Decima Insula centro di alta formazione per l’isola di Poveglia, Venezia
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universitĂ degli studi di firenze DiDA scuola di architettura corso di laurea magistrale in architettura anno accademico 2015_2016
decima insula centro di alta formazione per l’isola di Poveglia, Venezia
progetto zeno riz Ă porta relatore fabrizio f.v. arrigoni
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indice
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1.il sito di progetto 1.1 la laguna veneta 1.2 Venezia e le sue isole 1.3 Poveglia
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2.il piano d’intervento 2.1 le dinamiche dell’area 2.2 le origini del progetto 2.3 il masterplan 2.4 lo studio del verde
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3.il progetto 3.1 la piazza 3.2 l’auditorium 3.3 la biblioteca 3.4 lo spazio espositivo 3.5 l’area ristoro
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4.note e bibliografia
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1 le isole della laguna viste dalla giudecca
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il sito di progetto
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2 localizzazione del sito di progetto
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la laguna veneta Il sito di progetto si colloca all’interno del fragile ecosistema della laguna veneta, la più grande italiana con un’area di circa 550 km2 che costituisce la parte settentrionale del Mar Adriatico. Al giorno d’oggi essa è costituita d’acqua salmastra (67%), barene (25%) ed isole (8%). La nascita della laguna risale a circa 6’000 anni fa, durante l’era glaciale Wurmiana la costa settentrionale adriatica si trovava 300 km più a sud, alla latitudine dell’attuale di Pescara, ed il livello medio del mare si trovava oltre un centinaio di metri più a Sud. In seguito l’innalzamento del livello del mare, dovuto allo scioglimento dei ghiacci polari, gran parte di queste terre emerse furono invase dall’acqua, dando vita alla laguna di Venezia e le altre lagune del nord Adriatico. Fondamentale per la vita e la morfologia di questi luoghi, è stato l’apporto di detriti da parte dei fiumi (in ordine d’influenza, per i contributi: Adige, Sile e Brenta). Le primordiali foci, cioè le attuali bocche di porto (Lido-San Nicolò a nord, Malamocco-Alberoni al centro, PellestrinaChioggia a sud), avevano accumulato una notevole quantità di depositi sabbiosi, diventati, successivamente all’invasione delle acque, cordoni litoranei. Questi cordoni sono le lingue di terra che separano attualmente la laguna dal mare: Sant’Erasmo, Vignole, Cavallino, Lido, Pellestrina e Sottomarina. Altre isole, come Venezia, San Giorgio, Mazzorbo, Burano e Torcello, sono invece relitti fluviali. La laguna è composta da tre differenti bacini, separati l’uno dall’altro dalle zone di spartiacque; ogni bacino è servito da una propria bocca di porto, in cui l’acqua che entra durante
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3 il paesaggio della laguna
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il flusso di marea è la stessa che esce nella fase di riflusso. Le linee di spartiacque coincidono con le zone d’ influenza dei tre grandi fiumi che apportano acqua dolce: il Brenta nella laguna sud, il Piave nella laguna centrale e infine il Sile nella laguna nord. Raramente le acque confluiscono da un bacino all’altro, ciò avviene solamente nel caso in cui l’alta e la bassa marea si presentino simultaneamente nelle tre bocche disposte sulla stessa linea cotidale. La laguna nord è in comunicazione col mare grazie alla bocca di Lido che contribuisce al 40% degli scambi idrici totali. Essa si presenta maggiormente allo stato primitivo, cioè la morfologia è ancora in gran parte dovuta all’apporto del fiume, e l’azione antropica è stata limitata. La parte centrale, servita dal canale di Malamocco (40%), è la più densamente abitata ed inquinata, poiché vi si affacciano il porto di Marghera e Venezia. Infine la laguna sud, servita dalla bocca di porto di Chioggia (20%), è caratterizza da un forte idrodinamismo, dovuto alla presenza di numerosi canali navigabili. Le prime testimonianze di presenze umane non sono da escludere già durante le ere glaciali. Le continue variazioni del livello del mare hanno contribuito a cancellare, o meglio a nasconderne, le tracce, per questo motivo le opinioni a riguardo sono discordanti. Nella laguna sono stati avvenuti ritrovamenti di punte di selce e manufatti databili al II° millennio a.C., mentre nell’immediato entroterra interi villaggi. Per questo è pensabile che la laguna fosse frequentata esclusivamente per la caccia e la pesca, ma non come luogo abitato stabilmente. Intorono all’anno 1’000 a.C., il clima divenne più freddo e piovoso, incrementando la stabilità geologica della laguna che favorì l’intensificazione di
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4 Antonio Viero, La laguna veneta antica e moderna, Venezia 1799
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5 il foro romano di aquileia
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insediamenti. Infatti, i reperti di quelle che poi diverranno Altino, Adria e Aquileia risalgono a questo periodo storico. Nonostante questi centri non costituissero veri e propri centri portuali, si riscontra che il territorio della laguna fosse già inserito in una rete di intensi scambi commerciali (come testimoniano manufatti grechi ed etruschi).Il numero di abitanti in questi luoghi durante il periodo romano è sconosciuto, ma ci sono testimonianze in opere antiche (seppur non molto approfondite) che la zona fosse circondata da grandi centri portuali nell’entroterra. Starbone (ante 60 a.C. - 24 d.C.), ci racconta di un clima buono, anche se umido e instabile, di villaggi eretti su palafitte, collegati al mare tramite canali navigabili; anche Vitruvio (80 a.C. - 15 a.C.) sottolinea la bontà del clima. Marziale (38 - 104), nei suoi scritti loda i lidi di Altino paragonandoli a quelli di Baia (odierna Bacoli, NA), una delle più rinomate località di villeggiatura dell’epoca. Data per certa è la presenza del porto di Clodia, l’attuale Chioggia. Anche presso Malamocco sono stati rinvenuti resti di una cinta muraria di epoca romana ed i resti di alcune ville. In questo periodo la laguna va immaginata come un luogo lungo le cui rive vi erano porti commerciali, all’interno aree dedicate alla caccia e alla pesca, ma anche saline, aree bonificate e note mete di villeggiatura. La laguna era già divisa negli odierni tre bacini, ma presumibilmente essi erano divisi da terre emerse, coincidenti con gli spartiacque, il che spiega la presenza del porto di Malamocco al centro di uno di essi. Una presenza antropica più densa e stabile si ebbe però a partire dal V-VI sec, quando trovarono rifugio nella laguna numerose popolazioni in fuga dalle invasioni barbariche. La
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6 l’isola di torcello con il suo campanile
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crisi e la conseguente caduta di Roma portò al deterioramento della rete infrastrutturale, rendendo il luogo pressoché isolato. A questo si aggiunse una grande alluvione nel 589, che mutò il corso dei maggiori immissari, soprattutto del Brenta e del Sile. Questa alluvione, portò presumibilmente all’unione dei tre bacini con l’abbattimento degli spartiacque, andando a formare un’unica laguna come la conosciamo oggi. Il flusso di popolazione si intensificò nel 641 con l’arrivo dei Longobardi. A questo periodo risalgono infatti la fondazione di numerosi centri, tra i quali Torcello, Murano, Burano e Mazzorbo. Forse è precedente la fondazione di Rialto (presumibilmente V sec.) e delle altre isole che compongono Venezia, ma per tutto il Medioevo queste non giocarono un ruolo rilevante all’interno della storia della laguna. In epoca romana Venezia era il nome della regione nord-orientale d’Italia, la Regio X Venetia et Istria, mentre con il nome di Venetia Marittima si indicava la sola fascia costiera tra le lagune di Venezia e Grado (nell’odierno Friuli). In seguito alle campagne militari di Giustiniano (482-565) la regione fu sottomessa, sebbene lasciandole una cera autonomia, all’Impero Bizantino. Rimase sotto il controllo di Bisanzio anche quando il resto del Veneto fu assoggettato dai Longobardi.
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7 localizzazione del sito rispetto a Venezia e le isole
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Venezia e le sue isole Venezia venne eretta a ducato dipendente dall’Esarcato di Ravenna nel 697, con capitale Malamocco,in seguito alla tentata invasione dei Franchi con Pipino nel 821 questa venne spostata nella più sicura Rialto, prendendo il nome di Ducato di Venezia. La vicinanza con l’Impero franco, e soprattutto il rapporto privilegiato con l’Impero Bizantino, ne fecero uno dei principali porti d scambio tra occidente ed oriente. Questo fattore permise lo sviluppo di una classe mercantile intraprendente, capace di trasformare la città da remoto insediamento su palafitte ad avamposto imperiale e potenza marittima. All’apice della sua potenza, nel XII secolo, la Serenissima dominava gran parte delle coste dell’Adriatico, la Dalmazia, l’Istria e molte isole dell’Egeo come Creta, Cipro e Corfù. Con la crescita dell’impero Ottomano nel XV secolo, Venezia si vide costretta a placare la sua vocazione marittima, volgendo i propri interessi economici maggiormente verso l’entroterra. Durante il XVIII sec. divenne una delle città più raffinate d’Europa, con una forte influenza sull’arte, l’architettura e la letteratura del tempo, preavviso del suo inesorabile tramonto. Dopo oltre mille anni d’indipendenza, il Doge e il Maggior Consiglio vennero costretti da Napoleone ad abdicare, per proclamare il Governo provvisorio della Municipalità di Venezia. Durante il primo decennio di dominazione francese, vennero compiuti numerosi interventi urbanistici, come l’interramento del rio Sant’Anna (oggi via Garibaldi), e le altrettante demolizioni per la costruzione dei giardini nella zona di Castello. Con il Trattato di Campoformio del 17 ottobre 1797, tra francesi e austriaci, cessò di esistere la Municipalità di Venezia, e questa fu
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8 vinergia, B.Bordone 1547
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ceduta all’Impero austriaco e vi rimase fino all’unità d’Italia, salvo una piccola parentesi sempre francese nel 1805. La particolarità che rende Venezia unica nel suo genere, è nella sua natura di frammento facente parte del sistema più vasto ed articolato delle isole della laguna veneta, ognuna con propria natura e storia. Alcune delle isole più piccole sono interamente artificiali, mentre quelle presenti nell’area del porto di Marghera sono perlopiù risultato di bonifiche. Sono di origine sabbiosa invece, le grandi isole situate lungo la costa (Pellestrina, Lido e Treporti), mentre le rimanenti sono per lo più barene, cioè affioramenti di terreni argillosi a pelo d’acqua più o meno costanti. Questo insieme di isole, costituisce un sistema di satelliti intorno alla città. Esse infatti, l’ hanno difesa nel corso dei secoli e partecipato attivamente alla sua economia. Le isole ospitavano le funzioni più disparate ed aiutavano lo svolgimento della vita all’interno della Serenissima, ospitando orti (prima fra tutte Sant’Erasmo), saline; su alcune isole (vedi Murano) fu spostata la produzione del vetro difficilmente compatibile con una grande città, gli ospedali per la cura delle malattie infettive ed infine insediamenti militari. Dopo secoli di partecipazione attiva a servizio della Repubblica di Venezia, gran parte di queste isole ha passato una fase di decadenza e abbandono grossomodo coincidente con la caduta della stessa repubblica. In seguito all’invasione da parte delle truppe francesi di Napoleone, e la successiva annessione all’impero degli Asburgo, molte isole vennero convertite in postazioni militari fino all’incirca alla seconda guerra mondiale. Nel 1970 il Ministero della Difesa italiano tramite decreto fece deca-
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san clemente
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dere l’importanza militare delle isole e per molte di esse si è venuta a creare una situazione travagliata, data l’assenza di un provvedimento immediato per il loro recupero. San Servolo. L’isola prende il suo nome da San Servillo, martire istriano, ed è situata all’incrocio tra i canali dell’Orfano, di San Niccolò e del Lazzaretto. Conta una superficie di 4,82 ettari di cui 3,8 destinati a parco. Gli edifici presenti sull’isola risalgono a due periodi principali, i più antichi al VII e VII sec e i rimanenti al XIX secolo. Il Primo insediamento ad opera dei monaci Benedettini è datato tra il 764 e l’804, quando vi trovarono rifugio in seguito alla cacciata ad opera dei Franchi dal monastero di Santo Stefano ad Altino. I monaci abbandonarono l’isola già nell’820 per insediarsi nell’Abbazia di Sant’Ilario sulla Malcontenta, lasciando l’isola ad ospizio per i frati anziani. La funzione monastica venne restituita nel 1109 per poi essere abbandonata definitivamente nel 1615 a causa del degrado degli edifici e l’insalubrità dell’isola. Nel 1715 fu adibita prima ad ospedale militare e infine a ricovero per i malati di mente, a partire dal 1932 prese la denominazione di Ospedale Psichiatrico, fino alla definitiva chiusura di tali ospedali con la così detta legge Basaglia (n.180/1978). Negli anni ‘90 la Provincia di Venezia, proprietaria dell’isola, avviò il recupero dell’isola con destinazione a centro di promozione multiculturale. Al giorno d’oggi vi hanno sede la Fondazione Franca e Franco Basaglia, il Centro di Formazione in Europrogettazione AICCRE, la Venice International University, inoltre vi sono residenze per gli studenti dottorandi e una foresteria aperta a tutti.
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11 sacca sessola 12 la grazia
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San Clemente. Situata a sud della Giudecca e dell’isola La Grazia, ha una superficie di 6,74 ettari di cui 1,34 sono edificati. Le prime informazioni riguardo all’isola si hanno a partire dal 1131, anno in cui il mercante Pietro Gattilesso fondò una chiesa con adiacente foresteria per i pellegrini e soldati in attesa di imbarcarsi per le crociate. Queste strutture vennero affidate ai canonici di Sant’Agostino. In seguito, l’isola affronta un periodo di decadenza che dura all’incirca fino all’arrivo dei canonici Lateranensi della Carità, su ordine del Papa veneziano Eugenio IV. Essi condussero i lavori di ampliamento del convento e restaurano la chiesa. Nel 1645 vi si insediano i monaci Camaldolesi che vi restano fino alla soppressione degli ordini monastici ad opera di Napoleone nel 1797. Come molte altre isole nel 1873, San Clemente fu sede del Manicomio Centrale Femminile Veneto, chiuso nel 1992 in seguito alla legge Basaglia. Dopo una fase di abbandono nel 2003 venne avviato il progetto di riconversione ad hotel di Lusso, che attualmente prende il nome di San Clemente Palace Kempinski, resort con suite, ristoranti, piscina, campi da tennis e golf. Sacca Sessola / isola delle rose. Isola artificiale, tra le più grandi e giovani della laguna, ha una superficie di 16 ettari. Realizzata nel 1870 con il materiale di risulta dei dragaggi per realizzare il porto commerciale di Santa Marta. Nasce come deposito combustibili e in seguito fu convertita a fini agricoli, con orti e vigneti. Nel 1927 il Comune di Venezia dona l’isola ad un ente statale (il futuro INPS) per la creazione di un ospedale da 300 posti, inaugurato nel 1936.
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san francesco del deserto
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L’ospedale cessa la sua attività nel 1979 ed inizia una lenta fase di abbandono e degrado. La proprietà dell’isola torna ad essere del Comune, per poi essere affidata all’associazione Venice International Center for Marine Sciences of Technologies, che svolge ricerche nel campo della scienza e tecnologia marina. A finire degli anni ’90 viene ceduta al gruppo CIT, che ristruttura il sanatorio ricavandone un resort di lusso. La Grazia. Isola di origine artificiale in seguito al ripetuto scarico dei materiali di risulta dallo scavo per la costruzione dei canali di navigazione a partire dal medioevo. Oggigiorno conta una superficie di circa 4 ettari parzialmente edificati, è l’isola più vicina alla Giudecca, situata leggermente a sud. A partire dal 1264 la confraternita di San Girolamo di Fiesole vi instaurò il proprio convento. All’interno della chiesa, era conservata un’immagine sacra ritenuta opera di San Luca, trafugata dai marinai veneziani a Costantinopoli. In seguito il convento passò sotto la proprietà delle suore Cappuccine che vi rimasero fino alla soppressione attuata dal governo napoleonico. In questo periodo divenne una polveriera, fatto che portò alla completa distruzione della chiesa in seguito ad un’esplosione nel 1849. Inoltre fu sede di un ricovero per le malattie infettive fino a poco tempo fa. Dopo una controversia durata otto anni per l’assegnazione in seguito alla vendita, è stata acquistata nel 2007 per la cifra di 11 milioni e 200 mila euro dalla società Giesse Investment di Giovanna Stefanel, che prevede la realizzazione di un resort esclusivo. Permane però un vincolo da parte della sovrintendenza che impone l’accesso al pubblico esterno almeno
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3 giorni alla settimana, al fine della valorizzazione dello storico pontile sotto la tutela dei Beni Culturali. San Francesco del Deserto. Con un’estensione di circa 4 ettari, situata tra le isole di Burano e Sant’Erasmo, prende il suo nome da San Francesco il quale vi soggiornò nel 1220. Il santo vi si rifugiò al ritorno dal suo viaggio in oriente, dove si era recato per predicare i valori del vangelo e invocare la fine delle Crociate, poiché alla ricerca di un luogo dove rifugiarsi e poter pregare in pace. L’isola venne donata all’ordine francescano in seguito alla morte di S. Francesco, dal patrizio veneziano Jacopo Michiel con lo scopo di fondarvi un convento. Nel XV secolo le condizioni ambientali divennero insostenibili e l’isola fu abbandonata. Sotto il dominio austriaco convertita in polveriera, fino al 1858, anno in cui tornò sotto la proprietà della diocesi di Venezia che consentì ad i frati di rifondare il monastero, oggi ancora attivo. Negli anni ‘60 vi furono ritrovati reperti archeologici risalenti all’epoca romana, oggi l’isola è visitabile in solo in alcuni orari. San Lazzaro degli Armeni. Isolotto di circa 0,7 ettari, venne occupato per la prima volta intorno al IX secolo dai monaci benedettini di Sant’Ilario. Trovandosi ad una certa distanza dalle isole del centro storico di Venezia, nel XII secolo fu usato come lebbrosario, ricevendo l’appellativo di San Lazzaro mendicante, patrono dei lebbrosi. Abbandonata dal XVI secolo, nel 1717 fu data dalla Repubblica di Venezia ad un gruppo di monaci armeni in fuga da Modone (GR), capitanati dal monaco Mechitar. I monaci armeni restaurarono
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la chiesa e gli altri edifici, costruirono nuove strutture e recuperarono i terreni trasformandoli in un accurato giardino. L’isola divenne presto un centro di cultura e scienza, destinato a mantenere in vita la lingua, la letteratura e le tradizioni del popolo armeno. Vi è presenta una ricchissima biblioteca contenente oltre 170’000 volumi, tra cui numerosi manoscritti. Al momento il monastero è accessibile alle visite una volta al giorno. Lazzaretto Nuovo. Isola di circa 9 ettari, posta all’inizio del canale di Sant’Erasmo, fu monastero benedettino fino al 1468, anno in cui per decreto della Serenissima divenne lazzaretto per la prevenzione dei contagi. Ospitava i magazzini che servivano ad esaminare le merci sospettate di essere infette dal morbo della peste. Fu usata come fortezza difensiva sotto il domino napoleonico ed austriaco, la dismissione finale avvenne nel 1975 ad opera della Marina Militare Italiana. Ormai pienamente recuperata e posta sotto vincolo dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, accoglie circa 15’000 visitatori l’anno. Lazzaretto Vecchio. Situata molto vicino alla costa del Lido, ha una superficie di 2,53 ettari, di cui 8’400 m2 edificati. Fu abitata inizialmente dai Padri Eremitani, che vi edificarono una chiesa consacrata a Santa Maria di Nazareth ed un ricovero per pellegrini che andavano e tornavano dalla Terrasanta. Nel 1423, su ordine del Senato delle Repubblica divenne ricovero per persone e merci provenienti da paesi sospetti di essere infetti dal morbo della peste. Dal 1846 al 1965 passò sotto il controllo delle autorità militari, prima
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austriache e poi italiane, durante questo periodo furono abbattuti il campanile, la chiesa e altri edifici. Successivamente venne adibito a centro per ospitare i cani randagi. Nel 2004 sono iniziati i lavori di recupero, in previsione della creazione di un Museo della città di Venezia. Santo Spirito. Situata tra Poveglia e San Clemente, dà il nome al canale che la costeggia. La sua superficie è di 2,5 ettari e conta un complessivo di 5 fabbricati. Nel 1140 vi ebbero sede i Canonici Regolari, che vennero cacciati due secoli più tardi da parte dei Cistercensi, ai quali succedettero gli Eremitani provenienti dal Lazzaretto Vecchio. Questi ultimi costruirono la chiesa su progetto del Sansovino, e la decorarono con tele di Tiziano e Palma il Vecchio. In seguito alla chiusura dell’ordine da parte del Papa, il senato veneziano ne vendette i beni per pagare debiti di guerra. Con il dominio napoleonico furono distrutti gli edifici presenti per far spazio a caserme e capannoni militari. L’isola oggi risulta del tutto abbandonata, è proprietà del Demanio e risulta in vendita. San Giacomo in Paludo. Isola di 1,20 ettari di superficie, si trova tra Murano e Madonna dal Monte, lungo il canale di Scomenzera San Giacomo. Nel 1046, vi fu fondato un monastero dedicato a San Giacomo Maggiore, che in seguito passò ai cistercensi. Come altre isole, nel 1456 fu usato temporaneamente come lazzaretto, per poi tornare nelle mani dei frati minori conventuali. Con gli editti Napoleonici del 1810, il monastero fu soppresso e demolito. Usata da allora fino al 1961 come postazione militare, versa in stato di com-
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ottagono alberoni ottagono san pietro ottagono campana ottagono ca’roman
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pleta rovina. Di proprietà demaniale, è stato sottoposto a vincolo paesaggistico. Ottagoni: Alberoni, San Pietro, Ca’Roman e Campana. Gli Ottagoni sono quattro isolette della laguna, sulle quali, a partire dal 1571, la Repubblica di Venezia decise di erigervi a scopi difensivi altrettante fortezze appunto di forma ottagonale. Probabilmente queste fortificazioni furono ideate da Michele Sammicheli (1484-1559), ingaggiato dalla Serenissima come architetto militare, e realizzate in seguito. Gli Ottagoni furono realizzati a scopi difensivistici nel periodo in cui Venezia temeva particolarmente la crescita della potenza turca. I quattro forti attualmente riversano in stato di rovina e abbandono. L’Ottagono Alberoni si trova difronte alla localitàdi Alberoni, misura circa 0,2 ettari ed è di proprietà privata, fu messo più volte all’asta ma non ha ancora trovato acquirenti. L’Ottagono San Pietro, davanti alla costa di San Pietro a Volta, è il più grande con i suoi 0,3 ettari, ed è anch’esso di proprietà privata. L’Ottagono Ca’Roman, in fronte alla località di Ca’Roman, presso Pellestrina misura 0,2 ettari ed è di proprietà del Demanio. Infine, l’Ottagono Campana o Ottagono Abbandonato è situato tra Poveglia e Alberoni, gravemente danneggiato dall’erosione è anch’esso proprietà del Demanio. Inoltre esiste un quinto Ottagono presso l’Isola di Poveglia, ma con origine diversa.
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Poveglia << Nune vero singolarum nomina insularum necesse est convenienter esprimenre: prima illarum Gradus dicitur…, secunda nanque insula Bibiones nominatur, tertia vero Caprulas vocitatur, quarta quidem insula est anc Evachianam jetere, quinta insula Equilius nuncupatur…, sexta insula Torcellus subsistit…, nona insula Metamaucus dicitur, decima vero insula Pupilia manet, undecima Minor Gluces dicitur, duodecima insula Clugies Major nuncupatur. Et etiam in extremitate Venecie castrum quod caput Argillis dicitur. Sunt etenim apud eandem provintiam quam plurime insule abitabiles. >> (1) In questo brano del X secolo, tratto dalle “Cronache Veneziane” di Giovanni Sagorino (940 o 945 – post il 1018), è contenuta la prima testimonianza di un’isola chiamata Pupilia. Sagorino, divide le isole della laguna in 12 terre emerse, tra cui la “decima insula” risulta essere appunto Poveglia. La denominazione Pupilia, è dovuta alla presenza di grandi pioppi sull’isola. Con il passare degli anni l’isola ha avuto varie denominazioni, Pupilia, Povera, Poveggia e infine Poveglia. Poveglia fu una delle poche isole dove i primi occupanti non erano uniti in un consorzio religioso, bensì una comunità civile retta da privilegi e leggi particolare. I primi abitanti dell’isola, verosimilmente furono un gruppo di 200 schiavi/prigionieri donati dai veronesi (per l’aiuto fornito durante la guerra di Benacesi) al Doge Pietro Tradonico, assassinato il 13 settembre 846 in una congiura. Questi 200 servi occuparono palazzo Ducale per 40 giorni chiedendo giustizia per la morte di Tradonico, in seguito il nuovo Doge
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24 foto aerea dellâ&#x20AC;&#x2122;isola
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25 La battaglia di Chioggia, J. Grevembroch, XVIII sec.
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concesse loro un’isola della laguna, Poveglia, come ricompensa per la devozione dimostrata. In questi anni fu esteso il terreno, vennero realizzati degli edifici, vigne, saline. Nell’anno mille vi erano 800 abitanti, a cui il Doge concesse di eleggere un proprio Gastaldo (dal 1339 Podestà) e altre cariche a lui subordinate; ogni secondo giorno di Novembre, essi dovevano giurare fedeltà e sottomissione al Doge. I Poveggiotti erano un popolo di irrequieti, ma era ben voluto dalla Repubblica, infatti godevano di vari privilegi rispetto agli altri cittadini: erano esentati dalle imposte straordinarie, avevano la protezione del Doge, acquistavano a prezzi calmierati il pesce proveniente dall’Istria per poi poterlo rivendere a San Marco, infine erano esentati dal servizio di leva tranne nel caso in cui il Doge partecipasse all’armata. La storia di Poveglia si intreccia più volte con la storia della Serenissima. Nel periodo che va dalla caduta dell’impero Latino (1262) e la pace di Torino del 1381, la rivalità tra le repubbliche marinare di Venezia e Genova si fece più accesa. L’obiettivo di entrambe era il controllo dei mercati di Costantinopoli. Lo scontro terminò con la guerra di Chioggia (1378-1381), il cui pretesto fu il controllo dell’isola di Tenedo, all’imbocco dello stretto dei Dardanelli. I Genovesi si erano alleati con il re d’Ungheria, con Francesco di Carrara e più tardi con il patriarca di Aquileia, per sottomettere l’esercito marittimo e terrestre di Venezia. I Genovesi vinsero la guerra di Pola, e riuscirono ad avvicinarsi alla città con 48 galere capitanate da Pietro Doria. Occuparono e distrussero Pellestrina e Chioggia Piccola (cioè la parte rivolta verso il mare), dove allestirono il loro campo base. Da qui attaccarono Pellestri-
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26 Veduta di Poveglia, isola di contro Malamocco, F. Tironi e A. Sandi, 1830
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na, Malamocco e Poveglia ma vennero respinti con 34 galere allestite in due giorni dal Doge Andrea Contarini. Poveglia, nota per l’abilità cantieristica dei suoi abitanti, partecipò attivamente alla costruzione delle galere. Una storia narra che i genovesi durante l’assedio di Malamocco si recarono a Poveglia in cerca di aiuto. I povegliotti, spiegarono che non potevano fornire loro navi, ma avrebbero costruito delle zattere per aiutarli. Queste zattere vennero appositamente costruite in modo da distruggersi da lì a poco. I genovesi affondarono a poca distanza dall’isola nel Canale di Orfano. Il primo gennaio 1380, Carlo Zen venne chiamato in aiuto di Venezia. I Genovesi stretti a Chioggia dalle forze terrestri di Zen, dalla Flotta di Vittor Pisani, Taddeo Giustiniano e il Doge Andrea Contarini, dovettero arrendersi. Vennero imprigionati 5’000 soldati, requisite 20 galere, e Pietro Doria fu condannato a morte. La vittoria dei Veneziani porta però alla distruzione di Poveglia, fu smantellata durante gli allestimenti di difesa di Vittor Pisani per togliere al nemico la possibilità di avanzare e guadagnare terreno. I suoi abitanti passano in parte alla Giudecca ed in parte alla parrocchia di S.Agnese. Rimase in piedi solo la pieve di San Vitale, ricca di marmi e tele, con al suo interno un crocefisso creduto miracoloso.In seguito alla guerra di Chioggia, i veneziani rafforzarono le palafitte dei canali di S. Spirito e S. Marta e crearono nuove fortificazioni nella laguna. In questa occasione venne costruito il forte di forma ottagonale davanti all’isola, collegato tramite un ponte di legno. Il 23 gennaio 1423, il Senato e il Maggior Consiglio decretarono l’elezione di un sacerdote col titolo di Cappellano e giurisdizione su tutta l’isola, ma con dipendenza dal ma-
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27 rappresentazione del XVI sec
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gistrato delle Rason Vecchie, da cui il cappellano riceveva l’investitura. Più tardi al sacerdote fu concesso il titolo di rettore con pubblica rappresentanza dell’isola. Un’iscrizione riportata su una lapide riporta: <<PUPILIENSE CAEMITERIUM RESTITUM A.D. MDCCXXI PAULO MODRONO RECTORE >>, indicando Paolo Modron come uno degli ultimi rettori dell’isola. La prima rappresentazione in scala dell’isola (in passi veneti) risale al XVI secolo e riporta la forma e la dimensione degli edifici e i canali. Le costruzioni presenti sono: la chiesa con le annesse abitazioni, il cortile, l’orto, il frutteto e un ampio capannone denominato “Teza di Calafai” sul lato ponente dell’isola. Questo edificio ricorrerà anche nelle iconografie successive seppur in posizione più a nord. La tipologia però è costante: capannone chiuso su tre lati e porticato sul lato sud-ovest verso il canale. Il lato nord-est dell’isola risulta già arginato. Sulla carta è riportata infatti la scritta “Fondamenta vecchia sotto acqua longa passi 105” e l’indicazione “sacho che se possa terrare” che sottolinea la tendenza ad inabissarsi su questa fondamenta. La situazione restò invariata fino a oltre la metà del 1600. Nel 1658, per ordine dei 5 Savi, sul lato ponente dell’isola venne fatto costruire un grande edificio con ad uso di Tezon (una sorta di impianto chimico ante litteram per la produzione di nitrato potassico, il principale componente della polvere da sparo), per gli operai che si recavano sull’isola ad acconciare le navi private e pubbliche. È da questa parte che passa il profondo canale detto Canale delle Navi (ora Canale di Poveglia o di Malamocco). Su di una mappa della laguna del XVII secolo, l’isola è rap-
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28 assonometria di G. D. Moro, 1661
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presentata e contestualizzata difronte a Malamocco. Appare per la prima volta l’ottagono, la chiesa con il campanile e altre abitazioni. di particolare rilievo è la rappresentazione idrografica, che è praticamente rimasta invariata fino al giorno d’oggi. Nel 1659 il Senato permette il ripopolamento dell’isola da parte dei discendenti dei poveggiotti e la costruzione di nuovi edifici, confermando al contempo gli antichi privilegi e dandone di nuovi. Tuttavia, poche persone si trasferirono nuovamente sull’isola. Rimane abitata dal cappellano, dall’ortolano, da un oste e la sua famiglia, pochi pescatori e dagli operai che lavoravano alle navi. In una vista assonometrica del 1661 ad opera di Giovanni Domenico Moro, troviamo la conferma di quanto sopra descritto, compaiono: l’ottagono, la chiesa con l’annesso campanile, l’orto, il Tezon ed altri edifici presumibilmente dell’oste e dei pescatori. Importante la rappresentazione degli argini descritti come “fondamenta buona” e “fondamenta distruta”. Unica novità, posto nella corte della chiesa, la presenza del pozzo. Nel suo “Isolario dell’atlante veneto” del 1696, Vincenzo Coronelli descrive Poveglia: << Nella facciata dell’isola, che riguarda l’Oriente, si conserva un grosso bastione ottagonale, diviso dalla medesima da una canale che gli serve di fosso detto volgarmente Mandrachio.(…) Nella parte rivolta a ponente, ha luogo la gran Fabbrica publica anticamente eretta dal Magistrato de’ Cinque Savi alla Mercantia, e ristorata nel 1651. Serva questa d’habitatione, commodo al lavoro degli operaj spediti alla concia delle navi pubbliche, e de’ particolari che quivi continuamente dan fondo, a tal’effetto, esternandosi lungo tratto di terreno chiamato
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29 A.Visentini, Isola di Poveglia, Isolario (tav.XVI), Venezia 1777
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squero. Il canale che corre davanti a questo, nominato il Canale delle Navi, è assai profondo e copioso di pesci, ma piu’ d’ostriche in perfetta conditione, l’estremità superiore del quale è distante da un altro canale chiamato Fisolo sopra 150 pertiche similmente di gran profondità, e pero’ capace di ricoverare in se navi di ogni grandezza. La casa del Priore ha un bell’horto e dietro a questo si vedono tuttavia benchè per lo piu’ coperte dal mare, le vestige del desolato castello, ritrovandosi de’ pozzi e d’altri fondamenti sodi sopra i quali nella bona dell’acqua si camina a piede asciuto. >> (2) L’erosione degli argini riporta l’isola verso il declino, e l’abbandono. Tuttavia ciò non accadde a causa dell’arrivo della peste. Venezia e le epidemie di peste hanno avuto nel corso della storia un rapporto a fasi alterne. La prima ondata di peste a Venezia arrivò nel 991, come riportato da Flaminio Corner, e nuovamente nel 1006. Nel 1338 coinvolse tutta la penisola italiana, a Venezia durò circa tre mesi e decimò un terzo popolazione. Il Doge Andrea Dandolo invitò le popolazioni circostanti a trasferirsi nella Serenissima in cambio di diritti e privilegi per chi vi soggiornasse almeno due anni. Nel 1348, il governo nominò tre nobili con titolo di Provveditori sopra la salute della terra, i quali stabilirono separazioni, cure e discipline che almeno riuscissero a placare l’epidemia. Il Magistrato di Sanità fu in seguito preso a modello e esempio per preservare l’Europa dalla peste. La nuova ondata del 1382 uccide anche il Doge Michel Morosini e 19’000 abitanti in tre mesi. La storia si ripete nel 1393 e 1397 ma con minor impeto. Nel 1403 un’altra ondata, il
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30 impronta del sigillo del lazzaretto di Poveglia
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Senato decreta l’istituzione di un lazzaretto per segregare i malati ed i sospetti lontano da Venezia. Venne scelta l’isola del convento di Agostiniani Eremitani intitolato a S.Maria di Nazareth, il convento venne spostato a S. Spirito. Nel 1400 fu creato un ospedale per Lebbrosi sull’Isola di S.Lazzaro. Venezia fu la prima città a trasformare i lazzaretti da semplici ospedali a istituti sanitari specifici. Nel 1759 il Lazzaretto Nuovo aveva aria troppo malsana, le fabbriche erano diroccate, ed i canali erano interrati a causa della lontananza da quelli di contumacia, quindi il Senato ordinò al magistrato la ricerca di nuove isole. Nel 1782 viene decretata dal senato Poveglia come isola più adatta ad ospitare il nuovo lazzaretto. Questa decisione fu motivata dal fatto che fosse vicina ai due porti d’ingresso alla laguna e collegata tramite due canali di buona fattura e profondità; però, poiché mancavano i fondi necessari, la proposta si fermò. Nel 1793 giunse a Poveglia una tartana (un tipo di imbarcazione a vela) denominata S.Nicolò, battente bandiera ottomana, con un carico di formaggio salato proveniente da Nauplia (Grecia). A bordo di questa nave vi erano degli infetti, così venne creato una sorta di lazzaretto provvisorio a Poveglia. Di questo episodio abbiamo notizia da una relazione redatta dall’avvocato Lorenzo Alugara, stesa su commissione dei Provveditori alla sanità: << Con ammirabile sollecitudine e con la più squisita provvidenza nel giro di pochissime ore fu eretto il provvisional lazzaretto, formando nel fabbricato del tezon dell’isola gli opportuni alloggi in due piani con tanti stanzini separati; destinando quelli del piano terreno per uso degl’infermi,
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31 Vera da pozzo del secolo XIV-XV, depredata nel 1985
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gli altri al del superiore pei sospetti individui, provveduto di letti, di utensili e di medicinali, e persino dell’acqua dolce, che in difetto di sufficienti pozzi si raccoglieva in instabili tine. Fu munito finalmente di un deputato di sanità, nella persona del sig. Sebastiano Maria Rizzi, di un medico, di un chirurgo, di un cappellano greco oltre al cappellano dell’isola, all’alloggio dei quali era destinata la casa dell’osteria; e parimenti munito di guardiani e bastazzi. S’erano contemporaneamente fatti lavorare de’ vestiti per uso di quegl’infelici, e pubblicto nella mattina in quell’isola un proclama d’ordine del Magistrato, che, dovendo chiudersi l’isola stessa ad ogni immaginabile comunicazione, chiunque abitante fosse in libertà di partirsene nel termine di due ore, trascorse le quali, chi si trovasse nell’isola resterebbe inviolabilmente chiuso sino al termine delle riserve...Si pero’ fatto erigere un nuovo tezon, in qualche distanza dal primo alloggio, nella corte detta del pozzo, con il medesimo ordine per la figura e separazione delle stanze, ridotte a numero sufficiente per ricovero dei soli illesi sospetti, e di quelli che fossero risanati...>> (3) Dei 21 marinai della S.Nicolò sopravvissero solo in cinque. Vennero costruiti due cimiteri cinti da mura per evitare il contatto con i cadaveri infetti. Ricordano il contagio due piccole colonne in marmo una alla chiesa una al Tezon grande che riportano l’iscrizione: << NE FOSIAS. VITA FUNCTI CONTAGIO REQUIESCUNT MDCCXCIII >>. A partire dall’anno 1805, l’isola divenne ufficialmente lazzaretto per la cura degli appestati, e passò dalla giurisdizione del podestà militare al Magistrato di Sanità Marittima. Risale
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32 lâ&#x20AC;&#x2122;effige che ricorda la fine della peste 33 G.Bussolin, Delle Istituzioni di SanitĂ Marittima nel bacino del Mediterraneo, Trieste 1881.
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legenda: _1. uffici, alloggi e parlatori _2. fabbricato per i passeggeri in contumacia _3. tettoia in legno per le merci _4. magazzino _5. tettoja chiusa _6. chiesa _7. oratorio _8. cimitero _9. sei baracche in legno per alloggio dei contumacianti piĂš sospetti in linea sanitaria _10. lavanderia _11. quattro baracche in legno al di lĂ del canale, quale ospedale per gli appestati _12. locale per gli infermieri _13. cucina e alloggio per guardiani _14. abitazione per il medico e per il cappellano _15. fogna, per disinfettare gli escrementi _16. cimitero per i cadaveri dei morti di peste _17. piccola polveriera _18. caserma per le guardie di nanza _19. spazioso tratto erboso.
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34 Poveglia nel 1963
anche a quegli anni l’interramento sul versante occidentale e il conseguente cambiamento di aspetto di Poveglia. Infatti alcune zone erano soggette a ristagni che rendevano l’acqua insalubre, inoltre il fatto che l’isola fosse attraversata da due canali rendeva più efficiente l’isolamento dei vari reparti. Fu anche sconsacrata la chiesa di S.Vitale, i cui oggetti preziosi vennero spostati presso la chiesa di Malamocco. Restò solo il campanile, usato come punto di riferimento per l’ingresso dalla bocca di porto. Nel 1829 venne costruita una chiesetta, mentre nel 1835 vennero edificati due tenzoni grandi di legno ed altri edifici piccoli. Quindi l’isola era abitata solo dal direttore del lazzaretto, i suoi impiegati, gli inservienti ed i militari di vedetta nel forte ottagonale. Il resto dell’isola era campagna, abbellita da qualche viale alberato. In seguito passò sotto la giurisdizione amministrativa dell’ospedale al mare del Lido che la utilizzò come ricovero per anziani. Venne definitivamente abbandonata a partire 1968, mentre nel 1985 venne asportata la preziosa vera da pozzo quattrocentesca ornata da raffigurazioni del “leone stante e andante” e da un’aquila con le ali aperte e dismesse che testimoniava l’antica insegna dell’Isola. Per un periodo i suoi terreni furono assegnati ad un agricoltore, mentre gli edifici andavano progressivamente in rovina. Da quel momento in poi l’isola è stata oggetto di vari progetti di recupero che tuttavia non sono mai stati attuati.
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35 Poveglia vista dal lido
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il piano dâ&#x20AC;&#x2122;intervento
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le dinamiche dell’area La città di Venezia si trova in una fase particolare della sua storia, il numero di abitanti è in continuo calo, mentre la quantità di visitatori che ogni giorno affolla la città è sempre in aumento. Secondo alcuni studi, questo fenomeno d’inversione dei normali fruitori della città è destinato ad aumentare negli anni. In media, Venezia, ogni anno perde tra i 2’000 e i 2’500 abitanti. Dall’analisi dei dati demografici del centro storico il calo demografico è allarmante, il numero di residenti è consistentemente il calo passando dai 174’448 del 1951 agli appena 55’583 del 2015, secondo le previsioni nel 2030 Venezia resterà priva di abitanti. Nel 2006 l’assessore comunale alla casa Mara Rumiz dichiarò: << Stiamo andando oltre il livello di guardia, superato questo, Venezia non sarà più una città normale, ma si trasformerà in una mera meta turistica, e perderà il suo fascino anche per i turisti stessi. >> (4) Se da un lato Venezia sta subendo un lento svuotamento e decadimento del patrimonio immobiliare ad uso residenziale e commerciale, dall’altro sta aumentando la sua offerta culturale-artistica. A riguardo l’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari nel 2014 dichiarò: << Essi costituiscono la struttura economica portante della città; è per la loro presenza, dal loro stato di salute che Venezia può continuare a essere una città internazionale. >> (5) Negli anni è emerso un forte dibattito sul ruolo che tali poli culturali possano assumere nella rigenerazione urbana per dare una nuova vita ad una città d’arte come Venezia. << Le città che, per la loro storia, sono fortemente connotate sul piano culturale, agiscono inevitabilmente sull’immagi-
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36 l’ingresso all’arsenale di Venezia
nario collettivo, generando il desiderio di visita, di fruizione del loro patrimonio. È in questo modo che la cultura diventa elemento strategico per l’economia di un luogo e volano dello sviluppo. >> (6) La città è vittima della sua stessa spettacolarizzazione nell’immaginario collettivo che attrae un pubblico indistinto, mentre la produzione culturale porta un pubblico scelto e consapevole. Quindi nell’amministrazione cittadina è presente la consapevolezza della possibilità di creare dei poli d’interesse che vadano oltre l’offerta turistica di massa, assieme alla volontà di andare verso un modello appetibile per un visitatore il cui interesse vada oltre la semplice foto ricordo su ponte di Rialto oppure di un tour in gondola sul Canal Grande. Questo processo è in atto già da diversi anni, assieme al tentativo di riconvertire spazi che verto in condizioni di abbandono in luoghi d’arte e cultura. Al giorno d’oggi per risultare attrattiva Venezia non deve solamente soffermarsi al recupero del patrimonio esistente, ma deve anche trovare il modo di essere attrattiva per le forme di produzione del futuro valorizzando ricerca, creatività e giovani. Sono infatti questi ultimi elementi a generare fervore culturale intorno ad un determinato luogo, stimolando il dibattito tra diverse realtà sociali, favorendo la nascita di nuove idee e proposte, portando così ad una crescita della società e un suo sviluppo nel tempo. << I problemi della salvaguardia attiva di Venezia, e cioè della difesa delle sue attività produttive e della sua funzione residenziale, dopo il tracollo dei finanziamenti delle Legge Speciale, si sono fatti in questi anni sempre più drammatici. Ma nulla sarebbe più erroneo - ed autolesionistico, vale la pena insistervi – che
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37 nave da crociera nel canale della giudecca
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ritenere qualcosa di superfluo e ornamentale l’immagine di una nuova architettura a Venezia, inserita nel contesto che abbiamo indicato. Venezia vive – come è vissuta – soltanto dimostrando, ora per ora, di saper accogliere in sé, nel suo tessuto urbano, i linguaggi dell’ora, conferendo a essi il timbro, il colore della sua storia, metabolizzandoli e trasformandoli in sé. >> (7) Per quanto riguarda più nello specifico l’isola di Poveglia, nel 1997 il Centro Turistico Studentesco (CTS) e Giovanile presentò un piano per la realizzazione di un ostello della gioventù. Nel 1999, di conseguenza, il Ministero del Tesoro escluse Poveglia dai beni da vendere ai privati e la riconsegnò al demanio perché venisse concessa al CTS, ma l’iniziativa non andò in porto. Dal 2003 l’isola è gestita, come altre, da Arsenale di Venezia spa, azienda co-partecipata dal Comune di Venezia e dall’Agenzia del Demanio. Nel 2013, assieme a San Giacomo in Paludo, Poveglia è stata messa in vendita per essere recuperata a fini turistici; il 6 marzo 2014 l’Agenzia del Demanio inserisce l’isola in un elenco di beni in un “invito pubblico ad offrire”, cioè tramite asta con riserva di valutazione della convenienza economica a vendere da parte di una Commissione istituita all’uopo. Nell’aprile del 2014 è nata un’associazione senza fini di lucro, “Poveglia - Poveglia per tutti”, con lo scopo di partecipare al bando del Demanio per aggiudicarsi la gestione dell’isola per 99 anni e permetterne l’uso pubblico. Il 13 maggio 2014, giorno dei rilanci dell’invito pubblico alle offerte per Poveglia del Demanio, Luigi Brugnaro, patron di Umana e attuale sindaco di Venezia, ha fatto l’offerta migliore di 513’000 euro. La Commissione del Demanio ha
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38 l’ottagono di Poveglia
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però ritenuto incongrua l’offerta e l’imprenditore, di conseguenza, si è opposto a questa decisione annunciando il proprio ricorso al TAR, lasciando la situazione tuttora irrisolta. le origini del progetto La scelta di progettare un centro di alta formazione, sull’isola di Poveglia, non nasce da una mera ipotesi accademica, ma pone le sue basi sulle linee guida dettate da un concorso di idee. Il concorso indetto dall’associazione YAC (“Young Architect Competition”), in collaborazione con agenzia del Demanio, risalente all’anno 2016. Il tema prevedeva la creazione di un campus universitario, luogo di formazione, svago e riposo per i molti studenti che affollano Venezia. Il bando forniva vincoli specifici rispetto agli edifici da mantenere e quelli che potevano essere demoliti, oltre a limitare a 25’000 mq di superficie utile le nuove architetture. Il programma funzionale prevedeva la realizzazione delle seguenti strutture: Uffici di ateneo; per un minimo 40 postazioni di lavoro; Biblioteca e sala lettura; che si avvalgano dell’ambientazione lagunare per generare ambienti piacevoli e panoramici (realizzazione minima di 200 postazioni studio); • Mensa ed area ristoro; aperta a studenti e docenti ma anche per un più ampio spettro di fruitori come turisti o cittadini (richiesta realizzazione minima di 150 coperti); • Residenze per studenti; di varie dimensioni e tipologie dall’appartamento autonomo, alle camere multiple con servizi condivisi per rispondere a diverse opportunità commerciali e necessità di esercizio (minimo 80 posti letto); • •
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39 stato attuale dell’edifico ad angolo
Spazi espositivi; deputati ad ospitare il risultato dell’attività didattica e laboratoriale di studenti e docenti; • Spazi polivalenti; aule studio, spazi a disposizione della comunità o delle associazioni studentesche ammesse nel campus; • Auditorium; spazio adibito all’ospitalità di eventi, conferenze, performance artistiche e proiezioni cinematografiche (capienza minima 200 posti); • Dotazioni sportive. •
Il progetto ha la volontà di mantenere l’isola liberamente fruibile a tutti i cittadini, senza alcuna limitazione dettata dal gestore del campus, in modo tale da integrala nella città. Il percorso intrapreso, si è articolato in più fasi seguendo le varie scale di progetto. Il punto di partenza è stato la creazione di un piano di intervento generale per l’isola, cercando di dare una connotazione logica su base funzionale alle varie destinazioni d’uso da inserirvi. In seguito è stato effettuato un focus sul baricentro, sia fisico che funzionale, del centro di formazione, cioè la realizzazione di una biblioteca, un auditorium, uno spazio espositivo ec una mensa. Di pari passo vi è stata una ricerca di soluzioni tecnologiche che permettessero l’attuazione della volontà di forma fornita dal concept di partenza.
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40 assonometria in giallo-rosso
il masterplan Il tessuto edilizio esistente si presenta in modo frammentato ed in avanzato stato di degrado. Purtroppo non sono disponibili rilievi e analisi sullo stato dei fabbricati che compongono l’isola, quindi il progetto fa affidamento sul materiale fornito in fase di concorso. Il concept sviluppato, si basa sulla volontà di mantenere gran parte delle preesistenze ed evitare, salvo alcune eccezioni, la creazione di nuovi volumi. Gli edifici presenti vengono trattati come uno zoccolo sul quale innestare il nuovo volume, in modo tale da creare una facile lettura delle parti che lo compongono. Questo tipo di trattamento è utilizzato per la totalità degli edifici le cui coperture risultano fortemente danneggiate o completamente assenti, mentre per i restanti è mantenuta la struttura originale. Tali innesti sono stati realizzati con volumi in vetro, sfruttando la tecnologia dell’u-glass, così da ottenere solidi omogenei in vetro opaco. La scelta del vetro si rifà alla tradizione veneziana di tale materiale, che per la sua qualità e raffinatezza ha reso Venezia famosa in tutto il mondo. Ulteriore elemento alla base di tale scelta, è volontà di creare un rapporto intimo tra architettura ed acqua, che si manifesta tramite giochi di luci e riflessi sulla superficie della laguna. La prima criticità riscontrata, è stata la totale assenza di collegamenti tra i vari fabbricati, da qui la necessità di ricucire questi frammenti con un sistema di percorsi chiari e leggibili. La viabilità è strutturata su una spina dorsale, costituita da una pensilina in cemento chiaro, che accompagna il visitatore lungo tutte le parti del campus. Questa pensilina è costeggiata, sul lato sinistro, da un canale creato ex novo, mentre sul lato destro, da una zona lasciata
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attracco aule e laboratori direzione biblioteca auditorium spazio espositivo mensa e caffetteria foresteria pensilina frammenti
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41 pianta delle coperture assonometria del masterplan 42 lo stato attuale della gran parte degli edifici
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a parco con una folta vegetazione. Poveglia al momento è tagliata fuori dai collegamenti pubblici con Venezia e le altre isole che la circondano, di conseguenza il primo passo è stato la creazione di un punto d’approdo. Sulla base delle scelte progettuali questo è stato localizzato all’inizio della pensilina, lungo il Canale di Orfano, in corrispondenza del vecchio campanile della pieve di S. Vitale, da secoli punto di riferimento per i navigatori della laguna. In questo modo il campanile viene affiancato da un nuovo elemento in corrispondenza dell’attracco, con la funzione di punto di osservazione panoramico, evidenziando così l’intervento di recupero attuato. Dalla direttrice centrale coperta si snodano perpendicolarmente quattro percorsi, assieme ad un egual numero di ponti sul canale che raggiungono le varie parti del progetto. Il primo di essi conduce agli edifici storici dell’isola, dove sono state localizzate le funzioni di amministrazione e direzione (l’edificio ad U sulla destra) e gli spazi per i laboratori e la didattica (il complesso a ridosso del campanile, l’edifico ad angolo e l’edificio centrale isolato). Questi fabbricati, tra quelli esistenti, in base alle loro caratteristiche morfologiche ed alla loro collocazione all’interno dell’isola sono stati reputati i più congrui ad ospitare funzioni didattiche. Inoltre, sugli stessi edifici sono stati effettuati interventi di consolidamento strutturale, assieme alla creazione di nuovi solai, partizioni interne e collegamenti verticali ed infine un ampliamento tramite l’innesto di due nuovi volumi in vetro ed acciaio (ed. adiacente al campanile e quello ad angolo). La scelta d’inserire il collegamento sul lato posteriore del complesso, nasce dalla volontà di creare il cuore dell’istitu-
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43 vista del nuovo attracco all’isola
to nella parte centrale della prima isola e di convogliare in questa direzione gli edifici preesistenti. Continuando il percorso al di sotto della pensilina, si raggiunge i successivi due ponti, che conducono al vero e proprio cuore del campus. In posizione centrale, difatti sono collocati l’auditorium affacciato sul canale, la biblioteca, lo spazio espositivo, la mensa e la caffetteria. La totalità degli ingressi di questi volumi si affaccia su di una piazza centrale dotata di uno specchio d’acqua (Questa sezione verrà approfondita successivamente con un focus sugli edifici che la compongono). Proseguendo lungo la spina dorsale si giunge sulla seconda isola. In questa parte del progetto è stata perseguita la volontà di dare maggiore peso alla componente paesaggistica rispetto a quella architettonica. L’unico volume presente, è costituito dalla foresteria, il resto è preservato come spazio verde. La foresteria è stata ideata con l’intento da garantire ad un numero limitato di studenti un alloggio in prossimità del luogo della propria formazione. Queste residenze sono costituite da alloggi di varie tipologie e metrature, in modo tale da venire incontro a tutte le esigenze. Al piano terra sono collocati gli appartamenti in condivisione, la lavanderia e gli spazi comuni, mentre ai piani superiori gli alloggi più piccoli con servizi in comune. Questa foresteria è pensata anche come alloggio per utenti esterni, nei periodi di pausa della didattica, in modo tale da creare una ambiente vissuto 365 giorni l’anno. Alle sue spalle, è adibita una parte di parco attrezzata per attività sportive come campetti da basket, calcetto e volley. Inoltre il canale che attraversa la seconda isola, è disegnato in modo tale da permettere attività sportive acustiche, come vela, canoa, sci nautico oltre all’attracco di piccole imbarcazioni private.
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44 l’attuale vegetazione di Poveglia
lo studio del verde Data la collocazione geografica del sito, la componente paesaggistica nell’elaborazione del progetto è andata di pari passo a quella architettonica. Il disegno del canale artificiale che taglia in due le isole ha voluto creare una netta separazione tra le parti. Sul lato destro la vegetazione è stata lasciata più folta, creando una sorta di parco dove le alberature predominanti sono pioppi bianchi e neri, in particolare la pensilina è costeggiata da un filare di pioppi tremuli. Questa tipologia di albero ha la peculiarità di emettere un particolare fruscio dovuto allo stormire delle fronde col passaggio del vento. La denominazione antica Pupilia deriva dal sostantivo Populus, Pioppo che probabilmente era la specie arborea dominante sull’isola. I hanno la caratteristica di consolidare il terreno con le loro radici fitte e robuste e prediligono zone ricche d’acqua, per questo motivo sono da sempre parte integrante del paesaggio lagunare. Sul lato sinistro disposta sull’argine del canale, una piantumazione profumata di Rose della Cina, Buddleie e Calle accompagna il suono emesso dai pioppi, creando un’esperienza extrasensoriale nel visitatore. La parte restante della zona verde è dominata da manti erbosi, ingentiliti dalla presenza di Mughetto Giapponese, che con la sua caratteristica di pianta tappezzante ha la funzione di delimitare gli spazi. Le alberature in questa zona sono state pensate più rade, così da facilitare l’irraggiamento solare e schermare l’azione del vento nei periodi freddi. Sugli angoli della piazza, sono progettate delle postazioni per lo studio all’aperto accompagnate da giardini profumati che possano attirare farfalle e altri insetti.
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spazi esterni
alberature
prati con alberature fitte
pioppo tremulo
prati con alberature rade
pioppo bianco
vasche fiorite
pioppo nero
giardini di camelie e lilla
carpino
aree sportive
pioppo cipressino
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Pioppo tremulo Populus tremula
Pioppo cipressino Populus pyramidalis
altezza massima intorno 20-25 m, ha fusto diritto e slanciato ed una chioma di forma globulare che può raggiungere i 3-4 m di diametro. Le sue foglie turionali sono ovali e appuntite, con picciolo a forma cilindrica, mentre le brachiblastali hanno forma tondeggiante con picciolo leggermente schiacciato ai lati che le rende particolarmente mobili al minimo soffio di vento.
può raggiungere i 30–35 m di altezza. I suoi rami sono numerosi, piccoli e si possono trovare già alla base del fusto che ha una corteccia molto rugosa e screpolata. Le foglie turionali sono grandi e arrotondate alla base mentre quelle brachiblastali sono piccole, ovali e dentellate.
Pioppo bianco Populus alba
Camelia Camellia japonica
alto fino a 30 metri, con un’ampia chioma arrotondata. La sua corteccia grigio chiaro, simile a quella della betulla, rimane per lungo tempo liscia e punteggiata da piccole lenticelle suberose a forma di rombo; invecchiando diventa ruvida e molto scura.
piccoli alberi sempreverdi originari dell’Asia. Il fogliame è di colore verde scuro, lucido, leggermente cuoioso; durante i mesi freddi dell’anno produce numerosi fiori. Normalmente fiorisce da dicembre fino all’inizio della primavera. Esistono numerosissimi ibridi. I fiori delle camelie hanno colore rosa o banco.
Pioppo nero Populus nigra
Calla Zantedeschia aethiopica
può raggiungere l’altezza di 25–30 m. Il tronco si presenta dritto e spesso nodoso, la corteccia è molto scura. È una pianta a foglia caduca, di tipo semplice, bifacciale, con inserzione alterna. La lamina fogliare è ovato-triangolare lunga fino a 8–10 cm. L’apice fogliare è molto appuntito, mentre il margine è seghettato.
è una pianta perenne sempreverde dotata di un rizoma oblungo, di grandi dimensioni, con foglie basali largamente sagittate e piccioli < 90 cm, infiorescenze primaverili, solitarie, di colore bianco, composte da una lunga spata a forma d’imbuto, e da uno spadice biancastro eretto, fiori monoici.
Mughetto giapponese Ophiopogon japonicus
Buddleia Buddleja davidii
piccole piante perenni, sempreverdi, simili a densi ciuffi di erba leggermente coriacea. Le foglie sono sottili, nastriformi, arcuate, lunghe 5-25 cm, verde scuro, ed hanno una consistenza coriacea. Sviluppano un apparato radicale stolonifero, poco profondo, che rende la pianta un’ottima tappezzante; mantengono un altezza compresa tra i 15 e i 25 cm.
pianta ramificata dalla base con robusti rami, prima eretti e poi decombenti. Le foglie sono a fillotassi opposta e di forma ovato - lanceolate. L’infiorescenza è una densa pannocchia conica terminale composta da numerosi mazzetti di fiori agglomerati. La pannocchia ha un diametro 3 cm e lunghezza 30–60 cm.
Carpino bianco Carpinus betulus
Rosa della cina Rosa mutabilis chinensis
di media altezza (15–20 m) con portamento dritto e chioma allungata. La corteccia si presenta sottile, liscia al tatto, di colore grigio, irregolare per il fusto scanalato e costolato. Le foglie sono alterne, semplici, brevemente picciolate, ovato-oblunghe, con nervature in rilievo e ben visibili sulla pagina inferiore, con apice acuminato doppiamente dentato.
l’altezza varia tra i 120 e i 300 cm. I fiori sono semplici, del diametro di circa 6 cm, con petali allungati e distanziati che si spiegazzano. Il colore dei petali nei boccioli è rosso scuro ma, mano a mano che il fiore si apre e invecchia, il colore passa dall’arancio, al rosa, al cremisi, al giallo, al camoscio.
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45 il lazzaretto vecchio visto dal lido
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il progetto
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la piazza Tramite la passerella che costeggia il canale, si raggiunge la piazza, cuore dell’intero campus. La sua localizzazione è nata dalla volontà di porre il baricentro a metà strada tra le residenze e gli spazi dedicati alla didattica, in modo creare un giusto bilanciamento tra le parti del campus. Di conseguenza le funzioni che stanno alla base della vita universitaria (auditorium, biblioteca, spazio espositivo e mensa) sono state collocate in questo luogo. Gli ingressi ai volumi si dispongono radialmente, così da rendere la piazza fruibile a 360°, evitando la formazione di poli specifici. La sua superficie è pavimentata con lastre di pietra bianca d’Istria, materiale che fin dai tempi antichi riveste le piazze e le calli della Serenissima. Nel mezzo della piazza, in posizione leggermente decentrata, troviamo uno specchio d’acqua con funzione rinfrescante nei periodi più caldi e afosi dell’estate veneziana. Inoltre questa superficie è messa in dialogo con i volumi in vetro che vi si affacciamo, tramite un gioco di luci e riflessi, caratteristica fondamentale dell’architettura veneziana, da sempre in rapporto costante con l’acqua. La piazza ha la funzione di servire tutti gli accessi ai fabbricati, ma allo stesso tempo è anche luogo di socialità e di incontro. Ai suoi margini sono state progettate delle postazioni con sedute e tavoli, fiancheggiate da giardini profumati, che consentano l’attività di studio all’aria aperta, ma anche la possibilità di riposarsi all’ombra degli edifici. Oltre ai due collegamenti principali, da qui si snodano altri percorsi per raggiungere la zona adibita alla didattica e la passeggiata che costeggia l’argine occidentale dell’isola.
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piano terra biblioteca 1.1 foyer 1.2 banco informazioni e prestiti 1.3 pozzo librario 1.4 scaffali consultazione 1.5 servizi
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auditorium 2.1 foyer 2.2 accoglienza 2.3 guardaroba 2.4 sala conferenze 2.5 servizi 2.6 magazzino e locali tecnici 2.7 spazio esterno
4.4 4.1
spazio espositivo 3.1 foyer 3.2 accoglienza 3.3 spazio espositivo interno 3.4 spazio espositivo esterno 3.5 servizi
4.5
4.2
4.3
mensa 4.1 spazio esterno 4.2 distribuzione pasti 4.3 sala 4.4 cucina 4.5 lavaggio 4.6 servizi 4.7 magazzino 4.8 direzione caffetteria 5.1 sala 5.2 servizi 5.3 spazio dipendenti 1.3
1.4
1.2 1.1
1.5
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46 vista della piazza con l’auditrorium e lo spazio espositivo
l’auditorium Stretto tra i due pontili che attraversano il canale, troviamo l’auditorium. Esso rappresenta uno dei pochi volumi creati ex-novo, ciò è dovuto principalmente all’incompatibilità di tale funzione con gli edifici storici a disposizione. Questa tipologia edilizia, difatti necessita di attrezzature e di volumetrie che avrebbero comportato grandi interventi di adeguamento, da qui la decisione di realizzare una nuova struttura. Dall’esterno si presenta come un’unica e grande scatola di acciaio e vetro. La facciata è divisa orizzontalmente in tre registri di varie altezze, e verticalmente dal passo dei montanti degli infissi, per un’altezza totale di 12m. La fascia bassa del prospetto rivolto verso la piazza, è realizzata in vetro trasparente così da rendere visibile l’interno e invogliare l’ingresso del visitatore. I due registri superiori sono costruiti utilizzando la tecnologia dell’u-glass, che permette di rendere opaca la superficie dall’esterno ma allo stesso tempo di illuminare con luce diffusa l’interno. Gli interni sono concepito come un unico grande volume perimetrato sul lato corto dal foyer d’ingresso e sui lati lunghi dai collegamenti che servono la sala. Sul foyer sono collocati il banco informazioni, il guardaroba ed i servizi igienici. La pavimentazione è pensata come un’unica superficie continua realizzata in battuto di terrazzo alla veneziana, mentre gli involucri interni sono rivestiti in pannelli di legno di cedro dai colori caldi. L’intento di questo accostamento materico, sta nel creare un gioco di contrasti sia cromatici che tattili. Sul lato posteriore dell’auditorium, stretta tra la sala ed il canale troviamo una loggia con vista sulla pensilina ed il
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47 profil0 A-Aâ&#x20AC;&#x2122;: sezione longitudinale 48 profilo B-Bâ&#x20AC;&#x2122;: sezione rivolta verso il parco
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pioppeto. Questo spazio è il luogo di attesa e riposo prima degli eventi, ma allo stesso tempo le sue dimensioni permettono l’allestimento di rinfreschi e buffet nella stagione estiva. La sala è adatta ad ospitare un totale di 216 spettatori, disposti su 11 gradoni che costituiscono la platea. Il palco è disposto sul lato interno della loggia, e si compone di una grande vetrata dell’altezza massima di 2,20 m, così da consentire la vista sull’esterno ma allo stesso tempo evitare spiacevoli fenomeni di abbaglio poiché l’oratore risulta essere in controluce rispetto allo spettatore. La sala è concepita come spazio polivalente, che all’esigenza può ospitare conferenze, performance di vaio genere e proiezioni cinematografiche. Da qui la conformazione della copertura, che tramite un sistema di pannelli regolabili in altezza le permette di adattarsi alla funzione da svolgere. Un telo per le proiezioni può essere calato dal contro-soffitto tramite un sistema meccanico. Al di sotto della platea, vi è uno spazioso magazzino per e gli impianti e lo stoccaggio dell’attrezzature, collegato al guardaroba. Inoltre la sala dispone di un collegamento, esclusivo per il personale, al banco informazioni e agli spazi tecnici situati ai piani superiori.
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49 esploso assonometrico dellâ&#x20AC;&#x2122;auditorium
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l’auditorium: dettagli costruttivi
01. solaio controterra . pavimentazione in cemento autolivellante 4 cm . massetto alleggerito di livellamento 4 cm . isolamento termico 6 cm . barriera al vapore 1 cm . vespaio con casseri a perdere di tipo “igloo” . fondazione a platea 30 cm . magrone di allettamento 6 cm
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02. chiusura verticale inferiore . struttura metallica per telaio infissi . aperture con triplo vetro ES zero frame . struttura portante con pilastri in acciaio HEB 240 03. chiusura verticale inferiore . struttura metallica per telaio infissi . doppio strato di vetro “U-profiled” con isolante traslucido TIMax in fibra di vetro 7 cm . struttura portante con pilastri in acciaio HEB 240
04. solaio di copertura . inverdimento a semina mista tipo Sedum . substrato di vegetazione in scisto argilloso 10 cm . tessuto filtrante . elemento di accumulo acqua 7,5 cm . pellicola di separazione . barriera al vapore 1 cm . isolamento in lana di roccia 15 cm . solaio di copertura in c.a. 25 cm . struttura portante travi IPE 300 . controsoffitto cassettonato in cartongesso 50cm
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la biblioteca Sul lato opposto in posizione centrale, troviamo la biblioteca, perno dell’intera attività di qualsiasi campus universitario. Il bando di concorso chiedeva la creazione di un spazio pensato come luogo informale di apprendimento, a sostegno dell’attività quotidiana di studio, ricerca e relazione degli studenti del campus. Inoltre era consigliata una collocazione che si avvalesse dell’ambientazione lagunare per generare ambienti piacevoli e panoramici, che connotassero l’esperienza di studio della fruizione di un contesto naturale di rara piacevolezza. Da questi presupposti nasce l’idea di collocare questa funzione all’interno del più grande edificio esistente a disposizione, situato in prossimità dell’argine a ponente dell’isola. Da questo punto difatti si gode della vista migliore sulla Serenissima, sono infatti ben visibili sia il campanile di San Marco che la Basilica di Santa Maria Maggiore, inoltre nelle giornate particolarmente limpide sullo sfondo è possibile riuscire ad intravedere le Dolomiti. L’edifico ha pianta rettangolare ed i setti murari hanno un’altezza di quasi 4,5 m, presentando numerose aperture di varie conformazioni. Per quanto concerne la struttura, l’edificio è concepito come due strutture a sé stanti: quella perimetrale costituita dallo zoccolo esistente più l’ampliamento in vetro e acciaio, ed infine quella interna in cemento armato che si articola su quattro livelli. Queste due strutture, hanno entrambe la funzione di sorreggere il solaio di copertura in acciaio e cemento con tetto verde a semina mista di tipo Sedum. L’intervento sulla struttura perimetrale, consiste nello spo-
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piano primo biblioteca 1.1 sala lettura 1.2 sala consultazione 1.3 servizi auditorium 2.1 sala conferenze 2.2 locali tecnici spazio espositivo 3.1 direzione mensa 4.1 sala superiore
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stamento della funzione portante dalla vecchia muratura ai nuovi setti in cemento armato che la circondano. I due involucri sono resi collaboranti tramite un sistema di graffati ZSZ, l’intercapedine è stata sfruttata per fini di isolamento termico. Sui setti in cemento armato perimetrali poggiano, sia i pilastri HEB 240 in acciaio, sia la struttura intelaiata in alluminio bianco che va a costituire le facciate. I prospetti sono tamponati in vetro trasparente nei due registri bassi ed in u-glass nella parte alta. Passando alla distribuzione spaziale, in corrispondenza dell’ingresso troviamo il foyer a sviluppo lineare, che conduce al banco informazioni sulla destra ed al corpo scale sulla sinistra. Lo spazio servente è disposto lungo il perimetro, cioè nell’intercapedine tra il volume interno e la muratura esterna, così da rendere fruibili le scaffalature con i libri, inserite all’interno del passo dei pilastri. Alle spalle del banco informazioni l’ambiente è adibito a pozzo librario, così da risultare facilmente accessibile al personale. I servizi igienici sono collocati sul lato opposto al pozzo, creando un unico volume compatto insieme al vano scala. Al primo piano la conformazione si ripete, ad eccezione della distribuzione che passa da perimetrale ad una posizione più centrale. Al secondo piano troviamo le zone adibite alla lettura, illuminate in basso dalle ampie vetrate trasparenti, per consentire la vista panoramica, e dalle superfici in u-glass nella parte alta. Gli involucri interni sono rivestiti in legno di cedro, mentre la pavimentazione è in parquet d’abete rosso. La scelta del rivestimento in legno, oltre a motivi estetici, consente di migliorare l’acustica dell’ambiente, riducendo sgradevoli effetti di riverbero. Una ringhiera metallica di-
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51 esploso assonometrico della biblioteca
segnata con un motivo a losanghe, tipico della tradizione veneziana circonda i perimetri del livello. Le postazioni per lo studio sono dislocate ortogonalmente ai lati lunghi, in modo tale da consentire una corretta illuminazione naturale durante lo studio. In questo livello, le scaffalature sono incassate tra i filari dei pilastri, cosĂŹ da concentrare i pesi maggiori in zona centrale. Continuando a salire si raggiunge il terzo ed ultimo piano, dedicato quasi esclusivamente alle postazioni per lo studio.
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la biblioteca: dettagli costruttivi
01. solaio controterra . pavimentazione in cemento autolivellante 4 cm . massetto alleggerito di livellamento 4 cm . isolamento termico 6 cm . barriera al vapore 1 cm . vespaio con casseri a perdere di tipo “igloo” . fondazione a platea 30 cm . magrone di allettamento 6 cm 02. chiusura verticale inferiore opaca . intonaco 2,5 cm . muratura preesistente a due teste 25 cm
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. isolamento termico in lana di roccia 15 cm . sistema di graffaggi ZSZ . infisso con triplo vetro ES zero frame . struttura portante in cemento armato 35 cm . intonaco interno 1,5 cm 03. chiusura verticale inferiore trasparente . struttura metallica per telaio infissi . doppio strato di vetro “U-profiled” con isolante traslucido TIMax in fibra di vetro 7 cm . struttura portante con pilastri in acciaio HEB 240
04. chiusura verticale superiore . struttura metallica per telaio infissi . aperture con triplo vetro ES zero fram . struttura portante con pilastri in acciaio HEB 240 05. solaio intermedio . pavimentazione in parquet di legno di abete 2,5 cm . massetto alleggerito di livellamento 4 cm . guaina per isolamento acustico 1 cm . isolamento acustico 4 cm . controsoffito in cartongesso 40 cm
06. solaio di copertura . inverdimento a semina mista tipo Sedum . substrato di vegetazione in scisto argilloso 10 cm . tessuto filtrante . elemento di accumulo acqua 7,5 cm . pellicola di separazione . barriera al vapore 1 cm . isolamento in lana di roccia 15 cm . solaio di copertura in c.a. 25 cm . struttura portante travi IPE 300 . controsoffitto cassettonato in cartongesso 50cm
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lo spazio espositivo Il programma funzionale del concorso prevedeva la realizzazione di uno spazio deputato ad ospitare il risultato dell’attività didattica e laboratoriale di studenti e docenti. Questo luogo va immaginato anche come collegamento con la vasta proposta culturale di Venezia e come vetrina del campus stesso. Allo stesso tempo questa struttura è stata progettata con l’intento di poter essere utilizzata anche per attività diverse, come lo studio individuale o l’attività di laboratorio, in modo tale da renderla sempre partecipe alla vista dell’istituto. Lo spazio espositivo è collocato sul lato sud della piazza, a lato dell’auditorium e a ridosso del canale. Si compone da due parti, una creata ex novo ed una che sfrutta un edificio storico. L’ingresso è collocato nel primo blocco che si compone di una scatola in vetro ed acciaio bianco, orizzontalmente divisa in due registri e scandita verticalmente dal passo dei montanti della facciata. Sul prospetto rivolto verso l’auditorium, al primo registro troviamo le porte d’ingresso in vetro trasparente con passo verticale doppio rispetto al secondo, tamponato in u-glass. Una volta nel foyer d’ingresso troviamo sulla sinistra il banco informazione e di fronte una bacheca informativa per la programmazione degli eventi. L’info-point è collegato tramite un vano scale ed apposito ascensore al piano superiore che ospita l’ufficio con il compito della programmazione. Un’ampia vetrata offre la visuale dall’ufficio alla sala. Dal foyer al piano terra si accede alla preesistenza che costituisce l’unica grande sala espositiva per un totale di 230 m2 a doppio volume. La
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piano secondo biblioteca 1.1 sala lettura 1.2 sala consultazione 1.3 servizi auditorium 2.1 sala conferenze 2.2 locali tecnici
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preesistenza era dotata di numerose aperture su entrambi i lati lunghi, quindi per la sua riconversione funzionale è stato necessario il tamponamento delle aperture sul versante parco, così da permettere l’esposizione delle opere sulla parete. La pavimentazione riprende la tradizione del battuto di terrazzo alla veneziana. Questo tipo di lavorazione viene realizzata con granulati di marmo e pietre varie di diametro massimo 40 mm, immerse nella calce di ciottolo che funge da legante. In seguito viene levigata fino ad ottenere un’unica superficie liscia. La funzione strutturale è affidata ai setti in cemento armato realizzato all’intradosso della muratura esistente, collegata alla nuova tramite graffaggi di tipo ZSZ, nell’intercapedine è collocato un isolante termico. I pilastri HEB 220 in acciaio che reggono, la copertura piana, poggiano sul nuovo setto, così da eliminare qualsiasi funzione portante alla muratura. Alla struttura in acciaio è collegata l’intelaiatura del rivestimento in pannelli u-glass. In questo caso, principale beneficio dell’utilizzo del vetro opaco consiste nella rifrazione a cui il raggio luminoso è sottoposto mentre lo attraversa. Difatti la luce all’interno non risulta mai diretta ma sempre diffusa, il che riduce la problematica dei riflessi sui vetri delle cornici e delle ombre troppo scure all’interno. All’estremità della sala, verso il canale, tramite tre aperture è possibile accedere ad uno spazio esterno espositivo esterno, sfruttabile nella bella stagione. Questo spazio esterno delimitato da una setto che cosa vuoi dire??ad “L” in muratura. Questa muratura presenta un taglio nella parte bassa fino ad un’altezza di 1,20 m, tale da permettere la vista sull’acqua del canale, ma allo stesso tempo preservare l’intimità del luogo.
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54 esploso assonometrico dello spazio espositivo
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lo spazio espositivo: dettagli costruttivi
01. solaio controterra . pavimentazione in cemento autolivellante 4cm . massetto alleggerito di livellamento 4 cm . isolamento termico 6 cm . barriera al vapore 1 cm . vespaio con casseri a perdere di tipo “igloo” . fondazione a platea 30 cm . magrone di allettamento 6 cm 02. chiusura verticale inferiore opaca . intonaco 2,5 cm . muratura preesistente a due teste 25 cm . isolamento termico in lana di roccia 15 cm . sistema di graffaggi ZSZ . infisso con triplo vetro ES zero
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frame . struttura portante in cemento armato 35 cm . intonaco interno 1,5 cm 03. chiusura verticale inferiore trasparente . struttura metallica per telaio infissi . doppio strato di vetro “U-profiled” con isolante traslucido TIMax in fibra di vetro 7 cm . struttura portante con pilastri in acciaio HEB 220 04. chiusura verticale superiore . struttura metallica per telaio infissi . aperture con triplo vetro ES zero frame . struttura portante con pilastri in acciaio HEB 220
05. solaio di copertura . inverdimento a semina mista tipo Sedum . substrato di vegetazione in scisto argilloso 10 cm . tessuto filtrante . elemento di accumulo acqua 7,5 cm . pellicola di separazione . barriera al vapore 1 cm . isolamento in lana di roccia 15 cm . solaio di copertura in c.a. 25 cm . struttura portante travi IPE 300 . controsoffitto cassettonato in cartongesso 50cm
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l’area ristoro Questo edificio, disposto sul lato settentrionale della piazza, si compone di un nuovo volume lineare che s’innesta ortogonalmente sul lato lungo ad un edifico preesistente che consiste in un fabbricato conformato ad “U” di un piano realizzato con muratura a due teste ordita alla gotica. Dai dati forniti non è chiara la destinazione d’uso iniziale, ma la pianta di G. Bussolin indica la presenza di sei baracche in legno per alloggio dei degenti più sospetti e della lavanderia. In seguito all’intervento ne viene mantenuta la conformazione della copertura originale, per la quale sono realizzati interventi di consolidamento, e la funzione portante passa dalle murature in mattoni ad una nuova struttura interna con setti in cemento armato. Il volume si articola in tre parti principali: la mensa vera e propria sulla sinistra, la caffetteria sulla destra, la zona riservata al personale e la cucina sul fondo nella preesistenza. Nella parte centrale, coperta da una pensilina in acciaio banco a doppia altezza, viene prolungata la piazza in modo tale da fondersi insieme. Questa parte è attrezzata con arredi esterni, così da ottenere uno spazio esterno di pertinenza alla mensa e la caffetteria per i periodi (non torna qualcosa qui). Il volume della mensa di compone da un basamento realizzato in cemento armato intonacato e da una struttura portante in acciaio, alla quale si appoggiano la copertura piana a tetto verde e l’involucro in vetro opaco. All’interno lo spazio è concepito come un open space a doppio volume sul lato sud e da un soppalco retto da pilastri sull’altro. Nella parte a ridosso delle aperture, sono disposti i tavoli,
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mentre al di sotto del soppalco, troviamo il bancone dal quale vengono servite le pietanze e le bevande. Le scale, collocate nella parte terminale dove trovano spazio anche i servizi igienici, conducono al soppalco, organizzato per ospitare fino a 60 coperti. Il bancone per il servizio delle pietanze è in collegamento diretto con le cucine, in modo tale da facilitarne la preparazione e il trasporto. La caffetteria è pensata come un unico ambiente per il consumo di bevande e piccoli snack, anch’esso è in comunicazione con gli spazi per il personale. Infine, la collocazione strategica dell’edificio, in prossimità della vecchia rimessa per le navi, permette un facile carico e scarico dei rifornimenti.
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56 esploso assonometrico dellâ&#x20AC;&#x2122;area ristoro
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note e bibliografia
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Note (1) tratto da “Cronache Veneziane” di Giovanni Sagorino (2) tratto da “Isolario dell’atlante veneto” del 1696, Vincenzo Coronelli (3) relazione ad opera dall’avvocato Lorenzo Alugara, su commissione dei Provveditori alla sanità, 1793 (4) intervista rilasciata a R.Bianchiin, la Repubblica, 25 agosto 2006 (5) M.Cacciari, prefazione di “Architetture contemporanee a Venezia”, R. Codello, ed Marsilio 2014 (6) intervista all’assessore comunale alle Attività culturali, Tiziana Agostini, 2011 (7) M.Cacciari, prefazione ‘Architetture contemporanee a Venezia’, R. Codello, ed Marsilio 2014
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Bibliografia _S. Guerzoni e D. Tagliapietra, Atlante della Laguna Venezia traterra e mare, Marsilio Editori, 2006 _Venezia e la sua laguna, Touring club italiano, TCI editore, 1947 _ Veneto : Venezia e la sua laguna, Treviso e la bassa pianura del Piave, l’alta pianura fra il Piave e il Brenta, Sadea Sansoni editore, 1964 _G. Caniato, E. Turri e M. Zanetti, La laguna di Venezia, Cierre editore, 1995 _L. Carrer, “Isole della laguna e Chioggia” in Venezia e le sue lagune, Venezia 1847, vol II _V. M. Coronelli, Isolario dell’atlante veneto, Venezia 1696, vol I _G. Crovato e M. Crovato, Isole abbandonate nella laguna. Com’erano e come sono, catalogo della mostra, Associazione Settemari, 1978 _ E. Paoletti, Il fiore di Venezia, Venezia, 1837, vol I _F. Wilten, Poveglia notizie storiche, Oderzo, 1857 _A. Zorzi, La Repubblice del Leone. Storia di Venezia, Euroclub editore, 1991 _F. Tentori, Imparare da Venezia : il ruolo futuribile di alcuni progetti architettonici veneziani dei primi anni ‘60, Officina editore, 1994
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_M. Barovier, Carlo Scarpa. I vetri di un architetto, Skira editore, 1999 _A. Moor, Architectural Glass Art: Form and Technique in Contemporary Glass, Rizzoli editore, 1997 _C. Penzo e R. Zanon, Poveglia. Progetto per un’isola della laguna di Venezia, tesi IUAV, 1989 _E. Mengoli e M. Stanchet, Studio di fattibilità per il riuso dell’isola di Poveglia, tesi IUAV, 2000
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