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L’Italia del Lockdown
L’Italia è in quarantena, noi siamo in quarantena. È una parola lontana, di quelle che si sentono nei film, una di quei termini giganti che riempirebbero una stanza con la loro mole di significato. Quarantena. Pandemia. Sono cose lontane da noi, che non ci appartengono, che abbiamo sempre guardato, eppure le stiamo vivendo. Le cose appaiono sempre meno chiare quando ci siamo dentro ed è sempre più facile, a posteriori, accorgersi degli errori commessi, e darci degli stupidi per come ci siamo comportati. È così per le guerre, è così per la storia che studiamo in classe: quando studiamo la prima guerra mondiale ci chiediamo come sia stato possibile arrivare a così tanto in così poco. Quando studiamo la seconda, osserviamo con occhio severo un qualcosa che è ancora estremamente vicino, anche se non ce ne rendiamo mai abbastanza conto. Per questo motivo serve studiare la storia: per essere così furbi da analizzare il presente come si analizza il passato. Perciò, rimbocchiamoci le maniche e guardiamoci intorno. I nostri politici, il nostro governo, si è riunito attorno alla figura di Giuseppe Conte, che per la prima volta ha l’onere di comportarsi da Presidente del Consiglio. Conte ha ricoperto diversi ruoli: da
burattino del governo giallo-verde, a quel politico che sorprendentemente si era messo ad insultare il suo ex-vice mettendogli una mano sulla spalla, e, infine, praticamente il salvatore della patria. La sua popolarità è cresciuta in modo esponenziale, rendendolo praticamente il politico più amato, superando un Salvini, un Di Maio, un Renzi, che si sono ridotti ad ombre. Conte è diventato il simbolo di un paese che lotta e non si arrende, il politico dalle parole forti ma rassicuranti, del “rimaniamo distanti oggi per abbracciarci più forte domani”. Ed è chiaro perché Conte sia il politico perfetto in questo momento storico. Un leader, durante una pandemia, quando nessuna intenzione di voto, alleanza, opinione sui normali temi che quotidianamente si discutono ha importanza, ha un grande dovere nei confronti del suo popolo: rassicurarlo. Oltre al prendere misure, sia chiaro. Ma nel prendere misure non c’è solo un Presidente ad agire, ma un team di esperti, un governo intero. Invece quando il clima popolare che si respira è teso, e c’è preoccupazione, agitazione (ovviamente dovute alla tragedia in corso), un leader ha il compito di ribadire le sue posizioni, di tenere il pugno duro, ma soprattutto, di dare una (metaforica) pacca sulla spalla alle persone e fargli sentire che davvero “andrà tutto bene”. Quando l’intero paese soffre, il sistema sanitario è in enorme difficoltà, l’economia è ferma, non ci si può preoccupare anche di un leader inadatto al suo compito. Non abbiamo tempo, non abbiamo spazio per questo, non adesso. La maggior parte dei politici sta facendo questo: si sta unendo; e anche la maggior parte dei cittadini sta cercando di unirsi attorno a Conte per vincere davvero questa battaglia, mettendo da parte le diffidenze nei confronti del Premier. Diciamo quasi tutti. È abbastanza noioso parlare sempre male di Matteo Salvini, me ne rendo conto. Ma del resto nel dare una visione critica, bisogna dire che da quando è nato il problema Corona Virus l’ex ministro dell’Interno non ha fatto altro che commettere un errore dietro l’altro. È passato da “bisogna aprire tutto, Conte dimet
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titi” a “bisogna chiudere tutto, Conte dimettiti”, e infine a “il governo non sta prendendo abbastanza in considerazione le opposizioni”. Salvini infatti, da quel poco di sondaggi che si riesce a vedere in questo periodo, sta perdendo punti. Il leader della Lega non ha mostrato nessun tipo di solidarietà, solo critiche; in un momento di stabilità fa parte della politica odierna scagliarsi contro l’avversario (le modalità poi si distinguono a seconda del partito di appartenenza), ma approfittare in questo modo di un momento così infelice per l’intero Paese, non solo è becero, ma controproducente. Se guardiamo ancora più intorno, l’Europa e il mondo, vedremo un panorama nel quale ognuno ha le sue difficoltà. Partendo da Boris Johnson che sembrava non voler combattere questo virus, e poi proprio lui se lo è preso (mi piacerebbe dire karma, ma ovviamente mi dispiace e spero guarisca presto), arrivando a Trump che continua a chiamare il COVID-19 il “virus cinese”, quando gli Stati Uniti sono attualmente il paese con più contagiati al mondo. La verità è che si tratta di una battaglia che stiamo combattendo tutti, ma con tempi diversi. L’Unione Europea, dopo i primi momenti di attrito, sta iniziando ad unirsi per trovare una soluzione comune, perché è vero, siamo tutti sulla stessa barca, e questa emergenza la affronteremo tutti, solo con tempi diversi. È importante guardare al presente, ma quando saremo pronti ad affrontare il futuro, dovremo anche trarre delle conclusioni dal passato, perché questa epidemia ci deve cambiare, ci deve insegnare qualcosa, altrimenti sarà solo una cosa orribile che ci è capitata. Ed è una cosa orribile, ma sta a noi farla diventare una cosa orribile con un senso. Il Corona Virus ci insegnerà quanto abbiamo bisogno degli altri per vivere, del mondo
esterno, di uscire, di vederci, di toccarci. Il Virus ci insegnerà di chi, nei momenti davvero importanti, possiamo fidarci e di chi faremmo meglio a smettere di seguire. Ci insegnerà chi sono i nostri salvatori: i medici, i farmacisti, gli infermieri, gli OSS, ma anche tutti quei lavoratori, cassieri, commessi, operai che non hanno potuto fermarsi. Ci insegnerà che la quarantena non è solo una misura estrema, è un privilegio. Abbiamo la fortuna di avere una casa in cui rifugiarci da un virus potenzialmente letale, non abbiamo un lavoro che ci espone al rischio di contagio, la maggior parte di noi non sta patendo il danno economico che alcuni invece stanno affrontando, la maggior parte di noi possiede un computer e ha il privilegio di vedersi, di parlare, di studiare, di imparare anche a distanza. Quando tutto questo sarà finito, dovremo ricordarci chi siamo, chi siamo stati, e chi vogliamo essere. “Tenere le distanze, per una zona sicura, ti prego non abbracciarmi che ho paura” (La scala Shepard, “Paranoia”, Bersagli, 2019). ARIANNA BELLUARDO