Latitudes Travel Magazine Maggio 2016

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Sommario

Grecia Foto di Luca Giordano


South Dakota Il ritorno dei bisonti

Giappone La festa dell’uomo nudo

Waterloo E venne il giorno della disfatta

Parigi Una promenade inusuale

Grecia Terra di giochi ed epiche battaglie


Maggio 2016

Redazione:

Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com Foto di Shutterstock

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Giappone Foto di Daniele Bellucci


n°93 Maggio 2016

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Land art in Sicilia


Land art in Sicilia


A Pizzo sul mare


A Pizzo sul mare


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti

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rova ad immaginare milioni di bisonti che vagano per le Grandi Pianure del Nord America; niente strade, niente città, niente fattorie; solo la savana vergine, che si distende per migliaia di kilometri in tutte le direzioni. Poi prova a pensare come il numero di queste bestie maestose potrebbe essere ridotto da una stima di 60 millioni di capi all’ inizio del ‘800 alla quasi totale estinzione a causa dall’avidità e dell’opportunismo dell’ uomo bianco. Ammazzati per la loro pelliccia, le loro lingue (una prelibatezza), come trofei, ma anche dall’esercito americano per privare gli indiani della loro fonte di cibo.


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti

Nel 1900 sono rimasti intorno a 300 animali. Si sono salvati solo grazie ad alcuni individui e associazioni, come Gli Amici del Bisonte, che hanno voluto salvaguardarli. E man mano si sono ripresi. Oggi il loro numero è stimato intorno a 340,000, tra ranch, riserve e parchi nazionali; la maggior parte si trova in Canada, ma negli USA lo stato di South Dakota trattiene la più grande concentrazione, circa 10%, nei ranch privati, nel Badlands National Park e il Custer State Park, che costeggia la Black Hills National Forest, terra sacra degli indiani Lakota. Gli Americani li chiamano buffalo, i Lakota li chiamano tatanka. Ma tatanka non è solo l’animale: per le tribù delle pianure


Il ritorno dei bisonti

vuole dire anche fratello, madre, uno spirito che non è solo fonte di cibo, ma il fulcro della loro vita. Il loro corpo veniva utilizzato in diversi modi, dalla pelle per i ‘tipi’ e i vestiti, lo stomaco per i recipienti di cottura, alla scapola per scavare. La loro vita dipendeva da quella dell’ animale; quando le mandrie si spostavano, gli indiani le seguivano. Tatanka è anche il nome di un centro educativo vicino a Deadwood, paesino reduce del Wild West, nelle Black Hills. Creato da Kevin Costner, protagonista e direttore del film ‘Balla con i Lupi’, che ha preso a cuore la vita dei indiani Lakota e il bisonte, volendo offrire agli americani la possibilità di capire meglio i ‘pelli rossa’.


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti

Ed è qui il mioprimo impatto col bisonte, o almeno, con la sua forma e grandezza, dove la tradizionale caccia al bisonte è raffigurata in un gruppo di animali in bronzo:i corpi pesanti cascando uno sopra l’altro, inseguiti dagli indiani a cavallo. La nostra guida Lakota, Philip Red Bird, ci spiega la vita degli indiani e la loro relazione con il buffalo e come li cacciarono, proprio come nel film. A Deadwood ci sembra di fare un tuffo nel passato. Fondato illegalmente nel 1876 dopo l’annuncio della scoperta dell’oro nelle Black Hills sul territorio appartenente agli indiani, la città era un modello esemplare del Wild West,


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dove i bordelli, le case da gioco e le fumerie di oppio erano tra i commerci più affermati. Dei personaggi famosi come Calamity Jane e Wild Bill Hickok vissero e morirono lì (Wild Bill fu assassinato nel saloon), e le loro tombe possono essere visitate nel cimitero del paese. Ormai la città è classificata come National Historic Landmark, il gioco è stato reintrodotto per dare un nuovo stimolo economico, che è in forte espansione. Ci sono circa 30 casino. Nei dintorni di Deadwood si può visitare la miniera d’oro abbandonata di ‘Broken Boot’ (chiamata così perché i nuovi padroni, creando un’attività d’avventura , vi hanno trovato un stivale rotto).


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Il ritorno dei bisonti

O si può viaggiare su un treno a vapore del 1880, tra Keystone e Hill City, una ferrovia costruita per i minatori per aver accesso alle loro miniere nelle Black Hills. Queste colline sorgono dalla pianura come una vasta cupola di granito che si è eroso formando dei giganti aghi di roccia, sparpagliati tra i pini ponderosa. Le strade panoramiche incrociano la Foresta Nazionale, tra queste la Needles Highway, 60 kms di strada stretta e attorcigliata che serpeggia intorno a questi pinnaccoli grigi e contorti che spuntano alti tra gli alberi, offrendo una vista mozzafiato. La strada passa vicino Harney Peak, il nucleo geologico e punto più alto dei Black Hills a 2.207 m. Pochi kilometri ad est della montagna spunta Mount Rushmore, rupe scelta dallo scultore Gutzon Borglum per diventare la rappresentazione dei quattro presidenti, George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abraham Lincoln. Il lavoro iniziònel 1927 e venne finito nel1941 da suo figlio, 6 mesi dopo la sua morte. Era previsto che le teste, scolpite con la dinamite, avessero anche dei torsi, ma poi finirono i soldi, e quindi rimasero così. Conosciuto come il ‘Tempio della Democrazia’, riceve più di 2 millioni di visitatori all’anno.


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I miei capi fratelli ed io vorremmo che l’uomo bianco sapesse che i PELLI ROSSA HANNO ANCHE LORO

DEI GRANDI EROI.


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All’ovest di Harney Peak un’altra rupe è soggetta ad un lavoro simile, una scultura che promette di essere la più grande nel mondo quando, se mai, sarà finita. Nel 1931 un capo degli Oglala Lakota, Henry Standing Bear, ha scritto a Gutzon Borglum chiedendogli di includere il grande guerriero dei Sioux, Crazy Horse, con i presidenti: non ha ricevuto risposta. Ha proposto l’idea ad uno scultore polacco, Korczak Zilkowski, che aveva lavorato a Mount Rushmore. “I miei capi fratelli ed io vorremmo che l’uomo bianco sapesse che i pelli rossa hanno anche loro


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dei grandi eroi”, ha detto. E così è nato il progetto per il Crazy Horse Memorial. Il lavoro sulla scultura, il torso di Crazy Horse a cavallo col dito che indica ‘dove è sotterrata la sua gente’, inizia nel 1948. Ziolkowski muore nel 1982, ma il lavoro vieneproseguito da sua moglie e 10 figli, di qui 7, con alcuni nipoti, continuano tuttora. Il viso, che misura 27mt di altezza, venne svelato nel 1998. Al termine la scultura avrà 22 piani in altezza. Per dare un’ idea di scala di grandezza, la testa di Crazy Horse si sovrappone facilmente su quella dei 4 presidenti.


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La montagna e’ solo una parte della Memorial Foundation, un’organizzazzione privata ed accanitamente indipendente finanziariamente, che dipende dalle donazioni ed dai visitatori per poter continuare il lavoro. La fondazione include un grande complesso di accoglienza tra museo, auditorium, ristorante, ed un programma di assistenza medica ed educazionale per gli Americani nativi. Ma il lavoro ha provocato delle polemiche. Molti indiani Lakota pensano che sia contro lo spirito di Crazy Horse (che non voleva mai essere fotografato), e le colline stesse, territorio spirituale dei Lakota che era stato loro assegnato in perpetuità col Trattato di Fort Laramie nel 1868, per poi essere stato loro tolto nel 1877, dopo la scoperta dell’ oro. La Pine Ridge Reservation dei Lakota, una delle più grandi riserve indiane in South Dakota ma anche la più povera, incorpora gran parte del Parco Nazionale dei Badlands. Di una bellezza unica, la regione del Badlands è spettacolare ma anche, come indica il nome, tra i territori più desolati del South Dakota. Una volta sotto al livello del mare, oggi i pinnacoli frastagliati, multicolori e a strisce, la rupe ed i canali testimoniano il sedimento lì depositato millioni di anni fa, poi lasciato esposto alle intemperie, un terreno morbido e vulnerabile. E un paesaggio che cambia continuamente, svelando più di 250 varietà di mammiferi fossili.


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Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti

Qui abitano bisonti e pecore Bighorn, (entrambe reintrodotti dopo loro scomparsa), i cani della prateria, roditori che scavano delle città sotterranee, i coyote. Nel cielo sovrastante si possono vedere circolare delle aquile reali. Ma torniamo ai bisonti. Per capire cosa vuol dire una mandria di bisonti, si deve andare a Custer State Park, dove si può partecipare all’evento annuale del Buffalo Roundup. Esperienza unica, che sisvolge a fine settembre e nel 2015, la 50esima, è stato votato come il primo evento degli USA dal American Bus Association. Circa 1.300 bisonti sono radunati, i vitelli sono vaccinati


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e marchiati, e un certo numero viene venduto per mantenere la mandria entro un numero ottimale per il territorio. La mattina del roundup tra 50 e 60 cowboys e cowgirls si radunano per ascoltare i consigli, dire le preghiere, e prepararsi per il raduno. I jeans prottetti da cuoio bordato, gli speroni sugli stivali, cappello da cowboy in testa e pistola alla cinta, solo l’occasionale walkie talkie e smartphone tradiscono il ventunesimo secolo. Tra i cowboy c’è l’ottantenne Bob Lantis, che partecipa al suo 44esimo roundup. Anche sua figlia corre, mentre la nipotina gioca per terra.


Il ritorno dei bisonti

Tra le urla e lo schiocco delle fruste nell’ aria, gli zoccoli martellano la terra

e una nuvola di polvere SI ALZA.


Il ritorno dei bisonti


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Il ritorno dei bisonti


Il ritorno dei bisonti

I fantini montano i loro cavalli e partono per scovare i bisonti, che sono sparpagliati nelle vallate sotto gli alberi dorati di aspen e cottonwood. Noi seguiamo nei pickup. All’inizio si muovono lentamente, ci vuole tempo per ragrupparli, poi pian piano prendono velocità, formando un fiume nero che attraversa la savana, incastrato dai cowboys. Tra le urla e lo schiocco delle fruste nell’ aria,gli zoccoli martellano la terra, e una nuvola di polvere si alza. I maschi, bestioni che possono pesare 1.400 kg, corrono con la lingua fuori e la coda in su, mostrando il loro allarme. I piccoli, spaventati, corrono accanto alla loro madre. I cowboys li spingono verso il corral sotto lo sguardo eccitato di 20.000 spettatori piazzati sulla collina. E’ una corsa da brivido, l’adrenalina corre libera per uomini e bestie tutti insieme. E poi d’un colpo la folla urla e grida, segnale che gli animali sono entrati nel corral. Gli applausi sono riscontrati dai sorrisi dei fantini. Ancora una volta sono riusciti a portare il Buffalo Roundup a termine, e per un altro anno la mandria dei bisonti, dopo pocchi giorni, sarà poi liberadi vivere in tranquillità e moltiplicarsi, come da milenni, nel South Dakota. Testo e foto di Anne Conway © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il ritorno dei bisonti


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Il ritorno dei bisonti


ES UD TIT Il ritorno dei bisonti

South Dakota

Informazioni: Informazioni utili sul sito ufficiale di The Real America. Per materiale e informazioni in italiano consultare il sito di Visit USA Association Italy.

Come arrivare: Il South Dakota è servito da due aeroporti principali, il Sioux Falls Regional Airport (FSD) nel sud-est, e Rapid City Regional Airport (RAP) a ovest. Su entrambi opera, tra le altre, United e Delta. Due grandi autostrade attraversano lo Stato, Interstate 90, che va da Seattle Washington a Boston nel Massachusetts, e la Interstate 29, che va da Kansas City Missouri nord a Winnepeg Manitoba, Canada. In Sud Dakota non c’è un servizio ferroviario per passeggeri.

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Quando andare: È consigliabile visitare lo Stato nel periodo estivo, da giugno a metà settembre quando le temperature sono più miti.

Documenti: Passaporto elettronico e autorizzazione ESTA da richiedere via internet al sito dell’ambasciata americana. L’autorizzazione è gratuita, va ottenuta prima di partire e portata con sé al momento del ceck-in in aeroporto. Dal 1 aprile 2016 non sarà più possibile viaggiare con il VWP senza essere muniti di passaporto elettronico, anche se già in possesso dell’autorizzazione ESTA. Sarà necessario pertanto richiedere un passaporto elettronico nuovo e una nuova autorizzazione ESTA o richiedere il visto non immigrante.

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Lingua: Americano, che è un inglese modificato da molti termini in slang. In generale meno formale dell’inglese.


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Il ritorno dei bisonti

Religione: 23,9% cattolici, 51,4% protestanti, 5,8% altri riti cristiani, 3,4% altre religioni.

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Valuta: Il dollaro americano.

ElettricitĂ : 110V, ma bisogna usare un adattatore.

Abbigliamento: Nel periodo estivo, è consigliabile portare dei vestiti leggeri e qualcosa per proteggervi dal sole. Portate un maglione per le serate piÚ fresche. In ogni stagione è utile un impermeabile. Telefono: Alcuni operatori telefonici italiani permettono di chiamare dagli Usa con sim italiana a una tariffa flat giornaliera cin inclusi minuti, sms e traffico internet. Si consiglia di contattare il proprio operatore mobile.


GIAPPONE La festa dell’uomo nudo


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La festa dell’uomo nudo

Giappone

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GIAPPONE

LA FESTA

DELL’UOMO

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La folle, spettacolare, parossistica Hadaka Matsuri di Okayama, un fanatico rito secolare che continua a reiterarsi a dispetto dell’evoluzione iper-tecnologica della società giapponese. Testo e foto di Daniele Bellucci


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ella mia ambizione di squarciare la patina di omologazione che l’avvento della tecnologia ha prodotto in alcune culture dalla forte connotazione identitaria, quale paese poteva rispondere meglio del Giappone ad un’esigenza di questa natura?


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Ed ecco il perché ho scelto l’Hadaka Matsuri ad Okayama, rito secolare di origine shintoista (anno 1510) durante il quale le persone si denudano della loro classe sociale e divisa lavorativa (dai dirigenti di aziende ai membri della yakuza), mettendo alla prova il loro proverbiale spirito di sacrificio, teso non al raggiungimento di un comune obiettivo di moderna matrice socio-economica bensì ad un’impresa individuale dalla dimensione quasi mitica e fuori dal tempo: conquistare un simbolo, un bastoncino


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(shingi) lasciato cadere da un sacerdote dalla finestra di un tempio, che dovrebbe portare la ricchezza (fino al prossimo Hadaka) all’uomo nudo che in mezzo a 10.000 suoi concorrenti riuscirà a catturarlo e a difenderlo. (in realtà originariamente il senso era opposto: l’uomo prescelto doveva attirare su di sé le sfortune di tutti gli abitanti del villaggio che cercavano di liberarsene toccandolo).


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ETIOPIA GIAPPONE

LALIBELA

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Tutto questo al termine di un percorso di sofferenza purificatrice, che consiste nel denudarsi completamente in pieno inverno (quest’anno in particolare, il 15 febbraio 2014, il giorno dopo la nevicata che ha messo in ginocchio molte aree del Giappone tra cui Tokyo) ad eccezione di un solo indumento che copre le parti intime (fundoshi) indossato durante un rito di vestizione collettiva; compiere per 3 volte un percorso all’interno del tempio, il cui momento clou consiste nel gettarsi e correre in una vasca d’acqua gelida; ricevere la benedizione del sacerdote che lancerà lo shingi; e attendere circa due


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ore, bagnati nel gelo della rigida notte, quel lancio che potrebbe cambiare un destino, tentando in quel lasso di tempo di mantenere o conquistare la piattaforma del tempio (la posizione più favorevole). Chi non vi riesce precipita a terra rotolando lungo gli scalini (se va bene si rialza con solo delle escoriazioni). Le donne non saranno da meno quanto a temerarietà. 30 di esse, fasciate di bianco, introdurranno il matsuri entrando nell’acqua in modo più composto ed ordinato degli uomini, recitando delle preghiere propiziatorie scritte su un foglio che tengono nelle mani tremanti.


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L’esperienza è scioccante ed empatica ad un tempo. Si coglie ma non si comprende fino in fondo la portata mastodontica di un rito così apparentemente insostenibile, ma basta soffermarsi sui singoli visi per sbriciolare quella maschera di collettiva esaltazione masochistica, quelle barriere geografiche e culturali che


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sembravano inizialmente insormontabili. Attraverso smorfie e sorrisi vediamo specchiati noi stessi nella nostra sfida con la vita, con il nostro coraggio e le nostre debolezze, anime limpide come i corpi nudi, uguali e diversi. Testo e foto di Daniele Bellucci Š LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Canada Giappone

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Informazioni: Come arrivare: www.turismo-giappone.it Diverse compagnie volano dall’Italia al Canada, ma la più economica è solitamente Air Transat che collega Roma con Come Torontoarrivare: e Vancouver. Una volta in territorio canadese bisogna Aereo perun Osaka Treno per (circaWhitehorse 1 h). prendere volo-interno perOkayama raggiungere e lo Yukon Territory (Air Canada, Air North le compagnie più Quando andare: gettonate). Dalla Germania c’è però l’opzione volo diretto Clima: Primavera e Autunno sono le stagioni migliori per visitare con la Condor Airlines, che vola su Whitehorse durante i mesi Okayama e dintorni. Gli inverni sono freddi e spesso nevosi, le estivi. Questa si rivela spesso la soluzione più conveniente estati caldissime e piovose. Ma l’Hadaka Matsuri si svolge di sera per raggiungere Noleggiare un’auto a febbraio quindiloil Yukon clima èdall’Europa. piuttosto rigido. per raggiungere il Grande Nord da Toronto può essere molto costoso (sono circa 7000km) anche se panoramico Dove dormire: e avventuroso. DaHotel Vancouver il tragitto è invece più breve e Okayama Koraku - 700-0827 Okayama, Okayama, Kita-ku Heiwa-cho 5-1, (ottimo albergo e vicinissimo alla stazione deitra anche più spettacolare (si attraversano tre ecosistemi diversi treni). cui il deserto intorno al fiume Fazer a Cache Creek e la tundra in Bristish Columbia). Viaggio organizzato: Viaggio individuale. Quando andare: Clima: Il periodo migliore per visitare il Canada e in particolar Fuso orario: modo lo Yukon Territory è solitamente da metà maggio a fine +8 ore rispetto all’Italia, diventano +7 quando in Italia vige l’ora agosto. Le temperature e leMatsuri, precipitazioni meno legale. Nel periodo dellasono festagradevoli dell’Hadaka in febbraio, frequenti. Sicuramente sono dunque 8 in più. da evitare il periodo tra marzo e aprile quando lo scioglimento della neve, oltre a causare inondazioni in tutto il paese, scopre infinite distese di erba bruciata dal Documenti: gelo. Meraviglioso invece il mese di ottobre, chedel corrisponde Passaporto in corsoèdi validità per tutta la durata viaggio. Verrà anche apposto un vistoLeall’entrata paese con le all’inizio del breve autunno. immensenel foreste dell’Ontario informazioni che verranno scritte dagli ospiti indiun e delle Rockies si colorano, in questo periodo, un’apposito infinita modulo verrà consegnato dalepersonale quantitàche di sfumature tra il rosso il giallo. di bordo durante il volo aereo. Il visto dura 3 mesi dalla data di ingresso. Vaccini: Non sono richiesti vaccini obbligatori.


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Lingua: Dove mangiare: Giapponese. è ancora parlato da un numero limitato di Nello Yukon iL’inglese prezzi sono ovunque piuttosto alti, si consigliano persone. soprattutto i dining a bordo strada, specie se frequentati da camionisti, che possono riservare anche esperienze pittoresche Valuta: e “indigene”, meno turistiche. Il prezzo medio per una colazione Yen (1 bacon, Euro = 120 Yenecirca). (uova, patata pane) o un pranzo tipico (hamburger e patatine) si aggira intorno ai 10/15 euro. Elettricità: Presa con due piedini rettangolari (come nella foto sopra), più Viaggio organizzato: di rado quella con tre piedini. Il tour operator Viaggi dell’Elefante propone l’itinerario di 14 giorni “Gran Tour Alaska & Yucon” con partenze il 13 giugno e Telefono: l’8 agosto 2015. Prezzo a partire da 3120 euro a persona. +81.

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Fuso orario: Abbigliamento: Da – 6 sulla East Coast a – in 9 sulla West Coast. Pesante in inverno, a strati primavera ed autunno, leggero con impermeabile e ombrello d’estate. Documenti: Passaporto con validità a 6 mesi. Suggerimenti: La città ospita uno dei tre più famosi giardini del Giappone: il Korakuen, Vaccini: assolutamente imperdibile. Nessuno. Eventi: Hadaka Matsuri (febbraio). Come arrivare al luogo della festa: Lingua: Dalla stazione JR Okayama prendere la linea JR Ako e scendere Inglese e francese. alla stazione JR Saidaiji. Scendendo alla stazione Saidaiji, 10 minuti a piedi per arrivare al Saidaiji Temple, luogo della Valuta: celebrazione. Dollaro canadese. Link utili: it.wikipedia.org/wiki/Hadaka_Matsuri


E venne il gioprno della disfatta


E venne il giorno della disfatta

Waterloo S T

E VENNE IL GIORNO DELLA

D I S F AT T A

Waterloo, sinonimo per antonomasia di disfatta, è una cittadina belga che sorge in Vallonia a una quindicina di chilometri a sud di Bruxelles, a cui è collegata dalla splendida Foresta di Soignes. Un itinerario suggestivo che si può percorrere in metro, a piedi, in bicicletta o a cavallo, sentendo in lontananza i rumori della battaglia che videro la definitiva sconfitta di Napoleone. Testo di Graziella Leporati Foto di Gisella Motta

Waterloo

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E venne il gioprno della disfatta


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i ripassa la storia e, soprattutto la si capisce mentre si raggiunge quel campo dove trionfò il duca di Wellington, 40 ettari di terra grassa in cui ogni anno, il 18 giugno, 6000 persone ( 5260 soldati e 1103 comparse) tutte rigorosamente in costume danno vita a una memorabile e imponente rievocazione storica. L’anno scorso, per il bicentenario di Waterloo, è stata un’apoteosi, ma anche quest’anno le premesse promettono faville. E lui, Napoleone, interpretato ormai da 11 anni sempre dallo stesso avvocato di Orleans, è costretto a ripetere ogni volta gli errori che gli sono costati la battaglia e che hanno cambiato la storia d’Europa.


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Perché, secondo alcuni storici, il Corso fu sconfitto perché quel giorno perse troppo tempo in quisquilie, fra cui attendere che il terreno asciugasse dopo la pioggia della notte. Un ritardo che, secondo quelli che hanno studiato a fondo questo match, permise agli Ussari di arrivare in tempo per dar man forte a tutta la coalizione. Ma la battaglia di Waterloo è stata molto più complessa con strategie studiate a tavolino fin dal giorno prima con l’esito che tutti conosciamo. Il bello della rievocazione storica , che richiama un pubblico estremamente


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numeroso fra cui qualcosa come trecentomila italiani, è l’atmosfera che sa ricreare. Nell’aria tersa, fra i campi di grano e di mais, l’enorme leone creato dal ferro dei cannoni francesi recuperati dopo la battaglia, guarda fiero verso la Francia dall’alto della sua collina. Il leone segna il luogo dove il Principe d’Orange fu ferito nel corso dei combattimenti ed è il simbolo del campo di battaglia, luogo mitico carico di memoria, dove nel 1815 le truppe di Napoeone affrontarono fino alla morte quelle di Wellington e Blücher.


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E venne il giorno della disfatta


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E l’atmosfera è ancora così palpitante per quella battaglia che si sentono scalpitare gli zoccoli dei cavalli al galoppo, luccicano le alabarde dei fanti, esce il fumo dagli archibugi e dai cannoni che rinculano ad ogni colpo. I bambini restano con gli occhi spalancati per lo stupore, gli adulti seguono le fasi dello scontro, soffrendo per i vinti e applaudendo i vincitori. La rievocazione storica con tutto il suo fascino e il suo glamour dura un paio d’ore, ma Waterloo ha anche altro da offrire al turista che ama tuffarsi nella storia. Anzitutto il museo Ligny , ma prima si impone una sosta al ristorante “Bivouac-Wellington”


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Lion Waterloo per un pranzo epocale in cui dominano i sapori profumati della terra belga. E poi via a visitare il museo Ligny con 5 sale piene di cimeli napoleonici, divise d’epoca, ritratti, lettere, medaglie, abiti, insomma una sfilata di vetrine in cui non manca nulla per capire l’animo e la vita di di quel piccolo grande uomo che fu l’imperatore dei francesi. Da non perdere assolutamente, sempre per capire a fondo la strategia di Napoleone, è una visita allo Chateau de la Paix a Fleurus dove soggiornò l’imperatore dei francesi il 17 giugno 1815 alla vigilia di Waterloo.


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Il castello, attualmente sede del Municipio di Fleurus, è un tipico esempio di castello residenziale del XIX secolo. L’edificio, assai sfarzoso, presenta lo stile caratteristico dei castelli di fine XVIII secolo, è in pietra calcarea e mattoni sulla facciata anteriore, dipinta di rosa sugli altri lati e tutt’attorno si trova un parco. Ma se Waterloo rappresenta la grande sconfitta di Napoleone, per il duca di Wellington invece è il simbolo della riscossa. Ecco quindi un valido motivo per visitare il museo Wellington nel centro della cittadina. E’ qui che il duca di Wellington, comandante delle armate alleate opposte alle truppe di Napoleone, installò il 17 e 18 giugno 1815 il suo Quartier Generale che seppe cambiare la storia dell’Europa. Testo di Graziella Leporati e foto di Gisella Motta © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Waterloo

Informazioni: Per informazioni visitare il sito Ufficio Belga per il Turismo Bruxelles-Vallonia.

Come arrivare: Dall’Italia si vola su Bruxelles. Waterloo si trova a circa 15 km a sud di Bruxelles e il campo di battaglia si estende lungo la statale N5. Conviene noleggiare un auto o in alternativa prendere l’autobus (W e 365) da Bruxelles.

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Quando andare: Tutto l’anno.

Dove dormire: The Hotel Boulevard de Waterloo 38, Brussels.

Dove mangiare: Ristorante “Bivouac-Wellington” Lion Waterloo. Documenti: Carta d’identità. %&x

Lingua: La lingua ufficiale è il francese. Valuta: Euro.

Elettricità: 220 V con spine a due spinotti rotondi..


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Una promenade inusuale

PARIGI UNA PROMENADE

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Passeggiata estetico-romantica attraverso i cimiteri della Ville Lumiere


Una promenade inusuale

Parigi

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PA R I G I Una promenade inusuale


Una promenade inusuale


PA R I G I Una promenade inusuale


Una promenade inusuale


PA R I G I Una promenade inusuale


Una promenade inusuale


Una promenade inusuale


Una promenade inusuale

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parigini ci odiano, noi turisti intendo. L’invasione persistente e importuna di orde di barbari guida-muniti, li indispone e li incattivisce. Il rischio della mummificazione cittadina esiste. Il rischio che la città più bella della galassia venga trasformata in un museo semi-vivente, piegata e ridotta a cartolina, non è solo immaginazione. Dunque, per sfuggire a questo pericolo, la proposta è la seguente: cercare un rifugio, possibilmente estetico e corroborante al pari grado dell’estetizzante Parigi, ma quieto, dolce, scevro dalle turbolenze delle masse in gita. Eccoci qua con una Modesta Proposta, vivere i più bei cimiteri parigini come un sunto della città stessa, alla ricerca di una nuova e innovativa estetica della morte.


Montparnasse Una promenade inusuale


Una promenade inusuale


Una promenade inusuale

Per abbandonare l’equazione cimitero-morte e dolore, serve che la giornata sia soleggiata e lieta, ça va sans dire. Il sole, la primavera delicata o l’estate raggiante, persino l’autunno splendente, vanno sempre bene. Astenersi da giorni piovosi e freddi quando si stenterebbe ad abbracciare questa nuova corrente filosofica. Le cimetièrede Montparnasse La Tour Montparnasse, orrendo scempio architettonico sul fondo della deliziosa rue de Rennes, è tanto avvilente e sgradevole da sembrare una vendetta sulle delizie dell’immarcescente Saint Germain, vicina in linea retta,


Una promenade inusuale

ma lontanissima in ere architettoniche. Domina, ovunque e su ogni cosa, divinità brutta e cattiva. Gli oriundi la sberleffano dicendo che il punto più bello della Tour è la cima, perché è l’unico luogo da cui non la si vede. Anche qui, tra i dolci viali del Cimetière, non lascia tregua. Così, viene facile pensare con tocco grand guignol, che sia preferibile rifugiarsi nella vità eterna piuttosto che stare perennemente sotto l’occhiuta ombra dell’oscura torre. Comunque, torre a parte, il cimitero di Montparnasse è come un bel giardino ombroso rallegrato dal cinguettio bisbetico dei merli, fitto di panchine e di bei monumenti.


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METIOPIA O N T PA R N A S S E LALIBELA

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Il côtè dominante è tardo ottocentesco, goticheggiante e per sovrappiù, coperto da una patina scura che offusca il neogotico cimiteriale lanciando la fantasia verso le sorelle Bronte e Mary Shelley. Al sabato, giorno perfetto, i viali sono territorio di dolci mesdames che con vigore vedovile lustrano le tombe dei mariti defunti. Poca, pochissima gente. Sembra di stare in una bolla silenziosa e verde al centro della città. Certo, questi cimiteri parigini sono luoghi ricchi di fascino e d’arte e in ogniuno di questi sono previste visite guidate. Ovvero anche qui si spingono i turisti. Sono troppi a Parigi per fermarli tutti.


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Ma i più qui non arrivano: i cimiteri sono meta di chi si ferma per periodi abbastanza lunghi in città. Arrivano dopo le mete ben più classiche. Molto dopo…. Siccome si tratta di piccoli villaggi mortuari assai estesi, non pensate di far bene andando a naso perché vi trovereste sfiniti e persi chissà dove: alle entrate sono a disposizione delle mappe plastificate e gratuite da riconsegnare alla fine. Onestamente sono piuttosto imprecise, ma tant è. Il pellegrinaggio sulle tombe dei grandi offre molti spunti a Montparnasse; tutto lo scibile umano v’è rappresentato, scrittori maledetti, industriali, cantanti e commediografi.


Montparnasse Una promenade inusuale


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Una grande vittoria alata al centro del cimitero, sulla 1° divisione, segnala il sarcofago di una celebrità moderna, Serge Gainsbourg , i cui fans orfani e afflitti lasciano ancora biglietti e fiori. Alla 15ma divisione dorme l’oppiomane genio di Baudelaire: solo un monumento anonimo, gotico e appuntito, che si fatica a trovare, per una delle glorie di Francia. Sassi, biglietti e memorabilia per Sartre e Simone de Beauvoir, sepolti insieme sotto una semplice lapide rigorosa e spoglia dove la sola cosa evidente sono i loro indimenticati nomi. Le ‘cimitière du Sud’ come viene chiamato Montparnasse, accoglie 42.000 sepolture protette e vegliate da 1200 alberi Le cimitiere de Montmartre Eccoci verso ovest. Un antico, elevato cimitero all’interno delle mura e sopra la città. Più modesto di quello di Montparnasse, ma forse più interessante per architetture e atmosfera. Arrivando da Place de Clichy ci si trova immersi in un romanzo, non sai dire se di Balzac o di Hugo. Vecchie mura, un ponte in ferro alto sulle strade, vicoli e viottoli e infinite tombe antiche arricchite da una patina di vecchiume e polvere. Nostalgico e antico, risale al 1798, offre tagli goticissimi, soprattutto nelle tombe più antiche e abbandonate: cappellette a punta, dai vetri rotti fittamente decorate da ragnatele e marmi sbeccati. Poi, tra terrazzature verdeggianti che seguono i declivi della Butte de Montmartre, si incontrano i nomi noti.


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Fanno sussultare i nostri cuori, Zola, Stendhal, Dumas e poi Truffaut, Degas e Offenbach. Neppure la morte porta l’eguaglianza. La tomba di Émile Zola è sontuosa ed enorme, alta sulla piazza principale del cimitiere. Marmo rosso e fluenti linee decò a formare un anfratto dove domina il busto severo e baffuto dell’ ècrivant. Proseguendo e passeggiando tra cespugli di rose aggraziate e ombrose fronde si incespica su antichi cippi abbandonati che fanno molto pensare. Ma poi, volti l’angolo e il sole dorato cancella ogni timore riconducendoti in questo bel giardino odoroso dove,


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per combinazione, dormono gli avi. Ed ecco che sopra un alto terrazzamento rifulge la figura intera di Dalida, immortale in un lungo abito da sera marmoreo e bianchissimo. Impressionante : la statua è fissata nel marmo eppure sembra muovere verso chi la guarda. Piacioso e quasi sorridente, con i ricci mossi di ogni genio ottocententesco, occhieggia da un bassorilievo bronzeo il bel volto di Stendhal. Curiosi versi suggellano la lapide; qualcuno ha voluto scrivere: “ Arrigo Beyle-Milanese”. Quel pazzo di Stendhal, è noto, dopo lunghi soggiorni milanesi, sosteneva che Milano fosse la più bella città del mondo. Forse qualche milanese ha voluto omaggiare….


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Le cimitiere du Père Lachaise Qui il progetto traballa. Trattasi del più visitato cimitero al mondo con 69.000 tombe tra cui celebrità che sviluppano fenomeni di fanatismo. Viene in aiuto la sua estensione, 43 ettari, che diluiscono assaissimo le presenze umane. Il padre a cui è intitolato, era un gesuita , nientemeno che il confessore di Luigi XIV che morì in questo luogo dove la Compagnia aveva un ospizio. Qui amenità, estetica e leggende si fondono in un fascino arcano a cui non si sfugge. Se ne avete il tempo, preferite un percorso in esterni. Il bus n° 69 parte da Place de la Bastille e vi deposita di fronte all’entrata principale attraversando i bellissimi quartieri popolari alle spalle di Bastille. Se siete fortunati, all’entrata su Boulevard Daumesnil, troverete una giovane parigina che ha messo in piedi un utile commercio con cartine dettagliate davvero preziose. Il cimitero è infinito, un grande parco quieto per passeggiate estetiche in raccoglimento. Fuori le alte mura, la città rimbomba di traffico e vita. Qui le leggende si sprecano, si racconta di messe nere sulle tombe, di riunioni di spiritisti e necrofili, finanche di vampiri. Non è leggenda però, che il giorno di Ognissanti appaiono grandi mazzi di fiori su alcune tombe…in ogni caso, il Père Lachaise è un luogo incantato dove si saluta la storia.


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Vano è il tentativo di omaggiare tutti i celebri abitanti della Città dei Morti, ma alcuni di loro si debbono obbligatoriamente sottrarre all’oblio. Adorata, indimenticata, Colette ‘Ici Repose’ sotto marmo nero e snobbata dai più. In una cappelletta anonima, ma su uno dei viali principali, giace Rossini, pure lui un pò snobbato senza neanche un rigo di pentagramma. Ma magnifica è la grandeur funeraria, obelischi, piramidi, busti enormi in bronzo, anche qui architetture gotiche e tanto muschio. Spazi infiniti, alberi maestosi e finanche una grande chiesa e un arco di trionfo sul piazzale centrale. Perfino Chaplin ha un monumento familiare anonimo che non


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lo onora. Ma è proprio l’anonimato il valore aggiunto, un certo under statement che evita sensazionalismi. Balzac, l’imperatore della Comédie Humaine, non ha sorte migliore; giace sotto un piccolo cippo sormontato dal busto del suo nobile volto. Oscar Wilde, morto povero e perseguitato, ha invece il conforto di una grandiosa tomba dai tratti quasi egizi. Un vetro ritardatario protegge la figura alata che qualcuno ha evirato. Jim Morrison combatte con la sua fama imperitura: in passato scene isteriche, gente che amoreggiava sul sepolcro, avevano richiesto la presenza quotidiana di un gendarme. Oggi non ve n’è traccia. Adesso a evitare gli eccessi ci sono solo delle brutte transenne. Sic transit gloria mundi.

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Canada Parigi

Informazioni: Come arrivare: it.france.fr Diverse compagnie volano dall’Italia al Canada, ma la più Un ottimo sito per vedereAir e scaricare mappe. economica è solitamente Transat che collega Roma con Inoltre localizzare Una i varivolta cimiteri della città. Torontoper e Vancouver. in territorio canadese bisogna prendere un volo interno per raggiungere Whitehorse e Come arrivare: lo Yukon Territory (Air Canada, Air North le compagnie più Ryanair offre voli low-coast da Milano Orio Al Serio a Parigi gettonate). Dalla Germania c’è però l’opzione volo diretto Beauvais (85 km dal centro città). con la Condor Airlines, che vola su Whitehorse durante i mesi Ottima alternativa il treno. Prenotando via internet con almeno estivi. Questa si rivela spesso la soluzione più conveniente 15 giorni di anticipo, si viaggia con 60 euro (A/R). per raggiungere lo Yukon dall’Europa. Noleggiare un’auto per raggiungere Quando andare:il Grande Nord da Toronto può essere molto costoso circa 7000km) anche se panoramico Clima: Parigi ha(sono un suo fascino in ogni stagione. Il clima è e avventuroso. Da Vancouver il tragitto è invece più breve e continentale. anche più spettacolare (si attraversano tre ecosistemi diversi tra Fuso orario: intorno al fiume Fazer a Cache Creek e la tundra in cui il deserto Come Italia. BristishinColumbia).

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Documenti: Quando andare: Carta d’identità. Clima: Il periodo migliore per visitare il Canada e in particolar modo lo Yukon Territory è solitamente da metà maggio a fine Lingua: agosto. Le temperature sono gradevoli e le precipitazioni meno Francese. frequenti. Sicuramente da evitare il periodo tra marzo e aprile quando lo scioglimento della neve, oltre a causare inondazioni Religione: in tutto il paese, scopre infinite distese di erba bruciata dal Cattolica. gelo. Meraviglioso è invece il mese di ottobre, che corrisponde Valuta: all’inizio del breve autunno. Le immense foreste dell’Ontario Euro. e delle Rockies si colorano, in questo periodo, di un’ infinita quantità di sfumature tra il rosso e il giallo. Elettricità:


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220 w.mangiare: Dove Telefono: Nello Yukon i prezzi sono ovunque piuttosto alti, si consigliano 0033 (1 per Parigi) abbonato. soprattutto i dining+ anumero bordo strada, specie se frequentati da camionisti, che possono riservare anche esperienze pittoresche Abbigliamento: e “indigene”, meno turistiche. Il prezzo medio per una colazione Gli inverni sono freddi e piovosi e occorrono indumenti pesanti; (uova, bacon, patata e pane) o un pranzo tipico (hamburger e in estate può fare molto caldo. Primavera e autunno richiedono patatine) si aggira intorno ai 10/15 euro. abbigliamento a strati perché è difficile stabilire le temperature in corso. Viaggio organizzato: Il tour operator Viaggi dell’Elefante propone l’itinerario di 14 giorni “Gran Tour Alaska & Yucon” con partenze il 13 giugno e l’8 agosto 2015. Prezzo a partire da 3120 euro a persona.

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Fuso orario: Da – 6 sulla East Coast a – 9 sulla West Coast. Documenti: Passaporto con validità a 6 mesi. Vaccini: Nessuno. %&x

Lingua: Inglese e francese. Valuta: Dollaro canadese.


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GRECIA

epiche . . GIOCHI battaglie TERRA DI

ed


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Il ponte Rion-Antirion tiene per mano la Grecia e il Peloponneso. Nella penisola del mito e delle gesta epiche ogni pietra testimonia gli antichi splendori di un territorio atavico, un tempo ombelico del mondo. Testo e foto di Luca Giordano www.naturalphotographer.it

Grecia

LAT 39,00 N


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Agosto 2004. Mancano 5 giorni all’inizio dei Giochi della XXVIII Olimpiade: l’intera Grecia è in fermento. Il grande evento sportivo, la cui prima edizione si svolse nel 776 a.C. nella celeberrima città di Olimpia, non è tuttavia l’unico catalizzatore d’attenzione del momento. Oggi si inaugura infatti il ponte Rion-Antirion, un’opera colossale e moderna, che con i suoi 2.883 metri di lunghezza per 164 di altezza collega la Grecia continentale al Peloponneso, oltrepassando la barriera naturale rappresentata dal golfo di Corinto. Quasi dodici anni dopo, dalle campate della monumentale costruzione in acciaio e cemento armato, volgiamo lo sguardo verso Est, scorgendo in lontananza la caratteristica cittadina di Lepanto, famosa per l’omonima battaglia navale che vi si svolse nell’ottobre del 1571.


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L’epico scontro, che vide la flotta dell’Impero Ottomano opporsi a quella della Lega Santa, si concluse con il trionfo dell’alleanza cristiana, guidata da Don Giovanni d’Austria. Secondo la tradizione, i generali veneziani riuscirono a mettere sotto scacco il nemico studiando il conflitto dal castello di Lepanto, situato su una collina circa 200 metri sopra il livello del mare e punto di vista privilegiato sul paesaggio circostante. Antichi manoscritti raccontano che una prima fortificazione venne stabilita sul posto già nel XII secolo a.C., ma nel corso dei secoli la roccaforte


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subì diverse evoluzioni: la chiesa cristiana del Profeta Elia, situata nell’acropoli del castello e costruita sui resti di una precedente moschea, a sua volta edificata sulle macerie di un tempio bizantino, è diretta testimonianza di questo mutamento, segno tangibile del dominio altalenante di più civiltà su quest’area della Grecia. Durante l’occupazione veneziana del XV secolo, Lepanto attraversò un periodo di particolare splendore, trasformandosi in un centro nevralgico del commercio marittimo, in sinergia con la vicina Missolungi, virtuale porta di accesso al Golfo di Corinto.


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Anche questa città, affacciata sulle placide acque di una laguna, fu teatro di sanguinosi scontri a causa della propria posizione strategica. Qui si combatté l’estenuante guerra di indipendenza che, tra il 1821 ed il 1832, vide il popolo greco tentare di affrancarsi dall’Impero Ottomano: ripetutamente assediata dall’esercito musulmano, Missolungi cadde nel 1827. Tra i difensori della cristianità che intervennero per sostenere gli ellenici nella loro strenua resistenza si distinse Lord Byron, che aiutò la popolazione locale militarmente e finanziariamente, prima di rimanere vittima di una febbre ed essere celebrato come martire: l’autore, con il suo spirito di


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sacrificio, impressionò fortemente i liberali di tutta Europa, che decisero di unirsi alla causa e portarono infine la Grecia all’indipendenza tanto agognata. Oggi la salma dello scrittore riposa all’ombra di alti cipressi nel Cimitero degli Eroi, poco distante dal centro cittadino. Appena fuori dall’abitato di Missolungi si aprono ampie distese di terra coltivata: bassi muretti a secco delimitano i confini dei campi, mentre nell’aria aleggia un inconfondibile profumo di agrumi. Il paesaggio è infatti caratterizzato dall’ubiquitaria presenza di alberi di limoni e arance, frutti dai colori caldi che contrastano con il blu del mare, quasi sempre in vista all’orizzonte.


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L’intero territorio è disseminato di storia, ogni pietra in cui ci si imbatte è testimonianza silenziosa di un mondo antico e affascinante: la città di Olimpia, punto di partenza e meta ideale del nostro viaggio, rappresenta probabilmente la più alta espressione di questa arcaica vivacità culturale. L’intero sito è oggi un museo a cielo aperto, dove resti di templi e teatri si affiancano alle macerie di edifici che un tempo furono dimora e sede d’allenamento per migliaia di atleti, giunti da ogni parte dell’Ellade per partecipare ai Giochi ed onorare Zeus. Impressionante è la via che conduce verso lo stadio, una spianata di terra battuta attorno a cui si potevano radunare fino a 50.000 spettatori: sembra quasi di sentirla, la folla, rumoreggiante ai lati del corridoio in pietra che porta all’arena. Prima di arrivare alla distesa di sabbia dove si sarebbero confrontati, gli atleti si imbattevano nelle statue di coloro che, in passato, avevano tentato di imbrogliare. I busti, sorretti da piedistalli su cui ancora oggi campeggiano indelebili i nomi dei truffatori, fungevano da monito per i partecipanti. Un avviso per i moderni aspiranti campioni: violare con l’inganno la manifestazione sportiva più sacra è un delitto che a qualcuno, dopo quasi tre millenni, non è stato ancora perdonato. Testo e foto di Luca Giordano © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Grecia

Come arrivare: Volo diretto da Roma o Milano per Atene, che dista 250 chilometri circa da Missolungi (direzione nord ovest) e altrettanti da Olimpia (direzione sud ovest).

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Quando andare: I periodi migliori per visitare questa parte della grecia sono l’autunno e la tarda primavera. In estate le temperature raggiungono spesso i 40 gradi e nella zona lagunare di Missolungi le zanzare presenti possono risultare parecchio fastidiose.

Dove dormire: Per esplorare i dintorni di Missolungi, si può prendere in considerazione l’idea di soggiornare all’Hotel Liberty, dotato di camere semplici ma pulite e a due passi dal Giardino degli Eroi. Per visitare invece il sito dell’Antica Olimpia, consigliamo l’Hotel Antonios, situato in posizione dominante su una piccola collina, vicino al centro della cittadina. Dove mangiare: Numerosi sono i piccoli ristoranti che sorgono intorno alle città più turistiche. Sulla costa nei dintorni di Lepanto e Missolungi sono rinomati i piatti a base di pesce, mentre se esplorerete l’entroterra non potrete farvi mancare le tipiche insalatone greche, a base di feta, olive, pomodori, cipolle e cetrioli. Fuso orario: Quando in Italia non vige l’ora legale, arrivati in Grecia occorre spostare l’orologio un’ora avanti.


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Documenti: Per visitare la Grecia, ai cittadini italiani basterà presentare carta d’identità valida per l’espatrio o il passaporto.

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Vaccini: In questo Paese non sono richieste particolari vaccinazioni. Valuta: In Grecia è in vigore l’uso dell’Euro.

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Lingua: La lingua nazionale è il greco. L’inglese è parlato comunemente in tutti gli esercizi commerciali e nelle strutture ricettive, anche in quelle più isolate. Dato l’alto numero di turisti italiani che visitano il Paese, incontrerete spesso persone in grado di parlare correntemente l’italiano. Religione: Il 97% della popolazione greca si dichiara cristiana ortodossa. Abbigliamento: Sportivo e casual, scarpe comode, preferibilmente da ginnastica, per godere al meglio delle lunghe passeggiate che permettono di visitare ogni angolo dei siti archeologici, spesso interdetti ai mezzi a motore. Lik utili: www.visitgreece.gr


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