Latitudes Travel Magazine Dicembre 2017

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Sommario

Zimbabwe Foto di Marco Santini


Argentina Ande a colori

Svizzera Aletsch.Il gigante bianco

Zimbabwe Natura libera

Lione In piena luce

Costa Rica Il paese è ottimista


Dicembre 2017

Redazione:

Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com Foto di Franco Cappellari

Hanno collaborato

Franco Cappellari Nathalie Vigini Francesca CalÚ Gisella Motta Marco Santini

Fotografi

Franco Cappellari Nathalie Vigini Marco Carulli Gisella Motta Marco Santini

Pubblicità

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Svizzera Foto Gisella Motta


n°110 Dicembre 2017

Direttore Responsabile Eugenio Bersani

eugenio@latitudeslife.com

Photo Editor Lucio Rossi

lucio@latitudeslife.com

Sales Manager

Lanfranco Bonisolli

lanfranco@latitudeslife.com

Redazione

Francesca Calò

francesca@latitudeslife.com

Graphic

Arianna Provenzano

arianna@latitudeslife.com








A Pizzo sul mare


A Pizzo sul mare


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ANDE Argentina

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Ande a colori

A COLORI Viaggio on the road attraverso un paesaggio incontaminato, punteggiato dai resti delle civiltĂ precolombiane e della prima colonizzazione spagnola. L’Argentina del Nord Ovest è un mosaico armonioso di storia, colori, sapori e musica. Testo e foto di Franco Cappellari www.francocappellari.it


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ià in epoca preispanica l’Argentina settentrionale era abitata da civiltà molto sviluppate che gli Inca iniziarono a conquistare intorno al 1840 d.C., quando scesero da Cuzco passando per la Quebrada de Humahuaca. Per esplorare questi luoghi ricchi di storia è necessario percorrere strade che si snodano intorno a montagne variopinte di roccia sedimentari, nelle valli Calchaqui o nella Gola di Humahuaca, imboccando piste che passano sotto piante di alloro, noce e cedro rosso, le specie più importanti della foresta montana, oppure risalire le Ande fino ad arrivare alla vasta Puna, con i suoi sentieri infiniti che conducono in angoli surreali. Viaggiando da est verso ovest, l’altitudine aumenta e il clima diventa più secco. Questo perché i venti alisei che soffiano dall’Atlantico si scontrano con le pareti delle montagne, disperdendo l’umidità sui pendii orientali coperti da una fitta vegetazione. Il vento continua il suo viaggio verso ovest, diventando via via più secco e dando origine a inverni asciutti, caratterizzati da molte giornate serene con il cielo quasi purpureo, mentre l’estate dipinge le pareti dei monti con una rigogliosa vegetazione verde cupo e i fiumi si ingrossano di acque torrenziali colorare da sedimenti rossastri.


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Questo è il regno

delle forme e dei COLORI E I MONTI

SFOGGIANO

I TONI DELL’ OCRA, del viola E DEL VERDE.


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Qui a nord si trovano rovine precolombiane e le prime città spagnole, i templi inca e le chiese solitarie. Bellezze incastonate in paesaggi, gole e valli multicolori, ornati da giungle, deserti, fiumi rossi e cascate cristalline. Il nostro viaggio attraverso le provincie di Salta e Jujuy comincia dalla città San Salvador de Jujuy, da dove imbocchiamo la Ruta 9 verso nord. Vicino a Yala, la valle si stringe in una gola e da qui a Tres Cruces la strada costeggia il Rio Grande. Nei pressi di Volcán siamo già a 2.000 metri di altitudine. Qui gli alberi crescono al riparo dei pendii delle montagne ma, continuando a salire, si trovano solo prati e ancora più in alto arbusti spinosi e contorti alberi di queñoa, una pianta che prospera solo


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a queste altitudini. A Tumbaya compaiono i primi cactus, eretti su impossibili dirupi scoscesi, poi la gola corre fra le catene di Zenta a este e le Ande orientali a ovest, le cui cime nascondono la Puna, l’altipiano. Continuando lungo la Cuesta de Lipán si arriva fino a Purmamarca, alla confluenza del fiume omonimo con il Rio Grande, ai piedi del celebre Cerro de los Siete Colores, uno spettacolare complesso montuoso dalle sfumature cangianti. La città è tra le più tipiche della zona e tutt’intorno notiamo le abitazioni incastonate fra frutteti, distese di mais, campi di peperoncino e orti. Questo è il regno delle forme e dei colori e i monti sfoggiano e toni più belli dell’ocra, del viola e del verde offrendo una vista indimenticabile.


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La piazza principale è affollata dagli abitanti che vendono i loro pezzi d’artigianato ed è circondata dagli edifici più importanti, come in tutte le città ispaniche del Sudamerica. Il tempo qui sembra essersi fermato e permane il fascino dei secoli passati con la chiesa di Santa Rosa de Lima e il più piccolo municipio dell’Argentina, oggi biblioteca locale. Da Purmamarca raggiungiamo la Posta de Hornillos, simbolo dell’epoca coloniale, quando questa strada collegava il Perù al porto di Buenos Aires. La si percorreva a cavallo o con i carri trainati da buoi e sulle montagne, dove il sentiero si fa più ripido, si continuava a dorso di mulo. Maimará è un altro villaggio situato


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in una posizione stupenda e, nei pressi del fiume che ci scorre attraverso, si ammira una serra di garofani e ortaggi. Proseguendo verso Tilcara, ai cui piedi si trova il Pulcará, che conserva rovine in parte restaurate. Pucará significa “vedetta fortificata”, una delle tante Quebrada (questo nome, tradotto, significa gola tra due montagne o passo di altura), tutte posizionate strategicamente per controllare chiunque osasse attraversare questi luoghi. Perchel, Juella, Yacorat, sono tutti nomi da cercare sulla cartina, località dei dintorni da scoprire e visitare. Prima di giungere al villaggio di Huacalera attraversiamo il Tropico del Capricorno, a 23° e 27’ a sud dell’Equatore. Il paesaggio cambia: la gola si apre e il clima diventa più asciutto.


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Stiamo per entrare nella Quebrada de Humahuaca, che è stata dichiarata patrimonio mondiale dell’Unesco nel 2003, per proteggerne la ricca eredità archeologica e culturale e i paesaggi unici. È un corridoio naturale lungo 170 chilometri che unisce il Nord dell’Argentina alla Puna, toccando i confini del Cile, della Bolivia e del Perù. Lasciando la strada principale, scendiamo in direzione del fiume fino a Humahuaca, fondata sulle rovine di un’antica tampu inca, sorta di luogo di sosta lungo i sentieri diretti a nord. Al mercato si vendono merci provenienti da Cile, Bolivia e Argentina. Le stradine sono tutte acciottolate e strette e le case hanno un’architettura differente da quella delle altre città. Nella Quebrada de Humahuaca la fusione della cultura europea con quella andina è presente ovunque: nei festival e nel carnevale, il tutto accompagnato sempre da colori, musica e vino. Quando cambia la stagione, tutto muta. La pioggia e i fiumi tinti di fango rendono fertili campi e rive, permettendo agli agricoltori di coltivare fiori e ortaggi. Siamo a poco più di 100 chilometri dal confine con la Bolivia. A questo punto invertiamo la rotta, e torniamo indietro. Ad attenderci c’è la Routa 40 che ci condurrà verso il nord: il nostro obiettivo è raggiungere le Grandi Saline. Arrivarci non è facile, una lunga serie di tornanti conducono dai 2.206 metri di Purmamarca ai 4.170 metri del passo Abra de Lipán, sul versante orientale delle Ande.


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Viaggiare a queste altitudini crea disagi fisici, come la testa pesante e il fiato corto. Ma trovandoci in quelle zone da oltre una settimana, riusciamo a superare agevolmente il problema. Da qui iniziamo la discesa verso l’altipiano della salina. Negli spazi immensi e solitari chi ci sovrastano, solo piccole abitazioni indicano una presenza umana. Le Grandi Saline coprono la parte inferiore del bacino della Puna. In passato erano dei veri e propri laghi e tuttora, dopo le torrenziali piogge estive, si riempiono per un paio di giorni di pochi centimetri d’acqua.


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Qui le Ande si dividono in due catene, tra le quali si trova appunto la Puna, che ha un’altezza media di 3.800 metri. Da queste parti piove pochissimo. Ad accoglierci una luce accecante e un paesaggio lunare spazzato dal vento. Colori mai visti prima e ombre radenti evidenziano anche i piÚ piccoli rilievi della distesa di sale. La giornata volge al termine e riprendiamo il nostro cammino. La Cuesta de Lipån scivola fino a valle e i paesaggi cambiano rapidamente mentre si scende di quota. In tarda serata giungiamo a Salta, dove pernottiamo. Il giorno successivo attraversiamo la Quebrada de Las Conchas.


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Imponenti pareti di colore rosso scarlatto fanno da contorno alla lingua asfaltata, che piÚ di una volta abbandoniamo per addentrarci all’interno e ammirare


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da vicino le maestose montagne di arenari e le formazioni geologiche che con il tempo hanno assunto le forme piÚ strane: el Obelisco, la Garganta, el Anfiteatro, los Castillas. Testo e foto di Franco Cappellari Š LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA


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Argentina

Informazioni: Per pianificare un viaggio in Argentina visitate il sito Argentina World Friendly.

Come arrivare: Molte compagnie volano su Buenos Aires. Dall’Italia è possibile viaggiare da Milano e Roma a Buenos Aires con KLM e Iberia. È poi possibile spostarsi con dei voli interni o attraverso la rerte stradale e ferroviaria.

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Quando andare: L’Argentina presenta le stagioni invertite rispetto al nostro emisfero settentrionale. Il clima della regione andina riesente dell’altitudine e presenta i caratteri tipicamente montani (forti escursioni termiche, inverni assai rigidi). Nella zona della Puna e delle Ande settentrionali in generale è accentuata l’aridità. Se si vogliono evitare i periodi più freddi è consigliabile non andare durante il nostro periodo estivo.

Fuso orario: -4 ore rispetto all’Italia, 5 quando è in vigore l’ora legale italiana. Documenti: Per soggiorni turistici inferiori a tre mesi è sufficiente il Passaporto in corso di validità con scadenza non inferiore a 6 mesi dalla data di arrivo in Argentina, il visto non è necessario. %&x

Lingua: Spagnolo.


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Valuta: L’unità monetaria è il peso.

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Religione: La religione maggiormente diffusa è il cattolicesimo. Elettricità: 220 volt, le prese sono identiche a quelle italiane.

Telefono: Per chiamare l’Italia bisogna comporre lo 0039, per chiamare l’Argentina dall’Italia è necessario comporre il prefisso internazionale 0054. Vaccini: Non necessari.

Abbigliamento: Zaino tecnico 50 litri, biancheria intima in fibra sintetica (facile da asciugare), magliette in cotone maniche lunghe e corte, vestiti tecnici, guanti, calze leggere e di lana. Scarpe (comode!) da trekking, cappello di lana e occhiali da sole, bastoncini da trekking. Link utili: Ente Nazionale Turismo Argentina


Aletsch.Il gigante bianco

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Svizzera

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Più di trenta cime sopra i 4 mila metri incorniciano la corona argentata dell’Aletsch, enorme ghiacciaio alpino, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Un paesaggio glaciale impressionante, dove la potenza della natura si manifesta in tutta la sua radiosa grandezza. Testo e foto di Gisella Motta


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el cuore del Vallese c’è un paradiso dove le automobili non hanno cittadinanza e i soli veicoli a motore ammessi sono alcuni piccoli cingolati in servizio taxi per i clienti degli hotel. Appena usciti dalla stazione della funivia che ci ha portato dai 759 metri di Morel ai 1925 di Riederalp, si sente solo il fruscio di chi si muove con gli sci ai piedi o lo scricchiolio delle ciaspole sulla neve. Bisogna seguire il sentiero altrimenti si rischia di sprofondare: la neve appena caduta è abbondante e disegna dolcemente le forme dei tetti delle case e della piccola chiesetta del villaggio che conta 529 abitanti. Se si è fortunati si può incontrare la slitta trainata dai cavalli che fa servizio di collegamento fra le tre stazioni sciistiche del comprensorio, Fiesheralp, Bettmeralp e appunto Riederalp: è l’Aletsch Arena, dal 2003 dichiarato patrimonio dell’Unesco grazie al maestoso ghiacciaio che si snoda per 23 chilometri.


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Dal Furrer Resort “Royal”, unico quattro stelle di tutta l’area, in poco tempo si accede agli impianti che ci aprono le porte dei 104 chilometri di piste tutte collegate: 35 sono le strutture di risalita di questo eden degli sport invernali che oltre alle piste da discesa di varie difficoltà propone diversi percorsi per il fuoripista, sette chilometri di rotaie per il fondo, cinque parchi dedicati agli snowborder e settanta chilometri di sentieri battuti e ben segnati per l’escursionismo invernale . Non c’è che l’imbarazzo della scelta: saliamo con l’ovovia “Moosfluh” proprio sopra il ghiacciaio e imbocchiamo il sentiero 101 che, in mezzo


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agli abeti, ai larici e ai pini cembri, sempre seguendo le movenze del grande Aletch, ci accompagna fino a Villa Cassel per poi ridiscendere fino in paese. Tornati di nuovo al piano osserviamo il pendio sovrastante dove si intrecciano le piste ed i sentieri; il sole splende e ci riscalda al punto da farci dimenticare i quasi duemila metri di altitudine. C’è un tipo con il cappello da cowboy e la tuta gialla e verde che scende come un pazzo compiendo spericolate evoluzioni con gli sci sulla pista “Hohfluh”. E’ Art Furrer il personaggio più famoso del comprensorio dell’Aletsch Arena, tra queste montagne una vera leggenda.


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Ha una storia che sembra proprio un romanzo: nato nel 1937 nel piccolo villaggio di Greich, a metà strada tra Morel e Riederalp, dopo gli studi a Sion intraprende la carriera agonistica sugli sci. E’ un ottimo slalomista ma quando La Federazione Svizzera Sci non lo seleziona per le Olimpiadi Invernali del 1960, decide di cercare fortuna negli Stati Uniti. Istruttore di sci, guida alpina, ufficiale dell’esercito Svizzero, in America diventa famoso per aver inventato il freestyle e può vantare allievi illustri come i giovani della famiglia Kennedy o Leonard Bernstein. Però non abbandona completamente la terra natia e gradualmente comincia a far conoscere anche in Svizzera i numeri acrobatici che lo hanno reso famoso negli USA.


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Dopo la nascita del primo figlio, Andreas, decide di tornare a Riederalp definitivamente e di dedicarsi a un’attività imprenditoriale alberghiera: costruisce sei alberghi tutti sotto l’inconfondibile insegna della sua silhouette mentre fa un’evoluzione sugli sci. Ma Art non si ferma qui. Sotto quel cappello da cowboy nascono idee geniali che lo portano ad aver grande visibilità in Svizzera, Germania e Austria con i suoi “numeri” nella trasmissione televisiva “Verstehen Sie Spass”(una specie di Candid Camera): memorabile l’episodio che nel 1986 lo vede nei panni di un ricco turista americano deciso a muovere i primi passi sulla neve con un paio di sci lunghi quasi quattro metri (fatti costruire appositamente per lui dalla ditta del fratello).


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Vittima dello scherzo una giovane maestra di sci di Garmish, in Germania, che accetta di fare lezione a quello stravagante allievo: il risultato sono pirolette e cadute da vero clown, il tutto naturalmente ripreso e mandato in onda per la gioia di 23 milioni di telespettatori. Al ritorno alla frontiera viene accolto da una gran folla di curiosi e di fan accorsi per vedere i suoi spropositati Volkl. Ma sì, li abbiamo visti anche noi, appesi accanto all’entrata del Mountain-Resort Readerfurka quando ci siamo fermati per un breve spuntino, seduti ai tavolini all’aperto godendoci il tepore del sole di mezzogiorno. E’ bello stare ad ascoltare Art mentre racconta questo e altri episodi delle sue tante avventure, sempre con cordialità e con un gran sorriso stampato sulla faccia. Per tutti ha sempre una parola, un racconto, un consiglio: nello sci bisogna avere balance, ci spiega, e nella sua specialità non si deve sciare con la forza. Bisogna anche saper cadere e lui, di cadute, ne ha collezionate moltissime con innumerevoli contusioni, ma mai una frattura. Dietro la sua allegria e le sue stravaganze scopriamo la prudenza e la saggezza dell’uomo che conosce la montagna, che non la teme ma la rispetta.


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Un grande atleta, un imprenditore e un marito davvero speciale per la moglie Gerlinde che ha accompagnato nella scalata di tutti i “quattromila� della Svizzera. Certo,


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a volte, tanta popolarità finisce per essere un po’ troppo impegnativa ma per questo Art ha un rimedio segreto: sciare senza cappello, così nessuno farà più caso a lui. Testo e foto di Gisella Motta © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA


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Informazioni: Aletsch Arena - Vallese Svizzera - Svizzera Turismo

Come arrivare: In auto: Per raggiungere Riederalp con l’auto da Milano si prende la A26 per Gravellona Toce e si prosegue poi fino al Passo del Sempione, aperto tutto l’anno. Si scende poi a Briga e si prosegue in direzione Fiesch fino a Mörel. Da qui la funivia in 12 minuti sale fino a Riederalp (chiuso alle auto). In treno: Dalla stazione Centrale di Milano si arriva a Mörel con cambio a Briga in due ore circa. Dalla stazione di Mörel si attraversa la stada e si prende la funivia che in 12 minuti sale fino a Riederalp. Dove dormire: Art Furrer Resort “Royal” è l’unico quattro stelle Superior dell’Aletscharena. Prezzi mezza pensione circa 250 euro tel +41(0) 27 928 44 88. Appartamenti: HIT ALETSCH (7 pernottamenti) forfait invernale – offerta appartamento di vacanza. 7 pernottamenti in appartamento di vacanza (appartamento***) 2 adulti. 7 giorni skipass Aletsch (Riederalp, Bettmeralp e FieschEggishorn) a partire da CHF 1’080.-/ca. Euro 931.- (2 adulti).

Dove mangiare: Mountain Resort Riederfurka pranzo da € 19,00 tel. +41(0)27927213. Ristorante Bättmer Hitta pranzo da € 19,00 contatto Bettmeralp Bahnen AG tel. +41(0)279284141.


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Suggerimenti: Kinderpark: Bettmeralp(Snowgarden) per due ore circa € 32,00 Riederalp (Bob’s Kinderclub) per due ore circa € 44,00 Fiesch-Eggishorn (Snowli Park) per due ore circa € 48,00 Ski Pass Aletsch Arena con trasporto da fondovalle (1 giorno) Adulti cir-ca € 55,00- Ragazzi circa € 46,00 Bambini € 27,00 Novità inverno 2017/2018: «Ski for free» Ogni sabato dal 8.12. al 14.4.2018 i bambini fino 20 anni sciano gratis nell’Aletsch Arena! Convenzioni: Tutti i possessori di un abbonamento stagionale Aletsch Arena riceve-ranno 5 coupon per utilizzare gratuitamente gli impianti di risalita di San Domenico Ski e analogamente tutti i possessori di un abbonamento sta-gionale San Domenico Ski (residenti in Italia) riceveranno 3 coupon per usufruire gratuitamente degli impianti sciistici dell’Aletsch Arena!

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Zimbabwe

Natura libera

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NATURA LIBERA

Un viaggio alla riscoperta di un Paese che si riapre al turismo dopo anni lontano dai riflettori. Un percorso “on the road” che muove lungo il confine che separa lo Zimbabwe dal Mozambico e rivela angoli d’Africa poco noti o dimenticati, dove s’incontrano pochi turisti e migliaia di elefanti. Testo e foto di Marco Santini www.eagleyevision.com


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Africa è così: ci si aspetta una cosa e ne succede un’altra. Si crede di conoscere un posto e si scopre di non saperne nulla. Come lo Zimbabwe. Prima era la Svizzera del Continente Nero, quindi anche grazie a 30 anni di immobilità nelle mani dello stesso governo, la qualità della vita è andata peggiorando con la conseguente dipartita del turismo. Poi non cambia nulla e invece cambia tutto. Robert Mugabe non c’è più, la situazione economica del paese rimane difficile. Eppure qualcuno si accorge che viaggiare per questo paese è più sicuro che in tanti altri, che nei parchi sono tornati gli animali….


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E via che il tam tam dei viaggiatori si mette a cantare e lo Zimbabwe si ritrova proiettato sul palcoscenico delle destinazioni in. Del resto i buoni motivi per visitare questa nazione non mancano. A partire dalle attrazioni piĂš famose come le cascate Victoria e il Parco Nazionale di Hwange fino a quelle meno note. Il 90% del turismo non lascia l’angolo occidentale del paese dove si concentrano i parchi piĂš conosciuti ma è un vero peccato. Ecco allora un inedito tracciato che parte da Harare, la capitale, e volge subito a oriente, verso il Mozambico. La prima tappa prevede quasi trecento chilometri di buona strada fino Mutare. Lasciata la capitale si viaggia


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dritti su strade asfaltate. Lungo il percorso va in scena tutto quello che affascina i viaggiatori che scelgono un on the road in Africa: si passa dal traffico al silenzio assoluto in attimi, si attraversano mercati improvvisati che sorgono inspiegabilmente in mezzo al nulla, s’incrociano i mezzi di trasporto piĂš improbabili, si percorrono maestosi viali con gli alberi di jacaranda in fiore. A Mutare fa caldo, si parla giĂ portoghese, i camionisti fanno la fila per entrare in Mozambico e la strada si lascia tutto alle spalle, risale una valle coperta di foresta che taglia fra le Vumba Mountains e sbuca in Scozia. Almeno questa è la prima impressione.


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Leopard Rock Hotel è un nome che racconta storie di golf, di passeggiate in giardini curatissimi e traboccanti di fiori dai nomi esotici, di un clima che qui è francamente insospettabile. Qui, ai tempi d’oro dello Zimbabwe, si davano appuntamento sovrani e principesse, magnati e colonnelli per trovare pace, giocando a golf in uno dei campi più celebrati d’Africa. Di nuovo in auto si muove verso sud per raggiungere il selvaggio e sconosciuto Parco Nazionale del Gonarezhou, il secondo del paese per estensione, con una superficie protetta di oltre 5000 chilometri quadrati. Remoto e solitario raccoglie nei suoi confini tutti gli ecosistemi degli altri parchi messi


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insieme. Punteggiato di giganteschi baobab, il piÚ grande si stima abbia circa 3000 anni, è caratterizzato da un sistema di falesie lungo una trentina di chilometri che arriva fino in Mozambico. Questa spettacolare parete colorata con le sue torri isolate e suoi faraglioni, domina una pianura sconfinata, solcata dai 3 fiumi che portano acqua attraverso il parco; il Mwenezi, il SavÊ e il Runde. Percorrendo le piste sterrate che si perdono nella macchia, è raro incappare in altri veicoli. Al contrario, si perde il conto degli avvistamenti di elefanti: negli ultimi anni sono aumentati del 150% e il censimento piÚ recente ne ha stimati ben 11 mila.


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Non è un caso che la parola gonarezhou in lingua Shona significhi “luogo degli elefanti”. Il Gonarezhou fa parte del Great Limpopo Transfrontier Park, una regione grande come l’Olanda fra Zimbabwe, Sudafrica e Mozambico. Base ideale per muovere alla scoperta di questo universo è il Chilo Gorge Safari Lodge: affacciato a picco sulle rocce che dominano il canyon del fiume Save, è un luogo incantato e totalmente fuori dal mondo. Da Gonarezhou a Masvingo sono circa 3 ore di auto attraverso l’Africa rurale. Si viaggia sempre lontani dal traffico, circondati da spazi infiniti ma mai sperduti. Le stazioni di servizio sono frequenti e non mancano i punti di ristoro lungo il percorso. Si sfiorano piccoli villaggi assolati e si schivano animali smagriti che vagano alla ricerca di un po’ di erba fresca. Da queste parti la siccità registrata negli ultimi anni ha decimato i greggi e impoverito ulteriormente la popolazione che sopravvive alla meglio. Le rovine di Great Zimbabwe sono a una manciata di chilometri da Masvingo: rappresentano il più vasto agglomerato di rovine archeologiche d’Africa a sud del Sahara. Edificata fra l’11esimo e il 15esimo secolo, Great Zimbabwe era capitale per un popolo di allevatori che a poco a poco divenne più sedentario e si specializzò nella lavorazione del ferro. Il sito è poco frequentato, sparso in una zona di pascoli e macchie di alberi maestosi.


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Affascinante e misterioso soprattutto alle prime luci del giorno o prima del tramonto quando, quasi certamente, si è soli. Lasciate le rovine si prende la strada per Bulawayo, la seconda città dello Zimbabwe che si sfiora dopo 4 ore circa di viaggio. Da qui al Parco Nazionale di Matopos ci vuole un’altra mezz’ora. Il Matopos National Park è una sorpresa che lascia senza fiato: per le formazioni rocciose che ne animano la superficie, per le numerose grotte che ospitano una formidabile collezione di pitture rupestri lasciate dal popolo San e per la facilità con la quale si avvistano i rinoceronti che in questo parco hanno trovato una sorta di santuario. Un discorso a sé merita World’s View, spettacolare location dove un circo di massi


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erratici protegge il luogo di sepoltura di Cecil Rhodes, il padre fondatore di quella Rhodesia destinata a dare vita a Zimbabwe e Zambia. World’s View è un luogo unico, caratterizzato da un’atmosfera incredibile. Dal parco di Matopos il viaggio continua verso ovest lungo la A8: una sorta di lungo rettilineo lanciato verso la parte più nota del paese. Questa tappa conduce infatti al Parco Nazionale di Hwange, paradiso di savana che ricorda a tratti i paesaggi della Tanzania. Con i suoi 14 mila 650 chilometri quadrati, Hwange è il maggior parco nazionale dello Zimbabwe istituito nel 1929 nei territori di quella che era la riserva di caccia del re Ndebele Mzilikazi già all’inizio del 19° secolo.


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L’ultima tappa conduce in un paio d’ore alla più famosa e frequentata destinazione turistica della regione: le spettacolari cascate Victoria una delle più grandi meraviglie naturali del mondo. Dopo giorni di silenzio e contatto quasi solitario con la natura, qui si ritrova il fermento, il colore e vitalità di vero tempio del turismo. Con oltre 2 milioni di visitatori l’anno le Vic Falls rappresentano la spina dorsale dell’industria turistica di questo paese. Eppure nulla può scalfire il fascino irresistibile di questo luogo. Le tribù locali le chiamano “fumo che tuona” (mosy-oa-tunya), il rombo si sente a 10 chilometri di distanza, mentre la nuvola di vapore può essere avvistata a 40. Situate al confine tra Zambia e Zimbabwe, sono tra le più alte e le più imponenti del Globo. Quando le scoprì nel 1855, navigando in canoa sul fiume Zambesi, l’esploratore David Livingstone fu colpito proprio dal suono sinistro che sentiva avvicinarsi man mano che procedeva sulla superficie dell’acqua. Si può navigare lungo il tratto a monte delle cascate facendo dei veri e propri safari in barca e gli amanti del vuoto possono lanciarsi nel gorgo provando l’ebbrezza del bungee jumping, del volo dell’angelo e della zip line. Il brivido più bello e inconsueto lo regala però l’escursione a nuoto fino all’orlo della cateratta. Si effettua dal lato Zambia, solo durante la stagione asciutta, quanto il flusso dell’acqua è al minimo. Testo e foto di Marco Santini © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Canada Zimbabwe

Informazioni: Ufficio del turismo.

Come arrivare: Con british airways via Londra si prosegue per Johannesburg. Da qui, dopo una sosta di 3-4 ore si continua fino a Harare. Più comodo il ritorno grazie al volo diretto che collega il nuovo aeroporto di Vic Falls con Londra. British è uno dei vettori che garantisce l’operativo più efficiente verso l’africa australe e il servizio di bordo è ottimo in tutte le classi.

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Quando andare: Ad eccezione del più intenso periodo delle piogge, tra gennaio e marzo, il paese è visitabile per tutto il resto dell’anno. Clima:Il paese si trova subito a nord del Tropico del Capricorno, quasi interamente su un altopiano fra i 1200 e i 1600. L’altitudine mitiga le temperature che variano annualmente da un minimo di 4° nel sud durante la stagione più fredda a un massimo di 35° nella regione di Kariba nel periodo più caldo. Le stagioni sono invertite rispetto alle nostre. 3 le stagioni principali: stagione delle piogge fra novembre e marzo, stagione asciutta e fresca da aprile ad agosto, stagione secca e calda fra settembre e novembre. Dove dormire: Leopard Rock Hotel: una sorta di oasi di montagna affacciata sul confine col Mozambico. Per raggiungerlo si risale una valle attraverso la foresta. Poi le radure i giardini, il campo di golf. da preferire le stanze che danno sulla terrazza e sul golf. Cucina internazionale di buon livello ancorché priva di personalità.


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Meglio la carne che il pesce. 1 eggardon Road, vumba, Muture. Tel: +263 772 100 790/4. Prezzo: dai 160 ai 460 al giorno per la camera doppia a seconda della categoria di stanza e del periodo. Chilo Gorge Safari Lodge: in ottima posizione, in alto sul fiume, ogni camera con vista ha la sua terrazza privata. l’intero lodge è realizzato con materiali eco-sostenibili. le guide sono molto esperte e professionali e il proprietario è una leggenda in fatto di nature.conservation. Non dimenticate di passare una mattina oziando al lodge e osservando gli animali dalle terrazze panoramiche. la sera prima di cena ci si trova intorno al fuoco per l’aperitivo accompagnato da stuzzichini cucinati al momento fra i quali brillano i samosas. Gonarezhou National Park Tel +263 430 7417. Prezzo: da 300 a 500 per persona per notte in pensione completa, inclusi i safari. Great Zimbawe Hotel: Letteralmente al cancello delle rovine, è certamente la miglior soluzione per la notte. Camere semplici ma spaziose e pulite, affacciate su un bel giardino- da preferire quelle che danno sul lato piscina. Ristorante dignitoso, lunghe attese: ok la carne, ottimi i club sandwich, da evitare il pesce. Great Zimbabwe Ruins, Masvingo Tel: + 263 39 262274. Prezzo: da 170 a 210 per la doppia con prima colazione Camp Amalinda: Splendido campo nel Matopos National Park perfettamente integrato nella natura circostante. Camere ampie, di grande charme scavate parzialmente nella roccia: bellissima la n°3 anche se senza vista. Piscina in posizione panoramica, ottimo il cibo. il pranzo viene servito a bordo piscina, e orbita intorno a piatti leggeri ma sembre ben preparati. la cena nel ristorante in bella posizione fra le rocce è invece più formale, con più portate. Ampia scelta di escursioni.


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Zimbabwe

Matopos Nat. Park, Bulawayo Tel: +263 9 243954. Prezzo: 600 al giorno per persona in fully inclusive plan (pensione completa, bevande, escursioni). Khuku Ivory Lodge: Situato in una concessione privata adiacente al parco nazionale, ospita un massimo di 12 ospiti. Non è raro che gli elefanti vengano a bere nella piccola piscina direttamente sul deck a pochi passi dai tavoli. ottimo il cibo con qualche riferimento alla cucina locale. Ben preparate e servite le colazioni o i brunch di ritorno dal safari, con notevole scelta di piatti cucinati. Molto professionali le guide. Hwange National Park Tel: +263 9 243954. Prezzo: 530 al giorno per persona in fully inclusive plan (pensione completa, bevande, escursioni). Victoria Falls Safarl Club: Fa parte del victoria Falls Safari lodge del quale condivide i ristoranti e il parco. gli ospiti del club dispongono di stanze più raffinate, tutte con vista, minibar compreso nel prezzo, club house privata dove è compresa la colazione, la merenda del pomeriggio e l’aperitivo. Molto frequentato lo scenografico ristorante etnico della proprietà, The Boma, cena con spettacolo tribale e intrattenimento fragoroso, grande profusione di cibi nel buffet, qualità accettabile. Square Cummings Road, Zambezi National Park, victoria Falls. Tel:+263 (0) 13 43211/20. Prezzo: da 210 a 240 per persona per notte. Fuso orario: Lo Zimbabwe si trova un’ora più avanti rispetto all’Italia (GmT+2). Documenti: Passaporto con visto ottenibile in arrivo al costo di 50 US$. Quando possibile conviene richiedere il visto chiamato UNi Visa che permette, al medesimo costo, di passare liberamente


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fra Zimbabwe e Zambia. Anche se questo visto è stato temporaneamente sospeso.

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Vaccini: Nessuna obbligatoria. Per quanto riguarda la malaria, meglio preoccuparsi di prevenire le punture, piuttosto che ricorrere a profilassi di dubbio valore.

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Lingua: Inglese, shona e sindebele.

Valuta: Il Dollaro dello zimbabwe: 1 euro=365 zwL (al 22/5/2016). Viaggio organizzto: Il viaggio Journeys & voyages - via Schiaparelli, 18 20125 Milano Tel. +39 02 67 390 001. Un self drive completo dello Zimbabwe, paese capace ancora di sorprendere i suoi visitatori, grazie alla bellezza delle sue attrattive e alla ricchezza della sua fauna. lungo il tragitto sarà possibile ammirare i magnifici scenari delle eastern Highlands, stupirsi davanti alle rovine di great Zimbabwe, meravigliarsi davanti alla bellezza e alla prorompenza delle Cascate vittoria e osservare splendidi animali durante i safari nei due parchi più importanti del Paese: il gonarezhou National Park e lo Hwange National Park. È possibile prenotare lo stesso viaggio in versione tour guidato con un supplemento di costo da richiedere al tour operator. Prezzo: 4050 per persona, 11 giorni, voli esclusi in alternativa lo Zimbabwe classico, breve affondo per visitare i must: 6 giorni fra vic Falls e Hwange Nat Park. Prezzo: 1700 per persona, 6 giorni, voli esclusi.


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Zimbabwe

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Da sapere: Lo Zimbabwe non ha sbocchi al mare. È circondato da Sudafrica, Mozambico, Zambia, Namibia e Botswana. È un paese relativamente sicuro per il viaggiatore con tassi di crimine piuttosto contenuti. Meglio evitare di muoversi da soli, soprattutto di notte, nelle città. Massima sicurezza nelle zone turistiche, qualche attenzione in più alle cascate Victoria dove cominciano ad essere più frequenti i piccoli furti e gli scippi. Un discorso a sé meritano i rapporti con la polizia. Nel caso del viaggio organizzato, quando ci si sposta con una macchina ufficiale difficilmente si registrano fastidi. Ben diversa la situazione se si viaggia da soli. Le forze di polizia, che raramente vedono lo stipendio a fine mese, cercano di sopravvivere grazie a multe che non finiscono mai nelle casse della centrale. I posti di blocco sono frequentissimi e difficilmente si riparte senza pagare qualcosa. Non è un pericolo, ma una considerevole seccatura per il viaggiatore indipendente.


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In piena luce

Duemila anni di storia ne hanno disegnato un tessuto urbano diversificato e storicamente straordinario; ma più che la grandeur Lione sfoggia l’architettura avveniristica, quartieri di tendenza e progetti che impegnano creativi. Oggi la città della luce è tutta proiettata verso il futuro, che si prospetta incredibilmente radioso. Testo di Francesca Calò Foto di Marco Carulli


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la petit Ville Lumiere. Stretta tra il Rodano e il Saona, Lione è una città che splende di luce propria, malgrado sia stata ovviamente adombrata dalla sorella maggiore. Merito anche il Festival delle luci, proprio in questo periodo dell’anno, che accende i riflettori sull’antica capitale della Gallia. Si cimentano lighting e grafic designer, videografi internazionali di tutta fama a rendere omaggio a questa che è una tradizione atavica, che affonda le radici nell’Ottocento. Così, intorno all’Immacolata, per 4 giorni la città diventa una centrale elettrica che produce energia creativa. Génial, come dicono i francesi. E confermiamo. A parte che qui di menti illuminate ne sono passate, come i fratelli Lumiere che a Lione hanno ideato il cinematografo e di cui si può apprezzare la storia al Museo intitolato ai fondatori della settima arte.


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La città è una grande pellicola su cui sono impressi duemila anni: dall’antica Fourvière di epoca romana alle traboules (i passaggi segreti fra le case) del Vieux Lyon, splendido quartiere rinascimentale; dalla collina della Croix-Rousse, centro nevralgico del commercio e del patrimonio industriale, fino al futuristico quartiere della Confluence, che declina costruzioni contemporanee accanto a vecchi magazzini recuperati. Vecchi e nuovi archistar di primo piano come Philibert Delorme, Soufflot, Mansart, Bossan, Delfante, Nouvel, Calatrava e Piano si contendono la scena con blasonati chef internazionali, che portano alta la fama di Lione come capitale


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gastronomica della nazione. Dunque, la terza città più grande della Francia tiene testa alla grande Parigi, forse rispetto alla sorella maggiore è meno chic, ma molto attraente. Perfetta per un weekend. Il meglio di Lione Da solo rappresenta il motivo del viaggio. Aperto nel 2014, Le Musee des Confluences è strepitoso. Primo per l’architettura, incredibile, realizzatocreata da Coop Himmelb(l)au in vetro, acciaio e cemento, una nuvola di cristallo, come è anche conosciuta, adagiata sul punto di incontro tra i due fiumi. Una posizione emblematica rievocata anche nell’idea madre, che vede il museo il luogo di confluenza di tutti i saperi.


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Qui si organizzano mostre temporanee notevoli, che affiancano la corposa collezione permanente: quattro sale (Origini, Specie, Società ed Eternità) presentano la grande avventura dell’uomo dalle origini a oggi. Qualche classica dritta Conviene acquistare la Lyon City Card proposta dall’Ufficio del Turismo di Lione. Il motivo è perché dà accesso a numerosi servizi gratuitamente o a tariffe agevolate: musei, visite guidate, crociere fluviali (da aprile a ottobre), concerti, rete dei trasporti, ecc.


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E non si tratta solo di risparmiare denaro, ma tempo, che per chi ha qualche dozzina di ore è fondamentale. Dovendo scegliere cosa visitare, una buona idea potrebbe essere quella di avere un approccio alla città tematico e storico: imperdibili quindi i teatri romani e il Vieux Lyon (la Vecchia Lione) d’epoca rinascimentale, patrimonio dell’UNESCO. Tappa obbligata alla basilica di Fourvière, per abbracciare dalla collina su cui si erge il panorama sulla città e capirne l’evoluzione urbana. Continuando, il quartiere della Croix-Rousse, con i laboratori dei canuts, gli artigiani dediti alla lavorazione della seta, oggi mecca dello shopping alternativo.


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E poi ci sonoi musei, vere cattedrali dell’arte in grado di soddisfare le menti più acute. Ce n’è per tutti: dal Musée des Beaux-Arts, al Musée des Tissus, al Musée de la Civilisation gallo-romaine, e l’Institut Lumière; l’offerta culturale lionese è all’altezza. La Ville gourmet Un cortile rinascimentale in stile fiorentino vecchia Lione accoglie il genio illuminato di Anthony Bonnet , nominato nel 2007 ‘giovane chef talentuoso’ da Gualt&Millau e stella Michelin dal 2012. La fama e il prodigio gli avrebbe permesso di essere nelle cucine migliori al mondo. Eppure Bonnet ha scelto di restare. La sua cucina è a km zero, scegliendo direttamente i prodotti da contadini e allevatori. Nel cuore del Cour des Loges il brunch è una vera e propria istituzione. Cour des Loges – 6 rue du Boeuf tel. 0033.472774444. Ma la tradizione gastronomica lionese ha radici secolari. Merito delle Mères (madri) che hanno riscoperto e portato in auge la cucina del territorio, ripresa e celebrata dallo chef più grande di tutti i tempi, Paul Bocuse. La tradizione si assapora nei piccoli locali tipici, i bouchons, che costellano la città con più ristoranti per abitante di tutta la Francia. Troppi, forse, tanto che per distinguere quelli autentici da quelli meramente turistici, meglio affidarsi a quelli contraddistinti dal marchio Les bouchons lyonnais. Testo di Francesca Calò e foto di Marco Carulli © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Come arrivare: In treno: Ci sono tre stazioni ferroviarie Tgv - Lione Part-Dieu, Lione Perrache, Lione Saint-Exupéry - collegano Lione alle principali città francesi e europee. Dall’Italia collegamenti diretti dalle stazioni di Milano Porta Garibaldi e Torino Porta Susa per Lione Saint-Exupéry. In aereo: L’aeroporto di Lione Saint-Exupéry è collegato direttamente con i principali aeroporti italiani: Roma Fiumicino, Milano Malpensa, Venezia, Bologna.

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Quando andare: Il clima francese risulta essere molto vario, data l’estensione del paese, tuttavia a Lione si trova un clima semi-continentale, con temperature medie che vanno dai 21° d’estate ai 2° d’inverno. Da visitare in qualsiasi periodo dell’anno. Lingua: Francese.

Documenti: Passaporto/Carta d’identità valida per l’espatrio. Valuta: Euro.

Fuso orario: Come in Italia.

Religione: La religione più diffusa è quella cattolica.


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Telefono: Il prefisso per chiamare dall’Italia è 0033; il prefisso per chiamare l’Italia è 0039.

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Elettricità: 220 V, 50 Hz.

Link utili: Ufficio del Turismo di Lione Atout France









La Costa Rica è green. E sempre più di tendenza. Una sensibilità spiccata alle tematiche ambientali.


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COSTA RICA É

il paese dei parchi nazionali, dei vulcani e della biodiversità straordinaria. Più di 500 mila

specie hanno trovato il loro habitat in questo fazzoletto del Centroamerica, che ha un quarto di terre protette. La Costa Rica è green. E sempre più di tendenza. Una sensibilità spiccata alle tematiche ambientali e una popolazione che ha saputo conservare tradizioni e autenticità la eleggono meta sostenibile, attraendo viaggiatori attenti a un tipo di turismo lontano dai circuiti battuti. E se l’hanno scorso vi abbiamo fatto conoscere la Costa Rica nella sua anima verde, oggi il viaggio continua. E diventa a colori. Siamo a sud est, sulla costa caraibica, dove la pura vida ha il ritmo rilassato e melodico della musica reggae e calipso. Una regione meno occidentalizzata, che ha come protagonista indiscusso il mare, azzurrissimo, che lambisce dolcemente le spiagge selvagge e chete, al riparo dagli uragani. Arrivare nella zona del caribe sur significa proprio disconnettersi dal resto del mondo e immergersi nella cultura del posto. Le radici afro caraibiche qui sono una bandiera, un patrimonio da tutelare. A Puerto Viejo, tappa saliente


di questo percorso, c’è la Casa de la Cultura come punto di riferimento per la conservazione delle tradizioni locali, che funge anche come centro di incontro e ritrovo per la comunità. C’è la musica, come aggregante e fil rouge, che aleggia e tiene insieme il patrimonio culturale materiale e immateriale. C’è il reggae e il calipso, un genere originario di Trinidad e Tobago, ma che in Costa Rica ha riscosso successo a livello mondiale con grandi musicisti locali come il noto Walter Ferguson di Cahuita e con il Festival Internacional de Calypso che ogni anno tiene banco in luglio. E la felicità si gusta anche a tavola. Nei piatti tipici del Rice and Beans e il Rondon (una zuppa a base di pesce e latte di cocco), vere delizie per i palato, tripudio di sapori speziati al ginger, curry, coriandolo. Vivace e cosmopolita, il villaggio è ancora non preso d’assalto dal turismo di massa. Si può camminare, pedalare in bici, abbronzarsi al sole, seguire una lezione di surf, conoscere progetti ambientali locali, esplorare i parchi nazionali (Cahuita a solo 20 minuti in bus o macchina e Manzanillo) fare canopy, e molto altro. Tutto come un vero local.






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Siamo a sud est, sulla costa caraibica, dove la pura vida ha il ritmo rilassato e melodico della musica reggae e calipso.



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COSTA RICA

E poi ci sono le spiagge, con rene chiare che da sole valgono il viaggio. Coste selvagge incorniciano il paesaggio tra Puerto Viejo e Manzanillo, tra le più popolari e frequentate si deve citare Playa Cocles. Meno battuta invece è Playa Chiquita, ottima per chi vuole rilassarsi e rimanere un po’ isolato e in mezzo alla natura. La spiaggia qui è fatta da diverse baie e il mare propone anche fondali corallini, ideali per fare snorkeling o rilassarsi nelle piscine naturali. Merita una menzione Punta Uva, a 8 km dal centro, considerata tra le più belle di tutta la costa, circondata com’è da una fitta vegetazione tropicale. A circa 12 km c’è il punto panoramico più apprezzato dai turisti. Stiamo parlando di Manzanillo, dove i Caraibi costaricensi finiscono. E finisce anche la strada.

T E S T O E F O T O D I : N AT H A L I E V I G I N I







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Costa Rica

Informazioni: La Costa Rica si trova in America Centrale, bagnata dall’Oceano Pacifico a ovest e dal Mar dei Caraibi a est. A nord e sud confina rispettivamente con Nicaragua e Panama. I suoi 51.000 kmq di superficie sono popolati da 4.700.000 abitanti. E’ il primo Paese al mondo senza esercito, abolito nel 1949. Una larga fetta del suo territorio ospita aree protette e santuari faunistici, intorno a cui si sviluppa il turismo. Come arrivare: Il modo migliore è poter affittare un auto e poter raggiungerla liberamente da San Jose, la capitale, o se arrivata dal vulcano Arenal. Ci sono minibus turistici che sono organizzati e vi portano dal vostro hotel in città fino a Puerto Viejo direttamente al vostro hotel. Durata del viaggio circa 4 ore. Altrimenti c’è anche l’opzione del bus pubblico direttamente dalla capitale San Jose, facendo solo una breve sosta a Limon. Durata del viaggio circa 5 ore.

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Quando andare: Clima: La stagione migliore è quella secca, da dicembre ad aprile, ma anche la più affollata. Al nord-ovest l’ invierno diventa invece la “stagione verde” delle nuove foglie. Le tartarughe preferiscono il periodo da aprile a ottobre per depositare le uova sulle spiagge, con periodi diversificati secondo la specie. Durante la stagione delle piogge alcune strade sono impraticabili. I periodi aprile- maggio e ottobre-dicembre sono un buon compromesso. Dove dormire: Ci sono ormai tante soluzioni dove poter passare la notte tra Puerto Viejo e Manzanillo.


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Se cerchi qualcosa di economico e hai voglia di un po di vita notturna ti consiglio di stare direttamente in centro paese a Puerto Viejo, dove troverai diverse opzioni di ostelli o hotel economici ma belli dove poter rilassare e essere a due passi da ristoranti e baretti. Se cerchi qualcosa di piu carino ma soprattutto piu immerso nella natura allora ti consiglio di stare nella zona dopo Puerto Viejo, tra Playa Negra e Playa Cocles. Ci sono ormai tante opzioni di hotel di tutte le categorie e oggigiorno si trovano anche molte case in affitto se la tua idea è quella di rimanere una settimana o piu tempo per veramente entrare nel ritmo locale e rilassarti durante la vacanza.

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Dove mangiare: Grande varietà di ristoranti che servono dai piatti semplici e tradizionali come il gallo pinto a ristoranti gourmet che elaborano in modo raffinato gli stessi elementi di base: riso, mais, fagioli, verdure e carne, lungo le coste sostituita da pesce. Prezzi per i ristoranti normali intorno ai 20 US$. Fuso orario: -7 ore. (-8 se in Italia c’è l’ora legale).

Documenti: Per permanenze fino a 90 giorni è’ necessario il passaporto, ma non il visto. Vaccini: Nessuno obbligatorio a meno che non si provenga da zone dove la Febbre Gialla è endemica. Consigliati difterite e tetano, epatite virale A e B, febbre tifoide. In generale, l’acqua di rubinetto è abbastanza sicura, tranne che nelle aree rurali.


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Lingua: Spagnolo.

Religione: Cattolica.

Valuta: La moneta locale è il colon (1 euro = 575 colon). I prezzi sono tra i più alti del centro-Sudamerica, e comparabili con quelli del Brasile, comunque inferiori all’Europa o agli USA. Il dollaro è più popolare dell’euro. Elettricità: 110V, 60Hz. Occorre un adattatore e un trasformatore.

Telefono: Dall’Italia +506, +39 dalla Costa Rica verso l’Italia. La Costa Rica ha uno dei sistemi di telecomunicazione più avanzati dell’America Latina. Chiamare all’estero è abbastanza economico, se si usano le specifiche carte. La copertura per la telefonia mobile è buona e in quasi ogni città è possibile trovare internet cafè.

Abbigliamento: La temperatura varia molto a seconda dell’altezza, più che della stagione. A San José (1172 m.) la temperatura media è di circa 20°C, che diventano 15 sulle montagne e 27 sulla costa. Abiti in cotone leggeri, ampi e traspiranti, ma anche qualche capo più pesante. Preferire maniche e pantaloni lunghi al tramonto per diminuire i rischi di punture di insetti. Poi cappello, occhiali da sole, creme e un kway per la pioggia.


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Shopping: Il caffè, trai migliori del mondo e le riproduzioni turistiche in miniatura dei tipici carri da mercato.

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Suggerimenti: La Costa Rica ha vietato la caccia su tutto il territorio nazionale. Anche per questo a volte è più facile vedere la fauna in un ambiente antropizzato piuttosto che nelle grandi aree selvagge.


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