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L'EREDITÀ ARCHITETTONICA DELL'ASIA CENTRALE ............................................... pag

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Regno di e Tessaglia

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DAlleati Greci di Alessandro

DTerritori Barbari Conquistati da Alessandro c:::::J itinerario di L__jAJessandro

r=:JRotte Carovaniere dall'Europa L..:.:Jall' Oriente l = SAMARCAN DA 2 = BUHARA 3 = CHIVA

L'EREDITÀ ARCHIIETIONICA DELL'AsiA CENTRALE

di Emilio Centioli

L'eredità architettonica dell'Asia centrale è ricca di storia e varia di morfologie. Durante il primo Medioevo (VI-VII secolo, periodo feudale iniziale) fu data grande importanza alla costruzione di templi, palazzi e castelli, che ancora oggi continuano ad essere ritrovati dagli scavi archeologici, con ampio uso di decorazioni in pittura e legno o stucco intagliati.

Il principale materiale costrutti v o fu l'argilla, o più esattamente il "loess" (terriccio marnoso ), che fu usato sia come argilla battuta (pakhsa) che come costituente per la realizzazione di mattoni crudi, nonché per costruire zolle da riempimento nelle costruzioni lignee.

Ciò che principalmente è rimasto degli edifici architettonici risale comunque a periodi successivi al X secolo, che fu segnato da una intensa attività costruttiva e dal definitivo consolidamento dell' Islam, con un impatto profondo nello sviluppo dell'architettura. Possono essere individuate tre principali tipologie di edifici: l. civili: case d'abitazione, palazzi, caravanserragli (luoghi di sosta tipo locanda, situati lungo le vie carovaniere) e bazar (luoghi urbani adibiti alla vendita e allo scambio delle merci); 2. religiosi: moschee, minareti (torri dalle quali viene intonata ai fedeli la preghiera mussulmana), madrase (università mussulmane o scuole di Corano) e khankash (monasteri o "resthouse" per i Dervisci ambulanti); 3. plurifunzionali: con funzione civile e religiosa, mausolei ecc.

Le più importanti testimonianze architettoniche sopravvissute si trovano a Buhara, Chiva e soprattutto Samarcanda.

L'uso del mattone cotto non solo rese passi- deriva dal termine arabo masgid, in turco mese id, bile una maggiore conservazione degli edifici, che significa "luogo dove ci si prosterna davanti ma fu utilizzato anche come importante elemen- a Dio". to decorati v o nella cura dei dettagli architetto- Come afferma lo Scerrato, "non può essere n1c1. assolutamente taciuta l'influenza che deve aver

La prima costruzione caratterizzata da una raffinata lavorazione con muratura di mattoni è il mausoleo di Ismail Samani, a Buhara, edificato tra la fine del IX e l'inizio del X secolo.

L'attenzione architettonica maggiore, comunque, fu data dal mondo islamico alla struttura delle moschee. Trattandosi di edifici obbligatori e necessari per ogni città o villaggio, principali luoghi di culto per questi popoli, è chiaro che avevano la massima importanza e rappresentavano il nucleo fisico e funzionale su cui erano orientati i percorsi principali delle città.

Le moschee più imponenti sono enormi strutture formate da un portale e una galleria attorno ad una spaziosa corte, con un ivan (portico ad archi) sul suo asse principale e minareti situati agli angoli della costruzione. La parola moschea esercitato, nel processo formati v o della moschea, la casa (dar) del profeta a Medina". Tale casa era una costruzione modesta, un terreno quadrato di circa 50 metri di lato, circondato da un muro di mattoni alto poco più di 3 metri. Sul lato orientale c'erano le capanne delle mogli del profeta, che si apri vano sulla corte, mentre a nord vi era una tettoia di fango e frasche sorretta da tronchi di palma, dove erano ospitati i suoi seguaci, emigrati con lui dalla Mecca. La moschea del profeta venne completamente ricostruita tra il 705 e il 709, in periodo Omayyade, dal califfo Al Walid. La nuova struttura, molto più grande, si sovrappose a quella originaria introducendo considerevoli innovazioni; venne ad esempio introdotto il mihrab, una specie di nicchia concava inquadrata ad arco, la cui funzione era quella di segnalare la qibla, il muro cioè verso il quale viene rivolta la preghiera mussulmana. Ancora oggi, dovunque, la q ibla di ogni moschea è sempre rivolta verso quella della casa del profeta.

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Pagina precedente: le regioni dell'Asia centrale intorno all'anno mille (dis. E. Centioli). Sopra: il classico interno di un caravanserraglio, luogo di sosta e ristoro per uomini e animali lungo le antiche vie carovaniere. Medina: ricostruzione schematica della casa del Profeta sulla quale sorse in epoca successiva la famosa moschea. l. Le stanze delle donne del Profeta. 2. La tettoia orientata verso la Mecca, sotto la quale Maometto pregava e si intratteneva con i compagni. 3. La tettoia sotto la quale dormivano gli ospiti. (Tratto da: Scerrato/Johansen, vedi bibl.)

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Medina: ricostruzione schematica della moschea del Profeta (periodo Omayyade). l. Il Minbar (trono), che aveva preso il posto del seggio da cui parlava Maometto. 2. Il Mihrab (nicchia), che non si trova in asse con la costruzione, ha la funzione di segnare il muro della Quibla. 3. Il sepolcro di Maometto, con il recinto irregolare per evi tare che su di esso ci si possa orientare per la preghiera. 4. Limiti della casa di Maometto. (Tratto da: Scerrato/ Johansen, vedi bibl.)

I periodi più importanti, nello sviluppo dell' architettura e dell'arte nell'Asia centrale, sono stati comunque quelli caratterizzati dalle dominazioni Selgiuchide (l 050-1250) e Timuride (1370-1500). Fiorirono i mausolei, sia a cupola che a torre, le madrase, i monumenti funebri.

Appartiene a questo periodo l'invasione di Tamerlano (Timur Lang, lo Zoppo), che nacque a Kesh (odierna Shakhirisabz) nel 1336: dopo la violenta sottomissione dei territori, la dominazione mongola si dedicò però a nuove edificazioni, introducendo innovazioni decorati ve particolari derivate dalla Cina e dall'Estremo Oriente.

Fu però sotto Ulugh Beg, illuminato nipote di Tamerlano, che i migliori maestri si unirono nella progettazione dei maggiori edifici monumentali esistenti, tutti dominati da notevoli decorazioni policrome a mosaici e mattoni smaltati.

Anche i grandi complessi architettonici, come la piazza del Registan a Samarcanda (ampia-

Sopra: la città-oasi di Chiva. Pagina afronte: una composizione dei particolari di alcuni splendidi mosaici che decorano le architetture dell'Asia centrale. mente ristrutturata nel XVII secolo), sono una testimonianza di questo fecondo periodo.

Nei secoli successivi gli architetti creano nuove forme negli ornamenti esterni degli edifici. Il concepimento di tali motivi è subordinato all'incremento planimetrico degli edifici religiosi, grazie a nuovi tipi di soffitti muniti di archi. I più grandi interni ornati sono stati realizzati nei complessi architettonici di Buhara, mentre imosaici rimangono un importante elemento decorati v o sebbene la loro qualità artistica si attenui gradualmente, e i moti vi ornamentali vengano sempre più spesso ripresi da quelli antichi .

Dopo un lungo periodo di ristagno culturale, la costruzione degli edifici monumentali fu ripresa tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo. In questo contesto i maggiori risultati vennero ottenuti nella costruzione della città di Chiva, capitale dell'omonimo kanato. Sebbene fondata nel IX-X secolo, le sue principali strutture appartengono quindi ad un periodo più recente.

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Chi va può essere considerata, a mio parere, l'epilogo dell'architettura islamica di questa regione: tutto ciò che avverrà successivamente nel campo dell'arte edificatoria perderà la sua primordiale genuinità e originalità, e i nuovi esempi architettonici si rifaranno ai prototipi dell' antichità.

SAMARCANDA, LA CITTÀ DEL SOLE

Samarcanda, "il più bel volto che la terra abbia mostrato al sole", sorge immobile nel tempo con i suoi minareti, le madrase, le moschee, emanando luce e riflettendo la sua immagine fatta di smeraldo e turchese.

La città, che oggi conta poco più di 500 mila abitanti, è situata all'inizio di una fertile valle irrigata da numerosi canali, lungo le rive del fiume Zeravsan, a 700 metri sul livello del mare.

Attualmente Samarcanda, oltre ad essere un grosso polo turistico destinato ad espandersi velocemente, è un importante centro per la lavorazione della seta, per il commercio dei prodotti agricoli e per l'esportazione delle pellicce di astrakan, la cui materia prima proviene dalla lana delle pecore karacul.

I quartieri moderni, sviluppatisi dopo il1868, hanno inglobato purtroppo la parte antica della città risparmiando solo i maggiori centri monumentali.

A nord-est dell'attuale città, sulla collina di Afrasiab, sorge· l'antico sito archeologico di Marakanda, nome con cui Samarcanda era conosciuta ai tempi di Alessandro Magno: gli scavi stanno portando alla luce una grande città distrutta dalle orde di Gengis Khan nel 1220.

La necropoli di Sah-i-Zinda è uno dei monumenti più insigni dell'architettura di Samarcanda: si trova a sud-est della collina di Afrasiab e costituisce un insieme di costruzioni commemorative, cappelle funerarie e mausolei costruiti tra il XIV e XV secolo. Comprende oltre 20 edifici decorati con maioliche dipinte, intagli in pietra e terracotte smaltate: le piastrelle smaltate, alcune

piatte ed altre in rilievo, creano un contrasto di luci e zone d'ombra con predominante turchese. L'interno degli edifici è austero, e i fedeli compiono tuttora il loro pellegrinaggio muovendosi da uno ali' altro e salendo lentamente i gradini di ogni tomba. L'atmosfera è particolare, rarefatta, e il misticismo si fonde con il cromatismo delle cupole e degli arabeschi delle facciate.

Piuttosto isolato, nella parte orientale della città, si staglia il mausoleo di Gur-i-Mir o di Tamerlano, gioiello dell' architettuta Timuride.

La sua costruzione fu portata a termine, su ordine di Tamerlano, nel1404, e oggi contiene il suo sarcofago oltre a quello del nipote, lo scienziato Ulugh Beg. I sepolcri attualmente sono vuoti, poiché le spoglie dei defunti sono custodite nella cripta sotterranea. Le pareti interne del mausoleo, ricoperte di lamine d'oro, sono di eccezionale bellezza.

La struttura è composta da una corte interna attorno alla quale vi sono sulla sinistra una madrasa con le celle per gli studenti, e sulla destra un edificio con funzioni simili a quelle di un monastero. Al centro il mausoleo si articola con una tipologia a torre ribassata, sormontata da un'alta cupola nervata e ricoperta di splendide ceramiche azzurre.

Nel 1941 una spedizione archeologica dell' Accademia delle Scienze Uzbeka condusse un approfondito studio sul mausoleo di Tamerlano: i sarcofagi di Tamerlano e di Ulugh Beg furono aperti ed attraverso lo studio dei crani gli antropologi ricostruirono le immagini dei due uomini.

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Samarcanda: planimetria del Mausoleo di Tamerlano (Gur-Emir), costruzione che risale all404. l. Sepolcri di Tamerlano e Ulugh Eeg. 2. Corte. 3. Khanaqah (convento). 4. Madrasa. 5. Galleria dell424. 6. Annesso meridionale. 7. Ambiente a cupola. (Tratto da: Scerrato/Johansen, vedi bibl.)

Proprio l'amore per la scienza e l'astronomia in particolare portarono il saggio Ulugh Beg a costruire un grande Osservatorio sul colle Kuchak, non lontano dall' Afrasiab. Realizzato tra il1428 e 1429, consisteva in un quadrante di marmo di 36 metri e in un sestante di alta precisione scavato nella roccia: fu usato per calcolare le coordinate e i percorsi del sole, della luna e dei pianeti.

Ulugh venne ucciso dal figlio, che distrusse anche buona parte dell'osservatorio, la più grande costruzione astronomica medioevale.

Ciò che resta del sestante fu portato alla luce nel 1907 dall'archeologo russo Vyatkin, la cui tomba si trova poco distante dall'osservatorio.

Un museo adiacente raccoglie reperti e manoscritti di grande interesse.

La piazza del Registan è il cuore dell'antica Samarcanda, di cui rappresentava il foro e il fulcro commerciale. Il centro è costituito da una piazza rettangolare limitata su tre lati da imponenti madrase costruite nel corso di tre secoli. La

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104 Samarcanda: planimetria generale del complesso architettonico del Registan. l. Madrasa di Ulugh Beg (14171420). 2. Madrasa di Sir Dar (16191636). 3. Moschea-madrasa di Tilla

Kari ( 1646-1659 ). 4. Chaharsu (quadri v io), nucleo del bazar. (Tratto da: Scerrato/Johansen, vedi bibl.)

più antica è quella di Ulugh Beg, sulla sinistra (inizio del XV secolo): fu un'alta scuola di religione mussulmana, con alloggi per oltre l 00 studenti, danneggiata pesantemente da due terremoti e da guerre all'inizio del XVIII secolo. Un radicale restauro negli anni '60, che salvò anche i minare ti da un crollo sicuro, ha restituito questa monumentale costruzione all'antico splendore.

Le altre due madrase compaiono nel XVII secolo. A destra troviamo Sir Dar, caratterizzata nella facciata da immagini di tigri e daini con i raggi del sollevante: la rappresentazione di figure zoomorfe, proibita dalla religione islamica, deriva qui da contaminazioni cinesi e orientali, non assumendo quindi valori simbolici ma solamente decorativi. All'interno un cortile quadrato è circondato da una doppia fila di celle con entrata ad arco.

La terza madrasa, Tilla Kari, si staglia sul fondo del Registan chiudendone il lato N.

A v eva un tempo funzione di moschea e possiede all'interno dipinti e magnifiche decorazioni dorate; l'area totale dei mosaici ricopre circa 1000 metri quadri.

Da sottolineare che nelle serate estive la piazza ospita un suggestivo spettacolo di suoni e luci, con la narrazione delle vicende di cui questo luogo è stato testimone: " ... io sono il Registan, il cuore della terra. Come ricordo e dolore delle guerre io innalzo sempre gli arcobaleni del passato, dispersi, per sempre andati ... ".

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Samarcanda: ricostruzione della moschea di Bibi Khanim, completata da Tamerlano nell399. (Tratto da: Scerrato/ Johansen, vedi bibl.)

Il complesso architettonico di Bi bi Khanim è forse il più imponente di Samarcanda. Costruita nel 1399 da Tamerlano in onore della moglie, figlia dell'imperatore della Cina, e a seguito della vittoriosa campagna contro l'India, si trattava di una struttura originariamente enorme: comprendeva una madrasa molto importante, otto minare ti, varie moschee e di versi edifici pubblici.

Sono sopravvissuti al tempo il gigantesco portale d'entrata, alto 50 metri, il portale della madrasa con il minareto sulla sinistra e parte della moschea maggiore, attualmente in fase di restauro.

Cinquemila operai tagliarono le pietre necessarie sulle montagne vicino Pendiskent, mentre 200 scalpellini provenienti da Azerbajan, Persia e India lavorarono alla costruzione della moschea. La corte rettangolare misura 130 metri per l 02, e le pareti furono riccamente decorate con mosaici policromi smaltati.

Oggi camminare tra i resti dell'immenso edificio, fra cantieri di restauro e passaggi abbandonati, crea una certa suggestione.

Inoltre il luogo merita una visita perché accanto vi è un mercato abbastanza colorito, non turistico ma forse per questo più vero, permeato dal fumo denso della carne arrostita e dagli odori delle spezie, penetranti e a volte indefinibili. N el parco è possibile sedersi ali' aperto su grandi divani di legno e, all'ombra degli eucalipti, sorseggiare lentamente il the.

Seduti a gambe incrociate su tappeti variopinti (ovviamente senza scarpe), osserviamo gli uomini con lunghe barbe, e con i classici zucchetti neri di forma quadrata sulla testa, che passeggiano all'interno del mercato. Poche le donne, avvolte in coloratissimi drappi di seta.

Dai sorrisi sfuggono spesso visioni di denti metallici: il "metallo in bocca", non importa se

oro o argento, aggiunge fascino e distinzione fra gli uzbeki. Ai piedi pantofole di cuoio dalla punta rialzata, sulle spalle lunghe palandrane azzurre e verdi. Qui le file, come quelle di Mosca per comprare due uova o un melone verde, non esistono. Mosca è lontana, sia fisicamente che culturalmente. Questo è davvero un altro mondo.

BUHARA E IL SUO ANTICO SPLENDORE

"Nobile e gloriosa roccaforte della fede" era l'epiteto con il quale era conosciuta la città di Buhara nel mondo medioevale mussulmano d'oriente. B uhara, situata 300 chilometri a NW di Samarcanda, conta oggi circa 200 mila abitanti e sorge a 226 metri sul livello del mare nel mezzo di un'oasi lungo il corso inferiore del fiume Zeravsan. Il suo clima, fortemente continentale, è influenzato dal vicino deserto del Kyzylcum. Vecchio di 2500 anni, questo importante crocevia carovaniero era una tappa della rotta che dalla penisola arabica portava all'India e all'antico Catai. Nel IX e X secolo vide una splendida fioritura delle arti e delle scienze sotto l'Impero dei Samanidi, poi con la conquista di Gengis Khan nel1220 rimase un dominio mongolo sino alla fine del XV secolo. Successivamente venne invasa dagli Uzbeki del Turkestan e divenne la capitale del kanato di Buhara. Dal 1919, dopo la Rivoluzione, fa parte dell'Uzbekistan.

Buhara è sempre stata considerata la capitale culturale dell'intera regione, e non a caso il grande scienziato e filosofo Avicenna (980-1 037) visse a lungo nella città. A lui è stata recentemente dedicata la nuova biblioteca statale, che conta oltre 175.000 volumi tra i quali una buona raccolta di manoscritti e codici miniati.

La parte antica della città è ancora intatta nelle principali costruzioni: le sue moschee, le madrase, i minareti compongono un insieme architettonico unico e indimenticabile.

La Fortezza di Ark, del IX secolo, è la costruzione più antica della città: era la residenza invernale del Khan e comprendeva entro le mura

Pagina afronte: un anziano uzbeko, con sulla testa l'immancabile tjubiteka, seduto a sorseggiare il the. In alto: la gigantesca moschea di Bibi Khanim, attualmente in f ase di restauro. 107

108 -oggi ben restaurate-il palazzo del sovrano, gli harem, i locali del visir, la camera del tesoro, l'arsenale e il carcere.

Il mausoleo di Ismail Samani, che può essere considerato la perla dell'architettura medioevale centro asiatica, è un edificio costruito alla fine del IX secolo e presenta una forma geometrica atipica rispetto all'architettura del periodo. La cappella funeraria si presenta come un perfetto cubo, sul quale è stata sovrapposta una cupola emisferica centrale e quattro piccole cupole agli angoli. La disposizione spaziale dei mattoni ha 18 angolazioni diverse e crea sulla superficie del muro contrasti di luci e ombre che vanano a seconda della luce del giorno.

Buhara: pianta della galleria superiore del Mausoleo di lsmail Samani (prima metà del X secolo). Si tratta di un classico esempio di decorazione a base laterizia, ottenuta costruttivamente giocando sulle possibilità di combinazione geometrica dei mattoni. (Tratto da : Scerrato/Johansen, vedi bibl.)

Il cuore della città è costituito dal complesso di Poi Kalyan, dove spiccano il minareto e la moschea omonimi, nonché la grande madrasa di Miri Arab. Il grande minareto, alto 50 metri, rappresenta il simbolo della città: anticamente veniva denominato Torre della Morte poiché dalla sua cima venivano gettati i condannati a morte, ma serviva anche per avvistare il nemico e per chiamare i fedeli alla preghiera.

La moschea di Kalyan è una delle costruzioni più grandiose dell'Asia centrale: il suo impianto planimetrico richiama le forme dell'antica m o-

Buhara: schema planimetrico del centro della città. l. Moschea di Kalyan. 2. Madrasa di Miri Arab. 3. Madrasa di Ulugh Eeg. 4. Madrasa di Abdulaziz Khan. 5. Bazar. (Tratto da: ScerratoJohansen, vedi bibl.)

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Paginaafronte, in alto: l' entratadellafortezza diArkaBuhara, residenza invernale dei Khan. In basso: il grande minareto, alto 50 metri, nel complesso di Poi Kalyan. Sopra: il Mausoleo di Ismail Samani, dalla caratteristica disposizione geometrica dei mattoni.

schea di Bibi Khanim a Samarcanda. Di fronte, nella madrasa di Miri Arab, ha oggi sede la Scuola N azionale Islamica.

Sempre nel centro vi sono i bazar, ricchi di cupole e gallerie, ben conservati dal clima e ancora oggi adibiti al commercio: anticamente sotto ogni cupola veniva venduta una merce diversa.

Un'ultima costruzione caratteristica, aneh' essa unica nell' Islam, è il Mazar (luogo sacro) Casma-Ajub, un edificio rettangolare a cupole, una delle quali conica: sotto di essa, all'interno, sgorga una sorgente curativa.

L 'OASI INCANTATA DI CHIVA

In U zbe~i s tan , a sud del lago d' Aral e a pochi chilometri in linea d'aria dal confine con il Turkmenistan, si trova una splendida oasi che sembra quasi sorgere dalle spiagge desertiche: Chi va.

Il nastro d'asfalto che la raggiunge, proveniente da Buhara, attraversa per più di 300 chilometri i due deserti del Karacum (sabbie nere) e del Kyzylcum (sabbie rosse). Qui però il deserto è diverso da quello sahariano: il fondo, egualmente sabbioso, è cosparso di arbusti legnosi seminati pazientemente dalla popolazione locale per contenere l'avanzamento delle sabbie verso i centri abitati. Il soffocante caldo estivo contrasta con la temperatura invernale, che può raggiungere punte di 20°C sotto lo zero.

L'oasi è situata non lontana dalla città di Urgenc, presso la parte terminale del Palvan, un antico canale che converte le sue acque nel fiume Amu Darja. Entrando a Chi va per la porta KockDarvaz sembra davvero di fare un tuffo nel passato: siamo in una città museo, resa tale nel 1968 dal potere sovietico, dove nessuno abita e le moschee, i minareti e i mausolei fanno da testimoni solitari e inalienabili di una storia gloriosa.

Chi va è pallida come la polvere del deserto.

Le sue mura, fatte di argilla impastata con paglia, contemplano il deserto circostante con cui sembrano in simbiosi. I mattoni color grigio rosato degli edifici religiosi sfumano nel candore delle antiche abitazioni che, ammassate irregolarmente le une sulle altre, determinano percorsi tortuosi e vicoli senza uscita: in questi polverosi labirinti si possono scoprire ad un tratto fini lavorazioni di ceramiche color blu cobalto, turchese e verde smeraldo.

Oltrepassata la doppia porta di Kock-Darvaz, dunque, si prosegue verso est fino ad incontrare il palazzo Tas Hauli, la residenza del Khan, oggi trasformata in museo. L'edificio, costruito nella metà del XIX secolo, conta 163 stanze ed è strutturato in tre corpi: l'harem, le sale per i ricevimenti e la grande sala del Tribunale.

Vicino al palazzo si trovano i due mausolei del XIV secolo di Seyid Alladin e Paklavan Makmud. Il mausoleo di Paklavan (eroe nazionale, poeta e filosofo) rappresenta tuttora una meta di pellegrinaggio per eccellenza: anticamente visitare questo luogo aveva lo stesso valore che andare alla Mecca. Le poesie di Paklavan sono scritte sulle pareti del portico, e ne ricordo una particolarmente divertente: "Amico mio, non affrettarti a sposarti. Se tu pensi di trovarti in paradiso, invece sarai già all'inferno" .

Al centro del portico del mausoleo è situato un pozzo alla cui acqua vengono attribuiti poteri benefici per la longevità. La leggenda narra che chi beve una tazza vive 100 anni, chi ne beve due ne vi ve 200 e chi infine ne beve tre muore: questa terza soluzione serviva, in realtà, per economizzare l'acqua.

Da quasi ogni angolo di Chi va appare imponente il minareto di Islam Khodrà, costruito nel 1908 e alto 57 metri. Salire i suoi 122 stretti e ripidi scalini è un'esperienza che può non piacere, ma dalla sommità la vista è eccezionale. Un altro minareto, incompiuto, costituisce la curiosità architettonica di Chiva: molto largo, è alto solo 26 metri ma era stato progettato per arrivare a 120, il più elevato dell'intera Asia centrale.

Pagina afronte, in alto: l'entrata della madrasa di Miri Arab, oggi sede della Scuola Nazionale /slamica. In basso: il caratteristico interno del bazar di Buhara.

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L'edificio più antico è la moschea del Venerdì, iniziata nel X secolo e danneggiata successivamente da un grande incendio. L'interno è composto da una moltitudine di colonne in legno, alcune finemente intagliate, separate dal terreno attraverso pezzi di lana di cotone al fine di preservar! e dall'umidità. Va sottolineato che il legno è molto raro nella regione in quanto non esistono, né esistevano, foreste d'alberi.

Verso le 17 Chi va si svuota, e le botteghe si affrettano a servire gli ultimi the caldi e amari prima di chiudere: il calore lascia il posto alla notte silenziosa e immobile.

In alto, a sinistra: il grande minare t o di Chi va, alto 57 metri e visibile da ogni angolo della città. A destra: il minareto incompiuto, progettano per diventare il più elevato dell 'Asia centrale, con l 26 n1etri di altezza. Sopra: la moschea del Venerdì, la struttura più antica di Chi va.

In alto: due sposi bevono, secondo un preciso rituale, al pozzo sacro· del mausoleo di Paklavan, a Chiva. Per gli europei, invece, i rischi di contrarre epatite da queste acque sono alti. Sopra: le mura fortificate, costituite da un impasto di argilla e paglia, che circondano la città.

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