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Molto più di una ragazza con la Leica di Carolina Corsetti
Molto più di una ragazza con la Leica
Quando si parla di fotografia di guerra, tra i primi nomi a venire in mente compare quello di Robert Capa, uno dei più conosciuti della storia della fotografia. Decisamente meno conosciuto è invece un altro nome: quello della sua compagna, la fotografa tedesca Gerda Taro. Rimasta a lungo nell'ombra e spesso relegata al ruolo di fidanzata di Capa, la sua figura è tornata a essere oggetto di studio e interesse storico a partire dagli anni novanta del secolo scorso. A farle guadagnare popolarità ha ultimamente contribuito il romanzo della scrittrice Helena Janeczek “La ragazza con la Leica” , pubblicato nel duemiladiciassette e vincitore del premio Strega l'anno successivo. Senza dubbio fu il famosissimo fotoreporter a introdurla alla fotografia e a insegnarle a usare appunto la Leica ma, come si evince anche dal romanzo stesso, Gerda Taro è stata molto più della compagna di Capa e molto più di una ragazza con una macchina fotografica. Oltre a essere divenuta insieme al compagno una dei più importanti fotografi di guerra, Gerda fu una donna fuori dagli schemi, coraggiosa rivoluzionaria militante e figura di spicco nella resistenza al fascismo. Giovanissima entrò a far parte di movimenti socialisti e di lavoratori, pur venendo da un contesto borghese, una famiglia di ebrei polacchi. Le sue origini e le sue attività politiche si scontrarono dunque con l'avvento del nazismo in Germania: attiva nel Partito comunista tedesco, Gerda venne arrestata con l'accusa di aver distribuito volantini antinazisti a Lipsia, dove si era trasferita con la famiglia da Stoccarda, sua città natale. Venne in seguito rilasciata grazie al suo passaporto polacco e decise di lasciare la Germania per trasferirsi a Parigi. Affascinante, irriverente ed estremamente intelligente, nonché poliglotta, la ragazza si inserì perfettamente nel contesto parigino. Nel 1935, attraverso la carissima amica Ruth Cerf, conobbe uno squattrinato e non ancora famoso Robert Capa, nell'epoca in cui quel nome ancora non esisteva e quello che sarebbe stato definito il più grande fotografo di guerra di sempre portava ancora il suo nome di battesimo ungherese: Endre Friedmann. I due non solo si fidanzarono ma stabilirono anche un fortunato sodalizio professionale: fu proprio assieme a Gerda che Endre inventò il personaggio di Robert Capa, celebre fotografoAmericano trasferitosi a Parigi per lavorare in Europa, adottando per sé pseudonimo e storia. Anche la sua compagna si creò uno pseudonimo: da Gerta Pohorylle divenne Gerda Taro. Inaspettatamente, il marchio Capa-Taro funzionò: grazie alla storia interamente costruita del ricco fotografo americano, infatti, la coppia trovò più lavoro e cominciò a guadagnare molto con la fotografia. Nel 1936 i due decisero di fotografare insieme la guerra civile spagnola, divenendo testimoni fondamentali delle vicende belliche del Paese. Arrivati a Barcellona, tra le prime realtà che la coppia ha documentato è incluso l'addestramento di alcune giovani miliziane. Qui Gerda scattò forse la sua foto più famosa, che ritrae una miliziana mentre si addestra su una spiaggia spagnola. La foto della ragazza, con i tacchi indosso e una pistola in mano, ha fatto il giro del mondo proba-
“La Miliziana” foto di Gerda Taro
bilmente per la sua singolarità: queste donne armate pronte a combattere al fianco degli uomini in una società altamente conservatrice rappresentavano qualcosa di unico. La fotografa le ammirava moltissimo e ne rimase totalmente affascinata: probabilmente si rispecchiava anche in loro. Le sue fotografie sono il racconto di un testimone oculare: Gerda fotografava ciò che vedeva così com'era, cercando sì il suo stile e le giuste angolazioni ma senza mai alterare la realtà della guerra che voleva a tutti i costi documentare. Il suo lavoro costituisce uno dei più importanti documenti visivi della guerra civile spagnola vissuta dalla parte dei repubblicani. La fotoreporter si distinse tra le milizie antifasciste per il suo coraggio e rischiò continuamente la vita pur di realizzare i suoi servizi fotografici. Secondo il racconto di alcuni testimoni, lei stessa aveva più volte incitato i combattenti all'attacco contro i franchisti nella battaglia di Brunete, durante la quale si dedicò al suo più importante reportage fotografico. Reportage che realizzò completamente sola, poiché Capa in quei giorni si trovava a Parigi per questioni lavorative. Gerda Taro il suo compagno non lo avrebbe più rivisto: la nostra ragazza con la Leica morì coinvolta in un incidente di ritorno dal fronte di Brunete, divenendo la prima donna fotoreporter a perdere la vita sul campo. Mentre viaggiava aggrappata all'auto di un generale, alcuni aerei tedeschi mitragliarono il suo convoglio e, nel caos generale, un carro armato amico urtò la sua auto e la fotografa venne schiacciata dal peso del carro all'altezza dello stomaco. Coraggiosa fino all'ultimo, Gerda non perse conoscenza e, mentre veniva trasferita in ospedale a Madrid mantenne, come raccontano i testimoni, una straordinaria lucidità, tenendosi insieme le viscere con la sola pressione delle mani. Nonostante le fosse stato preannunciato un decesso inevitabile, la ragazza si preoccupò interamente dell'incolumità delle proprie macchine fotografiche, assicurandosi che non si fossero
rotte. Il 26 luglio 1937 Gerda chiuse gli occhi e non li riaprì più, il primo agosto avrebbe compiuto ventisette anni. Il suo corpo venne trasferito a Parigi dove Mademoiselle Taro, eroina repubblicana, venne pianta e seppellita con tutti gli onori al Père-Lachaise. La sua tomba fu l'unica del celebre cimitero a essere violata dai nazi-fascisti, anni dopo, a testimonianza della centralità che la sua figura ancora esercitava nella resistenza francese. Nel 1938 Capa pubblicò in sua memoria Death in the making, una raccolta di foto scattate insieme. Endre la piangerà per tutta la vita e non si riprenderà più dalla sua perdita. Continuerà tuttavia a rischiare la vita per realizzare i suoi reportage fino a che, nel 1954, intento a documentare la Prima Guerra d'Indocina, morirà anche lui saltando su una mina antiuomo a Tay Ninh. La sua morte è immaginata e descritta nella canzone Taro del gruppo britannicoAlt-J, dedicata a lui e a Gerda. Il gruppo racconta della tragica fine del fotografo: Capa muore di una morte violenta ma non tutto è perduto: in questo modo infatti si ricongiunge per sempre alla sua Gerda, straordinaria ragazza con la Leica e donna pioniera del fotoreportage il cui coraggio e determinazione furono d'ispirazione nella resistenza al fascismo.
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Gerda Taro e Robert Capa fotografati dall’amico Fred Stein