Tesi_Aquae Ypsitanae

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Aquae Ypsitanae Alice Polverini


Aquae Ypsitanae

parco archeologico e complesso termale a Fordongianus

universitĂ degli studi di firenze DIDA a.a. 2012_2013 scuola di architettura corso di laurea in architettura quinquennale classe 4/S

progetto alice polverini relatore fabrizio arrigoni


INDICE 1_ Aquae Ypsitanae

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2_ casi studio

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3_ progetto: parco archeologico e complesso termale a Fordongianus

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motivazioni di progetto

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il programma

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la collezione

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il progetto

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Aquae Ypsitanae


Il Barigadu

il ponte sul Tirso

Fordongianus è l’ultimo dei toponimi che si sono susseguiti per designare un territorio occupato già dalla fine del neolitico medio e che ha visto il suo massimo splendore sotto l’impero di Traiano, quando ha acquisito lo stato giuridico di forum e mutato il suo nome da Acquae Ypsitanae a Forum Traiani, da cui l’attuale toponimo. Oggi è un piccolo borgo che conta poco meno di 1000 abitanti incastonato tra i dolci declivi del Monte Grighine. Si trova nella Sardegna centro-occidentale, nella provincia di Oristano, all’interno della regione storica e geografica del Barigadu. Questa piccola regione dell’interno, comprendente i comuni di Allai, Ardauli, Busachi, Fordongianus, Neoneli, Sorradile, si differenzia rispetto al resto dell’isola per la sua vegetazione rigogliosa. Grazie al clima soleggiato, ma non arido, vi si trovano molte foreste di sughero e di quercia e ovviamente macchia mediterranea, come an8

che alcune specie di animali: cervi sardi, daini, cinghiali, volpi, lepri sarde, martore, gatti selvatici, conigli e molti tipi di uccelli. Il borgo si trova racchiuso entro un’ansa del Tirso, il più importante fiume sardo per lunghezza e bacino idrografico. La presenza del fiume, unita alla posizione geografica strategica, al limite tra la Barbagia a prevalente economia di allevamento ed il Campidano caratterizzato dalla cerealicoltura, ha fatto sì che Fordongianus divenisse, in epoca romana, uno dei principali centri di scambio di tutta la Sardegna. In prossimità delle sponde del fiume le foreste di querce e sugheri lasciano posto ad un diverso tipo di vegetazione che comprende salici, canneti, lentischi, tamerici, mirto, fichi d’india, ontani, pioppi e lecci. Il tessuto urbano, per lo più costituito da edifici residenziali a uno, due e raramente tre livelli, si presenta compatto ma non sa9


fotografia storica

planimetria

turo, lasciando talvolta lo spazio per nuove edificazioni anche nelle parti più antiche del centro. Poche le emergenze monumentali. Si segnalano una sola chiesa (San Pietro Apostolo) e la cosiddetta casa aragonese, un’abitazione signorile di fine seicento; oltre ovviamente alle rovine romane. Le tipologie degli isolati sono miste così come in tutta la valle del Tirso per via della confluenza dei tipi limitrofi della montagna e della pianura. Si trova infatti spesso il chiaro legame con la casa Campidanese e la casa più tipica degli altopiani basaltici del nord, che qui, dove lo spazio non manca, ha creato dei pregevoli esempi di giustapposizione di stili, dando vita una continuità spaziale con la corte, in questi luoghi, sempre retrostante. Gli isolati sono profondi e curvilinei, dove si allineano case rivolte verso strade ampie e piazze, come la centralissima “Pratza de is Ballus” antistante la casa ara10

gonese oggi adibita a museo. Una caratteristica cromatica notevole è data, a tutto il centro storico, dal materiale da costruzione che è la locale trachite rossa conosciuta anche con il nome di “ Rosso di Fordongianus”. L’area urbana infatti occupa una bancata di tufi trachitici e andesitici piuttosto pianeggiante, a quote comprese tra i 27 ed i 45 metri sul livello del mare. Il bassopiano tufaceo è delimitato a nord dal fiume Tirso, a sud ovest e a sud da due colline alluvionali, separate da una valletta in cui transita l’attuale strada statale 388 che per quel tratto ricalca la strada romana a Turre Karales (da Turris Libisonis, Portotorres a Karales, Cagliari). A levante, infine, la bancata trachitica è limitata dalla valle alluvionale di un affluente di sinistra del Tirso, il Riu Mannu. Nell’area subito circostante all’abitato si ritrovano affioramenti di roccia, estratta sin dall’antichità come pietra da costruzione. 11


“I paesani le espongono all’aria , e raffreddate, le bevono volentieri, essendo non solamente più salubri, ma più grate al gusto che le acque delle altre fonti; e assai cara ai pastori nella estate perché vi dissetano il bestiame.” Vittorio Angius, verbale del censimento del 1838

il portico della natatio

Si tratta appunto della trachite, una roccia magmatica effusiva. La presenza di minerali accessori determina i diversi colori della roccia che, oltre all’inconfondibile e unico “rosso di Fordongianus”, si presenta spesso anche in tonalità cromatiche differenti come il grigio e il color acquamarina. In particolare, uscendo dal paese in direzione est e seguendo il corso del Tirso si trovano, a circa due chilometri di distanza, due cave ancora attive che estraggono trachite rossa e grigia. L’intero borgo è costruito con questo materiale, tanto gli edifici storici, dove prevalgono le tonalità di grigio, quanto la maggior parte di quelli moderni dove è spesso utilizzata trachite rossa. La consistenza tenera della pietra, fa sì che questa possa essere facilmente lavorata e quindi utilizzata per la realizzazione di elementi decorativi di porte e finestre, ispirati agli stilemi catalano- aragonesi, o per la realizzazione di cornici di corona12

mento. Oltre che per gli impieghi nel campo delle costruzioni la trachite si presta bene anche per l’utilizzo nel settore artistico. A Fordongianus si svolge ogni anno, a partire dal 1991, un simposio internazionale di scultura dove i maggiori artisti lavorano la pietra trachite esaltandone plasticità e versatilità. Ma ciò che ha determinato la grande fortuna di questo territorio in epoca romana, oltre alla posizione strategica per il commercio, è stata sicuramente la presenza della sorgente naturale di acqua calda, dalle proprietà benefiche, che i romani hanno sfruttato per la costruzione delle terme, luogo simbolo di cura, di ritrovo e di culto per la popolazione. Le acque sgorgano, in corrispondenza del limite ovest dell’area termale, alla temperatura di cinquantaquattro gradi centigradi e sono classificate come acque salso-bicarbonato-fluorurate-termoattive. La presenza di tracce 13


donna che fa il bucato presso le terme romane

ritrovamenti romani

di sostanze radioattive le rendono indicate per i bagni termali e per la fangoterapia. Sono inoltre utilizzate per le cure inalatorie e idropiniche, consigliate per la cura dell’obesità, della gastrite, della insufficienza epatica di lieve entità e della diarrea, delle patologie respiratorie, delle nevralgie, del reumatismo cronico e dell’allergia. Oggi la sorgente è utilizzata, oltre che dal complesso termale moderno che sorge al di là del Tirso, per l’alimentazione di diverse fontane che si trovano all’interno del centro abitato e che vengono utilizzate secondo le vecchie tradizioni locali per cucinare, lavare le stoviglie e fare il bucato. La prima presenza dell’uomo nel territorio di Fordongianus risale ad un periodo compreso fra il neolitico medio (4000-3300 a.C.) e il neolitico recente (3300-2700 a.C.), come è attestato dalla necropoli ipogea in località Is Domigheddas e dalla domus de Janas di Gularis. 14

1_terme 2_ponte 3_resti di lastrico stradale 4_resti murari 5_anfiteatro 6_pozzo

Gli insediamenti nuragici nei pressi di Fordongianus sono databili in un periodo compreso fra il 1800236 a.C. Inoltre, altri ritrovamenti attestano la presenza punica tra il 500 e il 238 a.C., periodo in cui Fordongianus si trovava sotto l’influenza delle vicine città di Othoca e Tharros. Lo scontro politico ed economico fra la potenza romana e quella cartaginese causa la prima guerra punica (264-241 a.C.) La pace del 241 a.C. lascia la Sardegna in mano ai cartaginesi, ma poco tempo dopo Roma potè usare a proprio vantaggio la rivolta degli stessi mercenari cartaginesi che, ottenuto il potere nell’isola chiederanno alleanza ai romani. Tra la fine del 238 e l’inizio del 237 a.C. l’isola transita sotto il dominio romano. La popolazione sarda tuttavia non si rivelò affatto docile alla dominazione romana in particolare nelle regioni dell’interno dove i romani non riuscirono mai a stabilire un controllo permanente. A causa del brigantaggio e 15


sezioni del complesso termale

planimetria del complesso termale

delle continue rivolte delle popolazioni barbaricine i romani si videro spesso costretti a mantenere un governo paramilitare con forte impiego di milizie. Sebbene i Romani siano presenti nel territorio di Fordongianus già in età repubblicana il loro stabile stanziamento è da riportarsi sicuramente al primo secolo d.C., in coincidenza con la costruzione della strada che portava a Turris Libissonis (Porto Torres). E’ in questo secolo che i romani iniziarono a sfruttare le risorse idriche naturali e si edificò il primo nucleo termale grazie al quale la città, che era nata come piccolo accampamento militare per sedare le rivolte e le incursioni delle vicine popolazioni dell’interno verso le pianure, si trasformò in un vero e stabile insediamento. Oggi le terme romane, che sono la parte visibile più estesa dell’antica città, danno sfoggio del prestigio che dovava avere l’insediamento all’epoca della loro 16

costruzione. Questo complesso, grazie alle proprietà benefiche e curative delle acque che vi sgorgano, era un luogo di culto oltre che di ritrovo, come dimostrano le dediche ad Esculapio e alle ninfe ritrovate nel luogo. Bisogna immaginare le terme come uno dei luoghi più frequentati della città, essenziali alla vita della comunità. La struttura del complesso termale doveva guidare il visitatore che vi si recava attraverso un percorso fisso, di purificazione, che era visto dai romani come un rito dalle forti connotazioni culturali e religiose. Inoltre lo stabilimento era dotato di alcuni elementi accessori, come portici, giardini e spazi per lo sport, che contribuivano ad attirare un gran numero di frequentatori. Le sorgenti di acqua calda e curativa, che sgorga sulla riva sinistra del fiume Tirso, sono state probabilmente scoperte e utilizzate già molti secoli prima dell’occupazione romana. 17


iscrizioni su un gradino della natatio provenienti da opere di spoglio

la natatio

A partire dal XIX secolo il comlesso romano è stato oggetto di studi e scavi per riportarlo alla luce. Giovanni Spano, religioso di origini portoghesi, è stato il primo studioso che si è occupato in maniera estensiva degli scavi di Forum Traiani. Egli ipotizzò l’esistenza di una struttura antecedente a quella romana, dalle cui rovine i romani avrebbero ricavato il materiale da costruzione per realizzare il loro complesso. Fu il primo a sostenere che le acque calde sgorgassero sul posto e riuscì ad indicarne portata e temperatura (54 gradi centigradi). L’ingegner Busachi di Oristano, che confermò anni dopo le teorie dello Spano, ebbe il merito di capire quali tecniche avevano utilizzato i romani per convogliare le acque sorgive portando come esempio il complesso di Plombieres le Bains, in Francia, che utilizzava gli stessi metodi. Lo stabilimento termale di Aquae Ypsitanae si estende sulla riva sinistra del Tirso e si dispone su più 18

livelli, appoggiandosi al terreno che degrada verso il fiume, non lontano dal ponte che lo attraversa. Si compone di due nuclei, distinti per periodo di edificazione e tecniche costruttive, che chiameremo, per comodità Terme 1 e Terme 2. Le Terme 1 sono le più antiche (primo secolo d.C.) e sono innalzate in opus quadratum utilizzando blocchi in trachiote grigia di notevoli dimensioni. Le Terme 2 costituiscono l’ampliamento del complesso, avvenuto qualche secolo dopo (tra il secondo e il terzo secolo d.C.). Sono caratterizzate da un uso meno intensivo di materiale lapideo, e utilizzano primariamente laterizi, probabilmente prodotti sul posto. Il bollo M.V.O. che si ritrova su alcuni mattoni, infatti, è presente solo a Forum Traiani e fa supporre la presenza sul posto di una fornace. Tra le varie parti che compongono il complesso, la natatio rappesenta sicuramente la più importante e quella che conserva maggiormen19


il portico della natatio

te la sua monimentalità. Si tratta di una piscina di 12,2 x 6,1 metri di ampiezza, profonda circa 1,6 metri. Originariamente era coperta da una volta a botte (di cui rimane un’imposta) e affiancata nei lati meridionale e settentrionale da due porticati di cui oggi ne sopravvive uno. La piscina fu probabilmente ristrutturata alcuni anni dopo la sua costruzione, come dimostrano delle iscrizioni leggibili su alcuni conci che compongono la gradinata, ricavati da cippi o are votive di spoglio provenienti forse dall’adiacente luogo di culto denominato appunto ninfeo. L’acqua termale faceva i suo ingrasso in vasca tramite una protome di epoca bizantina rappresentante la testa di un felino che purtroppo è stata rubata dal comlesso pochi anni fa, per poi defluire da un canale posto sul lato nord. Il complesso si chiude a nord, verso il fiume, attraverso un megalitico muro di contenimento che 20

doveva servire per proteggere lo stabilimento in caso di piena e allo stesso tempo serviva a costringere l’acqua all’interno di una vasca di captazione, originariamente coperta da una volta a botte. Tale muro è costituito da due paramenti esterni in massi squadrati di trachite, riempiti al loro interno da conglomerato cementizio utilizzando la tecnica del “muro a sacco”. L’utilizzo di trachite rossa mette in risalto un’integrale opera di ristrutturazione. In prossimità del muro di contenimento si trova un’altra vasca quadrata di 2,70 metri di lato e profonda 3,2 metri collegata per mezzo di una tubazione intercettabile con un sistema di chiusura a tappo conico comandato dall’esterno tramite manubrio. In questa vasca doveva avvenire il raffreddamento dell’acqua proveniente dalla sorgente, tramite la sua miscelazione con acqua a temperatura ambiente portata per mezzo di tubazioni da cisterne 21


ara votiva rinvenuta presso il Nynphaeum

il Nymphaeum

presenti all’estremità meridionale del complesso. La parte più significativa del complesso, che ancora oggi si conserva in tutta la sua altezza, è sicuramente il porticato superstite sul lato sud della natatio. Questo portico a sette luci, voltato a botte, serviva da imposta per una volta a botte ben più grande, che copriva l’intera piscina, di cui oggi si riesce ad apprezzare solo l’attacco. A est della piscina maggiore si trova una vasca più piccola, introdotta a sud e a nord da alcuni gradini. Questa vasca, che è stata scoperta solo recentemente, durante gli scavi del 1995-1996, è stata riconosciuta non come un luogo di balneazione ma come un luogo di culto, come dimostra il ritrovamento di un’ara votiva con dediche alle ninfe, rinvenuta all’interno di una delle numerose nicchie presenti sui lati occidentale e orientale della vasca. Ad occidente della natatio, invece, si trova un volume che si estende 22

oltre all’estremita nord del portico. All’interno di questo corpo di fabbrica si trova una piccola vasca absidata utilizzata probabilmente per il bagno caldo: il calidarium. Il nucleo delle Terme 2, si trova ad una quota più alta, a sud rispetto al primo complesso, e ne rappresenta l’ampliamento. E’ collegato con le Terme 1 tramite una scaletta a raggiera che si diparte dal portico ed è composto da otto ambienti. Rispetto al primo nucleo viene qui utilizzata acqua a riscaldamento artificiale, proveniente da serbatoi localizzati alla sommità del pendio. La temperatura dell’acqua era aumentata artificialmente con una tecnica ben nota ai romani: delle caldaie a legna riscaldavano l’aria che era poi convogliata all’interno di intercapedini presenti sotto i pavimenti e sotto le pareti perimetrali delle vasche. Il vano su cui termina la scala proveniente dal portico è identificato come frigidarium e nella sua pa23


panoramica del complesso termale dal limite occidentale

rete meridionale, che si affaccia sul forum, si ritrovano gli stipiti di un’apertura, probabilmente l’ingresso principale alle terme per chi veniva dalla città. Procedendo verso occidente si trovano in successione altri tre vani: il primo è interpretato come tepidarium, gli atri due, collegati tra loro, come calidarium. Questo è fornito di una grande piscina rettangolare con ipocausto ed è caratterizzato dalla presenza di una nicchia absidata. Tutti questi ambienti sono rivestiti da cocciopesto, un battuto di frammenti di laterizio che i romani utilizzavano per impermeabilizzare le superfici. Due piccoli vani trapezoidali, in origine coperti da volte a botte, chiudono il complesso a occidente e ospitavano le fornaci necessarie per il riscaldamento dell’acqua. Nell’area circostante sono presenti una serie di ambienti non definiti dagli studiosi nella loro funzione. All’estremità orientale troviamo le parti basamentali di alcuni vani 24

serviti da un corridoio, le cui strutture sono disposte ad L, che gli studiosi hanno interpretato come tabernae. Poco distante, si trova, isolata, una struttura absidata chiamata ninfeo Taramelli. Uno dei vani di forma trapezoidale riporta nei muri perimetrali degli affreschi datati tra il terzo ed il quarto secolo d.C. Riquadri di colore rosso incorniciano motivi fitomorfi e zoomorfi; nella parete settentrionale troviamo invece disegni geometrici. Degli ambienti in opus incertum, ritovati nel settore nord occidentale, sono stati utilizzati in età altomedievale come officine private di lapicidi e fanno presumere che il complesso fosse ancora frequentato in epoca bizantina. A monte delle terme, verso il centro cittadino, si apre una grande piazza di forma trapezoidale, il forum, che si estende per quasi 700 metri quadrati ed è pavimentata con lastre di trachite di grande pezzatura. La zona degli scavi si

conclude a sud con un pozzo e delle cisterne, collegati all’acquedotto, e un’imponente scalinata che portava probabilmente all’area residenziale della città. Non è possibile delimitare con precisione l’area su cui si estendeva l’antica città romana di Forum Traiani visto che le rovine sono state sepolte dalle nuove costruzioni. Le scoperte di residui murari (in via Ipsitani, via Dante, via V. Veneto, parte finale di via Rosa Sanna), di tratti stradali (davanti alla piazza della chiesa parrocchiale, in via Traiano e in via Vittorio Veneto) e della necropoli nell’area della chiesa parrocchiale, consentono di circoscrivere un perimetro racchiuso a nord dal fiume Tirso, ad oriente e a meridione dall’attuale tracciato di via Ipsitani, ad occidente da una direttrice ideale tracciata tra la parte terminale di via Pietro Pippia, la via Rosa Sanna e la sponda del Tirso. (Zedda) Non si ritrovano tracce, all’interno di questo perimetro, di un assetto

viario cardodecumanico classico con orientamento secondo i punti cardinali, quale ci si potrebbe prefigurare per una città di fondazione romana. Infatti, non è solo la viabilità attuale a non manifestare questo assetto, ma anche la ricostruzione di quella che doveva essere la via principale e la disposizione dei resti murari di via Ipsitani, denunciano un orientamento diverso. Tracciando una linea immaginaria che unisca i resti viari si ricava un orientamento pressocché parallelo al percorso dell’attuale via Ipsitani che sembra ricalcato più sull’orografia del terreno e sul percorso del Tirso che su un’ideale impostazione a priori. La città ha visto il suo massimo splendore sotto l’impero di di Traiano (98-117 d.C.) quando costituiva probabilmente il più grande centro abitato della Sardegna centrale, nonché luogo di scambi commerciali tra le popolazioni dell’interno e quelle delle 25


viabilità romana

il ponte sul Tirso

pianure. E’ in questo periodo che venne elevata dall’imperatore alla condizione giuridica di forum; da qui il toponimo Forum Traiani che sostituì il precedente Acquae Ypsitanae. E’ da attribuire al periodo imperiale la costruzione del ponte sul fiume Tirso, di cui oggi sopravvivono i basamenti che ancora sorreggono l’attuale ponte, frutto di una ricostruzione ottocentesca. Si sviluppa su sette arcate per circa 120 metri ed è interamente costruito con blocchi squadrati di trachite locale. Secondo quanto riportato dalle fonti letterarie si può ipotizzare che la costruzione dell’attuale struttura sia iniziata intorno al 1780 e si sia conclusa quasi un secolo più tardi, dopo alterne traversie legate anche alle piene del Tirso. Sono da attribuire al periodo imperiale anche l’edificazione dell’acquedotto, che sfruttava le abbondanti sorgenti del monte 26

Grighini, e l’anfiteatro di cui sono visibili le rovine in località Apprezzau. I resti dell’acquedotto romano emergono a circa milleduecento metri dall’abitato, in località Pischina de Ludu, raggiungibile percorrendo l’antica strada per Busachi. Le rovine si sviluppano per circa ottanta metri in direzione sudovest. Altri piccoli resti sono presenti a tre chilometri di distanza, sulle sorgenti del monte Grighini. L’anfiteatro si trova qualche centinaio di metri fuori dal centro abitato in direzione ovest e si appoggia ad una piccola valle naturale. Sono ancora in corso gli scavi per riporarlo in luce. E’ possibile ipotizzare che l’anfiteatro sia stato utilizzato come luogo per stanziare le milizie durante i periodi di rivolta. Questo spiegherebbe la sua posizione decentrata. Gli editti di Diocleziano del 303 e del 304 d.C. danno luogo all’inizio delle persecuzioni anticristiane 27


vista sull’abside di San Lussorio

la chiesa di San Lussorio

che, a Forum Traiani, colpiscono Lussorio, poi proclamato martire. Il Martirologium Hieronimanum documenta storicamente la vita del santo facendone risalire la morte al 304 d.C., anno in cui il corpo, sarebbe stato sepolto in una cripra fuori città, che corrisponde al sito in cui sorge l’attuale chiesa intitolata al martire. La parte più antica della chiesa è la cripta, attestata al periodo paleocristiano, un vano rettangolare semi-ipogeo, verosimilmente utilizzato in precedenza con destinazione funeraria o cultuale, mentre l’aula di culto, a navata unica, risale ai primi decenni del XII secolo, ad opera dei monaci Vittorini di Marsiglia. In seguito la chiesa subirà vari rimaneggiamenti di cui l’ultimo, nel XV secolo, con l’edificazione della facciata. La volta a botte che copriva l’aula nella prima edificazione , fu sostituita in un restauro nel 1250-70, in seguito al crollo di una parete laterale, da una copertutra lignea a capriate. 28

Alla diffusione del culto del martire in tutta la Sardegna seguì l’istituzione di una sede vescovile. Il 13 settembre 535 d.C. nei pressi di Cartagine, i Vandali subirono la prima sconfitta ad opera del generale bizantino Belisario. Nellla successiva battaglia di Tricamarum del dicembre dello stesso anno furono annientati dai romani d’oriente. Con l’inizio della sovranità bizantina sull’isola, l’imperatore Giustiniano unì la Sardegna alla prefettura d’Africa, disponendo un dux con l’incarico di comandante delle forze militari dell’isola proprio a Forum Traiani. Lo storico bizantino Procopio di Cesarea ci informa che il presidio militare fu dotato di mura di protezione perché in precedenza ne era sprovvisto, con l’intento di contenere le incursioni da parte delle popolazioni barbaricine. Nello stesso periodo, stando a quanto narrato dal geografo bizantino Giorgio Cipro nella descrizione del 29


mondo romano, la città mutò probabilmente il suo nome in Chrysopolis. Sotto l’impero romano d’oriente, Fordongianus raggiunse il suo massimo splendore, trasformandosi nella città più importante della Sardegna. Alla fine del VI secolo il dux Zabarda diede inizio ad un’operazione militare contro le popolazioni della Barbagia. La successiva ed inaspettata pacificazione dei barbaricini - dediti ancora a culti ancestrali - pose le premesse per una decisa azione di evangelizzazione delle popolazioni dell’interno, fortemente spinta dal Papa Gregorio Magno, come testimoniano le due epistole del maggio 594 inviate sia al dux bizantino che al capo dei barbaricini. Caduto l’esarcato d’Africa (698 d.C.), la Sardegna continuò a dipendere da Bisanzio trovandosi però esposta alle incursioni saracene provenienti dalle coste africane. 30

Le mutate condizioni resero inevitabile la riorganizzazione dell’apparato politico e militare bizantino, cui seguì la riunificazione dei poteri in un solo magistrato residente a Karales. Il trasferimento dell’apparato militare a Karales fu la causa implicita del decadimento di Chrysopolis, che accrebbe più tardi, in seguito allo spostamento della sede vescovile a Santa Giusta. Nel periodo Giudicale, Fordongianus si trova incluso nel giudicato d’Arborea come capoluogo di Parte Barigadu. La temporanea fine della guerra fra Aragonesi e Angioini, siglata con il trattato di Anagni del 1295, di cui fu fautore il Papa Bonifacio VIII, includeva la restituzione della Sicilia ai d’Angiò e l’investitura di un ipotetico Regno di Sardegna e Corsica al re d’Aragona Giacomo II. Qualche decennio più tardi, il 12 giugno 1323, il re Alfonso guidò lo sbarco delle truppe catalano-ara-

gonesi a Palma di Sulcis, attuale territorio di San Giovanni Suerigu, ed ebbe la meglio sui pisani a Lutocisterna, nei pressi dell’attuale aeroporto di Cagliari, il 29 febbraio 1324. Nel 1388 i rappresentanti della giudicessa d’Arborea e del re d’Aragona firmarono a Cagliari l’atto ufficiale di pace tra l’Aragona e il giudicato d’Arborea. Il marito della giudicessa, conte Moneleone Brancaleone Doria, arrestato nel 1383, fu scarcerato nel 1390, con rilevante ritardo rispetto alla data della stipulazione della pace. Proprio a causa di questo ritardo, il conte riprese le ostilità nei confronti degli Aragonesi. Il giudicato di Arborea quindi si affrancò probabilmente nel 13921393, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza del regno di Sardegna e Corsica. A seguito dell’improvvisa morte senza discendenti del giudice Mariano IV nel 1407, il parlamento giudicale - corona del logu- rico-

nobbe i diritti di succesione al francese Guglielmo III visconte di Narbona. Nell’ottobre 1408 il re d’Aragona Martino il vecchio inviò un forte esercito in Sardegna guidato dal figlio Martino il giovane, già re di Sicilia. Nel 1409 Guglielmo III tentò di trovare un accordo con Martino, senza tuttavia riuscirvi. Durante le operazioni belliche, Martino il giovane fu stroncato dalla malaria e il comando passò al generale Pietro Torrelles, il quale pose fine al giudicato d’Arborea nel 1410 con il trattato di San Martino. Nel 1425 Fordongianus entra a far parte del marchesato di Oristano, facente parte del regno di Aragona. Quando nel 1469 Ferdinando II d’Aragona prende in moglie Isabella di Castiglia, la Sardegna si trova a far parte del neonato regno di Spagna, separata dalla Corsica secondo la nuova divisio31


vista sul portale di accesso

la casa aragonese

ne amministrativa; ha così origine il “Regno di Sardegna”. Alla morte di Ferdinando, successe il nipote Carlo, futuro imperatore del Sacro Romano Impero con il nome di Carlo V. Durante questo periodo, precisamente nel 1520, il feudo di parte Barigadu, cui apparteneva anche Fordongianus, fu diviso in due nuove entità feudali: Parte Barigadu Susu, che andò in mano a Carlo de Alagòn, e Parte Barigadu Jossu, comprendente le ville di Fordongianus, Busachi e Allai, che fu acquisita da Nicolò Torresani. Nel 1588 il filgio di Nicolò, Girolamo, unì il feudo di Barigadu Jossu a quello di Canales; per alleanza matrimoniale i feudi transitarono successivamente dai Torresani ai Cervellon. E’ a questo periodo, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, che si fa risalire l’edificazione della cosiddetta casa aragonese, così chiamata per i motivi goticoaragonesi che arricchiscono la 32

costruzione, concentrandosi in particolare intorno alle aperture. Essa rappresenta un esempio ben conservato di abitazione signorile dell’epoca. La casa fu abitata fino al 1978 e poi divisa in due parti, di cui una è oggi adibita a museo mentre l’altra è stata acquistata recentemente dal Comune di Fordongianus. E’ preceduta da un ampio loggiato con colonne in trachite rossa, di cui alcune ristrutturate. Anche le finestre sono in trachite rossa, decorate con motivi floreali e religiosi. La finestra più interessante è quella della cosiddetta “camera degli sposi”. All’interno vi sono delle finestre costruite con una tecnica particolare chiamata “arco inflesso” o “carenato” di origine araba. Tornando alla storia, i feudi rimasero uniti fino al 1715 quando Barigadu Jossu fu separato dal Canales e attribuito a Isabella Cervellon. Isabella morì nel 1718 lasciando 33


erede suo figlio Pietro Maria Guiso che mantenne il feudo fino alla morte, avvenuta nel 1721. Il feudalesimo si conservò anche dopo il passaggio del Regno di Sardegna all’Austria e in un secondo momento ai Savoia. Con la morte di Raffaele (1788), ultimo discendente dei Manca Guiso, il feudo di Parte Barigadu Jossu fu considerato devoluto e incamerato dal fisco. A questa decisione si oppose la sorella di Raffaele, Maria Maddalena, che riuscì a riottenerlo nel 1790, dopo un oneroso compromesso col fisco. Nel 1791, poiché la stessa non era in grado di sostenere il pagamento delle somme stabilite, il feudo di Parte Barigadu Jossu fu concesso a Teresa Deliperi, con il titolo di marchesato di Busachi. Solo nove anni più tardi,nel 1800, anche la marchesa Deliperi, non riuscendo a corrispondere quanto dovuto per l’acquisto, fu costretta a restituire le ville di Fordongianus 34

e Villanova Truschedu. Nel 1829 Fordongianus andò a far parte, insieme a Villanova Truschedu, della contea di San Placido, feudo concesso ad Andrea Manca. Questo durò fino all’editto del 21 maggio del 1836, con il quale si decideva la soppressione delle curie feudali. Dal censimento del 1838 emergono particolari interessanti e utili per avere un quadro generale della città. All’epoca non erano ancora terminati i lavori di ricostruzione del ponte sul Tirso. Riportando le parole del censore: “L’antico ponte essendo stato distrutto nelle guerre civili, si imprese nel secolo scorso a costrurne un altro, ma dopo 60 anni non si sono fatte che le sole pile; comeché sia grande la necessità che sentasi del medesimo nelle piene invernali e nelle primaverili, quando si fondono le nevi delle montagne iliache. Molti sono periti tentandone il guado, e continueranno queste sventure, e resterà tutti gli

anni per molti giorni interrotto ogni commercio, se l’opera non si compisca.” Si hanno anche notizie in merito alle colture, che erano principalmente di grano, orzo e fave, e ai frutteti, di fichi, peri, susini, peschi, mandorli, in totale 7000 individui. Riguardo al bestiame: “numeravansi nell’anno 1838 buoi 400, vacche 1000, pecore 3000, capre 2000, porci 600, cavalli e cavalle 60. I formaggi non sono di molta bontà.” Per quanto riguarda le professioni si riporta che: “I più sono agricoltori, gli altri pastori o meccanici. Le donne lavorano in 200 telai la lana e il lino. Non concorrono alla scuola primaria più di 8 fanciulli.” La popolazione era così composta: “Nell’anno 1838 numeraronsi famiglie 238 e anime 1017, distinte in maschi 524, in femmine 493. Risultavano in numero medio annuale, nascite 45, morti 30, matrimoni 7. In pochi la vitalità sostienesi

oltre l’anno 60.” Dai censimenti successivi si può avere un quadro dell’evoluzione demografica, che è cresciuta in maniera lineare per i 113 anni successivi, fino al 1951, quando si è avuto il picco massimo di 1671 abitanti. A partre da quell’anno la popolazione ha iniziato a decrescere sensibilmente e oggi Fordongianus conta meno di 1000 abitanti.

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casi studio


vista del cortile

ALBERTO CAMPO BAEZA SEDE DEL CONSIGLIO DI CASTIGLIA Y LEON ZAMORA _ SPAGNA La nuova sede del Consiglio di Castiglia e León sorge nel centro storico di Zamora, nelle immediate vicinanze della cattedrale e della chiesa romanica di Santa Maria La Nueva. Un alto muro, costruito con la stessa pietra locale con cui sono stati edificati i monumenti cittadini, segue l’andamento del lotto a formare un giardino segreto al centro del quale sorge un corpo di fabbrica trasparente dove trovano posto le sale riunioni e gli uffici per le attività del Consiglio. Il muro spesso e possente costituisce un segno forte, perfettamente commisurato in altezza alla dimensione del tessuto urbano circostante. Rare le bucature che permettono il traguardo mirato sui monumenti vicini. Il corpo trasparente delle sale e degli uffici è circoscritto da un involucro di vetro a doppia pelle, dotato di parasoli tessili estensibili e capace di una regolazione attiva dei flussi di calore in base ai cicli stagionali; così sia in inver38

planimetria e modello tridimensionale

no che in estate il sottile e leggero volume cristallino consente di percepire nella sua totalità l’amichevole vicinanza del verde, e di interagire con esso. La grande capacità di Campo Baeza di calibrare gli interventi contemporanei nella città storica con pochi segni nitidi e decisivi è ribadita in questo edificio, dove il tema dell’hortus conclusus – già declinato in numerose ville e nel centro BIT di Maiorca – trova un’ulteriore espressione. Il tema che caratterizza questo progetto, la materica presenza della pietra accostata all’evanescente scatola vitrea custodita all’interno, è stato preso a riferimento per la progettazione del museo. Questa soluzione infatti consente di coniugare la necessità di un’illuminazione naturale indiretta degli spazi espositivi - attraverso le generose vetrate esposte a nord - con l’esigenza di introspezione propria dei musei - grazie al muro che chiude l’orizzonte. 39


vista sul fronte occidentale

STUDIO BAROZZI VEIGA CENTRO DI PROMOZIONE “RIBERA DEL DUERO” ROA _ BURGO _ SPAGNA L’intervento prevede la conversione e la ristrutturazione di alcune preesistenze, e l’ampliamento e l’edificazione di nuovi corpi di fabbrica destinati ad accogliere gli spazi amministrativi del Centro. La critica gli ha riconosciuto più di ogni altro il merito di una raffinata capacità di sintesi e di semplicità nel risolvere il connubio tra città e paesaggio, tra storia del luogo e contemporaneità del linguaggio architettonico. Sorgendo al limite della città, l’edificio si trova a chiudere l’ultimo lembo di territorio urbanizzato e fa spazio, aprendo lo sguardo come un cannocchiale, al paesaggio naturale che ha di fronte. La posizione peculiare e il patrimonio storico e paesaggistico di cui è innervato questo sito hanno fatto prediligere la scelta di soluzioni progettuali ipogee che lasciano visibili solo poche emergenze: il blocco preesistente dell’Ospedale, la torre verticale e la piazza; Il volume della torre si eleva con 40

planimetria e modello tridimensionale

i suoi sei piani come una chiara emergenza sullo skyline del paesaggio e “struttura” così il dialogo con la monumentalità dell’orizzonte. All’interno d’altra parte, si definisce uno spazio dotato di una grande capacità suggestiva, assolutamente inusuale e imprevisto, con una forte qualità estetica. Di nuovo l’elemento architettonico riconnette passato e presente, di nuovo diventa qui il valore aggiunto sull’esistente senza scardinare il tessuto: reinterpretando i topoi degli elementi locali si recuperano e si traducono con un linguaggio nuovo le tracce storiche e culturali che rendono unico e irripetibile un luogo. Questo progetto è servito da riferimento per la progettazione della nuova piazza al termine di via Terme. La situazione è del tutto analoga: anche qui ci si trova a costruire in aderenza ad edifici storici e la nuova piazza, con i suoi edifici, si posiziona tra paesaggio e città andando a ridefinire il limite urbano. 41


vista sull’ingresso a sud-ovest

CRUZ Y ORTIZ ARQUITECTOS ATRIO DI INGRESSO ALL’ALHAMBRA GRANADA _ SPAGNA Questo progetto, realizzato dagli architetti spagnoli Cruz e Ortiz, ha partecipato nel 2011 al concorso per la costruzione dell’atrio di ingresso all’Alhambra, aggiudicandosi il terzo posto. L’edificio si inserisce nel percorso, posto su un dolce declivio, che collega le zone di parcheggio al complesso dell’Alhambra e del Generalife. La sequenza di episodi (spazio pergolato, belvedere, discesa e uscita) che il visitatore sperimenta attraverso il nuovo edificio permette di prolungare il tempo di accesso al monumento, preparando lo spirito del visitatore. Il percorso subisce prima una compressione, e in seguito una dilatazione dello spazioc che si apre finalmente al paesaggio permettendo di scoprire per la prima volta il complesso monumentale. L’idea della sequenza e del transito continua a dar forma al progetto e ai suoi spazi nel piano più in basso. Dal luminoso livello superiore si discende in maniera cerimoniale fino ad 42

planimetria e modello tridimensionale

arivare alla hall sottostante, che segue la naturale pendenza del terreno. Questa hall più buia si apre a sua volta alla vista dell’Alhambra. La pendenza e la relativa penombra vogliono sottolineare e aumentare l’aspettativa per l’imminente visita. Durante questo percorso così vario, con continue dilatazioni e compressioni dello spazio, ed un susseguirsi di luci ed ombre, trovano posto tutti gli ambienti richiesti dal programma: biglietterie, sale conferenze, servizi igienici, bookshop etc. L’edificio si inserisce e si mimetizza nel paesaggio grazie all’uso di un pigmento color sabbia diluito nel cemento, e soprattutto grazie alla intensiva piantumazione a cipressi delle aree circostanti. Questa alternanza tra luci e ombre, di dilatazioni e compressioni dello spazio, con grandi e improvvise aperture sul paesaggio, si ritrova, all’interno del progetto di Fordongianus, nelle nuove terme, in particolare nella terrazza superiore. 43


vista sul fronte meridionale

PETER ZUMTHOR BAGNI TERMALI VALS _ SVIZZERA

Secondo le parole dello stesso Zumthor “La nuova costruzione è un grande volume in pietra, coperto di erba, incastrato nella montagna con cui forma un tutt’uno; un oggetto solitario che si oppone all’integrazione con le strutture esistenti, per lasciare emergere ciò che, in relazione al tema, appariva più importante: esprimere un intenso rapporto con l’energia primigenia e la geologia del paesaggio montuoso, con la sua imponente topografia. Nello sviluppare questa idea, ci faceva piacere pensare che l’edificio potesse trasmettere l’impressione che fosse più vecchio della costruzione che gli sta accanto, una presenza senza tempo nel paesaggio. Montagna, pietra, acqua, costruire in pietra, con la pietra, dentro la montagna, costruire fuori dalla montagna, essere dentro la montagna: il tentativo di dare a questa catena di parole un’interpretazione architettonica ha guidato il progetto e, passo dopo passo, gli ha dato forma.” 44

planimetria e modello tridimensionale

L’edificio, con la sua immagine esterna di solido monolite, si rivela all’interno come una grande “pietra svuotata”. Le acque sorgive penetrano nei vuoti lasciati dai pilastri, che si svelano a loro volta cavi e accessibili al loro interno creando una serie di altri luoghi suggestivi ed appartati. Tutto è volto a produrre effetti sensoriali contrastanti, attraverso la materia, la pietra e l’acqua, le variazioni di temperatura e luminosità, il pieno e il vuoto, successive compressioni e dilatazioni dello spazio. Quest’opera, tanto nota quanto apprezzata, non poteva non influenzare nella progettazione di un nuovo complesso termale e pertanto è qui riportata. Ha guidato la fase ideativa degli spazi termali non tanto nella mimesi delle forme, quanto nella ricerca di spazi emozionali, capaci, come accade a Vals, di stimolare i sensi producendo tensioni contrastanti. 45


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progetto: parco archeologico e complesso termale a Fordongianus


MOTIVAZIONI DI PROGETTO

via Vittorio Veneto

Arrivando a Fordongianus con l’intenzione di visitare le rovine si ha l’impressione che esse si trovino in un altro luogo, che non appartengano alla città. Sebbene l’edificio più vicino, di recente costruzione, non disti più di 40 m dal complesso termale questo gli è completamente indifferente tanto da decidere di dargli le spalle. E lo stesso accade con tutti i fabbricati che limitano il paese a nord, verso le terme. Il borgo dà le spalle alle rovine romane e non consente, attraverso le sue strade, il collegamento con queste. Attualmente la gran parte dei visitatori, compresi gli abitanti di Fordongianus, raggiungono il complesso termale in automobile attraverso una strada sterrata che costeggia il fiume, per poi parcheggiare la vettura a ridosso delle rovine. Per imboccare questa strada occorre uscire dal paese verso ovest o est, per poi tornare indietro in direzione delle rovine. L’unica alternativa è un passaggio pedonale, anch’esso 48

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la vasca minore, addossata al muro romano

la vasca maggiore

su una strada sterrata, non segnalato e noto solo agli abitanti che si diparte da via Vittorio Veneto. Di fatto non si intuisce, percorrendo le vie cittadine, la presenza del complesso termale che pur si trova tanto vicino, e lo stesso potrebbe dirsi per la presenza del fiume. Inoltre, una volta raggiunto il sito archeologico, volgendo lo sguardo al paese, che fa da sfondo, se ne vede solo il retro che, seppur mascherato dalla vegetazione, denuncia questa chiusura. Queste ragioni hanno guidato le scelte di progetto determinandone posizione e svolgimento. Le nuove strutture, collocandosi tra il borgo e le rovine, si fanno portavoci di una duplice vocazione: ridefinire il limite del paese e allo stesso tempo connettere, incoraggiare una comunicazione tra la vita quotidiana nel borgo e la memoria rappresentata dai resti romani. Per permettere l’attuazione di questi intenti sono state ipotizza50

te delle demolizioni di edifici non storici e di nessun pregio architettonico che, concessi dagli ultimi piani urbanistici, hanno causato le problematiche descritte, negando la possibilità di uno scambio con le rovine. Un’altra problematica, che è stata presa in considerazione durante la fase strategica, è stata quella dello sfruttamento della sorgente di acqua termale che si trova all’interno del sito archeologico. Attualmente questa serve per alimentare, oltre a diverse fontane racchiuse nel perimetro cittadino, due grandi vasche addossate al muro di contenimento romano e un enorme complesso termale costruito di fronte alle rovine, di là dal Tirso. Le vasche piene di acqua a 54 gradi, costruite per volere del Comune a metà del secolo scorso, sono utilizzate dagli abitanti che, muniti di automobile, vi si recano per lavare panni e stoviglie, riversando nel corso del fiume note51


la cabina della pompa e la passerella per i tubi fanno da sfondo alle rovine

in primo piano la pavimentazione del forum, sullo sfondo il ponte per l’adduzione delle acque al complesso termale

voli quantità di detersivi. Oltre al danno ambientale e d’immagine si segnala anche la promiscuità delle vasche, per la costruzione delle quali è stato intaccato il muro romano, e che a occhi inesperti potrebbero sembrare parte del complesso, tanto da essere la parte più fotografata dai visitatori delle rovine. Si propone quindi la rimozione di queste vasche e il loro trasferimento all’interno della città. In particolare si propone la costituzione di lavatoi, attrezzati per la depurazione delle acque, così da mantenere la tradizione per cui parte della popolazione utilizza l’acqua sorgiva per lavare. Il complesso termale moderno, per captare le acque dalla sorgente che si trova presso le rovine, utilizza una pompa custodita all’interno di un piccolo edificio costruito in loco, che convoglia le acque in una tubatura sopraelevata, sostenuta da un ponte. Tanto il ponte che la piccola costruzione che ospita la pompa, si trovano a 52

ridosso delle rovine e sicuramente non ne rappresentano uno sfondo adeguato. Inoltre la struttura termale, frequentata da molti visitatori e dotata di proprio albergo, non incoraggia, visto la posizione decentrata e la mancanza di un collegamento diretto (si ricorda che il ponte serve esclusivamente per il trasporto dell’acqua), la visita di Fordongianus e dei suoi monumenti. Per tali motivazioni è stato deciso di inserire nel programma funzionale di progetto, oltre ad un museo e alle funzioni necessarie per la gestione del sito archeologico, anche un complesso termale, in sostituzione di quello esistente. Il progetto vuole indagare circa le possibilità che avrebbe questo luogo, non considerando le scelte urbanistiche sbagliate come un limite, ma dando un’alternativa a quelle scelte, proponendosi come un’altra versione possibile.

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IL PROGRAMMA

esploso assonometrico

1_uffici 2_museo archeologico 3_biblioteca 4_terme 5_ristorante caffetteria

Il progetto si propone di fornire al sito archeologico tutte le strutture necessarie per l’accesso da parte dei visitatori, comprese delle passerelle per il passaggio all’interno delle rovine, ora assenti. Inoltre viene proposta la costruzione di un museo archeologico, necessario per ospitare i reperti rinvenuti in loco, ora conservati in un magazzino comunale e non visibili al pubblico. Il museo è pensato, oltre che per queste opere, per una collezione più grande che potrebbe riunire tutta la statuaria romana rinvenuta sull’isola. E’ dotato di biglietteria, guardaroba, bookshop, sale espositive, magazzino, servizi e giardino. In un’edificio adiacente, con ingresso indipendente, trovano posto gli uffici amministrativi del museo, oltre ad una sala polivalente per il restauro e un deposito per i reperti in attesa di collocazione. Si prevede anche la collocazione di una nuova biblioteca cittadina con accesso dalla piazza della 54

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chiesa parrocchiale e con un giardino sul retro, in comune con il museo. Il progetto vuole inoltre proporre una nuova collocazione per il complesso termale moderno, che si andrebbe ad integrare nel tessuto cittadino ed eviterebbe lo spinoso problema del trasporto delle acque termali di là dal Tirso. Il nuovo complesso sarebbe dotato di numerose funzioni: hall-biglietteria, spogliatoi, piscina interna, piscina esterna, cromoterapia, bagno turco, idromassaggio, sale massaggi, sala relax e una clinica interna con sala d’attesa e ambulatori. A chiusura della piazza di ingresso al centro termale, una struttura più bassa, connessa al complesso ma dotata di ingresso indipendente: un bar-ristorante. Tutti i nuovi percorsi e piazze di progetto sono ad esclusivo passaggio pedonale e possono essere raggiunti dal paese o da un nuovo parcheggio, localizzato al limite est dell’area. 56

Infine trovano posto, all’interno del disegno di progetto, confinati dentro mura al pari delle architetture, dei frutteti e degli orti ad uso della comunità, al fine di salvaguardare quelle colture che attualmente si ritrovano nelle aree di progetto. La scelta di intervenire a cavallo tra il borgo storico e le rovine per connettere le due realtà, ora separate, ha portato con sè l’esigenza di costruire talvolta in aderenza e di allargare il programma includendo la riqualificazione delle vie circostanti. Le aree più interessate sono quelle prospicenti le rovine: via Rosa Sanna, la piazza della chiesa di San Pietro apostolo, pratza dei ballus e la parte terminale di via Vittorio Veneto. In particolare grande attenzione viene riservata alla piazza della chiesa parrocchiale dove trova accesso la nuova biblioteca e su cui si innesta il percorso che porta a al nuovo complesso: al museo, alle rovine e quindi alle terme.

Viene proposta una pedonalizzazione dell’area ed una nuova pavimentazione. Altra zona che si configura come nodale per il progetto e pertanto merita grande attenzione è la parte terminale di via Vittorio Veneto. In quest’area sono stati recentemente rinvenuti resti di lastricato di una strada romana in buono stato di conservazione. I resti sono stati riportati alla luce e sono oggi visibili. Tuttavia non è stato predisposto un piano di recupero e valorizzazione dell’area che pure sarebbe necessario. Attualmente via Vittorio Veneto termina con uno sbarramento alle autovetture costituito da colonnini in cemento; subito dopo alcuni gradini scendono al livello dello scavo e ne permettono il raggiungimento. La strada romana, che corre perpendicolarmente rispetto a via Vittorio Veneto, è stata riportata in luce solo per un piccolo tratto, dopodiché si interrompe da un lato contro un’abitazione in

rovina, priva della copertura, da quello opposto contro un garage. Oltre il lastrico stradale romano non c’è pavimentazione ma terra battuta. Si propone quindi la demolizione degli edifici fatiscenti e la loro sostituzione con nuove fabbriche costruite in aderenza da destinarsi a abitazioni e lavatoi. Nello spazio circostante le rovine della strada romana, che si trova alla confluenza tra via Vittorio Veneto e via Terme, si propone la costruzione di una nuova piazza con belvedere, che darebbe accesso ad un nuovo edificio destinato agli uffici amministrativi del museo archeologico.

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LA COLLEZIONE

bes 1, su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali

Si riportano l’elenco e la descrizione dei reperti rinvenuti nel territorio di Fordongianus che saranno ospitati all’inteno del nuovo museo archeologico. Tali opere, al momento del disegno degli spazi museali ne hanno determinato dimensione e disposizione, al fine di garantire una loro corretta esposizione. La prima scultura, Bes 1, ritrovata nei pressi delle terme, nei primi anni del secolo scorso, è attribuita al I secolo d.C. Le mani e la testa sono mancanti, il piede destro è danneggiato. La statua, scolpita a grana grossolana su un blocco di trachite grigia è alta 80 cm, compresa la base e rappresenta una figura obesa e tozza con busto nudo e curvo, esageratamente sviluppato rispetto alla brevità delle gambe. Intorno alla vita è stretta una cintura a forma di fune con fiocco centrale, la quale sorregge una veste ondulata che scende fino all’altezza dei piedi. Al brac58

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lampada cristiana, su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali

bes 2, su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali

cio sinistro, ripiegato sul fianco come il destro, porta avvolto un serpente con la coda indirizzata sulla natica sinistra. La scultura è la rappresentazione di una divinità di origine egizia, Bes, portata in Sardegna dai Cartaginesi e assunta successivamente anche dai romani. E’ rappresentato come una figura nanescea e deforme. Se per gli egizi rappresentava la divinità protettrice della maternità, con il passare del tempo questa figura si è legata ai culti salutiferi ed è stata utilizzata per rappresentare il dio fenicio della medicina Eshmun. Questa statua del dio Bes dimostra il mantenimento del culto in età romana e la sua contaminazione, infatti, il serpente avvolto al braccio è un evidente richiamo al culto di Aesculapius. La seconda scultura, Bes 2, priva delle gambe e delle mani, ritrovata insieme alla precedente, è alta 85 cm compresa la base. Rappresenta anch’essa una figura defor60

me, con il busto curvo e la testa incassata tra le spalle; i muscoli delle braccia sono particolarmente sviluppati, il ventre ed i pettorali adiposi. La testa sproporzionata presenta grandi occhi sporgenti, con bocca e naso appena pronunciati, solo l’orecchio destro ha il lobo ben delinaeto. La barba appuntita verso il mento è evidente solamente sulla guancia destra, le braccia sono ripiegate sui fianchi e sul braccio sinistro porta avvolto un serpente con al coda rivolta verso la gobba. La statua, come la precedente, rappresenta il dio Bes e il serpente intorno al braccio richiama Esculapio. Una lampada cristiana in terracotta (V sec d.C.) proveniente dall’area della necropoli della chiesa di san Pietro, è stata ritrovata nei primi anni del secolo scorso, durante i lavori di sistemazione della piazza circostante la nuova chiesa parrocchiale. Al centro è rappresentato il sacrificio di Abramo, mentre il bor61


cippo a botte

mosaico, su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali

do è decorato a stelle e cuori. La scena è ben visibile, nonostante un foro provocato forse da un colpo di piccone, e mostra Abramo vestito con una corta tunica stretta in vita, con la mano sinistra stringe i capelli di Isacco inginocchiato davanti a lui, mentre con la mano destra impugna il coltello, che innalza nell’atto di colpirlo. L’intervento di Dio è rappresentato da una grande mano con parte dell’avanbraccio, che simboleggia l’atto di interrompere il sacrificio dirigendolo verso l’agnello posto al di sotto. Un mosaico, scoperto nel luglio del 1969 nel cortile della casa di Luigia Frongia, in via Vittorio Veneto, staccato, riunito e colmate la parti mancanti con cemento, è stato trasferito a Cagliari, dove è attulmente conservato. Il mosaico, in ottimo stato di conservazione, è stato datato tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C. Misura 9,15 X 3,40 metri ed è comp osto 62

da tessere bianche, nere, grigie, ocra, rosse e verdi di 0,6-1,1 X 0,71,3 cm. Un cippo votivo anepigrafo è stato ritrovato intorno alla metà degli anni ottanta, circa 150 metri a nord ovest dalla chiesa di San Lussorio. Il cippo di forma semicilindrica si definiche a botte, o a cupa, per l’aspetto reso realistico dalla forma e dalla presenza alle estremità della scolpitura in rilievo dei cerchi della botte. Il cippo è privo del riquadro modanato sul quale venivano incise le iscrizioni funerarie; la tipologia è ascrivibile a categorie sociali piuttosto basse, schiavi e liberti, databile a partire dal II secolo d.C. Un’ara votiva in trachite grigia che è stata datata tra il 211 e il 212 d.C. Ritrovata all’interno del complesso termale, nel Nymphaeum, adagiata in una delle nicchie, reca due dediche alle ninfe: una da parte di Marcus Aurelius Servatus re63


ara votiva con dediche alle ninfe

sponsabile delle miniere dell’isola e l’altra da parte di Quintus Baebius Modestus, governatore della provincia. E’ alta 115 cm e larga 53. L’iscrizione, che si estende su nove righe recita: Nymfis votus pro salute / Q(uinti) Baebi Modesti allecti / inter amicos consiliaros / ab imp(eratoribus) Antonino et G(eta) / Augg(ustis), proc(uratoris) Augg(ustorum), praef(ecti) prov(inciae) / Sard(iniae) Servatus Augg(ustorum) lib(ertus)./ proc(urator) metalloeum et / praediorum, adiut(or)/eius. Unica sopravvissuta tra le are che dovevano ornare le nicchie del Nymphaeum; le altre sono andate distrutte ed utilizzate come materiale di spoglio per ristrutturazioni successive delle terme, come dimostrano le iscrizioni che emergono nei gradini e nella struttura della natatio.

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IL PROGETTO La piazza della chiesa parrocchiale di San Pietro apostolo, cuore pulsante del borgo, rappresenta il punto di partenza del progetto, in qualità di accesso principale al nuovo complesso, e allo stesso tempo di punto di vista privilegiato sulle nuove prospettive. Allineamenti visivi inediti mettono in comunicazione la piazza della chiesa, elemento centrale della vita cittadina, con le rovine e con il nuovo complesso museale, portatori della memoria del luogo. Da questo forum moderno si percepisce un’antica presenza, verso la quale ci volgiamo, e dalle rovine pagane i nuovi muri inquadrano l’edificio cristiano. Sfruttando un vuoto esistente tra gli edifici che delimitano la piazza, proprio di fronte alla facciata della chiesa, il progetto s’insinua cauto, attraverso una gradonata e l’accesso alla biblioteca. Un muro in trachite locale, commisurato in altezza con gli edifici circostanti, si allinea con le altre facciate della 66

piazza, integrandosi per dimensioni e materiale, ma allo stesso tempo denunciando un’eccezionalità rispetto al linguaggio proprio degli edifici residenziali circostanti. Questo muro, completamente cieco ad eccezione di uno squarcio che lo percorre per tutta la sua altezza, consentendone il valico, non introduce direttamente all’interno della biblioteca, bensì a un giardino murato che ne filtra l’accesso. Le essenze piantumate in questo lembo di terreno, dei cipressi, svettando in altezza denunciano già dall’esterno la presenza di un hortus conclusus - tema ricorrente del progetto - e comunicano la prossimità di un crocevia, inizio di un nuovo percorso. La pavimentazione della piazza, anch’essa in trachite locale, presenta dei ricorsi in cemento, che segnalano, con la loro giacitura, due elementi di rilievo per il progetto: da un lato richiamano l’attenzione sulla presenza più importante della piazza, la chiesa, limitandone il sagrato,

dall’altro indicano l’inizio del nuovo percorso, a fianco dell’ingresso alla biblioteca. Lasciandoci la chiesa alle spalle e volgendo lo sguardo in direzione opposta, nuovi orizzonti si aprono di fronte all’osservatore. Lo sguardo corre lontano, fino alle sponde del fiume Tirso e alle rovine delle terme romane, accompagnato e direzionato prima da una gradonata che scende verso un livello inferiore, poi da un percorso scavato nel terreno, una trincea che conduce i visitatori alle rovine. La biblioteca e la gradonata, che sono visibili dalla piazza, rappresentano solo una parte del progetto, una propaggine che introduce e invita il visitatore alla scoperta di un organismo ben più grande, le cui dimensioni rimangono celate finché non si scende a un livello più basso. Le altezze di progetto, infatti, non superano mai quelle degli edifici circostanti e i nuovi volumi non sono visibili dal centro. I nuovi corpi di fabbri67


prospetto principale e planivolumetrico

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piazza d’ingresso al museo

ca si appoggiano sul terreno che scende verso il fiume e assumono un’imponente presenza solo se visti dal basso, andando a costituire la quinta scenica su cui si mette in mostra il sito archeologico. L’allineamento così pronunciato dei percorsi rappresenta un invito ad affacciarsi e a esplorare la nuova strada che si apre di fronte al visitatore, denunciando la presenza del nuovo complesso. Chi volesse intraprendere il percorso si trova subito di fronte ad una scelta: seguire la strada maggiore e scendere quindi attraverso la gradonata, oppure percorrere un tracciato in piano, che costeggia la biblioteca e termina in un affaccio. Scegliendo la seconda strada si giunge in un giardino rialzato, con affaccio sulla piazza sottostante, che può essere raggiunta tramite un ascensore. In entrambi i casi, il punto di arrivo è la piazza, su cui si apre l’accesso al museo archeologico. Percorrendo la gradonata ci si trova confinati tra 70

due cortine murarie e lo sguardo è obbligato verso il fiume. Ad un tratto una frattura interrompe la vista continua sul paesaggio: una bucatura sul muro a sinistra ci invita a spiare oltre la cortina, introducendo un aranceto, dopodiché lo sguardo si allarga verso destra, dove si apre una piazza inaspettata. E’ qui che freme il baricentro del progetto, il nodo vibrante da cui si dipartono tutti i percorsi di visita: possiamo scegliere di addentrarci nel museo, o di continuare ad abbandonarci all’abbraccio dei setti murari, seguendo il richiamo dall’antica presenza delle terme. Oppure possiamo scegliere di fermarci e di lasciare che sia lo sguardo a correre, lungo il paesaggio del parco fluviale. IL MUSEO Il museo è un organismo dalla doppia pelle. E’ separato e protetto dal mondo esterno attraverso un alto e spesso muro in trachite. Per mezzo di questo involucro il 71


piante e sezioni dell’area del museo

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vista dell’interno

museo si chiude all’esterno e cala il visitatore in uno spazio riflessivo, che non concede distrazioni. L’alto muro consente il dialogo con due soli interlocutori: le rovine, inquadrate dall’unica bucatura, e il cielo, visibile alzando gli occhi al di sopra di esso. La spessa e ruvida pelle esterna, infatti, è solo un recinto, che limita l’area di pertinenza di un oggetto più piccolo e fragile, più permeabile e levigato, posto al suo interno: una scatola di vetro che contiene il museo vero e proprio. La sinergia delle due pelli, quella di pietra e quella di vetro, permette all’organismo di funzionare perfettamente, coniugando in un unico edificio due intenzioni ben distinte: la creazione di uno spazio espositivo arioso e luminoso, ma allo stesso tempo chiuso e introverso. L’involucro, piegandosi verso l’interno del volume, in corrispondenza della piazza di accesso, invita il visitatore di entrare. Dall’esterno non s’intuisce niente di ciò che 74

accade all’interno, ma è proprio questa inclinazione del muro ad accompagnare il visitatore al di là di un recinto apparentemente impenetrabile. Una volta dentro, ci si trova di fronte all’ingresso vero e proprio, che introduce direttamente alla biglietteria alla sua destra. Si è richiamati verso questo spazio grazie alla luminosa presenza di un giardino sullo sfondo, celato fino a questo momento. Il giardino, incassato tra il museo e la città, affiancherà tutte le sale che si affacciano sul fronte sud, andando a costituire un fondale verde per le opere esposte. La scansione dello spazio interno è data da setti trasversali, che limitano le varie sale, visitabili in successione dopo aver fatto il biglietto. Sono presenti, all’interno del volume allungato del museo, tre tipologie di percorsi (spazi serventi) per tre diverse categorie di ambienti (spazi serviti), ognuno destinato a un diverso genere di opere. 75


sezione tecnologica museo 1_SOLAIO VERDE DI COPERTURA _ _ _ _ _ _ _ _ _

strato di terra 15-20 cm strato drenante tessuto non tessuto 2 cm guaina impermeabilizzante 1 cm isolamento termico 8 cm barriera al vapore 1 cm massetto di pendenza 1% solaio di copertura 30 cm controsoffitto

2_PARETE ESTERNA

3_VETRATA

_ rivestimento in trachite fissato alla struttura con staffe in acciaio 20 cm _ pannello di cemento 20 cm _ rivestimento in trachite fissato alla struttura con staffe in acciaio 20 cm

_ lastra esterna in vetro laminato extrachiaro ancorata alla base tramite guida in acciaio inossidabile 3 cm _ intercapedine d’aria contenente , ogni 2,6 m, costole distanziatrici in vetro 40 cm _ lastra interna in vetro extrachiaro ancorata alla base e alla sommità tramite guida in acciaio inossidabile 3 cm

4_SOLAIO PERCORSO RIALZATO _ _ _ _

pavimento 2 cm massetto alleggerito 9 cm solaio in cemento 30 cm guaina impermeabilizzante 1 cm _ riempimento di terreno

5_SOLAIO PERCORSO ESTERNO _ pavimento in lastre di trachite 6 cm _ fondo di sabbia 10 cm _ stabilizzato 10 cm _ pietrame 70 cm

6_SOLAIO CONTROTERRA MUSEO _ pavimento 2 cm _ massetto alleggerito porta impianti 8 cm _ isolamento termico 8 cm _ barriera al vapore 1 cm _ soletta in calcestruzzo 7 cm _ vespaio areato _ magrone

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vista sul percorso verso le terme

Il percorso principale è quello che attraversa le sale più grandi. Queste, destinate all’esposizione dei mosaici e delle sculture più importanti, sono visitabili in successione e si aprono verso il fronte vetrato a nord tramite una doppia altezza. Il percorso che attraversa queste sale, tuttavia, trovandosi sotto a un ballatoio, è piuttosto compresso, generando sollievo e stupore nel visitatore, che osserva lo spazio dilatarsi e illuminarsi quando accede nelle sale a doppio volume e vetrate. La seconda tipologia di percorso è quella che si trova sul ballatoio, raggiungibile per mezzo di scale e ascensori alle due estremità della fabbrica. Gli spazi attraversati da questo percorso sono destinati all’esposizione di opere di dimensioni medie, statuette e vasellame, e hanno una continua possibilità di affaccio sulle sale sottostanti. Infine, il terzo percorso è quello che permette di osservare le opere più minute, gioielli, monete e 78

piccole statuine. E’ situato a una quota di poco inferiore rispetto a quella delle sale principali, lungo il fronte nord, ed è raggiungibile tramite delle rampe. Il salto di quota permette di portare l’occhio del visitatore a un livello inferiore rispetto alla vetrata e di scavare sul muro al di sotto di essa una nicchia per esporre i piccoli reperti. I tre percorsi descritti corrono in parallelo e, in qualunque di essi ci si trovi, si riesce a vedere gli altri due e a cogliere la spazialità complessiva delle aree espositive. Un altro percorso possibile per raggiungere il museo è quello che si diparte dalla nuova piazza, posta all’incrocio tra via Terme e via Vittorio Veneto. Attratto dal belvedere con cui si conclude la piazza, il visitatore si accorgerà della scalinata che scende a sinistra, costeggiando il fianco del museo, per giungere poi allo spazio che gli dà accesso. La nuova 79


vista sull’ingresso del complesso termale

piazza con belvedere rappresenta l’ultimo episodio urbano della città, la cui importanza è legata alla presenza di un tratto di strada romana al termine di via Vittorio Veneto, portata alla luce dai recenti scavi. Attualmente la suddetta via s’interrompe bruscamente sugli scavi. L’intenzione del progetto è invece quella di restituire dignità urbana a questo nodo cruciale della città, tramite l’introduzione di una nuova piazza, accessibile direttamente dal tratto di strada romana e delimitata a ovest dal muro perimetrale del museo, a est da un edificio residenziale e da uno amministrativo, focus visivo per il visitatore che vi accede. A nord il lato è libero, permettendo l’affaccio sul parco fluviale. Il volume dell’edificio per uffici, che ospita anche una sala polivalente per il restauro e un magazzino, si appoggia sul terreno in forte pendenza a mo’ di bastione. Il fronte che dà sul paesaggio è completamente vetrato e delimita un 80

giardino. Ancora una volta ritorna il tema dell’hortus conclusus, ma con un uso invertito dei materiali: il vetro opaco, che fa da recinto, dona al giardino un aspetto evanescente, non celandone però del tutto la sua presenza colorata. Anche in questo caso i cipressi svettano dall’orto, facendo da contrappunto verticale al progetto, che ha prevalentemente uno sviluppo orizzontale. Una terza piazza è stata definita all’estremità occidentale dell’area, dove si trova l’accesso al nuovo complesso termale. Anche questa piazza è ben connessa con il resto del progetto e può essere raggiunta attraverso vari percorsi. Due, i principali: il primo per chi arriva in automobile ed ha posteggiato nel nuovo parcheggio, situato alla fine di via Rosa Sanna; il secondo per chi viene dalla piazza del museo. Il visitatore che dovesse percorrere questa seconda strada si troverebbe a costeggiare, 81


piante e sezioni dell’area delle terme

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vista della piscina interna dalla hall

in un ampio percorso pedonale, un alto muro che corre lungo un aranceto. Questo itinerario, come del resto gran parte degli spazi aperti del progetto, ha una preminente vocazione paesaggistica e, se da un lato la vista è bloccata dal muro dell’aranceto, dall’altro lo sguardo si apre verso il fiume e la vegetazione che lo circonda. A un certo punto del percorso s’incontra una gradonata che scende a una quota inferiore e permette di passare sotto ad una possente struttura in aggetto, dando luogo ad una promenade coperta, in cui lo spazio aperto si comprime e si schiaccia al di sotto di un basso soffitto. Anche nel corso di questa passeggiata lo sguardo continua ad essere attratto verso il paesaggio, che qui si trova inquadrato dagli enormi pilastri che sostengono l’aggetto superiore. A terra, verso il fiume, una vasca d’acqua affianca il percorso, preannunciando la presenza del complesso termale e portando all’interno della galleria una luce riflessa e vibrante. Al di sotto di questa stessa copertura, una volta 84

terminata la vasca, trova accesso un bar-ristorante. Alla fine della strada coperta lo spazio si dilata di nuovo e si apre un’ampia piazza, protetta e incassata ad una quota inferiore rispetto a quella della strada e del parcheggio, che gli corrono vicini. La piazza è delimitata ad est dall’ingresso al complesso termale, a nord dal volume del barristorante, a sud da un muro che sostiene un terrapieno e a ovest da un piano inclinato, piantumato con essenze spontanee locali, dove trovano posto delle panche. A fianco di esso, una rampa che costeggia il volume del bar-ristorante porta ai parcheggi. Non c’è scambio visivo tra la piazza e le automobili parcheggiate lì vicino, poiché tra i due è presente un fitto boschetto di carrubi, piante dalla chioma folta e bassa.

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vista della piscina esterna

IL COMPLESSO TERMALE Le proprietà benefiche e curative delle acque termali di Fordongianus sono note sin dall’antichità, tanto da essere connesse con il culto di Bes ed Esculapio. Ancora oggi queste acque sono utilizzate a scopi terapeutici. All’interno del nuovo complesso termale si cura il corpo e lo spirito, e tutti i sensi sono stimolati e risvegliati. Si alternano sensazioni tattili di caldo e di freddo, di aria satura di umidità o secca; i piedi nudi percepiscono la rugosità della pietra. Il rumore dell’acqua colma gli spazi che ora sono piccoli e angusti, ora dilatati e rilassanti. Zone aperte e luminose si alternano a spazi semi-bui, resi evanescenti dalla presenza del vapore. Lo spazio d’ingresso, forse il più rappresentativo del complesso, fa subito entrare il visitatore in questa dimensione magica. Varcando la soglia d’ingresso, dopo che l’occhio si è abituato alla scarsa luminosità dell’ambiente, si è at86

tratti dall’unica fonte di luce: una vetrata a tutta parete che chiude il volume sul fondo, da cui traspare un esterno con della vegetazione. Davanti alla vetrata, alcuni metri al di sotto del piano di ingresso, una grande piscina riflette le lunghe ed esili travi ricalate del soffitto e si insinua sotto alla vetrata di fondo, senza toccarla. Alla piscina naturalmente non si accede dalla hall d’ingresso. L’accesso all’acqua rimane nascosto alla vista di chi entra e la piscina si offre come un’anticipazione del percorso sensoriale che attende il visitatore. Sul fianco sinistro del volume d’ingresso, un taglio orizzontale sul muro perimetrale funziona come bancone della reception. Da qui si può essere indirizzati alle cliniche, raggiungibili per mezzo di un corridoio che parte dal fondo dell’aula e che si affaccia sulla piscina, oppure agli spogliatoi, passaggio obbligato per chi vuole recarsi nelle zone di balneazione. Una volta superati gli spogliatoi, il visi87


sezione tecnologica terme 1_SOLAIO VERDE DI COPERTURA _ _ _ _ _ _ _ _ _

strato di terra 15-20 cm strato drenante tessuto non tessuto 2 cm guaina impermeabilizzante 1 cm isolamento termico 8 cm barriera al vapore 1 cm massetto di pendenza 1% solaio di copertura 30 cm controsoffitto

2_SOLAIO INTERMEDIO _ pavimento _ masseto alleggerito portaimpianti _ barriera al vapore _ solaio in C.A.

3_SOLAIO PISCINA SUPERIORE 2 cm 8 cm 1 cm 40 cm

_ rivestimento in trachite 3 cm _ guaina impermeabilizzante 1 cm _ solaio alveolare precompresso 40 cm _ controsoffitto in cemento

4_SOLAIO PISCINA INFERIORE _ rivestimento in trachite 3 cm _ guaina impermeabilizzante 1 cm _ soletta in calcestruzzo 7 cm _ vespaio areato _ magrone

5_SOLAIO PERCORSO ESTERNO _ pavimento in lastre di trachite 15 cm _ soletta in calcestruzz 7 cm _ vespaio areato _ magrone

6_SOLAIO TERME

CONTROTERRA

_ pavimento 2cm _ massetto alleggerito porta impianti 8 cm _ isolamento termico 8 cm _ barriera al vapore 1 cm _ soletta in calcestruzzo 7 cm _ vespaio areato _ magrone

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vista dal percorso che porta alle rovine

tatore può scegliere di rimanere al livello di accesso, dove si trovano la piscina interna, il bagno turco e le docce per la cromoterapia, oppure di salire al livello superiore dove sono sistemati una vasca idromassaggio, una piscina esterna, un solarium, una sala relax, e delle sale per massaggi. Rimanendo al livello più basso, s’incontrano prima gli ambienti più piccoli e racchiusi, poi, svoltando l’angolo, lo spazio si dilata nuovamente ed è invaso dall’acqua. Risulta finalmente accessibile la grande piscina che si era vista all’ingresso. Questa vasca percorre tre ambienti in successione, caratterizzati da diverse qualità di spazio e di luce. La zona in cui si trova la gradinata, che invita ad entrare nell’acqua, si distingue per la presenza, sul soffitto, di grandi lucernari, che sembrano scavati in un monolite molto spesso: quattro grandi cavità, variamente inclinate, permettono un copioso ingresso di luce, che viene più volte riflessa 90

e proiettata sull’acqua sottostante. Il filo dell’acqua prosegue, poi, al di sotto della parete di fondo. Il natante si trova schiacciato tra l’acqua in cui è immerso e un soffitto molto basso che quasi riesce a toccare. Questo ambiente così compresso rappresenta una zona di transizione, che conduce all’area più ampia della piscina, quella che si era vista entrando. Il livello superiore del complesso, rispetto a quello inferiore che è più introverso, ristabilisce un contatto con l’esterno: una grande vasca si proietta verso il paesaggio e lo inquadra, tra delle travi che fanno da cornice e l’acqua, che ne restituisce una fedele immagine specchiata.

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BIBLIOGRAFIA R.F. BERMEJO, J.C.SEVILLA, Una caja hecha de aire, oficinas institucionales en Zamora : Alberto Campo Baeza, in “ Diseño interior”, n°247, 2013, p. 56-61 A. CRUZ, A.ORTIZ, Atrio de la Alhambra. Granada, España, in “AV proyectos”, n°43, 2011, p. 54-55 A. MASTINO, Storia della Sardegna antica, Edizioni Il Maestrale, Nuoro 2005

A. TARAMELLI, Scavi e scoperte, 1922-1939, ristampa anastatica, Carlo Delfino Editore, Sassari 1992 A. VEIGA, F. BAROZZI, Consejo Regulador de la Ribera del Duero. Roa, Burgos - España, in “AV proyectos”, n°38, 2010, p. 68-81 M. ZEDDA, Fordongianus. Memorie litiche, immagini, frammenti di storia civile e religiosa, Zonza editori, Cagliari 2004 R. ZUCCA, Fordongianus, Carlo Delfino Editore, Sassari 1986

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RINGRAZIAMENTI

un grazie di cuore a tutti quelli che mi hanno sostenuto durante questo lungo percorso. grazie alessandra e michele. grazie a lorenzo. grazie carolina, eliana e giovanna. grazie al prof. arrigoni. 94

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universitĂ degli studi di firenze DIDA a.a. 2012_2013 scuola di architettura corso di laurea in architettura quinquennale classe 4/s

progetto alice polverini relatore fabrizio arrigoni


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