Sommario
Louisiana Foto di Lucio Rossi
Laos SpiritualitĂ e fascino coloniale
Sikkim India dell’alto mondo
Louisiana Laguna blues
Lapponia Svedese Benvenuti al Nord
Brunico Eclettica montagna
Novembre 2016
Redazione:
Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com Foto di Shutterstock
Hanno collaborato
Arturo Di Casola Francesca Calò Nadia Ballini Lucio Rossi Lucio Valetti
Fotografi
Arturo Di Casola Eugenio Bersani Luca Bracali Lucio Rossi Sergio Pitamitz
Pubblicità
Info
Lapponia Svedese Foto di Sergio Pitamitz
n°98 Novembre 2016
Direttore Responsabile Eugenio Bersani
eugenio@latitudeslife.com
Photo Editor Lucio Rossi
lucio@latitudeslife.com
Sales Manager
Lanfranco Bonisolli
lanfranco@latitudeslife.com
Redazione
Francesca Calò
francesca@latitudeslife.com
Graphic
Arianna Provenzano
arianna@latitudeslife.com
Redazione
Ilaria De Pasqua ilaria.depasqua@latitudeslife.com
A Pizzo sul mare
A Pizzo sul mare
LA OS Spiritualità e fascino coloniale
SPIRITUALITÁ
E FASCINO COLONIALE
Nell’antica Xieng Dong Xieng Dong, come era conosciuta, i templi buddhisti dai tetti rossi convivono in armonia con case coloniali dai colori pastello che si affacciano su strade delimitate da palme ondeggianti e curate botteghe. Testo di Nadia Ballini Foto di Luca Bracali
SpiritualitĂ e fascino coloniale
Laos
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SpiritualitĂ e fascino coloniale
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A
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uang Prabang, Patrimonio mondiale dell’Umanità dal 1995, è una città dal fascino antico, da assaporare con ritmi lenti, che colpisce per la sua tranquillità ed eleganza. Il silenzio irreale della città, nella quale i mezzi di trasporto principali sono biciclette, motociclette e tuk tuk, è interrotto già prima dell’alba dal suono dei tamburi percossi dai monaci dalle caratteristiche tuniche color zafferano. Da non perdere i mercati, nei quali si può entrare in contatto con le usanze laotiane e i curiosi ingredienti della cucina locale, l’elegante Palazzo Reale, oggi museo, e il più imponente tempio di Luang Prabang: il Wat Xieng Thong. E’ possibile godere della calma atmosfera di Luang Prabang vagando per le strade già all’alba, per assistere ad una delle cerimonie più suggestive dell’intero Laos, il “tak bat”, un gesto antico che si rinnova ogni giorno.
SpiritualitĂ e fascino coloniale
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Al sorgere del sole centinaia di monaci escono dai monasteri, scalzi ed in fila indiana, per raccogliere le offerte dei fedeli che li attendono lungo il percorso ponendo nelle loro ciotole riso, frutta e biscotti. Non molto lontano da Luang Prabang, e raggiungibili con una rilassante navigazione sul fiume Mekong, sono le sacre grotte di Pak Ou, due cavitĂ di roccia calcarea ricche di migliaia di immagini del Buddha che si stagliano sullo sfondo mozzafiato del fiume. Le cascate Kuang Si, situate
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a circa trenta chilometri da Luang Prabang, si sviluppano su tre livelli iniziando in piscine naturali di colore turchese poco profonde per arrivare alla cascata principale di circa 60 metri. Nella notte di luna piena del mese di ottobre, la calma atmosfera di Luang Prabang si accende con le luci e i colori del “Lai Heua Fai”, il “Fire Boat Festival”. In questa notte l’atmosfera di Luang Prabang diventa magica. I templi sono illuminatI da centinaia di lanterne di carta confezionate a mano. I villaggi creano piccole e grandi barche in carta, tronchi e foglie di banano, abbellite da fiori e candele.
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I templi
sono illuminati
da centinaia DI LANTERNE DI CARTA CONFEZIONATE
A MANO.
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Per tradizione
sulle barche vengono posti
SOLDI IN OMAGGIO agli spiriti DEL FIUME...
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La sera, le barche vengono portate, in una processione resa suggestiva da canti, preghiere e dalle luci delle candele, lungo le strade Sisavangvong e Sakkaline fino al tempio Wat Xieng Thong, dove vengono esposte e proclamata vincitrice l’imbarcazione più bella. Le barche vengono poi fatte scendere a braccia dagli abitanti dei villaggi, in abiti tradizionali, lungo le scalinate che conducono alle sponde del fiume Mekong e delicatamente affidate alle tranquille acque del fiume, che risplendono così di riflessi dorati, in un rito che simboleggia l’allontanamento delle negatività.
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Per tradizione sulle barche vengono posti soldi in omaggio agli spiriti del fiume affinché proteggano dalla sfortuna, ma la festa onora anche il Buddha celebrando la fine della quaresima buddhista che dura tre mesi, dalla luna piena di luglio alla luna piena di ottobre. Già dal mattino è possibile assistere ai preparativi per la cerimonia, nella quale i monaci novizi svolgono un ruolo di primo piano: creano gli ornamenti per le barche, accendono, quando si fa buio, le lanterne che illuminano e decorano i templi e suonano i tamburi che accompagnano la festa in un ipnotico leitmotiv. Testo di Nadia Ballini e foto di Luca Bracali © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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ES U TIT
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Laos
Informazioni: Laos Tourism
Come arrivare: Si vola su Vientiane in generale dall’Italia facendo scalo a Bangkok.
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Quando andare: Il periodo migliore e’ tra novembre e marzo quando il clima e più secco e fresco. In montagna può fare molto freddo. Il Clima è tropicale-monsonico, caldo umido, con forte pioggia nel periodo agosto-ottobre e temperature più moderate nel periodo novembre-marzo.
Dove dormire: In generale l’offerta sta migliorando, ma quando ci si allontana dalle aree più turistiche le sistemazioni sono più modeste. Nelle grandi città vi sono alberghi di diversa categoria, guesthouse. Nei villaggi è anche possibile dormire presso privati. Fuso orario: + 6h (+5h quando c’è l’ora legale).ù
Documenti: Necessario possedere il passaporto in corso di validità con validità residua di almeno sei mesi. È possibile ottenere il visto turistico valido trenta giorni presso quasi tutti i punti di confine o in aereo. Vaccini: Nessuna obbligatoria. Consigliate: tifo ed epatite. Profilassi antimalarica a seconda dei luoghi visitati e della stagione.
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Lingua: Si parla Laotiano, ma il francese e l’inglese sono abbastanza diffusi nelle località turistiche.
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Religione: 60% buddhista, 38,5% animista, 1,5% cristiana.
Valuta: Kip. Esistono banconote suddivise in tagli da 100, 500, 1.000, 2.000 e 5.000 kip; non ci sono le monete. In genere è accettato il pagamento con dollari americani, anche nei mercatini. Telefono: Il prefisso del Laos è 00856. Nelle città sono abbastanza diffusi gli internet cafè. Il cellulare funziona spesso.
India dell’alto mondo
S I K K I M
INDIA
DELL’ ALTO
MONDO
Primo stato indiano interamente bio, il Sikkim è uno scampolo verde stretto tra Buthan e Nepal, pasciuto sotto le vette buddhiste dell’Himalaya. A Ganktok la frenesia delle megalopoli indiane cede il passo a vallate serafiche, terrazze che disegnano paesaggi ordinati e templi sospesi su cieli benedetti. Testo di Francesca Calò Foto di Eugenio Bersani
Sikkim India dell’alto mondo
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C’
è una conversione in corso. Dall’alto degli Himalaya l’eco del secondo stato più piccolo dell’India si ode forte: il Sikkim, stretto, minuscolo eden verde sorvegliato dal sacro Kangchenjunga, oggi è paradiso bio. Un paese genuino, semplice che ha fatto della resilienza il suo punto di forza. Le foreste ammantano lo stato forse meno indiano del Paese, abbracciato da quei piccoli regni celestiali di Buthan, Nepal e Tibet che lo tengono sospeso sotto lo sguardo lontano di mamma India. Nebbia e nuvole ovattano le vette mistiche più alte al mondo, in un crescendo di paesaggi bucolici che arriva a 8000 metri. Gangtok, la capitale è adagiata a circa 1600 metri.
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L’altitudine e la lontananza da vie di comunicazioni importanti l’hanno preservata dal destino di grande agglomerato urbano e, seppur vagamente disordinata, è una città tranquilla. E green, almeno a suo modo. Verdi sono le case infilate l’una dietro l’altra nel piccolo centro urbano. Verde, emblema di pulizia, ordine. E forse speranza. Di rendere, se non altro, in qualche modo attrattiva una città dove il cemento si stempera sull’orizzonte possente del Kangchenjunga, la terza montagna dopo l’Everest e il K2. Più che per l’architettura urbana, Gangtok è importante per essere un notevole
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centro di cultura buddhista tibetana, con un numero di monasteri importanti. Merita la visita il Namgyal Institute of Tibetology, un museo completato nel 1958 che è il principale istituto di studi buddhisti tibetani al di fuori del Tibet. Da qui si può salire sulla funivia nella vicina stazione di Damovar Ropeway e ammirare la città dall’alto. Ma il miglior punto panoramico sulla città è a sei chilometri, a Ganesh Tok, un tempio da cui godere della vista meravigliosa sulle valli dopo aver magari sorseggiato un tè nel caffè piccolissimo. Chi ha fame può invece provare i momo, deliziosi ravioli al vapore accompagnati da salsa di peperoncino e minestra calda, ottimo per scaldarsi.
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Qui vicino c’è anche l’Himalayan Zoological Park dove si possono osservare i leopardi delle nevi e i panda rossi. Tra gli highlights c’è poi lo Stupa Do Drul Chorten dove si conservano le reliquie di Kangyur e Dorjee Phurba e altri oggetti religiosi. Natura e misticismo sono le due componenti forti di questo effimero territorio. Conifere, corsi d’acqua sinuosi, prati verdeggianti, rocce e monasteri e luoghi di culto che mettono radici dove riescono. Il più grande monastero del Sikkim è a circa 20 chilometri da Gangtok. Il monastero di Rumtek fu costruito sotto la direzione di Changchun
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Dorje durante la metà del 1700 e dopo un periodo di abbandono e degrado, l’edificio è tornato a splendere in tutta la sua bellezza. Lasciandosi alle spalle la città si arriva a quell’incantevole specchio lacustre del lago Tso Lhamo, una pozza blu cristallo che attira migliaia di uccelli migratori a circa 4 chilometri dal confine con la Cina. Il modo migliore per esplorarlo? Partecipando a uno Yak safari, un tour esplorativo in sella al mammifero autoctono degli altipiani tibetani. Oppure più semplicemente scarpinando, prendendo parte ai numerosi trekking.
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Ce ne sono veramente per tutti, è ovvio che se si è mediamente esperti c’è da divertirsi. Lontani ormai da Gangtok, a circa 150 chilometri, chi ha gambe allenate nella bella stagione può spingersi sino alla Yumthang Valley, a più di 3500 metri d’altezza, un tappeto fiorito a perdita d’occhio conosciuto anche come Valle dei Fiori. Per gli amanti del rafting la rotta è segnata dal Tista, il fiume tortuoso color smeraldo che fende il Sikkim. Una scarica di adrenalina pura. Eppure la sfida forse più ardita è quella di sorvolare gli già alti valichi. Una scommessa che intriga in molti, visto il successo del Sikkim Parapendio Festival di ottobre e novembre. Del resto, più in alto di qui c’è solo l’altro mondo. Testo di Francesca Calò e foto di Eugenio Bersani © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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ES UD TIT India dell’alto mondo
India Sikkim
Informazioni: Sul sito Incredible India si possono trovare tutte le informazioni per il vostro viaggio. Come arrivare: Per arrivare in Sikkim bisogna volare su Nuova Delhi, India. Da Delhi bisogna poi volare di nuovo verso Bagdogra, nel Bengala Occidentale. Qui affittare una macchina o salire su un autobus verso Gangtok, la capitale del paese.
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Quando andare: Il Sikkim è soggetto al monsone, di conseguenza il periodo migliore per recarvisi è quello che va da metà settembre/fine novembre fino alla metà del mese di maggio.
Dove mangiare: A Gangtok è possibile richiedere la cena tradizionale del Sikkim che consiste in numerose portate di verdure accompagnate da riso, zuppa, e pollo, servite con la tumba, una deliziosa bevanda di miglio fermentato che viene preparata in un bicchiere di bambù direttamente al tavolo. Nel resto del paese si mangia in semplici ristorantini lungo la strada dove il piatto unico consiste in riso saltato con verdure e carne, accompagnato da birra o te. Un pranzo costa in media meno di 2 euro per persona. Fuso orario: + 4.45 ore rispetto all’Italia.
Documenti: Passaporto con almeno sei mesi di validità, visto per l’India e permesso speciale per il Sikkim da richiedere ai consolati in Italia. Vaccini: Nessuno obbligatorio.
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India dell’alto mondo
Lingua: Nepalese, indiano, inglese. Religione: Buddhismo e induismo.
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Valuta: Rupia del Sikkim. Elettricità: 220Volts.
Telefono: Per chiamare in Sikkim bisogna digitare il prefisso 0091. Acquistare una scheda telefonica locale con traffico voce e internet è in genere la soluzione più economica. In alternativa si possono consultare le tariffe estere previste dal proprio operatore mobile in Italia. Abbigliamento: Si consiglia un abbigliamento sportivo, scarpe da montagne e in generale abbigliamento da trekking. Link utili: Sikkim Tourism
Laguna blues
LOUISIANA
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Laguna blues
Terra fradicia di paludi, foreste e bayou su cui è attecchito il blues e il jazz, la Louisiana è l’anima profonda degli States. La voce della resistenza culturale si snoda tra plantations, città meticce e campi di battaglia della Guerra civile americana seguendo il filo del Grande Missisippi. La capitale? Baton Rouge, ma è l’eclettica New Orleans il piatto più ricco del banchetto. Testo di Lucio Rossi e Francesca Calò Foto di Lucio Rossi
Cat Island
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LO U I S I A N A Laguna blues
Laguna blues
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LO U I S I A N A
È
la città in cui ogni musicista vorrebbe suonare. Almeno una volta nella vita. New Orleans è, innanzitutto la Musica, con tutti gli stereotipi di città dannata e fumosa che si porta dietro. Il jazz e il blues sono la sua quintessenza. Aleggiano per le strade, attirano, divertono i curiosi e commuovono gli appassionati. Sugli spartiti è scritta la sua storia, quella della schiavitù, della ribellione, la piaga malinconica dell’alcolismo, la rivalsa e la joie de vivre di una città che è attraversata da quel flusso conturbante di cultura creola, americana ed europea che la rende unica.
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Fondata dai francesi, ricostruita dagli spagnoli, vissuta come prigione dagli schiavi africani, colorata dagli ispanici del vicino Sudamerica e infine abitata dai caucasici statunitensi, ha un centro antico permeato dallo stile spagnolo e un circondario naturale spettacolare costituito dalle terre della cultura cajun, condensato di origine franco-africana. Dall’animismo africano della religione voodoo, cui è stato dedicato l’Historic Voodoo Museum, alle sfrenate tradizioni del Mardi Gras e del Carnevale di derivazione caraibica, New Orleans offre una molteplicità di manifestazioni folcloristiche tra le più affascinanti
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dell’intero nord America. Ma l’aria carnascialesca si avverte tutto l’anno a Bourbon Street, arteria principale del quartiere francese, nota per i jazz club e i locali dove ascoltare musica. E dato che fare una selezioni dei migliori spot può essere un esercizio complicato, basta partire da un dato concreto: il Preservation Hall è il posto migliore della città, dal 1961 questa associazione culturale ha la missione di preservare il jazz tradizionale di New Orleans e senza dubbio è il posto dove vedere in azione le migliori band di Big Easy (uno dei tanti nomignoli con cui viene definita New Orleans).
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LALIBELA
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Bar e locali spuntano come funghi nel Vieux Carrè, il Quartiere francese, preso d’assalto da quel serpentone di turisti che si riversano speranzosi nella City That Care Forgot, ingozzandosi di gumbo e sorseggiando un’America languida. D‘altra parte, questo è uno dei pochi posti del civile Nuovo Continente dove è permesso bivaccare in strada consumando alcolici e lasciandosi persino andare ad altre perdizioni. E se la musica detta la melodia, il cibo stabilisce il ritmo. Il tempo nella Crescent City non si misura in ore e giorni, ma con i pasti. Mangiare a New Orleans, è un’esperienza culinaria che abbraccia un’ampia gamma di cucine. Dalla cajun e creola alla soul a quella più contemporanea di ispirazione francese.
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Lo street food è il piatto pop, come una performance improvvisata per strada o nella centrale Jakson Square, ma l’alta cucina, con chef stellati che imbandiscono ineguagliabili sinfonie di sapori, tocca note inarrivabili. Merita la sosta l’antico Cafè du Monde non fosse altro per testare la veridicità attorno alla bontà dei leggendari beignet fritti, addentati alzando polveroni di zucchero a velo. Buoni, buonissimi. E gli hipster? Si aggirano nella zona portuale di The Warehouse conosciuta come Arts District, un quartiere eclettico noto per essere anche la SoHo del sud, mentre in Magazine Street gallerie d’arte, ristoranti stellati, negozi chic fanno capolino tra le ville vittoriane.
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A far capire che questa è una città di passaggio, un porto da cui si arriva o si parte, ci sono la Natchez e la American Queen, i classici battelli a pale che solcano il Mississippi. Un dejavu, penseranno in molti, ma la crociera a bordo di uno di questi classici è un modo per entrare in contatto con la vera natura della città e del grande fiume e scoprire quanto le loro sorti siano intrecciate. E se New Orleans è la capitale morale della Louisiana, anche Baton Rouge, la capitale amministrativa, vale una visita. Votata come una delle South’s Best Foodie Cities offre occasioni imperdibili per conoscere la cultura e la storia dello stato. Tappa obbligata il Louisiana State University Museum of Art, lo Shaw Center for the Arts e il Louisiana Arts and Science Museum. Per finire sul rooftop del museo da dove lo sguardo spazia sul placido scorrere del Mississippi. La Great River Road tra New Orleans e Baton Rouge un tempo era costellata di plantation e di chilometri a perdita d’occhio di fattorie. Opulente magioni regnavano sui territori, circondate da capanne per gli schiavi neri ed altri edifici. Solo poche di queste plantation esistono ancora, e molte sono aperte al pubblico, come la Magnolia Mound Plantation, risalente al 1791. Quasi a metà strada, Donaldsonville ai più suonerà sconosciuta.
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In realtà merita una sosta perché nel 1830 fu capitale della Louisiana e ancora conserva edifici storici di un certo pregio, ma soprattutto per il River Road African American Museum, un piccolo museo molto suggestivo in cui si concentra la tragica storia dei neri americani durante la schiavitù. Poi c’è quella struggente Highway 61 a portarti fuori la città, tra piantagioni, paludi, fango, serpenti e zanzare, in un trip musicale che accompagna il sound del grande fiume, a cui il Nobel Bob Dylan, in tempi non sospetti, dedicò un album riconosciuto come pietra miliare della storia della musica.
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Infine, nella contea di Terrebonne, nei pressi di Houma, ci si imbarca per il più classico degli swamp tour e si galleggia nelle acque scure accompagnati dagli alti cipressi vestiti dal muschio spagnolo che pende dai rami come lunghe barbe (in realtà si tratta di una pianta della famiglia delle Bromeliacee, la Tillandsia Usnoides). Si serpeggia lentamente tra i bayou del grande Delta, attraversando canali e isole abitate da alligatori e aquile di mare. E a boccate di armonica blues si ristorano le fauci affamate e gli spiriti in cerca di pace. Testo e foto di Lucio Rossi © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Canada Louisiana
Informazioni: Come arrivare: Informazioni utili sulvolano sito uffidall’Italia ciale di Louisiana Travel Diverse compagnie al Canada, ma la più New Orleansè Convention economica solitamente &AirVisitors TransatBureau che collega Roma con Travel South USA Toronto e Vancouver. Una volta in territorio canadese bisogna Per materiale e informazioni in italiano consultare il sito di Visit prendere un volo interno per raggiungere Whitehorse e USA Association Italy. lo Yukon Territory (Air Canada, Air North le compagnie più gettonate). Dalla Germania c’è però l’opzione volo diretto Come arrivare: con la Condor Airlines, della che vola su Whitehorse durante i mesi Il principale aeroporto Louisiana è il Luis Armstrong estivi. QuestaAirport si riveladispesso la soluzione piùda conveniente International New Orleans, servito tutte le più per raggiungere lo Yukon dall’Europa. Noleggiare importanti rotte continentali e collegato anche adun’auto alcune capitali europee, in particolare Amsterdam. Sono numerosissime per raggiungere il Grande Nord da Toronto può essere le autostrade interstatali, che7000km) consentono di raggiungere tutti gli molto costoso (sono circa anche se panoramico stati confinanti Da in brevissimo maèmolto e avventuroso. Vancouvertempo, il tragitto inveceeffi piùciente breveèeanche il trasporto ferroviario. Gli spostamenti fluviali lungo il corso del anche più spettacolare (si attraversano tre ecosistemi diversi tra Mississippi costituiscono un sistema di trasporto molto attivo. cui il deserto intorno al fiume Fazer a Cache Creek e la tundra in Bristish QuandoColumbia). andare:
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Il clima di New Orleans è influenzato dalla sua latitudine Quando andare: subtropicale e dalla sua vicinanza al Golfo del Messico, quindi per quasi tutto l’anno è caldo e umido. Il momento migliore Clima: Il periodo migliore per visitare il Canada e in particolar per visitare la città è da febbraio ad aprile, quando il tempo più modo lo Yukon Territory è solitamente da metà maggio a fine favorevole coincide con sono i due gradevoli eventi piùespettacolari di New agosto. Le temperature le precipitazioni meno Orleans, il Mardi Gras e la Jazz Fest. frequenti. Sicuramente da evitare il periodo tra marzo e aprile quando lo scioglimento della neve, oltre a causare inondazioni Documenti: in tutto il paese, scopreeinfi nite distese diESTA erbada bruciata dal via Passaporto elettronico autorizzazione richiedere gelo. Meraviglioso è invece il mese di ottobre, corrisponde internet al sito dedicato. L’autorizzazione costache 14 dollari e va all’inizio breve autunno. Le immense dell’Ontario ottenutadel prima di partire e portata con séforeste al momento del checke Rockies siDal colorano, questo di un’ infi nita indelle in aeroporto. 1 aprilein 2016 nonperiodo, è più possibile viaggiare con il VisadiWaiver Program muniti di passaporto quantità sfumature tra il senza rosso eessere il giallo. elettronico, anche se già in possesso dell’autorizzazione ESTA. E’necessario pertanto richiedere un passaporto elettronico nuovo e una nuova autorizzazione ESTA o richiedere il visto non immigrante.
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Lingua: Dove mangiare: Americano, è unsono inglese modificato da molti in Nello Yukonche i prezzi ovunque piuttosto alti, termini si consigliano slang. In generale meno formale dell’inglese. soprattutto i dining a bordo strada, specie se frequentati da camionisti, che possono riservare anche esperienze pittoresche Religione: e “indigene”, meno turistiche. Il prezzo medio per una colazione 28% cattolici, 51,4% protestanti, 3% altri riti cristiani, 4,5% altre (uova, bacon, patata e pane) o un pranzo tipico (hamburger e religioni. In Louisiana vengono ancora praticati riti voodoo. patatine) si aggira intorno ai 10/15 euro. Valuta: Viaggio organizzato: Dollaro americano. Il tour operator Viaggi dell’Elefante propone l’itinerario di 14 giorni “Gran Tour Alaska & Yucon” con partenze il 13 giugno e Elettricità: 110V. Necessario un adattatore. l’8 agosto 2015. Prezzo a partire da 3120 euro a persona. Telefono: Fuso orario: Alcuni telefonici permettono Da – 6 operatori sulla East Coast a – italiani 9 sulla West Coast. di chiamare dagli Usa con sim italiana a una tariffa flat giornaliera con inclusi minuti, sms e traffico internet. Si consiglia di contattare il Documenti: proprio operatore mobile. Passaporto con validità a 6 mesi.
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Abbigliamento: Vaccini: Nel periodo estivo, è consigliabile portare dei vestiti leggeri e Nessuno. qualcosa per proteggervi dal sole. Portate un maglione per le serate più fresche. In ogni stagione è utile un impermeabile. Lingua: Suggerimenti: Inglese e francese. Per ripercorrere la storia della schiavitù lungo il Mississippi visitate il River Road African-American Museum a Valuta: Donaldsonville. Se siete da queste parti un giro tra le paludi è Dollaro canadese. un’esperienza da non perdere, potete dirigervi a Gibson, nel Black Bayou, e mettervi nelle mani del Capitano Billy Gaston.
Benvenuti al Nord
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oba da inconscio. Preferisco sbalordirmi come la prima volta quando vedo questo cielo nero, nel buio della notte, che improvvisamente, senza rumore, senza preavviso, si anima di draghi verdi, che si agitano, si avvinghiano tra di loro, corrono di qui e di là, con la coda nervosa, svaniscono, poi tornano e svaniscono di nuovo. Resto sbalordito, anche davanti ai baffi più minuscoli, alle strisciate più sbiadite. Ma quella notte nel silenzio dei boschi di Jukkasjärvi,Svezia, contea di Norrbotten estremo nord del paese, la più grande e la meno popolata contea svedese -visto che è più adatta a linci, renne, volpi artiche più che all’uomo - devo aver assistito a una delle aurore boreali più straordinarie mai registrate.
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Draghi verdi agitati a decine, e poi nuvole verdi strisciate dal vento, ma non c’era vento, macchie improvvise lunghe e luminose a occupare tutta la volta del cielo visibile. E per un tempo straordinariamente lungo. Non se ne andavano più i draghi. Nel silenzio più totale, naturalmente, perché lo spettacolo aveva ammutolito tutti. Insieme a un freddo capace di sigillare le labbra e bloccare i muscoli facciali. Si era arrivati lì in motoslitta, partendo nella notte artica dall’Ice Hotel. Bell’albergo nordico, a ridosso di un lago in quel periodo ghiacciato
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(era la fine dell’inverno, da poco fuori dal buio perenne) e a un minuscolo villaggio di case di legno. Un hotel fatto di tanti piccoli caldi accoglienti chalet dentro un parco innevato. Ma per i veri fan del freddo, anche una parte fatta di stanze di ghiaccio. Da qui il nome e la fama. Pareti di ghiaccio, letti di ghiaccio, sculture e scenografie di ghiaccio di vari temi perchÊ gli architetti si sono sbizzarriti a dare un tema specifico per ogni stanza. Temperatura 5 gradi sottozero, piÚ o meno, ma siccome fuori ce ne sono 30 sottozero, ti sembra di stare al caldo. Si dorme, per una gelida esperienza, dentro sacchi a pelo doppi, tripli, forse cercando il senso della vita.
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CosĂŹ in una notte nera e gelida si era partiti lasciando il caldo chalet in motoslitta per la foresta. Tante motoslitte, un branco di motoslitte,in quei micidiali ma fantastici raid notturni nel gelo e nella magia che si usa fare da queste parti, scafandrati dentro moderne e spesse fibre tecnologiche, lungo piste bianche,tutti in fila indiana come fanno i lupi quando si trasferiscono da un territorio di caccia a un altro, in un paesaggio bianco, il vento che supera il parabrezza e ti spruzza in faccia la neve sollevata dai cingoli del lupo che ti precede, le mani sul manubrio che pensi di non riuscire piĂš ad aprire, in un mondo che
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nella stagione giusta è tutto meravigliosamente candido. Certo deve piacerti il freddo. La purezza che ti trasmette. La semplicità, del freddo. Anche nei colori. Un colore solo, a dire il vero. Per fortuna in mezzo alla foresta c’è una struttura di appoggio, un bel fuoco, e una cena calda. Le stesse piste poi si erano fatte di giorno in un bianco abbacinante. E poi un’altra volta ancora di notte. Stavolta non in branco ma su una grande slitta trainata a motore per raggiungere una grande radura, accendere un fuoco in mezzo alla neve, stare nel silenzio ad aspettare i draghi nel cielo e, ancora, forse chiedersi il senso della vita in questa immensità e questi silenzi.
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Di giorno c’è un posto piacevole da vedere, un’azienda sami (una volta li chiamavamo lapponi, sbagliando, solo perché abitano in Lapponia), si chiama Nut e gestisce un piccolo insediamento, il Reindeer lodge, vicino all’Ice hotel, sul fiume Torne, dove tengono una settantina di renne, ci sono quattro piccoli chalet, più spartani di quelli dell’Ice hotel ma da vivere con un altro spirito. Si è in mezzo ad una foresta di abeti e il profumo selvatico delle renne penetra dalla finestra. Insieme al piacere che di solito ti dà il contatto diretto con la natura. Eco-turismo lo chiamano qui. Gli stessi sami gestiscono un micro museo nel centro di Jukkasjärvi, ti raccontano la vita lappone di
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un tempo, dentro la ricostruzione di una tenda lappone. Jukkasjärvi è a 20 minuti da Kiruna, il centro più settentrionale della Svezia, 145 chilometri oltre il circolo polare artico. Consueta, linda, città svedese. Con una particolarità: praticamente sta sopra una miniera. Cioè sopra il vuoto di una miniera. Era stata costruita nei primi del Novecento quando era stata scoperta un grande giacimento di ferro. Si era cominciato a fare gli alloggi per i lavoratori, poi una casa dopo l’altra, è nata una città. Un po’ strana a dire il vero. Senza un vero centro, una piazza, un qualcosa che faccia pensare a una comunità che si raccoglie, linda, ordinata, certo, linda ma confusa e asettica.
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Scoperta la miniera cresceva la città, che ora ha 23mila abitanti, e si allargava la miniera. Anche troppo. E’ diventata la più grande miniera di ferro del mondo, gestita direttamente dallo Stato. Ogni giorno produce tante migliaia di tonnellate di ferro che in volume fanno una palazzo di una dozzina di piani. Tutti qui lavorano dentro o per la miniera. Sembra che il giacimento sia profondo 2000 metri e si espanda in orizzontale per chilometri. Così la miniera è stata allargata, si è scavata una ragnatela di tunnel che sta minacciando la stabilità delle case. E allora nel 2014 si è cominciato a pensare ad un piano per spostare la città in un’area più sicura. Insomma buttare giù qualche quartiere e ricostruirlo tre chilometri più in là. Mica una cosa da poco, due o tremila tra case, condomini, scuole, negozi. Compresa una magnifica chiesa a forma di tenda lappone, costruita nel 1912 e dichiarata edificio più bello della Svezia qualche anno fa. Che in fondo è l’unica cosa da ammirare. Non ci si può aspettare molto da una città mineraria, in fondo, se non il racconto della sua storia. Ci si deve passare per andare nel parco nazionale diAbisko, 250 chilometri a nord del Circolo Polare Artico. Sono 93 magnifici chilometri su una strada nera senza traffico dentro un paesaggio bianco di foreste e ghiaccio. Per metà percorso si costeggia un lago e si arriva al villaggio AbiskoÖstrae poi la strada entra in uno dei parchi più antichi d’Europa, istituito nel 1909.
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C’è un hotel, si chiama AbiskoTuriststational solito fatto da una costruzione centrale e da tanti piccoli piacevoli chalet. Persino caldi. Con tutto quel che serve per una vita autonoma. Volendo si va a far la spesa nell’unico supermercato del villaggio e ci si cucina la carne di renna direttamente a casa. Poi si decide cosa fare. “Sci alpino, fuoripista o sci di fondo, telemark, ciaspolate o sleddog, pesca nel ghiaccio, esperienze di vita con la popolazione indigena dei Sami” dicono i dèpliants. D’estate “ trekking nelle foreste boreali, escursioni lungo fiordi, canyon e cascate, speleologia, pesca alla mosca”. In questo caso nella acque del lago Tornetrask. D’estate dev’essere una
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meraviglia cristallina. In questo momento è ghiacciato. Ci si arriva da sponde scoscese e scivolose per camminarci sopra e fotografare le più incredibili forme che il ghiaccio ha creato sulle sue sponde. L’hotel “fornisce” pure un fotografo locale per insegnarti il modo migliore per fotografare il ghiaccio, da sopra, da sotto, da vicino, da lontano. Silenzio, foreste intorno, qualche casa lontana sulla sponda opposta, la neve che scricchiola sotto i piedi, i capanni dei pescatori che d’estate passano le giornate qui e adesso sono coperti di neve. E sempre questo paesaggio immenso intorno. Quando viene buio si va a vedere l’aurora boreale, naturalmente. Si tenta.
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Qui hanno costruito l’Aurora sky station sul Monte Nuolja, 900 metri di altezza,forse il luogo dove la possibilità di vedere aurore boreali è la più alta in tutto il Nord. Una seggiovia per raggiungerla, aperta, vecchio stampo, quelle che da noi non si usano più, con la barra di ferro davanti per non cadere giù, gelida. Dura poco ma ci si deve bardare adeguatamente nella sala vestizione. A disposizione enormi tutone termiche, guanti, cuffie. Si arriva su e c’è una specie di bar ristorante con tutte le vetrate intorno, temperatura percepita intorno aitrenta grandi, sopra. Si procede alla svestizione, che richiede lo stesso tempo della vestizione. Si beve caffè caldo, cioccolata calda, qualcuno birra. Calda. Le candele ad ogni angolo e su ogni tavolo, luci basse e il crepitio della legna che brucia nel caminetto. Lo standard dell’atmosfera nordica. Fuori, secondo le statistiche dovrebbe essere una delle duecento notti all’anno da cielo super stellato e aurora boreale garantita. Invece c’è la nebbia. Una bella nebbia che fa solo intravedere le luci dell’abitato in fondo alla valle e niente stelle. Tantomeno aurore boreali. Meno male, in fondo. Mi sarei dovuto sbalordire per l’ennesima volta. Testo di Lucio Valetti e foto di Sergio Pitamitz © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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ES U TIT
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Svezia
Informazioni: Per informazioni consultare il sito di Visit Sweden.
Come arrivare: Per arrivare ad Abisko si vola a Kiruna via Stoccolma -con la SAS o da quest’anno anche con la compagnia low cost Norwegiane da lì si continua in bus o treno oppure noleggiando un’auto per 100 km direzione ovest.
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Quando andare: In Abisko il clima è freddo e temperato. In Abisko esiste una piovosità significativa durante l’anno. Anche nel mese più secco vi è molta piovosità. Se lo scopo è quello di avere qualche probabilità di vedere l’aurora boreale, il periodo migliore è da novembre a marzo. Per il sole di mezzanotte il periodo migliore è da inizio giugno a metà luglio.
Dove dormire: A Kiruna lo Scandic Ferrum, Lars Janssonsgatan 15, albergo moderno e pratico nel centro dell’abitato. Nel Parco nazionale di Abisko, l’AbiskoTuriststation, l’unica struttura ricettiva disponibile. Ci sono camere tradizionali ma si può più piacevolmente alloggiare in piccoli cottages totalmente autonomi. A Jukkasjärvi,l’Ice Hotel (Marknadsvagen 63), famoso albergo che attira ogni anno circa centomila visitatori oltre agli ospiti. Ha camere tradizionali, piccoli chalet in un grande parco e un’ala che lo ha reso famoso: stanze completamente di ghiaccio, dal letto ai comodini arredate in modo artistico da vari scultori.
L
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U TIT
E C L E T T I C A
Brunico
M O N T A G N A
Il tempo non si è fermato, nonostante paesaggi idilliaci e natura intatta possano indurre a pensare il contrario. Brunico, in Val Pusteria, è una cittadina vivace, orgogliosa del suo antico passato e che strizza l’occhio al futuro. Testo e foto di Arturo di Casola
LAT 46,47
B R U N I C O
Sarà che il silenzio è figlio delle montagne, e con esso della pace che dona la vista delle montagne che avvolgono, non proprio da vicino, Brunico. Qui non c’è posto per i panorami drammatici, quelli fatti tout court di roccia, ma di scenari verdi, che diventano bianchi d’inverno.
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BRUNICO S
ilenzio. E’ quello che si sente -ammesso si possa sentire il silenzio- arrivando a Brunico in
treno. Con quel trenino composto e colorato che percorre la Val Pusteria da Fortezza a San Candido. Il silenzio degli alberi, quello delle montagne ammantate di verde. E’ lo stesso silenzio che si avverte a Brunico all’imbrunire: quando chiudono i negozi di Via Centrale, non si odono più i passi e le auto diventano rade lungo Via Bastioni. La magia è quella delle luci delicate ed eteree che avvolgono Piazza Municipio, mentre quelle che fuoriescono dalla Biblioteca Civica e Universitaria, conferiscono a Brunico sembianze di città contemporanea. Sarà che il silenzio è figlio delle montagne, e con esso della pace che dona la vista delle montagne che avvolgono, non proprio da vicino, Brunico. Qui non c’è posto per i panorami drammatici, quelli fatti tout court di roccia, ma di scenari verdi, che diventano bianchi d’inverno.
Non c’è spazio perché Brunico, pur recitando d’estate e d’inverno il ruolo di centro turistico di montagna, è una dinamica cittadina a sé stante, con una propria vita artistica e culturale, e con un’architettura contemporanea che si fa guardare: non solo quella del Comune, che domina l’ampio spazio di Piazza Municipio, ma quella della recente -è del 2013- Biblioteca Civica ed Universitaria -non è cosa da poco una facoltà universitaria, quella in Management del Turismo, dello Sport e degli Eventi, in una Brunico di soli 16 mila abitanti-, chiamata LibriKa, un parallelepipedo dalla forme irregolari che contribuisce, sicuramente, a quel patrimonio di economia, ambiente, welfare e appunto cultura, che ha fatto diventare Brunico, nel 2014 e nel 2015, il borgo più felice d’Italia, tra i comuni con popolazione compresa tra 5 mila e 50 mila abitanti. E il bello e il buono della biblioteca non è un caso isolato.
La palestra per l’arrampicata sportiva inaugurata a Brunico nell’estate del 2015, è la più grande d’Europa.
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BRUNICO Perché una nuova opera architettonica, la palestra per
l’arrampicata sportiva inaugurata a Brunico nell’estate del 201
è la più grande d’Europa. Visibile dall’esterno come un sussegu di volumi trasparenti, presenta all’interno un contenuto assai interessante, con vari livelli, interrati e non, un bar affacciato
sulla parete principale d’arrampicata, che non è neanche l’unic visto che, tra interno ed esterno, per principianti e non, le
superfici destinate su cui arrampicarsi sono numerose. E vicin a questa cittadella dell’arrampicata è programmato anche il
nuovo stadio del ghiaccio, programmato per il 2018. Un’altra
15,
pedina, quest’ultima, di quella Brunico sportiva da primato
uirsi
che prende sempre più forma e che è, allo stesso tempo, anche
ca
no
vetrina architettonica. Ma se le superfici da arrampicata della palestra riproducono quelle delle montagne, queste ultime sono esposte, raccontate ed elette a soggetto da sognare, nel Messner Mountain Museum Ripa nel Castello di Brunico. Una delle sei tappe dell’originale progetto museale intrapreso, in Alto Adige, da Reinhold Messner.
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FOTO GALLERY
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Nel Castello si racconta la vita e la cultura dei popoli di montagna in tutti gli angoli del mondo perché, come dice lo stesso Messner, la cultura dei popoli montani è unica, pur tra le dovute differenze. E un’altra storia, quella raccontata dalla Famiglia Aichner, attende al termine della breve strada, solo 3 km., che da Brunico conduce alla frazione alta di Riscone, seguendo la strada in salita dopo il Castello. Una storia semplice, di una famiglia che apre un hotel, il Petrus, lo migliora anno dopo anno rendendolo sempre più bello e confortevole, fa sì che le camere affaccino sui prati e da finestre e balconi il panorama circostante entri a far parte della camera, e pensa di dare una seconda vita al legno di un vecchio maso recuperandolo, laddove possibile, nella nuovissima spa. E, last but not least, ha un’idea felice: mostrare i volti dei componenti della famiglia -cane compreso, Lila, dolcissimo !- e del personale in foto, perfino stampate su legno, esposte lungo scale e corridoi dell’hotel. Dopo tutto, anzi innanzitutto, prima del design e dell’architettura, ci sono gli uomini. Che bello.
T E S TO E F OTO D I : A RT U RO D I C A S O L A
CONTRIB A RTURO D I C ASO LA W r i t er & P h o t o graph er
Mi sento dire spesso: “Ma non ti scocci a viaggiare da solo?” E chi l’ha detto che viaggio da solo ! Siamo sempre in due, io italiano lei giapponese: coppia mista. Prima lei era analogica, poi digitale, ma non ha cambiato nome: Nikon. E’ un’ottima compagna di viaggio, basta un click e c’intendiamo a meraviglia.
BUTORS E se c’è una cosa in cui andiamo molto d’accordo è cercare storie nascoste e interessanti. Ah, devo confessare che negli ultimi tempi siamo spesso in tre. C’è anche mia moglie: anche lei giapponese... Progetto grafico di Giulia Filanoti
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Informazioni
INFO
Associazione Turistica Brunico Kronplatz Turismo Piazza Municipio 7, Brunico, tel. 0474 555722
Come arrivare IN TRENO Brunico dista da Bolzano 1h30, con cambio a Fortezza, da dove parte la linea per San Candido che attraversa la Val Pusteria. IN AUTO Da Bologna: autostrada A1 in direzione di Milano, uscire a Modena Nord e prendere l’autostrada A22. Continuare fino a Bressanone da dove si segue, infine, la strada della Val Pusteria fino a Brunico. Da Milano: autostrada A4 in direzione di Verona, da dove si prende l’autostrada A22. IN AEREO Gli aeroporti italiani più vicini sono quelli di Bolzano e Verona. Al primo arrivano solo voli charter, ma non in questa stagione, mentre Verona è collegata con voli di linea con alcune città italiane.
Dove dormire A 3 km. dal centro di Brunico, nella frazione di Riscone dalla quale partono le cabinovie per Plan de Corones, l’Hotel Petrus è un’ottima scelta. Un 4*S al quale non manca proprio niente: dalle camere e suite molto confortevoli e affacciate sul verde, alla cucina dello chef Rudi Leimegger, delicata e premiata da Gault & Millau, e alla spa e all’area benessere, di recente apertura e che offrono validi motivi per non mettere il naso fuori dall’hotel.
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Dove mangiare
Se la cena è di rigore al Kaminstube, il ristorante del Petrus, che rientra tra l’altro nella mezza pensione dell’hotel, a pranzo si possono assaggiare i
piatti del concept store PUR Südtirol che prepara ogni giorno due pietanze diverse. A meno che non ci si voglia concedere la cucina stellata, ma senza essere pretenziosa, di Karl Baumgartner al ristorante Schöneck, nei dintorni di Brunico. E per dessert? Le eleganti creazioni di Andreas Acherer, nell’omonima pasticceria in Via Centrale. Infine, per acquistare degli ottimi vini, e ricevere consigli colti sul tema, l’enoteca Harpf, nel centro di Brunico, merita una visita. Anche per apprezzare l’architettura interna del negozio.
Suggerimenti Dove andare: Al Messner Mountain Museum Ripa, nel Castello di Brunico, sulla strada che porta a Riscone. Una full immersion di montagna, affrontata dal punto di vista della vita e della cultura dei popoli che vivono sui monti. E per fare un salto nel passato, entrando in masi antichi e vedendo orti e attrezzi di quella che era la vita rurale di un tempo, il Museo provinciale degli usi e dei costumi dell’Alto Adige a Teodone, nei pressi di Brunico, è un luogo affascinante anche per fare una passeggiata nel verde tra animali da cortile.
Link utili Südtirol Regione turistica Plan de Corones