Sommario
Trentino Foto di Davide Biagi
Vietnam Due ruote e mille risaie
Corea Corea evolution
Miami Barrio hipster
Norvegia Prima che sia notte
Trentino Alto-adige Meravigliosa natura
Settembre 2016
Redazione:
Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com Foto di Shutterstock
Hanno collaborato
Marco Santini Andrea Forlani Luca Giordano Davide Biagi Luca Bracali
Fotografi
Marco Santini Andrea Forlani Luca Giordano Davide Biagi Luca Bracali
Pubblicità
Info
Miami Foto di Andrea Forlani
n°96 Settembre 2016
Direttore Responsabile Eugenio Bersani
eugenio@latitudeslife.com
Photo Editor Lucio Rossi
lucio@latitudeslife.com
Sales Manager
Lanfranco Bonisolli
lanfranco@latitudeslife.com
Redazione
Francesca Calò
francesca@latitudeslife.com
Graphic
Arianna Provenzano
arianna@latitudeslife.com
Redazione
Ilaria De Pasqua ilaria.depasqua@latitudeslife.com
www.germany.travel/DKL
Gioielli e Bijoux sulla costa tedesca
La costa tedesca è uno splendido territorio bagnato dal Mare del
Nord e dal Mar Baltico dove vi attende uno dei paesaggi naturali
più emozionanti d’Europa, una storia intensa, cultura, capolavori di architettura e una cucina creativa. Lasciatevi sorprendere! www.germany.travel/DKL
A Pizzo sul mare
A Pizzo sul mare
Vietnam
LAT 14,01 N Due ruote e mille risaie
C b c tr d
Due ruote e mille risaie
DUERUOTE e Testo e foto di Luca Bracali www.lucabracali.it
Calarsi nelle vesti del popolo vietnamita significa salire in moto, far rombare il motore e imparare a districarsi tra le migliaia di veicoli che sfrecciano lungo le strade. La cosa piÚ semplice è seguirne la scia. Tutto d’un ratto il traffico scema e le onde dei terrazzamenti di riso disegnano dolci geometrie sulle montagne da nord a sud.
Due ruote e mille risaie
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A
sia è sinonimo di eterogeneità di popoli, culture, ma anche di paesaggi. E il Vietnam è senza dubbio uno spicchio del continente che merita di essere raccontato ma prima di tutto visitato e vissuto. Il nostro viaggio parte da Vinh Phuc. Le due ruote scandiscono i ritmi del popolo vietnamita, oltre 6 milioni di abitanti vivono infatti nella sola Hanoi con un parco circolante, fra moto e scooter, di 4.5 milioni di veicoli. Ci adattiamo senza esitazione e saliamo a bordo di una Vespa rossa fiammante per entrare nel mood di uno dei popoli più affascinanti del mondo. Ad Hanoi siamo solo di passaggio ma riusciamo ad apprezzarne l’arte di strada e il muro di ceramica che corre lungo l’argine del fiume Rosso.
Due ruote e mille risaie
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Voluto da un giornalista stanco di camminare lungo quel triste blocco di cemento, è divenuto, con i suoi 4.5 km, il più grande mosaico in ceramica della terra. Come seconda tappa si scende un po’ più a sud rispetto ad Hanoi. Un trasferimento di poco più di tre ore in un traffico che pian piano allenta la sua stretta morsa per farci percorrere gli ultimi chilometri in assoluta tranquillità. Non demorde invece la calura soffocante, un viaggio decisamente impegnativo per le condizioni climatiche visto che si guida costantemente sui 38°/40°
Due ruote e mille risaie
con un tasso di umidità che passa in abbondanza l’80%. Per visitare uno dei luoghi più belli e famosi al mondo, la baia di Ha Long, patrimonio Unesco, scendiamo dalla due ruote e scivoliamo con dolcezza all’interno della baia. Sono 2.000 le isole che costellano questa porzione del golfo di Tonchino, un ampio paesaggio marino costellato da centinaia di torri calcaree dalle cime arrotondate che si innalzano per decine di metri dal livello del mare. Affascinante sapere che già 25.000 anni fa questo arcipelago sviluppò i primi insediamenti e che addirittura molte culture si sono qui evolute in epoca preistorica.
Due ruote e mille risaie
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E proprio al centro della baia di Ha Long, in mezzo ad un canale puntellato di faraglioni e pinnacoli, si cela la grotta della Sorpresa che, al di la del nome, è un’autentica meraviglia. Da scoprire e da visitare. Un viaggio nella storia della geologia, fatto di migliaia di stalattiti e stalagmiti generatisi 100.000 anni fa dalle abbondantissime piogge che ritirandosi hanno lasciato cosÏ la loro traccia indelebile. La terza tappa è decisamente speciale, impegnativa sotto ogni punto di vista, sicuramente anche da quello logistico. Dopo 9 ore
Due ruote e mille risaie
di treno si arriva alla stazione di Lao Cai praticamente all’alba e, giusto per svegliarsi un po’, ci sono almeno altri 50 chilometri da percorrere su una strada che si inerpica fino a 1.600 metri, con una serie di curve e tornanti da giro d’Italia. Arriviamo a Sa Pa, uno dei quei luoghi di cui ci si innamora a colpo d’occhio senza saperne il perché. Un tempo era un villaggio remoto ed isolatissimo, ma nel 1993, quando le autorità hanno aperto le porte al turismo, è divenuta una cittadina chiassosa e affollata, ingarbugliata e trafficata, ma con un fascino assolutamente unico.
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Le montagne, fatte di un susseguirsi di terrazzamenti di risaie capaci di cambiare colore e aspetto a seconda dei mesi, sono una vera mecca per i fotografi, ma non solo. Per gli amanti del trekking le montagne del nord che circondano Sa Pa presentano un’infinita serie di percorsi che permettono di entrare in contatto con le oltre 50 etnie che popolano la regione: viet, cinesi, khmer e chan, ma anche altre minoranze come gli hmong neri o i dao rossi. Eravamo venuti in perlustrazione in Vietnam lo scorso ottobre, ma non avremmo mai pensato di ritrovare Mai. È una hmong, dice di avere 90 anni, non ha neppure un dente in bocca ed il suo volto segnatissimo dal tempo è una fitta matrice di rughe. Eppure è bellissima. Ci riconosce e ci sorride, ci abbraccia con affetto. E ci mostra con orgoglio i suoi lavori, gli abiti intrecciati e coloratissimi e quel vecchio telaio in legno con il quale continua a lavorare, tenendo sempre vicina a se la nipotina di 2 anni. Per gli uomini e per le giovani donne la vita non è tanto facile. Il lavoro nei campi è estremamente duro e le risaie, per produrre raccolti abbondanti, hanno bisogno di tempo e di braccia. Il Vietnam è il secondo paese al mondo per l’esportazione di riso, un alimento decisamente importante, visto che per il 50% della popolazione mondiale e per il 90% di quella asiatica rappresenta una fondamentale fonte di nutrimento. “Il riso è vita” fu lo slogan coniato dalla FAO qualche anno fa.
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È una hmong...
il suo volto segnatissimo
dal tempo È UNA FITTA MATRICE DI
EPPURE
RUGHE.
è bellissima.
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Due ruote e mille risaie
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Il bello del Vietnam è anche la sua poliedricità. Mare e montagne, pinnacoli e villaggi remoti, popoli ed etnie. Viaggio ed avventura. Ma non un’avventura mirata all’autocelebrazione, quanto piuttosto una scoperta interiore in grado di arricchire la sete di conoscenza. Facciamo tappa ad Hoi An, un luogo in netta contrapposizione a Sa Pa, una città del passato che vive perfettamente nel presente, restando in equilibrio con la sua storia e le sue tradizioni. Hoi An racconta tanto dei suoi grandi trascorsi, quando nel I° secolo era addirittura il porto più grande di tutto il sud-est asiatico. Nel 1999 è entrata di diritto a far parte del patrimonio Unesco
Due ruote e mille risaie
proprio per l’ottimo stato di conservazione del suo porto commerciale, ma anche per la caratteristica alquanto rara secondo cui l’architettura tradizionale si integra, quasi fondendosi, con l’influenza stilistica straniera. L’esempio più evidente è il ponte giapponese, l’unico ponte coperto al mondo al cui interno si trova un tempio buddista. E poi pagode, case di mercanti, porticati francesi e case tegolate in legno, decorate con tavole laccate. Ad Hoi An si gira benissimo anche a piedi, il centro è a misura d’uomo ed ha un fascino tutto particolare, un luogo un po’ alla Terzani (se mi consentite il paragone), mistico, dove si respira profondamente il profumo di Asia, prima che i turisti si sveglino.
Due ruote e mille risaie
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Un giro di giostra, un luogo incredibile anche per questo, capace di trasformarsi al tramonto in uno spettacolo romantico e suggestivo fatto di luci, colori e mille riflessi. Le calme acque dell’Hoai iniziano a movimentarsi sempre di più, decine di barchette e centinaia di lanterne rosse accese scivolano lentamente fra le acque, accendendo la scena. Per almeno due ore la città cambia volto, presa d’assalto da migliaia di turisti e moltissime sono le coppie di sposi vietnamiti che scelgono questa destinazione per il loro album di ricordi. Per le tappe successive ci si sposta nel profondo sud del Vietnam, alla scoperta di una delle regioni più sorprendenti da visitare, quanto meno per noi viaggiatori occidentali. É qui che si scopre il paese in una veste totalmente nuova, un aspetto ben diverso sia da un punto di vista orografico, di clima, ma anche di persone, rispetto al nord e alle regioni centrali. Ci spostiamo di 180 chilometri rispetto a Saigon per entrare a Can Tho, nel cuore del delta del Mekong, il fiume più importante dell’Indocina che inizia il suo lungo viaggio dall’altopiano del Tibet per concludersi dopo ben 4.800 chilometri nel Vietnam del sud, dando vita ad una straordinaria rete fluviale. A Can Tho il caldo è torrido, il sole di mezzogiorno toglie ogni energia e viene da chiedersi come facciano i vietnamiti a muoversi in scooter indossando, sotto il casco, mascherina e cappuccio.
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G A L L E R Y
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Di per sé il centro del capoluogo non è poi così speciale, parliamo di una città con più di un milione di persone che è la quinta del paese per numero di abitanti. A Can Tho ci si sveglia di primissimo mattino per vivere il brulicante andirivieni del mercato galleggiante di Cai Rang dove nelle centinaia di imbarcazioni, piccole e grandi, si vende un po’ di tutto, essenzialmente pesce, frutta e verdura. Qui in realtà non c’è un orario di lavoro vero e proprio, i venditori vivono sulle loro barche 24 ore su 24 e se alle 2 di notte arriva un cliente è più che benvenuto. “Time flies” dicono gli inglesi, eppure, anche se non ce rendiamo conto, siamo già arrivati al termine della nostra avventura.
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Rimaniamo sempre nel profondo sud del Vietnam, non molto distanti dal confine con la Cambogia, spostandoci di un centinaio di chilometri rispetto a Can Tho, cercando così di esplorare un po’ meglio la straordinaria aerea del delta del Mekong. La provincia di Ben Tre è posizionata in mezzo ai due rami del Tiền Giang River, che a sua volta è uno dei due maggiori affluenti del Mekong. Qui l’acqua non manca e l’abbondanza di irrigazione rende l’intera provincia una delle maggiori zone di produzione di riso di tutto il Vietnam. Il modo migliore, per non dire l’unico, per visitarlo è la barca e, lasciato uno dei tanti moli di attracco di Ben Tre, nel giro di una mezz’ora si entra in un dedalo di canali sommersi da una foltissima vegetazione.
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Mare e montagne,
pinnacoli e villaggi remoti, popoli ED ETNIE.
Viaggio ED AVVENTURA.
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Due ruote e mille risaie
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Al centro delle attività, pesca a parte, la noce di cocco spicca su tutto. Si vedono gusci ovunque, ammassati a centinaia di migliaia sui barconi o impilati lungo le coste in attesa di essere trasportati. I mestieri sono i più strani e originali, con l’impasto di argilla si fabbricano i mattoni e poi si mettono a cuocere. C’è chi fabbrica stuoie e tende frangisole con il metodo tradizionale, infilzando pazientemente, per ore e ore, un ramoscello essiccato fra le piccole spirali. E c’è chi con il cocco produce ottime caramelle, tagliando un impasto morbido e dolciastro. Invece del cane da guardia qualcuno tiene un pitone in gabbia, un serpente di 3 anni e 3 metri e mezzo di lunghezza di “appena” 40 chili. Le abitazioni dei villaggi sono in bilico fra acqua e terra e a volte risulta difficile capire se è la terra che galleggia sull’acqua o se è il fiume che si insinua nel terreno. Girare in moto in questa autentica giungla è una delle emozioni più belle di tutto il viaggio anzi, la più bella in assoluto. L’importante è gustarsi ogni istante di questo viaggio, lasciandosi avvolgere e rapire dalla natura. Non è un addio, ma un arrivederci, Vietnam! Testo e foto di Luca Bracali © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Due ruote e mille risaie
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ES U TIT
Due ruote e mille risaie
Vietnam
Informazioni: Vietnam Tourism.
Viaggio organizzato: Asiatica.
Come arrivare: Con Thai Airways, una delle migliori compagnie aeree al mondo. Vola da Milano e da Roma su Bangkok con arrivo al Suvarnabhumi Airport. Da qui si prosegue con un volo di circa 1 ora e si arriva a Ho Chi Min.
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Quando andare: In Vietnam il clima è subtropicale al nord e tropicale al centro-sud. Esistono due distinte stagioni: quella umida (da maggio a novembre), durante la quale si verificano quasi quotidianamente intensi acquazzoni di breve durata, e quella secca (da dicembre ad aprile), con clima caldo e umidità non eccessiva. La temperatura media rilevata durante tutto l’anno è di circa 28 gradi. Si tende sempre ad evitare la stagione umida per limitare la presenza di pioggia durante il proprio soggiorno; tuttavia bisogna considerare che i colori durante la stagione umida sono molto più belli e brillanti. Fuso orario: 6 ore in più rispetto all’Italia, 5 quando da noi vige l’ora legale. Documenti: Passaporto con validità di oltre sei mesi munito di visto da richiedere all’Ambasciata vietnamita di Roma. Oppure rivolgendosi alle agenzie specializzate nell’emissione di visti.
L
Due ruote e mille risaie
Vaccini: Nessuno è obbligatorio. Come suggerisce il buon senso quando si viaggia in paesi come il Vietnam occorre però prestare molta attenzione all’acqua e al cibo. Le infezioni intestinali possono essere ricorrenti in particolare durate i mesi delle piogge. In Vietnam esiste il rischio di contrarre il tifo, l’epatite A, l’epatite B. Per queste malattie può essere utile sottoporsi a vaccinazione.
U TIT
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Lingua: Il vietnamita è la lingua ufficiale. Abbastanza diffuso l’inglese. Religione: Buddhista, taoista, confuciana. Esistono inoltre minoranze cristiane e musulmane. Valuta: La valuta vietnamita è il Dong. 1 Euro è pari a circa 25207 Dong. Nelle città è diffuso l’uso delle carte di credito ed è possibile prelevare denaro contante in uno dei numerosi sportelli automatici presenti nelle città e nei maggiori alberghi usando il nostro bancomat.
Corea
LAT 38,19 N
CO R E A
Evolution
La Corea del Sud cambia rapida, tumultuosa, a volte imprevedibile. Il contrasto con quella apparentemente immobile dei monasteri è netto, ma l’aura di spiritualità fa da sfondo a nuovi grattacieli e, soprattutto, nuove prospettive.
Testo e foto di Marco Santini
Nella grande migrazione del Masai Mara 200.000 zebre e 1.300.000 gnu si tuffano nella loro grande sfida. Ma un quarto del branco non ce la farĂ .
Corea evolution
COREA S
i tratta di un’evoluzione che scuote le fondamenta di una società che da sempre fa fulcro
sui valori della tradizione e che oggi fa i conti con i sottoprodotti del capitalismo d’assalto. All’orizzonte però si profila una nuova Corea molto al femminile. femminile A partire dall’elezione, in dicembre, del nuovo presidente della repubblica Geun-hye Park: donna, di lunga carriera politica, una madre e un padre assassinati in 2 tempi diversi mentre erano alla ribalta della politica coreana e un attentato ai suoi danni nel 2007 quando venne aggredita con una coltellata in faccia durante una campagna elettorale, molto carattere e idee chiare sul futuro di un paese dove il ruolo delle donne nel mondo del lavoro è ancora visto come una colpa. In un paese dove la gente lavora di più e dorme di meno che in qualsiasi altra nazione sviluppata, la vita delle donne in carriera non è facile. Guadagnano il 35% in meno rispetto ai loro pari grado maschi, se rimangono incinte vengono
spesso sottoposte a pressioni da parte del datore di lavoro per non sfruttare la maternità (che è legalmente garantita). Negli ultimi 20 anni le cose sono cambiate anche in questo aspetto della società ma non così rapidamente come in altri settori. L’arrivo ai vertici della politica di una donna lascia presagire una forte evoluzione del ruolo della donna coreana. La Seoul di oggi è una metropoli ipermoderna, 11 milioni di persone che vivono i ritmi del progresso rampante. Una città rasa al suolo durante la Guerra di Corea, rinata con una rapidità travolgente e fulminata in piena corsa da qualche crisi economica e ripartita più volte. É una città di contrasti, di boulevard da 12 corsie e antichi palazzi, di capitani d’industria e contadini. Yong Don Po, dove sono nato, era un piccolo villaggio circondato dalle risaie, oggi è uno dei quartieri più moderni della capitale.
...si riconoscono i segni di una societĂ ha saputo mantenere una propria identitĂ , una dignitĂ che viene dal suo passato...
Corea evolution
COREA
Il fragore dei grilli ha lasciato il posto
primo dopoguerra, quella dove sono
a quello del traffico. Grattando un po’,
cresciuto: i marciapiedi sono ancora
dietro lo schermo della vita frenetica,
invasi da innumerevoli venditori
dei gesti condivisi e globalizzati del
che proclamano a gran voce i loro
consumismo quotidiano che allinea
prodotti, i GI americani sono ancora
così tante metropoli del mondo si
lì e l’inglese è la lingua franca, una
riconoscono i segni di una società
vera eccezione in una nazione dove si
ha saputo mantenere una propria
parla solo il coreano. Per assaporare
identità, identità , una dignità che viene dal suo
l’atmosfera della vecchia Seoul
passato, dalla sua storia. All’ombra dei
bisogna andare nel quartiere di
vecchi palazzi, nel silenzio dei giardini
Insadoggil. Qui nei negozi di antiquari
ma soprattutto all’interno dei templi
si trovano ancora i tavoli di scrittura
buddisti la Seoul di domani lascia il
tradizionali che si usano stando
posto a quella di sempre. L’aroma che
seduti per terra, oppure le pietre
arriva dai baracchini che vendono
incise che si usavano per preparare
le seppie essiccate agli angoli
l’inchiostro. Durante i weekend si
delle strade mi riporta al passato,
possono vedere gli artigiani lavorare
quando andavo a fare la spesa con
in strada fianco a fianco ai venditori
mia nonna e rimanevo incantato
di dolci che preparano il tradizionale
davanti alle meraviglie esposte da
dok, la pasta di riso dolce che va
questi venditori ambulanti. Oggi
battuta con enormi martelli. In queste
gli stessi baracchini sopravvivono
vie si trovano anche le classiche “tea
alle esalazioni dei motori diesel e
house”, l’equivalente coreano dei pub
servono lo stesso cibo a manager in
inglesi. Sono ambienti all’antica, che
giacca e cravatta. Uomini e donne che
mi riportano alla memoria immagini
come me ritrovano una continuità
della mia prima casa: un dettaglio
con il passato nei sapori semplici
dell’arredamento, la fragranza dello
della cucina tradizionale. Vado a
“sujongwa”, il té di cannella e zenzero.
visitare Itawan e Namdaemun i
In questi luoghi, in questi momenti
due principali mercati della città e
la società coreana rivela il suo volto
ritrovo un altro angolo della Seoul del
più sereno, eppure i problemi non
mancano in questa civiltà a cavallo
Un popolo che è passato dalle
fra due mondi. Crisi economica a
risaie ai grattacieli in meno di un
parte, la Corea ha costruito il suo
ventennio. Un mondo che appare
volto moderno sulla capacità di
votato al consumismo più sfrenato
competere con i colossi mondiali.
al primo sguardo ma che rivela la
Una competizione che si riflette in
presenza di un mondo spirituale e di
ogni strato della popolazione. Nelle
valori tradizionali profondamente
scuole, dove eccellere è un obbligo,
radicati negli individui. Quella
nel mondo del lavoro dove Dio si
coreana è una realtà da scoprire con
chiama produttività. Un popolo,
calma, evitando i giudizi superficiali,
quello coreano, abituato ai sacrifici.
i luoghi comuni.
Basta un’occhiata agli ultimi duemila anni di storia per farsi un’idea del trascorso di questa gente. Da sempre schiacciati, minacciati, da due vicini di gran lunga più potenti che non hanno mai fatto mistero delle loro mire espansionistiche sul territorio coreano: Cina e Giappone. Due presenze dominanti, culturalmente, militarmente ed economicamente. Il risultato è una storia senza pace, rocambolesca. Il prodotto di questo passato burrascoso è una società abituata ad aggrapparsi a valori etici, poco materiali, che non possano essere conquistati, depredati. In questo concetto si sintetizza tutto l’universo di contrasti che Seoul di oggi, e la Corea più in generale, offrono ai suoi visitatori.
É una città di contrasti, di boulevard da 12 corsie e antichi palazzi, di capitani d’industria e contadini.
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FOTO GALLERY
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Corea evolution
COREA Il territorio riflette i contrasti della società. La Corea del Sud è una terra straordinariamente montuosa anche se i rilievi
raggiungono elevazioni modeste. La campagna, l’ambiente rura
dominano la scena anche se il Paese è fortemente industrializz il vetrocemento degli edifici ultramoderni di Seoul si specchia nell’acqua immobile delle risaie che cingono la periferia, dove contadini sembrano appartenere a un mondo arcaico. Se la capitale è il punto di partenza ideale per cominciare a
scoprire questo paese, i monasteri buddisti sono il momento p
magico e interessante di un viaggio in Corea. Fra i più interes
da visitare: il Songgwang-sa, nella provincia di Chollanam-do e il Songgoksa, conosciuto come il “tempio dei molti Budda”
ale
che è caratterizzato dalla presenza di migliaia di statue di ogni
zato:
dimensione. Forse il più bello di tutti i monasteri coreani è quello di Haeinsa, il “tempio dell’insegnamento”. Il tempio di Haeinsa
i
più
ssanti
si trova nella parte meridionale del paese nel cuore del Parco Nazionale del Monte Kayasan. É una regione rurale, nota per le sue acque termali. Il Parco Nazionale racchiude un’area montuosa ricoperta di fitta foresta e costellata di cascate.
Se la capitale è il punto di partenza ideale per cominciare a scoprire questo paese, i monasteri buddisti sono il momento piÚ magico e interessante di un viaggio in Corea.
Corea evolution
COREA
Per raggiungere il tempio percorro l’ultima mezz’ora a piedi in un bosco secolare percorso da numerosi ruscelli. Il monastero è molto ampio, articolato in numerosi edifici ed ospita circa 200 monaci. Haeinsa è il luogo dove viene custodita la “Tripitaka Koreana”, una collezione unica di 80.000 tavole da stampa di legno incise nel tredicesimo secolo. Si tratta di una delle raccolte di testi buddisti più importanti del mondo ed è stata inserita nella lista dei World Heritage. Condivido la cerimonia del te con alcuni monaci: sono così felici di farmi da guida, di mostrarmi il loro tempio. Mentre cammino con loro non posso fare a meno di notare la differenza di prospettiva rispetto a quando da piccolo, avevo cinque o sei anni, venivo in questo stesso tempio con mia nonna. Lei vestita con l’abito tradizionale coreano, io che imitavo i suoi gesti di preghiera, i suoi inchini. Oggi come allora, la mia conoscenza dei riti religiosi è assai marginale, ma a questi monaci che mi accompagnano non interessa.
Nei templi coreani qualsiasi visitatore, di qualsiasi religione sia è il benvenuto. Un’altra caratteristica dei templi buddisti coreani è la convivenza con i riti sciamanici che tanta importanza hanno nella storia di questa nazione. La quasi totalità dei templi dispone di una “spirit hall” dove vengono custodite le divinità sciamaniche della regione. Stando alle statistiche metà dei coreani è buddista, l’altra metà è cattolica: eppure esiste un’altra realtà altrettanto importante, il confucianesimo.
In Corea il confucianesimo non viene percepito come una religione ma bensÏ come un codice etico che pone l’enfasi sulla devozione alla famiglia, la lealtà verso gli amici, la ricerca della giustizia e il culto degli antenati.
T E S TO E F OTO D I : M A RC O S A N T I N I
La campagna, l’ambiente rurale dominano la scena anche se il Paese è fortemente industrializzato.
CONTRIB MA RC O S A N T INI W r i t er / P h o t o graph er
Giornalista e fotografo da oltre 20 anni, Marco è specializzato nei reportage di viaggio, da quelli enogastronomici a quelli in condizioni estreme, dall’Antartico alla Groenlandia. Da sempre ha lavorato con apparecchiature Pentax, prima con le 645 in pellicola, oggi con le digitali. Per questo reportage
BUTORS ha scelto le Pentax K5 che coniugano prestazioni notevoli (16 megapixel, ampia gamma ISO e stabilizzatore d’immagine nel corpo) con pesi e ingombri assai contenuti. “Un plus per il mio lavoro? La buona tropicalizzazione e la possibilità di effettuare riprese in HD”.
COREA
Informazioni KNTO (Korean National Tourism Organization) Consolato Generale della Repubblica di Corea
INFO
Come arrivare La compagnia di bandiera Korean Air opera voli giornalieri da Roma e Milano su Seoul. Gli aeroporti più importanti sono l’Incheon International Airport, a circa 60 chilometri dalla capitale; il Gimpo International Airport, a pochi chilometri da Seul e il Busan International Airport di Busan.
Fuso orario La Corea è 8 ore più avanti rispetto all’Italia (7 quando è in vigore l’ora legale).
Vaccini Non sono necessarie vaccinazioni a meno che si provenga da paesi dov’è presente la febbre gialla o il colera.
Valuta In Corea ha corso legale il Won. 1 Euro è pari a circa 1264.96 Won.
UTILI
Quando andare
In Corea del Sud ci sono 4 stagioni distinte. I momenti migliori per un viaggio sono la primavera e l’autunno. L’estate è calda, umida e piuttosto piovosa mentre l’inverno non è dissimile dal nostro.
Documenti E’ sufficiente il passaporto italiano in corso di validità.
Lingua La lingua ufficiale è il Coreano. Si tratta di una lingua Uralo-altaica e l’alfabeto si compone di 10 vocali semplici e 14 consonanti. L’inglese è poco diffuso e comunque solo nei centri maggiori.
Religione Le religioni predominanti sono il buddismo e il cristianesimo.
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Barrio hipster
MIAMI
BARRIO Hipster
Barrio hipster
Il diktat è di spegnere l‘immagine patinata di spiagge bianche e surfisti abbronzati e di cavalcare altre onde: Wynwood, un tempo quartiere popolato dai portoricani, oggi è la mecca di artisti e mercanti d’arte, dove la Magic City mostra la sua alma creativa. Testo e foto di Andrea Forlani www.andreaforlani.com
Miami
LAT 25,47 N
Barrio hipster
Barrio hipster
Barrio hipster
Barrio hipster
Barrio hipster
D
ici Miami, in realtà pensi Miami Beach: con le sue spiagge da telefilm farcite di vip a rosolare al sole, i negozi di t-shirt dai colori improponibili, lo shopping d’autore in Lincoln Road, i cocktail dove immergersi seduti a un tavolino in Ocean Drive, e le notti al neon ritmate dai motori delle Mustang decappottabili e dal tunz-tunz che avvolge i club acchiappa turisti. E quando è ora di andare letto, gli abbacinanti hotel art-deco protagonisti di tutti gli articoli pubblicati nel mondo su Miami Beach, sono lì ad attendervi in tutto il loro splendore. per capire di ciò di cui stiamo parlando suggeriamo di intrufolarsi nella sala da pranzo del Miami Beach Edition, altrimenti nota come Matador Room:un ristorante che sembra un museo o un museo che pare un ristorante, a seconda di come lo si approcci.
Barrio hipster
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Barrio hipster
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Barrio hipster
In fondo, il bello di Miami Beach, è che è esattamente come te l’aspetti. Don Johnson a parte, perché di lui non c’è traccia, vive a Los Angeles. E c’è da credere che questo luogo a metà tra una città e un set cinematografico rimarrà fedele a sé stesso, nei secoli dei secoli. Ciò che invece molti non sanno, è che in un’altra zona di Miami, che di nome fa Wynwood e dove di spiagge e bikini non c’è nemmeno l’ombra, tutto si trasforma alla velocità del fulmine. Pressoché appiccicata a Overtown, quartiere dal curriculum non esattamente immacolato, e fino a un pugno di anni or sono essa stessa assai poco raccomandabile, Wynwood è oggi non solo il polmone
Barrio hipster
hipster-creativo di Miami, bensì anche una della aree urbane più intriganti del pianeta: da sola, vale un viaggio sin qui. Il quartiere è sede di oltre settantacinque gallerie d’arte e di una quantità di bar, ristoranti, birrifici, diner, caffè, e food truckin costante fase di moltiplicazione. Ma, soprattutto, ospita centinaia di murales firmati dai più grandi street artist della scena internazionale che ricoprono la pressoché totalità degli edifici di Wynwood, facendone il più grande museo a cielo aperto del mondo conosciuto per ciò che riguarda l’arte contemporanea. A differenza di Overtown, Wynwood è lungi dall’essere un quartiere residenziale.
Barrio hipster
Barrio hipster
Barrio hipster
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Barrio hipster
Qui prevalgono magazzini, fabbriche abbandonate (imperdibile quella della RC Cola, ricoperta dentro e fuori di graffiti e murales), officine, depositi, parchggi ricavati nei luoghi più improbabili. Tradotto, una manna dal cielo per chiunque abbia in mente di inventarsi qualcosa di nuovo in città. A non farselo ripetere due volte fu un visionario imprenditore di nome Tony Goldman (19432012), che oggi sta a Wynwood come Padre Pio sta ad Assisi. Ciò che aveva in mente è presto detto:“Questa enorme quantità di magazzini senza finestre,
Barrio hipster
diventeranno le mie tele giganti dove far approdare la più grande street art mai vista in un solo luogo”. E fu così che, nell’anno di grazia 2009 - e con la collaborazione del mercante d’arte Jeffrey Deitch - in quest’area dimenticata dal mondo e abitata da una manciata di magazzinieri e di brutti ceffi senza speranza che gli automobilisti della radente interstate 95 osservavano con un misto di curiosità e timore, Mr Goldman fondò quello che sarebbe diventato il fulcro creativo del quartiere: sei edifici tra la 25th e la 26th Strada di nome Wynwood Walls .
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Un po’galleria open air, un po’ ristorante finger food, un po’ luogo d’aggregazione e un po’centro culturale, Wynwood Walls è ancora oggi uno dei luoghi dove per definizione ci si dà appuntamento a qualsiasi ora del giorno o della notte. Dalla sua apertura ilprogetto Wynwood Walls ha visto passare oltre cinquanta artisti da sedici paesi per oltre 7.000 mq di superficie trasformati in opere d’arte. I nomi? Os Gemeos, Invader, Kenny Scharf, FUTURA 2000, Dearraindrop, FAILE, BÄST, Shepard Fairey, Aiko, Sego, Saner, Liqen... solo per farne qualcuno. I Wynwood Walls sarebbero già di per sé un ottimo motivo per scollarsi qualche ora dalla sabbia di Miami Beach. Sennonché quelle pionieristiche “mura” sono state letteralmente circondate da dozzine di nomi ormai entrati a pieno titolo nell’agenda degli hipster di Miami. Arte: ai centinaia di murales sparsi per Wynwood fanno eco grandi istituzioni quali lo storicoBakehouse Art Complex (un ex panificio degli anni Venti che ospita gli studi di decine di artisti), The Margulies Collection at the Warehouse, la Rubell Family Collection come giovani e dinamiche gallerie come la SWGR.
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Bere e mangiare: impossibile tener conto dei caffè, bar e ristoranti di Wynwood, ma tra gli indirizzi da segnalare ci sono senz’altro la Concrete Beach Brewery (per una pinta di qualità), il Wynwood Diner (per un hamburger con tutti i crismi in atmosfera american style), il recente KYU (per una cena fusion in ambiente neoromantico) e la gettonata torrefazione Panther Coffee (per un ottimo caffè, naturalmente). Curiosità: il primo vero ristorante ad aprire i battenti a Wynwood fu Joey’s (2506 NW 2nd Ave), italianissimo e a due passi dai Wynwood Wall.
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A chi manca la cucina di mammà, è tutt’ora la scelta migliore. Infine un paio di nomi e un consiglio: Ryan the Wheelbarrow e Pedro AMOS, sono le menti brillanti e assai simpatiche che si celano dietro Miami’s Best Graffiti Guide, un localissimo tour operator in grado di raccontare le storie più intriganti e svelare gli angoli più nascosti di Wynwood. Se siete in cerca di un’esperienza diversa (in lingua inglese), sono decisamente le guide che fanno per voi. Testo e foto di Andrea Forlani © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Miami
Informazioni: Informazioni utili sul sito ufficiale di Greater Miami and the Beaches. Per materiale e informazioni in italiano consultare il sito di Visit USA Association Italy.
Come arrivare: British Airways è tra le compagnie con le tariffe più convenienti. Partendo dalle principali città italiane e facendo scalo a Londra, in alta stagione si spendono circa 500 euro per un biglietto a/r.
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Quando andare: Clima: meglio evitare i mesi estivi, quando le temperature raggiungono livelli molto elevati.
Dove dormire: Al momento l’area di Wynwood è pressoché sprovvista di hotel, meglio quindi approfittare della moltitudine di alberghi presenti a Miami Beach. Tra questi segnaliamo il Miami Beach Edition, spettacolare struttura con 294 camere a pochi passi dalla spiaggia.
Dove mangiare: A Wynwood locali e ristoranti crescono come funghi. Una pinta per rinfrescarsi il palato si consiglia di berla da Concrete Beach Brewery, un bel birrificio al 325 NW 24th Street. Per un ottimo hamburger prego accomodarsi invece al Wynwood Diner, 2601 NW 2nd Avenue. Più sofisticato e appena aperto, lo scenografico KYU, 251 NW 25th St: nella sua cucina a vista lo chef Michael Lewis sforna piatti fusion-asiatici belli da vedere e buoni da mangiare. Prenotazione obbligatoria. Fuso orario: -6 ore rispetto all’Italia.
Documenti: Passaporto e autorizzazione ESTA (Electronic System for Travel Authorization, ossia sistema elettronico per l’autorizzazione al viaggio). Si compila al sito. Occorre invece un visto vero
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e proprio - da richiedere presso i consolati americani - per coloro che si sono recati in Iran, Iraq, Sudan o Siria, a partire dal 01/03/2011.
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Vaccini: Nessuno obbligatorio.
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Lingua: Inglese.
Religione: La grande maggioranza si dichiara cristiana (81,1 %): Protestanti 51,4% Cattolici 23,9% Ortodossi 0,3%. Valuta: Dollaro americano.
Elettricità: 110 Volt con frequenza 60 Hz. Necessario un adattatore per la corrente elettrica. Abbigliamento: Estivo, ma non solo bermuda e t-shirt. Il dress code a Miami, soprattutto in certi locali, ha la sua importanza. Shopping: Miami Beach è la patria del souvenir a poco prezzo: magneti, cappellini, t-shirt, e chi più ne ha più ne metta. Più sofisticato lo shopping in Lincoln Road, con shopping mall e grandi marchi di moda. Wynwood invece è un pullulare di gallerie d’arte che offrono oggetti per tutte le tasche e di tutte le misure, dalle t-shirt dipinte a mano a grandi dipinti e sculture. Eventi: Art Basel Miami è per Wynwood l’evento degli eventi. Decine e decine di nuovi murales vengono preparati appositamente per l’occasione, che per il 2016 sarà dall’1 al 4 dicembre. Da non mancare assolutamente.
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È la capitale artica, la porta d’accesso dell’estremo Nord: Tromsø è una gemma incastonata tra i fiordi, rischiarata in autunno da iridescenti aurore boreali. E prima che si spegnino le luci e vada in scena la lunga notte norvegese, rassegne cinematografiche, festival della cultura e tante attività outdoor. Testo e foto di Luca Giordano www.naturalphotographer.it
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aereo comincia la sua lunga discesa attraversando la sottile coltre di nuvole, lasciandoci finalmente ammirare il paesaggio sottostante. Da questo privilegiato punto d’osservazione apprezziamo a pieno le sagome frastagliate dei fiordi, lunghe insenature che con le loro tinte bluastre caratterizzano le coste norvegesi. Sulle cime delle montagne più alte, che spesso si affacciano direttamente sul mare, sono già visibili sottili chiazze di neve. Niente di cui sorprendersi: stiamo sorvolando l’estremo Nord della Norvegia, ben oltre la linea immaginaria nota come circolo polare artico.
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La città di Tromsø è ormai in vista. Circa 76000 persone vivono in questo florido centro ai confini del mondo, caratterizzato dalle inconfondibili e variopinte abitazioni. La tinta più gettonata tra i decoratori locali è senza dubbio il rosso, che già in tempi antichi veniva ottenuto mescolando grasso di baccalà e ferro ossidato, entrambi prodotti tipici di questa terra. Il tessuto adiposo del merluzzo, in particolare, non è mai stato difficile da reperire a queste latitudini: da secoli infatti, le fredde acque che circondano l’area sfamano ed arricchiscono
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il popolo norvegese grazie alla loro ricca ittiofauna. Per Tromsø come per tante altre città della Norvegia, tuttavia, la pesca rappresenta molto più di una sicura fonte di reddito: questa attività dalle antichissime origini risulta parte integrante della cultura e del folklore locale. Persino la forma della famosa Cattedrale dell’Artico, splendida chiesa in cemento costruita nel 1965 a due passi dal porto, richiama quella degli essiccatoi in legno, strutture triangolari adibite alla conservazione del pescato, che si incontrano un po’ ovunque girovagando per il Paese.
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Motivo di vanto per gli abitanti del luogo è inoltre l’Università della Pesca, rinomato polo didattico in cui gli studenti apprendono, oltre alle più moderne tecniche di marketing necessarie per vendere i prodotti dell’industria ittica, interessanti aspetti naturalistici e pratici legati a questa attività tradizionale. L’Università attrae a Tromsø molti giovani, che animano le strette vie del centro soprattutto nelle ore serali. Passeggiando per le strade, o fermandosi in uno dei tanti vivaci locali, si incontrano facilmente persone aperte e disponibili, felici di scambiare
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quattro chiacchiere con i visitatori stranieri. Estremamente fieri delle proprie origini, gli abitanti di Tromsø amano particolarmente snocciolare di fronte agli avventori più curiosi i tanti primati detenuti dalla loro cittadina. “Qui si trovano il cinema, la fabbrica di birra ed il teatro più a Nord del mondo!”, precisa con una punta di orgoglio Knut Hansvold, nato tra questi fiordi ventosi ed oggi guida turistica dall’innata simpatia. Nonostante il clima allegro che si respira in città, vivere tutto l’anno a queste latitudini non è un’impresa facile. A Tromsø infatti, tra il 21 di Novembre ed il 21 Gennaio, non sorge mai il sole.
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Solo una flebile luce, simile a quella dell’alba, giunge a rischiarare nelle ore centrali del giorno il paesaggio circostante. Quasi il 7% degli abitanti, durante il lungo periodo di buio, soffre di disturbi del sonno. Da alcuni anni sono tuttavia al vaglio dei ricercatori diverse soluzioni per ovviare a questo disagio: quella più efficace, al momento, sembra essere rappresentata da una lampada alogena, che permette a chiunque si esponga alla sua luce per 20 minuti al giorno di risolvere qualsiasi problematica. “In ogni caso non pensate che in inverno, a causa dell’oscurità perenne, noi si resti con le mani in mano!” afferma ancora Knut. “Ogni anno a Gennaio organizziamo un festival cinematografico di grande successo, seguito a poche settimane di distanza dalla Festa della Cultura Sami, un’occasione imperdibile per riaffermare l’importanza delle nostre origini. A chi ama le emozioni forti consiglio invece di seguire l’appassionante corsa delle slitte: vedere quei mezzi trainati dalle renne sfrecciare a tutta velocità sul ghiaccio è davvero un’esperienza unica.” Tra le numerose attrazioni di Tromsø, spicca ancora il piccolo ma grazioso Museo Polare, che conserva incredibili reperti delle prime spedizioni artiche e testimonia attraverso immagini e cimeli lo stretto legame che intercorre tra gli abitanti della zona e la natura circostante.
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Una natura indomita, affascinante e difficile da comprendere, che esprime nelle sfumature verdi e violacee dell’aurora boreale la propria bellezza piÚ impressionante. Se sarete fortunati, nelle notti piÚ limpide della stagione fredda, vedrete volteggiare nel cielo questo incredibile fenomeno, che con il suo movimento
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sinuoso incanta gli uomini del Nord dall’alba dei tempi. Secondo la tradizione norvegese, quelle luci straordinarie nascondono al loro interno gli spiriti inquieti delle donne morte senza avere figli: anime perdute ed infelici che danzano nel cielo sulle note di una melodia consolante e senza tempo. Testo e foto di Luca Giordano Š LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Norvegia
Informazioni: Ente per il turismo norvegese, via Cappuccini 2 - 20122 Milano. t.0285451440 .
Come arrivare: L’ aeroporto di Tromsø è collegato quotidianamente con quello di Oslo da diversi voli, della durata di un’ora e mezza circa. La città è abbastanza piccola e il servizio pubblico è efficiente, per questo non è necessario affittare un’automobile per muoversi in loco. Vi occorrerà invece un mezzo autonomo nel caso vogliate esplorare i dintorni del centro abitato, decisamente meno serviti.
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Quando andare: Quest’area della Norvegia si presta ad essere visitata in ogni stagione. L’estate e l’autunno, caratterizzati da un clima relativamente mite, rappresentano il periodo migliore per dedicarsi al trekking e all’esplorazione delle meraviglie naturali della zona. In inverno, invece, è l’aurora boreale a richiamare la maggior parte dei turisti. Clima: tipico del Nord Europa. Anche nella bella stagione le temperature di rado superano i 15-18 gradi. In inverno fa piuttosto freddo ma non immaginatevi di dover affrontare le condizioni impossibili della tundra siberiana: la presenza del mare a pochi chilometri di distanza smorza abbastanza il gelo. Dove dormire: Il Thon Hotel Polar offre sistemazioni standardizzate ma di ottima qualità. Situato in pieno centro e a due passi da una fermata dell’autobus, rappresenta una valida soluzione ad un costo contenuto. Per chi desidera una vista particolarmente spettacolare, consigliamo invece lo Scandic Ishavshotel, situato proprio sul porto, di fronte alla Cattedrale dell’Artico.
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Dove mangiare: Molti sono i ristoranti di pesce della città, ma uno spicca senza ombra di dubbio per qualità del servizio e del menù. Il Fiskekompaniet, con le sue diverse proposte di mare e la sua ricca cantina non vi deluderà.
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Fuso orario: +1 rispetto all’Italia.
Documenti: Carta d’identità valida per l’espatrio. %&x
Lingua: Norvegese, ma l’inglese è parlato perfettamente ovunque. Valuta: Corona norvegese. 1€ corrisponde a circa 9,5 NOK. Elettricità: 220 volt. Prese di tipo Schuko (tedesco).
Telefono: +47. Copertura mobile, sia voce che dati ovunque.
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Folgaria, Lavarone e Luserna: l’Alpe Cimbra, a poca distanza da Rovereto, riserva uno degli alpeggi piÚ estesi d’Europa. Un paesaggio bucolico fatto di corse di camosci, caprioli e marmotte tra tappeti erbosi e boschi fiabeschi. Testo e foto di Davide Biagi www.davidebiagi.com
Kamchatka
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l profilo turrito di un maniero medioevale alle porte di Rovereto, il castello di Beseno, segna la deviazione che dal fondovalle sale in appena 12 chilometri verso gli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna, ribattezzati solo di recente con il nome di Alpe Cimbra. Denominazione dovuta al fatto che qui abitano gli eredi dell’ultima civiltà che parla il cimbro, un antico idioma tedesco importato nelle Prealpi veneto-trentine da coloni bavaresi immigrati all’inizio dell’800. Per scoprire storia e tradizioni di questa civiltà perduta basta visitare la casa museo cimbra Haus con Prükk nel piccolo borgo di Luserna-Lusérn, perfettamente conservata con mobili e cimeli d’epoca.
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E dopo la visita da non perdere è anche il percorso emozionale “Dalle storie alla Storia”, un sentiero tematico che si completa in circa due ore di facile cammino e narra le vicende degli abitanti attraverso ventotto silhouettes di metallo. Il fronte d’acciaio Cento anni fa il territorio trentino dell’Alpe Cimbra, che si estende per circa 106 chilometri quadrati, fu teatro di avvenimenti bellici durante la Grande Guerra. Ancora oggi su una lapide di marmo bianco dell’ex forte
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austro-ungarico Gschwendt-Belvedere di Lavarone l’unico rimasto totalmente integro e sede di un piccolo, commovente museo - si può leggere: «Nell’anno 1935 S.M. Vittorio Emanuele III re d’Italia, visitava questo forte, reso al silenzio dalla vittoria italiana». Caratteri incisi che ricordano come i tre altipiani rappresentassero ai tempi della Prima Guerra Mondiale la linea avanzata degli austriaci, trasformata in un formidabile sbarramento di sette fortezze di pietra, cemento e acciaio collegate da un robusto sistema di trincee progettato dal generale Konrad von Hotzendorf.
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A ricordare quella che gli storici ribattezzarono appunto la “guerra delle fortezze” (in gran parte poi distrutte da Mussolini negli Anni Trenta per recuperare le coperture in ferro) rimangono oggi tanti ricordi. A cominciare proprio dal Forte Belvedere (detto “la sentinella della Val d’Astico”) con i suoi cannoni muti, i camminamenti stretti nelle viscere della montagna, i passaggi-budello. Nel 1915 i forti degli Altipiani impedirono l’avanzata italiana su Trento e nel maggio 2016 furono base di partenza della Strafexpedition, la poderosa offensiva
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con la quale gli austriaci miravano alla pianura venetovicentina per cogliere l’esercito italiano alle spalle. Ma dopo un successo iniziale l’offensiva fallì. Testimonianza di quel periodo sono anche i cimiteri dei caduti di guerra austriaci di Lavarone e Folgaria, la cosiddetta “Scala dell’Imperatore” (un sentiero di pietra in ricordo della visita di Carlo d’Austria al fronte degli altipiani nel 1916) i resti degli altri forti perduti e le numerose fortificazioni che si incontrano andando per malghe o lungo i sentieri della zona. Dalla Grande Guerra alla Guerra Fredda.
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A Folgaria un’altra curiosità da scoprire è Base Tuono a Passo Coe, un’ex area Nato dell’Aeronautica Militare, attiva dal 1966 al 1977, oggi trasformata in museo a cielo aperto con tanto di missili Hercules in posizione di lancio. Una “Magnifica Comunità” I ricordi storici non sono certo l’unico richiamo per migliaia di visitatori che arrivano ormai numerosi anche dall’estero su queste riposanti montagne dove i grandi spazi e le infinite distese di boschi donano un profondo senso di libertà e di pace. Non a caso Folgaria, dall’XI secolo al 1805, ha avuto la struttura amministrativa indipendente di “Magnifica Comunità”. Qui oggi si vive la dimensione di una montagna “amica”, adatta a tutte le esigenze, ed è possibile praticare tutti gli sport estivi e invernali, dal golf alla mountain bike, dal parapendio all’equitazione, dallo sci al pattinaggio sul ghiaccio. Una Ski Area con 100 chilometri di piste collegate tra loro garantisce emozioni sugli sci agli appassionati di discese, mentre le piste di fondo sono considerate le migliori di tutto l’arco alpino. D’estate e d’inverno l’Apt locale promuove un ricco calendario di eventi per i turisti che non hanno mai il tempo di annoiarsi tra mille proposte di tutti i tipi.
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Da agosto a ottobre nella zona di Passo Coe si ritrovano anche gli appassionati cercatori di funghi (occorre però un apposito permesso acquistabile in loco): porcini soprattutto (che qui chiamano “brìse”), oltre a finferli e mazze di tamburo. Nel territorio dell’Alpe Cimbra, inoltre, non è difficile incontrare caprioli, lepri, camosci, cervi, scoiattoli, aquile, civette, gufi. E c’è perfino un percorso tematico che dal villaggio di San Sebastiano porta con facilità, tra boschi e ampi panorami al torrente Mülpoch, un tempo noto come “la fonte della salute”.
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Per chi invece ama fare shopping non mancano le botteghe storiche del centro di Folgaria, piccola “capitale” dell’Alpe Cimbra con i suoi tremila abitanti, dove si può fare lo struscio percorrendo tutta la centralissima via Colpi (soste consigliate la boutique Il Cardo, il Bar John e la Pasticceria Dalsass). E per non tornare a casa a mani vuote, un souvenir goloso è l’ottimo miele locale che si può acquistare alla Casa del Miele di Folgaria o presso alcune aziende agricole, non prima di aver visitato a Lavarone il Museo dedicato al nettare delle api.
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Nell’ampia piana della frazione di Costa da non perdere la visita all’antico Santuario della Madonna delle Grazie, patrona degli sciatori, e al complesso di Maso Spilzi, un imponente edificio rurale del XVII secolo trasformato in sede museale. Meritano sicuramente una sosta anche il “paese dipinto” di Guardia, con le facciate delle case affrescate da artisti locali e non e la suggestiva cascata Hofentòl. Infine da non dimenticare Serrada, legata al ricordo del pittore futurista Fortunato Depero e dello psicanalista Cesare Musatti che trascorreva qui le sue
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vacanze. Molti anni prima in zona era solito “passare le acque” anche Sigmund Freud. Una lapide dedicata allo “scopritore del mondo interiore profondo” sulla facciata dell’ex Hotel du Lac di Lavarone ricorda l’illustre turista che soggiornò dal 1900 al 907 e poi ancora nel 1923 in riva al lago alpino dove oggi d’estate i turisti fanno il bagno nei due lidi attrezzati per la balneazione e d’inverno si pattina sulla superficie ghiacciata.
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Informazioni: Centro informazioni turistiche Alpe Cimbra, Via Roma 67, Folgaria (TN), aperto fino alle ore 16; tel. 0464.724100. Folgaria Ski, Località Fondo Grande, tel. 0464.720538.
Come arrivare: In auto: dall’autostrada A22 del Brennero (caselli di Rovereto Nord e Trento centro) poi dalla SS350 a Calliano oppure dall’autostrada A31 della Valdastico (casello di Piovene Rocchette) sempre sulla SS350. In treno: La stazione ferroviaria di Rovereto, sulla linea del Brennero, dista 18 km da Folgaria (via Calliano) e 30 km da Lavarone (via Calliano). In aereo: L’aeroporto più vicino è a Verona Villafranca, a 90 km.
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Quando andare: Clima: Mite. Montagna da vivere tutto l’anno.
Dove dormire: Alpen Hotel Eghel, Via A. Maffei 49, Folgaria, tel. 0464.720481. Hotel Seggiovia, loc Francolini 32 di Folgaria, tel. 0464. 721179. Longanorbait B&B con Maneggio, Località Carpeneda 34 di Folgaria, tel. 328 862 2466.
Dove mangiare: Ristorante Alla Segheria, Via Fabio Filzi 45, Folgaria, tel. 0464.721322. Ristorante Al Fogolar, via Colpi 329 Folgaria, tel. 0464.723154. Ristorante Sanscrivel, via Salvo D’Acquisto 14, tel. 0464.720333.
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