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Glocalizzazione

autonomie locali e Unione Europea

E’ giusto parlare allo stesso tempo di una più forte Unione politica in Europa e di maggiori autonomie alle nostre regioni? La risposta può sembrare ovvia, parrebbe incoerente voler cedere una parte di potere politico ad un ente sovranazionale e allo stesso tempo rafforzare le amministrazioni regionali, ma è necessario fare un più ampio ragionamento. Prima di tutto: perché ritengo sia necessario rafforzare l’Unione Politica? Per rispondervi, mi faccio aiutare dai fatti recenti, dove tutti vedono un fallimento dell’Unione Europea: di fatto è così, ma analizziamoli più del dettaglio. Dopo il lockdown, l’Italia ha dovuto fronteggiare da sola la crisi sanitaria e ha chiesto aiuto all’UE per le misure economiche: la risposta? Diciamo che la prima a rispondere è stata Christine Lagarde, presidente della BCE, che ha dichiarato “io non posso fare nulla se lo Spread in Italia sale”, facendo registrare

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alla Borsa di Milano un -12% (giornata poi chiusa col -6%) che non si vedeva dal 1945. Dopo lo scivolone dell’anziana conservatrice, il segnale è stato opposto, la Commissione Europea ha messo in campo un piano rivoluzionario: oltre alle misure di emergenza già esistenti e rafforzate (MES, Meccanismo Europeo di Stabilità a cui ogni Stato può ricorrere volontariamente, e SURE, fondo per il sostegno all’occupazione, quindi aiuti europei per la Cassa Integrazione) la Commissione ha proposto al Consiglio Europeo altre due misure, i famosi Coronabond (dei bot, o prestiti a lungo termine praticamente, emessi dall’Unione con interessi molto bassi) ed il Recovery Fund (un nuovo fondo per le emergenze gravi a cui possono ricorrere gli Stati Membri). La maggioranza del Consiglio Europeo, organo in cui si riuniscono i Presidenti del Consiglio dell’Unione oltre al Presidente della Commissione Europea, era favorevole a tali misure, ma purtroppo -in Consiglio- non basta avere la maggioranza per approvare un provvedimento, è necessaria l’unanimità degli aventi diritto. Dopo una lunga contrattazione con quei pochi stati contrari, è stato necessario eliminare dalla proposta il sistema dei Coronabond, bocciato anche del Parlamento Europeo con il voto contrario dei gruppi parlamentari di destra e centro. E’ notizia di qualche settimana fa, che la proposta iniziale di Francia, Germania e Commissione Europea per il nuovo Recovery Fund era quella di un fondo che avrebbe garantito, ai Paesi richiedenti, un finanziamento con prestiti esclusivamente a fondo perduto, sostanzialmente un prestito di cui non si impone la restituzione né del capitale né degli interessi maturati. Anche questa proposta è stata contrattata con alcuni Paesi, che da subito si sono mostrati contrari, arrivando a una proposta finale veramente importante: un maxi stanziamento di 750 miliardi (di cui 172 vanno all’Italia), pari a circa 42 leggi di

bilancio annuali italiane, in parte a fondo perduto, in parte con normali prestiti a basso interesse. Il problema che emerge è quindi che tutti i piani economici audaci messi in campo o richiesti dagli organi politici dell’Unione (che hanno poteri limitati) come Commissione e Parlamento, vengono silurati o smorzati in maniera importante dal Consiglio Europeo, dove, se anche un solo Paese non è d’accordo, non viene approvata nessuna mozione. E’ fondamentale capire che la risposta a questa situazione non è togliere fondi e poteri all’UE, ma l’esatto opposto: se la Commissione ed il Parlamento avessero una maggiore capacità decisionale, se al Consiglio Europeo non ci fosse il meccanismo dell’unanimità, se le istituzioni dell’Unione Europea avessero più indipendenza politica e potere sugli Stati Membri, oggi l’Europa sarebbe veramente diversa. Sogno una Confederazione Europea, uno stato in cui i Paesi Membri conservino una propria autonomia in determinate materie, ma cedano le decisioni in campo, ad esempio, fiscale ad un governo centrale. Rebus hic stantibus, troviamo una delle più importanti aziende in Italia, che fornisce migliaia di posti di lavoro del nostro Paese, la Fiat, con la sede legale in Olanda, dove le tasse per le multinazionali sono bassissime. Un’Unione Europea i cui Stati sono costretti a competere per politica fiscale non può funzionare: si parta da qui: unità fiscale e tasse uguali in tutti gli Stati Membri, con le dovute accortezze. Ma ora veniamo al tanto discusso e complesso tema delle autonomie differenziate. Tema che ha diviso il governo Gialloverde: da una parte la Lega ed il centro-destra che erano a favore di concedere importanti poteri alle amministrazioni regionali, dall’altra parte il Movimento Cinque Stelle che si è opposto, parlando di “regioni di serie A e di serie B”, e allora il PD?! A parte gli scherzi, la sinistra non ha portato una linea chiara, sebbene

storicamente contraria, è stata affascinata in parte dalla nuova proposta del presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Bonaccini si è infatti accorato alle voci dei presidenti di Lombardia e Veneto (tutti di destra), chiedendo anche per la sua regione un regime particolare di autonomia rispetto alla politica del governo, escludendo però la scuola, materia che deve rimanere di competenza del Governo. Da una bellissima discussione che ho avuto modo di intrattenere con la Vice Presidente Emiliano Romagnola Elly Schlein, è emersa una posizione interessante. La Schlein, inizialmente scettica sul tema delle autonomie è adesso convinta che sia necessario dare maggiore voce in capitolo a chi conosce il territorio e sa quali sono le criticità e le necessità, è chiaro che ad esempio sui Fondi Strutturali Europei, le regioni, responsabili di indire i bandi per la messa a disposizione di tali fondi, abbiano maggiori poteri e responsabilità. A livello europeo quindi, la Vicepresidente si è detta convinta della necessità di una maggiore rappresentanza regionale, coniugando così i due temi: il Parlamento Europeo viene eletto sulla base di circoscrizioni composte da 5-7 regioni, dare maggiori poteri al Parlamento e alla Commissione (eletta dal Parlamento) presuppone necessariamente una maggiore partecipazione delle Regioni nei processi decisionali dell’Unione. Al nostro Paese verranno dati tra non molto 172 miliardi di euro, sarebbe più giusto gestire questi soldi a livello centrale o dare maggiore spazio decisionale alle Regioni, amministrazioni composte da persone che sul territorio hanno sempre lavorato, che conoscono problemi, criticità e che sono esperte del funzionamento dei meccanismi amministrativi? JACOPO AUGENTI

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