Sommario
Noto Foto d Eugenio Bersani
India Peccati di Goa
Travel Photography Visioni d’autore
Ustica Profondo Sud
Sicilia Volto Noto
Piemonte Gavi Terra forte
Luglio - Agosto 2018
Redazione:
Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com Foto di Stefano Pensotti
Hanno collaborato
Roberta Dho Lucio Rossi Pietro Tarallo Eugenio Bersani Vittorio Sciosia
Fotografi
Stefano Pensotti Maurizio Ravera Lucio Rossi Eugenio Bersani Vittorio Sciosia
Pubblicità
Info
Ustica Foto Vittorio Sciosia
n°117 Luglio - Agosto 2018
Direttore Responsabile Eugenio Bersani
eugenio@latitudeslife.com
Photo Editor Lucio Rossi
lucio@latitudeslife.com
Sales Manager
Lanfranco Bonisolli
lanfranco@latitudeslife.com
Redazione
Francesca Calò
francesca@latitudeslife.com
Graphic
Arianna Provenzano
arianna@latitudeslife.com
Land art in Sicilia
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Peccati di Goa
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manti dell’India che state sognando un viaggio a Goa rassegnatevi, il mito è tramontato. Sono passati più di quarant’anni da quando i primi hippies sono approdati a Goa alla ricerca di un eden impossibile a lungo sognato. Si dormiva nelle case dei locali o in spiaggia col sacco a pelo, non c’era elettricità, la sera, attorno al fuoco, fumavano chillum e festeggiavano l’arrivo della luna in leggendari “full moon party”. Decenni dopo, molte cose sono cambiate e oggi di quei sogni poco rimane. Alberghi e ristoranti, coffee shop e banchetti che vendono la paccottiglia di un artigianato ormai seriale, hanno fatto di gran parte della costa una Rimini in versione esotica, e in certe parti di Goa la speculazione edilizia ha seriamente deturpato l’ambiente. Alle spalle di Arambol, Baga, Calangute, Vagator e Anjuna, spiagge il cui nome ancora oggi risuona seducente, si trovano gli omonimi villaggi che oggi sono presi d’assalto da turisti di tutto il mondo, in particolare dalla classe dei nuovi ricchi indiani e da comitive di russi alla ricerca di un clima più mite di quello del Mar Nero.
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Guest House
colorati BARACCHINI sdraio E OMBRELLONI
CON TAVOLINI,
in QUANTITÀ
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Sono sorti condomini in multiproprietà e hotel, lungo una fascia di 4-5 km tra il mare e l’interno, con vista su paludi e risaie. Turistifici con vigilantes armati fino ai denti, abitati dai benestanti di Mumbai e Delhi che vengono qui a trascorrere le vacanze. Dagli anni ‘90 poi la Goa dei figli dei fiori si è trasformata nella destinazione del popolo della notte che affolla le spiagge al ritmo della Goa Trance, genere musicale con influenze techno e sonorità indiane che fa da colonna sonora agli scatenati party in onore della luna piena. Goa offre ancora oggi spiagge, sballo e spiritualità ma le capanne in legno che offrivano semplice cibo indiano e attrezzature di fortuna sono state sostituite da un’infinita teoria di Guest House e colorati baracchini con tavolini, sdraio e ombrelloni in quantità. È così che oggi tutti vogliono lavorare nel turismo e si improvvisano guide, taxi driver e venditori ambulanti. I poveri pescatori che un tempo affollavano le spiagge più famose con le loro barche e i mucchi di reti in secca oggi sono costretti a retrocedere e rifugiarsi nell’estuario dei fiumi. Ad ogni modo secondo il Times of India (uno dei più popolari giornali indiani sin dai tempi dell’Impero Britannico) Goa è una delle località più sicure dell’India per i turisti internazionali, in particolare per le donne sole che nulla hanno da temere neanche di notte.
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Tre giorni a Goa Detto questo non è il caso di rinunciare: lo stato più piccolo della federazione indiana, una terra ricca di fiumi, foresta lussureggiante e oltre 100 chilometri di spiagge affacciate sul mare Arabico, continua a esercitare il suo fascino sui turisti di tutto il mondo, e secondo noi che l’abbiamo visitata tre giorni sono la giusta misura di tempo da dedicare a un viaggio a Goa. Indipendentemente da dove deciderete di fare base, il primo giorno potrete dedicarlo alla scoperta delle spiagge della parte settentrionale e il modo migliore è quello di noleggiare una due ruote: una mitica Royal Enfield per i più temerari con spirito da biker o un semplice scooter per tutti gli altri. Dirigetevi a nord, verso Arambol, Mandrem e
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Morjim che sono quelle più frequentate dai nipoti dei figli dei fiori ormai cresciuti. Arambol è uno dei pochi posti dove il rito del saluto al sole che tramonta è ancora festeggiato con lezioni di yoga meditazione e tai chi. Potrete poi fare una sosta al villaggio di Chapora e dedicare un paio d’ore alla visita dell’omonimo Forte, costruito dai portoghesi nel XVII secolo e ancora in discrete condizioni. È in cima a una collina, con strepitosa vista sulla spiaggia di Vagator, ed è una sosta obbligata per tutti, perchè è stato set di “Desideri del cuore” un famoso film di Bollywood del 2012 dove tra canti, balli e amori impossibili le mura del forte si vedono in varie scene, un’attrazione irresistibile per i turisti indiani che adorano farsi i selfie nei posti famosi.
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Per rigenerarvi dal caldo è consigliata una sosta al nuovissimo Hotel W, proprio ai piedi della collina, inaugurato da pochi mesi: un’oasi di pace e design, in particolare il bellissimo bar vista spiaggia, che vi farà dimenticare caos e traffico. Al ritorno, se è un mercoledì, potreste fermarvi al Flea Market di Anjuna. È il mercato delle pulci e dell’abbigliamento e un giro tra le bancarelle a caccia di affari è diventato uno sport nazionale. Il secondo giorno potrete dedicarlo alla visita di Panaji (o Panjim), sulle rive del fiume Mandovi. È il centro storico della vecchia Goa portoghese dove, tra le stradine della città vecchia, si respira ancora l’aria del Portogallo coloniale. I portoghesi erano infatti abilissimi nel ricreare un
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set architettonico che facesse meno avvertire la nostalgia per la madre patria ed è così che si passeggia tra muri coperti di Azulejos, balconi con balaustre in legno, le tipiche tettoie in tegole portoghesi, le facciate dipinte in calce bianca con fiori ai davanzali di finestre che disegnano trame grafiche, il tutto arricchito dalle donne in sari che riportano immediatamente agli sgargianti colori dei tropici. Gli indiani che abitano qui hanno ancora nomi e cognomi portoghesi e tra gli anziani la lingua della antica patria è ancora parlata. Quando sarete sfiniti dal caldo potrete trovare rifugio al Verandah Restaurant del Panjim Inn, dalla sua balconata si gode una bella vista sui tetti della città e si gustano ottime specialità della cucina goana.
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G A L L E R Y
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Il terzo giorno lasciatelo per la scoperta delle spiagge del sud. Appena superato il ponte sul fiume Mandovi anche il traffico inizia a diradarsi: questa è la parte più intatta di Goa e i resort più belli si trovano tutti qui, lontani dal clamore e dalla massa chiassosa dei turisti. Le strade che conducono alle spiagge non sono bene indicate ma potrete fare affidamento sulla gentilezza dei locali, vi indicheranno il sentiero giusto per arrivare a spiagge come Majorda Beach o Colva Beach che sono poco affollate anche durante l’alta stagione e sono più pulite che al nord. Procedendo verso sud si incontrano
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altre spiagge come Palolem e soprattutto Agonda che ha fama di essere tra le piĂš belle dello stato. Anche qui potete muovervi con uno scooter e fermarvi nei piccoli ristoranti a conduzione famigliare dove si mangia bene per poche rupie. Quando sarete stufi saltate in sella alla vostra moto e continuata a costeggiare la striscia di sabbia che si allunga verso sud, lo stato del Karnataka vi attende.
Testo di Lucio Rossi e Pietro Tarallo e foto di Lucio Rossi Š LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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ES U TIT
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Informazioni: Ufficio Nazionale Del Turismo Indiano, via Albricci 9. 20122 Milano. t. 02804952. Consolato dell’India: Via Larga, 16 20122 Milano t.028057691/02865337. Ambasciata dell’India, via XX Settembre 5, 00187 Roma. t. 064884642/3/4/5.
Come arrivare: In aereo, dall’Italia con Air India da Milano e Roma via Delhi o Mumbai e poi con volo interno fino a Goa.
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Quando andare: Clima: Il migliore momento dell’anno sono i mesi che vanno da fine ottobre a marzo quando le temperature variano dai 30 gradi del giorno ai 20 della notte. Il periodo da evitare è quello dei monsoni (da giugno a settembre) quando piove in continuazione e le spiagge sono impraticabili.
Dove dormire: A Goa si trova ogni tipo di soluzione, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Per districarsi tra le insidie di un’offerta così vasta vi suggeriamo quattro diverse proposte, ideali a seconda del budget a disposizione. Nilaya Hermitage: in cima a una collina e avvolto dalla vegetazione tropicale: da qui il turbinio della vita di Goa è sufficientemente lontano per garantirsi un soggiorno rilassato. Eccellenti la piscina e il ristorante, possibile anche soggiornare in tende di lusso ubicate nel parco. La standard room va dai 90 euro ai 190 euro a seconda del periodo dell’anno. Casa Severina: una ventina di camere nella zona di Calangute a poca distanza dalla spiaggia. Le camere non sono grandi ma tra arredi portoghesi e atmosfera coloniale è una buona soluzione
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a prezzo abbordabile: 50 euro a notte in bassa stagione 90 euro in alta stagione. De Coracao Hotel: a Calangute, un hotel moderno e comodo frequentato in particolare dal turismo indiano. Panjim Inn: nella zona storica di Fontainhas, si trova in un edifico storico carico di fascino perfetto per un soggiorno differente dalle solite proposte mare. Ottimo anche il ristorante con vista sulla città vecchia. I prezzi variano da stagione a stagione e partono da 75 euro per la doppia. Hotel W: lusso e design spinto affacciati sulla spiaggia di Vagator. Come tutti gli hotel di questa catena gli arredi sono molto caratterizzati da colori accesi in pericoloso equilibrio tendente al kitsch ma con un servizio decisamente attento e puntuale; la doppia parte dai 170 euro a notte.
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Dove mangiare: A Goa ci sono così tanti ristoranti che per capirci qualcosa bisognerebbe starci mesi, quindi nella maggioranza dei casi lasciatevi trasportare dall’istinto e talvolta provate anche lo street food, con le cautele del caso. Due suggerimenti però ce la sentiamo di proporli: il primo è il Thalassa Restaurant, a picco sulla Ozran Beach, propaggine meridionale della Vagator Beach. Ambiente mediterraneo in stile taverna greca, quando la nostalgia per i sapori di europei si fa più pressante; prezzo medio circa 20 euro. Il secondo è nella zona di Calangute, Goa nord, ed è il A Reverie Restaurant atmosfera romantica tra candele e alberi tropicali con una grande cura per ogni dettaglio. Di alto livello, con una carta dei vini pensata di conseguenza. Per una cena speciale, i piatti vanno dai 10 ai 15 euro. Aperto solo per cena.
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Fuso orario: + 4 ore e mezza, quando in Italia c’è l’ora solare, + 3 ore e mezza, quando in Italia c’è l’ora legale.
Documenti: È necessario il passaporto con validità residua di almeno sei mesi al momento dell’arrivo, munito di visto. Da aprile 2017 anche l’Italia è entrata nel programma del governo indiano di richiesta di visto online. Basta andare sul sito dedicato compilare i moduli, caricare una foto e pagare con carta di credito. Se la domanda è stata accettata si verrà contattati via mail dopo alcuni giorni ricevendo l’autorizzazione al viaggio da stampare e portare con sé. Informazioni dettagliate a questo articolo. In alternativa ci si può rivolgere agli uffici diplomatico/ consolari del Paese presenti in Italia. Vaccini: Nessuna obbligatoria. %&x
Lingua: La lingua ufficiale è il Konkani ma l’inglese è comunemente parlato.
Valuta: La moneta è la Rupia. Alla data di oggi (giugno 2018) 1 euro vale 79 rupie circa Religione: Induismo, Islam, Cristianesimo sono le più diffuse.
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Elettricità: Corrente a 220 volt e prese circolari a tre poli. Conviene munirsi di adattatore universale.
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Telefono: I cellulari italiani funzionano quasi ovunque. Per telefonare in India comporre il prefisso 0091. Abbigliamento: Abbigliamento pratico, in fibre naturali. Un maglione leggero o una felpa possono sempre servire. Le regole di buon senso sono sempre valide ma a Goa l’etichetta è più tollerante. Evitare abiti succinti e minigonne nei luoghi sacri. Shopping: L’artigianato indiano di qualità è confinato ai negozi di antiquariato, in generale le bancarelle sono il regno di paccottiglia a poco prezzo di origine cinese, ciò non toglie che qualcosa di simpatico lo si può sempre trovare. Link utili: Visto a Milano Visto a Roma
Travel Photography Autunno.Tempo di Langhe
Ragazza Suri della Valle di Kibish - Etiopia
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TRAVEL PHOTOGRAPHY
VISIONI D’AUTORE
Come nascono le fotografie? Stefano Pensotti ci conduce in un racconto visionario attraverso le immagini più significative prodotte nei suoi numerosi viaggi. Le pagine a seguire sono un invito a scoprire l’idea, le storie, l’esperienza che sottendono il lavoro di un bravo fotografo nella sua interpretazione del mondo. Testo e foto di Stefano Pensotti www.stefanopensotti.com
Travel Photography Autunno.Tempo di Langhe
Cammellieri Tigrini nella piana di Ahmed Ela nella Dancalia Etiopica
Autunno.Tempo di Langhe
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n’adeguata padronanza delle regole della composizione è indispensabile per realizzare fotografie efficaci. La capacità di riconoscere rapidamente un’opportunità fotografica e di organizzare gli elementi grafici in un insieme riuscito è da sempre una delle qualità più apprezzate in un fotografo. Questa immagine è stata realizzata nella piana di Ahmed Ela nella Dancalia Etiopica. Le carovane dei cammellieri Tigrini trasportano il sale che viene qui estratto dagli operai Afar. L’immagine è stata realizzata nel 2015 durante il mio 4° viaggio in Dancalia, la cercavo sin dal mio 1° viaggio nel 2007. Sono profondamente convinto che non si fotografa “quello che si vede” ma si fotografa “quello che si cerca”: disegno nella mente le foto che voglio scattare e poi cerco di realizzarle, avvicinandomi progressivamente finché non realizzo quel che avevo in mente. Avevo provato più volte a realizzare un immagine simile ma il risultato non era come atteso. Volevo la lunga fila di cammelli all’orizzonte, ordinati in fila indiana nella calda luce del tramonto che si riflettesse nelle basse acque del lago Asale. Quella sera ho atteso le carovane in un punto in cui tutte convergevano, qui sono stato colpito da un’area che presentava delle geometrie create dalle concrezioni saline dove ho cercato il miglior punto di ripresa per avere delle linee di composizione che guidassero lo sguardo ai cammelli. Per fare questo indispensabile un accessorio non fotografico: si cammina sul deposito salino nell’acqua sovrassatura indispensabile un buon paio di scarponi impermeabili in goretex. Ho atteso 1, 2, 3 carovane sino quando è giunta questa con in testa i 2 uomini uno a piedi e l’altro sull’asino. Ho compreso che era quella perfetta, ho cercato la massima geometria ed ho scattato in modo che la carovana riempisse il formato.
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Mercato dei fiori di Coonor - India
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nche questa immagine si regge tutta sulla composizione ma qui non sono le geometrie ma i colori a fare l’immagine. Quasi mai una fotografia nasce per caso, la nostra preparazione mentale ci mette nella condizione di vedere (molti guardano ma non vedono) ciò che ci appare davanti, potrebbe essere definirlo istinto, ma senza questa preparazione molte immagini non verrebbero alla luce. Qui siamo nel mercato dei fiori di Coonor in India nel 2007, al di là della scena più o meno forte mi aveva colpito la calma e la pace, la tranquillità delle persone, a differenza di altri mercati indiani dove il caos regna sovrano. Mi sono soffermato davanti a questa scena colpito dal mucchio giallo di garofano indiano che qui vengono usati per corone e per le offerte ai templi. Seduto ad osservare questa semplice scena si è fatta strada l’idea della successione cromatica rappresentata nell’immagine. Da sinistra a destra: due colori primari il blu + il giallo, la cui addizione crea il verde, un colore secondario. Inoltre l’accostamento di questi tre colori “analoghi”, adiacenti sulla ruota cromatica, crea un effetto di equilibrio, di pace che sottolinea la scena ripresa. Comporre l’immagine con i colori presuppone la conoscenza della teoria dei colori, il loro aspetto psicologico ed aver ben presente la ruota cromatica che è un tool indispensabile per capire come scegliere i colori giusti.
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a fotografia è un codice complesso, un linguaggio, agito al fine di comunicare, non è cosa che attiene all’hardware, ma al software. Ci sono immagini che sono operazioni complesse della mente, come il mettere a fuoco lo sguardo sul quotidiano per raccontarlo con i propri occhi, dandogli un corpo, un tempo ed un respiro. Non sono autentici pensieri, sono fotogrammi immaginati che precedono la realtà delle cose. Medina di Harar- Etiopia 2009, erano più o meno le ore 13:00, pessima luce, avevo già smesso di fotografare dalle 10:30 circa. Giravo per il dedalo di stradine con il mio traduttore, quando abbiamo incontrato un gruppo di bambini che giocavano per strada. Ho iniziato a parlare con loro a gesti e con le 4 cose che so di amarico, ma ben presto ho dovuto ricorrere al mio traduttore. L’importanza del Fixer: quella persona che ti è indispensabile sul campo perché conosce profondamente il luogo e le persone e ti assiste in tutto quanto è logistica. Quando ho pensato che fossero a loro agio chiesto al traduttore di domandare alla bambina se potessi fotografarla e lei ridendo ha accettato. Ho immaginato un ritratto ambientato in quella surreale geometria. Ma anche di più, pensavo “potrebbe arrivare qualcosa - qualcuno laggiù” Potrebbe essere una buona immagine. La luce non era per niente buona ed ho quindi usato un flash facendolo rimbalzare su un pannello Lastolite bianco per aprire le inevitabili ombre del viso della bambina. Era essenziale essere veloce, il tempo a disposizione per fare una foto è sempre limitatissimo, il soggetto non è lì per mettersi in posa, il contesto, l’espressione, potrebbe cambiare radicalmente in pochi minuti. E per essere veloci devi conoscere perfettamente l’hardware che hai in mano, macchina fotografica & Co. Devi conoscere perfettamente cosa stai utilizzando e soprattutto i tuoi limiti e quelli della tua attrezzatura, così da operare correttamente senza pensarci e dimenticarti la gestione dell’hardware. Mi è andata bene.
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Medina di Harar - Etiopia
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volte la raccolta delle informazioni e la logistica non possono essere pianificate a distanza, necessitano di essere sul posto per organizzare tutto con sicurezza e certezza massima. Per organizzare e pianificare il reportage dalle miniere di Taudenni nel deserto del Djouf a nord di Timbuktu, zona assolutamente non turistica e sconosciuta ai locali stessi, nel 2002 ho viaggiato sino a Timbucktu dove ho avuto modo di contattare driver, guide e quant’altro necessario per avere tutte le informazioni necessarie. All’epoca l’accesso ad internet non era così diffuso ovunque, ma soprattutto nel nord del Mali incominciava a essere reale l’ipotesi del rischio terroristico, inoltre essendo Taudenni zona desertica nei pressi del confine con L’Algeria era elevato il rischio di episodi di criminalità contro occidentali, rapimento compreso. Così con tutte le informazioni necessarie e con i contatti giusti, non esclusa la corretta valutazione dei costi, nel 2004 sono partito per Timbuktu da cui è iniziato il viaggio nel deserto del Djuf: Timbuktu – Taudenni – Gao 2000 kilometri e 13 giorni di deserto. E qui nel deserto siamo andati alla ricerca delle Azali, le carovane del sale di Taudenni, ben sapendo che non ci sono piste seguite, che c’è la possibilità di incontrare una carovana, non la certezza. Ma alla fine è andata bene, e l’opera di Alaghdje il mio Fixer è stata indispensabile per convincere i carovanieri Berabich a lasciarsi fotografare: loro tra andata e ritorno percorrono 1500 chilometri a piedi senza mai fermarsi, non hanno tempo per fotografie. Immagine analogica pubblicata nel volume Sale Nero.
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Carovanieri Berabich nel deserto del Djouf a nord di Timbuktu - Mali
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Ragazza a Dakar - Senegal
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Ragazza Afar a Danakil - Etiopia
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Festa Renuka Yellama a Saundatti in Karnataka
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ggi è sempre più complicato fotografare durante eventi e feste molto conosciute. Fotografare durante il Kumbh Mela in India può rivelarsi una esperienza abbastanza traumatica: al Kumbh Mela di Allahabad del 2013 in 35 giorni hanno partecipato più o meno 100 milioni di persone. Inoltre più un evento diviene famoso e frequentato e più viene regolarizzato e normato l’accesso e la possibilità di fotografare. E’ da considerare anche che l’evento sarà coperto da un’infinità di fotografi: pensate al carnevale di Venezia, difficile fare qualche cosa di veramente nuovo ed interessante. Ma è indubbio gli eventi, le feste forniscono un’infinita possibilità ai fotografi. Perché allora non pensare alle feste meno conosciute? Dovremo impegnarci a trovare informazioni e risolvere tutti i problemi di logistica visto che nessuno ci offre un pacchetto “tutto compreso”, ma potremmo avere l’impagabile esperienza di ritrovarci a fotografare da soli una festa molto genuina. Qui siamo a Saundatti in Karnataka - India, nel 2012, dove la prima luna piena del mese Hindu di Margasira (data variabile che cade tra ottobre e febbraio del calendario gregoriano) è un giorno di buon auspicio noto come Bharat Hunnime ed è l’occasione per la festa dedicata a Renuka Yellama la Madre della fertilità e dei diversi, per il Renuka Yellamma Jatra. In questa occasione circa 100.000 pellegrini arrivano al tempio e si fermano per settimane in un grande campo che sorge nei pressi del tempio. Scontato è tutto il lavoro per la ricerca di tutte le informazioni, ma anche il fatto che se non c’è turismo non ci sono nemmeno hotel, ristoranti e servizi per turisti.
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Dakar - Senegal
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iaggiare, fotografare nuovi luoghi, usanze, paesaggi, persone, un sogno chi non amerebbe una vita così? Raccontare culture ed avvenimenti attraverso le storie di singole persone. Ma per fare questo è indispensabile avere tanta curiosità, compassione, rispetto, empatia per le persone incontrate e fotografate, ma mai instillare pietà verso i soggetti, è una condizione indispensabile per essere corretti verso i soggetti. Ma ogni viaggio verso luoghi sconosciuti, con leggi ed usanze diverse, deve essere preparato, devi conoscere la cultura del luogo, attività, eventi, peculiarità. E quando finalmente sei sul posto non puoi pensare di correre da un posto all’altro e sparare una infinità di istantanee a caso. Devi cercare la scena intrigante, particolare che parla di quel luogo, facendo ricorso a quello che hai capito. Magari per scattare delle foto ci vorrà più tempo, ma è essenziale abituati a rallentare e ad aspettare. Questa immagine è realizzata a Dakar in Senegal nel 2016. Nei paesi islamici, il montone è un animale domestico e da compagnia, contrariamente che in occidente cristiano dove ha assunto significati negativi, per la cultura islamica simboleggia pace interiore, tranquillità, onestà e bellezza. Tutte le famiglie che se lo possono permettere allevano 1 o più montoni che tengono a casa, anche in città. Non è raro vedere distinti signori che passeggiano con alla corda un montone. Qui sono arrivato e la scena era molto diversa, un ragazzo scopava l’area davanti alla casa, e dava da mangiare al montone. Ho deciso di aspettare seduto alla giusta distanza e dopo circa 20 minuti ho iniziato a fotografare indisturbato, le persone nella casa si sono abituate alla mia presenza e la scena era divenuta molto dinamica. Gente che entra ed esce dalla scena, il ragazzo se ne va ed al suo posto arriva il gatto, quindi dopo pochi minuti l’oca. Per ultimo il bimbo ed a quel punto la scena era quella di un palco in cui andava in scena una fiaba. Leggi tutto >>
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iaggiando spesso in Sud Africa mi è capitato di fotografare gli animali nei parchi, cosa che rappresenta una vera sfida per ogni fotografo. La fotografia wild è tecnicamente difficile, indubbiamente servono delle attrezzature specifiche e molto costose, ma innanzi tutto necessitano buone conoscenze della specie animale ritratta. Uno dei problemi maggiori della fotografia di animali è che sono imprevedibili, servono lunghi appostamenti, è bandita la fretta, ed una grande prontezza nel cogliere il momento propizio, in modo da poter catturare la realtà nei suoi momenti più autentici. Spesso si torna giorno dopo giorno in un luogo con la speranza di realizzare qualche scatto decente. Questa immagine è stata realizzata nel 2009 al Kgalagadi Transfrontier Park in cui avevo pianificato una permanenza di 8 giorni. Quella del Kgalagadi è un’area naturale protetta al confine fra Namibia, Botswana, Sudafrica, presenta un habitat adatto per i grossi predatori che qui si possono incontrare con relativa facilità. Si trova lontano dalle rotte del turismo di massa e l’ingresso è possibile solo ai mezzi 4x4, per cui gode di una relativa calma che richiama molti bravi fotografi con la passione per la fotografia wild: i maestri ideali da cui imparare cosa e come fare. Nel 2° giorno del mio soggiorno qui, ho incontrato ed osservato a lungo questi 4 maschi, fratelli della stessa cucciolata. Cosa insolita per i carnivori in generale, i ghepardi sono animali principalmente diurni, e cacciano nelle prime ore del mattino o nel tardo pomeriggio, quando il sole è ancora alto nel cielo. A differenza delle femmine di Ghepardo, i maschi occupano dei veri e propri territori, che difendono accanitamente dai conspecifici del medesimo sesso, per cui è possibile incontrarli negli stessi luoghi. Ho preso così la decisione di ritornare mattina e sera nei pressi della falesia in cui avevo incontrati. Per 3 giorni di seguito li ho di nuovo visti e seguiti tutti e 4 insieme. Il 4 giorno bingo, erano in caccia! Seguivano un’antilope, ho visto la cattura ma purtroppo dovendo guidare mi sono perso l’attimo. Complicata la fotografia wild. Leggi tutto >>
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Ghepardi al Kgalagadi Transfrontier Park - Namibia
Travel Photography Autunno.Tempo di Langhe
Tamil Nadu - India
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Donna Lambadi - Bijapur, Karnataka, India
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uando si giunge per la prima volta in un luogo è impensabile correre da un posto all’altro scattando a caso. Meglio cercare la scena, il soggetto intrigante, il particolare che parla di quel luogo, facendo ricorso a quello che hai capito. Ci vorrà più tempo, spesso non si scatta una singola immagine, ma se tutto funziona possibile realizzare qualcosa di buono. Qui siamo in Senegal nel 2016, paese in cui ho viaggiato molto, ma questa era per me la prima volta alla grande Moschea di Touba, la mosche della confraternita Muridiyya. Lo strano tipo fermo in mezzo alla moschea è un Baye Fall appartenente alla omonima Congregazione religiosa. I Baye Fall erano in origine seguaci di Cheikh Amadou Bamba noto anche come Serigne Touba (Sceicco di Touba), capo della confraternita Muridiyya la piu’ nota e la piu’ influente in senegal, In seguito il movimento baye fall fu fondato da Cheikh Ibrahima Fall, si staccò dal muridismo, nacque cosi’ il bayefallismo. Avevo già visto molte volte dei Baye Fall ma di fotografarli proprio no, approccio un poco complesso. Qui invece è stato tutto naturale: ero seduto nella moschea nei pressi dell’ingresso, dove ovviamente c’è un poco di passaggio. Dopo circa venti minuti il Baye Fall mi ha scorto ed è venuto nella mia direzione. Mi ha rivolto la parola: da dove vieni, cosa fai, sei mussulmano….. Con la stessa cortesia ho risposto e dopo poco lui ha iniziato a recitare dei versetti del corano. Ci ho provato ho preso l’inquadratura, Il ragazzino stava arrivando in mia direzione per uscire, la madre dietro, mi sono spostato di poco per avere la giusta composizione, lui ha fatto il gesto con la mano destra. Ci vuole anche fortuna ovviamente.
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Baye Fall - Moschea di Touba,Senegal
Travel Photography Autunno.Tempo di Langhe
Donna Ndebele nel Kruger National Park - Sudafrica
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l mio primo viaggio in Sud Africa è del 2005, viaggio di piacere nel nord del paese, tra il Kruger National Park e la provincia dello Mpumalanga. Per vicende assolutamente fortuite deviando a nord del piccolo borgo di Middelburg, dopo pochi chilometri mi sono ritrovato nel villaggio Ndebeke di Botshabelo. Conoscevo gli Ndebele, etnia originaria dello Zimbabwe. Grazie al loro forte senso di identità sociale, anche in Sud Africa sono riusciti a mantenere le proprie tradizioni. I villaggi presentano ancora la tradizionale pittura murale a larghi motivi geometrici e dai colori brillanti. Le artiste che la praticano sono donne e le opere vengono dipinte sui muri esterni delle case. Ho scoperto così che la cultura Ndebele, nonostante molto sia cambiato, è ancora vivissima ed i giovani, ragazzi e ragazze, anche se si sono allontanati per studiare in città ritornano ai villaggi d’origine per i riti di passaggio. Solo dopo molti anni, e parecchi viaggi in Sud Africa nel 2013 mi è capitato di fotografare “bene” un villaggio Ndebele. Per fare ciò ho preso contatto con diversi villaggi Ndebele, on line si trovano diversi villaggi che offrono ospitalità a chi sia interessato a scoprire la cultura e l’ospitalità Ndebele, ed ho concordato la mia permanenza in uno di questo, chiedendo inoltre al capo villaggio la possibilità di fotografare e la disponibilità degli abitanti. L’immagine è stata realizzata grazie la disponibilità della giovane donna, realizzando un set che utilizza un flash con ombrello bianco posizionato sulla destra, dietro il muro dipinto, comandato a distanza con Trigger.
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Dakar - Senegal
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Ragazza Afar a Danakil - Etiopia
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Atakpame - Togo
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er fare della “buona fotografia” è indispensabile la conoscenza del linguaggio fotografico, dei concetti fondamentali della comunicazione ed in particolare della comunicazione visiva. Come in ogni forma di scrittura quello che più conta è il contenuto ed il modo con cui esso viene esposto. Conoscere il linguaggio fotografico non significa soltanto essere al corrente di informazioni tecniche pratiche. Più importante è conoscere gli elementi caratterizzanti un’immagine. Devi essere in grado di fare “ordine nel caos del mondo”: in una frazione di secondo operare scelte consapevoli e soggettive, pensare agli elementi dell’immagine e mettere in atto delle scelte consapevoli. Questa immagine è stata realizzata ad Atakpame – Togo nel 2000 (immagine analogica), in una cava di sabbia dove dei bambini erano intenti a lavorare: estraevano la sabbia necessaria per la costruzione della loro scuola. Ho iniziato a parlare con loro e con i maestri li presenti per conoscere la storia della nuova scuola. Dopo questo loro racconto volevo riprenderli in gruppo, con un’inquadratura stretta che testimoniasse la loro partecipazione. Volevo che la fotografia testimoniasse il loro consenso e il mio rispetto per loro: “scatta, tu puoi raccontare di noi” Spostandomi di poco a destra e a sinistra, in alto e in basso, ho cercato di inquadrare almeno un occhio di tutti i ragazzi. In questo modo l’immagine testimonia che erano disponibili, che avevano accettato l’idea di “farsi raccontare” e testimonia che io non ho rubato nulla: sono loro che mi hanno regalato quel momento.
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e per la foto precedente si può parlare di reportage, per questa immagine realizzata in Myanmar nel 2015 le cose sono un poco diverse. Questo è palesemente uno scatto staged: un differente modo di relazionarsi del fotografo rispetto al visibile, con cui si realizza una elaborazione della realtà piuttosto che la sua oggettiva registrazione. Una fotografia preparata, messa in scena, difficile pensare diversamente, ma non per questo meno interessante. Tra gli autori molto noti che hanno fotografato con questa modalità troviamo Arno Rafael Minkkinen, Joel Peter Witkin, Arthur Tress, Cindy Sherman, Sarah Moon, Leslie Krims. Ma anche altri autori conosciuti ed apprezzati per le loro immagini di reportage, uno su tutti Steve Mc Curry, in più occasioni ha realizzato immagini staged. Qui siamo nella piana di Bagan dove vi sono circa 2.500 templi tra piccoli e grandi, tutti considerati sacri, dispersi nella rigogliosa vegetazione ed a volte inglobati nei piccoli villaggi che sorgono nella piana. Bagan è un luogo molto turistico, ma resta per i birmani un posto sacro e spirituale e come tale va vissuto, ogni tempio, per quanto decadente che sia, è un sacro luogo di preghiera per i locali. Ma proprio per la grande presenza di turisti difficile realizzare immagini che sottolineano ciò. Da qui l’idea di una immagine da realizzare pianificando tutto lo scatto. Per fare ciò con l’aiuto del mio traduttore sono andato alla ricerca di un piccolo tempio con budda davanti ad una finestra, che avesse la luce del sole che filtra all’alba o al tramonto. Trovato il tempio ho trovato anche il mio soggetto: il tempio è nel piccolo villaggio in cui abita la bambina. Ho preso accordi con la famiglia e dato appuntamento a tutti per l’ora del tramonto che era quella giusta per la location. Per evidenziare i raggi del sole, creati da un reticolo di mattoni con dei fori quadrati da cui filtra la luce, abbiamo smosso la polvere del pavimento con una scopa. Leggi tutto >>
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Tempio di Bagan - Myanmar
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Ragazza Suri della Valle di Kibish - Etiopia
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Donna Afar a Danakil - Etiopia
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Africa è mistica, selvaggia, un inferno soffocante, il paradiso del fotografo e dell’avventuriero. Ma l’Africa non è una sola, ne esistono molte, tutte diverse per fede, storia, cultura, natura ed economia. La sua società è più complessa di come la immaginiamo da qui, e se è ancora vero che molto del popolo africano vive in bilico tra passato e futuro è anche vero che questa è l’ultima vestigia di un mondo morto e la culla di uno nuovo che si spera migliore. L’Africa cambia, cresce economicamente, produce una classe media, ma la scansione delle immagini con cui la si identifica non cambia, resta legata alla narrazione di popoli primitivi e riti cruenti, natura incontaminata e bestie feroci, fame e guerra, dittature e abusi contro i diritti umani. Per cambiare questa narrazione, per sviluppare la nuova immagine dell’Africa, basterebbe resettare il pensiero e spostare lo sguardo, perdersi tra la gente che affolla le moderne città africane, seguirne il flusso e lasciarsi sedurre dalla vitalità che permea questa gente per scoprire che anche qui in Africa le cose cambiano, che nella vita quotidiana l’Africa non è necessariamente così lontana da noi, che le nuove generazioni in Africa vivono e sognano come noi.
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Matrimonio ad Addis Ababa - Etiopia
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Lalibela - Etiopia
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ncora un’immagine “molto semplice”, realizzata nel 2008 a Lalibela in Etiopia. Nulla di “esotico” solo una reinterpretazione dei sandali in gomma (qui rappresentano l’uno tipo di scarpe accessibili per il loro basso costo) appesi davanti ad un piccolo negozio del villaggio.
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Donna Ndebele - Sudafrica
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Ragazza Suri della Valle di Kibish - Etiopia
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Regione di Gambella bacino del Nilo bianco tra Etiopia e Sud Sudan
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uando si parte per fotografare in aree problematiche la prima cosa da fare è informarsi sull’accessibilità dei luoghi, sulle condizioni di sicurezza, il possibile verificarsi di casi di criminalità comune, sulla stabilità politica del luogo ed eventuali minacce di stampo terroristico. Queste informazioni posso essere desunte dai normali media o più adeguatamente seguendo i siti istituzionali quali Viaggiare Sicuri e Dove Siamo nel Mondo realizzati dall’Unità di Crisi del Ministero degli Affari Esteri o altri della Cooperazione Internazionale. Ma anche seguendo questi canali, per viaggi impegnativi, in luoghi sconosciuti, non soggetti a turismo, con leggi ed usanze diverse, non sarà possibile avere tutte le informazioni necessarie. Questi viaggi devono essere preparati seguendo le informazioni di prima mano di una persona sul luogo, che dia chiare indicazioni innanzitutto su dove sia possibile andare, cosa puoi e non puoi fare, su come possibile spostarsi, quali permessi siano indispensabili e se necessario viaggiare con scorta armata, su dove poter dormire, ecc… Questa immagine è stata realizzata nel 2009 nella regione di Gambella nelle savane e nelle paludi che si allargano nel bacino del Nilo bianco tra Etiopia e Sud Sudan. All’epoca la regione nonostante fosse in atto una tregua, era interessata da disordini legati alla guerra civile che ha dilaniato per decenni il Sudan, guerra civile tra i popoli del nord, nazionalisti arabi e di fede islamica e i popoli del sud, neri cristiano-animisti organizzati in strutture tribali. Tutti aspettavano il referendum del 2011 che avrebbe sancito la nascita del Sud Sudan con la speranza della fine della guerra civile (per inciso a sei anni dall’indipendenza e nonostante i molti aiuti umanitari il Sud Sudan è ancora poverissimo, e devastato da una sanguinosa guerra civile che non si è mai arrestata).
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n’altra immagine dal reportage sulle miniere di Taudenni, realizzata ad Agunni, circa 50 chilometri a Nord di Timbuktu, Mali 2004. Qui c’è un pozzo con una pompa eolica, l’ultimo sulla rotta per Taudenni, i cammellieri Berabich, etnia nomade di origini maure, qui hanno un piccolo campo di basse tende. Viaggiando in luoghi sconosciuti, con leggi cultura ed usanze diverse, deve essere assolutamente certo cosa sia possibile fare, cosa sia possibile fotografare, ed in ogni caso sempre chiedere educatamente il permesso ad una persona, se possibile fotografarla. A parole o gesti. In alcuni luoghi non è ammesso l’errore! Immagine analogica pubblicata nel volume Sale Nero.
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Agunni, circa 50 chilometri a Nord di Timbuktu - Mali
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Donna Afar a Danakil - Etiopia
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Donna Fulani a Djenne - Mali
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fortemente diffusa l’idea che l’immagine giusta sia realizzabile solo in paesi lontani, dove abitano esotiche popolazioni primitive. Nulla di più sbagliato.
Qui siamo in una capitale europea, a Budapest, nelle terme dei bagni Széchenyi. Nessun segreto particolare se non quello di acquistare un biglietto, mettersi in costume, parlare una qualche lingua più o meno bene, ed essere molto socievoli.
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Bagni SzĂŠchenyi a Budapest - Ungheria
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Chefchaouen - Marocco
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hefchaouen, in Marocco, è conosciuta come la città blu, un piccolo gioiello architettonico in cui tutte le case della sua medina, muri, porte, finestre strade sono colorate di questa tonalità. Immagine realizzata nel 2017, nell’ultimo giorno della mia permanenza nella cittadina, cercavo un’immagine diversa dalle tante che sono visionabili in rete, e mi ero concentrato sulle possibili soluzioni geometrie. Questa fontana con l’antistante scalinata sottolineata geometricamente dalle fasce blu, era la location ideale in cui aspettare il passaggio di qualche personaggio.
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Centro commerciale Plaza a Gueliz - Marrakech, Marocco
STEFANO PENSOTTI Stefano Pensotti ha una lunga esperienza di fotore straniere e il suo lavoro è stato esposto in numerose in Italia, Francia, Libia ed Inghilterra. In 35 anni ha fotografici o accompagnando piccoli gruppi di foto fotografiche con una programmazione slegata da fotografare al meglio. Etiopia è la prossima partenz
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eportage da tutto il mondo. I suoi servizi sono stati pubblicati da riviste italiane e e mostre in tutta Italia. Ha pubblicato 11 volumi fotografici, editi da diversi editori viaggiato in oltre 50 Paesi, in Europa, Africa e sia, per la produzione di servizi ografi. Da 15 anni propone travel workshop pensati e progettati come spedizioni ai vincoli posti da un normale viaggio turistico: una possibilitĂ unica per viaggiare e za per il 2018. www.stefanopensotti.com/viaggio_fotografico_in_etiopia-w5209
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La ricchezza naturalistica e archeologica dei suoi fondali ne fanno un eden sommerso, un vero museo bio marino. Apprezzata da tutti gli appassionati di diving e snorkeling, Ustica è un’isola per veri amanti del mare: aspra e senza fronzoli, ancora lontana dalle rotte turistiche e con un entroterra tutto da conquistare.
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di Vittorio Sciosia www.vittoriosciosia.com
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on ci si sbaglia di certo se, una volta approdati a Ustica, si pensa a un vecchio e nero vulcano. Infatti, pur non avendo più un cratere che fumi ritmicamente durante l’anno o che giaccia addormentato da secoli o millenni, è un aggregato di rocce scure, appuntite, catapultate da chissà quale cima antidiluviana sulle spiagge ora affollate di turisti. I soli nove chilometri della costa sono un saliscendi di viuzze strette a picco sul mare, cosparse di arbusti, ibiscus e piante di capperi. La percorrono turisti in costume da bagno, accaldati dal sole estivo; biciclette, inaspettati suv e fuoristrada, troppo grandi per quei pochi metri d’asfalto, e autobus a non più di dieci posti, che scaricano e caricano passeggeri a tutte le ore del giorno.
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Ustica è un’isola in cui il mare è difficilmente accessibile e le spiagge rare. Sono cinque, in tutto, i luoghi in cui è consigliata la balneazione, a meno che non si possieda una barca con la quale andare alla ricerca di piccole calette e insenature nascoste: Faraglioni (a ridosso del Villaggio Preistorico, non raggiunta direttamente dai mezzi), Cala Sidoti, Acquario, Punta Spalmatore e le Piscine naturali, cerchi di roccia in cui l’acqua si raccoglie tiepida e calma. Cala Sidori e Acquario appartengono alla zona A, cioè alla riserva integrale (l’isola stessa è area marina protetta dal 1986), dov’è proibita la pesca sia professionale che sportiva, il transito di barche e navi,
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l’accesso da terra, ad eccezion fatta per i luoghi ove è consentita la balneazione. Le altre due zone sono la B e la C: nella prima è vietata qualsiasi forma di pesca professionale e sportiva se non autorizzata dall’ente di gestione della riserva, consentite la balneazione, la fotografia subacquea, la pesca sportiva esercitata con lenze da fermo e da traino. Nella zona C quest’ultima è concessa in qualunque sua forma. Se per gli amanti della pesca tante sono le restrizioni, per chi preferisce invece le immersioni l’isola è il posto ideale. Trenta sono i punti in cui potersi immergere spendendo dai 35 euro in su, a seconda che possediate o no l’attrezzatura necessaria.
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Per i sub più esperti si consiglia la visita a Sicchitello dove poter vedere meravigliose e coloratissime gorgonie, esemplari di corallo nero e pesci come tonni e ricciole, oltre che i resti di un caccia italiano affondato durante l’ultima guerra mondiale. Interessante e apprezzata dagli esperti è l’esplorazione della Grotta e dello Scoglio del Medico. Tanti i canyon e i cunicoli (da 9 a 40 metri) pieni di spugne, astroides, barracuda, cernie, occhiate. Dalla fine di giugno è anche possibile assistere al passaggio di grandi ricciole. Per non parlare della magia offerta dalla Grotta dei gamberi. La massiccia presenza di questi crostacei, fa sì che le pareti della roccia riflettano l’arancione dei loro gusci. Ma Ustica non è solo l’isola di subacquei o appassionati di immersioni. Non preoccupatevi al pensiero di dover seguire necessariamente un corso accelerato di diving e indossare pinne, muta, bombola d’ossigeno, per non tornare a casa con la tristezza di aver goduto parzialmente del luogo e delle sue bellezze. Ustica è tanto ostile, nel suo aspetto, quanto benevola nei confronti di chi non si ferma a guardare gli scogli da lontano. Armatevi, quindi, di maschera e boccaglio o di semplici occhialini: pesciolini colorati, ricci, anemoni, lumache di mare si affolleranno davanti ai vostri occhi. Cala Sidoti è uno dei punti più indicati per questo, insieme alla zona dei Faraglioni.
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A tal proposito, consiglio anche un giro su Tweety, la barca col fondo di vetro a visione subacquea. La visita dura circa due ore, durante le quali è possibile ammirare le grotte della costa sud (la grotta azzurra, la grotta delle barche) e fare una sosta per un bagno. Generalmente,
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è lo stesso conducente a chiedervi dove e quando siete pronti a gettarvi in acqua. All’ombra di alti costoni rocciosi, nuoterete pensando che una cicala di mare sta passando sotto i vostri piedi, che una gorgonia è stata mossa dalla corrente. Testo e foto di Vittorio Sciosia © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Come arrivare: Ustica si raggiunge esclusivamente via mare da Palermo oppure, nel periodo estivo, una volta a settimana anche da Napoli. Queste due città sono naturalmente raggiungibili con voli diretti nazionali ed internazionali provenienti dai maggiori scali europei. Dove dormire: Hotel Punta Spalmatore, immerso nel verde si trova di fronte alla Riserva marina. t.0918449388 E’ inoltre possibile trovare numerose case in affitto.
Dove mangiare: Il Faraglione in Via Pio La Torre; La Luna Sul Porto Via Vittorio Emanuele 11. Sull’Isola è d’obbligo mangiare il freschissimo pesce e i tipici dolci siciliani. Link utili: Linee marittime Ustica Lines Siremar
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All’ombra del barocco i rumors non si fanno attendere. Tra i palazzi di pietra bianca riecheggiano gli accenti dei turisti, mescolandosi al dialetto locale: qui tutti si chiedono se il matrimonio più social dell’anno la trasformerà a fine mese in una sorta di Coachella del Sud. Si aprano le danze, Noto è già in festa. Testo e foto di Eugenio Bersani
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a straordinaria bellezza di Noto è nata da un terremoto. Sì perché la catastrofe del 1693 che distrusse quasi totalmente la città medievale costrinse gli abitanti a ricostruire quasi tutto seguendo il modello stilistico predominante dell’epoca, il tardo-barocco. Lo scrittore siciliano Vincenzo Consolo descrive così l’evento: «Tutti dovettero avere una grande superbia, un grande orgoglio, un alto senso si sé, di sé come individui e di sé come comunità, se subito dopo il terremoto vollero e seppero ricostruire miracolosamente quelle città, con quelle topografie, con quelle architetture barocche: scenografiche, ardite, abbaglianti concretizzazioni di sogni, realizzazioni di fantastiche utopie.» Sogni e utopie che hanno valso a Noto già nel 2002, insieme alle altre città della Val di Noto, la promozione alla prestigiosa World Heritage List, cioè è diventata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco. Chiamata anticamente Neas dai siculi, Neaton dai greci e Netum dai romani, furono gli arabi a darle il nome definitivo di Noto. Il termine, che in arabo ha lo stesso significato che in italiano, voleva essere un omaggio alla bellezza e all’importanza della città.
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Tripudio barocco L’asse principale della città si stende lungo corso Vittorio Emanuele ed è scandito da tre piazze. In ogni piazza si trova una chiesa e il corso è annunciato dalla Porta Reale. Per entrare in centro tutti passano sotto questo monumentale ingresso a forma di arco di trionfo. Eretto nel XIX sec. La porta è sormontata da un pellicano, simbolo dell’abnegazione nei confronti di Re Ferdinando. Ai due lati si trovano una torre, simbolo di fortezza e un cirneco l’antica razza canina siciliana simbolo di fedeltà. Proseguendo sul Corso c’è la Chiesa di S. Francesco all’Immacolata che sorge in cima ad una monumentale scalinata; sulla facciata spicca il portale fiancheggiato da colonne di puro barocco, mentre l’interno, ricco di stucchi,è a navata unica a croce latina. Poche decine di metri e si arriva di fronte all’ampia facciata delle Cattedrale S. Nicolò. L’edificio è preceduto da un’ampia scalinata che scende nella piazza del Municipio antistante e fiancheggiato da due esedre alberate, ciascuna sovrastati da un percorso lastricato che ne sottolinea l’andamento curvilineo. E’ il luogo d’incontro privilegiato dei netini (gli abitanti di Noto) e dei molti turisti.
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Con un po’ di fortuna si può assistere ad un matrimonio con droni volanti e “lape” tuc-tuc Piaggio dalla scenografia davvero unica. Per gli appassionati di gossip l’evento dell’anno a Noto sarà proprio il matrimonio fra Chiara Ferragni e Fedez, che si celebrerà il 31 Agosto 2018. I netini sono già divisi, c’è chi li odia e chi li ama. Sulla destra la Basilica di San Salvatore austera ed imponente e dalle linee di tardo settecento i cui interni sono impreziositi da decorazioni in oro zecchino. Oltre la piazza in fondo alla salita di Via Nicolaci si trova la Chiesa di Montevergini dal prospetto concavo, chiuso da due torri campanarie. La chiesa delimita la Via Nicolaci dove ogni terza domenica di maggio si svolge uno degli eventi più importanti di Noto, la famosa “Infiorata” uno spettacolare tappeto di fiori allestito da artisti locali e che attrae decine di migliaia di turisti. Bisogna arrivare fino a Piazza XVI Maggio per incontrare la Chiesa di San Domenico la più colta realizzazione del barocco siciliano, dalla facciata convessa e dalle colonne da vedere possibilmente nel pomeriggio quando illuminate dal sole sprigionano i riflessi dorati del barocco, caratteristica che lo ha reso famoso nel mondo. In corso Vittorio Emanuele c’è un altro incomparabile esempio di architettura barocca, la chiesa di Santa Chiara.
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Terminata nel 1775 l’attuale facciata della Chiesa di forma rettangolare, ha il portale d’ingresso situato su una piccola scalinata. L’interno della Chiesa è molto piccolo ma anche molto pittoresco ed è considerato uno dei più belli dell’intera Sicilia. Per concludere in bellezza il tour barocco bisogna ritornare in via Nicolaci e visitare il Palazzo omonimo, la cui costruzione risale ai primi decenni del 1700. Il palazzo è decorato da diverse balconate realizzate e rinchiuse dalla sinuose inferriate ricurve. Le figure delle decorazioni, sirene, sfingi, ippogrifi e cavalli alati sono il soggetto fotografico preferito di tutti i visitatori.
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Fior di spiagge Grazie ad un clima che non teme paragoni, Lido di Noto non conosce il freddo. La spiaggia di finissima sabbia di colore giallo-oro e il mare pulito, contraddistinguono il litorale netino. Altre località marittime da visitare con ombrellone e sdraio sono Cala Bernardo e Cala Mosche; quest’ultima è una baia straordinariamente silenziosa e con una spiaggia lunga circa 200 metri di soffice sabbia dorata. Qui l’acqua è cristallina e trasparente grazie alla particolare posizione poiché la caletta si trova riparata e circondata da due promontori rocciosi su cui spicca la tipica vegetazione del litorale.
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A Marzameni piccolo borgo marinaro, gli appassionati di immersioni potranno incontrare sotto le sue acque limpide tesori come anfore ancore e colonne romane. Eloro oltre ad essere una bella spiaggia per chi ama gli ozi, è anche e soprattutto un sito archeologico di un’antica città fondata da coloni corinzi sbarcati dalla vicina Grecia nel VII secolo a.C. Prima di entrare a Eloro, posta di fronte al lato nord della collina, si trova una grande colonna calcarea, denominata “Pizzuta”. La colonna si innalza su una piattaforma rocciosa, sormontata da quattro gradini. Alta oltre 10 metri, è ritenuta una tomba familiare della
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seconda metà del III sec. a. C. Da qui si domina una vista privilegiata e l’atmosfera è stranamente quella magica degli insediamenti megalitici del Nord Europa. L’oasi faunistica di Vendicari è situata fra Noto e Pachino si trova in una stretta fascia costiera acquitrinosa, amata da molte specie di uccelli migratori. Infatti la presenza dei vasti pantani dall’elevata salinità ha contribuito alla creazione di un ecosistema che è punto di riferimento per gli uccelli che, provenienti dall’Africa (distante 350 km circa in linea d’aria), sostano qui numerosi prima di raggiungere le mete migratorie in tutta Europa.
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Foto di Angelo Avanzato Volto Noto
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Per la gioia dei birdwatcher all’interno dell’oasi ci sono dei capanni di osservazione dove si possono ammirare e fotografare tutte le specie di uccelli che sostano a Vendicari: i trampolieri, gli aironi cinerini, le cicogne, i fenicotteri e, inoltre, il germano reale, i gabbiani, i cormorani e il cavaliere d’Italia che sosta qui nel suo viaggio dal deserto del Sahara ai luoghi di nidificazione nel nord Europa. All’interno del territorio dell’oasi sono presenti diverse strutture archeologiche di varie epoche, le più interessanti e visitate sono la tonnara, la torre Sveva e le adiacenti vasche di epoca ellenistica per la lavorazione del pesce. Vendicari offre tra le più belle spiagge della Costa Ionica: un mare incontaminato e cristallino 7 km di costa fra sabbia fine e insenature rocciose.
Testo e foto di Eugenio Bersani © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Foto di Angelo Avanzato Volto Noto
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Informazioni: Sito Regione Sicilia Turismo
ASSOCIAZIONE TURISTICA PRONOTO Tel. 0931-836503 Comune di Noto.
Ufficio informazioni I.A.T. (Ufficio di Informazione e Accoglienza Turistica) Siracusa. Come arrivare: In Treno: Noto è collegata alle principali città italiane dalla rete Ferroviaria dello Stato. Fino a Siracusa con proseguimento per Noto. In Aereo: L’Aereoporto Internazionale Catania (Fontanarossa) dista Km 80 dalla città. Collegamento da e per l’Aereoporto tramite Bus di linea: A.S.T. (Tel. 0931464820) INTERBUS (tel. 093166710). Auto: Noto è raggiungibile percorrendo le autostrade A18 MECT-SR e A19 PA-CT-SR Uscita Bivio Cassibile proseguimento per la S.S. 115 fino a Noto - autostrada A18 Siracusa - Gela (in esercizio fino a Rosolini) uscita casello Noto.
Dove dormire: Villa Felicia, Contrada Falconara 96017, Noto Marina SR +39 0931 812784. Dove mangiare: Baglio Siciliamo, Viale Lido, 96017 Lido di Noto SR.
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Eventi: L’infiorata di Via Nicolaci: La terza domenica di maggio viene allestita l’Infiorata di Via Nicolaci. Scenografico appare il tappeto di fiori composto nella via ed i riquadri, realizzati con creatività e capacità dagli artisti, propongono di anno in anno motivi diversi: religiosi, mitologici e di cultura popolare. Santo Patrono S. Corrado: Il 19 febbraio si svolge la festa e processione del Santo Patrono S. Corrado. La particolare urna preceduta dalle Confraternite e dai “Cili”, grandi ceri decorativi, viene portata a spalla dai Portatori, seguono la banda musicale e i fedeli che scelgono di fare il loro voto nel “viaggio scausu” (viaggio scalzo). La festa viene ripetuta l’ultima domenica di agosto. Settimana Santa: La Settimana Santa in occasione della Pasqua vede il giovedi’ santo visita ai santi sepolcri, il venerdi’ santo processione della Santa Spina e la domenica di Pasqua La Pace, incontro ed abbraccio tra i simulacri della vergine e del Cristo Risorto. Corte Barocco: La terza domenica di maggio si svolge il Corte Barocco. Trattasi di rievocazione storico-culturale del’700 netino: musiche e danze barocche, esibizione di sbandieratori, con la partecipazione di 200 figuranti: con vestiti di nobili, popolari e valletti in costume d’epoca; sfilata con stendardi che riproducono gli stemmi ed i colori araldici delle famiglie nobiliari. Processione Madonna del Carmine: Il 16 luglio si svolge la festa e processione della Madonna del Carmine.
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Processione Madonna Scala del Paradiso: Nel mese di agosto si effettua la festa e processione della Madonna Scala del Paradiso. Processione delle Madonna: Assunta Il 15 agosto si celebra la festa e la processione della Madonna Assunta. Processione del Sacro Cuore Contrada Rigolizia: La seconda domenica di agosto si celebra la festa e la processione del Sacro Cuore Contrada Rigolizia. Processione di Sant’Isidoro: La seconda domenica di settembre si celebra la festa e la processione di Sant’Isidoro. Processione della Madonna dell’Immacolata: Nel mese di dicembre si svolge la festa e la processione della Madonna dell’Immacolata.
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Undici Comuni del basso alessandrino, dove i profumi del Mediterraneo e le brezze marine ammiccano con i venti piÚ freddi dell’Appennino. PiÚ Genova che Piemonte e con lo sguardo volto a Milano. Siamo tra le colline del Gavi e ai piedi del suo forte, terra di vigne che si fanno largo tra boschi e incantevoli paesaggi. Testo di Roberta Dho Foto di Maurizio Ravera www.maurizioravera.it
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erra cortese, come le storie custodite nei borghi e nei castelli, dove l’eredità antica è il patrimonio di un presente che guarda lontano. Oggi insignito del vessillo di Bandiera Arancione, il borgo di Gavi è il fulcro di una rinascita che guida grazie a un’identità forte e fiera, protetta simbolicamente dall’antico maniero, eredità del legame antico con Genova, la Superba Repubblica che ha esteso fin qui il suo dominio, determinando la cultura e il dialetto. Gavi e il suo territorio di colline al confine tra la pianura e il mare riservano numerose sorprese a chi ama l’arte e cultura, lo sport e la natura, la buona tavola e i prodotti della tradizione. L’incontro tra prodotti e sapori differenti raggiunge, infatti, qui la massima espressione di una tradizione enogastronomica tra le più ricche e pregiate del Piemonte.
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Gavi, Wine land del vin Cortese Di sapore asciutto, pieno, gradevolmente fresco e armonico, elegante e raffinato, il “Cortese di Gavi” eguaglia per fama il suo borgo ed eccelle nella produzione enologica italiana. Nato dal vitigno Cortese è prodotto nei comuni attorno a Gavi, da cui prende il nome la DOCG, di Bosio, Carrosio, Capriata d’Orba, Francavilla Bisio, Novi Ligure, Parodi Ligure, Pasturana, San Cristoforo, Serravalle Scrivia, Tassarolo. La cosidetta Gavi Wine Land, vanta un centinaio di produttori che hanno basato su eccellenza e rispetto del territorio la filosofia di produzione. Andar per cantine, ascoltare i racconti di appassionati maestri, respirare i profumi della vigna nelle varie stagioni, è il modo migliore per comprendere la perfezione di un calice del “Grande Bianco Piemontese”, il suo colore paglierino, il profumo delicato, con sentori di frutta fresca e fiori bianchi, le note di agrume e mandorle amare, impreziosite, con l’invecchiamento, di profumi minerali. E ogni fine agosto arriva l’appuntamento più atteso “DI GAVI IN GAVI”, promosso dal Consorzio Tutela del Gavi, e omaggio alla tradizione enogastronomica locale con i massimi esperti del settore, la tradizionale passeggiata tra i vigneti del Gavi, l’esposizione dei produttori e le numerose degustazioni.
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GAVI FORTE di cultura “Il capo del villaggio al fin di questa storia un dono a lei vuol fare purchè ci sia memoria, il luogo alla donna caro, Gavi si chiamerà e il vin dell’onesto paggio Cortese al fin sarà”. Le rime dello spettacolo itinerante, proposto fino a settembre al Forte di Gavi, si ispirano alla leggenda della bella principessa Gavina, rampolla reale fuggiasca per amore dalla Corte provenzale e protetta dal piccolo Borgo. E solo il mito poteva rendere onore alle origini antichissime di Gavi e al legame speciale con il suo Forte costruito sulla“rocca” naturale, sovrastante l’abitato. Imponente e austero, il Forte di Gavi di origini medievali,
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deve ai genovesi l’importante opera di fortificazione avviata nel 1625. L’abilità di “Far della montagna un forte” per difendere Genova, ha reso la fortezza inespugnabile e protagonista di numerosi cambiamenti. Oggi il Forte di Gavi è il prezioso testimone della storia di un territorio e un luogo di cultura, visitabile tutto l’anno e con numerosi eventi proposti dal Polo Muserale del Piemonte. Più indietro nel tempo, ci porta l’antica città romana di Libarna (nei pressi dell’abitato di Serravalle Scrivia) riportata alla luce insieme a tradizioni, anche culinarie, della vita quotidiana e che in più momenti dell’anno pongono l’area archeologica al centro di rinomate manifestazioni culturali.
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Scoprire la natura a piedi o in bicicletta Colline dolci dalla naturale vocazione “slow”, le terre della val di Lemme offrono percorsi a piedi che sorprendono con gioielli architettonici di epoca romanica, un’ampia varietà di paesaggi, l’importante geosito di Carrosio, facilmente visitabile, e datato a 23,03 milioni di anni, al limite tra Paleogene e Neogene. Attirati dai percorsi di Costante Girardengo e Fausto Coppi, i Campioni di Novi ligure, numerosi ciclisti e cicloturisti si sfidano su La Mitica, salita verso il Passo Coppi, o raggiungono la statua in bronzo del campionissimo Fausto. Emblemi del ciclismo “eroico”, i due campioni hanno ispirato il
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progetto “Officina itinerante” sul ciclismo, con proposte su misura per conoscere “su due ruote” le colline di questo angolo di alessandrino, e il Museo dei Campionissimi nella città di Novi Ligure, che racchiude i 200 anni che hanno fatto la storia della bici e la sua evoluzione. Per gli escursionisti il Parco “Capanne di Marcarolo”, polmone verde del territorio, ha un fascino particolare; si innalza, passando tra bellissimi castagni secolari che cedono poco a poco terreno all’erica e a diverse varietà di pino nero e marittimo sul versante roccioso, fino ai mille metri del monte Tobbio incantevole punto panoramico e meta prediletta degli appassionati di escursionismo.
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Con itinerari adatti a tutti, da percorrere a piedi ma anche cavallo o in mountain bike, si possono raggiungere e ammirare il lago inferiore di Lavagnina e la Diga del Lago Bruno, incontrando meravigliose fioriture e, in autunno, i colori dei boschi di faggio, di castagno o di rovere. Il parco offre numerose strutture per accogliere gli escursionisti e garantire la loro permanenza di più giorni sui suoi itinerari. Ravioli al vin e le eccellenze del territorio Udite, udite dobbiamo ai gaviesi l’invenzione del raviolo, la pasta ripiena che, leggenda vuole, vide la luce nella locanda della famiglia Raviolo durante il Marchesato di Gavi (XII secolo). La serietà con cui qui si tramanda la tradizione è testimoniata dall’Ordine Obertengo dei Cavalieri del Raviolo e del Gavi, geloso custode della ricetta e del vino Cortese “che nella zona di Gavi raggiunge la più alta espressione di bontà e finezza”. A Gavi i ravioli si gustano con “u tuccu”, il sugo di carne tipico genovese, se fatti in casa anche “a culo nudo”, cioè solo con una spolverata di parmigiano oppure in tazza, annaffiati da un buon bicchiere di vino rosso o di vino bianco di Gavi. L’incontro di ingredienti e palati differenti a Gavi ha dato vita a una cultura gastronomica riconosciuta dalla denominazione comunale. Oltre ai Ravioli di Gavi, troviamo insignite le Lasagnette della Zerbetta, il Risotto al Gavi docg, la Torta di riso di Gavi, i Canestrelli al Gavi docg, i canestrelletti, gli Amaretti morbidi di Gavi, i Baci di dama di Gavi e il Moretto, tipico gelato locale.
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E che dire della Focaccia e dei Corzetti Novesi, del salamino di Tassarolo al Govi, del rinomato cioccolato Bodrato? L’intero territorio novese vanta importanti tradizioni e produttori eccellenti che, da oltre vent’anni, si presentano nella rassegna Dolci Terre di Novi, un
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appuntamento imperdibile del Consorzio turistico. Per il resto dell’anno, il meglio della produzione novese, è in vetrina e da gustare nello spazio Dolci terre presso il Serrvalle Outlet. Testo di Roberta Dho e foto di Murizio Ravera © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Gavi
Informazioni: Alexala – Agenzia turistica locale della provincia di Alessandria Piazza Santa Maria di Castello, 14 - 15121 Alessandria Italy Tel. +39 0131 227454 – e-mail.
Come arrivare: Percorrendo l’autostrada A7 Milano-Genova, uscita Serravalle e proseguire in direzione Gavi (9km); da Torino con l’autostrada A26 uscita Novi Ligure. In treno: stazione di Serravalle Scrivia.
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Quando andare: Clima: Visita consigliata in tutte le stagioni per il Borgo di Gavi, il Forte e l’area archeologica di Libarna. Dalla primavera all’autunno è il periodo migliore per l’escursionismo e il cicloturismo.
Dove mangiare: Le terre del Gavi propongono numerose locande, ristoranti e osterie specializzate in menù tipici, realizzati con i prodotti tipici locali. Per gustare i ravioli, si consigliano: l’Osteria Piemontemare, le Cantine Del Gavi, rinomate anche per il risotto al Gavi. I prodotti tipici gaviesi sono proposti secondo le antiche ricette dal laboratorio Italy gourmet di Gavi. Per una visita alle cantine si possono contattare, su prenotazione: Villa Sparina, Broglia, La Raja, il Rocchin, La Zerba, il Castello di Tassarolomentre. E’ sempre possibile fare tappa alla Cantina dei Produttori del Gavi. Punto di riferimento per conoscere la cultura del vino, l’enogastronomia e gli eventi.
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Dove dormire: Diverse strutture ricettive presenti, tra cui agriturismi, alberghi, B&B a Gavi e dintorni. Il Parco Capanne di Marcarolo offre la possibilità di permanenza con rifugi e posti ristoro.
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Viaggio organizzato: E’ possibile contattare il servizio offerto da Think Serravalle con suggerimenti di viaggio alla scoperta delle terre del Gavi, idee ed offerte speciali al Serravalle Designer Outlet e a la bottega del gusto Dolci Terre. Informazioni, servizi e itinerari sono forniti dal Distretto del Novese. Eventi: Al Forte di Gavi: GAVI FORTE DI CULTURA – spettacolo teatrale itinerante 8 luglio-12 agosto-16 settembre. AD OCCHI CHIUSI mostra di sculture di Nino Ventura dal 30 giugno al 29 settembre 2018. Gavi: “DI GAVI IN GAVI”- 25-26 agosto Festa del “Grande Bianco Piemontese” e del suo territorio.
A Pizzo sul mare
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