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IL PROGETTO SAMARCANDA: STORIA DELLE SPEDIZIONI .................................................. pag
IL PROGETTO SAMARCANDA: STORIA DELLE SPEDIZIONI
di Tullio Bernabei
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L'idea della spedizione Samarcanda 89, e quindi dell'intero Progetto Samarcanda, ha origine a Costacciaro, un caratteristico paesino umbro dove nel novembre 1988 viene organizzato un incontro internazionale di speleologia.
Fra gli interventi stranieri spicca quello di Slava Andreitchuk, capo del Laboratorio Geologico dell'Accademia delle Scienze a Kungur (Perm), che parla delle aree carsiche sovietiche e delinea lo stato delle ricerche. N e i tre giorni passati insieme ho modo di apprezzarne la simpatia e disponibilità, oltre che la competenza speleologica, e lui stesso mi prospetta la possibilità di stabilire contatti nel suo paese per organizzare una spedizione.
Qualche mese dopo ricevo una lettera da Alexandr Vishnevski, il leader del gruppo speleologico di Sverdlovsk, cittadina degli Urali oggi chiamata Ekaterinburgo e ora nota anche per aver dato i natali a Boris Eltsin. Vishnevski propone l'idea di affiancare un gruppo italiano alle loro ricerche da poco cominciate in Asia centrale, sulle montagne calcaree chiamate Baisun Tau.
Con l'appoggio incondizionato della Società Speleologica Italiana e del suo presidente Paolo Forti avvio dunque un fitto carteggio e contemporaneamente inizio ad organizzare Samarcanda 89, che si configura come una prima ricognizione conoscitiva.
A maggio volo a Mosca per incontrare i colleghi russi e siglare di persona un accordo di collaborazione che prevede uno scambio di visite: noi ad agosto là, loro in Italia ad ottobre.
Partiamo il 30 luglio 1989: siamo in undici, provenienti da diverse città italiane. Oltre al sottoscritto, da Roma vengono Gaetano Boldrini, Marco Mecchia, Fabrizio Ardito, Emilio Centioli; ci sono poi Mario Bianchetti di Trieste, Antonio De Vivo di Padova, Giovanni Badino di Torino, Mario Vianelli di Bologna, Leonardo Piccini di Firenze e Itala Giulivo di Avellino. Un gruppo eterogeneo ma affiatato, dove ognuno ha una competenza specifica e provate capacità speleologiche: ma dove, soprattutto, esistono vincoli di amicizia.
Da Mosca proseguiamo direttamente con un disagevole volo notturno (allietato da acqua minerale calda e salata) fino a Dushambè, capitale del Tagikistan, e lì veniamo "caricati" immediatamente su di un camioncino a quattro ruote motrici che, lentissimo, ci porta sino alla cittadina di Baisun e poi al villaggio di Kairak: dopo 30 incessanti ore di viaggio siamo dunque alla base della catena di Baisun Tau, con un'opinione non esattamente positiva dei trasporti sovietici.
Assieme ai russi stabiliamo un programma di attività e ci dividiamo in due gruppi: Badino, Bianchetti e Giulivo andranno alla grotta di Boy Bulok (sulla catena parallela) con il grosso degli
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speleologi di Sverdlovsk, mentre tutti gli altri saliranno nella zona della grotta di Festivalnaja assieme ai ragazzi di Celiabinsk.
Mentre l'avvicinamento al campo di Boy Bulok (2700 metri slm) si rivela abbastanza semplice grazie al parziale uso di un trattore, la salita al campo base di Festivalnaja (3450 metri, proprio alla base del grande muro di Baisun Tau) si traduce in un faticosissimo trasporto dei materiali che dura 4 giorni e costringe gli uomini a superare oltre 4000 metri di dislivello totale su pietraie molto ripide. La fatica e il tempo impiegato diventano fattori importanti e limitanti nell' economia dell'intera spedizione, che vede ridotto notevolmente il tempo reale a disposizione per l'attività.
Quest'ultima comunque si articola in ricognizioni, esplorazioni, topografie e documentazioni fotografiche nel Sistema sotterraneo di Festivalnaja, sviluppato per circa 12 chilometri. Vengono realizzati due campi interni di tre giorni, mentre sulla parete esterna è tracciata una via di salita e successivamente una linea di discesa su corde fisse: cosa che ci consentirà un primo contatto con gli sterminati piani inclinati superiori della montagna, caratterizzata sul versante sud-est da una parete continua lunga oltre 40 chilometri.
Nella grotta di Berloga, infine, avviene l'incontro con un'antica mummia di orso, ben conservata dalla bassa temperatura (l °C), e si sfiora quello, meno desiderato, con un orso in carne ed ossa che ha eletto la cavità come proprio rifugio.
La permanenza al campo è caratterizzata anche, purtroppo, da notevoli problemi alimen-:tari causati dalla scarsezza, sia in quantità che in qualità, delle scorte russe (l'accordo prevedeva che fossero loro a curare questo aspetto), nonché dal problematico approvvigionamento idrico: l'acqua è fornita, piuttosto sporca e per poche ore al giorno, da un unico nevaio in graduale riduzione.
L'altro gruppo che lavora nella grotta di Boy Bulok gode invece di migliori condizioni nel campo esterno, ma può approfittarne molto poco poiché viene impegnato in un'esplorazione fra le più difficili mai fatte nel mondo.
La cavità consiste in un unico stretto meandro, largo in media una quarantina di centimetri, che si sviluppa per oltre 5 chilometri. Per ore e ore si è costretti a strisciare o a procedere di fianco trasportando le pesanti attrezzature per il bivacco e l'esplorazione. Quest'ultima si era fermata, l'anno precedente, alla profondità di -700 metri, poco oltre una lunga condotta bassa e semiallagata, dove in qualche tratto restano pochi centimetri d'aria per respirare.
Il gruppo itala-sovietico piazza un campo a -800, nella zona in cui il meandro riceve un affluente e si allarga a dimensioni più ragionevoli, poi continua l'esplorazione fino a raggiungere il lontanissimo fondo: 131 O metri, l'abisso più profondo dell'Asia e fra i primi del pianeta.
Dopo 11 O ore di permanenza sotterranea gli speleologi tornano alla luce molto provati: c'è però sicuramente in loro la soddisfazione di aver conosciuto una grotta assolutamente unica e, perché no, anche quella di aver realizzato una esplorazione storica.
Successivamente avviene un parziale scambio di squadre: i reduci di Boy Bulok vanno a raggiungere il grosso del gruppo in zona Festivalnaja e vengono sostituiti da altri quattro. Mecchia e Centioli hanno il compito di percorrere velocemente la cavità, bivaccando a -300 metri, per effettuarne una descrizione morfologica; Bernabei e De Vivo devono invece completare il rilievo topografico delle parti profonde, utilizzando il campo di -800: altre 100 ore di permanenza sotterranea, in condizioni estreme, consentono di raggiungere gli obiettivi.
Il tempo a disposizione volge al termine e dalle due zone operative gli speleologi confluiscono a valle, affrontando estenuanti discese con carichi davvero notevoli sulle spalle. N el piccolo villaggio di Dubalò il capo del paesé ospita tutti gli esploratori nella propria casa, offrendo una cena a base di brodo e carne di pecora, riso, pane, the e frutta: finalmente un momento di relax e unione tra italiani, russi e tagìchi, con tentativi di comunicare. ritmati in sottofondo dalle rituali preghiere ad Allah cantate dal muezzìn.
Un ricordo suggestivo e piacevole, anche se qualcuno non dimenticherà facilmente neanche i problemi intestinali dei giorni successivi.
Samarcanda 89 si conclude quindi, alla fine di agosto, con risultati che hanno superato le aspettative e soprattutto con una conoscenza dei luoghi e della logistica che costituiscono le basi per una futura spedizione.
Alla fine del 1990 comincio dunque ad organizzare la seconda puntata del Progetto Samarcanda, partendo da capisaldi precisi: utilizzo dell'elicottero per l'avvicinamento e per le ricognizioni lungo la parete; tentativo di esplorare un settore vergine e se possibile di comprendere e descrivere l'intera struttura geologica di Baisun Tau; autonomia logistica della parte italiana, soprattutto quanto a comunicazioni radio e alimentazione; installazione di un ponte radio; realizzazione di un documentario in 16 millimetri; presenza di un medico speleologo.
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Questa volta il lavoro organizzativo, decisa- Un altro viaggio preparatorio a Mosca viene mente complesso, mi è reso meno arduo dalla effettuato in maggio per concordare i costi di collaborazione di Tono De Vivo e dall'appoggio massima e la disponibilità dell'elicottero in ore che la Fininvest, nella persona del produttore di volo, quindi si mettono a punto le attrezzature Piero Crispino, concede immediatamente al progetto cinematografico.
Molte altre ditte danno credito alla spedizione e una prespedizione di quattro persone parte il21 luglio 1991, precedendo gli altri di una settimana. Attraverso una serie di prospezioni questo supportandola tecnicamente e finanziariamente, gruppo individua la zona di ricerca e conseguenscaricando così parte dei costi vivi che comun- temente quella adatta a piazzare il campo base, que, è bene chiarirlo, rimangono per queste spe- facendo così guadagnare del tempo prezioso: il dizioni quasi totalmente a carico dei componenti.
Questi ultimi diventano sedici e sono così distribuiti in funzione della provenienza: da Ro31 luglio siamo già tutti a quota 3450 metri, con 2 tonnellate di materiali e il campo montato. Le fatiche del1989 sono soltanto un ricordo, ma Gaetano Boldrini, Marco Mecchia, Marco e anche la fame: una dieta mediterranea, integraTopani, Leonello Zannotti, Simone Re, Giovanni ta da liofilizzati della Unilio, ci consente di Polletti, Emilio Centioli e il sottoscritto; Antonio adattarci bene alla situazione, anche se l'aediDe Vivo di Padova, Michele Campion di Treviso, matazione porta nei primi giorni qualche diGiovanni Badino di Torino, Michele Si velli di sturbo. L'unico passo che interrompe la catena, Bologna, Giovanni Becattini di Pistoia, Giuseppe a 15 minuti di cammino dal campo, diventa il Antonini di Ancona, I tal o Giulivo di Avellino e nostro eliporto: cioè il punto di partenza per infine il medico, U go V acca di Chioggia. Per la ricognizioni aeree nel corso delle quali, aurarealizzazione del documentario vengono scelti verso riprese video e strisciate fotografiche con Cesare e Alessandro Gatti di Milano, padre e Polaroid, accumuliamo dati sulla struttura dello figlio molto noti in ambiente cinematografico e sterminato muro di Baisun Tau. con all'attivo recenti esperienze alpinistiche. Contemporaneamente alla nostra una spedi-
zio ne russa lavora, come gli anni precedenti, a Il raggiungimento del buco, situato 120 metri Boy Bulok, mentre un'équipe inglese opera in sotto il bordo e in una fascia molto strapiombanuna grotta in parete scoperta nel 1990 in un te, richiede un impressionante lavoro di chi odasettore molto distante dal nostro. tura lungo tre giorni ma alla fine De Vivo e
Ci dividiamo in varie squadre: alcuni si occu- Zannotti riescono a entrare nella grotta, che si pano di effettuare discese su corda lungo l'im- rivela subito quella che cercavamo. Cominciamensa parete per raggiungere gli imbocchi indi- mo a spostare forze al campo avanzato, ma viduati, altri iniziano il lungo lavoro di rilievo topografico del bordo del muro, altri ancora scendono di quota per esplorare una zona cara tte rizzata da rocce gessose che sembra presentare caratteristiche uniche. Il tutto viene seguito, per quanto possibile, dall'operatore cinematografico.
Dopo alcuni giorni e l'effettuazione di oltre 50 calate ci si rende conto che la zona scelta non è buona, e gli ingressi che occhieggiano sulla parete non sono le sperate porte di accesso al cuore della montagna. Una piccola squadra viene allora spostata molto lontano, in un campo avanzato prossimo al bordo del muro e a quello che, dall'elicottero, sembra essere un imbocco molto promettente. l'organizzazione si rivela difficile anche a causa di numerose attese a vuoto dell'elicottero, cui siamo legati nel bene e nel male. Ad un certo punto ci troviamo a dover gestire e rifornire di viveri e materiali, senza la certezza dei voli previsti, squadre sparse su un territorio vastissimo: nella zona dei gessi (dove vengono esplorate importanti cavità), lungo il muro per effettuarne la topografia, in ricognizione, in grotte varie, al campo avanzato, a valle per individuare le sorgenti e per raccogliere documentazione sui villaggi, con la troupe per realizzare il documentario .. . Ci salvano le comunicazioni radio, rese possibili grazie ad un ponte ripetitore da noi installato in posizione chiave. Col passare del tempo cominciano ad arriva-
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30 re le scoperte, alcune assolutamente inaspettate. Intanto sul passo vicino al campo individuiamo la struttura di un'antica fortificazione, i cui resti imponenti sfidano il tempo da almeno un paio di millenni.
Poi, sul bordo del muro, dove i topografi stanno completando un lavoro preziosissimo che ci consentirà di elaborare una cartografia di de ttaglio, ecco le tracce di frequentatori molto più antichi: assieme a Vladimir Choudinov, che le aveva intraviste l'anno precedente, raggiungiamo tre zone ricchissime di orme di dinosauri, che i fossili ci diranno vecchie 150 milioni di anni. Si tratta di siti fra i più importanti dell'ex-URSS, soprattutto quanto a dimensioni delle impronte.
Con gli inglesi, che hanno dovuto interrompere le esplorazioni nella loro grotta per cause di forza maggiore, scendiamo nella cavità denominata "Prima" esplorando e topografando fino a oltre 300 metri di profondità. Nei gessi viene scoperta Gormomon, una grande grotta lunga 700 metri e profonda 115, misure di tutto rispetto per questo tipo di roccia.
Ecco l'incidente, l'allarme arri va via radio da Boy Bulok: un ragazzo russo è caduto in un pozzo a-300. Conoscendo la grotta, temiamo un grosso guaio. La mattina seguente l'elicottero porta medico e squadra di soccorso sul posto, dove per fortuna il ferito è appena uscito assistito dai compagni, praticamente strisciando a forza di braccia: ha le fratture, di cui una esposta, di entrambe le caviglie. Dopo una prima medicalizzazione, lo stesso elicottero lo porta all'ospedale di Dushambè: a posteriori si può davvero affermare che gli è andata bene.
Nel frattempo il nostro abisso in parete, chiamato Ulugh Beg, ci conduce con punte molto impegnative (la grotta è difficile e freddissima) ad attraversare fantastici ambienti ghiacciati spingendoci per un chilometro e mezzo dentro la montagna, fino alla base di un grande pozzo dove una frana sbarra la strada. L'aria che percorre la grotta indica l'esistenza di un passaggio alternativo, che se trovato potrebbe portarci davvero lontano, a profondità record, ma non abbiamo il tempo di cercarlo. Il periodo volge al termine, l'elicottero ha praticamente smesso di rifornirei e, come se non bastasse, scoppia il golpe.
Rimaniamo completamente isolati sulla montagna, ascoltando un' e1nittente inglese che racconta l'evo l versi della situazione e parlando tra di noi attraverso le radio portatili. Non arriva neanche più la benzina per sciogliere la neve e poter bere, i viveri sono quasi a zero: cominciamo a ip~tizzare improbabili ritirate attraverso l'Afghanistan, con l'abbandono di molti materiali quassù, quando la situazione sembra raddrizzarsi e ci promettono un ultimo volo per portare a valle tutto. Non ce lo facciamo ripetere e, dopo un ennesimo rinvio, finalmente siamo a Baisun.
Nel frattempo anche la situazione politica si è normalizzata, e sulla via del ritorno facciamo anche in tempo a vedere, a Mosca, i resti delle barricate.
Dopo due spedizioni, con la mole di risultati e dati che viene presentata in questo libro, possiamo considerare completata una prima fase del Progetto Samarcanda. Tuttavia, al di là degli obiettivi raggiunti e delle prossime tappe, è stata sicuramente aperta una strada, che non saremo necessariamente noi a percorrere: è il tracciato di conoscenza e curiosità che speriamo porterà molti appassionati ad ammirare dal vivo l'incombente e sterminato muro di Baisun Tau, con tutti i segreti che ancora custodisce.
Pagina precedente: il confortevole campo base di Samarcanda 91, a 3500 metri di quota. Sopra: i contrafforti del grande muro visti dall 'interno della grotta SI, esplorata nel corso di Samarcanda 91.
TULLIO BERNABEI
GAETANO BOLDRINI MARCO MECCHIA GIUSEPPE ANTONINI FABRIZIO ARDITO
EMI LI O CENTI O LI SASHA VISHNEVSKI
GIOVANNI BECA TTINI UGO VACCA
ALESSANDRO GATTI MICHELE SIVELLI TONO DE VIVO
MARIO BIANCHETTI
MARCO TOPANI LEONARDO PICCINI GIOVANNI POLLETTI CESARE GATTI
GIOVANNI BADINO MICHELE CAMPION
SIMONE RE LEONELLO ZANNOTTI
HANNO CONTRIBUITO ALLA REALIZZAZIONE DI SAMARCANDA 89:
KONG-BON AlTI ALPDESIGN REGIONE VENETO FINNAIR CENTRO NAZIONALE DI SPELEOLOGIA "MONTE CUCCO"
HANNO CONTRIBUITO ALLA REALIZZAZIONE DI SAMARCANDA 91:
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