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LA GROTTA DELL'ORSO E GENGIS KHAN ................................................................................... pag
LA GROTTA DELL'ORSO E GENGIS KHAN
di Fabrizio Ardito
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Le pareti, bianche di giorno, diventano rapidamente rosse, marroni, nere, bordate dal blu chiaro, profondo e stellato del cielo. Il freddo della notte cancella di colpo gli speroni, le grotte, i nidi di avvoltoi segnati da lunghe tracce bianche che punteggiano l'enorme nastro roccioso.
La notte, i pastori vegliano con i loro lunghi fucili a due passi dalle capre che, invisibili, si intuiscono solo per il rumore dei sassi smossi che rimbalzano echeggiando sulla parete.
In tenda, a poca distanza dai pastori in silenzio, è normale chiedersi quali fiere possano abitare queste notti, per noi così difficili da situare con una croce netta sugli atlanti della mente. E ancora più difficili da comprendere.
Una discussione lunghissima- italiano, russo, tagìco (o uzbeko ?) e viceversa - sembra portare alla conclusione che si parli di felini non meglio identificati, avvoltoi e orsi. Dopo un interminabile monologo, reso ancor più lungo dal lento rito dell'offerta del the, il dito del pastore indica finalmente, con decisione, la parete e le grotte. Sulla montagna, negli imbocchi da cui un soffio gelido esce all'esterno, ci devono essere tracce degli animali padroni delle rocce e dei ghiaioni.
Un a lunga passeggiata alla base della parete, su cenge frantumate dall'impossibile sbalzo di temperatura tra il giorno e la notte, l'estate e l'inverno, porta lentamente agli imbocchi di varie grotte, tutte probabilmente parte del complesso sotterraneo di cui Festivalnaja è la porzione più importante. Jubilejnaja, con la sua cordaccia a nodi che pende dall'ingresso nell'aria ferma, ci sembra decisamente troppo scomoda per mammiferi privi della passione per la speleologia.
Poche decine di metri dopo, ecco Berloga.
L'imbocco si apre sulla valle, affacciato sugli immensi ghiaioni che risuonano, nelle ore più calde, del rumore dei sassi spezzati e smossi dal calore accecante. Un grande masso, sull'imbocco, è la prima prova delle visite di grossi animali alla grotta. La pietra è liscia, levigata come vetro e, poche decine di centimetri al di sopra del calcare, dall'interno soffia un'aria pesante, carica di odore di selvatico. Il largo meandro scende piano, in penombra, sino ad una sala dove alcune depressioni sono foderate di foglie, piante, resti di cibo.
In Italia, di solito, le fosse di questo tipo che uno speleologo può incontrare sono antiche, resti delle camere da letto degli orsi delle caverne. È più facile accettare l'idea di un enorme cranio di "ursus spaeleus" che la presenza di un solo, piccolo orso. Vivo. Qui, invece, i soffici letti dei bestioni sembrano essere stati lasciati da pochi minuti, e questo fa sì che, nella prima discesa, nessuno faccia rumore, con l'orecchio teso a cogliere scricchiolii, movimenti. In fondo, se gli orsi passano la notte ad infastidire le capre, di
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giorno dovranno pur dormire da qualche parte!
La grotta perde di colpo l'andamento lineare e piccole gallerie conducono in avanti, fino alla sommità di un salto di lO metri attrezzato con un paio di stop da pensili di latta e stagnola.
Il nostro accompagnatore russo sorride nel vedere la faccia disgustata di chi prepara l'armo del pozzo, poi si spazientisce nei minuti necessari a rendere la discesa leggermente differente da un giudizio di Dio (piazzando un chiodo sicuro).
N ella saletta alla base della corda, ossa di capre e stambecchi fanno la loro comparsa ma, appena più in basso, da un meandro occhieggia nell'ombra una sagoma d'orso. Sullo scheletro, a tratti visibile, è ben tesa la pelliccia fulva, mentre, come in un perfetto lavoro da imbalsamatore, all'interno delle ossa coperte dalla pelle non rimane più nulla. La temperatura è molto vicina allo zero, l'umidità, almeno in questo piccolo anfratto, non sembra essere molto alta.
L'orso- "Misha" per i russi, che lo conoscono da tempo- è quindi quasi mumrnificato.
Da quanto tempo potrà essere giunto qui il patriarca degli orsi della nostra montagna? N o n abbiamo alcun dato a cui aggrapparci per fare supposizioni. L'unica considerazione che ci porta a pensare che il suo sonno sia stato molto lungo è che ci sembra veramente difficile che un animale di tali dimensioni sia riuscito a raggiungere questa sala percorrendo il nostro stesso itinerario, stretto, scomodo e soprattutto decisamente lungo.
Forse l'orso è entrato da un altro accessomagari più alto- ed è precipitato qui.
Forse, invece, è la grotta ad essere cambiata negli ultimi decenni (o secoli?) e quella che era stata la via di accesso seguita da Misha si è trasformata, restringendosi.
Un orso contemporaneo dei nostri padri, nonni o antenati? Tracce sulla pelliccia non ce ne sono, forse un foro sulla grande testa bruna di Misha potrebbe far pensare a uno scontro con un uomo, vicino o lontano nel tempo. Un cacciatore tagìco, un viaggiatore assalito dall'orso, un nobile russo
a caccia di bestie feroci e emozioni nell'Asia appena conquistata, un secolo fa?
O forse, con un po' di immaginazione, qualcuno di estremamente lontano nel tempo, ma non nello spazio geografico delle montagne che segnano il cuore dell'Asia.
Iddio onnipotente, nella sua saggezza e intelligenza, distinse Gengis Khan da tutti i suoi coetanei, e per la sua mente vigile e per il suo potere senza limiti lo pose al di sopra di tutti i re del mondo ... Ed in verità Alessandro, che era così pratico nell'architettar magie e nel risolvere enigmi, se fosse vissuto ai tempi di Gengis Khan sarebbe stato suo allievo in destrezza e in astuzia. Egli dedicava molta cura alla caccia, e diceva sempre che la caccia agli animali feroci era un'occupazione adatta ai comandanti di eserciti ... Perché quando i Mongoli desideE quando sono impegnati in operazioni di guerra, bramano sempre di andare a caccia, e incoraggiano i loro eserciti a dedicarsi a tale attività non solo per la selvaggina in sé, ma anche per assuefarsi all'opera, e familiarizzarsi con il maneggio dell 'arco e la sopportazione dei rigori... Quando il cerchio è stato stretto a tal punto che gli animali selvatici non sono quasi più in grado di muoversi, il Khan entra a cavallo per primo con una parte del proprio seguito ... e se il calcolo di ogni specie animale si rivela impossibile, essi contano solo gli animali feroci e gli asini selvatici ... Come diceva il Khan, «Il mondo è mezzo per divertirsi e mezzo per guadagnarsi fama. Quando sciogli, gli stessi tuoi legami si sciolgono e quando leghi, tu stesso vieni legato». 1
rano andare a caccia, prima mandano Fuori, nel sole lontano anni o secoli dalla fine esploratori a scoprire che tipo di selvaggina dell'orso di Berloga, una certezza aleggia nuovasia reperibile e se sia scarsa o abbondante. mente nell'aria di colpo nuovamente rovente.
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Pagina a fronte, in alto: la cengia che conduce alla grotta di Berloga. In basso: la mummia di orso bruno (Ursus arctos) rinvenuta 200 metri all'interno. Sopra: probabilmente l'animale, conservato in parte dalla bassa temperatura, ha raggiunto questo luogo in tempi antichi, attraverso una strada oggi inaccessibile.
Siamo nel cuore dell'oceano di terra delle pianure asiatiche, lontani migliaia di chilometri dalle nostre montagne e dalle nostre grotte. Qui le tradizioni, le storie e le leggende dicono chiaramente che molte sono le cose possibili, molte più che nelle nostre stanche, sporche e affollate città.
Se nel corso di scontri con gli Unni negli ultimi anni prima di Cristo i cinesi catturarono soldati romani arruolati dai nomadi come mercenari, se la carta entrò in Europa in seguito ad uno scontro tra cinesi e l'Islam sulle rive del Sir Darja, cosa impedisce che il nostro sia, veramente, l'orso che diede vita al totem di Temujin, poi acclamato nel 1206 Gengis Khan, il Khan dei Khan?
Quanto a Altan e Qucar, (Gengis Khan) mandò a dire loro: «Se voi mi aveste mandato avanti a catturare belve collasso, vi avrei consegnato le belve montane tutte intere, legate fianco a fianco; le belve delle caverne le avrei consegnate legate zampa a zampa; le bestie delle steppe le avrei consegnate legate ventre a ventre». 2
Misha, che dorme da secoli nella sua grotta, è solo un superstite, che ha preferito Berloga al fumo delle yurte ...
1 Sergei Kozin, Storia segreta dei M angoli, Guanda, Roma 1988. 2 Atamalik Juvaini, Gengis Khan, Mondadori (serie Oscar),
Milano 1991.
Orso bruno (Ursus arctos). Disegno di Marisa Ceccarelli.