Sommario
Foto Lucio Rossi
Tanzania L’Africa in un’isola
Perù Il Perù prima degli Inca
Lovanio Brindisi fiammingo
Mantova Viaggio nel limbo di una città
Svizzera Belalp Hexe. Le streghe delle nevi
Gennaio 2015
Redazione:
Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com
Hanno collaborato
Gisella Motta, Pier Vincenzo Zoli, Giulia Castelli, Elena Brunello, Arturo Di Casola
Fotografi
Gisella Motta, Mauro Camorani, Mario Verin, Lucio Rossi, Arturo Di Casola
Pubblicità
MPMedia Adv info@mpmedia-adv.it
Foto di: Mauro Camorani
n째75 Gennaio 2015
Direttore Responsabile Eugenio Bersani
eugenio@latitudeslife.com
Photo Editor
Lucio Rossi
lucio@latitudeslife.com
Sales Manager
Lanfranco Bonisolli
lanfranco@latitudeslife.com
Redazione
Elena Brunello
elena@latitudeslife.com
Graphic
Arianna Provenzano
arianna@latitudeslife.com
Social Media Manager
Marco Motta
marco@latitudeslife.com
Titolo
Titolo
Tanzania
Lat 06,18 S L’Africa in un’isola
Tanzania, isola di Mafia. Il Sunday Times l’ha definito «una delle migliori 10 spiagge segrete del mondo». Da un’estremità all’altra misura 50 chilometri, ma contiene in sé tutta l’Africa. Testo di Giulia Castelli Foto di Mario Verin
TA N Z A N I A L’Africa in un’isola
L’AFRICA
L’Africa in un’isola
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cimmie, i baobab, i villaggi coi tetti di paglia, le palme da cocco e una preziosa, quanto elusiva, colonia di ippopotami nani. Tutto il resto è mare, anzi oceano, che si alza e si abbassa per effetto della marea. Sommerge spiagge di mangrovie fino alla chioma degli alberi, avanza e si ritira a cicli di 6 ore lasciando sulla costa un ghiotto bottino di polpi e conchiglie che i pescatori si affrettano a cercare. Quando la grande onda arriva, inonda Chole Bay di pesci di grande taglia e il mare diventa un acquario per la felicità degli appassionati di diving.
L’Africa in un’isola
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I più audaci vanno ad aspettarla al Kinasi pass, il canale di mare profondo 20 metri che immette nella baia. Un mosaico sommerso così variegato ha portato a dichiarare l’isola, col suo arcipelago di satelliti, un parco marino dal 1995 gestito dal WWF. Arrivarci è già un remake da film “La mia Africa” (Sydney Pollak,1985), che fa tornare alla memoria le acrobazie avventurose e romantiche di un Robert Redford pilota.
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Anche noi decolliamo, all’aeroporto di Dar es Salaam con un Cesna 12 posti che vola a vista sopra alle grandi pianure, sorvola il delta del fiume Rufiji e vira a est in pieno Oceano. Trenta minuti di emozione pura, poi finalmente compare l’arcipelago di cui Mafia è l’isola più grande. La pista di terra di Kilindoni è un brulicare di bambini incuriositi dall’arrivo dell’aereo. Lo sportello si apre ed è come scendere da un’automobile, coi bagagli praticamente in mano.
L’Africa in un’isola
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Un fuoristrada ci attende per attraversare villaggi e piantagioni, tra scossoni, palme, donne che camminano sul ciglio della pista polverosa coi cesti in testa carichi di noci di cocco, portati con straordinaria eleganza, archetipo dell’Africa scontato, ma pur sempre attuale. Uno stop obbligatorio all’ufficio del parco per registrarsi e, terminata quest’ultima burocrazia, in pochi minuti si arriva alla meta, il Pole Pole Resort. Penzola un cartello con la scritta karibuni che in swahili significa “benvenuti”, mentre pole pole vuol dire “piano piano”, in omaggio alla pacata lentezza dell’indole indigena.
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Sotto al grande gazebo in makuti si ammira l’abilità con cui sono costruiti i tetti, un complesso intreccio di foglie di palma annodate, tegole vegetali chiamate appunto makuti. E’ il nostro primo incontro anche con la bevanda locale: una noce di cocco da cui spunta una vistosa cannuccia, che conserva il liquido dentro perché non è ancora matura, graziosamente ornata da fiori di frangipane. La scenografia è all’altezza delle promesse, ma il mare ancora non si vede. L’inquietudine scompare presto, quando dalla veranda del lodge la vegetazione si dirada di fronte alla baia verde azzurra.
L’Africa in un’isola
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Come accoglienza turistica, Mafia è una piccola enclave italiana nata dal sogno romantico di Massimo e Katia lui imprenditore, lei antropologa - e dalla loro comune passione per il mare. Dopo aver comprato i Mafia Lodge, unica struttura ricettiva un tempo presente sull’isola, conosciuta solo da pochi appassionati di diving, maturano l’idea di uno spazio più sofisticato che si addica al fascino primitivo di questo paesaggio miracolosamente rimasto fuori dalle rotte del turismo di massa. Sette ecolodge di lusso realizzati con criteri di bio-architettura, con un rigoroso impiego di materiali tradizionali. Un sogno che con gli anni acquisisce sensibilità sociale attraverso la fondazione della Onlus Karibuni, che oggi conduce numerosi progetti, tra cui la gestione di un dispensario pediatrico aperto tutto l’anno, di una scuola, il microcredito Rosa che finanzia copperative di lavoro femminili, le adozioni scolastiche e molto altro. Questa felice relazione degli italiani con l’isola ovviamente accresce l’atmosfera di accoglienza e familiarità nel piccolo villaggio di Utende, a poche centinaia di metri dalla spiaggia e dai lodge che offre lavoro ad alcuni di loro.
L’Africa in un’isola
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A parte questo, la natura è la vera protagonista, da ammirare passeggiando tra le mangrovie del lungomare, non senza prima aver calcolato il ciclo della marea che in un batter occhio chiude la via di ritorno. Dal Pole Pole in dieci minuti si raggiunge la spiaggia dove attracca il ferry di collegamento con gli altri isolotti dell’arcipelago. Chole e Jibondo sono percorse da un ordito di sentieri che penetrano la fitta la vegetazione di ficus, papaie, banani dalle grandi foglie, ananas, manghi e alberi di anacardi. Abitati da villaggi di pescatori che costruiscono piccole imbarcazioni in legno di tek e di mango. In passato queste
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isole furono protagoniste di una stagione fiorente di commerci, gli arabi ne avevano fatto uno scalo come si vede dai resti delle antiche residenze di pietra, ruderi ormai inglobati dalle gigantesche radici dei ficus. A Chole la nota più originale sono i bungalow costruiti in cima ai baobab, surreale resort per ospiti che non soffrono di vertigini. All’interno della baia la profondità del mare non supera i 12 metri, questo facilita l’osservazione dei fondali (snorkeling) frequentati da sgargianti branchi di pesci, soprattutto là dove la barriera corallina crea nascondigli e quinte rocciose.
L’Africa in un’isola
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Una vera emozione è la presenza degli squali balena che si possono avvistare sul versante settentrionale di Kilindoni a partire dal mese di ottobre. Raggiungono fino a 14 metri di lunghezza e possono vivere 150 anni, ma non c’è da preoccuparsi perché sono del tutto innocui nei confronti dell’uomo. Siamo in una tra le più straordinarie oasi marine, gestite dal WWF internazionale. Altra attrazione è la schiusa delle tartarughee tra luglio e settembre. Mentre l’escursione in barca più sofisticata sono i banchi di sabbia che emergono e scompaiono con la marea, effimeri e meravigliosi in mezzo all’oceano sotto a un velo di mare trasparente. L’Africa selvaggia, quella della savana e della giungla è nell’entroterra. Bisogna percorrere, ovviamente con un fuoristrada, l’unica sterrata che attraversa l’isola da sud a nord, respirare la polvere, sopportare l’umidità tropicale che si appiccica alla pelle, godere ogni singolo odore di questa natura esagerata fino a raggiungere l’estremità opposta. Qui il guardiano del faro ci mostrerà dall’alto tutta l’estensione dell’arcipelago.
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La costa è un tavolato roccioso, quando la marea si ritira lascia scoperte alla vista colonie di anemoni, alghe, coralli e una minuscola fauna che giustifica il via vai di pescatori e di nasse. Le barche a bilanciere sono le più adatte alle acque basse, tuttavia molti pescatori preferiscono esplorare i fondali con la maschera per stanare un polpo
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intrappolato dalla bassa marea. Poi viene acceso un fuoco per arrostire il pescato e fare colazione. “Quello che manca qui non è il cibo, ma le medicine, l’istruzione, le zanzariere”, spiega Cecilia La Rosa, dottoressa romana che dirige il progetto salute di Karibuni. Il resto è un paradiso. Testo di Giulia Catelli e foto di Mario Verin © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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L’Africa in un’isola
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Tanzania
Informazioni: Ambasciata in Italia - Via Cesare Beccaria, 88 - 00196 Roma. Tel. 06 36005234. Consolato: Via Santa Sofia 12, Milano, tel 0258307126.
Viaggio organizzato: L’agenzia Evolution Travel (www.evolutiontravel.it) propone un pacchetto di 10 giorni (7 notti) con prezzi a partire da 1127, alloggiando al Mafia Lodge e 1463 euro alloggiando al Pole Pole Resort Conviene anche aggiungere l’estensione al parco del Selous o del Ruaha per una full immersion nella natura selvaggia della savana africana.
Come arrivare: Numerose compagnie aeree volano a Dar Es Salaam (Alitalia/ Etihad, Qatar, Turkish, sono tra le più economiche). Durata del volo 10 ore con arrivo la sera e pernottamento a Dar (lo Slipway, il quartiere degli “occidentali” sul lungomare, ha una ricca offerta di alberghi). I voli interni per Mafia (30 minuti) sono giornalieri ma si deve prenotare in anticipo. Velivoli da 5 o 12 posti gestiti dalla compagnia Coastal Travel di proprietà dell’italiano Nicola Colangelo (www.coastal.cc). Collegamenti anche da Zanzibar e da Arusha.
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Quando andare: La stagione delle piogge è circoscritta ai mesi di aprile e maggio, con qualche propaggine di temporale a giugno.
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La nostra estate è il loro inverno. Quindi temperature fresche soprattutto la sera e possibilità di vento, ma anche cieli limpidi e poche zanzare. Nell’isola è presente la malaria - anche se in forma minore che nel continente - del tipo falciparum. Le zanzare anophele sono attive solo di notte. Chi non vuole farsi la profilassi deve proteggersi dal tramonto all’alba con abiti lunghi e lozioni repellenti. Da ottobre in poi la temperatura sale e diventa possibile avvistare gli squali balena in superficie. L’estate tanzaniana, che corrisponde alla stagione più secca dell’anno, va da dicembre a marzo. SI: Gennaio, febbraio, marzo, luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre, dicembre NO: aprile, maggio Rischio brutto tempo: giugno
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Dove dormire: Mafia Lodge www.mafialodge.com. Gestito da un italiano, le stanze sono senza pretese, in compenso danno su un meraviglioso parco davanti alla spiaggia più bella della baia dove si trova anche il Diving Center. Prezzi ovviamente più economici degli altri resort (Pole Pole e Kinasi), cucina discreta, è un’ottima struttura per ospitare gruppi di appassionati di subacquea (40 stanze). Offre spazi comuni molto ampi con la grande hall-salotto-sala da pranzo aperta sul mare. Prezzo indicativo 570 euro a persona per 5 notti, comprensive di 4 immersioni diving e un’escursione).
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Fuso orario: Orologio: +2 ore rispetto all’Italia (+1 con l’ora legale).
Documenti: Passaporto valido 6 mesi con visto ottenibile all’arrivo in aeroporto. Vaccini: Febbre Gialla e Malaria consigliate. Elettricità: 220-240 v, prese europee. Link utili: www.marineparktz.com
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Il Per첫 prima degli Inca
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Il Perù prima degli Inca
Reportage dal mondo archeologico dei Moche, antica civiltà pre-Inca del Perù. Un viaggio tra rovine archeologiche e leggende delle mitologia peruviana. Alla scoperta del Perù prima che arrivassero gli Inca. Testo di Pier Vincenzo Zoli Foto di Mauro Camorani
Il Per첫 prima degli Inca
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n suono cupo, profondo, prolungato nel tempo come se venisse da molto lontano, da un’epoca in cui magia, religione, potere e mistero dettavano le leggi degli uomini e della natura. Qui, nella Huaca del Sol y de la Luna, è ancora difficile districarsi fra le suggestioni del mito e le certezze della storia. Gli uomini che soffiano nelle conchiglie sono lontani discendenti del popolo Moche, eredi di una civiltà che, molti secoli prima degli Inca, erigeva imponenti piramidi di adobe sulle coste settentrionali del Perù e venerava degli dei spaventosi e crudeli.
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Duecento milioni di blocchi d’argilla essiccati al sole furono pazientemente assemblati 1500 anni fa per edificare i due luoghi sacri più famosi di quella civiltà, templi cerimoniali e, forse, residenza dei sommi sacerdoti. Nella Huaca de la Luna, il volto feroce del Dio Ali Apaec fissa con spietata indifferenza gli stupiti visitatori, la stessa indifferenza che un tempo ostentava di fronte ai sacrifici umani compiuti in suo onore. Non a caso Ali Apaec era chiamato il “tagliatore di teste”. Ma chi erano i Moche?
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La loro civiltà fiorì quasi 1000 anni prima di quella Inca e resistette per almeno sette secoli. Erano principalmente agricoltori, ma anche valenti artigiani, come testimoniano le numerose ceramiche ritrovate nelle tombe. Si insediarono nelle regioni di Lambayeque e La Libertad, lungo le coste settentrionali del paese e scomparvero piuttosto rapidamente intorno al 700 d.C. Le tracce della loro storia stanno venendo alla luce in questi anni e molto ancora c’è da svelare sul loro conto.
Il Per첫 prima degli Inca
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La scoperta più recente risale al 2006 e fu fatta nel distretto di Magdalena de Cao. Si tratta di un sito cerimoniale, in realtà composto di almeno cinque strati, il più antico dei quali risale a 5000 anni fa. E’ qui che fu ritrovata la mummia di una donna, chiamata la Senora de Cao; con tutta probabilità, fu il primo sovrano di sesso femminile di quel popolo. La visita al sepolcro, nel museo dove la regina riposa, è un’esperienza suggestiva ed emozionante. La rotta nell’antica storia delle civiltà
Il Perù prima degli Inca
peruviane prosegue verso nord, fino a Chiclayo. A 30 km dalla città fu scoperta poco meno di 30 anni fa la Huaca Rajada, una necropoli dove venivano sepolti re, principi, sacerdoti e personalità Moche. Qui è stato rinvenuto il Signore di Sipan, un guerriero che, a giudicare dal corredo funebre ritrovato, doveva essere considerato un semidio. La sua mummia si trova ora nell’enorme museo costruito nei pressi del tempio ed è considerata fra le più importanti scoperte archeologiche degli ultimi 50 anni.
Il Per첫 prima degli Inca
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Il Perù prima degli Inca
Se quella dei Moche fu la più antica civiltà pre-incaica, altri popoli colonizzarono vaste aree del Perù settentrionale dopo la loro scomparsa. I Cimu, ad esempio, si affermarono successivamente alla decadenza dei Moche, dal 900 al 1400 d.C. A soli 7 km da Trujllo compare nel polveroso deserto costiero l’antica Chan Chan, un complesso archeologico con alte mura spettacolari. La città, tutta in adobe, si estende per 20 km quadrati e si presume ospitasse dalle 20 alle 30 mila persone. Una complessa geometria d’intarsi e un’incredibile varietà di alto e bassorilievi denotano il grande livello di evoluzione di questa popolazione che risiedeva praticamente sul mare. Questo spiega la presenza di sculture che simboleggiano pesci, pellicani e reti per la pesca. Il sito è composto da dieci cittadelle murate che ospitavano stanze cerimoniali, camere mortuarie, templi e, cosa non comune, alcuni bacini idrici.
Il Per첫 prima degli Inca
Il Per첫 prima degli Inca
Il Perù prima degli Inca
La “Ruta Moche”, come viene chiamato il percorso turistico che permette di conoscere questa parte del Perù, non è solo un pellegrinaggio fra reperti archeologici e splendidi musei, ma anche un fantastico itinerario che svela città interessanti come Trujllo e Chiclayo, intriganti villaggi
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come Monsefù, con i suoi artigiani d’altri tempi e una costa sabbiosa dove l’Oceano Pacifico manda a morire le sue lunghe onde dopo 10.000 miglia di inarrestabile libertà. Testo di Pier Vincenzo Zoli e foto di Mauro Camorani © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
Il Per첫 prima degli Inca
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Perù
Come arrivare: Diverse compagnie aeree collegano l’Italia con il Perù. Tra queste US Airways, Delta, Lan, Iberia e Alitalia. Un volo A/R (con scalo) costa generalmente sugli 800 euro e dura all’incirca 20 ore.
Fuso orario: La differenza fra l’ora solare in Italia e il Perù è di – 6 ore. Non è in vigore l’ora legale quindi in estate la differenza è di 7 ore. Documenti: E’ necessario il passaporto in corso di validità per almeno 6 mesi dalla data di ingresso in Perù. %&x
Lingua: In Perù si parla spagnolo. Religione: In prevalenza cattolica.
Vaccinazioni: Nessuna vaccinazione è obbligatoria.
Valuta: La moneta ufficiale del Perù è il nuovo sol (PEN).
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Il Perù prima degli Inca
Telefono: Per chiamare dall’Italia in Perù bisogna digitare il prefisso 0051.
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Elettricità: La corrente elettrica è di 220 Volts.
Link utili: Turismo in Perù www.peru.travel/it.
Brindisi fiammingo
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Lovanio
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fiammingo La cittĂ delle birre, delle architetture gotiche e del bar piĂš lungo del mondo. Viaggio nelle Fiandre alla scoperta di Leuven. Testo e foto di Arturo di Casola www.arturodicasola.com
Lat 50,52 N
Brindisi fiammingo
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eviamoci una birra. Fosse facile, almeno in un posto come il Belgio che, dall’alto dei suoi 400 tipi di birre diverse, si fregia del titolo di paese birraio per eccellenza. E così Lovanio, è considerata la piccola capitale della birra del Belgio, visto che ha sede qui Stella Artois, il primo produttore al mondo di birra grazie ai vari marchi detenuti in tutti i continenti. Sempre a Lovanio, città tra l’altro in cui si arriva in treno dall’aeroporto di Bruxelles in minor tempo che nella stessa capitale, Zythos, si tiene a fine aprile l’unico festival dedicato solo a birre belghe, in cui si ha la possibilità di assaggiare circa 300 tipi di birre diverse.
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Il bello, poi, è che a Lovanio, centro universitario di prim’ordine, con il primato di avere la più antica università cattolica esistente, risalente al 1425, si è sviluppata tutta una gastronomia attenta alle birre, con menu appositamente creati e sommelier specializzati per consigliare ed abbinare le birre giuste. O meglio, abbinare i piatti alle birre e non viceversa. Perché, anziché sceglierne solo una, le birre andrebbero abbinate una
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per piatto: proprio come si fa con il vino. A riprova, nei menu il wine matching, o paring che dir si voglia, diventa beer matching. E nei ristoranti più di rango accanto a ogni tavolo c’è un tavolinetto su cui appoggiare -e forse esibire come trofeo- tutte le bottiglie di birra, diverse l’una dall’altra, consumate durante il pasto. Come accade al Land aan de Overkant, ristorante dal design accattivante e dal nome curioso –la terra dall’altro lato o qualcosa di simile-, visto che proprio di fronte al locale c’è il carcere.
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Brindisi fiammingo C L I CC A
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Qui -al ristorante e non nel carcere naturalmente- un simpatico sommellier illumina su birre e abbinamenti e anche su un’altra cosa: sul fatto che bisogna, comunque (difficile…), bere con moderazione, non per paura di finire nel carcere di fronte, ma perché la polizia è fiscale e multa non solo chi, la sera, circola su due ruote senza il faretto, ma anche chi ha bevuto troppo. E in una città come Lovanio piena di biciclette e dalle dimensione compatte, può essere un problema perché anche al ristorante di solito si va su due ruote.
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Ma niente paura, ancora il nostro sommellier birraio consiglia come reggerle tutte senza ubriacarsi: berne solo un paio di dita per ciascuna, non l’intera bottiglia. Che abbiano, a Lovanio, esteso il test del palloncino anche ai ciclisti ? Non si sa. Intanto, al Trente, un altro bel ristorante con cucina creativa accompagnata da birre di tutto punto, hanno dimostrato che si possono creare ottimi piatti anche in una cucina piccolissima; piÚ piccola di quella di molte case e senza un’altisonante brigata di chef e souschef.
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Ma birra e cucina a parte, Lovanio è una bella città in cui non manca niente: belle strade, negozi interessanti, gastronomici e non, palazzi antichi –basti pensare al Palazzo del Comune in stile gotico, uno degli più edifici più belli e fotografati del Belgio- e finanche architetture colorate e contemporanee nei dintorni della stazione, dove hanno brillantemente risolto il problema del’attraversamento del fascio di binari da un parte all’altra della città con una aerea passerella con tanto di ascensori e utilizzata anche dalle biciclette. E la sintesi di questi due aspetti della città, antica e moderna, è rappresentata dall’M-Museum, un museo con una vastissima superficie espositiva, nato dall’incontro di due edifici antichi e due moderni e che espone insieme old masters e arte contemporanea. E nella visita si può seguire anche un itinerario a tema gastronomico. Testo e foto di Arturo Di Casola © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lovanio
Come arrivare: L’aeroporto di Zaventem (Bruxelles International) è situato a poco più di 20 chilometri da Lovanio. Dove dormire: Park Inn Hotel.
Dove mangiare: Ristorante Het Land aan de Overkant - Ristorante Trente Ristorante Kokoon - Ristorante Zarza - Ristorante D’Artagnan - Panetteria come una boutique Hert Verlangen Naar Meer Domus birrificio con Ristorante. Valuta: Euro.
Elettricità: 230V 50 Hz.
Documenti: Carta di identità.
Link utili: Sito ufficiale dell’Ente del Turismo delle Fiandre www.turismofiandre.it
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Viaggio nel limbo di una cittĂ
Viaggio nel limbo di una città
Mantova
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cittá Mantova di Virgilio, di Andrea Mantegna, di Leon Battista Alberti e di Giulio Romano. Viaggio nel Limbo di una regione alla scoperta del Rinascimento italiano. Testo di Elena Brunello Foto di Lucio Rossi
Mantova
Lat 45,09 N
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Viaggio nel limbo di una città
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antua me genuit”. Mantova mi diede i natali, dice un’iscrizione sulla pietra levigata di una famosa tomba di Napoli. Qui riposano le spoglie dell’“altissimo poeta” del “buon maestro” Publio Virgilio Marone, la guida che accompagnò Dante attraverso i regni ultraterreni della Divina Commedia. Nel I canto dell’Inferno Virgilio spiega a Dante “Non omo, omo già fui, e li parenti miei furono lombardi, mantoani per patria ambedue”. L’autore di uno dei testi più importanti della letteratura latina, l’Eneide, nacque nel 70 a.C a Pietole, nei pressi di Mantova.
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Il grande poeta latino che diede i natali alla bellissima figura letteraria di Enea, progenitore leggendario della stirpe romana ed eroe latino per eccellenza, incontra nel Limbo il poeta fiorentino padre della lingua italiana. Un luogo dove vagano le anime appartenute a persone buone morte prima che potessero conoscere la fede nel Cristianesimo. Un recinto di mezzo, un luogo ibrido e sospeso tra due mondi, dove riposano quei corpi pagani
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i cui spiriti, se non fosse stato per le tempistiche, sarebbe senza dubbio alcuno state annoverate tra le pie anime cristiane. Ed è proprio con questa figura efficace del Limbo che Mantova si situa in una posizione tanto ibrida quanto quella del suo fortunato e celeberrimo figlio Virgilio. La sua è una terra di confine, incastrata fra tre regioni: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Cittadina di provincia ma, per la sua storia politica e culturale, capitale culturale e principale centro del Rinascimento italiano ed europeo, fu portata alla gloria dalla famiglia dei Gonzaga.
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Città d’acqua, intorno scorrono il Garda, il Mincio, l’Oglio e il Po, e città di terra. Oggi, insieme alla vicina Sabbioneta, fa parte dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO. Il centro storico sorge su una piccola penisola, ricavata dall’architetto del XII secolo Alberto Pitentino che separò, con un ignegnoso sistema idraulico, il centro cittadino da quelli che un tempo erano quattro laghi e di cui oggi ne rimangono tre: il lago Superiore, il lago di Mezzo, il
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lago Inferiore e il Paiolo, quest’ultimo prosciugato nel XVII secolo. Intorno si nascondo altre perle naturali e architettoniche come il Parco Naturale del Mincio, la cittadina di Sabbioneta e il Santuario della Beata Vergine Maria delle Grazie, dalla cui navata centrale pende un coccodrillo impagliato legato al soffitto con delle catene, monito apotropaico all’inclinazione umana al peccato, e sulle cui pareti sono collocate delle bellissime statue votive ed ex voto anatomici di cera.
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L’incertezza del Limbo ritorna nel mito della sua fondazione, legata a doppio filo con figure mitologiche latine ed etrusche. Qualcuno sostiene che Manto, la figlia del noto indovino Tiresia, il divinatore che apparve a Ulisse e a Edipo, fuggendo da Tebe si ritrovò abbandonata nella palude su cui oggi sorge la città. Qui, versando lacrime amare, creò un lago le cui acque avevano la proprietà di conferire capacità divinatorie a chi le bevesse. Secondo la mitologia etrusce Mantova deve il suo nome a Manth, dio etrusco dei morti.Virgilio racconta invece che Manto andò in sposa al dio fiume Tevere e che il figlio generato dalla loro unione, Ocno, volle fondare questa città in ricordo della madre. Profeti, sibille, divinatori e traghettatori di anime, Mantova fin dalla sua fondazione vive il Limbo culturale che ne permea così profondamente l’anima.
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Non si possono capire l’Umanesimo e il Rinascimento italiano senza posare gli occhi prima su Mantova. Città di Matilde di Canossa, potentissima duchessa medievale incoronata imperatrice da Enrico IV, dell’illustre famiglia Gonzaga, città d’adozione di Giulio Romano, grande interprete del Rinascimento italiano, di Andrea Mantegna e meta di artisti e intellettuali del calibro di Leon Battista Alberti, Pisanello, Donatello e Rubens. Fin dal Medioevo Mantova si distinse nell’architettura urbana. Piazza delle Erbe ospita il bellissimo Palazzo della Ragione, costruito nel 1250, la Rotonda di San Lorenzo, fondata
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nel 1082, e la Torre dell’Orologio. Attraversando il Ponte di San Giorgio si arriva al Castello, costruito tra XIV e XV secolo e famoso in tutto il mondo per la grandiosa opera ad affresco nella Camera degli Sposi di Andrea Mantegna. E’ dal Castello di San Giorgio che si accede, fiancheggiandolo, al cuore pulsante della Mantova rinascimentale di Piazza Sordello, dove è costruito il Palazzo Ducale dove sorge il Duomo di Mantova, su cui mise le mani nel 1545 Giulio Romano, facendono uno degli esempi più importanti dell’architettura del suo tempo.
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Tra le statue di Virgilio e di Dante ci si ritrova a Piazza Broletto, che collega queste ultime due piazze. E ancora c’è la Mantova del Quattrocento, la Mantova della Basilica di Sant’Andrea, un gioiello progettato da Leon Battista Alberti nel 1472 a fianco del preesistente campanile gotico; la Mantova di Palazzo Te, un gigantesco Palazzo voluto da Federico II Gonzaga nella prima metà del XVI secolo e al cui interno sono conservati alcune dei capolavori del Rinascimento italiano. Qui venivano dressati i meravigliosi cavalli delle scuderie Gonzaga, ritratti magistralmente da Romano all’interno del Palazzo. “Un poco di luogo da potervi andare e ridurvisi tal volta a desinare, o a cena per ispasso”, scriveva Giorgio Vasari a proposito della residenza dei Gonzaga.
Viaggio nel limbo di una cittĂ
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E’ qui, all’interno di Palazzo Te, che rimangono le meravigliose pitture ad affresco della Sala dei Giganti, esempio insuperato del Rinascimento del nord Italia. Le figure possenti, scultoree e carnali dei Giganti sconfitti dalle folgori di Zeus esplodono dalle pareti dalla sala. Le colonne dipinte ad affresco si frantumano sotto il
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peso di questi corpi michelangioleschi, in una spirale che racconta il mito della Gigantomachia fino al soffitto, dove le figure si mescolano in un tripudio di nuvole, luci e colori. Mantova è la chiave di lettura di buona parte della storia artistica dell’Italia. Testo di Elena Brunello e foto di Lucio Rossi © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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ES U TIT
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Mantova
Come arrivare: Da Milano si impiegano circa due ore per giungere a Mantova. Percorrere l’autostrada A1 e prendere l’uscita CREMONA. Seguire la SP10 in direzione Corso della Libertà. Dove dormire: Bed and Breakfast La Zucca, Via G.B Spagnoli 10, t. 30 349 0588581 – Hotel Broletto, Via Accademia 1, Mantova, t.+39 0376 326784.
Dove mangiare: Trattoria La Fontana, Frazione Ferri, 11, Volta Mantovana (MN), t. +39 0376 838096 – Trattoria da Claudio, Via Francesca 41/43/45, Grazie di Curtatone, Mantova, t. +39 0376 349010. Link utili: Sito ufficiale del Turismo a Mantova www.turismo.mantova.it
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Le streghe delle nevi
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streghe delle
NEVI p Viaggio in in sci lungo la discesa piÚ bizzarra del mondo. Il reportage di un’antica tradizione pagana che si trasforma in festa. Testo e foto di Gisella Motta
Le streghe delle nevi
Svizzera
Lat 46,26 N
Le streghe delle nevi
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Le streghe delle nevi
Le streghe delle nevi
I
n una mattina di metà gennaio, la nebbia avvolge il villaggio di Blatten. Ma lassù in cima alla montagna un spiraglio di azzurro mi fa ben sperare. Non fa neanche tanto freddo e con gli amici prendo la funivia che porta sino ai piedi del ghiacciaio dell’Aletsch. Dobbiamo sbrigarci perchè di solito, ci dicono, dopo le 8,00 si forma una lunga coda di partecipanti alla discesa popolare più pazza della Svizzera. In un batter d’occhio siamo in cima e come da previsione qualche raggio sbuca dalle nuvole e colora di giallo le baite in legno che si trovano nei pressi delle piste. Evviva, c’è il sole!
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Sulla destra lo storico albergo “Belalp”,dove gli inglesi costruirono agli inizi del Novecento un campo da tennis panoramico, mi nasconde la vista del ghiacciaio. L’Aletsch con i suoi 23 chilometri di lunghezza è il più grande ghiacciaio d’Europa e dal 2001 è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità. Una breve sosta al bar con gli amici ci fa attendere la cabina successiva. Le piste ben innevate, incominciano a riempirsi di atleti con
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gli sci da discesa libera (li riconosco dalla lunghezza e dalla forma) e di strani personaggi travestiti da streghe che si allacciano il pettorale sulla pancia. Parrucche e facce di tutti i colori, i più patriottici hanno perfino disegnata sulle guance la croce bianca su fondo rosso, segno indelebile della bandiera svizzera. Devo dire che anch’io faccio un po’ ridere perchè mi hanno obbligato a vestirmi con una gonna lunga, il naso a punta, il fularino sulle spalle e il casco, obbligatorio anche solo per rimanere ai bordi del tracciato della “Belalp Hexe”; più che una strega sembro proprio una befana!
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All’origine di questa manifestazione c’è un’antica leggenda, una storia da brivido non inusuale tra queste montagne vallesane, che narra di una strega, del suo amante e dei loro incontri sotto le sembianze di neri corvi: accusata di aver ucciso il marito, la peccatrice finisce poi condannata al rogo. In memoria di questa vicenda ormai da quasi trent’anni anni a Belalp si svolge questa singolare discesa. Eccoci al raccordo che conduce agli impianti: certo non è facile fare lo spazzaneve con la gonna stretta!
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Da qui riesco a vedere l’arrivo del tracciato di gara che, quando le condizioni di neve lo permettono, è lungo ben 12 chilometri con un dislivello di 1800 metri fino ad arrivare a Blatten. La pista è veramente bella: liscia come un biliardo con piccoli “muri”, belle curve a gomito e, circa a metà, un bel tratto pianeggiante dove si può riprendere il fiato. Mi dispiace proprio non provarla con i miei sci da discesa libera. Giunti alla seggiovia si incominciano a vedere gruppetti da cinque a dieci persone che indossano il medesimo costume. Gli atleti veri invece si riconoscono dalla fretta che hanno di raggiungere la partenza.
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C L I CC A
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Dopo aver scattato qualche foto di gruppo mi dirigo verso l’ancora che mi porterà fino in cima. E’ veramente inusuale veder sciare delle streghe di colore verde mela o viola con la parrucca gialla che usano la scopa come se fosse un bastoncino da sci. Ma i più divertenti forse sono quelli vestiti a quadrettini bianchi e rossi, simili a tante tovaglie da cucina, che trasportano a mo’ di toboga uno slittone carico di ogni genere di vettovaglie. Vengono da tutte le parti della Svizzera per partecipare a quest’evento: ecco il gruppo di “atleti” dell’Appenzell che portano in spalla una botticella rotonda e distribuiscono agli amici l”Appenzeller Alpenbitter” un liquore d’erbe tipico del loro cantone, fumando la loro caratteristica pipa. In tutta la mia vita non ho mai visto una partenza di gara di sci così divertente: fatta eccezione per gli atleti che partono per primi e pensano soprattutto al cronometro, per tutti gli altri è solo un grande divertimento con partenze in gruppo fra grida festose, soste per foto ricordo e immancabili bevute, grazie al bicchierino che ognuno tiene sempre al collo, accessorio indispensabile, pronti ad accettare ogni invito conviviale. Discendo anch’io, ai bordi della pista e raggiungo il famoso pianoro: ma che succede? Molti gruppi mascherati si sono fermati anzi, per meglio dire accampati in mezzo alla neve.
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Qualcuno ha addirittura piazzato dei tavolini attorno ai quali si banchetta allegramente con panini, würstel, formaggio, vino, birra e non solo: con perfetta organizzazione (è proprio il caso di dire “svizzera”), si prepara anche la fondue! Man mano che si va avanti nel pomeriggio la festa si allarga e c’è da mangiare e da bere per tutti, turisti e curiosi accorsi qui per godersi lo spettacolo che si aggiungono alle allegre combriccole. Sono le quattro del pomeriggio e il sole incomincia lentamente a tramontare ma le streghe della “Belalp Hexe” con i loro nasi lunghi, le facce scolpite con disegni di ragni
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e stelle alpine e le ciglia finte continuano imperterrite a ballare, cantare e ...a bere. Molte di loro, dopo questa lauta sosta troveranno una scorciatoia per uscire dalla pista senza dover per forza raggiungere il traguardo di Blatten perchè si sa, l’importante, in fondo, è partecipare. Nel 2012 la manifestazione raggiungerà la trentesima edizione e si prevede una grande partecipazione, tanti costumi, colore, allegria e anche un folto pubblico. E a noi non resta che anticipare gli auguri: Buon Compleanno “Belalp Hexe” ! Testo e foto di Gisella Motta © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Svizzera
Suggerimenti: Il costo di iscrizione alla Belalp Hexe è di CHF 50,00 Per informazioni sulla gara e informazioni turistiche su Belalp: Belalp Hexe, Casella postale 41, CH-3914 Blatten b. Naters, Tel +41 (0) 27 921 60 40, Fax +41 (0) 27 921 60 4. E-mail: info@belalphexe.ch
Dove mangiare e dove dormire: Menù delle streghe al ristorante Heimat di Blatten, prezzo da Fr.30, tel. +41 (0)27 9239777. Blattnerhof, nel centro di Blatten, accanto alla stazione di partenza della funivia per Belalp; da 62 euro a persona in camera doppia con buffet di prima colazione e parcheggio, tel. +41 (0)27 9238676, info@blattnerhof.com, www.blattnerhof.com. Numerose le offerte forfettarie per il periodo invernale. E’ anche ristorante (cucina vallesana e italiana, da Fr. 50). Hotel Belalp, situato lungo le piste di Belalp, questo albergo storico inaugurato nel 1858 troneggia su una splendida terrazza naturale di fronte al ghiacciaio di Aletsch; da 80 franchi a persona con prima colazione. Ottimo ristorante dove si propongono le specialità del Vallese (raclette, fondue, agnello…). Tel.+41 (0)27 924 24 22, info@hotel-belalp.ch, www.hotel-belalp.ch.
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Hamilton Lodge: hotel, ristorante e centro wellness direttamente sulle piste di Belalp; doppia da Fr. 200, tel +41 (0)27 9232043, info@hamiltonlodge.ch, www.hamiltonlodge. ch
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Valuta: Franco svizzero.
Documenti: E’ sufficiente la carta di identità .
Link utili: Sito ufficiale di BelAlp Hexe www.belalphexe.com Sito ufficiale del Vallese www.valais.ch/fr/home