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Un’antica storia di morte
Le armi chimiche
Paleolitico, 13.000 a.C. circa: tutto inizia con una freccia avvelenata. Non a caso il termine “tossico” deriva dal greco toxon (arco); viene creata quindi la prima arma chimica, nasce la civiltà dei veleni. L’uomo comincia ad adoperare nella caccia sostanze letali o stordenti per rallentare e uccidere le prede, inizia ad apprendere come estrarre e riconoscere i veleni presenti in natura: scorpioni, serpenti, aconito napello, cicuta, noce vomica… le sostanze tossiche si trovano ovunque. Nascono poi anche le prime armi biologiche di distruzione di massa tramite funghi e batteri: già gli Ittiti, nel II millennio a.C., utilizzavano pecore infette da Francisella tularensis come armi batteriologiche. Con lo sviluppo delle prime città i metodi di distruzione tramite le tossine diventano sempre più sofisticati. I Sumeri furono i primi ad impiegarle nella guerra avvelenando pozzi e provviste. Successivamente in Cina nel IV secolo a.C. vengono usati per la prima volta gas tossici a scopo bellico: sono stati tramandati degli scritti che descrivono l’utilizzo in guerra di fumi ricavati dalla combustione di senape e artemisia che venivano pompati all’interno delle gallerie nemiche. Più tardi, nel V secolo, nel corso della guerra del Peloponneso, vennero verosimilmente usati dalle forze di Sparta gas venefici e fumi irritanti a base di arsenico e zolfo. Sotto l’Impero Romano poi l’uso del veleno era comunissimo. È documentato che nell’assedio di Dura Europos nel 256 d.C. dei legionari romani furono gassati dall’esercito dei Sasanidi tramite la combustione di zolfo e bitume. Nel Medioevo abbiamo un altro caso di guerra batteriologica: Gabriele de Mussis, notaio di Piacenza, scrisse che nel 1347, nell’assedio di Caffa, i tartari «legarono i cadaveri su catapulte e li lanciarono all’interno della città, perché tutti morissero di quella peste insopportabile. I cadaveri lanciati si spargevano ovunque e i cristiani non avevano modo né di liberarsene né fuggire». Nel Rinascimento, le armi chimiche furono invece riproposte da Leonardo da Vinci che ideò una mistura letale a base di gesso, solfuro d’arsenico triturato e verderame in polvere . Se dunque la guerra chimica ha origini antichissime, è con il primo conflitto mondiale che, attraverso i progressi incredibili della ricerca scientifica, si arriva alla creazione di armi sempre più avanzate e devastanti. 1915: comincia l’era delle bombe a gas. Lo scienziato tedesco Fritz Haber sviluppa l’iprite, il gas asfissiante a base di cloro in grado di provocare gravi lesioni polmonari e morte per asfissia che verrà impiegato a Ypres, in Belgio: si tratta del primo attacco su vasta scala effettuato con armi chimiche. Ideati rispettivamente nel 1812 e nel 1915 il fosgene e l’iprite furono i gas più utilizzati durante la grande guerra: il fosgene è un gas asfissiante che attacca le vie respiratorie, mentre l’iprite è un mix di cloro e zolfo che può essere classificato sia come gas asfissiante che come gas vescicante, in quanto colpisce con forza e lentezza la cute provocando vesciche e necrosi. Mesi dopo l’attacco a Ypres, il 6 agosto 1915, l’esercito tedesco, durante l’assedio della fortezza russa di Osowiec, lancia un altro devastante attacco chimico: quest’avvenimento è oggi conosciuto come “la carica dei morti viventi” proprio per le sue inattese conseguenze. La fortezza di Osowiec, sprovvista del necessario per respingere un’offensiva a base di gas tossici, fu bombardata da una
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miscela di cloro e bromo; quando i tedeschi entrarono nella fortezza incontrarono l’inaspettata opposizione dei pochi soldati russi sopravvissuti, i quali, più morti che vivi, tossendo sangue e parti dei loro stessi polmoni, riuscirono a respingere i tedeschi che fuggirono terrorizzati. Tra gas nervini, vescicanti, asfissianti, inibenti e aggressivi enzimatici durante la Grande Guerra furono utilizzati quasi 50.965 tonnellate di agenti chimici solo sul fronte occidentale con conseguenze devastanti. Finalmente, nel giugno del 1925, il protocollo di Ginevra vietò l’utilizzo di armi chimiche e batteriologiche (anche se non ne precluse la produzione per cui, in caso di aggressione chimica da parte dei paesi non firmatari, si aveva il diritto di rispondere con gli stessi mezzi). Nonostante ciò le stragi continuarono. Nel 1920 l’Inghilterra impiegò l’iprite e altri agenti chimici contro i ribelli curdi e arabi e così fece la Spagna contro i berberi. L’Italia nel 1935 violò il protocollo di Ginevra durante la guerra coloniale fascista: in Libia, e più tardi in Etiopia, Mussolini autorizzò l’uso di gas tossici, (in particolare l’iprite, il fosgene e proiettili a gas), per stroncare la resistenza e accelerare le operazioni belliche. Scoppiata la seconda guerra mondiale, anche il Giappone viola la convenzione di Ginevra. Il generale Shirō Ishii ordina di studiare e testare armi chimiche e biologiche; contro i cinesi si impiegarono, infatti, non solo gas come l’iprite, la lewisite, il fosgene e la cloropicrina ma anche armi batteriologiche che favorirono la diffusione di colera, tifo, dissenteria, antrace e peste bubbonica. Secondo alcune fonti circa 400.000 cinesi morirono per queste malattie. Inoltre, per testare e sviluppare nuovi tipi di armi biologiche, vennero eseguite, specialmente dall’unità 731, atroci sperimentazioni umane come vivisezioni e amputazioni senza anestesia, poiché si riteneva che questa influenzasse e ostacolasse gli esperimenti. E’ stato stimato che il numero di vittime sia stato circa di 580.000. Così avvenne anche nella Germania nazista: furono circa 17 milioni le vittime dei campi di sterminio. Ebrei, prigionieri di guerra, disabili, rom, sinti, omosessuali, comunisti, testimoni di Geova e tutti coloro che venivano classificati come “indesiderabili”, furono annientati nei campi di concentramento con il gas insetticida Zyklon B; inoltre è documentato che anche i tedeschi effettuarono terribili sperimentazioni umane per verificare la resistenza del corpo in situazioni estreme, collaudare sostanze tossiche e studiare malattie infettive. In questo periodo gli scienziati tedeschi scoprirono anche i gas nervini Tabun, Sarin e Soman, agenti che attaccano il sistema nervoso provocando la morte nel giro di pochi minuti, particolarmente pericolosi poiché inodori e incolori. Tra i disastri chimici avvenuti durante il secondo conflitto mondiale ricordiamo poi, nel 1944,
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il bombardamento del porto di Bari. La città subì un pesante attacco aereo che distrusse, tra le altre navi, la statunitense John Harvey carica di bombe all’iprite. Si stima che i morti furono circa 1.000 tra militari e marinai, e circa 800 i feriti, senza contare le molte persone che morirono nei giorni successivi a causa dei danni prodotti dall’iprite. L’incidente rimase segreto e, per decenni, non si seppe nulla di ciò che avevano provocato i gas tossici. 6 agosto 1945: avvenne la catastrofe che segnò la fine del conflitto mondiale. L’aeronautica statunitense sganciò due bombe atomiche sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki: 250.000 morti, quasi tutti civili. Oltre al decesso istantaneo di moltissime persone, questi attacchi portarono a terribili conseguenze che si protrassero a lungo nel tempo a causa delle radiazioni rilasciate dalle bombe. Fu la prima e l’ultima volta che venne usata un’arma nucleare a scopo bellico. Nel 1960, nonostante la fine della seconda guerra mondiale, le stragi continuarono. Durante la guerra in Vietnam gli Stati Uniti violano tutte le norme che impediscono l’uso di armi chimiche e biologiche colpendo sia civili che militari, causando sia enormi danni alla popolazione sia all’ambiente. Per privare la resistenza vietnamita della copertura garantita dalle foreste, venne usato un diserbante conosciuto come Agente Arancio (una miscela degli erbicidi 2,4-D: acido-2,4-diclorofenossiacetico e 2,4,5-T: acido-2,4,5-triclorofenossiacetico). Tuttavia si scoprì che questo defoliante conteneva diossina, un composto chimico estremamente tossico e inquinante che provocò tumori e teratogenesi, (uno sviluppo anomalo degli organi nel feto), sia alla popolazione vietnamita che ai soldati statunitensi. Vennero adoperate anche bombe incendiarie a base di Napalm-B, (un derivato dell’acido
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naftenico), e il BZ (3-chinoclidinile benzilato), un agente chimico che agisce sul sistema nervoso compromettendo memoria e pensiero logico e causando allucinazioni, isteria e altri disturbi psichici. Le armi chimiche vennero nuovamente messe in campo durante la guerra Iran-Iraq, che si protrasse dal 1980 al 1988. Inoltre, nel marzo del 1988 furono sterminati ad Halabja 5.000 curdi con gas a base di cianuro: fu il più grande attacco chimico contro civili. Bisogna arrivare al 1993 per avere il primo trattato internazionale sulla messa al bando di armi chimiche e sul divieto della loro produzione: la Convenzione sulle armi chimiche. Attualmente sono 193 gli stati membri; questo trattato si prefigge il divieto a livello internazionale delle armi di distruzione di massa. La convenzione entra in vigore nel 1997 ed è tuttora attiva; tuttavia nel 2004 vi è stato un nuovo drammatico caso di guerra chimica. Iraq, Fallujaha: a seguito di rivolte e dell’uccisione di quattro contractor, (membri di una compagnia militare privata americana), l’esercito statunitense avviò devastanti operazioni belliche di rappresaglia sulla popolazione inerme finalizzate alla ripresa del controllo della città. Durante l’attacco vengono utilizzati agenti tossici come cloro e fosforo bianco in grado di provocare, a contatto con l’ossigeno, necrosi ossea e ustioni. Le conseguenze di questo attacco sono state definite “peggiori di quelle di un disastro nucleare”, in quanto l’esposizione ad agenti tossici e mutogeni genera l’aumento esponenziale di malattie gravi come cancro e leucemia. Siamo nel 2020: viene confermato l’utilizzo delle armi chimiche della Turchia contro Rojava. Fino a quando durerà quest’antica storia di morte? Veleni generati in laboratorio si disperdono nell’aria portando a stragi di massa, alcuni in maniera più subdola e ingannevole, altri, come nel caso dell’iprite, il “gas mostarda”, in modo più evidente. Possono essere rapidissimi o creare lunghe e atroci sofferenze. Gas, liquidi, bombe e proiettili… la scienza e la tecnica progrediscono e con loro i metodi per uccidere. Fino a dove ci spingeremo ancora?