

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La nuova Filiale Olivetti di Firenze, che prende il nome di Centro Leasing, sorge nella zona centrale della città in via Santa Caterina d’Alessandria. L’edificio evidenzia con immediatezza l’intento di risolvere in un rapporto di continuità formale il problema dell’insediamento nel contesto urbano fiorentino. La funzione direzionale si organizza nell’ordine seriale, e questo si immedesima nel criterio strutturale del volume appeso. Il palazzo per la sede degli uffici della Olivetti, oltre a rispondere a requisiti di funzionalità, non può prescindere dagli aspetti rappresentativi di forme relazionabili al nome della ditta. I continui lefami della composizione con i fattori tecnologici sono emblematici dello “stile” di una ditta a carattere industriale: serialità, montaggio, chiarezza e espressività formale. Lo stesso schema strutturale dell’edificio, un enorme portale trilitico costituito da due torri scatolari in cemento armato sulle quali poggia una piattabanda alveolare a cui sono appesi, mediante tiranti, i diversi pani, è una ingegnosa macchina, dove l’utilizzo del calcestruzzo armato

• dettaglio del fronte strada dell’edificio Centro Leasing Ex Olivetti, da via Santa Caterina d’Alessandria


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precompresso si unisce all’uso delle strutture tese, che si impone come simbolica d’avanguardia tecnologica e di progresso produttivo del suo tempo. Il prolungamento seriale della facciata, al di sopra della rampa di salita del garage, intende “ricucire” visivamente l’edificio con la continuità parietale della strada. Gli spazi generati dallo schema strutturale sono geometrici, continui, scanditi dalla ripetizione modulare dei pannelli sui controsoffitti e dai serramenti sulle pareti e restano completamente sgombri da sostegni interni, in virtù del sistema strutturale. Il piano terreno è interamente aperto sul prospetto stradale e sul retro e chiuso dagli ampi basamenti verticali delle torri, uno spazio di proseguimento pedonale del percorso viario che evidenzia il carattere urbano dell’edificio e la sua struttura sospesa.

• Pianta e sezio del Centro Leasing, dove spiccano i nuclei in calcestruzzo e la piattabanda in testata cui sono appeni i piani degli uffici, completamente liberi da ingombri strutturali

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L’edificio, dal punto di vista strutturale, è suddiviso in due parti distinte: quella interrata, destinata ad autosilo ed impainti tecnici, con struttura in cemento armato ordinario, quella fuori terra destinata ad uffici, realizzata con struttura in cemento armato precompresso. Lo schema strutturale è concepito come schema trilitico: i due corpi delle scale sorreggono la copertura alla quale sono appesi i vari piani mediante tiranti. I due nuclei, in cemento armato, di m. 6,60x8,30 sono stati realizzati con casseri rampanti e sostengono una piattabanda alveolare in cemento armato di m. 18,00x40,00 costituenti il “ponte” alla quale sono appesi i tiranti di sospensione dei piani fuori terra dell’edificio. La piattabanda poggia, tramite dei cuscinetti in neoprene, sul lato inerno del nucleo ed è contrappesata sui lati esterni dall’azione dei cavi verticali in tensione. La piattabanda di testata, dello spessore di m. 2,00, è composta da due solette che incorporano 4 travi longitudinali precompresse intersecate ogni m. 2,70 da travi trasversali alle cui estremità sono ancorati i tiranti abbinati: quello esterno si ancora al 1° e al 2° solaio, quello interno al 3° e al 4°.

• Dettaglio del solaio in appoggio sui tiranti dell’edificio Centro Leasing


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I tiranti sono stati realizzati fuori opera in cemento armato e precompressi in opera. L’impalcato tipo è costituito da una soletta nervata in cemento precompresso, sorretta dai tiranti collegati alla copertura, posti ad interasse di m. 2,235 e precompressi mediante barre di Dyvidag. Il calcestruzzo è stato realizzato con cemento bianco ed interti di marmo Zandobbio. Tutta la struttura è facciavista: il Fascione di coperura e i marcapiani sono bocciardati, le altre parti sabbiate. L’adozione della soluzione sospesa è stata determinata dalla necessità di poter disporre del sottosuolo senza vincoli strutturali per potervi collocare un parcheggio meccanico, e dalla esigenza di avere aree per ufficio totalmente disponibili per un impianto distributivo a pianta libera. Il piano terreno dell’edificio è completamente vetrato in modo fa creare una continuità tra lo spazio esterno, l’interno e lo spazio retrostante. Come quinta a quest cannocchiale si ha il verde provvidenziale di un antico e folto parco.

Relazione di progetto di Alberto Galardi, a cura di Giuseppe Caporicci, “La Olivetti a Firenze”, in “Moebius Unità della Cultura. Architettura Urbanistica Arte”, IV, 1971/72

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• Controcampo dell’edificio Centro Leasing - Ex Olivetti, via Santa Caterina d’Alessandria, progettato da A. Galardi


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“E, nella continuità di questi spazi sta, forse, il rapporto più sincero ed esplicito di quest’opera coi temi dell’architettura moderna e, principalmente, con gli esempi ( si consideri l’integrale uso di una struttura generatrice di ripetute sequenze, con cui si definiscono fatto compositivo e spazio architettonico) del più teoretico e intransigente maestro Mies Van der Rohe, propugnatore di una continuità spaziale assoluta. Forse, ancora i temi cari a Mies ( di cui misconosciuto l’apporto anticonsumistico de “ il meno è il più “ e il valore possibilista di una prassi progettuale legata alla impersonale ripetizione del prodotto tecnologico ) sono quelli che consentono il sogno una architettura “collettiva”. Di una architettura, cioè, valutata, interpretata, trasformata e ricreata dalla partecipazione della società. “ Giuseppe Caporicci

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• Federal Reserve Bank di Minneapolis, progettata nel 1970 da Gunar Birkets


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Altro riferimento per il progetto di un edifici con struttura sospesa è la Federal Reserv Bank di Minneapolis progettato nel 1970 da Gunnar Birkets. Architetto statunitense di origine lettone (Riga 1925 - Needham 2017) dal 1949 si sposta negli Stati Uniti, dove ha completato la sua formazione, tra il 1950 e il 1959, attraverso esperienze professionali in studi prestigiosi, tra cui quello di Eero Saarinen . Progettato negli stessi anni ,ma segnato da una distanza che non si conta solo in chilometri ma anche come forma mentis architettonica, nell’edificio per uffici di Birkets si ritrovano i caratteri fondanti del progetto di Galardi che hanno portato entrambi i progettisti a sentire la necessità e il fascino di sperimentare una struttura sospesa. La Federal Reserve Bank si affaccia sul fiume Mississipi e chiude una delle piazze principali del distretto storico che si trova all’incrocio di due strade principali: la Nicollet Mall e la Hennepin Avenue. Progettare un edificio in uno spazio aperto, affaccio sulla città, pone da subito l’esigenza di una architettura permeabile, che non diventi una cesura ma allo stesso tempo una centralità per il luogo.

• Foto storica del progetto che mette in evidenza lo spazio aperto della piazza che permea nell’edificio

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• Foto di dettaglio dei tiranti in acciaio della Federal Reserve Bank


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Altro fondamento progettuale è la funzione: un edificio per uffici. La necessità di avere sia una facciata traspaente, per portare luce allo spazio di lavoro, ma anche riconoscibile e distintiva, e una pianta libera, per una distribuzione versatile degli spazi lavorativi. Al di sopra del parcheggio ipogeo, al livello della piazza la torre per uffici, che arriva ad un altezza di circa 100 metri, si svuota di tre piani e facendo penetrare lo spazio pubblico a al suo interno e divendo di per sé una porta per la piazza. Tre massive torri cieche arrivano a terra e sorreggono una copertura, anc’essa priva di aperture, che cela una trave in acciaio formata da tre capriate a cui sono appesi i piani sottostanti tramite dei tiranti. Come già riportato per questa tipologia di strutture, l’andamento dei carichi orizzontali viene assorbito dai solaio, trasportato dai tiranti alla trave in copertura e scaricato a terra attraverso le torri. Come ogni edificio che può essere schematizzato come una trave a mensola incastrata a terra, i carichi verticali sono assorbiti dagli elementi verticali del progetto. La maggior parte dei componenti strutturali dell’edificio sono compressi, i principali elementi in tensione sono i cavi in acciaio.

• Lo scheletro della Federal Reserve Bank in costruzione nel 1970

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• Due delle quattro torri che sorreggono i solai del MASP (Museo di Arte di San Paolo) progettato nel 1957 da Lina Bo Bardi


strutture sospese

Facendo una ricerca nella storia dell’architettura dagli anni ‘70 del Novecento, la sfida strutturale degli edifi sospesi trova esempi in tutto il mondo. Dal progetto per il Palazzo dei Congressi a Venezia di Louis Kahn, alla Fondacion Avicienne Maison de l’Iran di Claude Parent a Parigi, fino alla Torre Westcoast Transmission, Vancouver dei progettisti Rhone & Iredale tutti progettati intorno al 1969 si potrebbe procede con esempi più reccenti ed audaci. Si riporta un ultimo riferimento progettuale, nel quale si ritrovano caretteri comuni e fondanti della progettazione di un edificio sospeso, il rapporto con lo spazio circostante, che attraversa queste architetture e diviene un vuoto costruito. Progettato nel 1957 e inaugurato nel 1968 nell’Avenida Paulista, a San Paolo in Brasile, il Museo di Arte di San Paolo (MASP) è un altro esempio di sfida architettonica e struttura sulla tipologia degli edifici sospesi, dall’archietto Lina bo Bardi. Il luogo dove sorge il museo, un belvedere che faceva parte del parco Trianon, fu donato dall’amministrazione paulista con la sola condizione che mai venisse costruito un edificio che potesse impedire la vista al parco sottostante. La soluzione architettonica di Lina, dunque, è spiazzante e radicale allo stesso tempo: organizza l’edificio in due parti, una sopraelevata, aerea e cristallina e l’altra seminterrata e circondata da vegetazione. In questo modo crea una base che resta in relazione diretta con il parco, ancorata al terreno e legata alla memoria del vecchio belvedere e, contemporaneamente, conserva la vista sulla città e sulla parte rimanente di parco.

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strutture sospese

La piazza che si crea al di sotto del corpo sopraelevato dell’edificio si configura come un luogo di incontro e di scambio: piazza, agora democratica, spazio per concerti e manifestazioni, esposizioni di arte. Si configura come un vuoto urbano coperto e riparato capace di accogliere il passante in cerca di riparo così come una vasta gamma di eventi organizzati o spontanei. L’edificio si configura come un parallelepipedo di 70 metri di luce, 29 metri di larghezza e 14 metri di altezza, sospesa 8 metri dal suolo grazie a quattro pilastri in cemento armato a sezione rettangolare. Le due travi centrali che si appoggiano sui pilastri non supportano solo il pavimento del secondo piano ma anche quello della pinacoteca del primo piano attraverso l’uso di cavi in acciaio. Questa soluzione strutturale permette di avere uno spessore del pacchetto del pavimento molto sottile, conferendo leggerezza a tutto il complesso. Non esistono pilastri, né all’interno, né in prossimità della facciata. Le opere esposte sembra che fluttuino in questa involucro luminoso, venendo presentate come oggetti autonomi che partecipano alla vita quotidiana che si proietta sulle larghe vetrate poste a chiusura del perimetro espositivo. Architettura ed opere, rimangono sospese nel tempo e nello spazio, fluttuando leggiadre nell’aria.


strutture sospese

• Scheletro del MASP in costruzzione nel 1960

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• Prospetto dal Parco del progetto Fondazione Rosa Luxemburg


La torre per uffici

Un edificio per uffici, un parco, la necessitĂ di una facciata distintiva, un piano terra che lasci penetrare lo spazio aperto dentro il progetto, una pianta libera per il luogo del lavoro. Le fondamenta progettuali delle architetture degli anni ‘70, che sono riportate nelle pagine precedenti, sono le stesse che hanno portato alla soluzione di una struttura sospesa per il progetto della Fondazione Rosa Luxemburg a Berlino. Il disegno di un nuovo parco tra la Sprea e la traccia di Muro pongono le basi per la progettazione di un edifcio il cui piano terra si apra ad un rapporto diretto con lo spazio esterno circostante e lo lasci permeare al suo interno. La trasparenza del vetro della Hall della Fondazione permette di traguardare una spazio completamente libero da ingombri strutturali. I piani degli uffici si instaurano al di sopra di una nuova linea di terra, che sfiora il Muro. Questi sono appesi, tramite dei tiranti in acciaio arretrati rispetto alla facciata, alla grande trave reticolare in copertura. A terra vanno solamente due massive torri cieche, che sorreggono la trave e la cui finitura in granito grigio scuro nasconde un nucleo il calcestruzzo armato che arriva in fondazione.

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La Torre per uffici

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• Assonometria degli elementi strutturali del progetto della Fondazione Rosa Luxemburg


La Torre per uffici

Gli elementi che compongono questa struttura sospesa sono: 1. I due grandi nuclei in calcestruzzo armato, le torri, gli unici elementi ad arrivare in fondazione a terra; 2. L’alta trave reticolare in accciao, studiata con un profilato doppio C 400, e irrigidita dalla travatura secondaria e da due piani della sala espositiva che ospita; 3. I tiranti in acciaio, si ipotizza di un diametro di 200mm, ancorati alla trave reticolare; 4. I cavi sono celati in una cover di protezione in calcestruzzo di 600x600mm; 5. I solai in calcestruzzo armato che sorreggono i piani degli uffici, ancorati e appesi, tramite i tiranti, alla trave reticolare; 6. La pensilina in aggetto in calcestruzzo armato, ultimo solaio appeso, rastremata verso l’esterno ritmata da travi in calcestruzzo che hanno il passo delle travi dei solai soprastanti, e dei tiranti;

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La Torre per uffici

I solai in calcestruzzo armato che portano i piani degli uffici sono collegati alle cover di protezione dei tiranti tramite un sistema di appoggio il cui disegno rimanda alla facciata ritmata dell’edificio di Galardi. Si propone un disegno di progettazione strutturale dove la trave reticolare doppio C 400 si apre per ancorare a sĂŠ i tiranti cui sono saldati. 1. Elemento orizzonale della trave reticolare in acciaio doppio C400 2. Travatura secondaria in profilato in acciaio doppio C 240 3. Elemento verticale della trave reticolare 4. Cover di protezione dei cavi tiranti in calcestruzzo 600x600mm 5. Tirante composto da cavi in acciaio ø20 6. Trave del solaio in calcestruzzo armato 7. Ancoraggio in appoggio della trave di solaio al tiranti

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Palazzo Centro Leasing - Ex Olivetti, progettato da Alberto Galardi nel 1972


La Torre per uffici

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• Dettaglio assonometrico dell’attacco e connessione dei solai appesi tramite i tiranti alla trave reticolare in copertura

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La Torre per uffici

• Sezioni e pianta del progetto della Fondazione, che evidenziano gli elementi strutturali del progetto gli elementi in acciaio in rosso i nuclei in calcestruzzo campiti


La Torre per uffici

Il comportamento strutturale della Fondazione segue i principi delle architetture sospese. I carichi verticali vengono assorbiti dalle torri e scaricati da esse a terra. I carichi orizzontali, quali vento o sisma, vengono assorbiti dagli elementi orizzontali della struttura, i solai, e trasferiti, tramite i cavi in acciaio, alla trave reticolare in copertura cui sono appesi. Infine, la trave trasmette i carichi ai due nuclei verticali in calcestruzzo che la sorreggono, e gli scaricaricano in fondazione fino a terra.

Elementi in calcestruzzo: Nuclei in calcestruzzo armato e fondazioni Solai dei piani appesi Elementi in acciaio: trave reticolare e tiranti

• Prospettiva dal basso degli elementi strutturali del progetto

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La Torre per uffici

“Mentre rifletto, il mio sguardo va dai monoliti verticali all’architrave: fra ciò che porta e ciò che è portato si costruisce una relazione compiuta. Questo è costruire. L’architettura è cosa più inutile di quanto comunemente si pensi. La sua unica irrinunciabile caratteristica di ordine pratico è quella di portare un tetto. Quando, come a Stonehenge, quest’unica, prima necessità pratica o funzione, viene a mancare, ecco che il monumento sfoggia orgogliosamente tutto il suo valore. é forse per questo che quando il tempo ha esercitato il suo potere distruttore e noi abbiamo perso anche la memoria delle funzioni, il monumento si impone definitivamente, permane. (...) A Stonehenge, appare precisa la figura di architetto come uomo di pensiero, come colui che sa costruire un pensiero poiché il suo stesso pensiero è costruzione, come colui che piò spiegare perchè una cosa è fatta in un certo modo e non altrimenti.”

Stonehenge” in Capolavori: 12 architetture fondamentali di tutti i tempi di Livio Vacchini

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La Torre per uffici

• Maquette in legno rappresentante gli elementi strutturali del progetto della Fondazione Rosa Luxemurg

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• Scatto zenitale del modello di inquadramento in scala 1:1000


maquette

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Per il progetto di tesi della nuova sede della Fondazione Rosa Luxemburg sono stati realizzati a mano tre modelli. Una maquette di inquadramento a scala urbana dell’area di progetto, in scala 1:1000. Realizzato quasi interamente in cartonlegno, si è utilizzata la tecnica della stampa 3D per rappresentare in dettaglio il progetto. Interamente in cartonlegno il modello in scala 1:50 rappresenta il dettaglio della testata dell’edificio: il grande nucleo che sorregge la trave reticolare che cela, al suo interno, il museo con la grande scala elicoidale sospesa. Infine, un modello in legno di betulla verniciato vuole rappresentare il concept della struttura sospesa, in scala 1:200, viene rappresentata la volumetria della torre per uffici nei suoi pricipali elementi strutturali: i nuclei in calcestruzzo, la trave reticolare e i piani sospesi tramire i tiranti.


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Maquette

• Scatto a volo d’uccello dall’altra sponda del modello in scala 1:1000


Maquette

• Scatto a volo d’uccello da Nord Ovest del modello in scala 1:1000

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Maquette

• Scatto di prospetto del modello in scala 1:50 rappresentante il piano degli uffici e la sala espositiva


Maquette

• Scatto di scorcio del modello in scala 1:50 dove si evidenzia il ritmo degli infissi, dei tirnati e della trave reticolare

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Maquette

• Scatto frontale del modello in scala 1:200 della struttura


Maquette

• Sorcio del modello in scala 1:200 della struttura

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• Fotogramma del film “Il Cielo sopra Berlino” del 1987, diretto da Wim Wenders


conclusioni

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“Berlino ha molte superfici vuote. Si vedono case che su di un lato sono completamente libere perché la casa accanto è stata distrutta e non è stata mai più ricostruita. I desolati muri laterali di queste case si chiamano ‘Brandmauer’ e sono quasi inesistenti in altre città. Queste superfici vuote sono le ferite e io amo la città a causa di queste ferite. Esse trasmettono la storia meglio di qualsiasi altro libro o documento. Quando ho girato Il cielo sopra Berlino ho notato che ero sempre alla ricerca di queste superfici, di queste terre di nessuno.” Wim Wenders, 1992

Il film di Wenders offre una prospettiva a volo d’angelo sulla Berlino negli ultimi momenti delle guerra fredda, si confronta con il suo corpo urbano, martoriato dalla seconda guerra mondiale e sul quale sono ancora riconoscibili le cicatrici delle ferite di un tempo. Il Muro, che cadrà solo due anni dopo l’uscita del film, si impone in numerose scene, con i suoi spazi altri, luoghi che sono momenti di sospensione all’interno di un tracciato urbano che trova la sua identità solo nella pluralità del suo “eterno divenire”. Quasi trenta anni dopo la caduta del muro, percorrendo le strade della città, della grande barriera di cemento restano dei segni, alcuni soffocati dalla speculazione edilizia del nuovo secolo, che si è concentrata proprio in alcuni momenti centrali del suo tracciato, altri divenuti museo di se stessi. Alle spalle di uno di questi luoghi sospesi, in direzione contraria contro l’edilizia del residenziale di lusso che sta ridisegnando il distretto di Freidrichsain-Kreuzberg , il progetto per la sede della Fondazione che porta in nome l’eredità di una delle figure più rivoluzionarie del Novecento, si propone con un edificio identitario. Il nuovo parco lungo la Sprea fa a cornice alla torre sospesa della Fondazione Rosa Luxemburg.


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Bibliografia

Bibliografia Baukuh, Due saggi sull’architettura, Genova, Sagep Editori, 2012 Bergdoll B., Riley T., Mies in Berlin, Museum of Modern Art, 2001 Biraghi M., HANS POELZIG. Architettura, Arsenale, Venezia, 1992 Deplazes A., Constructing Architecture: materials process structures, Basel, Birkhauser Verlag, 2013 Furnari M., Manuale di progettazione. Uffici, Roma Mancosu, 2013 Galardi A. Alberto Galardi : architetto, Buenos Aires : Fundacion Gordon, 2001 Heuss T., Poelzig H., Hans Poelzig 1869-1936, Mondadori Electa, 1991 Hilberseimer L., Groszstadt architektur: l’architettura della grande città, 1927 Hilberseimer L., Entfaltung einer Planungsidee, Frankfurt/M-Berlin, Verlag Ullstein, 1963 Kollhoff H., Hans Kollhoff: Kollhoff & Timmermann architetti, Mondadori Electa, 2003 Koolhaas R., Junkspace, Quodlibet, 2012 Lambert P., Mies in America, Monteral - New York: Canadian Centre for Architecture, Whittney Museum of American Art, 2011 Merkel J., EERO SAARINEN, Phaidon, Londra, 2005 Pizzigoni V., Ludwig Mies van der Rohe: Gli scritti e le parole, Einaudi, 2010 Reinhold H., Palazzi per uffici, Milano : Edizioni di Comunità, 1968 Rilke R. M., “Elegie duinesi” Feltrinelli Editore, 2006


Bibliografia

Romàn A., EERO SAARINEN. An architecture of multiplicity. Princeton Architectural Press, New York, 2003 Rossi A., L’architettura della città, Qoudliber Abitare, 2011 Snodin M., KARL FRIEDRICH SCHINKEL: A Universal Man, Yale University Press, New Haven-Londra, 1991 Vacchini L., Capolavori, Werk Bauen und Wohnen, 2008 Ward C., Architettura del dissenso, Milano, Elèuthera, 2017

Su Berlino Burg A., Crippa M.A. Berlino, gli anni ‘80 tra modernità e tradizione, Editoriale Jaca Book, Milano, 1991 Del Vecchio M., Ricognizioni Berlinesi, oltre il muro, Edizioni Kappa, 2001 Döblin A., Berlin Alexanderplatz, A&C Black, 2004 Forte L., Berlino città d’altri. Il turismo intellettuale nella Repubblica di Weimar, Neri pozza editore, 2018 Hegemann, W., & Calabi, D., La Berlino di pietra: storia della più grande città di caserme d’affitto, Gabriele Mazzotta, 1975 Hilberseimer L., Architettura a Berlino negli anni venti, Milano, Franco Angeli Editore, 1979 Isherwood C., Addio a Berlino, Milano, Adelphi, 2013 Roth, J., Schweizer V., A passeggio per Berlino, Passigli Editore, 2012 Roth, J., & Tugnolo B., Fuga senza fine. Fermento, 2015 Scheffler K., Berlin, ein Stadtschicksal, Berlin, Suhrkamp Verlag, 2015

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Sitografia

Sitoografia alt-berlin.info berlin.de competitionline.de destatis.de design.rootiers das-project-berlin.de digital.zlb.de histomapberlin.de rosalux.de vintag.es


Filmografia

Filmografia Berlin, Berlin, poema visivo di Nehemias Colindres, 2014 Good Bye, Lenin! , Wolfgang Becker, 2003 Germania anno zero, Roberto Rossellini, 1948 Il cielo sopra Berlino (Der Himmel Ăźber Berlin), film di Wim Wenders, 1987 Il sipario strappato, Alfred Hitchcock, 1966 Le vite degli altri, Florian Henckel von Donnersmarck, 2006 Lola corre, film di Tom Tykwer, 1998 Metropolis, film di Fritz Lang, 1927 Rosa L., film di Margarethe von Trotta, 1986

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Ringraziamenti

Alla fine di questo percorso, è necessario ringraziare le persone che sono state fondametali per il conseguimento del mio lavoro di tesi. In primis, il mio relatore, il Professore Fabrizio Arrigoni per il sostegno costante e l’umanità con cui non manca mai di trasmettere tutto il sapere e la passione, che hanno reso stimolante questo lavoro e per cui sono grata. Ringrazio il Professore Giovanni Cardinale, per avermi aiutato ad inseguire una credibilità strutturale per il progetto ed avermi trasmesso il fascino per questa materia. Ringrazio il Prof. Simone Secchi per la disponibilità con cui ha revisionato e concretizzato la parte tecnica e impiantistica del progetto. Doveroso, inoltre, ringraziare le figure che lavorano all’interno dei Laboratori (stampa, modelli e fotografico) dell’Università, che mi hanno aiutato nella parte finale e delicata del lavoro di tesi. Dedico questo lavoro, che per me è stato un viaggio oltre che il mio primo grande traguardo, ai miei genitori, a cui devo tutto. Ai silenzi di mio padre, inarrivabile modello di vita, che mi ha insegnato l’arte della consapevolezza. Alle parole di mia madre, alle nostre risate, il mio porto sicuro. Ai miei zii e cugini, che mi hanno trasmesso il senso della Comunione. Ai miei nonni, di cui porterò sempre con me il valore delle piccole cose, il senso del sacrificio e la ricerca dell’essenziale.


Ringraziamenti

Ai sorrisi di Matte, e allo sguardo di Fabio. Costante della mia vita, punto fermo senza il quale non potrei stare. A Fede, che è entrato da poco nella mia vita ma sembra ci sia da sempre. Quando impari che le cose autentiche crescono da sole: senza fretta, e senza sosta. A chi mi fa tornare a casa, le mie radici, la mia parte emotiva, su tutti, Andrea e Jessica. A chi, invece, mi ha fatto sentire a casa anche a Firenze, la città che fa da sfondo a questo percorso, a questi anni di crescita. Al Borgo, la mia prima Casa, e a tutte le persone che la sentono tale e che si sono fatti due risate su quel divano scomodo. Isa, compagna fedele di questo viaggio, sei in ogni risata, ogni lacrima, in ogni sconfitta e vittoria di questi anni, e lo sarai sempre. Angelica, quei rapporti che quando nascono non si perdono, nonostante le distanze, perchè sia sempre così: “Dall’inizio, senza fine”. A Tommaso e Thomas, i miei due insostituibili compagni di lavoro e amici, che hanno supportato e sopportato ogni mia crisi, ogni mia soddisfazione di questi utimi anni, senza di voi non sarebbe stato lo stesso. Alla personalità di Francesca e alla sua capacità di calmarmi, uno dei quei legami che nascono tardi ma di cui non puoi fare a meno. A Stella, i nostri caratteri opposti che si aiutano a mettersi in discussione e miglioarsi. Alla dolcezza di Marina, Valeria, Edoardo e Leonardo e allo splendido gruppo che si è formato negli ultimi anni. Grazie di essere per me dei punti di riferimento.

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