Latitudeslife n°60 Maggio 2013

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Sommario

G u A d A l u p A

m A dA m A b u t t e r f ly Come una farfalla verde posata su un oceano blu, neppure fosse una serigrafia di Andy Wharol, l’isola di Guadalupa galleggia con le sue sorelle nell’incanto dei Caraibi.

Guadalupa

Come una farfalla verde posata su un oceano blu, neppure fosse una serigrafia di Andy testo Klausner Wharol, l’isoladidifederico Guadalupa galleggia con le sue foto dinell’incanto Vittorio Sciosia sorelle dei Caraibi.

Madama Butterfly Guadalupa

pa s s a g g i o a

nord ovest sulle rotte di Amundsen Un viaggio sfiorando il Circolo Polare Artico, attraverso i ghiacci fluttuanti che accompagnano il Passaggio a Nord-Ovest. Rotta commerciale strategica che dalle coste del Canada, nell’Oceano Atlantico, raggiunge il Pacifico. Testo e foto di Marcello Libra

Canada

Passaggio a NORD OVEST Sulle rotte di Amundsen

Lat 66,10 N

Norvegia Su e giù per i fiordi

Milano L’isola del giorno dopo

Umbria La fabbrica delle nuvole

Australia

LA

VIA DELLE

PIETRE DIPINTE

La via delle pietre dipinte

Coste frastagliate, alte scarpate, cascate e isole remote: nell’Arnhem Land, in Australia tutto è magicamente intatto: e oltre alla natura, selvaggia, si conserva perfettamente anche la tradizione. Le pitture rupestri, risalenti a 50 mila anni fa, raccontano il dreamtime, il “sogno” aborigeno tra memoria e oblio. Testo di Pier Vincenzo Zoli Foto di Mauro Camorani

Australia

LAt 12,4 s

Lat 16,15 N


MAGGIO 2013

n°60 Maggio 2013

Redazione:

Via Carbonera, 10 I-20137 Milano tel. +39 02.36511073

Direttore Responsabile Eugenio Bersani eugenio@latitudeslife.com

Condirettore Federico Klausner

redazione@latitudeslife.com

Hanno collaborato

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Marcello Libra, Lucio Valetti, Giuliana Cavezzi, Pier Vincenzo Zoli

Photo Editor Lucio Rossi

lucio@latitudeslife.com

Sales Manager Lanfranco Bonisolli

lanfranco@latitudeslife.com

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Fotografi

federico@latitudeslife.com

Sergio Pitamiz, Vittorio Sciosia, Antonio Corradetti, Mauro Camorani

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Redazione Federica Giuliani

fede@latitudeslife.com

Redazione Francesca Calò

francesca@latitudeslife.com

Redazione Maddalena De Bernardi

maddalena@latitudeslife.com

Redazione Giorgia Boitano

giorgia@latitudeslife.com

Graphic Arianna Provenzano

arianna@latitudeslife.com

Graphic Guglielmo Nicolazzo willy@latitudeslife.com

Graphic Ilaria Bianchi

ilaria@latitudeslife.com

Social Network Marco Motta

marco@latitudeslife.com



SUQ Weekend

Provenza In bicicletta: la via della lavanda La bella stagione in Provenza nasce nelle vibrazioni intense della lavanda. Il periodo intorno al mese di giugno può essere la deliziosa occasione per esplorare la Francia in bicicletta, lungo le strade e i campi inconfondibilmente dominati dalle sfumature che rendono la via della lavanda uno degli itinerari più apprezzati al mondo. Il Plateau du Claparèdes, tra Bonnieux e Saignon, vi stupirà con i suoi paesaggi: dalle sorgenti e i mulini di Vaucluse ai villaggi in sasso del Luberon vi sarà possibile seguire una serie di itinerari da percorrere sulla due ruote o a piedi.

Abu Dhabi Mare, cultura e arte negli Emirati Arabi Capitale degli Emirati Arabi Uniti, Abu Dhabi è contraddistinta da un’anima che attinge una forza orgogliosa dalla fiera libertà nomade. Fondata nel 1791 dalla tribù beduina dei Banū Yās, oggi la città affascina con le atmosfere disegnate dal lusso e una tecnologia prepotente. Insieme a Dubai, la rotta verso gli Emirati Arabi incontra luoghi capaci di mescolare arte e storia in una cornice preziosa. Negli ultimi anni sono sempre più numerosi gli eventi legati all’arte e alla cultura: l’Abu Dhabi Louvre, nonostante la crisi che ha investito il mondo a livello globale, progetta di divenire il più importante centro del Medio Oriente collegato al celebre museo francese.


SUQ Weekend

Sarmede Il paese delle fiabe Il primo laboratorio creativo all’aperto partì nel 1988: oggi Sarmede è una realtà consolidata e densa di ispirazioni. Sarmede, nel cuore del Veneto, è un paese in cui i sogni prendono vita. Il paese delle fiabe, dove, anno dopo anno, nuove proposte e training fra teatro e letteratura si integrano, dando linfa vitale a una proposta culturale, che coltiva l’aspetto ludico dell’imparare con sagacia e impegno. Abitata sin dall’età del bronzo, Sarmede, nel cuore verde del Veneto, in provincia di Treviso, è il posto giusto per un week end in cui immergersi nel palpito di impressioni cromatiche, da ritrovare sulle facciate dei muri, dipinte con i colori e le illustrazioni di una fiaba.

Bruxelles Visitare le Serre Reali di Laeken L’arrivo della primavera rende vivace l’aria grazie al tumulto di profumi e colori. Quale occasione migliore per un week end a Bruxelles? La città, effervescente dal punto di vista culturale, in questo periodo sa stupire con la quiete del verde intrigante dei suoi giardini. Primo fra tutti il luminoso splendore delle Serre Reali di Laeken. Le Serre Reali di Laeken saranno aperte dal 19 aprile al 12 maggio 2013. Disegnate dall’architetto Balat in collaborazione con Victor Horta, affascinano gli esperti di botanica ma non solo.


SUQ Eventi

Zagabria

Parigi

L’arte di Picasso

L’arte tra droghe e ispirazione

Amate Picasso? Un’ottima ragione per visitare la mostra Picasso: capolavori del Museo Nazionale di Parigi penetrando nella storia dell’affascinante capitale croata Zagreb, Zagabria, che fino al 7 luglio 2013 metterà in scena opere e testimonianze del celebre artista. Galleria Klovićevi dvori, Jezuitski trg 4, Zagabria Biglietto: 10 euro circa

Reims Champagne! Oltre 370 le opere, tra manifesti e quadri, esposte fino al 26 maggio presso il Musée des Beaux Arts di Reims, che celebra la sua materia più pregiata con la mostra L’arte dell’effervescenza: Champagne! Musée des Beaux Arts, rue Chanzy 8, Reims Biglietto: 25 euro

L’affascinante Maison Rouge di Parigi, alla Bastiglia, e una mostra d’arte capace di tuffarsi negli abissi della psiche umana: Sous influences. Arts plastiques et produit psychotropes sarà aperta al pubblico fino al 19 maggio. Un percorso stimolante per approfondire il complesso rapporto tra arte e droghe, nello scenario della metropoli francese. Maison Rouge, boulevard de la Bastille 10, Parigi Biglietto: 8 euro


SUQ Eventi

Brescia

Ravenna

Brescia contemporanea

Borderline, tra arte e follia

Brescia contemporanea: una città che sorprende sarà in scena presso il Museo di Santa Giulia fino al 30 giugno 2013. Con lo stesso biglietto potrete visitare Novecento mai visto, che dipana due percorsi espositivi: Capolavori dalla Daimler Art Collection, From Albers to Warhol to (now) e Opere dalle Collezioni bresciane, Da de Chirico a Cattelan e oltre. Museo di Santa Giulia, via Musei 81, Brescia Biglietto: 10 euro

Avete tempo fino al 16 giugno 2013 per visitare Borderline, Artisti tra normalità e follia. Da Bosch a Dalì, dall’Art Brut a Basquiat, in mostra presso il MarMuseo d’Arte della Città di Ravenna. Mar, via di Roma, 13 Ravenna Biglietto: 9 euro

Forlì Il Novecento Fino al 16 giugno 2013 Forlì ospiterà Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre, in mostra presso i Musei San Domenico. I miti e l’ideologia del periodo fascista rievocano le tensioni del periodo dalle tele all’architettura, indagando il segno artistico attraverso i luoghi cardine della città. Musei San Domenico, Piazza Guido da Montefeltro, Forlì Biglietto: 11 euro


SUQ Alta quota

Voli low cost: in Russia a Mosca da Roma Voli low cost Roma-Mosca? Con Blue Panorama nasce un nuovo collegamento che consentirà di viaggiare tra le due capitali a un budget poco oneroso per le vostre tasche. La prima rotta low cost verso la Russia partirà dall’aeroporto di Roma Leonardo Da Vinci diretta a Mosca Domodedovo. Il volo verrà effettuato tramite Blue Panorama, compagnia aerea low cost italiana, nata a Roma nel 1998 e operante nei due principali scali di Roma-Fiumicino e Milano-Malpensa. Al riguardo Giancarlo Zeni, Direttore Generale del gruppo Blue Panorama Airlines e Blu-express.com, ha spiegato: «Questo volo rappresenta per Russia e Italia una grande occasione a livello economico, sociale e culturale». I voli partiranno da Roma diretti a Mosca con la frequenza di due a settimana, il lunedì sera e il venerdì da Roma. Ritorno da Mosca previsto per il martedì mattina e il sabato. Un’occasione preziosa per visitare la splendida città sulle sponde del fiume Moscova, nata nel lontano 1147 e oggi straordinariamente vicina, a prezzo ridotto. Per il volo low cost da Roma a Mosca dovrete attendere la prossima estate, quando verrà inaugurata la tratta di Blue Panorama. Buon viaggio! www.blue-panorama.it/


g u a d a l u p a

m a da m a b u t t e r f ly Come una farfalla verde posata su un oceano blu, neppure fosse una serigrafia di Andy Wharol, l’isola di Guadalupa galleggia con le sue sorelle nell’incanto dei Caraibi. Come una farfalla verde posata su un oceano blu, neppure fosse una serigrafia di Andy Testo Klausner Wharol, l’isoladidiFederico Guadalupa galleggia con le sue Foto dinell’incanto Vittorio Sciosia sorelle dei Caraibi.

Guadalupa

Lat 16,15 N


Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly

A

guardarla dall’alto, circondata dalle sorelline, l’isola di Guadalupa appare proprio come una farfalla con le ali spiegate su un bouquet di fiori. A colori invertiti: una farfalla dalle ali verdi posata sul blu del mar dei Caraibi, anziché blu su una vegetazione verde come l’incantevole morpho amazzonica. Ma incantevoli lo sono ugualmente. Distese tra Antigua e Barbuda, Montserrat (GB) e Dominica, sono parte dei Dipartimenti d’Oltremare, terra di Francia a tutti gli effetti, che l’Oceano Atlantico separa dalla madrepatria. Insieme a Guadalupa, da cui prende il nome, all’arcipelago appartengono le isole minori di Les Saints, Marie Galante e La Désirade, disposte a sud, proprio come fiori su cui la Grande Farfalla sta per posarsi.

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Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

In realtà fino al 2007 avrebbe avuto una scelta più ampia, dato che all’arcipelago appartenevano le isole Saint-Barthélemy e la parte settentrionale di Saint-Martin, cui una legge francese ha accordato lo status di collettività d’oltremare rinominandole Collettività di Saint-Barthélemy e Collettività di Saint-Martin. La sforbiciata di 850 km, tale era la distanza delle due comunità da Guadalupa, è servita a riunire questi chilometri quadrati troppo sparpagliati, fluttuanti in un sogno lontano. Non è che la riduzione di una settantina di essi abbia cambiato drammaticamente le cose: ora ne restano circa 1800, di cui Guadalupa con 1400 fa la parte del leone, classificati dall’UNESCO Riserva della biosfera. Al di là di quanto le accomuna e cioè lo splendido mare, le spiagge da cartolina bordate da palme o sferzate dai venti atlantici, una natura tropicale, a tratti selvaggia e inarrestabile favorita da una temperatura costante di 28°, la cultura, le tradizioni creole e la storia coloniale, ogni isola ha le sue particolarità.

Isola di Guadalupa La farfalla ha due ali assai diverse tra loro per paesaggio: a est Grande Terre è quasi piatta, poco più di 100 m. il suo rilievo più alto, e di origine corallina. Il suo clima è abbastanza secco e senza corsi d’acqua, se si eccettuano alcune paludi. Il territorio è coperto da diffuse coltivazioni di canna da zucchero, soprattutto a nord, che hanno soppiantato la originaria savana. Le spiagge bianche e l’acqua cristallina si trovano sud tra Gosier e La Moule, fino al promontorio roccioso di Pointe des Châteaux, dove sorge la maggior parte degli insediamenti turistici. 40% della superficie dell’isola è occupato dal Parco Nazionale di Guadalupa, attraversato da 200 km di sentieri, che conta 300 specie di piante, 270 di felci e un centinaio di orchidee, sotto un cielo solcato da uccelli dal piumaggio brillante e pipistrelli della frutta. Anche il mare è protetto: la riserva naturale del Grand Culde-Sac Marin copre diverse zone marine e litoranee tra la Grande Terre e la Basse Terre e include le Ilets de Petite-Terre, mentre la Réserve Cousteau abbraccia le Ilets Pigeons.

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Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly

A ovest di Grande Terre, e ad essa legata a da un istmo lungo 5 km e largo al massimo 200 m, è Basse Terre, più estesa della prima (850kmq contro 580), montagnosa e vulcanica nella sua parte occidentale, con il picco più alto nel vulcano La Soufrière (1467m.), coperta da una natura lussureggiante e verdissima. Qui si può dire che si scelga la spiaggia in funzione del colore del costume. E non è una esagerazione: al nord, affacciata sul Mar dei Caraibi, tra Sainte Rose e Pointe Noire, è allineata una fila di grandi spiagge chiare o rosate, mentre al sud, tra Bouillante e Petit Bourg, vi sono spiagge più selvagge, con sfumature che variano tra il grigio e il nero, che raccontano dell’origine dell’isola. La foresta tropicale copre quasi il 60% di Basse Terre ed è stata in parte soppiantata dalle coltivazioni di banane e canna da zucchero. Più in alto la foresta pluviale sempreverde con il suo inestricabile intreccio di felci, liane e rampicanti. Molte delle specie vegetali presenti oggi in Guadalupa sono state introdotte.

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Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

Le palme da cocco e i flamboyant che come dice il nome si accendono di rosso in stagione, provengono dal Madagascar, come l’albero del viaggiatore e le buganville sparse sull’isola come colorati coriandoli a carnevale. Anche degli animali autoctoni ne restano pochi: i fenicotteri rosa, gli splendidi ara viola e i lamantini, cetacei che pascolavano sul fondo dei fiumi, hanno lasciato spazio alle specie importate tra cui il procione, la mangusta introdotta dall’India per ridurre la popolazione di ratti, pipistrelli oltre a un considerevole numero di roditori e affini. Curiosamente sull’isola non ci sono serpenti e i rettili sono rappresentati da innocue iguane, lucertole, rane, gecki e rospi. Guadalupa ospita molte varietà di uccelli, stanziali, stagionali o migratori, tanto nei giardini, ronzanti di coloratissimi colibrì, quanto nella foresta dove il ronzio si trasforma nel ticchettio del picchio della Guadalupa, o lungo i litorali dove dominano aironi, trampolieri, sterne e l’aquila pescatrice (gli-gli).

Marie Galante, a circa 30 km dalla Guadalupa, con i suoi 158 kmq è la terza isola per dimensione dell’arcipelago. Con un diametro di circa 15 km, ha caratteristiche paesaggistiche simili al nord della Grand Terre: piatta, secca, ventosa, tanto da essere chiamata l’isola dei cento mulini (106 per la precisione) e offre straordinari paesaggi di verde , bianco e blu. È quasi completamente coltivata a canna da zucchero con scampoli di arbusti, cactus e agavi. Sull’isola c’è una decina di spiagge considerate tra più belle dell’arcipelago, come la plage du Vieux Fort o Anse Moustique, location predilette per spot pubblicitari. In parte si trovano sulla costa atlantica, rinfrescate dal vento e protette dalla barriera corallina, in parte sottovento sul più placido lato caraibico, ma tutte orlate di palme, tanto da rendere superfluo l’uso dell’ombrellone. Per i sub qui si trovano alcune delle immersioni più belle, in compagnia di delfini, barracuda, tartarughe, pesci angelo, pappagallo e razze.

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Guadalupa. Madama Butterfly

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Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly

La Désirade è poco più di un grande scoglio (23 kmq) a 10 km da Guadalupa. Battuta dai venti atlantici, che ne seccano la terra, nella parte settentrionale è il rifugio di iguane, che coabitano l’isola con gli umani radunati invece lungo le sponde meridionali, dove si trovano meravigliose spiagge come Souffleur. È l’isola più autentica e naturale dell’arcipelago, meta di turisti in fuga dalla pazza folla e di sub, che lungo il litorale sud trovano siti di immersione dai fondali selvaggi e incontaminati e pesci di grande taglia. Tra la Désiderade e Marie Galante si trovano Les Ilets de Petite Terre, riserva naturale e micro arcipelago corallino di due sole isole, Terre de Bas et Terre de Haut. Un piccolo paradiso abitato solo da due guardiani e dalle iguane, che si godono in tranquillità le spettacolari spiagge.

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Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

Les Saintes, a circa 15 km dalle coste della Guadalupa, è un altro mini arcipelago di 9 isole di cui due principali e abitate, Terre de Haut e Terre de Bas che misurano insieme 13 kmq e contano 3000 abitanti. L’arcipelago è famoso per essere stato scoperto da Cristoforo Colombo nel 1493 e, ai giorni nostri, per la stupenda baia di Anse du Bourg, su Terre de Haut, classificata la terza al mondo per bellezza, che ricorda Rio de Janeiro con il suo Pan di Zucchero. Terre de Haut accoglie la maggior parte dei turisti con un susseguirsi di piani, colline basse ripide e baie tropicali di sabbia chiara, mentre Terre de Bas presenta rilievi rocciosi che scendono a picco nel mare e pochi punti d’accesso alla costa. Sott’acqua è un paradiso per i sub con siti di immersione tra i più belli di Guadalupa, primo tra tutti Le Sec-Paté, famoso in tutti i Caraibi.

Isole dall’aspetto così differentie sono però accomunate dalla loro cultura creola - fusione di elementi europei africani, asiatici e caribici, gli antichi abitanti delle isole scomparsi con la colonizzazione - impronta di chi ne ha segnato la storia: neri e meticci, discendenti degli schiavi africani, indiani, impiegati nelle piantagioni dopo l’abolizione della schiavitù, béké, discendenti dei primi coloni francesi, libanesi e siriani dediti soprattutto al commercio e metropolitani, i francesi della lontana madrepatria. Questo melting pot di razze diverse ha sviluppato una cultura propria che ha investito i diversi aspetti della vita e resiste alla modernità. Come le credenze che vedono un mondo immaginario ancora popolato da zombies, diavoli, diavolesse e spiriti vari. Leggende e superstizioni resistono nei gesti quotidiani, nelle ricorrenze religiose e nei riti funebri, sovrapposte alle feste cattoliche come il Natale che è molto sentito. Tradizioni ancora vive sono il combattimento dei galli e il concorso dei buoi da tiro.

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Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly

Un fattore aggregante è la cucina creola per la varietà di sapori, profumi e colori, che ripercorre la storia della colonizzazione di Guadalupa. Le spezie indiane, la forza dei sapori africani, la raffinatezza francese e le tradizioni amerinde hanno dato vita a una cucina originale, dai gusti forti, basata su piatti costituiti generalmente da una sola portata di carne o pesce molto ricca e accompagnata da verdure e riso, anche se ora nei luoghi più turistici viene reinterpretata come nouvelle-cuisine o cuisine evolutive e affiancata dalla cucina europea, asiatica e americana. Ma lontano dai centri turistici la cucina torna a essere autentica con i suoi colori e profumi di spezie che invadono l’aria e le bancarelle dei mercati locali: una gioia per gli occhi e il palato. Oltre al bouquet garni, un mazzetto di sapori composto da aglio, cipollotti, prezzemolo e timo, si fa largo uso di peperoncino, cannella, noce moscata, cumino, vaniglia e zenzero.

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Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


Guadalupa. Madama Butterfly

In onore del grande navigatore genovese è stato creato il colombo, un mix di coriandolo, peperoncino, zenzero, cumino, pepe nero e riso tostato, macinati eridotti in una polvere molto simile al curry indiano, usata per piatti di carne o pesce che ne prendono il nome (colombo di poulet, colombo de cabri). Anche i vegetariani non sono costretti al digiuno: il clima simile a quello di una serra offre una varietà incredibile di frutta e verdura in un’esplosione di colori, forme e gusti. Ananas, cocchi, banane di ogni tipo, lime, agrumi, passion fruit, maracuja, manghi, guajaba, legumi, manioca, patata dolce e cristophine sono solo alcuni dei prodotti più diffusi. A Guadalupa la sera si scioglie nel ritmo di danze che, storicamente, erano i soli mezzi di trasmissione della cultura creola al tempo della schiavitù. Parte importante del patrimonio tradizionale è il Gwo Ka, danza di origine africana scandita dai canti dei lavoratori accompagnati da soli tamburi,

anche se oggi qualche strumento occidentale si infiltra per una versione più soft. Se lo Zouk, simile al lento europeo, lanciato negli anni ’80 dai Kassav è più contaminato con altri ritmi caraibici, più tradizionali sono la Beguine, simile alla rumba, nata negli anni’30 e ripresa negli USA da Cole Porter e, incredibile, la Quadriglia traccia indelebile della colonizzazione europea rivisitata nel caribe. La notte che cala ha il sapore del ti-punch, il cocktail a base di rhum, lime e sciroppo di zucchero di canna dolce e forte come queste isole. E infatti il rhum ne è uno dei prodotti più apprezzati. In genere per il ti-punch si usa il rhum agricole, ma la ricetta è variabile: lo si può sostituire con il rhum bianco, più industriale e povero di aroma, lo sciroppo di zucchero con dello zucchero e il lime con altri frutti. E per i puristi che vogliono il bacio della buona notte, la dolcezza arriva in un bicchierino di agricole vieux, rhum ottenuto distillando il solo succo di canna fermentato e invecchiato per almeno 3 anni in piccole botti di rovere. © Riproduzione Riservata

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Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa. Madama Butterfly


A tavola si parla creolo

Mangiare in Guadalupa è un lungo rito tranquillo e anche in questo la provincia d’oltremare assomiglia alla madrepatria francese: per consentire di consumare il pranzo in tutta quiete i negozi rispettano una lunga chiusura nel dopopranzo. La cucina locale è un trionfo di sapori diversissimi: si mischia un po’ di Africa e d’Europa con un pizzico di Caraibi e di India. I nomi dei piatti sono assai evocativi: Accras, ovvero le croccanti polpettine di merluzzo, Calolou, la zuppa di granchio con foglie di madère e spezie, Ouassous, i gamberi di acqua dolce. Chi ama la sapidità delle spezie deve assaggiare il Blaff, una pietanza di pesce o crostacei lessati con aromi, oppure il Colombo, a base di capretto, maiale e pollo conditi con salsa curry. Interessante è l’unione di frutti esotici come ne Féroce d’avocat, dove si mangiano insieme avocado, merluzzo alla griglia, farina di manioca e peperoncino. Aragoste e molluschi hanno aroma apprezzabile solo a queste latitudini - Gustose le entrée a base di frutti di mare accompagnate dai Christophine au gratin, ortaggi locali.


Cocktail tropicale

Quando il sole tropicale si prepara al quotidiano tuffo in mare, è il momento di mettersi comodi, con i piedi nella sabbia e un drink in mano, mentre la musica caraibica batte il ritmo della serata che avanza. Il cocktail più richiesto a Guadalupa è il Ti punch, un dissetante mix di lime, rum bianco e zucchero di canna, che unisce in modo strepitoso gli ottimi prodotti che vengono coltivati sull’isola. Di un bel colore dorato e dalla consistenza spessa e granulosa, lo zucchero di canna si riconosce dal profumo che lo accompagna ed è in grado di conferire un aroma deciso a caffè, dolci e al Ti punch. Nel XVIII e nel XIX secolo, quasi tutti i terreni dell’Arcipelago erano consacrati alla produzione della canna da zucchero, produzione ancor oggi molto rilevante, che segna la vita di migliaia di abitanti. Ci sono due zuccherifici nell’arcipelago, uno a Moule, su GrandeTerre, l’altro a Marie Galante e diverse distillerie. Unendo la qualità della materia prima con il savoir-faire francese in materia di acquavite, già dal XVII secolo si iniziò a produrre rum dalla canna da zucchero, con tecniche che vennero affinate nei secoli fino ad arrivare alla produzione odierna, famosa nel mondo per il suo gusto inconfondibile. Abbinato ai dolci granelli dorati, questo nettare alcolico scandisce i ritmi di lavoro e di divertimento nell’arcipelago delle Antille. gb


Caraibi alla francese

La popolazione della Guadalupa forma una società multirazziale dalle mille sfumature di colore che vanno dall’ebano all’ambra e che sono il risultato di secoli di incroci tra popoli europei, asiatici e naturalmente africani. Tuttavia, benché affascinante, quello odierno non è più il volto originale dell’isola: gli indigeni vennero rapidamente eliminati dagli spagnoli e dalle malattie sconosciute che i conquistadores portarono con sé. La scomparsa degli aborigeni della Guadalupa, e delle Antille più in generale, costrinse i conquistatori a importare grandi quantità di schiavi dal continente africano con il risultato che queste nuove etnie influenzarono in maniera rilevante i successivi cambiamenti nella popolazione delle isole, che ancor oggi è per buona parte di origine africana e meticcia. Un crogiolo di razze, culture e religioni che si sono scontrate e fuse con l’Occidente, dando vita a una società per molti aspetti insolita: la sensazione è quella di trovarsi nei tropici e nello stesso tempo avere la sensazione di essere in territorio francese. Pointe-à-Pitre, per esempio, con i suoi vicoli e le case di pescatori affacciate sul mare, sembra una copia di una cittadina della Costa Azzurra.


Guadalupa a tutto sport

Sport, natura e mare sono le maggiori attrattive dell’isola. Con le sue spiagge da sogno, le foreste e i picchi vulcanici, Guadalupa è il luogo ideale per chi cerca una vacanza attiva, all’insegna del movimento, dell’avventura e dello sport. Tralasciando le classiche attività che ci si aspetta da un’isola caraibica come vela, surf, windsurf e scubadiving, ce ne sono molte altre, capaci di regalare emozioni intense e pura adrenalina. Chi ama camminare troverà che i sentieri dell’isola coprono 300 km di territorio, tra passeggiate in piano e percorsi più complessi attraverso cascate, scogliere e coni vulcanici, adatte ai meglio allenati e patiti del trekking. Nel Parco Naturale della Guadalupa e nei dintorni della Soufrière, si dipana una rete di torrenti, sorgenti calde, stagni, cascate e laghi piacevolissimi da scoprire. Se si aggiunge che fiumi e corsi d’acqua sono immersi in una cornice dove la natura è ancora selvaggia e intatta, si comprende come anche sport come canyoning e kayak trovino qui un palcoscenico ideale.


Sogno caraibico

Le coste meridionali di Grande-Terre sono tutto un susseguirsi di suggestivi arenili bianchi. Non lontano da Pointe-à-Pitre si incontra Gosier, un centro turistico che pullula di hotel, discoteche e spiagge immacolate costellate di palme. Spostandosi verso est si incontra Sainte-Anne, un tempo famoso centro di esportazione dello zucchero di canna e oggi ben più ricercata per i suoi litorali: la spiaggia della Caravella e quella del Bourg, un concentrato di fascino tropicale. Un altro litorale nei dintorni, BoisJolan, è noto per le altissime palme da cocco. Continuando verso oriente si giunge a Saint-François, dove ci sono altre deliziose spiagge: Plage de la Marina è un centro attrezzatissimo per gli sport marittimi, mentre Plage de l’Anse Tatare, insenatura a PointedesChâteaux, è un punto di ritrovo per i nudisti. A Basse-Terre, da non perdere la distesa sabbiosa di Grande Anse e anche Mendure Beach, punto di partenza per il diving nel parco sottomarino Cousteau.


Guadalupa: soggiorno pieds dans l’eau Tra Basse-Terre e Grande-Terre, di fronte all’isola Gosier a due passi da Pointe à Pitre, La Créole Beach Hôtel è un punto di partenza ideale per scoprire una varietà di paesaggi indimenticabili, trascorrere un soggiorno di relax, praticare gli sport più svariati, assaporare una cucina creola raffinata. Immerso in un giardino tropicale, tra palme, ibischi e buganvillee, lungo una spiaggia di sabbia bianca, la sua architettura in legno e vegetazione è seducente. Il tour operator Suend propone un soggiorno di 9 giorni e 7 notti a Guadalupa presso La Creole Beach Hotel con formula di pernottamento e prima colazione, con partenza da Milano Linate il 27/10/2013. Quote per persona a partire da 1.890 euro www.suend.it

All’ingresso dell’affascinante villaggio di pescatori di Sainte-Anne, l’ Hotel La Toubana ha uno charme insuperabile e una vista panoramica mozzafiato, dove si può assaporare la calma e la dolcezza dei Caraibi francesi. Una piccola spiaggia privata, molto tranquilla, si trova proprio ai piedi dell’hotel. Questa spiaggia rappresenta inoltre un eccezionale punto di partenza per visitare la Guadalupa. Il tour operator Kuoni propone un soggiorno di 9 giorni e 7 notti a Guadalupa con formula di pernottamento in camera doppia Junior suite e prima colazione, con volo Air France via Parigi. Quote per persona a partire da 1.420 euro. Spese aeroportuali 420 euro. Tasse iscrizione e assicurazione escluse. www.kuoni.it fc


DE ITU AT Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa

E D U TI

Informazioni: Guadalupa è un arcipelago caraibico formato da 4 isole maggiori – Guadalupa, Marie Galante, La Désirade e Les Saintes - che raccolgono la quasi totalità degli abitanti, ca. 450.000 su una superfice complessiva di quasi 1800 kmq, confinante con Antigua & Barbuda e Montserrat a nord e Dominica a sud. Informazioni e assistenza per organizzare un viaggio personalizzato secondo le proprie esigenze presso le migliori agenzie di viaggio.

Come arrivare: da Roma o Milano via Parigi si atterra a Pointe-à-Pitre, su Grande Terre dopo 11 ore di volo. Prezzi a partire da 1100 € a seconda della stagionalità. La compagnia con maggior frequenza di connessioni è Air France.

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Quando andare - clima: le isole della Guadalupa hanno un clima tropicale, ventilato tutto l’anno, con una temperatura media di 26°C. La temperatura dell’acqua non scende sotto i 24° nei mesi più freddi da novembre a maggio, e può salire oltre i 29°C nei più caldi da agosto a ottobre. Da giugno a novembre è la stagione umida, con precipitazioni più frequenti che durante il resto dell’anno e temperature leggermente più calde. La stagione secca va da dicembre a maggio. Da febbraio ad aprile c’è la “câreme”, la stagione arida in cui piove mediamente solo 7 giorni al mese, che a volte crea problemi di siccità. In Guadalupa le coste occidentali, dette “sotto vento”, sono più colpite dalle piogge rispetto alle coste sopra vento. La stagione ciclonica va da maggio a novembre e tutte le isole ne sono interessate.

Dove dormire: si trovano hotel e bungalows a disposizione per ogni tasca, semplici o lussuosi con tariffe corrispondenti, spesso in riva al mare, e con standard adeguati alla clientela europea.


DE ITU AT Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa

E D U TI

Dove mangiare: nei luoghi turistici c’è solo l’imbarazzo della scelta tra le varie cucine proposte: francese, italiana, asiatica, americana, indiana e cinese. La cucina locale è creola, con gusti robusti, profumata di spezie e coloratissima. Nei luoghi turistici si va affermando una sorta di nouvelle cuisine, un po’ più fusion e ricercata.

Documenti: essendo Francia a tutti gli effetti è sufficiente la carta di identità per soggiorni fino a 3 mesi.

Fuso orario: meno 5 h, che diventano – 6 quando in Italia vige l’ora legale.

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Lingua: il francese è la lingua ufficiale. Il patois creolo è la lingua del popolo. Religione: il 95% è cattolico. Il resto induista, africana panteista e protestante.

Valuta: Euro. Alberghi, ristoranti principali e agenzie di autonoleggio accettano le maggiori carte di credito.

Elettricità: 220 V, 50Hz. Vengono utilizzati diversi tipi di presa che rendono indispensabile l’uso di un adattatore universale per le spine a 3 poli. Quelle a 2 poli si adattano.


DE ITU AT Guadalupa. Madama Butterfly

Guadalupa

E D U TI

Telefono: Per chiamare l’Italia comporre lo 0039 seguito dal numero; per la Guadalupa 00590 + prefisso senza lo 0 + numero. I cellulari italiani funzionano, internet è molto diffuso. Internet Point e Internet Cafè sono presenti nelle zone turistiche. Ovunque sono in vendita carte telefoniche che permettono di telefonare con notevoli riduzioni. Abbigliamento: abiti leggeri in cotone, un golfino per la sera se si sta in montagna, cappello, occhiali da sole e sandali. Per i giorni di pioggia un K-way e un ombrello.

Shopping: sarà difficile resistere alle spezie, miglior souvenir di un viaggio a Guadalupa. Altri ottimi acquisti sono i cappelli panama, borse di madras, abiti creoli coloratissimi, sculture in legno e artigianato.

Suggerimenti: ill sole scotta anche se non sembra . Ricordate la crema da sole con alto fattore di protezione da usare senza risparmio.

Eventi: il Carnevale si svolge durante la settimana del Mardi Gras e termina il Mercoledì delle Ceneri. Vede le strade percorse da sfilate in costume, balli e musica. Agli inizi di agosto a Pointe-à-Pitre nella Fête des Cuisinières (Festival delle Cuoche) donne in costume creolo sfilano lungo le strade portando ceste di cibi tradizionali da benedire in chiesa. Seguono un banchetto e balli.

Link Utili: Ufficio del turismo di Guadalupa

Guadalupa online

Guadalupa (Rendez Vousen France)


pa s s a g g i o a

nord ovest sulle rotte di Amundsen Un viaggio sfiorando il Circolo Polare Artico, attraverso i ghiacci fluttuanti che accompagnano il Passaggio a Nord-Ovest. Rotta commerciale strategica che dalle coste del Canada, nell’Oceano Atlantico, raggiunge il PaciďŹ co. Testo e foto di Marcello Libra

Canada

Lat 66,10 N



Passaggio a Nord-Ovest

M

are a perdita d’occhio disegnato da irregolari trame di ghiaccio in tutte le tonalità dell’azzurro, montagne congelate a testa in giù, aria densa che socchiude gli occhi e subito diventa vapore: l’Oceano Artico è una distesa di acqua gelida che solo gli impavidi riescono ad attraversare. Punto strategico per il commercio, è da sempre una delle zone più fascinose del pianeta e meta privilegiata per i grandi esploratori della storia, che con le loro appassionanti imprese, scoprirono il Passaggio a Nord-Ovest, una rotta marina che parte dall’Arcipelago Canadese e gira intorno al Circolo Polare Artico.

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Passaggio a Nord-Ovest

“...Fondata Narakaura dal

re demone

lungo l’odierna Baja California. Seguirono i viaggi dell’esploratore inglese John Davis, che nel 1585 entrò nello Stretto di Cumberland, vicino all’isola di Baffin, e di Henry Hudson, che nel 1609 navigò lungo il fiume che oggi porta il suo nome. Chi segnò i tracciati più importanti fu Sir John Franklin, il celebre capitano che naufragò con il suo equipaggio nel 1845, lasciando però le mappe di una possibile apertura tra il ghiaccio. Dovremmo aspettare fino al 1906, quando il norvegese Roald Amundsen riuscì a navigare dalla penisola scandinava fino all’Alaska e conquistando finalmente il Passaggio a Nord-Ovest.

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Chiamata “Passaggio a Nord-Ovest” dagli inglesi e “Stretto di Anián” dagli spagnoli, questa via che dall’Atlantico raggiunge il Pacifico è stata teatro di una delle più epiche storie di esplorazione e scoperta tra la fine del XV e il XX secolo, quando gli europei cercarono di stabilire un nuovo itinerario commerciale per le proprie navi dirette in Estremo Oriente. Decine di spedizioni andarono alla scoperta della regione e delle sue isole, disegnando le prime mappe ed entrando in contatto con le popolazioni Inuit, piccole comunità locali abituate al freddo e vestite con pelli di foca. Le prime imprese risalgono al 1539, quando Francisco de Ulloa navigò


Passaggio a Nord-Ovest

In quasi 30 anni non era stato possibile per una nave percorrere interamente la rotta a causa dei ghiacci del tenitorio canadese. Purtroppo, però, il riscaldamento globale sta sciogliendo i ghiacci artici a ritmo impressionante e negli anni 2007 e 2008 il ghiaccio ha raggiunto la sua minima estensione su queste zone. Per la prima volta, si sono naturalmente aperti sia il Passaggio a NordOvest, sopra l’America settentrionale, sia quello a Nord-Est, sopra la Russia. Questa situazione

è allarmante: gli scienziati ritengono che non ci sia mai stato così poco ghiaccio in Artico, come dimostrato dall’assottigliamento del suo spessore. Nell’estate del 2009, però, c’è stato un brusco passo indietro: numerose zone di ghiaccio e neve invernali non si sono sciolte completamente e anche il ghiaccio vecchio è risultato essere più spesso del normale, rendendo più difficili le condizioni di navigabilità del tratto, come abbiamo potuto verificare con il nostro viaggio.

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Passaggio a Nord-Ovest

... nostro “Passaggio il

a

Nord Ovest” Il 25 agosto inizia il nostro viaggio attraverso il Polo Nord, un percorso difficile a zig zag tra iceberg giganti. Partiti da Ottawa da un microscopico aeroporto a bordo di un aeromobile, giungiamo a Resolute Bay, dove i gommoni Zodiac ci aspettano per imbarcarci sulla nave Akademik Ioffe, che ci condurrà alla scoperta dell’Arcipelago Artico Canadese. Qui la terra è brulla e la magnificenza della natura evidenziata dal freddo polare ispirano il silenzio e mettono in pace i sensi.

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Passaggio a Nord-Ovest

passaggio nello Stretto di Bellot, trait d’union tra lo Stretto di Franklin e il Golfo di Boothia, che nella sua sezione centrale è lungo 33.336 metri e ampio 740. Durante il passaggio ci si avvicina allo Zenit, il punto più a nord dell’America Settentrionale, e il comandante dimostra tutte le sue abilità nautiche. Le luci del tramonto regalano spettacolari lingue di fuoco che si specchiano sul mare calmo, trasmettendo agli estasiati passeggeri un’emozione indimenticabile.

> La mattina, l’alba e il sole rendono ambrata l’isola di Beechey, il mare è piatto e il ghiaccio ancora lontano. Sbarchiamo su una terra bruna e brulla, ultimo rifugio di Sir Franklin e del suo equipaggio dopo il naufragio. Lo sguardo si perde sulle sponde di un paesaggio che ancora nulla ha di polare, con le sue coste verdeggianti e le spiagge di Kearney Cove affollate da mastodontici trichechi. Passato Fort Ross, punto strategico del commercio tra est e ovest del Canada, al tramonto ci accingiamo ad effettuare il suggestivo



Passaggio a Nord-Ovest

Mentre ci avviciniamo al polo, i ghiacci si fanno più fitti fino a circondare la Akademik Ioffe, rendendo il paesaggio più vario e a tratti spettrale. La crosta si ricongiunge rapidamente dietro la scia della nave cancellando ogni traccia e rendendo quasi impossibile il nostro incedere nello stretto tra l’isola di Vittoria, l’isola di King William e una porzione del Nord America, quello che viene considerato il punto più ghiacciato della rotta. Ricordo degli sforzi lunghi secoli per trovare

un passaggio attraverso l’Arcipelago Artico Canadese, il nostro viaggio è reso meno avverso dall’incontro con un’imbarcazione rompighiaccio, che ci scorterà attraverso centinaia di iceberg. E per vederli ancora più da vicino, usciamo in un’inaspettata quanto memorabile gita tra i ghiacci a bordo di un gommone, fino a raggiungere le magnifiche e imponenti forme azzurre che affondano nell’acqua riflettendo ombre e disegni irregolari.

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Passaggio a Nord-Ovest

È in questo paesaggio che incontriamo Gwen Angulalik, una donna Inuit avvolta in un giaccone di foca che ci narra la storia della sua famiglia, mostrandoci foto d’epoca in bianco e nero. Dai suoi tratti si notano le origini di questa popolazione, che proviene dall’Asia ed è molto legata alle proprie radici culturali, anche se ormai l’abbigliamento e le taglie tradiscono l’influenza statunitense. Impossibile non farsi rapire dal panorama. Proseguiamo la navigazione lungo la costa sud dell’isola Victoria, attraverso lo Stretto di Dease fino alla Baia di Johansen, il più importante habitat faunistico dell’estremo Artico. Più di 40 specie di uccelli trascorrono la stagione qui per l’abbondanza di lemings: tra i più importanti, non possiamo dimenticare la civetta delle nevi, la poiana calzata e il falco pellegrino.

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Passaggio a Nord-Ovest

La baia è abitata da una miriade di foche, che con il loro musetto si affacciano dal pelo dell’acqua, e dagli orsi polari, sovrani in discussi di questa terra. Ci perdiamo a osservare il trionfo delle varie specie che popolano questi spazi immensi. Branchi di possenti buoi muschiati si stagliano sulla tundra artica, con i loro lunghi manti pelosi che li rendono eleganti, mentre un grande caribù galoppante mostra le sue corna ramificate e scappa al nostro arrivo. La vegetazione bassa e variopinta disegnata dai licheni è ambiente perfetto per i più agguerriti fotografi

alla ricerca dei dettagli più emozionanti. Dopo un paio di giorni di navigazione raggiungiamo il Golfo di Amudsen, un abbraccio di terra e ghiaccio che a sua volta conduce all’Oceano Pacifico. Circondati dalle infinite distese di acqua e ghiaccio che rendono il Nunavut una terra sospesa tra cielo e terra, concludiamo il nostro viaggio attraverso il Passaggio a Nord-Ovest. Spedizione conclusa con successo e tanta emozione. © Riproduzione Riservata

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Film - Sean Connery e la tenda rossa

Le antiche spedizioni alla ricerca del Passaggio a Nord-Ovest sono arrivate anche a Hollywood, con il film “La tenda rossa”, del 1969, diretto dal regista russo Mikheil Kalatozishvili e interpretato da un affascinante Sean Connery nel ruolo di Roald Amundsen. Raccontata con continui flashback, la storia è ispirata alla storia del dirigibile Italia, che il 24 maggio 1928 sorvolò il Polo Nord e precipitò sui ghiacci dell’Artide. Umberto Nobile, comandante della spedizione, ricorda gli episodi che hanno portato al fallimento della missione e le varie fasi del salvataggio. Guidato dal senso di colpa nei confronti di chi non ce l’ha fatta, il protagonista ripensa alle vicende che lo hanno portato in salvo. Quando i soccorritori sovietici e norvegesi raggiunsero la “tenda rossa”, rifugio di fortuna dove si riparava con il suo equipaggio, infatti, ha accettato troppo in fretta di essere portato in salvo, senza dare la precedenza agli altri. Ad accusarlo di tale debolezza e irresponsabilità, a metà tra immaginazione e realtà, è il pilota della spedizione svedese suo salvatore. Tra i fantasmi che invece lo faranno ricongiungere con la propria coscienza, l’amico Roald Amundsen, che ne giustifica l’umano desiderio di mettersi in salvo e fare un bagno caldo. gb


I big dell’Artico

Buoi Muschiati Il Bue Muschiato è famoso per la sua folta pelliccia di colore bruno, grigiastro o giallastro, e per le lunghe corna ricurve. Alti circa un metro e lunghi il doppio, possono pesare fino a 400 kg. Questi maestosi mammiferi si muovono in branchi e vivono in umide vallate durante l’estate, e in inverno si spostano ad altitudini maggiori per evitare la neve profonda. Si nutrono di radici, erba e arbusti che trovano scavando nella neve. Vivono nelle zone artiche dell’Alaska, del Canada e della Groenlandia.

Orso Polare Il più famoso predatore terrestre che abita il Polo Nord è certamente l’Orso Bianco, il più grande carnivoro di terraferma esistente sul nostro pianeta, che vive esclusivamente attorno al Polo Nord e nel Mar Glaciale Artico. I maschi adulti possono arrivare a pesare anche 800 kg e avere una lunghezza di tre metri, mentre le femmine sono più piccole, circa la metà. La folta pelliccia bianca mantiene lo stesso colore anche d’estate, e garantisce uno straordinario isolamento termico. Grazie alle larghe zampe, è un ottimo nuotatore e riesce a cacciare bene sia in acqua che a terra. Si nutre principalmente di foche e carcasse di cetacei, ma non disdegna trichechi, molluschi, pesci, uccelli, renne, ecc. gb


Il clima che cambia Da anni si parla di cambiamenti climatici dovuti all’inquinamento, una serie di fenomeni che hanno fatto aumentare le temperature e favorito lo scioglimento dei ghiacciai, con un conseguente e inevitabile innalzamento del livello dei mari. Autorevoli ricerche scientifiche si sono misurate con questo problema e gruppi di ambientalisti sostengono campagne per sensibilizzare le persone e i governi a prendere provvedimenti per preservare il pianeta. Riduzione di neve e ghiaccio marino e un aumento inusuale nella vegetazione della tundra sono i più evidenti tra i record rilevati nel 2012 dai ricercatori del National Oceanic and Atmospheric (NOAA), segnali del riscaldamento globale. Anche il livello del mare è costantemente monitorato: gli ultimi dati raccolti con il supporto dell’Ente spaziale europeo (Esa) e di quello americano (Nasa), segnalano che dal 1992 al 2011 il mare si è alzato di 11,1 mm. Non serve a nulla fare allarmismo, ma occorre comprendere la situazione e agire. Secondo una recente ricerca condotta dal Potsdam Institute for Climate Impact Research, infatti, nella parte occidentale dell’Artide la temperatura del ghiaccio aumenta il 60% più velocemente di quanto previsto dalle ricerche dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc). Gli esperti avvertono che se non saranno presi drastici e immediati provvedimenti coordinati a livello mondiale, lo scioglimento dei ghiacciai farà aumentare il livello dei mari di 5 mm ogni anno, con effetti a catena su tutto il pianeta. gb


In volo nei cieli dell’Artide

Il cielo artico è segnato da miriadi di uccelli che sorvolano veloci e sicuri questa enorme distesa di ghiaccio, terra e mare. Sono numerose le specie di volatili che abitano l’Artide, di cui la maggior parte solo di passaggio durante la stagione più temperata.

Civetta delle nevi Splendido rapace dalle piume candide e dagli occhi penetranti, la civetta delle nevi ama il freddo e si spinge fino alle più remote regioni artiche. Vive nella gelida tundra di Alaska, Canada, Groenlandia, Scandinavia e Russia settentrionale ma, quando durante il lungo inverno il cibo diventa scarso, si spinge più a sud alla ricerca di nuovi territori di caccia. Di dimensioni notevoli, la civetta polare raggiunge un’apertura alare di oltre un metro e mezzo, è coperta da un morbidissimo piumaggio bianco, maculato di nero nelle femmine, che riveste anche le zampe, e ha piccoli ma lucenti occhi gialli. Abilissimo predatore attivo anche quando il sole non tramonta per la lunga estate artica, vaga nelle desolate lande senz’alberi con il suo volo lento e maestoso, alla ricerca di piccoli roditori, soprattutto lemming. Rimane fermo in aria in un punto, battendo velocemente le sue gigantesche ali e puntando la preda, per poi piombargli addosso in un batter d’occhio, con una tecnica di volo che si chiama “spirito santo”. gb


Vivere tra i ghiacci Popolazione dagli occhi a mandorla e dalle vesti di pelle, gli Inuit abitano le impervie terre del Nord. Chiamati Eschimesi dai nativi americani, vivono in piccoli villaggi e sono entrati nell’immaginario comune come quei simpatici ometti coperti da pelo animale e circondati dal ghiaccio. Abituati ad adattarsi a temperature rigide delle regioni artiche, vivono in un territorio principalmente composto da tundra, ghiaccio e oceano, in simbiosi con la natura, e sono convinti che molti animali abbiano uno spirito religioso. In inverno vivono nelle igloo, piccole casette a forma circolare con una sola finestra, ricoperte di pelli di renna all’interno e riscaldate con lampade a grasso di foca, mentre in estate costruiscono tende e capanne. Per combattere il gelo e superare le difficoltà di questa terra, la società Inuit è perfettamente organizzata secondo una semplice distribuzione dei compiti. Gli uomini si occupano della caccia a bordo di Kayak e slitte trainate dai cani, e le donne provvedono ai lavori di casa e all’educazione dei figli. Certamente la globalizzazione è arrivata anche qui e oggi si possono vedere i risultati delle influenze, a volte dannose, della cultura occidentale su questi popoli. Se da un lato supermercati, slitte a motore e case prefabbricate hanno aiutato gli Inuit a vivere meglio, molti di loro rimpiangono i tempi in cui dovevano uscire a caccia per mangiare e lo stile di vita era più attivo e sano. gb


Proposte viaggio Crociera sul Passaggio a Nord-Ovest Viaggio-spedizione naturalistico di 8 giorni che parte da Ottawa e si avventura nell’Artico canadese, nel periodo in cui avviene la migrazione dei narvali e dei beluga. Un vero e proprio fotosafari per appassionati di fotografia e amanti della natura organizzato da Il Viaggio Tour Operator. Sarà possibile nuotare con le balene, fare kayak tra i ghiacci, divertirsi in motoslitta, camminare sugli iceberg e incontrare anche la popolazione Inuit. Pernottamento nel caldo di un campo tendato estremamente confortevole ed eco-friendly. La spedizione prevede tre date di partenza e si svolge con un piccolo gruppo accompagnato da guide locali. Considerati i pochi posti disponibili, si consiglia di prenotare con largo anticipo. Quote a partire da 14.080 euro a persona. Partenza: varie date nel periodo 01-31 giugno www.ilviaggio.biz

Un safari tra i ghiacci Una crociera di 11 giorni alla scoperta dei grandiosi paesaggi dell’Artico Canadese a bordo della motonave “Sea Adventurer”, con il tour operator Il Tucano Viaggi. Partendo dal Canada, si raggiunge l’isola di Baffin e i siti frequentati dai “Big Five” del Nord: trichechi, foche, buoi muschiati, balene ed il re dell’Artico, l’orso polare. Si naviga tra imponenti scenari con scogli a picco sul mare, montagne coperte di ghiaccio e la tundra, dove fioriscono delicati fiori. È il viaggio ideale per chi si appresta a scoprire l’Artico, una vera esperienza a contatto con la natura. L’itinerario proposto per questo safari artico dipende dalle condizioni del mare e dei ghiacci e può subire modifiche in corso di navigazione. Quote a partire da 3.475 euro a persona. Partenza: 27 luglio 2013. Durata del viaggio: 11 giorni www.tucanoviaggi.com gb


DE ITU AT Passaggio a Nord-Ovest

Canada

E D U T I T

Informazioni: Il Passaggio a Nord-Ovest è una rotta marina che dall’Arcipelago Artico Canadese raggiunge le acque del Pacifico. È possibile percorrerlo a bordo di una crociera organizzata delle durata di circa una settimana, con partenza in aeromobile da Ottawa e imbarco a Resolute Bay.

Come arrivare: Pochi i voli diretti da Roma Fiumicino o Milano Linate all’aeroporto Ottawa International. Generalmente gli aerei della KLM, della British Airways, dell’AirCanada o dell’Alitalia che la servono, fanno due scali, uno in Europa, un altro a Toronto o Montréal, oppure uno scalo negli Stati Uniti. Ore di volo nove o più, a seconda della città di scalo. Costo: da 700 euro nei mesi estivi, anche 500600 in autunno o inizio di primavera.

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Quando andare: Estate, preferibilmente nel mese di agosto. Documenti: Passaporto senza visto.

Fuso orario: Sei ore in meno rispetto all’Italia, sette con l’ora legale.

Vaccini: Nessuno richiesto. Per gli stranieri la ottima assistenza sanitaria è a pagamento. Una buona idea è stipulare un’assicurazione.


DE ITU AT Passaggio a Nord-Ovest

Canada

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Lingua: inglese.

Valuta: dollaro canadese.

E D U T I T

Elettricità: 110V, 60 hz, è necessario un trasformatore e un adattatore universale per le prese.

Abbigliamento: una giacca calda ed impermeabile è un elemento essenziale da portarsi in una crociera di questo tipo, possibilmente accompagnata da passamontagna, maglione e sciarpa per le passeggiate sui ponti della nave nelle serate più fredde. Link Utili: Ottawa Tourism Board: www.ottawatourism.ca/en/


norvegia

Hurtigruten su e giù per i fiordi

Scoprire i fiordi norvegesi a bordo di una nave Hurtigruten, bus-crociera che si addentra nell’incastro infinito di mare, terra e case colorate, un paesaggio incantato dove non si capisce se è l’oceano che si infila tra le rocce, o se sono le rocce che si infilano nel blu. Testo di Lucio Valetti Foto di Sergio Pitamitz

Norvegia

Lat 60.23 S




Hurtigruten, su e giù per i fiordi

C

ome diavolo farà il comandante Truls Bruland a infilare la prua, poi la pancia e il resto della sua bella grande nave rossa, in quella minuscola fessura tra due moli che appare laggiù, confusa nella bruma leggera del mattino in questa giornata di poesia e freddo nordico. Una luce rossa e una verde a indicare l’ingresso del porto, uno dei mille alla fine di un fiordo. Ma è uno spacco minuscolo, diresti impossibile, tra le casette rosse, blu o gialle. Colori forti in contrasto con le tinte tenui del paesaggio, con i bianchi telai delle finestre a disegnarne i contorni. Uno slargo quadrato non più grande di una piazzetta di paese, pescherecci allineati fianco a fianco e uomini in cerate gialle.

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Hurtigruten, su e giù per i fiordi

Lentamente, la MS Nordlys si infila, immensa, tecnologica ed efficiente, in questo presepio fuori stagione avvolto dal vellutato silenzio nordico, e il comandante fa appoggiare sulla banchina i 122 metri di acciaio per venti metri di larghezza, con la dolcezza di una piuma che cade a terra. Non so dove siamo, ho perso il conto degli attracchi “al pelo”. A Broennoysund, ricordo l’arrivo in un’alba rosata, la corta banchina a dritta davanti a una casa bianca e Truls che ha dovuto far virare la Norlys di

180 gradi per arrivarci con il lato sinistro, detto appunto port. E ricordo quel giorno nel Trollfjord, uno dei fiordi più spettacolari, un’acrobazia tra pareti di roccia alte dieci metri, dove basta un po’ di mare mosso per rendere tutto pericoloso. Truls lo fa da una vita: si sposta su e giù per i complicati fiordi norvegesi, naviga tra fondali bassi, scogliere, isolette e passaggi in mare aperto facendo due, tre o più attracchi al giorno, sempre complicati, millimetrici.

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Hurtigruten, su e giù per i fiordi

Per forza diventi bravo se porti in giro un postale della Hurtigruten. Ogni giorno, tutti i giorni dell’anno, con il bello e il cattivo tempo, una serie di navi rosse vanno su e giù lungo l’incredibile costa norvegese. Nord-sud, sud-nord, una sola rotta, tortuosa come una gimkana: le portano tanti comandanti capaci di far piroettare come modellini telecomandati navi da crociera da sei ponti e 500 passeggeri. I due estremi della rotta sono Bergen e Kirkenes: 2510 miglia nautiche e una settimana di tempo per andare da un capo all’altro della Norvegia, quel sottile merletto di roccia compresso tra il verde della Svezia e il blu scuro del Mare del Nord. Un Paese semplice e complicato, dove è più veloce spostarsi via mare piuttosto che sulle lunghe e tortuose strade interne. Così è nato il postale dei fiordi, il mezzo più pratico per andare su e giù per la penisola scandinava.

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Hurtigruten, su e giù per i fiordi

notti romantiche in qualche hotel dalle finestre bianche. Con l’auto è lo stesso: interrompere un onthe-road scandinavo con qualche tratta via nave è piacevole e riposante. Orario alla mano, una “hurti” passa sempre dove sei. Se si sceglie di fare la crociera completa, invece, la direzione migliore è la rotta 180°, un magnifico crescendo verso il Nord. Imbarco a Bergen, la sera, tutte le sere dell’anno. Sei notti sette giorni per arrivare a Kirkenes, undici giorni in tutto per ritornare a Bergen senza scendere.

> 15 nodi di velocità, poco meno di 30 km all’ora, 35 fermate da bus cittadino, attracco e ripartenza in un quarto d’ora, giusto il tempo di sbarcare e imbarcare passeggeri e merci con l’efficienza di un robot giapponese. Utilizzate come acqua-bus, le navi Hurtigruten sono anche un modo comodo e straordinario per vedere, da turisti, questo pezzo di mondo. Sali in un porto e scendi in quello dopo, o dopo un paio di porti. Te ne vai in giro un po’ e poi riprendi una “hurti” l’indomani, dopo aver passato


Hurtigruten, su e giù per i fiordi

Bergen è la classica, perfetta città nordica. Linda da sembrare fasulla, con le case medievali del quartiere anseatico addossate alla banchina di Bryggen, le grandi piazze nella parte moderna, grandi aree pedonali e un’efficienza che respiri ovunque. Imbarcati tutti i passeggeri e assegnate le rispettive cabine, il capitano molla gli ormeggi verso il tramonto e la rossa Nordlys punta dritta al Nord. Fuori scorre lo scenario dei fiordi, dentro comincia la molle vita da crocieristi. La cena nel grande salone tra montagne di salmone affumicato, aringhe, pane di segale e altri pesci, il dopocena al bar, le stelle che si intravedono dalle gigantesche vetrate e un po’ di musica di sottofondo. Alle 2 di notte, la nave si ferma già, e non te lo aspetti. Tappa a Fløro, un quarto d’ora. Alle 4 Måløy, un quarto d’ora. Alle 7,15 Torvik, ancora un quarto d’ora. Cominci a capire come funziona. Alle 8,45 Ålesund, una cittadina media, 43.000 abitanti.

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Hurtigruten, su e giù per i fiordi

Ti abitui in fretta all’andatura da treno locale. Non dà fastidio: volendo, ad ogni attracco puoi scendere nel porto a prendere una boccata d’aria pura. La prima tappa importante è Ålesund, città interessante dall’architettura liberty. La Nordlys attracca praticamente in pieno centro e si ferma per 45 minuti, il tempo di vederla, ma senza perdere di vista l’orologio. Se alle 9,29 non sei al reimbarco, la nave se ne va senza di te. Altra opzione, partecipare a una delle escursioni previste nella crociera: 350 corone norvegesi e la sosta

ad Ålesund si prolunga il tempo di vedere un magnifico acquario, per poi riprendere la nave alla sosta successiva. Ci sono una media di cinque escursioni quotidiane a pagamento tra cui scegliere: la visita guidata ad Ålesund, la gita in motoslitta da Menham fino al Kjøllefjord, su nella penisola di Nordkinn, una passeggiata in slitta trainata dai cani su a Kirkenes, una pagaiata in kayak nelle acque gelate di Tromsø, la visita al ghiacciaio di Svartisen, vicino a Ørnes, raggiungibile con un piccolo battello attraverso un paesaggio di isole e isolotti.

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Hurtigruten, su e giù per i fiordi

E ancora, la slitta trainata dalle renne a Finnsnes, un raid in gommone a Bodø, la giornata alle Isole Lofoten e a Capo Nord, per raggiungere il traliccio che regge il mappamondo simbolo del punto più a Nord dell’Europa. Poi ci sono tranquille gite urbane nelle città più grandi, che sono sempre piccole per i nostri standard e hanno sempre un piacevole centro storico. Trondheim, magnifica città colorata. Da vedere con tranquillità per incontrare, per esempio, un italiano di Catania finito qualche decina di

gradi di latitudine più a nord e molti gradi di temperatura di meno a fare il docente all’università, e non smette mai di magnificare la vita da queste parti. Se si è fortunati di azzeccare il bus giusto, si può andare a vedere un tipico museo nordico di case ricostruite a Trøndelag. Poi Tromsø, la città universitaria per antonomasia della Norvegia: bella e interessante per la gente, le architetture, il museo. Si sbarca e si va a scoprirla da soli con un bus da sightseeing e vagando a piedi per il centro. E poi Hammerset, la città più a nord, per finire.

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Hurtigruten, su e giù per i fiordi

Così, di buffet in buffet, di escursione in escursione, di attracco in attracco, i sette giorni si snocciolano in fretta e si approda a Kirkenes, ultima tappa. Finisce qui la crociera. Finisce anche la terra. Più avanti c’è solo acqua fino al Polo Nord, se si esclude la parentesi delle Svalbard. Una settimana in un mondo incantato ti fa venire qualche dubbio, quando ti tocca scendere e prendere l’autobus che ti porterà in aeroporto. Il catanese che insegna a Trondheim non è tornato © Riproduzione Riservata

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Bergen, una città da favola

Porto di partenza del postale Hurtigruten è Bergen, la capitale dei fiordi e porta d’ingresso verso il grande nord. Adagiata su una penisola circondata da sette monti, la città incanta con le sue case colorate, i negozietti in legno e le stradine di mattoncini, che la rendono così pittoresca. Importante polo universitario e centro culturale, è giovane e vivace e possiede numerosi musei, teatri e monumenti storici, che si sommano alle indiscusse bellezze naturali dei fiordi che la circondano. Porto mercantile tra i più importanti della Norvegia, per due secoli è stata la base norvegese della Lega Anseatica e oggi ne conserva le tracce nell’architettura e nella cultura. Sembrano uscite da una fiaba le inconfondibili case di legno dai colori vivaci e dai tetti spioventi di Bryggen, l’antico quartiere anseatico Patrimonio dell’Umanità Unesco. Sopravvissuti a secoli di incendi e alle devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, queste costruzioni così caratteristiche fanno di Bergen una delle città in legno più grandi d’Europa. Per chi cerca l’essenza del luogo, non può mancare una visita al mercato del pesce Torget, situato nella piazza sul lungomare. Un inno ai sapori più autentici, dal merluzzo ai gamberi, dall’astice al pesce gatto e al salmone, in tutte le salse. Impossibile resistere. gb


C’era una casa molto carina

Coloratissime e stilizzate come nei disegni dei bambini, le casette dei pescatori sono la caratteristica della costa norvegese. Si chiamano «rorbu», generalmente sono di colore rosso, hanno il tetto spiovente e sono sospese su palafitte immerse nel gelido mare artico. Costruite tradizionalmente come alloggi per i pescatori in visita durante la pesca alle Isole Lofoten, sono diventate molto popolari tra i turisti di tutto il mondo, che scelgono i mesi estivi per visitare la Norvegia centrale e settentrionale. Pittoresche quanto spartane abitazioni in legno, immerse nel silenzio della natura con vista fiordo. Poco importa se il riscaldamento non c’è, come nella maggior parte dei casi. Chi riesce a prenotare in tempo un soggiorno in una rorbu, infatti, potrà vivere l’esperienza di dormire nei caratteristici villaggi che sembrano dipinti con il pennello. Per sentirsi ancora più lupi di mare, poi, ci sono un sacco di opportunità di andare a pesca, da soli o in gruppo a bordo dei pescherecci locali. gb


Il villaggio più a nord del mondo

Qual è la città più a settentrione del mondo? Sono tre i centri abitati che si contendono questo primato: Hammerfest e Honningsvåg, in Norvegia, e Barrow, in Alaska. Senza addentrarci in definizioni di cosa si intende per città, possiamo dire con certezza che Hammerfest è l’insediamento umano con più di 5000 abitanti più a Nord del mondo, oltre che ad essere il più antico del Nord della Norvegia. Situata a latitudine 70° 39’ 48” N, la piccola cittadina norvegese si trova nella Contea di Finnmark, sulla costa occidentale dell’isola di Kvaloy, e gli è stato riconosciuto il titolo di città nel 1789, diventando un porto piuttosto importante. Immersa in un paesaggio di rocce piatte e lisce affacciate sull’Oceano Artico, è da secoli un punto di riferimento per le rotte polari. Da qui partono numerosi viaggi verso il grande Nord: ogni giorno un traghetto salpa per lo spettacolare Capo Nord, il lembo di terra emersa più a Nord del continente europeo. Non molto lontano, poi, si trova il ghiacciaio Seilandsjøkelen, una delle mete preferite dagli appassionati di trekking. gb


Fior di fiordi

Un tour della Norvegia permette di ammirare da vicino alcuni tra i fiordi più spettacolari, insenature di mare che si avventurano tra le rocce, aprendosi su paesaggi incantevoli e inaspettati. Passaggi stretti e difficili, come il Trollfjord, sottile e allungato, o ripidi e solcati da lunghe cascate bianche, come Geirangerfjord. Trollfjord è un fiordo stretto, un corridoio incorniciato da pareti rocciose quasi verticali, raggiungibile soltanto in nave dal più ampio stretto di Raftsundet. Qui i comandanti devono superare un’ardua prova di navigazione e imboccarne il difficile ingresso, largo solo 100 metri. Una via così impervia da meritarsi il nome di fiordo dei Troll, antiche figure mitologiche scandinave dal carattere eremitico e dalle sembianze bitorzolute. Il Geirangerfjord è un fiordo che si snoda nella regione norvegese del Sunnmøre. Visitatissimo nella stagione estiva, è un ramo del ben più grande Storfjorden e dal 2005 fa parte della Patrimoni dell’Umanità Unesco, insieme al Nærøyfjord. Seppur sia uno dei fiordi più piccoli della regione, è tra gli spot più incantevoli della terra norvegese, un braccio di mare stretto da una gola a precipizio, dai cui fianchi scendono impetuose alte cascate, con il villaggio di Geiranger a fare da sfondo. gb


Proposta viaggio

Crocierando in Hurtigruten Una crociera a bordo del postale dei fiordi Hurtigruten, per vivere le stesse emozioni raccontate in questo reportage. Nove giorni e otto notti per spingersi sulla rotta nord della Norvegia, da Bergen a Kirkenes, attraverso fiordi di tutte le dimensioni, e paesaggi da cartolina. Tappe fisse nelle cittĂ piĂš importanti ed escursioni facoltative a pagamento, tra cui la visita al villaggio di Geiranger, al ghiacciaio di Svartisen, alle Isole Lofoten, a Capo Nord, ma anche uscite in kayac, in gommone, con le slitte trainate da cani. Il tour organizzato dal tour operator Seiviaggi prevede due pernottamenti in hotel a Bergen e Oslo, punti di partenza e arrivo, trasferimenti e pensione completa a bordo della nave. Escursioni e voli a/r esclusi. Quota a partire da 1500 euro a persona. Partenze da aprile a settembre 2013. www.seiviaggi.it/index.php


Una cattedrale tra i ghiacci

Bianchi tetti appuntiti che guardano verso le nuvole, una nota verticale in una valle dai monti bassi, erosi dal freddo nordico. Ad accogliere dall’isola di Tromsø vuole spostarsi sulla terraferma, si trova la Cattedrale del Mar Artico Ishavskatedralen, il monumento più famoso della città. Costruita nel 1965 in stile moderno su progetto dell’architetto norvegese Jan Inge Hovig, è un’imponente chiesa formata da triangoli in cemento a vista, disposti a cannocchiale e chiusi da ampie vetrate. Rischiarata dal sole infinito delle estati artiche e illuminata a giorno nelle lunghe notti buie, attira l’attenzione da lontano e dà un tocco di prestigio alla periferia di Tromsø. Un grande iceberg, lo scheletro di una balena arenata sulla spiaggia, una nave in attesa di partire, un gruppo di cristalli, la casa meteorite di Superman. Sono solo alcune tra le suggestioni che suscita questa costruzione così appariscente e curiosa. gb


DE ITU AT Hurtigruten, su e giù per i fiordi

Norvegia

E D U T I T

Informazioni: Ufficio Norvegese per il Commercio e il Turismo, Via Puccini, 5 20121 Milano. Tel. +39 0285451460 Informazioni e assistenza per organizzare un viaggio personalizzato secondo le proprie esigenze presso le migliori agenzie di viaggio.

Come arrivare: voli diretti stagionali tra l’Italia e Bergen con Norwegian. In alternativa è possibile arrivare ad Oslo dai maggiori aeroporti italiani con SAS e proseguire per Bergen con la stessa compagnia. La capitale è collegata Bergen anche da un servizio di treni e di autobus.

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Quando andare - clima: In estate si può arrivare anche a sfiorare i 30° sia al sud che al nord, ma generalmente è un caldo secco. In inverno nelle zone interne si possono toccare anche i 40° sotto zero, mentre sulle coste si troveranno temperature leggermente più alte. In qualsiasi periodo dell’anno il tempo è variabile.

Dove dormire: possibilità di scegliere cabine interne o esterne, mini suite e gran suite esterne. I prezzi variano in base alle stagioni e all’itinerario. Contattare la compagnia per maggiori informazioni.

Dove mangiare: i pasti si possono consumare nei ristoranti della nave in alcune fasce orarie. Colazione a buffet, così come il pranzo che include piatti caldi e freddi. La cena è a tre portate con servizio al tavolo. Documenti: per i cittadini italiani è sufficiente la carta d’identità.


DE ITU AT Hurtigruten, su e giù per i fiordi

Norvegia

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E D U T I T

Lingua: norvegese, ma praticamente tutti parlano inglese e qualcuno anche il tedesco.

Telefono: dall’Italia alla Norvegia comporre il prefisso internazionale 0047 seguito dal numero locale. A bordo la copertura della rete mobile è ottima. Valuta: a bordo della nave si può pagare in corone norvegesi. Accettate le principali carte di credito.

Elettricità: 220 volt con prese Schuko.

Abbigliamento: l’ideale è vestirsi a strati. Portare sempre maglioni caldi, ma anche magliette leggere, una giacca che ripari dalla pioggia e dal vento e scarpe comode e calde. Se si arriva in Norvegia in inverno sono necessari giacche molto pesanti, guanti e sciarpe. Se si desiderano effettuare escursioni a terra, è consigliabile consultare il sito dell’Hurtigruten che fornisce ulteriori e dettagliati consigli pratici.

Consigli: l’Hurtigruten svolge il servizio tutto l’anno. Nel testo è raccontato il viaggio in direzione nord. Non sono poche le persone che arrivano nelle zone settentrionali con mezzi propri e, da qui, decidono di imbarcarsi ed effettuare la crociera verso sud per raggiungere Bergen. È anche possibile acquistare biglietti solo per una o più tratte lungo la navigazione.

Link Utili: www.visitnorway.com

www.hurtigruten.com


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milano

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L’isola l de giorno dopo

St udi di desig n, atelier ricercati, v intage boutiq ue: sull’uscio della nuova Manhat tan meneghina c’è la Milano liber t y dove nauf ragano gli esteti, approdano gli indie chic e soprav v ivono le vecchie bot teghe. Rapiti dall’Isola incantata, noi oltrepassiamo la por ta.

Testo di Francesca Calò Foto di Eugenio Bersani e Guglielmo Nicolazzo

Milano

Lat 45,28 N




L’Isola del giorno dopo

C’

è anche il mare. In certe giornate di pioggia, il Seveso allaga tutto e via Borsieri, da boulevard popolare diventa Canal Grande. Galleggia ancora Isola, ultimo avamposto bohémien ai piedi della Milano da bere. Vicinissima e pur così lontana dalla eccentrica e modaiola Corso Como. Un tempo snobbata, luogo della malavita, temuta enclave della ligera, oggi si dà arie da sciura.

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L’Isola del giorno dopo

Aleggia tra le strade l’allure da dandy-proletaria, ma i tempi in cui tra le case a ringhiera smarmittava la Aprilia nera targata 777 del bandito Ezio Barbieri, sono bel lontani. E un po’ si è imborghesito anche lui, il ladro gentiluomo che rubava alla Milano opulenta al di là del ponte. Ha scelto di guardarla da lontano, da un’altra isola, la Sicilia, mentre delle sue avvincenti avventure si riempiono i libri. La sua uscita di scena, il suo non ritorno, è forse la sua più clamorosa evasione.

Chissà se dopo mezzo secolo la riconoscerebbe ancora, chissà se gli piacerebbe. L’Isola palazzinara e operaia di qualche decennio fa è oblio, incanto e leggenda che ammalia i nostalgici. E lo hanno capito le agenzie immobiliari, che, complice la crescente gentrification degli ultimi anni, hanno trovato la loro isola felice: i prezzi degli immobili sono alle stelle e mentre vanno via i ceti meno abbienti, il quartiere diventa mecca à la mode della chic upperclass, che storce il naso alla città del capitalismo trionfante.

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L’Isola del giorno dopo

Poche vie circoscrivono quest’oasi che ha tutto il sapore di un vecchio paese: via Pepe, via Ugo Bassi, piazzale Segrino, piazzale Lagosta, via Sassetti e via De Castillia; a ricordare che anche questa è Milano, ci sono i grattacieli, altissimi, della ancora incellofanata Porta Nuova. Ci sono i cantieri aperti, le gru, le passerelle del Bosco Verticale, progetto di riqualificazione del quartiere firmato da grandi archistar che dovrebbe fungere da polmone verde per l’intera città. Incombono sui dolci palazzi in stile liberty, che però non stanno a guardare e fronteggiano, come possono, il superbo Golia di cemento; “voltan il cul a Milan” e nei cortili delle case a ringhiera si aprono nuovi laboratori artigianali che mantengono alto lo spirito handmade che da sempre ha contraddistinto questo quartiere. I fabbri, i falegnami, i liutai, i corniciai, i ferramenta ci sono ancora, ma qui, come altrove, hanno chiuso in molti. Qua e là appaiono insegne sbiadite, arredo urbano amarcord di botteghe ormai andate. Fortuna che ci pensano i nuovi creativi a rialzare le saracinesche abbassate. Fioriscono gli studi di architettura, i boutique cafè, i locali di nicchia e le librerie specializzate; arrivano

i galleristi, gli stilisti, i designer; accanto alle vecchie osterie, si moltiplicano i pub, i ristoranti, e i bar di tendenza. Nel sogno di una modernità che attinge e sperimenta il passato, i giganti di cemento scompaiono e ci si tuffa, oltre lo specchio, in questo possibile Paese delle Meraviglie.

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L’Isola del giorno dopo

...“L’isola del

sottobosco”

Nessun itinerario tracciato. Non serve ed è inutile in questo formicaio di gente che si sposta, collabora, scambia, tutto da un portone all’altro. Le regole del buon vicinato funzionano anche tra gli esercenti e potrebbe, ad esempio, capitare di entrare in una boutique di via della Pergola ed essere accompagnati nel laboratorio di un designer in via Pollaiuolo. Per questo, lasciate a casa le mappe, camminate, trottolate da un ingresso all’altro, perché lo spirito dell’Isola si coglie girando attorno.

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L’Isola del giorno dopo

“...Fondata Narakaura dal

re demone

una Corale del Teatro alla Scala. Nel corso della sua storia il piccolo foyer ha visto passare le genti più disparate, essendo stato balera, casa di incisione, ristorante, ma dal 1975 il teatro è gestito dalla Compagnia del Buratto che da subito si è impegnata a riportarlo in auge, mettendone in scena contenuto e contenitore. A cent’anni dalla sua nascita, il Verdi è stato palcoscenico -tra i primi a Milano - dei laboratori di avvicinamento al famoso Metodo dell’Actor’s Studio e promotore e protagonista di rassegne di respiro internazionale di Teatro di Figura.

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Anche muovendosi a caso si capita sempre in via Pastrengo, strada ai lati della principale via Borsieri, spina dorsale dell’Isola. C’è un silenzio che sembra abbandono, ma basta poco per rendersi conto che in realtà pullula di innovazione e fermento. Si insegue senza tanto pensarci, l’insegna rossa al numero 16 del Teatro Verdi. Se non ci fosse lo stendardo, mai si direbbe che dietro questo anonimo ingresso si manifesti un mondo. Stucchi e fregi in stile liberty impreziosiscono il soffitto di questo piccolo gioiello che all’inizio fungeva da sala per prove e concerti di


L’Isola del giorno dopo

esemplari non è la sua unica attività: Lorenzo insegna alla Scuola di Liuteria di Milano, un tempo collocata proprio in via Pastrengo. E la concentrazione di liutai in questa strada è veramente notevole. Presi da una certa nostalgia, molti allievi della scuola hanno comprato gli spazi facendone i propri laboratori, anche se la scuola da tempo è altrove. La produzione delle rosette di pergamena che ricoprono come merletti i fori delle tavole armoniche è fatta da Elena del Cortivo, artigiana che ha il suo laboratorio al civico di fronte.

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Proseguendo, al numero 12 si apre un altro tendone. Conviene mettersi comodi e dimenticare gli orologi, perché questa piccola corte cela segreti e virtù di tre ameni laboratori, diversi ma accomunati dalla stessa passione isolana. Prossima all’ingresso è la bottega di Lorenzo Lippi, artigiano liutaio che produce in questa culla di truciolo mandolini che vengono spediti in tutto il mondo. Musico della pialla, accarezza, plasma e dona vita a questi panciuti strumenti che pendono dalle pareti come installazioni, armonia di forme e immaginario. Ma la costruzione di questi preziosi


L’Isola del giorno dopo

Di odore di colla e vernice questo cortile è impregnato: da Simona Colombini Manufatti, appena un passo più in là, si ridà nuova vita alle cose; legno, ferro, tessuti, pietre, sotto le mani della giovane artista milanese vengono rianimati e restituiti della loro bellezza. Emozionano al tatto le grezze scale di campagna che dopo le cura di Simona vengono reinventati nell’uso come splendidi porta salviette per il bagno; o la texture dei tessuti filati a mano che stampa mediante rulli antichi. Simona ricombina, disfa, unisce, un po’ come ha fatto nella sua vita: trascorre dieci anni in Toscana dedicandosi a una cascina dove si innamora della natura, dei colori, di quello che la terra ha da offrire e quando torna nella città natale, sceglie come casa della sua attività Isola, luogo d’eccezione dove recupero e innovazione, elementi salienti della sua attività, sono intrinseci nel genius loci del quartiere.

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L’Isola del giorno dopo

Più avanti si apre O’, uno spazio creativo e residenza artistica tenuto in vita senza finanziamenti pubblici. Da circa 13 anni questo cubo bianco essenziale ospita mostre, eventi e laboratori tenuti da artisti emergenti e un bookstore giustamente fornito di pezzi rari e particolari che ne richiamano il concept. “Abbiamo avuto qualche difficoltà. Un contratto in scadenza e un canone di affitto che non potevamo permetterci” ci racconta la direttrice Sara Serighelli “ma la grande mobilitazione del quartiere ci ha permesso di vincere la nostra battaglia.

Siamo ancora qui”. Sembra incredibile che nella metropoli della speculazione abbia vinto la solidarietà. Ma qui non siamo a Milano e può capitare, per esempio, che al bar ti attenda un “caffè sospeso” già pagato da qualcun altro. Succede al Blu, un moderno bistrot all’angolo con via Carmagnola che ha fatto sua questa desueta tradizione partenopea. Sulle pareti turchesi che ovattano questo locale, confortevole come un salotto di casa, sono momentaneamente esposte le borse di Claudia Borsieri, incorniciate come dipinti a tre dimensioni.

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L’Isola del giorno dopo

Quasi di fronte, nessuna insegna sfavillante incornicia invece il Numero 9, ma una volta passati davanti è praticamente impossibile non notare le cascate di verde e luce che si compongono oltre la vetrina. Si fa fatica a capire che sia un negozio di fiori e una volta dentro sembra quasi riduttivo chiamarlo così: tutto è composto, ordinato, pulito. In questo garden atelier le piante sono esposte come opere d’arte, in una sorprendente armonia di geometria e cromatismo. Al padre di questo posto, Giulio Guazzoni, non sfugge nulla, si cura di ogni dettaglio. Arrivano da Olanda e Belgio i fiori freschissimi utilizzati nelle composizioni che andranno a essere veri complementi d’arredo di hotel prestigiosi come il Bulgari. Tra i clienti, una miriade di nomi altisonanti e la fama di questo floral designer non poteva passar inosservata agli occhi delle grandi riviste di lifestyle. Non solo: i bouquet concettuali dell’Isola hanno oltrepassato

l’oceano, portando via Pastrengo sulle pagine del New York Times. Sull’autorevole quotidiano americano, c’è finita anche Monica Castiglioni, pochi civici più in là, con la sua eclettica collezione di gioielli. Tra le sue mani, argento e bronzo si aprono come boccioli, dando vita a microsculture da indossare. Dal padre, Achille Castiglioni, ha ereditato la purezza delle linee essenziali, ma la jewel designer è anche una visionaria fotografa: sono sue le belle stampe sulle pareti che ritraggono un mondo capovolto, fatto di edifici, paesaggi e scorci riflessi in una pozza d’acqua. Molte di esse sono state realizzate a New York, la sua città d’azione. >


L’Isola del giorno dopo

Di pozzanghere specchio di mondi lontani Isola è piena. Al numero 12 di via dal Verme c’è un piccolo acquitrino che sa di Charles Cores. Le onde della bella spiaggia di Tel Aviv hanno portato fin qui Nir Lagzier, stilista israeliano che oltre il cavalcavia Bussa ha trovato la sua isola. Milano era tappa del giro intorno al mondo riservato ai giovani del suo Paese una volta finito il militare. Ma la città della Madunina lo ha stregato e il viaggio si è presto concluso

con questo naufragio. Frizzante, irruento, Nir è un portento. La sua estrosità esplode nelle maglie leggere, negli abiti di seta impalpabili. Tutti pezzi unici. Da Israele a Tokyo il passo è breve. Appena 200 metri separano questo coloratissimo atelier dal laboratorio di gioielli di Natsuko Toyofuku in via della Pergola 8. Bronzo, argento, pietre, lacche e legno si fondono in sofisticati monili dalle linee pulite ed essenziali che ben rispecchiano l’anima pura della designer giapponese.

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L’Isola del giorno dopo

Oriente e Occidente si incastonano in queste originali creazioni, nei colori caldi delle fusioni, nel design raffinato. Figlia di uno scultore e una pittrice, Natsuko è arrivata in Italia quando aveva cinque anni e, pur essendo molto attaccata al Paese del Sol Levante, ci dice concludendo: “A Isola mi sento a casa”. Uscendo, un ultimo colpo d’occhio va alla vetrina ombreggiata da un glicine non ancora fiorito; quando tutto sarà spolverato di lilla, viene da pensare che una piccola ”isola” di Wisteria Tunnel, incantevole cascata floreale a poche ore da Tokyo, spunterà in questo cortile.

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L’Isola del giorno dopo

“...Fondata Narakaura dal

re demone

che fare. Un calendario fittissimo di eventi caratterizza la sua attività: mostre fotografiche, incontri con gli autori, performance artistiche, proiezioni. Di respiro internazionale, la galleria di Flavio Franzoni e Giulia Zorzi affonda saldamente le sue radici nel quartiere, a cui dedica progetti speciali. L’ultimo, appena realizzato, è Support Your Locals,un giornale fotografico in distribuzione gratuita, che foto-racconta le piazze, i volti, le case, i frammenti di vita e vissuto del quartiere attraverso gli scatti di Lorenzo Tricoli.

> Sono invece già sbocciate da tempo un bel pò di librerie e gallerie nel quartiere, tutte particolari, tutte indipendenti. In via Medardo Rosso c’è Micamera, una delle librerie specializzate in fotografia più conosciute a Milano. Migliaia di libri e cataloghi compongono questo spazio che funge anche da contenitore espositivo. Non solo un bookstore, insomma, ma un luogo di aggregazione, un punto di riferimento, un catalizzatore della fotografia e “lens based arts”, le forme espressive che con essa hanno a



L’Isola del giorno dopo

Nel bizzarro collage di strade, luoghi e persone che compone questo quartiere, in via Pollaiuolo recuperiamo un altro tassello. Il cortile del Frida, bar protagonista della movida notturna locale, ospita anche le Particelle Complementari, un atelier-bazar dove si trova di tutto. Non solo abiti dal sapore retrò, ma anche abbigliamento etico, accessori fatti mano, prodotti bio. Il fil rouge è la sostenibilità, ma intesa non strettamente in senso eco: prezzo equo, riciclo, creatività, artigianalità. Ogni pezzo, raro, non è qui a caso, ma si porta dietro una storia che può essere ricercata nella qualità e nello sposare logiche di consumo critico. La storia è quella di essere controtendenza, ma di tendenza. Atmosfera da belle époque anche da Le Vintage in via Garigliano. La vetrina di questo sognante atelier al numero 4 potrebbe sembrare un fotogramma - a colori - di un vecchio film muto: cappelli, borse, abiti dai morbidi tessuti; molti sono pezzi unici degli anni ‘60 e ‘70, tanti quelli provenienti dalle grandi sartorie francesi. Ampissima la proposta di scarpe, tutte incastonate come gemme preziose nelle nicchie ogivali sulle pareti.

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L’Isola del giorno dopo

Un ultimo salto ancora per aggiungere una tappa golosa. Le Tre Chicchere in via Boltraffio è un accogliente caffè dove si respira un’atmosfera fiabesca e due chiacchiere con l’elfo al di là del bancone ti fanno capire perché. Elena Careddu, proprietaria assieme alla sorella e alla mamma, mette in scena il sapore: recita ricette, decanta ingredienti, narra e sperimenta pietanze. La sua laurea in drammaturgia la spende ogni giorno su questo delizioso palcoscenico, portando sotto le luci della ribalta creme finissime della tradizionale pasticceria di credenza, ma anche tanta cucina di sperimentazione.

Superlativi i frangipani, liturgia di mandorle e cioccolato che conquista le papille gustative. L’aroma di zucchero e caffè ti insegue fino ai portici, vicinissimi, della chiesa di Santa Maria alla Fontana, nella piazza omonima, prezioso gioiello architettonico, ahimè, sconosciuto ai più. Un silenzio mistico avvolge questo santuario cinquecentesco, opera di Giovanna Antonio Amadeo, sito su una fonte a cui si attribuivano proprietà taumaturgiche. Un giro all’Isola varrebbe tutto anche solo per vedere il pregevole chiostro, attribuito in passato alla firma del Bramante e Leonardo.

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L’Isola del giorno dopo

Strettamente legati alle vicende del santuario, poco lontani da qui, in via Tahon de Revel, sorgono gli antichi edifici della Fonderia Napoleonica Eugenica, fondata dai fratelli Manfredini nel 1806 e in cui per tutto l’800 si fondevano i bronzi di opere importanti, tra le quali si ricorda la sestiga collocata sull’Arco della Pace presso il parco Sempione. Oggi i locali ospitano un museo dedicato alla storia dell’arte fusoria e all’attività della famiglia Barigozzi, succeduta ai Manfredini, che per oltre un secolo produsse campane e monumenti. L’attività museale si affianca a quella di contenitore di arte e cultura e si realizzano mostre, concerti, eventi e manifestazioni culturali. Colti da un infantile stupore, ci accingiamo a lasciare questo arcipelago di meravigliosi mondi possibili. Di strada, ci aspetta un’altra pittoresca immersione tra le bancarelle di piazza Minniti, dove il martedì e il sabato si svolge il mercato e qui, in mezzo all’Isola, ci sentiamo isolani anche noi. Passa una coppia in bici divertita dall’instabile tentativo di spartirsi il sellino; salutiamo i funambolici Peter Pan e adesso che riattraversiamo la porta, un po’ li invidiamo. © Riproduzione Riservata

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A Isola, il motoquartiere

L’ammaliante sirena delle Officine Mermaid seduce ogni giorno frotte di centauri, che giungono all’Isola a bordo di bolidi fiammanti. Via Tahon de Revel, a uno sputo da Piazzale Segrino, è la strada dov’è nato il primo motoquartiere d’Europa. Conviene scendere dalla sella, perché i prossimi 120 metri sono un rombante susseguirsi di motostore, bar, sartorie, officine, pelletterie e gioiellerie pensati per i riders. Tutto ha inizio quattro anni fa quando, un gruppo di amici concepisce l’idea di uno spazio dove gli appassionati potessero customizzare le moto secondo le proprie esigenze; nascono così le Officine Mermaid. L’effetto domino è sorprendente e rapidissimo. Aprono, uno dopo l’altro KD Store, a cui è affezionato Max Biagi, Gulf, negozio di caschi e moto, Calestani, maison con una ricca proposta di accessori custom in pelle e metallo. Se si vuole stappare una birra con vista moto, c’è il Barcycle. Fiore all’occhiello è il Blocco 3, un cortile dove si cela un vero paradiso delle due ruote: si parte subito a cavallo di Deus Ex Machina, brand australiano di cui al mondo esistono solo altri tre negozi, rivenditore esclusivo delle mitiche Greivous Angel, The Mono, la Street Tracker, le bici Deus Cycleworks. Al piano superiore c’è Retrò, una boutique vintage con pezzi notevoli non solo per gli appassionati del genere. Ultimo arrivato è il partenopeo South Garage. E tra poco aprirà anche un barbiere che proporrà baffi e basette in perfetto stile rider. fc


Isola noir

Arrivava col dané e la roba al bar della sorella, tra via Lambertenghi e via Pollaiuolo e poi era tutto un tran tran, un movimento dei suoi, un accorrere di poveretti che cercavano di raccattare qualcosa. La tana di Ezio Barbieri, il ladro gentiluomo protagonista romantico della ligera, la mala milanese degli anni ‘40, era qui, in via Borsieri, proprio nel cuore dell’Isola. Il fumo dell’Aprilia del Moschettiere, come veniva chiamato per via del pizzetto, ha riempito le pagine di cronaca della stampa milanese, negli anni in cui Milano era come Chicago, con le bande di locch, i balordi che seminavano il terrore nella città. Di lui si ricordano le celebri rapine con donna nuda o gli inscenati posti di blocco per mettere a segno i suoi colpi. Dopo l’arresto, che avvenne il 26 febbraio del 1946, e in cui morì il suo socio Sandro Bezzi, fu il protagonista della Pasqua rossa, una delle più grandi rivolte carcerarie di San Vittore. Dopo aver girato tanti penitenziari italiani, riottenne la libertà dopo 25 anni di carcere, scegliendo la Sicilia come sua Isola d’adozione. fc


L’Incubatore dell’arte

In principio era la Stecca. Sul ciglio della Stazione Garibaldi, in via De Castillia, è nato l’Incubatore dell’Arte, una struttura fortemente voluta dalle associazioni e dagli artigiani che un tempo abitavano l’edificio. Due piani compongono questo cubo essenziale, progettato da Stefano Boeri, e che si inserisce nel più ampio progetto di riqualificazione urbana che interessa i cantieri di Porta Nuova. Al piano inferiore gli spazi sono dedicati ai laboratori, tra cui la Ciclofficina. Al piano superiore invece, un’ampia sala è a disposizione delle associazioni per riunioni, mostre, incontri e forme di partecipazione tra gli abitanti del quartiere, gli artisti e gli artigiani. Tra le attività previste all’interno degli oltre 400 metri quadri, anche corsi di italiano e tante attività per bambini. L’Incubatore dell’Arte è gestito dalla rete di associazioni ADA Stecca, che nasce da un’esperienza di autorganizzazione pluriennale di spazi in abbandono da parte di una decina di associazioni, artigiani, artisti fermamente motivati alla salvaguardia e valorizzazione di spazi pubblici dedicati all’associazionismo locale e cittadino. fc


Isola, notte da hipster

Un’isola di nottambuli. Il quartiere diventa sempre più trendy e, mentre di giorno si coglie la sua anima slow, di notte cambia faccia, vestendosi a festa. I locali sono sempre più numerosi e, tra ristoranti etnici, pub, lounge bar, vecchie osterie e sale dove ascoltare musica dal vivo, la scelta è veramente ampia. Tra i must, c’è ovviamente lo storico Blue Note, tempio consacrato della musica che diletta i jazzofili da ormai dieci anni. Era infatti il 2003 quando le porte del numero 30 di Via Borsieri si aprirono per la prima volta per l’indimenticabile concerto di Chick Corea. Da qui sono passati tutti i grandi, come ben mostrano le gallery fotografiche sulle pareti, che immortalano jazzisti dal calibro di Dee Dee Bridgewater, Billy Cobham, Al Di Meola, Manhattan Transfer, Paolo Fresu e Stefano Bollani. Mise più informale e meno ingessata invece quella del Frida, in via Pollaiuolo 3. Fiumi di birra scorrono dall’aperitivo fino a tarda notte, in questo spazio a metà tra caffè letterario e pub berlinese. All’entrata, un grande murales fa subito percepire il suo spirito underground, ma non lasciatevi ingannare dalle apparenze, perché il pubblico di frequentatori è molto diversificato: la sua atmosfera frendly conquista proprio tutti. fc


L’Isola del giorno prima Mancano le grandi cattedrali, le opere dove si sfoggiano le arti maggiori, ma Isola è un monumento della memoria. Qui è la storia della gente che la fa da padrona, quella che segna le piazze, quella raccontata dai muri impolverati che la tengono stretta. Arginata dalla stazione Garibaldi da una parte, un tempo via Borsieri era collegata a Corso Como mediante un ponte di ferro e da via Farini c’era il Ponte della Sorgente e quando pioveva e il Seveso esondava, non si poteva far altro che rimanere da questa parte. In realtà a Milano con il nome di isole si indicavano case isolate in più quartieri. Questa è l’ipotesi più accreditata, ma qui il confine tra fantasia e realtà è labile. Anima proletaria, ha una storia abbastanza recente, legata al destino delle fabbriche vicine. E proprio per questo era considerata l’isola rossa di Milano. In Piazzale Segrino, un monumento ricorda i cittadini del quartiere caduti durante la Resistenza. Rosso era il prete che ha scritto una parte della storia di questi isolati, quel Don Eugenio Bussa a cui oggi è dedicato il cavalcavia che sormonta la stazione, simbolo di continuità e interruzione tra passato e presente, metropoli e paese. Una vita spesa a difesa degli ultimi, degli immigrati e degli operai, dedicata alle attività ricreative dell’oratorio del Sacro Volto, fulcro nevralgico per la comunità. Di personaggi noti Isola ne ha visti passare, come ricorda la targa di via Borsieri dedicata a Garibaldi. Ma di altre cose purtroppo non resta traccia; come l’antico cimitero della Mojazza, che sorgeva nei pressi di piazzale Lagosta, chiuso nel 1895 dopo l’apertura del più grande Monumentale. fc


Una casa all’Isola

Un incantevole palazzo liberty fa da tetto a Isola Apartments, una valida opportunità di soggiorno a chi all’albergo, preferisce soluzioni che permettono una certa autonomia. La cornice è uno splendido cortile di via Pastrengo, una delle vie storiche dove ancora sopravvivono le vecchie botteghe e dove sfilano, uno dopo l’altro, atelier ricercati e laboratori artigianali. Le camere, funzionali, sono dotate di ogni comfort: tv al plasma, angolo cottura, aria condizionata e, in alcune, anche il terrazzo. Tre le tipologie di appartamenti: standard, deluxe e familiare deluxe. Quest’ultima è ideale per famiglie con bambini: disposta su due livelli, ha la camera matrimoniale al piano superiore, in grado di garantire maggiore privacy. Prezzi a partire da 90 euro a notte. www.isolaapartments.com fc


DE ITU AT L’Isola del giorno dopo

Milano

E D U T I T

Come arrivare: In auto, Milano è collegata da una fitta rete di autostrade, raggiungibili con la tangenziale Ovest, A8 da Como e Varese, A4 da Torino , A7 da Genova, A1 da Bologna dalla tangenziale Est, A1 e A4 DA Bergamo. In treno, Milano è uno dei principali nodi ferroviari italiani, con un’offerta che spazia dai treni ad alta velocità Trenitalia e Italo, ai regionali, in arrivo nelle stazioni Centrale, Rogoredo, Garibaldi e Cadorna. Per raggiungere il quartiere Isola, MM2 o passante ferroviario fino a Stazione Garibaldi.

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Quando andare: Tutto l’anno.

Dove dormire: Isola Apartments in via Pastrengo 14 offre soluzioni di sistemazione a partire da 90 euro a notte per appartamento. Tel. 02 6888058

Dove mangiare: Nel quartiere Isola ci sono tantissime osterie alla vecchia maniera, dove si mangia a prezzi ridotti in un’atmosfera di tempi un po’ andati. Se vi piace il genere, la Trattoria Da Tommaso è una vecchia osteria milanese in Via de Castillia 20dove la cucina è casareccia, l’ambiente molto informale e i prezzi veramente popolari: per un primo, un dolce e una bibita si spende circa 10 euro. Tel. 026688023 Per i golosi, si segnala la pasticceria Le tre chicchere in via Boltraffio 12: da non perdere i frangipani. Merita anche la pasticceria salata, ottime le proposte per la pausa-pranzo. Tel 0269007248 Link Utili: Turismo a Milano www.turismo.milano.it

www.zonaisola.it


P iani di C a s t elluccio e

M on t e V e t t ore

il giardino delle

SIBILLE e la

FA B B R I C A D E L L E NU V O LE

In Umbria nel cuore del Parco dei Monti Sibillini, c’è un altopiano sospeso tra le vette, la cui bellezza da sempre ha ispirato storie misteriose e visioni fatate. Nuvole, luci ed ombre ne cambiano continuamente l’aspetto. A primavera una fioritura straordinaria lo trasforma in un giardino incantato. Testo e foto di Giuliana Cavezzi e Antonio Corradetti

Umbria

Lat 45° 55 N


Piani Castelluccio e Monte Vettore

Piani Castelluccio e Monte Vettore


Piani Castelluccio e Monte Vettore

Piani Castelluccio e Monte Vettore


Piani Castelluccio e Monte Vettore

Piani Castelluccio e Monte Vettore

“...PianiCastelluccio di

c’

era una volta un lago. La descrizione di questo posto inizia come una favola e prosegue nella leggenda di una piccola terra mitica. Un luogo dell’anima. Dunque, una volta qui c’era un lago. Nell’era glaciale. Oggi, al suo posto, c’è una vasta e morbida conca a circa 1.300 m di altezza, nello scrigno del Parco dei Monti Sibillini. Alture sinuose l’abbracciano in un anello di orizzonte ondulato e la mole imponente del Monte Vettore chiude a oriente il cerchio col suo sigillo perfetto. Così appaiono i Piani di Castelluccio, quando, provenendo da Ascoli Piceno, si superano gli ultimi tornanti in salita di Forca di Presta (1536 mt) e si inizia a scendere verso il maestoso bacino carsico.

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Piani Castelluccio e Monte Vettore

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Piani Castelluccio e Monte Vettore

La Macchia Cavaliera tappezza il ripido pendio come una pelliccia di animale. Isola di bosco in un oceano d’erba. Fittissima, da sembrare quasi nera. Compatta, da apparire impenetrabile. Faggeta antica, tana di lupi e di cinghiali. Il monte Vettore sovrasta la scena. È un padre fiero. È una madre che abbraccia. È la fabbrica delle nuvole. Così, da sempre, gli uomini lo hanno chiamato. Dove l’aria incontra le pareti di granito, correnti ascensionali, vapori e alchimie celesti generano continuamente nuvole gonfie e ribollenti. Enormi cavolfiori candidi, velieri galleggianti, pecorelle in transumanze aeree, fiocchi di lana, scuri castelli di fumo. Il cielo del Vettore è un’opera in divenire, uno spettacolo grandioso e mobile, davanti al quale si resta ammutoliti.

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Sotto e ovunque, la distesa a perdita d’occhio di una prateria disabitata. Pian Grande, Pian Piccolo e Pian Perduto. Pianura d’alta quota. Mare d’erba. Fondo di lago. Una piccola Mongolia verde nel cuore dei Sibillini azzurri. Identica meraviglia giungendo da Norcia, in provincia di Perugia. La strada, dopo essersi arrampicata su per il monte Ventosola, supera una piccola sella. Scopre all’improvviso la gloria splendente del Pian Grande e delle colline pelate, coperte da un manto di raso verde, maculato da chiazze tonde e compatte di alberi scuri. Anche chi è solo di passaggio, o chi c’è già stato tante altre volte, non potrà fare a meno di fermarsi su questo belvedere. Respirare il vento. Affacciarsi sull’infinito.

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“...CastelluccioNorcia di

Subito sotto, profonde incisioni sul terreno raccolgono le acque nell’Inghiottitoio. Cicatrici tribali sulla pelle verde della terra. In fondo, arroccato sul suo colle perfetto, il paesino di Castelluccio di Norcia, unico insediamento umano in questa landa isolata. Simbolo commovente della solitudine e della tenacia dell’uomo nel mistero della natura. Dall’alto contempla lo spettacolo struggente della piana, i campi delle sue famose lenticchie e le greggi perse nella foschia della distanza.

Nuvole immacolate si specchiano nei liquidi occhi sognanti di qualche asinello malinconico e il suono delle campane dell’antica chiesa si spande nell’aria limpida, come cerchi da un sasso gettato nell’acqua. Un tempo, quando la tempesta, la nebbia o la neve cancellavano ogni riferimento, le campane del paese suonavano per guidare coloro che giù nell’altopiano smarrivano la via. Pastori e contadini, santi ed eretici, anacoreti e pellegrini, zingari e negromanti attraversavano i Piani. Chi per faticare, chi per raggiungere luoghi di preghiera, chi per salire alla grotta della Sibilla a interrogare l’oracolo. Così narra la storia del Guerrin Meschino, una delle innumerevoli leggende di cui ancora si sente l’eco tra le montagne e il cielo, su questa terra di misticismo e di magia. Dolce e aspra. Anello di congiunzione con il divino. Fonte ispiratrice di miti e suggestioni. Inquieto territorio da attraversare. Deserto verde, bianco, color fango o color arcobaleno, a seconda della stagione. Landa di viandanti e di sentieri.

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Oggi un tranquillo nastro di asfalto attraversa il Pian Grande con uno slancio rettilineo da strada americana. Sul fianco di una collina un bosco a forma di Italia ristabilisce le coordinate, ricordandoci che non siamo dentro un sogno o un incantesimo. Docili cavallini dalla criniera bionda possono essere affittati al maneggio per cavalcare lungo le tante piste che attraversano i Piani. Realtà rassicurante e serena, sempre pervasa però da un senso della natura potente e sacro. Percezione di una bellezza soprannaturale. Come un respiro profondo, un sussurro nell’aria, un fruscio cosmico che si avverte con sorpresa anche mentre si sta preparando una grigliata e i bambini giocano a palla sull’erba.

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Piani Castelluccio e Monte Vettore

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All’improvviso si smetterà di girare le salsicce, si chiuderà il libro che si sta leggendo, si lascerà cadere la palla e ci si metterà in ascolto, per sentire meglio quella strana sensazione, vagamente somigliante al lasciarsi galleggiare sulle acque di un mare immenso. Anche il cane smetterà di giocare, fiuterà l’aria e abbaierà alle nuvole. Ai giorni nostri nuove categorie di persone si possono incontrare in questi luoghi. Ciclisti, escursionisti, motociclisti e fotografi sono di casa da queste parti. Appassionati di deltaplano arrivano da ogni paese d’Europa per spiegare le loro fragili ali di farfalla in questo cielo così speciale, che crea nuvole, vento e strade invisibili da esplorare. Come i surfisti amano, contemplano e cavalcano le onde dell’oceano, così essi sono innamorati dell’aria e ne studiano le correnti, per poi abbandonarsi nel vuoto in voli estatici. Quasi senza peso, come uccelli, e poi così pesanti, quando ricadono giù, di nuovo umani, col loro carico di corde e imbragature.

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Puoi salire lungo i bordi della conca e avere una visione d’insieme, fatta di distese di colori puri e intensi. Tappeti di fiori tessuti dalle Sibille. Compatti riquadri variopinti. Fantastica coperta patchwork adagiata sulla piana. Fasce, striature, superfici colorate, intersecate e fuse, sfumate all’infinito. La tela impressionista vista da lontano. I pastori invece sono rimasti gli stessi di una volta, anche se ora per lo più parlano slavo, macedone o albanese. Li vedi, dentro il loro mondo di lentezza e solitudine, spostarsi con le greggi e i cani da un pascolo all’altro. Pelle cotta dal sole, gesti rudi e calmi. Tutti i sentieri dell’altopiano scolpiti sul viso. Spesso si sdraiano sull’erba profumata a guardare nel cielo il transito di ricotte giganti, enormi cagliate e bianchi agnellini ricciuti. Arrivare ai Piani di Castelluccio nel mese di giugno, in piena fioritura, è come entrare in un quadro di Monet.

Poi puoi ridiscendere e camminare lungo uno di quei campi, per sorprenderti di come quell’immagine, così piena e perfetta alla distanza, sia costituita in realtà dai minuscoli particolari di ogni singolo fiore. Pennellate sciolte e tocchi di colore. La tela impressionista vista da vicino. E il gioco si ripete. Dall’alto la grande piana sembra uniforme e cinta da un unico orizzonte. Ma se ti inoltri in uno dei tanti tratturi che la attraversano, scoprirai nuovi punti di vista, avvallamenti e declivi e diversi confini che si disegnano nel cielo. Un continuo entrare e uscire da una dimensione all’altra, in un gioco magico di forme, luci e colori.

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“ Vettore ...Monte

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La nota elettrica dei grilli accompagna i tuoi passi. Ăˆ ovunque nell’aria. Colonna sonora del silenzio. Scopri minuscoli fiori azzurri e grandi gigli arancione, lussureggianti. Nella luce offuscata del mezzogiorno la piana si assopisce. Sogna di quando era un lago e il sogno si materializza in una distesa di campi di fiordalisi blu profondo. Sogna di quando il tramonto tingeva di rosso le sue acque e il sogno prende vita nei campi fiammanti di papaveri. Vagano sul terreno ombre di nuvole al galoppo. Raggi di luce taglienti come lame accendono i colori, esaltano le forme e mischiano le carte, trasformando il paesaggio di prima in una visione nuova. Cambia il cielo e cambia la terra. Gli avvallamenti sono pozze di mistero profondo e un tappeto maculato di luce corre sopra i prati srotolati all’infinito. Ogni cosa si spegne e poi si illumina di splendore.

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Ascoli,Castelluccio viaggio attorno a una piazza Piani e Monte Vettore

Piani Castelluccio e Monte Vettore

“ ...Lago Sibille delle

Domani saliremo fino alla cima del monte Vettore, a 2.476 metri. Troveremo fatica, rocce, dirupi, forse qualche chiazza di neve. Raggiungeremo il lago di Pilato. Piccolo bacino glaciale, fonte di antiche leggende. Lago delle Sibille, ritrovo di streghe e demoni, ingresso agli Inferi, liquida tomba delle spoglie di Ponzio Pilato. Cercheremo di avvistare nelle sue acque il chirocefalo del Marchesoni, minuscolo crostaceo endemico, che da secoli continua a nuotare beatamente a pancia in su, indifferente ad ogni fosca storia che ancora fa rabbrividire la superficie del lago.

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Ma oggi no. Vogliamo restare ancora qui e spaziare in questa prateria, solcata da ombre di nubi vagabonde. Con passi e pensieri leggeri. Liberi, dentro questa piccola coppa d’infinito. Š Riproduzione Riservata


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Festa della fiorita

La Festa della Fiorita è forse l’evento più famoso di Castelluccio, una manifestazione legata a quell’esplosione di colori e di profumi che si scatena con la fioritura di moltissime specie floreali del Pian Grande e del Pian Perduto. Passati i freddi mesi invernali, i Piani di Castelluccio diventano un quadro impressionista dalle mille tonalità più accese, una fantasia primaverile che sembra disegnata con il pennello. Generalmente la seconda o terza domenica di giugno, il paese rende omaggio alla rinascita della primavera con passeggiate organizzate nella natura, esibizioni sportive, spettacoli teatrali e musica. Lo spettacolo cromatico della pianura, però, si può ammirare all’incirca dalla fine di maggio alla metà di luglio, quando la pianura si accende di un tripudio cromatico, dal rosso dei papaveri al bianco dei narcisi, dall’azzurro dei fiordalisi al giallo dei fiori della lenticchia. Da non perdere. Quest’anno la Fioritura si festeggia in due fine settimana, il 1819 giugno e il 25-26 giugno. A inaugurare la festa, le evoluzioni di parapendio e deltaplano a cura della Pro Delta scuola di volo in Castelluccio, seguiti da esibizioni dei cantastorie e musica popolare. Il 26 giugno, invece, avrà luogo la prima Marcialonga di Castelluccio di Norcia, una piccola gara podistica tra i fiori. gb


Le Lenticchie di Castelluccio Il manto colorato che copre i Monti Sibillini indica le coltivazioni delle lenticchie di Castelluccio, prodotto IGP unico per il suo aspetto policromo e per le sue dimensioni piuttosto ridotte, originario di questa zona fin dai tempi antichi. La lunga lavorazione inizia in primavera con l’aratura e la semina. Dopo un mese e mezzo di abbondanti piogge, i campi fioriscono e si tingono di vari colori: prima giallo, poi rosso e subito dopo blu intenso. Tra luglio e agosto si procede alla raccolta, detta carpitura, che una volta veniva fatta a mano dalle carpine, giovani donne paragonabili alle mondine del riso e attive fino agli anni ‘60. Cantando, raccoglievano le lenticchie in mucchietti e li lasciavano qualche giorno ad essiccare. I contadini, poi, li portavano all’aia per la trita, una battitura che serviva per separare i semi, aiutandosi con il “mazzafrustu”. Zuppa di lenticchie alla castellucciana Ingredienti: 350g di lenticchie, 8 mezze fette di pane tostato, 1 spicchio d’aglio, 1 costa di sedano, sale, olio extra vergine. Preparazione: mettere lo spicchio d’aglio e il sedano tagliato a cubetti in una pentola, aggiungere le lenticchie coprire con acqua fredda. Portare a ebollizione a fiamma vivace, quindi abbassare la fiamma in modo che l’acqua bolla lentamente e aggiungere acqua bollente quando la cottura lo richiede. Dopo circa 30 minuti aggiungere il sale e portare la lenticchia a fine cottura facendo rimanere un po’ d’acqua. Servire in una scodella con le fette di pane tostato e un giro d’olio a crudo. gb


La strada delle fate

Una striscia di ghiaia attraversa il Monte Vettore fino ad arrivare alla grotta della Sibilla: si chiama “la strada delle fate”. Secondo la leggenda, una notte alcune fate scesero a Pretare, il villaggio situato alle falde della montagna, e si attardarono a ballare alcuni giovani, dimenticando fino all’ultimo di tornare sulla montagna prima del sorgere del sole. Per non essere sorprese all’alba, allora, queste giovani bellezze dal corpo di donna e dalle zampe di capra fuggirono tanto velocemente da lasciare le loro orme sulla montagna, creando così la strada com’è oggi. Secondo un’altra versione della storia, il sentiero si formò perché le fate, colte dalle prime luci dell’alba vennero trasformate in pietra. La leggenda è ancora viva tra le genti del paese: ogni anno in occasione della festa di San Rocco, alcune giovani donne vestite da fate raggiungono lentamente il centro del paese da una strada di campagna e, arrivate alla piazza, danno inizio alle danze. gb


Vita di paese In un paesino di campagna abitato da poco più di 100 anime, le tradizioni popolari sono un ricordo ancora fresco e basta fare qualche domanda in giro per scoprirne alcune davvero curiose, dagli scherzi legati ai fidanzamenti ai modi per levare il malocchio e ai giochi per bambini. La sassaiola Quando una ragazza del paese flirtava con un forestiero e questo andava a trovarla a Castelluccio, i ragazzi si appostavano lungo la strada con le tasche piene di pietre e gliele lanciavano contro. Continuavano così fino a quando i due si fidanzavano ufficialmente. Miralujalle (Mira al gallo) Ogni anno la sera di San Lorenzo, si lega un gallo su una tavoletta di legno e si posiziona in mezzo alla piazza. Bendato e costretto a girare su se stesso per perdere l’orientamento, il concorrente deve cercare di toccare il gallo con una pertica, mentre il pubblico partecipa con schiamazzi. Se ci riesce, il gallo è suo. Oggi, per rispetto agli animali, si usa un gallo finto. Le sdréghe Ogni sera si usava mettere una scopa davanti all’uscio di casa. Secondo una credenza popolare, infatti, di notte alcune donne si trasformavano in gatti per fare dispetti e succhiare il sangue alle persone, e questo era l’unico modo per proteggersi. gb


Proposte viaggio

Dormire con le fate Agriturismo a conduzione familiare a Castelluccio di Norcia, La Strada delle Fate è composta da appartamenti di varia grandezza con vista panoramica sul Pian Perduto e sui colli che lo circondano. Le camere si trovano vicino all’azienda agricola dove degustare ottimi prodotti a km zero come lenticchie, farro e formaggi. Prezzo a partire da 35 euro a persona in camera doppia. www.agriturismoilsentierodellefate.it

Un fienile speciale Un’antica casa contadina trasformata in camere belvedere e ristorante tradizionale: un tempo luogo dove venivano ricoverati gli animali, l’Antica Cascina Brandimarte è oggi un accogliente agriturismo a conduzione familiare, situato nel centro storico di Castelluccio di Norcia. Prezzo a partire da 45 euro a persona in camera doppia. www.anticacascinacastelluccio.it gb


DE ITU AT Piani Castelluccio e Monte Vettore

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E D U T I T

Info utili: Ente parco nazionale dei monti Sibillini, Piazza del Forno n.°1, 62039 Visso, (MC), t. 0737 972711. Regione Marche, Via Gentile da Fabriano 9, 60125 Ancona, t. 071 8061.

Regione Umbria, Palazzo Donini – Corso Vannucci 96, 06121 Perugia, tel. 075 5041.

Come arrivare: In auto: Il paese di Castelluccio di Norcia (150 abitanti - 1452 mt. di altezza) si trova in provincia di Perugia, comune di Norcia da cui dista circa 28 km. Qui troverete alcune indicazioni su come raggiungerlo: Trekkingmontiazzurri

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Quando andare - clima: In ogni stagione dell’anno i Piani di Castelluccio offrono un eccezionale spettacolo di bellezza paesaggistica e un grande patrimonio naturalistico. Particolarmente consigliato il periodo da fine maggio a inizio luglio per poter ammirare la splendida Fioritura. La festa ufficiale dedicata a questo evento, La Fiorita, ricade nella terza e ultima domenica di giugno. Considerando l’altitudine (i Piani sono sui 1300 mt. e il M. Vettore arriva a 2476 mt.) il clima è quello tipico di montagna, con inverni spesso molto nevosi.

Abbigliamento: Adatto a escursioni e passeggiate campestri. Munirsi sempre di indumenti anti pioggia e anti vento, tenendo conto della variabilità metereologica.


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E D U T I T

Prodotti tipici: Famosissima la lenticchia di Castelluccio, che da secoli viene coltivata in questa zona. Legume di qualità molto pregiata, per le sue piccole dimensioni e la sua resistenza alle avversità climatiche e ai parassiti. La Attività: trekking a piedi, a cavallo e in bici, escursioni in montagna, volo libero, ecc. Presenza sul posto di figure professionali specializzate (guide e istruttori per le diverse attività)

Link Utili: Sibillini.net

Sibilliniweb.it

Castelluccio di Norcia


NORTHERN TERRITORY LA

VIA DELLE PIETRE

DIPINTE Coste frastagliate, alte scarpate, cascate e isole remote: nell’Arnhem Land, in Australia tutto è magicamente intatto: e oltre alla natura, selvaggia, si conserva perfettamente anche la tradizione. Le pitture rupestri, risalenti a 50 mila anni fa, raccontano il dreamtime, il “Tempo del Sogno” aborigeno tra memoria e oblio. Testo di Pier Vincenzo Zoli Foto di Mauro Camorani

Australia

Lat 12,4 s


La via delle pietre dipinte

La via delle pietre dipinte


La via delle pietre dipinte

La via delle pietre dipinte


La via delle pietre dipinte

La via delle pietre dipinte

N

on è opera del genio umano, quello che vedo, bensì qualcosa di molto più grande: sto osservando da un piccolo aereo l’effetto prodotto da migliaia di corsi d’acqua che trasportano detriti di diverse tonalità e s’incrociano nel loro lento scorrere verso il mare. Sono partito da Darwin, il capoluogo del Northern Territory, in una luminosa giornata di sole e il pilota del Cessna mi assicura che le nuvole nere all’orizzonte non arriveranno prima dell’atterraggio.

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La via delle pietre dipinte

La via delle pietre dipinte


La via delle pietre dipinte

La via delle pietre dipinte

In effetti tocchiamo terra nella pista tracciata in mezzo alla foresta che ancora non piove, ma è questione di pochi minuti e un furibondo acquazzone annulla ogni dettaglio in un muro d’acqua. È soltanto il primo della giornata, come costaterò più tardi. Sono comunque giunto a destinazione, a Mount Borradaile, nell’accampamento di Max Davidson, uno dei pochissimi bianchi autorizzati a introdurre visitatori nel territorio degli aborigeni. Max è un personaggio pittoresco, con i suoi settant’anni ben portati, la pancia generosa e una lunga esperienza di esploratore dei territori più estremi dell’Australia. Sono arrivato fin qui per andare alla scoperta dei favolosi dipinti rupestri nascosti nel bush: nel Kakadu National Park, se ne ammirano di stupendi, facili da raggiungere con comodi sentieri e tabelle con spiegazioni.

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La via delle pietre dipinte

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La via delle pietre dipinte

La via delle pietre dipinte

Le opere dei nativi dell’Arnhem Land, al contrario, si devono “conquistare” navigando in barca, camminando fra acquitrini o sentieri mal tracciati fra le rocce. Lontane come il popolo che le ha create e la religione che le ha ispirate. “Non è facile comprendere il dreamtime, come noi chiamiamo la complessa mitologia aborigena” spiega Max, “nella lingua autoctona esistono diversi modi di definirlo e la stessa traduzione inglese è solo in parte fedele. In realtà si conosce poco dei miti aborigeni e questo non perché siano andati perduti, anzi, proprio per il motivo opposto. Attraverso le storie e i canti tramandati di padre in figlio, ancora oggi il patrimonio culturale dei nativi è pressoché intatto. L’Arnhem Land è la terra degli Yolgnu, come si definiscono gli indigeni che popolano i 97.000 chilometri quadrati di territorio assegnati alla loro custodia fin dal 1931. Sono proprio gli Yolgnu i guardiani più rigidi delle tradizioni e della cultura aborigena, sicuri custodi di segreti tuttora taciuti.

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La via delle pietre dipinte

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La via delle pietre dipinte

Max Davidson cerca di chiarirmi le basi del dreamtime, almeno quello che può essermi utile per comprendere i dipinti rupestri che visiteremo nei prossimi giorni. Secondo la poetica storia aborigena della Creazione (il dreamtime o Tempo del Sogno), le varie forme della natura - rocce, alberi, animali - sono sempre esistite, ma senza un nome. Finché un raggio di sole tiepido risvegliò i Padri Ancestrali, addormentati sotto terra dalla notte dei tempi. Essi si alzarono e presero a percorrere il territorio australiano in lungo e in largo, “cantando” le cose incontrate che, finalmente con un nome, iniziarono a vivere. I loro cammini costituiscono appunto le cosiddette ”Vie dei Canti”, di cui scrisse Bruce Chatwin, e gli aborigeni leggono le tracce del passaggio dei Padri Ancestrali nelle fenditure delle montagne, nelle forme delle rocce e nelle caratteristiche del terreno. Una volta compiuto il loro lavoro, i padri Ancestrali si ritirarono nuovamente sotto terra e alcuni luoghi di particolare importanza divennero la loro dimora eterna, sede di forze potenti e misteriose.

Il più famoso è l’Ayers Rock, ma uno dei più importanti si trova proprio nell’Arnehm Land ed è verso quel luogo che Max mi avrebbe guidato. Il mattino dopo lasciamo il campo a bordo di una piccola barca a motore col fondo piatto, indispensabile per superare vaste zone allagate. Navighiamo fra i tronchi degli alberi semi sommersi, incontrando interi tratti di boscaglia che spuntano dall’acqua come improbabili ninfee. Più ci addentriamo in quel paesaggio, più aumentano le specie che incontriamo. Mi rendo conto di trovarmi in un autentico paradiso di vita animale: centinaia di uccelli di ogni grandezza, fra i quali i grossi Jabiru, una specie di cicogna dal collo nero, e diverse aquile di mare. Aggrappati agli alberi, in attesa della notte per partire in caccia, ciondolano nella brezza grosse colonie di giganteschi pipistrelli, che sembrano contendere i rami migliori ad alcuni serpenti di ragguardevoli dimensioni. Ovunque, appena sotto la superficie, guizzano pesci enormi, prede preferite dei tanti coccodrilli di mare che, in questa stagione, si spingono fino all’interno dell’Arnhem Land.

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La via delle pietre dipinte

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La via delle pietre dipinte

La via delle pietre dipinte

“I coccodrilli di mare” mi dice Max “possono raggiungere lunghezze prossime ai 7 metri e pesare oltre una tonnellata”. Vivono spesso alle foci dei fiumi, ma si adattano benissimo sia all’acqua salata che a quella dolce, come puoi notare. Sono aggressivi e pericolosi, al punto che gran parte delle coste a nord sono interdette alla balneazione.” Dopo un paio d’ore di navigazione lasciamo l’imbarcazione e iniziamo a camminare. L’obiettivo è una serie di collinette, visibili all’orizzonte, dove troveremo i dipinti rupestri. Max mi mostra i vari tipi di piante che gli aborigeni usano per i più diversi scopi: alimentare, curativo, rituale. Salendo, la vegetazione appare più rigogliosa e le chiome degli alberi, in alcuni punti, s’intrecciano fra loro. Blocchi di arenaria rossa danno origine a piccoli canyon.

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La via delle pietre dipinte

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La via delle pietre dipinte

Sono raffigurati serpenti, pesci, canguri e molte figure umane. I disegni sono perfettamente conservati, nonostante alcuni risalgano a molte centinaia di anni fa. “Devi sapere” precisa Max “ che in altri siti della Terra di Arnhem ne esistono di molto più antichi e alcuni risalgono alla preistoria dell’Australia. Raffigurano sia momenti di vita comune come la caccia, sia aspetti salienti dei miti e delle leggende aborigene, con la rappresentazione dei loro dei buoni e cattivi.” Quando compaiono numerose fenditure e piccole grotte nella roccia, chiedo spiegazioni. Mi spiega Max: “Ciò che vedi in quelle cavità sono tombe, luoghi di sepoltura in alcuni casi risalenti a moltissimi anni fa. In questa zona dell’Australia, i nativi usavano avvolgere in canne e foglie i loro morti, deponendo poi le spoglie in anfratti fra le rocce”. Passiamo oltre in silenzio, finché giungiamo nei pressi dei primi dipinti rupestri. Nelle pareti di alcune rocce, come nel soffitto di alcune cavità naturali, è rappresentata la storia millenaria di quei popoli misteriosi.

Ammirando quelle opere d’arte primitiva mi rendo conto che, forse più per istinto che con la ragione, il significato nascosto dell’allegoria del sogno diventa più chiaro. Non mi è difficile credere che gli aborigeni, figli legittimi di quella cultura, riuscissero davvero a comunicare con gli spiriti della creazione e con l’anima dei loro defunti. Molto più tardi, Max Davidson mi incita a riprendere il cammino, guidandomi verso altri siti rupestri. Non impieghiamo molto ad arrivare nei pressi di una curiosa formazione geologica, una profonda rientranza della roccia che forma una lunga pensilina naturale fittamente decorata con centinaia di mani.

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La via delle pietre dipinte

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La rappresentazione della mano è una delle più antiche e anche più semplici forme espressive degli aborigeni: in quella parete, ne erano state dipinte tante, con varie tecniche e in epoche diverse. La maggioranza è di colore rosso ocra, alcune blu e altre appaiono come aerografate. “In questo caso” mi spiega Max “l’artista appoggiava la mano alla roccia e, dopo avere messo in bocca il colore, lo spruzzava sulla parete, ottenendo questo effetto in negativo”. Poco distante da lì, ci attende una nuova sorpresa. Una serie di colonnati naturali ricordano quelli delle più belle cattedrali occidentali. In una parete perfettamente verticale sono raffigurate antiche divinità e immagini antropomorfe. Davidson chiarisce che si tratta della rappresentazione simbolica della fertilità femminile e della virilità maschile.

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“Il fatto di trovare pitture simili in luoghi anche molto lontani fra loro è abbastanza curioso” continua Max “dal momento che i clan aborigeni, anche se nomadi, non si spostavano per distanze molto rilevanti e le loro lingue erano del tutto differenti, tanto che anche gruppi confinanti non riuscivano a comunicare fra loro”. Mentre parla, la luce del giorno cala all’improvviso, annullandosi in un’atmosfera cupa e grigia che, in pochi minuti, soltanto i fulmini riescono ad animare di colore. Ci ripariamo in una grotta e lì, fra formidabili rovesci d’acqua, lampi folgoranti e schianti di tuoni, attendiamo che l’intercessione benevola degli spiriti del dreamtime riporti il sereno. Perché da questi parti, è molto facile credere all’incredibile. © Riproduzione Riservata

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Arte indigena in galleria

Il suo nome è già una promessa: “i primi raggi del sole che accarezzano il viso” baciano il Buku Larrnagay, celebre cultural centre dell’arte indigena situato nel punto più orientale del Top End, in Miwatj, a circa 700 chilometri a est di Darwin. Il centro d’arte è stato fondato nel 1976 a Yirrkala, una comunità sede di importanti artisti indigeni che producono pitture su corteccia, sculture in bronzo e in legno, pali commemorativi e stampe che spesso fanno il giro delle gallerie d’arte di tutto il mondo. Dal 1994 il centro ha accumulato molti premi di riconoscimento. Nato come luogo di promozione e raccolta della produzione artistica autoctona, ora è un punto di riferimento per oltre 300 artisti che vengono messi nelle condizioni di farsi conoscere e vendere le loro opere in tutto il mondo. Il centro ha una grande galleria, un museo e una stamperia. Inoltre, dispone di un archivio digitale e uno studio di produzione costruito appositamente per insegnare agli studenti del luogo come si usano gli strumenti multimediali. www.yirrkala.com fc


Mi piace lavorare! In Australia Chi vuole programmare una vacanza nel Northern Territory senza spendere grandi capitali, può approfittare delle tante occasioni di vacanze-lavoro offerte nello splendido continente. In Australia, ma soprattutto in questa regione, si trovano facilmente piccoli lavoretti stagionali. Si può lavorare in un ranch dell’Outback, raccogliere frutta nelle aziende agricole, lavorare come infermieri in una remota comunità aborigena o in una cittadina dell’entroterra; o ancora svolgere mansioni nel settore alberghiero come chef o camerieri. Le istituzioni locali ultimamente si fanno promotori di numerose iniziative che facilitano l’incontro tra domanda e offerta e spesso questi lavori sono ben pagati, anzi pagatissimi. Un esempio? È ancora in corso la campagna The Best Job in the world promossa da Tourism Australia, che mette in palio un premio per giovani di età compresa dai 18 ai 30 anni di ben 100 mila dollari australiani (80 mila euro circa). Un’occasione da non perdere, visti i tempi che corrono. Sono sei i lavori da sogno per cui si può concorrere. Nel Northern Territory, i 13 mila euro mensili che andranno al vincitore saranno il compenso per ricoprire il ruolo di Esploratore dell’Outback”. Tra i compiti, viaggiare nell’Outback per incontrare la gente del posto e scoprire nuove ed entusiasmanti avventure. E noi ne immaginiamo la fatica! Per informazioni sulle modalità di partecipazione consultare il sito: bestjobs.australia.com fc


Isole Tiwi, blue paradise

Bastano 20 minuti a bordo di un panoramico aereo a elica per raggiungere le spiagge finissime di queste isole paradisiache nel mare di Timor. All’arrivo sembra già di essere in Polinesia, ma le acque cristalline di Melville e Bathurst si trovano a circa 80 chilometri da Darwin e sono anche raggiungibili mediante un traghetto. In queste “isole del sorriso”, come vengono definite, la natura è esplosiva e si manifesta in tutta la sua bellezza tra piscine naturali e foresta tropicale. Anche qui, come in molte zone dell’Arnhem, è possibile ammirare l’arte degli aborigeni del luogo, che producono vasellame e sculture intarsiate molto apprezzate ed esposte nella Galleria d’Arte di Bathurst. Ma questo eden non è per tutti: l’accesso è riservato solo a piccoli gruppi con l’unico tour operator autorizzato, ma se riuscirete a far parte dei prescelti, ciò che si proporrà ai vostri occhi è uno spettacolo straordinario, un’esperienza come poche, arricchita anche dalla possibilità di praticare attività come la pesca, la caccia e la raccolta dei frutti assieme agli abitanti del posto. fc


Inseguendo il Barramundi

Un trofeo che supera il metro di lunghezza e che arriva a pesare anche più di 20 chili: è il barracundi, o later calcarifer. Arrivano da tutte le città australiane e non solo per dare la caccia a quest’enorme creatura, re indiscusso della pesca sportiva nel Northern Territory. L’origine del nome risale all’antica lingua aborigena e significa “pesce dalle larghe scaglie argentee”. La stagione migliore per trovare molti esemplari di “Barra”, come lo chiamano gli australiani, è quella premonsonica, che va da ottobre a dicembre. Il luoghi dove la presenza di questi grossi pesci è forte sono tanti, così come sono tante le gare di pesca famose che attirano gli appassionati. Il sito più famoso e conosciuto è forse il fiume Daly, ma le battute di pesca sono organizzate anche nel Parco nazionale di Kakadu e nell’Arnhem Land, dove a novembre accorrono da ogni parte per sfidarsi nel Gove Game Classic, alla caccia del barramundi più grande. Ma la gara è solo un pretesto per godere dell’emozionante contesto in cui si è immersi e in cui ci si sente parte del tutto. fc


Litchfield National park

Lascia senza fiato lo spettacolo che si presenta agli occhi del visitatore che giunge nel Litchfield National Park, a un centinaio di chilometri da Darwin: splendide cascate, foreste lussureggianti e piscine naturali bordate di piante pandanacee si alternano e si susseguono su questo sito delle meraviglie, dove la natura è la grande protagonista. Il parco prende il nome da Federico Enrico Litchfield, un membro della Expedition Finnis, che nel 1864 è partitoa per esplorare il Northern Territory nel tentativo di creare un insediamento presso la foce del fiume Adelaide. La città di Batchelor è la porta di ingresso: si percorrono pochi chilometri e si rimane subito sbalorditi dalla enorme distesa di termitai, altissimi, che si stagliano su questo insolito puntaspilli. Ma questo è solo l’inizio. In questo angolo paradisiaco che si estende per oltre 1500 chilometri quadrati, le attrazioni sono davvero tante: le maestose cascate di Florence, Tolmer e Wangi, il popolare Buley Rockhole con le sue piscine termali, Tjaetaba Falls, luogo sacro per gli aborigeni, senza dimenticare Bamboo Creek, sede di un giacimento di stagno ormai abbandonato. Molte le aree attrezzate e adibite a campeggio, dove è possibile piantare le tende per vivere un’esperienza immersiva. fc


Proposte viaggio

Australia da esplorare Go Go Travel propone un tour all’insegna dell’esplorazione che vi consentirà di visitare il “Wildlife Australiano” e di vedere con i vostri occhi canguri, echidna, wallabies, koala, rettili e altri animali selvatici nel loro ambienti naturale. Melbourne, Hobart, la naturalistica Tasmania, Sydney, le Blue Mountains, il Centro Rosso, Uluru, la Grande Barriera Corallina” e infine Darwin e il selvaggio Kakadu National Park sono le tappe di questo circuito di 19 giorni. Quota di partecipazione a partire da 3.200 euro, tasse escluse. www.gogotravel.eu

Australia da sognare Musco Escondido propone un circuito che è tutto un programma: Australian Dream è un tour di 19 giorni che tocca Adelaide, Darwin, il Deserto Rosso, Kakadu Park, Kangaroo Island e Sydney. Un viaggio imperdibile per chi vuole conoscere le meraviglie di questo continente magnifico. I primi giorni saranno dedicati alla visita della città di Darwin e dello straordinario Kakadu, inseguendo la scia spettacolare dell’arte indigena. Quota di partecipazione a partire da 4.600 euro, tasse escluse. www.mundoescondido.com fc


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Come arrivare: arrivare in aereo nel NorthernTerritory è molto semplice grazie a numerosi voli e alla presenza di aeroporti moderni e ben attrezzati a Darwin, nel Top End, e ad Alice Springs e Uluru nel Red Centre, regolarmente collegati anche da voli interni. Passando da Singapore, Darwin è il punto di accesso dell’Australia più vicino all’Europa: solo 4 ore di volo. Dall’Italia Qantas, la compagnia aerea di bandiera, e Singapore Airlines collegano Darwin via Singapore. La durata del volo è di crica 10-11 ore fino a Singapore e 4 da Singapore a Darwin. Altre compagnie sono Etihad via Abu Dhabi e Singapore ed Emirates via Dubai e Singapore. Le aree più remote del NorthernTerritory, come la penisola di Gove e Maningrida, possono essere raggiunte con i voli della compagnia AirNorth. Per raggiungere l’Arnhem Land occorre servirsi di voli privati. Info pressoDavidson’s Arnhemland Safaris: Tel: (08) 8979 0413 or (08) 8979 0753. Email info@arnhemland-safaris.com Sito Internet: www.arnhemland-safaris.com

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Quando andare - clima: il Top End è caratterizzato da un clima tropicale e due stagioni distinte, quella umida e quella arida. La stagione umida va da novembre ad aprile, ed è contraddistinta da un aumento dell’umidità accompagnato da piogge tropicali. Le temperature in genere vanno da un minimo di 25°C a un massimo di 33°C, e il livello di umidità può raggiungere l’80%. Se è vero che le condizioni climatiche in questo periodo dell’anno possono impedire la visita di alcune aree, la stagione umida è comunque un ottimo momento per vedere il Top End: le cascate, ricche d’acqua, sono uno spettacolo mozzafiato, il cielo è luminoso, il paesaggio verde e rigoglioso. La stagione secca, da maggio a ottobre, è caratterizzata da giornate calde e soleggiate, e da notti fresche. La temperatura va dai 21°C ai 32°C con livelli di umidità intorno al 60–65%.


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Voli panoramici: per godere di una vista privilegiata, niente di meglio di un volo in elicottero sorvolando il Kakadu e le zone paludose del Yellow Water Billabong, le profonde gole rocciose e le tortuose pareti del Katherine River, la città di Darwin con le luci del suo porto, e ancora l’entroterra con le immense cascate JimJim Falls e Twin Falls (alte il doppio della Statua della Libertà). Principali città: Darwin, la capitale situata nel Top End, Alice Springs nel cuore del Red Centre, Katherine 300 km circa a sud di Darwin, Tennant Creek 1000 km circa a sud da Darwin e a 500 km a nord di Alice Springs.

Documenti: è richiesto il passaporto in corso di validità e il visto. Il visto turistico si può ottenere via internet e ha una validità di 90 giorni.

Fuso orario: +8,5 ore rispetto all’Italia, +7,5 quando in Italia è in vigore l’ora legale.

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Lingua: la lingua ufficiale è l’inglese. Esistono anche numerose lingue aborigene.

Valuta: il dollaro australiano (AUD) che vale 0,78€


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Telefono: la rete cellulare è disponibile nella maggior parte dei centri abitati del NorthernTerritory. Le aree dell’entroterra (outback), invece, sono senza copertura di rete, è quindi consigliato il noleggio o l’acquisto di un telefono satellitare. Per telefonare in Australia bisogna comporre 0061; per chiamare in Italia dall’Australia 0039.

Abbigliamento: il clima caldo consiglia un abbigliamento leggero, sia nelle città che, ovviamente, nell’Arnhem Land. Qui è consigliabile indossare camicie a maniche lunghe e anche pantaloni lunghi; fanno meno “bushman” di quelli corti, ma risparmiano punture di zanzare e ferite da rovi. Fondamentali scarpe in goretex o, comunque, impermeabili e traspiranti.

Link Utili: www.arnhemland-safaris.com www.australiasoutback.it


Sul prossimo numero di Giugno 2013

Stoccolma Estate in CittĂ

Lampedusa

St. Barh Vela e Champagne

Baby Camp in Val D’Aosta


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