L'Officiel Italia N°34 - Fall 2020

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FALL 2020

N° 3 4 - 30 SET TEMBRE 2020

Data di prima emissione in edicola: Settembre 2020

Timeless Style for a Brand New World


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L Officiel Hommes Italia

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F AL L

IS S UE

2020

EDITOR’S

N° 34

NOTE

«La bellezza non dipende dai vestiti che si indossano né dall’aspetto che si possiede. La bellezza si deve percepire dagli occhi... Perché sono la porta del cuore». La frase presa in prestito da Audrey Hepburn, icona timeless di eleganza e charme, è stata lo starting point di questo numero de L’Officiel Italia. Perché gli occhi non hanno etnia e non hanno sesso, come la bellezza che abbiamo voluto raccontare nelle pagine di questo fashion issue targato autunno-inverno 2020. Un percorso di esplorazione, fuori dagli schemi classici, per definire una modern beauty capace di raccontare il contemporaneo della moda, lontano da stereotipi e vicino a un’idea di bellezza globale. Quella svelata attraverso un cast di icone poliedriche, coinvolte per animare una conversazione senza confini. Donne diverse nel loro essere uniche, chiamate a interpretare i trend delle passerelle, le ultime di un fashion system profondamente cambiato dopo la pandemia che ha colpito il mondo. Talents planetari come Christina Aguilera e rising stars come l’italiana Elodie. Attrici dal passato blasonato come Mélanie Thierry e young star come Kat Graham o Nana Ouyang. Ma anche supermodels come Karmen Pedaru, Jasmine Tookes e Sam Rollinson, insieme a new faces come Marie-Lou Gomis o Shayna McNeill. Proprio quest’ultima, insieme al modello Alton Mason, è diventata la cover star della copertina global de L’Officiel, scattata dalla fotografa Cass Bird. È il primo esperimento nella creazione di un linguaggio estetico comune a tutte le edizioni di questo magazine, nato a Parigi cento anni fa e pronto a una nuova era. Il line-up di questo dossier, comune a Italia, Francia e Stati Uniti, è proprio dedicato a celebrare lo style à la française. Nei ricordi di Farida Khelfa, musa di Jean-Paul Goude e di una generazione di designer iconici come Azzedine Alaïa, Jean-Paul Gaultier o Thierry Mugler. Nelle parole di Pierre Cardin e Simon Porte Jacquemus, intenti a conversare con Pamela Golbin, geniale curatrice di importanti mostre sulla moda, seduti a un tavolino del Café de Sade, mettendo a confronto due universi di creatività forgiata all’ombra della Tour Eiffel. O nelle immagini di un album speciale. Un portfolio corale: tre star stylist (Julie de Libran, Vanessa Seward e Laure Hériard Dubreuil), tre bellezze francesi doc (Tina Kunakey, Zoé Lenthal e Lyna Khoudri) e un cast di expat dell’Esagono, volati a Los Angeles per esprimere la loro arte in discipline differenti, dalla musica al cinema passando per la pittura. Voci differenti unite nel raccontare la bellezza della creatività. Quella che risuona potente in ogni pagina di questo numero. Quella che Christina Aguilera ha trasformato in suo mantra di vita, dopo averla scolpita nell’immaginario collettivo grazie alle note della sua hit “Beautiful”: «I am beautiful, no matter what they say, words can’t bring me down. I am beautiful, in every single way». Giampietro Baudo


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N° 34 — F A L L I S S U E 2 02 0

COVERS

20

EDITOR’S NOTE

THINGS WE L(‘O)VE

01

04

07

10

02

05

08

11

03

06

09

12

01_SHAYNA McNEILL & ALTON MASON in CHANEL & CELINE BY HEDI SLIMANE 02_CHRISTINA AGUILERA in VALENTINO & BULGARI ALTA GIOIELLERIA 03_ELODIE in PHILOSOPHY DI LORENZO SERAFINI 04_KAT GRAHAM in FILA 05_KARMEN PEDARU in SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO 06_NANA OUYANG in LOUIS VUITTON 07_SAM ROLLINSON in PRADA 08_JASMINE TOOKES in VALENTINO GARAVANI & OSCAR de la ReNTa 09_MARIE-LOU GOMIS in DIOR HAUTE COUTURE & VAN CLEEF & ARPELS 10_GABRIELLE CAUNESIL in GIORGIO ARMANI 11_MÉLANIE THIERRY in BRUNELLO CUCINELLI & BULGARI ALTA GIOIELLERIA 12_CATERINA RAVAGLIA in BOTTEGA VENETA

43

HAUTE BOURGEOISIE

52

DEATHS OF DIVINE

56

POTERE AL FEMMINILE

58

LET’S TALK ABOUT INCLUSIVITY

60

EROINE DA LEGGENDA

62

CURVY IS A STATE OF MIND

64

THE NEW LOGOMANIA

66

DENIM IDENTITY

68

AESTHETICS SYNC

70

COCO FOREVER

72

UNA CASCATA DI DIAMANTI

74

A MYSTIC JOURNEY

76

SAVOIR-FAIRE ARTISANAL

78

I SERPENTI DI YOON

80

CHARLOTTE’S MAGIC TOUCH

82

LUXURY TREAT

84

YOUR SCENT, YOUR VOICE

foto di Alberto Tandoi - styling di Giulio Martinelli di Caroline Corbetta - foto di Marco Anelli di Silvia Frau - illustrazione di Gayle Kabaker di Cristina Manfredi - foto Rankin - styling Celia Arias di Alice Teso - foto di Ashley Jahncke di Cristina Manfredi - foto di Sherridon Poyer di Giorgia Cantarini - foto di Mark Kean styling di Marie-Amélie Sauvé di Giorgia Cantarini - foto di Greg Harris di Simone Vertua - foto e art direction Suzie & Leo styling di Marc Goehring di Fabia Di Drusco di Augusto Bassi

di Simone Vertua - foto di Paolo Musa di Silvia Frau

di Giorgia Cantarini - foto di Hiroshi Manaka di Fabia Di Drusco di Fabia Di Drusco di Fabia Di Drusco - foto di Arielle Bobb-Willis

ICONS 86

CHRISTINA AGUILERA

96

ELODIE

106

KAT GRAHAM

foto di Dennis Leupold - testo di Cristina Manfredi styling e produzione di Ilaria Niccolini foto di Alberto Zanetti - testo di Silvia Frau styling di Ramona Tabita foto di Filip Koludrovic - testo di Giorgia Cantarini styling di Marco De Lucia


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N ° 3 4 — F A L L I S SUE 2 0 2 0

MODA 114

ONE NIGHT IN PARIS

126

UNITED COLORS OF MODERN BEAUTY

134

SWIMMING COOL

142

LIKE A GIANT DOLL

148

VINTAGE MANIA VS SEASON MUST-HAVE

156

WHEN COUNTRY MEETS PUNK

52

foto di Paul Empson - styling di June Nakamoto foto di DOMEN & VAN DE VELDE styling di Pablo Patané Foto di Yu Cong - styling di Gaultier Desandre Navarre foto di Carla Guler - styling di Anna Waz foto di Greg Lotus - styling di Danny Santiago foto di Lorenzo Marcucci - styling di Giulio Martinelli

EXTRA

156

168

THE UNIQUE ATTITUDE OF HAUTE COUTURE

178

A PRIVATE CONVERSATION

184

THE BEAUTY OF SHYNESS

190

GAME OF SHOES

200

THE CHIC CODE

210

IL GIOCO DELLE COPPIE

foto di Jaxle Jozeph styling di Gaultier Desandre Navarre

di Fabia Di Drusco - foto di Paolo Musa styling di Fabrizio Finizza foto di Eric Guillemain - testo di Julien Welter styling di Schanel Bakkouche di Fabia Di Drusco - illustrazioni di Ruben Baghdasaryan foto di Leonardo Veloce styling e set design di Alessandra Faja di Cristina Manfredi - foto di Emma Louise Swanson

GLOBAL 218

A NEW ENERGY / A NEW WORLD

230

FRENCH BY FRENCH

232

TINA BY JULIE

244

ZOÉ BY VANESSA

252

LA BY LAURE

264

PARIS BY LYNA

276

PIERRE & SIMON

280

FARIDA BY FARIDA

284

FÉTICHE

296

LOOKING BACK

200

264

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foto di Cass Bird - styling di Stella Greenspan testo di Delphine Valloire foto di Sonia Sieff - styling di Julie de Libran foto di Maxwell Granger - styling di Vanessa Seward foto di Chantal Anderson - styling di Laure Hériard-Dubreuil foto di Marili Andre - testo di Virginie Apiou styling di Vanessa Bellugeon testo di Pamela Golbin testo di Laure Ambroise foto di Jennifer Livingston testo di Hervé Dewintre

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N° 34 — F A L L I S S U E 2 0 20

D IRE TTORE RE S P ON S ABILE G i a m pi et r o Ba udo M ANAGING FA S H ION E D ITOR Gi ul i o M a r t i nel l i

-

M AN AG IN G FE ATU RE E D ITOR Fabia Di Drusco

CRE ATIV E E D ITOR AT LARG E P r i s c i l l a D e G i or gi

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S ALE S & M ARK E TIN G H E AD OF S ALE S Ca r l ot t a Tom a s oni c .t om a s oni @j a l oum edi a gr oup.c om

EDITORIAL DEPARTM ENT Silvia Fr au_Edit or ial M anager Cr ist ina M anf r edi_Fashion Consult ant August o Bassi_Wat ches Edit or Car oline Cor bet t a_Ar t Consult ant

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E D ITORIAL D IRE CTION M a r i e-J os é J a l ou

EDITORIAL OFFICE M ar gher it a M eda - of f ice@lof f icielit alia.c om

IN TE RN ATION AL D IRE CTION Benjamin Eymère, Maria Cecilia Andretta

PHOTO & IM AGE CONTRIBUTORS Chantal Anderson, Marili Andre, Marco Anelli, Ruben B a g h d a s a r y a n , Cass Bird, Arielle Bobb-Willis, DOMEN & VAN DE V E L D E , P a u l Empson, Maxwell Granger, Eric Guillemain, Carla G u l e r , G r e g Harris, Ashley Jahncke, Jaxle Jozeph, Gayle Kabake r , M a r k K e a n , Filip Koludrovic, Dennis Leupold, Jennifer Livingsto n , G r e g L o t u s , Hiroshi Manaka, Lorenzo Marcucci, Paolo Musa, Sh e r r i d o n P o y e r , Rankin, Sonia Sieff, Suzie & Leo, Emma Louise Swa n s o n , A l b e r t o T an doi, Leonar do Veloce, Yu Cong, Alber t o Za net t i

IN TE RN ATION AL

FASHION CONTRIBUTORS Celia Arias, Schanel Bakkouche, Vanessa Bellugeon, J u l i e d e L i b r a n , Marco De Lucia,Gaultier Desandre Navarre, Fabrizio F i n i z z a , M a r c Goehring, Stella Greenspan, Laure Hériard-D u b r e u i l , June Nakamoto, Ilaria Niccolini, Pablo Patané, Dan n y S a n t i a g o , Mari e -A mé lie Sauvé, Vanessa Sew ar d, Ramona Tab i t a , Anna W a z TEXT CONTRIBUTORS Laure Ambroise, Virginie Apiou, Pamela Golbin, Hervé Dewintre, Cristina Manfredi, Delphine Valloire, Julien Welter

PRINT PRODUCTION & PAPER Rot o3 Indust r ia Gr af ica S.r .l. Via Turbigo 11/B 20022 Cast ano Pr imo (M ilano), It alia

G LO B A L H E A D O F D I G I TA L P R O D U C T G iu s e p p e d e M a r t i n o N o r a nte G LO B A L D I G I TA L P R O J E C T M A N A G E R B a b i l a C re m a s c o l i G LO B A L D I G I TA L A D O P S A N D M E D I A P L A N N I N G Ilaria Previtali G LOBAL E D ITORIAL CON TE N T AN D ARCH IV ES Giulia Bettinelli ACCOU N TIN G & FIN AN CE R os a nna P ez z oni r .pez z oni @l of f i c i el .c om a m m i ni s t r a z i one@l of f i c i el i t a l i a .c om + 390236685173

SUBSCRIPTIONS a bbona m ent i @j a l oum edi a gr oup.c om D IS TRIBU TION W or l dw i de : E x por t P r es s

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N° 34 — F A L L I S S U E 2 0 20

L’O F F I C I E L

L’O F F I C I E L G LO B A L E D I TO R I A L T E A M

G LO B A L C O - C H A I R M E N A ND MEMBERS OF E XECUTIVE A N D A D M I N I S T R AT I V E B O A R D S M a r i e - J o s é S u s sk i n d - J a l o u , M a x i m e J a l o u

C O N S U LT I N G G LO B A L C H I E F C R E AT I V E O F F I C E R S tef a n o To n c h i G LO B A L E X E C U T I V E D I R E C TO R G i a m p i et ro B au d o

G LO B A L C H I E F E X E C U T I V E O F F I C E R , D I R E C TO R O F E X E C U T I V E A N D A D M I N I S T R AT I V E B O A R D S B e nj a m i n E y m è re

G LO B A L A R T I S T I C A N D C A S T I N G D I R E C TO R J e nni fe r E y m è re G LO B A L C O N T R I B U T I N G C R E AT I V E D I R E C TO R Trey L a i rd

G LO B A L D E P U T Y C H I E F E X E C U T I V E O F F I C E R , MEMBER OF E XECUTIVE A N D A D M I N I S T R AT I V E B O A R D S M a r i a C e c i l i a A n d ret t a

G LO B A L E D I TO R I A L T E A M L a u re A m b ro i s e | M o d e, D e l p h i n e Va l l o i re | M a g a zi n e, C a ro l i n e G ro s s o | M o d e

C O N S U LT I N G G LO B A L C H I E F C R E AT I V E O F F I C E R S tef a n o To n c h i

G LO B A L C A S T I N G , P R O D U C T I O N & B O O K I N G J o s hu a G l a s g ow

G LO B A L A R T I S T I C A N D C A S T I N G D I R E C TO R J e nni fe r E y m è re

C O N S U LT I N G E X E C U T I V E M A N A G I N G E D I TO R Regan Solmo

G LO B A L E D I TO R I A L C O M M I T T E E G i a m p i et ro B au d o, J e n ni fe r E y m è re, S tef a n o To n c hi G LO B A L G R A P H I C T E A M G iu l i a G i l e b b i , L u c a B a l l i rò

E X E C U T I V E A S S I S TA N T S C é l i n e D o nke r Va n H e e l c . d o nke r v a n h e e l @ e d i t i o n sj a l o u .c o m

G LO B A L C O N T R I B U T I N G D E S I G N D I R E C TO R Micheal Riso

G iu li a B et t i n e lli g . b et t i n e ll i @ l of f i c i e l i t a l i a .c o m

G LO B A L M A N A G I N G T E A M S a b r i n a A b b a s , S a r a A l i , J e a n n e P ro p e c k

I N T E R N AT I O N A L

F I N A N C E A N D A D M I N I S T R AT I O N

I N T E R N AT I O N A L A N D M A R K E T I N G

CHIEF DISTRIBUTION J e a n - Fr a n ç o i s C h a r li e r j f.c h a r li e r @ j a l o u m e d i a g ro u p .c o m I N T E R N AT I O N A L P R O D U C T I O N M A N A G E R J o s hu a G l a s g ow j .g l a s g ow @ j a l o u m e d i a g ro u p .c o m

CFO T hi e r r y L e roy F a x + 3 3 ( 0 ) 1 5 3 01 10 4 0 t . l e roy @ j a l o u m e d i a g ro u p .c o m G E N E R A L S E C R E TA R Y

D I R E C TO R I N T E R N AT I O N A L L I C E N S E S , B U S I N E S S D E V E LO P M E N T & B R A N D M A R K E T I N G F l av i a B e n d a f. b e n d a @ l of f i c i e l .c o m G LO B A L H E A D O F D I G I TA L P R O D U C T G iu s e p p e d e M a r t i n o N o r a nte g .d e m a r t i n o @ l of f i c i e l .c o m G LO B A L D I G I TA L P R O J E C T M A N A G E R B a b i l a C re m a s c o l i b .c re m a s c o li @ l of f i c i e l .c o m G LO B A L M E D I A & M A R K E T I N G S T R AT E G I S T L o u i s d u S a r te l G LOBAL E D ITORIAL CON TE N T A N D A R C H I VES Giulia Bettinelli g.bet t i nel l i @l of f i c i el i t a li a . c o m

INTERNATIONAL EDITIONS L’Officiel de la Mode, L’Officiel Hommes Paris, L’Officiel Voyage, L’Officiel ART International, Jalouse, La Revue des Montres, The International Watch Review, L’Officiel Island, L’Officiel Peak, L’Officiel Jewels, L’Officiel Arabia, L’Officiel Hommes Arabia, L’Officiel ART Arabia, L’Officiel Argentina, L’Officiel Austria, L’Officiel Baltics, L’Officiel

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G LO B A L C H I E F R E V E N U E O F F I C E R Er i c a B a r t m a n CHIEF RE VENUE OFFICER FR A NCE A ND SWIT ZERL A ND J e a n - P hi l i p p e A m o s M E D I A D I R E C TO R I TA L I A N M A R K E T C a r l ot t a To m a s o ni c .to m a s o ni @ l of f i c i e l .c o m G LO B A L D I G I TA L A D O P S AND MEDIA PL ANNING I l a r i a P rev i t a l i i . p rev i t a li @ l of f i c i e l .c o m

FOUNDERS G E O R G E S , L AU R E N T et U L LY J A LO U (†) P U B L I S H E D BY L E S E D I T I O N S J A LO U S A R L a u c a p i t a l d e 6 0 6 . 0 0 0 e u ro s S i ret 3 31 5 3 2 17 6 0 0 0 8 7 C C P N ° 1 8 24 6 2 J P a r i s H e a d of f i c e :12 8 Q u a i d e J e m m a p e s , 7 5 010 P a r i s


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Real life luxury

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Minnie & Moose, giovani creativi, Paesi Bassi La nostra fonte di ispirazione è il cinema. Ci piace vestirci come i personaggi di un film e sentirci parte delle storie. Rende la vita un po’ più magica... MASTRO_CHECK ADV.indd 37

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Things we L(‘O)ve

HAUTE BOURGEOISIE Foto Alberto Tandoi Styling Giulio Martinelli

Un dress code semplice. Star assoluta il capospalla, un coat che si fa scultura e tela da ricamare. Per interpretare il fascino discreto della nuova borghesia

VALENTINO_Lunga cappa in Compact Drap con ricamo Flowersity, top di chiffon e ampi pantaloni in seta. Guanti lunghi e anfibi di pelle, tutto Valentino Garavani. Parure "Cartier Géométrie & Contraste" in oro bianco, onice, cristallo di rocca e diamanti, Cartier Alta Gioielleria. Model: Caterina Ravaglia @ IMG Models.


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PRADA_Cappotto di gabardine re-nylon, abito di organza, top e calze di seta, cintura "Prada Vanity" di pelle saffiano, borsa "Prada Louise" di pelle, Mary Jane di pelle e vernice.


45

MAX MARA_Cappotto di montone con profili di vernice. Orecchini e collana "Pluie de Cartier" in oro bianco e diamanti, Cartier Alta Gioielleria.


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LARDINI_Cappotto over di eco pelliccia. Orecchini e collana "Pluie de Cartier" in oro bianco e diamanti, Cartier Alta Gioielleria. Orologio "Pasha de Cartier" in oro rosa ornato di diamanti con cinturino in coccodrillo, Cartier.


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TOD'S_Cappotto doppiopetto di lana e cashmere con ricami floreali di paillettes, camicia di cotone con collo a fiocco, pantaloni sartoriali e mocassini. Dalla prima collezione Tod's creata dal nuovo direttore creativo Walter Chiapponi.


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FENDI_Cappotto di pelle con maniche a prosciutto, camicia di cotone, gonna di pelle a pieghe, borsa "Peekaboo ISeeU - Medium" di nappa e scarpe di neoprene.


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GIORGIO ARMANI_Lungo cappotto di velluto con profili a ruches di pelle. Orologio "Pasha de Cartier" in oro rosa ornato di diamanti con cinturino in coccodrillo, Cartier.


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LARDINI_Cappotto di eco pelliccia effetto astrakan. Orecchini e collana "Pluie de Cartier" in oro bianco e diamanti, Cartier Alta Gioielleria. Orologio "Pasha de Cartier" in oro rosa ornato di diamanti con cinturino in coccodrillo, Cartier. Casting director: Simone Bart Rocchietti @ simonebartcasting. Assistente stylist: Adele Baracco.


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BOTTEGA VENETA_Lungo cappotto di shearling con frange, abito dalla silhouette scolpita di cotone e viscosa con frange e stivali "BV Lean" di nappa elasticizzata. Hair stylist: Matteo Bartolini @ Freelancer using Balmain Hair Couture. Make up artist: Barbara Bonazza using MAC Cosmetics.


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DEATHS OF DIVINE Testo Caroline Corbetta Foto Marco Anelli

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Marina Abramovic’ riparte in tournée con il suo spettacolo sulla morte di sette eroine dell’opera interpretate da Maria Callas. Con i costumi di Riccardo Tisci

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a Callas era la mia ispirazione. Avevo letto tutte le sue biografie e visto le registrazioni delle sue straordinarie performance. Sentivo una potente identificazione con lei. Oltre a somigliarci fisicamente, lei, come me, era Sagittario. Come me, ha avuto una madre terribile. Lei è morta di crepacuore e anche a me è stato spezzato il cuore. Ma io sono sopravvissuta». Questo scriveva Marina Abramović, la più celebre artista perfor-


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In queste pagine

Due frames tratti da Marina Abramović: 7 Deaths of Maria Callas, 2019 (Courtesy of the Marina Abramović Archives). Le prossime tappe del tour saranno all’Opera Nazionale Greca di Atene, alla Deutsche Oper Berlin e all’Opera di Parigi con date in via di definizione. Musiche originali di Marko Nikodijević. Regia dei film di abil lderkin.

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mativa della contemporaneità, nella sua autobiografia avvincente come un romanzo, “Walk Through Walls”, uscita nel 2016. Ma è da oltre trent’anni che l’artista ‒ 74 anni all’anagrafe, ma non nell’aspetto ‒ coltiva questa felice ossessione per la Divina. Di pari passo, è cresciuta in lei l’idea di sviluppare un’opera in cui poter re-inscenare a modo suo la morte (d’amore o per amore) di sette eroine dell’opera, da Norma a Butterfly, tutte ovviamente interpretate dalla Callas a suo tempo. Così, dopo una lunga gestazione, “7 Deaths of Maria Callas” ha avuto la sua prima mondiale all’Opera di Stato, a Monaco di Baviera, lo scorso settembre, mentre si stanno finalizzando le successive date di Atene, Berlino e Parigi. Una straordinaria determinazione, ma anche molta passione e altrettanto talento. Sono le tre forze basilari che animano Nostra Signora della Performance e che, quando va in scena, si condensano in quel lucente carisma, tipico delle vere dive, che scatena l’adorazione del grande pubblico, ma grande per davvero. Sono più di ottocentomila, infatti, le persone che le si sono sedute davanti per “The Artist is Presentˮ, la sua performance, durata tre mesi, al MoMA di New York nel 2010. Si sta quindi parlando di folle e non del ristretto, seppur globalizzato, talvolta competente e quasi sempre moraleggiante, “mondo dell’arte” il cui giudizio nei suoi confronti tende allo scetticismo, con punte di aperta avversione, da quando lei ha conquistato il successo

planetario, mostrando anche di saperselo godere. Ma la sua importanza nella storia della performance art (nella fattispecie, quella dei contestatari anni ʼ70, dove il corpo inalienabile dell’artista sostituiva l’opera d’arte-merce) è indiscussa. Artista performativa. Diva contemporanea. Donna dal cuore spezzato. Marina Abramović in “7 Deaths of Maria Callas” appare nel ruolo di sette eroine tragiche in altrettanti film in cui ha voluto accanto a sé, nel ruolo di carnefice, la star di Hollywood Willem Dafoe ‒ già suo co-protagonista nel lavoro teatrale “The life and Death of Marina Abramović” realizzato con Bob Wilson nel 2011. In questi film, proiettati sul fondale, mentre sul palco cantanti liriche interpretano i vari brani d’opera, l’Abramović inscena, «sette morti di cui Maria Callas è morta prima di me», indossando costumi disegnati da Riccardo Tisci, direttore creativo di Burberry. Lo stilista, cui l’artista è legata da anni da una profonda amicizia e da una serie di collaborazioni interdisciplinari, ha affermato di essersi sentito, «immediatamente coinvolto, essendo sognatore romantico, in un progetto che ha come soggetto l’amore in tutte le sue sfumature, fino a quelle più oscure». Mentre di luce pare vestita l’Abramović, quando, in uno sfolgorante abito d’oro, si presenta sul palco per il gran finale di quest’opera dove la finzione del teatro si intreccia con la verità dell’autobiografia, la bellezza al dolore e la vita con la morte.


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POTERE AL FEMMINILE Testo Silvia Frau Illustrazione Gayle Kabaker

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Vital Voices raccoglie le storie di 100 donne che, a livello globale, usano il loro potere per supportare altre donne, utilizzando al meglio creatività e audacia

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i sono nomi illustri e altri (a noi) sconosciuti. Sono cento ritratti di donne, che si colorano nelle pagine illustrate da Gayle Kabaker e nelle parole di Alyse Nelson, Presidente e CEO di Vital Voices Global Partnership, associazione che dà il titolo al libro. Un libro da sfogliare perché, nell’anno in cui si celebra il 100mo anniversario del suffragio universale delle donne negli Stati Uniti — anche se le donne di colore hanno dovuto aspettare altri 4 anni per lʼapprovazione del oting Rights Act — e il 25mo della storica conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, si ha voglia di leggere storie positive e propositive. E partecipare, non solo idealmente, ai racconti in prima persona dellʼattivista per il clima i e Bastida, di Indigenous Mexican Otomi-Toltec, o quelle di Jaha Dukureh, impegnata in Gambia contro la pratica delle infibulazioni genitali, o di b zek esili, di Bring Back ur irls Movement in Nigeria. E ancora, esssere

Oby Ezekwesili fondatrice del Bring Back Our Girls Movement.

a fianco della modella e filmaker statunitense Christ Turlington Burns, che con la sua Every Mother Counts si preoccupa che ovunque gravidanza e parto siano sicuri, e con Yin Myo Suu, nel Myanmar, fondatrice di Inle eritage, per preservare cultura e territorio. A parlare sono anche primi ministri, imprenditrici, avvocatesse, attiviste per la giustizia razziale. Accumunate da uno stile di leadership che, pur non essendo esclusivo delle donne, viene da loro praticato senza differenza di Paese, fede, cultura, età e stato economico. Tutte unite da un profondo senso di scopo, una forza trainante che le spinge in avanti; forti radici nella comunità, che permette loro di capire i problemi e il potenziale delle persone; la capacità di fare alleanze (anche improbabili) e di dare spazio a voci diverse, senza avere paura di esplorare metodi alternativi e fissare obiettivi audaci. Infine, pronti a investire sulla generazione emergente dando vita a un virtuoso ciclo di sostegno e solidarietà.

figure a cui ispirarsi Vital Voices - 100 women using their power to empower è curato da Alyse Nelson, presidente dell'omonima associazione americana, con la prefazione in versi di Amanda Gorman, giovane poetessa e attivista di Los Angeles (ritratta sulla copertina); è illustrato con le coloratissime opere di Gayle Kabaker. Esce questo settembre con la casa editrice Assouline (www.assouline.com).


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Things we L(‘O)ve

LET‘S TALK ABOUT INCLUSIVITY Testo Cristina Manfredi Foto Rankin Styling Celia Arias

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«È tempo per le donne di alzarsi e prendere il comando», afferma Silvia Venturini Fendi, che per la sfilata F/W 20-21 ha pensato a un casting poliedrico tra super model, curvy icons e alcune top degli anni ’90. Nell’intento di trasmettere un senso di femminilità contemporanea e sfaccettata

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na, nessuna, centomila. Interrogarsi sul concetto di femminilità oggi, se sei una designer del panorama fashion internazionale è liberatorio. L’ideale di bellezza su cui la moda si è troppo a lungo cristallizzata è saltato. Diverse età, etnie e fisicità non sono ancora la norma quando si tratta di shooting e passerelle ma che qualcosa stia davvero cambiando, lo si vede anche solo guardando il casting stellare che Silvia Venturini Fendi ha voluto per la sfilata F/W 20-21, andata in scena in un ultimo sprazzo di normalità, nel febbraio scorso a Milano. Per la prima volta nella storia della Maison, in pedana sono comparse due modelle curvy: Paloma Elsesser e Jill Kortleve, attorniate anche da ex top mo-

del, radiose nella loro maturità, come Carolyn Murphy, Jacquetta Wheeler, Karen Elson e Liya Kebede. L’intento dichiarato era quello di trasmettere il senso di un femminile potente e morbido al contempo, impossibile da contenere in un’unica definizione, perché unica e portentosa è l’energia di ognuna. Un concetto che la cifra di stile della direttrice creativa. LʼOfficiel Italia: Il dibattito sul ruolo delle donne nella società è più che mai acceso in questi tempi. A che punto sono nel processo di empowerment? Silvia Venturini Fendi: È tempo per le donne di alzarsi e prendere il comando. I nostro sistema di valori potrebbe vedere, negli anni a venire, dei cambiamenti sismici sul fronte della condivisione e della

cura. Molti giovani designer che hanno lavorato per noi , anche a distanza di anni parlano di quanto hanno imparato da Fendi. Le donne, a differenza degli uomini, condividono. Forse questa apertura nel confronti degli altri dipende dall’abitudine a crescere i bambini, a prenderci cura di loro: per me la condivisione è un istinto naturale. Con questo, non voglio dire che siamo migliori degli uomini, ma possiamo sicuramente sentirci pari. LOI: Qual è il compito della moda contemporanea nel provare a definire il ruolo della donna? SVF: Le precedenti generazioni di donne Fendi hanno imparato a pensare e ad agire come uomini. Prendiamo mia madre, per esempio: i vestiti austeri e sem-


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pre neri erano la sua armatura e lei voleva trasmettermi questa idea come una specie di superpotenza. Ma io ho una visione diversa. Voglio che il principio di orgoglio femminile sia la mia eredità per i miei figli e per la prossima generazione. LOI: Parlare di femminilità significa aprire una discussione complessa e sfaccettata, come la tradurresti oggi? SVF: Sono partita proprio da questa riflessione nel disegnare la collezione. Ho messo in discussione il tipo di donna che volevo vestire: potente, forte e libera. Ho esplorato i vecchi cliché, i codici che dettano gli armadi della femminilità da decenni, in opposizione alle nuove regole, al contemporaneo. Sono partita dal più grande del cliché, il rosa, quello per cui “il rosa

per le ragazzeˮ e l’ho contrapposto a toni scuri, come il grigio e il nero, o a materiali, come il raso e il pizzo, contrapposti alla pelle e alla flanella. ʼidea era quella di scrivere e di far coesistere vecchio e nuovo. Volevo un atteggiamento femminile e autentico, ma le donne hanno così tante sfaccettature e per rappresentarle ho fatto un casting di volti diversi, che non rispondono a unʼidea prefissata di donna. Penso per esempio alla tendenza streetwear, che di base è young oriented. Io, che non sono più la più giovane o la più magra, mi sono assunta il compito di integrare le donne della mia generazione e la forma del mio corpo. E di rimodellare gli archetipi. LOI: Cosa ti colpisce di una modella quando la incontri per la prima volta?

SVF: L’ultimo show ha avuto tra le protagoniste Paloma Elsesser. È stato meraviglioso vederla sfilare con passione e orgoglio. ra lʼincarnazione della fiducia nelle proprie potenzialità, la sua personalità era tuttʼuno con il suo corpo. uando la osservo, penso a quanto sia meraviglioso essere liberi. È il mio tipo di donna, mi fa dimenticare tutti i vecchi stereotipi. LOI: Al di là dei trend, che messaggio vuoi trasmettere attraverso le sfilate? S uando ero piccola, mia madre pensava che fosse più importante insegnarmi a lottare per il mio posto in società piuttosto che apparire carina. La mia moda è stata pensata per dare alle donne equilibrio, carattere e dignità, permettendo loro di abbracciare la loro femminilità.


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EROINE DA LEGGENDA Testo Alice Teso Foto Ashley Jahncke

Julian Dossena immagina per Paco Rabanne un esercito di donne guerriere, ispirate a un Medioevo sontuoso e alla leggendaria figura di Giovanna d’Arco

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acro e dissacrante. Nei sotterranei medievali della Conciergerie parigina, dove Maria Antonietta languiva prigioniera del Terrore, si materializzano le donne guerriere di Julien Dossena che, per la collezione F/W 20 di Paco Rabanne, ha rielaborato i codici dell’abbigliamento storico e religioso per esprimere il potere femminile. Negli occhi frammenti di storia francese, un’icona come Giovanna d’Arco e un omaggio al fondatore della Maison, monsieur Rabanne, che della maglia metallica ha fatto il suo trademark. «Ho cercato di capire come fosse possibile prendere delle referenze storiche e trasportarle in questo presente», racconta lo stilista francese, cresciuto alla scuola di Nicolas Ghesquière nei suoi anni al timone creativo di Balenciaga. Così la metal mesh in oro e argento, ispirata alle armature medioevali e caposaldo dell’estetica abanne, diventa uida nelle mani dello stilista che crea tuniche uttuanti e sinuose. In una continua tensione tra severo e lezioso, pizzi e polsini merlati si fondono con abiti che ricordano le vesti clericali. A delineare un racconto evocativo dalla femminilità potente.


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CURVY IS A STATE OF MIND Testo Cristina Manfredi Foto Sherridon Poyer

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ondra, anni ʼ 0, aomi Campbell, ate Moss e isele B ndchen sono le super modelle del momento. Tutti le vogliono in passerella, i loro compensi sono altissimi, eppure le girls accettano di s lare per 0 sterline sì, avete letto bene , se a domandarglielo un certo Antonio Berardi. ato e cresciuto in In-

Allergico a snobismi e preconcetti, Antonio Berardi crea una capsule collection per Marina Rinaldi: un omaggio alla sensualità che abbraccia tutte le taglie ghilterra da genitori siciliani, si fa notare con il suo sho di diploma alla Central Saint Martins, al suo primo d l uf ciale del 1 lie Minogue sale in pedana per lui, mentre ohn alliano lo chiama nel suo studio. A quel punto in tanti gli predicono una carriera roboante in qualche tempio del lusso francese, ma Berardi non si lascia

imbrigliare. « el mondo della moda devi stare al gioco, solo che io non ci volevo stare. non me ne sono mai pentito». Porta avanti in autonomia il suo marchio raf nato nei contenuti e allergico alle messinscene, si s la dalle tempistiche serrate del fashion business quando quasi nessuno ha il coraggio di farlo e dopo oltre venticinque anni


Nelle immagini, alcuni scatti della capsule collection "California Sky" creata da Fendi insieme a Joshua Vides.

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di carriera sfodera ancora un entusiasmo schietto, viscerale. n mi di esperienza e passione affascinante per il management di Marina inaldi, che lo ha invitato a realizzare come guest designer una mini collezione spalmata su due stagioni, al debutto nelle boutique del marchio con la W 2020-21. interpretata da una musa speciale, la storica supermodel uinevere van Seenus. LʼOf ciel Italia: Cosa ti ha attratto nella collabora ione con un marchio famoso per il curv di alta gamma? Antonio Berardi Curv un termine dalla valenza positiva di sensualità. In passato aveva connotazioni differenti, così come era diversa la fascia d’età a cui si rivolgeva, faceva subito pensare a un certo tipo di signora. Io non la vedo così, perch nella

realtà la taglia standard una 44 e le donne hanno tante forme diverse nel disegnare per Marina inaldi non mi sono discostato un granch dal mio modo di lavorare, prendo sempre in considerazione tutti gli aspetti della persona che sto vestendo. LOI: na capsule collection per tutte? AB satto, non l’ho creata con il preconcetto di dedicarla solo a silhouette morbide. essenziale, ogni pezzo ha qualcosa da dire, che sia un accessorio o una giacca. Sono una decina di modelli da vivere stagione dopo stagione, ne basta anche uno solo per de nire il proprio look. LOI: a se quegli abiti potessero parlare, quale sarebbe il loro messaggio? AB Di non lasciarsi forzare da certe dinamiche. Molte cose sono cambiate ma la

moda resta fondamentalmente snob e le persone spesso scelgono quello che pensano darà loro uno status, non ci che le pu valorizzare. Con un bugdet illimitato, in tanti comprerebbero il pezzo sbagliato, che pensano di dover avere, anche se poi stanno male con quel modello addosso. LOI: Insomma saper dire di no aiuta anche quando si tratta di fashion? AB Sì, quando senti che non fa per te. Anni fa ri utai Balenciaga e poi Celine, mentre mi presi delle grandi soddisfazioni come ghost designer per Pucci. a collezione vendeva benissimo ed eravamo sulle cover dei magazine più giusti, ma io non potevo raccontare nulla lì ho capito che quando lavori per un marchio, il brand che deve emergere, non tu.


Mademoiselle Chanel ritratta da André Kertész, negli anni ’30.

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COCO FOREVER

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abrielle Chanel. Manifeste de Mode” (dal 1° ottobre 2020 al 14 marzo 2021) è la grande mostra di riapertura del Palais Galliera, dopo una chiusura di oltre due anni per i lavori di ristrutturazione ‒ sponsorizzati da Chanel ‒ che hanno permesso di raddoppiare la super cie espositiva in modo da poter af ancare alle esibizioni temporanee, per cui è celebre il museo, uno dove appariranno (a rotazione in ragione della loro fragilità) gli oltre 200mila out t della collezione permanente. Una celebrazione dell’audacia di Chanel, del suo istinto per il nuovo, del suo ruolo fondamentale nella storia della moda nell’offrire alle donne un

modo di vestirsi che le ha trasportate di colpo nella contemporaneità, abbondonando l’opulenza residuo della Belle Epoque e più tardi la silhouette anni ’50, iperfemminile ma inadatta a una vita attiva. Una mostra ricca di oltre 350 pezzi, articolata in due sezioni, una temporale, scandita da dieci ritratti emblematici della couturière, riconosciuta dai contemporanei come la miglior ambasciatrice della propria moda, il suo perfetto embodiment, e l’altra tematica, votata all’esplorazione dei codici della Maison. Il percorso inizia con l’apertura della boutique di modista nel 1912 a Deauville, la maglia marinière in jersey del 1916, i primi modelli creati

da Mademoiselle utilizzando tecniche della sartoria maschile ma tessuti più morbidi, il tweed, il jersey. Capi che si rifanno appunto alla funzionalità, alla sobrietà del guardaroba maschile, e in particolare all’eleganza dandy/sportiva di Étienne Balsan, il primo amore di Chanel, l’uomo che l’inizia al beau monde. Ci sono gli abiti monocromatici bianchi, beige, blu notte, neri, dal lusso austero assorbito da Chanel negli anni dell’adolescenza trascorsi al monastero cistercense di Aubazine, tra cui vari esempi di quella petite robe noire consacrata nel 1926 da Vogue America che la de nisce “la ord di Chanel”. Gli abiti monocromatici si coprono di


Lee Miller in Chanel (foto Edward Steichen, 1928). Flacone originale di Chanel n°5, 1921. Due modelli dalla F/W 1964 e S/S 1959.

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Testo Fabia Di Drusco

Il Palais Galliera riapre dopo oltre due anni di lavori, con una superficie espositiva raddoppiata e una grande mostra dedicata a Gabrielle Chanel

perle, paillettes, frange, ricami di incredibile raf natezza dopo l’incontro con Maria Pavlovna, la granduchessa russa nipote dell’ultimo zar che aveva fondato a Parigi, per sopravvivere, la Maison di broderie Kitmir. È sui (pochi) gioielli dei Romanov che Maria e suo fratello Dimitri (altro amante di Chanel) sono riusciti a salvare, oltre che sui mosaici bizantini di S. Marco scoperti a Venezia insieme a Misia Sert, che si forma il gusto di Gabrielle per i bijoux sontuosi, di un’opulenza barbarica. Bijoux che lei, che in un abito ha sempre respinto l’ornamento che distrugge la linea, adora accumulare sulle sue mises, le spille, i bracciali, i sautoirs, immagina-

ti da tienne de Beaumont e ulco di Verdura, realizzati da Gripoix e Robert Goossens. All’opposto, la collezione di alta gioielleria del 1932 è realizzata esclusivamente in diamanti e platino e af data non solo al tratto epurato e di una suprema eleganza di Paul Iribe. La galleria est del Galliera è dedicata a Chanel N°5, profumo astratto creato da Ernest Beaux nel 1921, fragranza che ha s dato il tempo grazie al mi insuperabile dei suoi 80 componenti, tra cui l’ylang ylang, il gelsomino di Grasse, la rosa di maggio e le aldeidi usate per la prima volta in overdose. E in mostra ci sono naturalmente i pezzi che più identi cano Chanel nell’immaginario

collettivo, che Mademoiselle lancia, settantenne, al suo ritorno sulla scena della moda parigina nel ’53, dopo 14 anni di chiusura della Maison de couture, scattata all’entrata in guerra della rancia. del 1 4 il tailleur, dalla giacca morbida, leggera come un cardigan, e la gonna al ginocchio appoggiata sulle anche. È dell’anno successivo la borsa matelassé 2.55 con catena bandouliere, del 1957 la scarpa bicolore richiesta a Raymond Massaro, in capretto beige per allungare la gamba, e con la punta nera per far sembrare il piede più piccolo. Un universo indémodable e tanto più impressionante nella sua completezza.


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AESTHETICS SYNC

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Testo Simone Vertua Foto e Art Direction Suzie & Leo Stylist Marc Goehring


L’estetica di Christelle Kocher si fonde con gli archivi della Maison fiorentina per una collezione co-ed. Esaltando i punti in comune: l’atteggiamento festoso, l’amore per il colore, l’eleganza senza sfarzo

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eterminata e sicura di sé, Christelle Kocher, creativa di Koché, vincitrice dell’ANDAM Grand Prize del 2019, è la guest designer di Emilio Pucci per la stagione F/W 20. Un incarico che ai suoi occhi risulta estremamente naturale: «è stata una grande scuola lavorare per firme come Dries Van Noten, Chloé e Bottega Veneta, mentre oggi continuo come direttore artistico di Maison Lemarié, tra i M tiers dʼArt di Chanel. ui si lavora con i migliori. o avuto lʼimmenso privilegio di collaborare per quasi dieci anni con arl agerfeld ed stata unʼesperienza straordinaria e stimolante. Karl mi ha insegnato che è importante conoscere anche gli aspetti più tecnici della moda. Poi il team di LVMH mi ha contattato per propormi come guest designer da Emilio Pucci. o accettato subito». Come si svolta la collaborazione « uando sono arrivata in Italia mi sono immersa a fondo nellʼarchivio. ella fase di ricerca per la collezione Pucci x Koché ho lavorato insieme a Laudomia Pucci (figlia del fondatore Emilio, nda), è stato emozionante scoprire i tanti tesori nascosti. Dagli archivi ho estratto il meglio per mescolarlo al mio mondo di Koché. Penso che ci siano tante storie che si possono raccontare con quello che già esiste». Ad esempio vengono dagli archivi le fantasie Lupa e Selva della collezione Palio, create dal fondatore nel 1957. Una liaison quella tra Christelle e Pucci che inizia dal logo che vede l’unione delle due firme in un unico monogramma, perché «ci sono molti punti in comune con il fondatore: l’atteggiamento festoso, l’amore per il colore, l’eleganza senza sforzo e la storia dello sport che ha influenzato il mio linguaggio creativo». Christelle come Emilio Pucci crede fortemente nelle donne, e per la collezione pone l’attenzione su una femminilità potente e fuori dagli schemi, con l’obiettivo di farle sentire a proprio agio. La giovane designer sottolinea anche la sua passione per il menswear: «Amo disegnare l’abbigliamento maschile. Partendo da una base glamour e sofisticata, la versione del mio uomo Pucci è sexy con un tocco gangster-italiano, senza dimenticare l’anima couture di tutta la collezione». na moda ricca di riferimenti culturali, che risulta essere un crossover tra streetstyle e couture; tra i suoi principali riferimenti ci sono tanti artisti contemporanei: « ecentemente ho collaborato con aure Prouvost per raccogliere fondi per le associazioni che aiutano le donne vittime di violenza domestica in Francia e Italia». Intanto la griffe toscana sta già pensando al prossimo step, chiamando il designer giapponese Tomo oizumi a collaborare per la S S 21, nei negozi a dicembre. trasformando la collezione di read to ear in una actor di creatività internazionale.

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DENIM IDENTITY Testo Giorgia Cantarini Foto Greg Harris

La prima collab con il brand americano R13, per una rivisitazione in chiave Ports dei modelli in tela di Genova più iconici. Dedicati a una musa speciale: Jane Birkin

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ue brand, due mondi, due lettere al quadrato: J come jeans e J come Jane Birkin. Nasce la collab Ports 1961 e R13, che scelgono la Birkin come musa di una linea dalla nonchalance casualmente chic. Un personaggio dall’eleganza naturale, alla quale hanno dedicato una borsa (Hermés), ma che non ne possiede una. «Una donna che vorrebbe recitare in jeans e a piedi nudi, o essere lmata come fosse trasparente, anonima, una persona come tante», come lei stessa rivela nel biopic del 1988 “Jane B. par Agnès V” (Agnès Varda, la regista). Da qui l’ispirazione in cui si mescolano l’American culture del denim di Chris eba, fondatore di R13, e l’esuberanza romantica di Karl Templer, direttore creativo di Ports 1961. E il jeans tomboy diviene divisa urbana, in coppia con una giubbino denim che si sbottona alle maniche facendosi cappa. «La collab nasce dalla mia amicizia con Chris Leba. Amo la sensibilità e la qualità del denim. stato fatto un grosso lavoro sulle silhouette, sulle vestibilità e sui dettagli speciali à la Ports: maniche ampia, doppie tasche, cuciture pressate. Il risultato stato fenomenale le modelle volevano portarsi via i sample a ne set», spiega Karl Templer. Leba aggiunge, «la sinergia con Ports è un successo perché esprime i valori dei due brand, completandone l’immaginario».


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THE NEW LOGOMANIA L’iconica tela Monogram di Louis Vuitton è un cult. Questo autunno il motivo è stato reinterpretato dal direttore creativo Nicolas Ghesquière in SINCE 1854, destinata a rimanere nelle collezioni permanenti della Maison francese Testo Giorgia Cantarini Foto di Mark Kean Styling Marie-Amélie Sauvé

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ndare a toccare uno dei loghi più riconoscibili al mondo non è certo impresa facile. Se poi si tratta del Monogram Vuitton, ancora di più. Eppure per la collezione F/W 20 il Direttore Artistico della maison, Nicolas Ghesquière, ha voluto raccogliere la sfida ed esprimere il suo punto di vista grazie alla collezione SINCE 1854. La nuova tela rivisitata ha un aspetto nostalgico e ricorda il design originale dello stemma neogotico, mixando anno di creazione e stampa iconica. Lo stemma lascia ora il posto alla scritta 1854, di cui il numero otto si allunga fino a formare un petalo, un cenno al fiore che tradizionalmente è parte integrante del trademark creato da Georges Vuitton e che esalta l’anno di fondazione della maison più che quello della nascita del logo LV. Dopo la morte di Louis avvenuta nel 1892, è infatti il figlio Georges colui che prosegue l’attività e si dedica alla ricerca di un “motivo” per identificare le sue creazioni. Nasce così, nel 1896, il famoso “Monogram LV”, creato per celebrare il padre e la sua eredità stilistica. Il motivo è composto dalle iniziali del padre LV; che si intrecciano con un fiore con quattro petali racchiuso in un cerchio, un fiore a quattro punte ed un diamante contenente, in negativo, lo stesso fiore. L’ispirazione grafica proviene dalle piastrelle in maiolica floreale di Gien, elemento decorativo presente nella cucina della casa di famiglia ad Asnières e un ricordo indelebile dei momenti più

intimi della storia della famiglia. Nel 1905 la tela Monogram viene registrata come marchio; questo logo, rimasto invariato negli anni, ha segnato la storia della moda, consacrando Vuitton a una riconoscibilità senza precedenti. Questo motivo è stato negli anni rielaborato per collaborazioni speciali da artisti e designer che hanno dato libero sfogo a diversi immaginari e, soprattutto, a pezzi unici per appassionati e collezionisti del brand. Dal 2001 al 2017 si sono alternate visioni artistiche a opera di Stephen Sprouse con le sue pennellate graffito (2001), Takashi Murakami con le icone manga (2003), Richard Prince e gli effetti degradé (2008), Yayoi Kusama e i suoi maxi pois (2012), Jeff Koons e la riproduzione di tele di famosi pittori (2017). Nel 2014 c’è stata una vera e propria parata di nomi per il progetto Celebrating Monogram: Christian Louboutin maestro di calzature, Cindy Sherman, l’architetto Frank O. Gehry, gli stilisti Karl Lagerfeld e Rei Kawakubo, e il designer Marc Newson. Tutte limited edition e tutte reinterpretazioni ad hoc. Il nuovo jaquard ri-immaginato da Ghesquière decora alcuni key-items di abbigliamento, pelletteria, accessori e calzature, ma la novità più importante è che SINCE 1854 è destinata a entrare a far parte delle collezioni permanenti della Maison, diversamente da quanto è accaduto in passato per collezioni oneoff. Una vera Vuitton-evoluzione.

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Il brand del jet set Il logo LV fu disegnato dal figlio di Louis Vuitton, Georges, nel 1896 per "marchiare" – e rendere riconoscibile – il nascente brand di bauli e valigeria che, nei decenni a seguire, diventerà sempre più amato dal mondo del jet set, in particolare grazie al modello di borsa Speedy, visto al braccio di attrici e dive, da Anna Magnani a Catherine Deneuve. Con le star della musica e i rapper il logo si è trasformato in uno status symbol: Vuitton=luxury. Da quando Ghesquière è stato nominato direttore artistico, nel 2013, è "rinato" in modi nuovi e originali. (Nelle immagini di queste pagine la modella Ashley Radjarame).


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UNA CASCATA DI DIAMANTI Testo Augusto Bassi

Il giro delle ore in oro bianco è ricoperto di diamanti, come lunetta, anse, carrure e bracciale. Un’estetica che fa rientrare di diritto il Fasi Luna Gioielleria nelle creazioni leggendarie di Vacheron Constantin

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acheron Constantin ha vestito il polso delle signore ancor prima di quello virile. Era il 1911 quando vennero realizzati i primi segnatempo dedicati alla donna; da allora le referenze del marchio hanno definito l’orologeria femminile. La fusione con l’alta gioielleria, in particolare, ha permesso creazioni leggendarie: il Kallista del 1979, capolavoro di savoir-faire, con i suoi cinque milioni di dollari era all’epoca l’esemplare più caro del mondo. Altro grande successo il Kalla Duchesse Haute Joaillerie, la cui cassa tonneau era rivestita di diamanti. Sempre tonneau era la forma della linea Egérie di quegli anni, sfavillante di brillanti fino all’inizio di questo millennio. Oggi la collezione torna con una cifra estetica rinnovata, come con il Fasi Luna Gioielleria. La cassa da 37mm di diametro presenta una corona di carica a ore due e anse magnificamente modellate. Caratteristiche anche le fasi luna decentrate con due satelliti in madreperla, che si alternano dietro nuvole in vetro zaffiro immerse in un cielo stellato. La plissettatura dei quadranti della collezione, nel modello Joaillerie lascia luce agli 802 diamanti di taglio tondo che avvolgono il giro delle ore in oro bianco. Tutto è ricoperto di diamanti: lunetta, anse, carrure. Cuore pulsante dell’orologio è il movimento automatico calibro 1088L, le cui finiture sartoriali sono visibili attraverso il fondello in vetro zaffiro.


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A MYSTIC JOURNEY Testo Simone Vertua Foto Paolo Musa

Minerali grezzi, pietre olistiche e gemme da collezione, accuratamente scelti da Hedi Slimane, diventano talismani nella neonata linea Les Cristaux Celine

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cchio di tigre, ematite, quarzo rutilato, cristallo di rocca, ametista e la stella di mica sono tra i protagonisti de Les Cristaux Celine, la linea di gioielli realizzata da Heidi Slimane per la stagione F/W 20; dopo César Compression Project, limited edition di opere d’arte indossabili create con la Fondation César. Una scelta basata sull’estetica ma anche guardando al signi cato e alla simbologia delle pietre. Come per la shungite, un materiale raro proveniente da una miniera situata a Shunga a nord-est di San Pietroburgo, la cui storia rimane avvolta nel mistero. Lo zar Pietro il Grande fece costruire le prime terme in Russia per le proprietà curative del mineraloide lucente e nero, la cui origine pare risalire a rocce vulcaniche, depositi marini e residui di meteoriti. O il quarzo fumé, le cui trasparenze si colorano di bruno grazie all’esposizione dei raggi gamma. Un minerale usato da chiaroveggenti e indovini: il British Museum conserva la sfera dell’alchimista, mago e astrologo Dr. John Dee, che sosteneva fosse un dono dell’angelo Uriel per comunicare con gli spiriti ultraterreni. Storie che sono parte della linea disponibile in alcuni store selezionati worldwide.


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"Le Rocher aux Merveilles" di Van Cleef & Arpels.


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SAVOIR-FAIRE ARTISANAL La mostra “Pierres Précieuses” presenta, insieme a minerali, gemme e oggetti d’arte del Museo di Storia Naturale di Parigi, 200 pezzi della collezione di Van Cleef & Arpels. Con un approccio, oltre che scientifico, estetico Testo Silvia Frau

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na montagna di lapislazzuli su una base di quarzo blu, dove una chimera di pietre preziose protegge un tesoro nascosto in una foresta di cristalli di tormalina. Un luogo incantato, nel quale le fate si rinfrescano sotto una cascata di diamanti e zaffiri e, da un momento all’altro, può spiccare il volo un unicorno. “Le Rocher aux Merveilles”, creato appositamente da Van Cleef & Arpels per la mostra “Pierres Précieuses”, che si tiene al Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi, è un oggetto unico, la cui creazione è durata due anni e che presenta parti grezze e nove gioielli da indossare. Ma prima ancora di essere fatto di cristalli, gemme e preziosi, lo è di poesia e incanto. E va a evocare, quasi a risvegliare, i mondi della Maison: dando vita a figure alate, animali fantastici e giardini la cui natura è lussureggiante e multicolore. E riaccendendo, al tempo stesso, il dialogo tra mineralogia e haute joaillerie. «Un unico oggetto racconta la mostra», ha sottolineato Nicolas Bos, presidente di Van Cleef & Arpels, Maison che ha dato in prestito oltre 200 pezzi della propria collezione. Tra questi la Collerette, del 1929, in platino, smeraldi, diamanti appartenuta alla principessa a zia dʼ gitto la spilla Bird of Paradise, del ʼ42, in oro giallo, platino, rubini, zaffiri, diamanti e la ucsia, del ʼ , un incanto in platino, oro giallo rubini con montatura M ster ‒ tecnica brevettata nel 1 dalla Maison ‒ e diamanti.

Ad essi si uniscono i circa 500 minerali, gemme e oggetti d’arte provenienti da quella vastissima del Museo, come La Grande Table des Orsini, del XVII secolo. Esposto qui per la prima volta, è un pezzo monumentale, offerto nel 1 al Cardinale Mazzarino dai principi Orsini, nonché archetipo del dono diplomatico. Su un marmo di Carrara intarsiato con lapislazzuli, diaspri, madreperla e una moltitudine di gemme, evoca i temi di guerra e pace. Un approccio, quello della mostra, che oltre ad essere estetico è scientifico un invito ai visitatori a sorprendersi continuamente. Parte, infatti, dalle ultime scoperte mineralogiche per accompagnarlo attraverso tre sezioni. La prima descrive come si formano i minerali e il loro utilizzo la seconda, come diventano gioielli, partendo dai fenomeni naturali che pietre, rocce e cristalli subiscono nella Terra, prima che la mano dell’uomo li lavori. Una trasformazione descritta anche tramite dispositivi audiovisivi e tattili, che raccontano come i minerali grezzi diventano gemme sagomate e infine gioielli. ʼultima parte un omaggio alla città di Parigi e allʼinfluenza che hanno avuto i suoi artigiani, artisti ed esteti. La visita prosegue, per chi vuole, nei magnifici Jardin des Plantes, allʼinterno dei quali si trova il museo, da quattro secoli uno dei parchi più amati dai parigini e si conclude, ça va sans dire, davanti alle vetrine della gioielleria di Place Vendôme.

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I segreti (preziosi) della natura La mostra " Pierres Précieuses” (Pietre Preziose), si tiene dal 16 settembre 2020 al 14 giugno 2021 al Museo Nazionale di Storia Naturale a Parigi, Grand Galerie de l’évolution. Qui sopra: Clip Oiseau bleu, 1963, in platino, oro giallo, zaffiri, turchesi, corallo, diamanti. Collezione Van Cleef & Arpels.Patrick Gries © Van Cleef & Arpels. Info: jardindesplantesdeparis.fr/Expo-Pierres-Precieuses


Things we L(‘O)ve

I SERPENTI DI YOON Dalla speciale collaborazione tra Bvlgari e Yoon Ahn di AMBUSH nasce la nuova capsule collection di borse e accessori che celebra l’animale guida della maison di gioielleria Testo Giorgia Cantarini Foto Hiroshi Manaka

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l serpente gioiello più famoso del mondo e una delle designer più promettenti degli ultimi anni. Dalla tradizione di casa Bvlgari e dalla visione di Yoon Ahn di AMBUSH nasce la nuova limited edition della linea Serpenti. Yoon non è nuova alla creazione di design immediatamente riconoscibili. Ricordate il choker a forma di lucchetto indossato da Lady Gaga o Naomi Campbell? Famosa per le sue catene dal sapore industrial e i gioielli con spille da balia che disegna con il marito rapper, Verbal, AMBUSH è stata anche finalista del prestigioso LVMH Prize nel 2017, e non è nuova alle collaborazioni con altri brand. Come quella con lʼuomo di Dior, di cui Yoon dirige il reparto gioielli, oppure con Nike, Undercover, Rimowa, Shu Uemura, Converse e sacai. La designer di origini coreane basata a Tokyo è cresciuta nella frenesia urbana, fatta di tonalità vibranti, influenze street e pop culture, che ispirano il successo del motivo “POW” dei primi gioielli a tema cartoon, influenzati dalle opere di Roy Lichtenstein. Immediatezza, fantasia e avanguardia sono i motivi per cui Bvlgari punta su AMBUSH per attrarre l’occhio di una donna contemporanea, che vive in costante movimento, e come lei stessa ci racconta, non torna a casa per cambiare borsa e cerca la versatilità negli accessori. LʼOfficiel Italia: Cosa racconta questa tua visione di erpenti? Yoon Ahn: Per questa capsule ho voluto esprimere il carattere audace e contemporaneo di Serpenti. I serpenti sono meravigliose creature della natura ma con Bvlgari sono diventati anche simbolo di glamour in evoluzione. Sono creature dal fascino magnetico, che ho voluto cogliere reinterpretandolo nelle borse, nella tavolozza dei

colori e forme; tutto nel design della borsa è influenzato dai rettili reali, dalla loro fluidità, dai movimenti sinuosi, come è sinuosa la pelle matelassé. Le borse si adattano alle esigenze e agli stili di vita frenetici di oggi, una borsa per tutte le occasioni, perché sono poche quelle che hanno il tempo di fare cambi di look da giorno a sera. LOI: Qual è il tuo rapporto con la natura? ai mai visto un serpente? YA: Assolutamente! Sono stata a coccolare i serpenti! Non ho visto dal vivo tutti quelli che hanno ispirato la collezione, ma mi piacerebbe vederli un giorno. Il mio rapporto con la natura è fondamentale. Vivo a Tokyo, nel centro della città, uno dei posti più affollati e caotici del mondo, in perenne cambiamento, e adoro questa energia ma dopo un po’ ho bisogno di tornare alla natura per disintossicarmi e liberarmi dalla fatica. Amo gli oceani, la spiaggia e lʼacqua, dai quali ricevo energia; cerco di entrare in contatto con questo elemento almeno tre volte allʼanno, per ricaricarmi ed esprimere il mio potenziale. LOI: Cosa simboleggia il serpente? YA: Non ho mai veramente guardato negli occhi un serpente e so che sono più complessi di ciò che pensiamo. Il Serpente simboleggia il forte legame con la vita stessa poiché profondamente legato alla terra. Vive in armonia con ogni sua vibrazione energetica. Proprio per tale motivo è considerato anche il simbolo della conoscenza poiché dall’oscurità riemerge verso la luce. Il fatto che cambi pelle lo lega anche al processo di trasformazione interiore e al risveglio spirituale o, per alcune culture, al ciclo di vita, morte e rinascita. Se dovessi scegliere tre parole per descriverlo sarebbero sicuramente: mistero, rinascita, eleganza.

AMBUSH per Bvlgari Dopo la collaborazione con Nicholas Kirkwood nel 2017 e con Alexander Wang nel 2019, la serie di capsule collection "Serpenti Through the Eyes Of" prosegue nel 2020 con Yoon Ahn (foto nella pagina accanto), puntando i riflettori su un design rinnovato e una gamma in edizione limitata di borse e accessori. Tre tipologie di borse in nappa matelassé pensate per un pubblico che guarda alle occasioni d’uso e all’adattabilità degli accessori: la borsa a tracolla standard con anche manico rigido in maglia metallica, la pochette mini a forma di cuore con nappine (anche in versione in alluminio), il marsupio che s’indossa in vita e si trasforma in tracolla e persino in clutch da sera. La chiusura è a forma di testa di serpente in ottone placcato palladio per tutti i modelli, con occhi in madreperla o in onice nero, mentre la gamma colori parte dal classico nero, passando per azzurro cielo, verde tropical, fucsia brillante, una tavolozza ispirata alla pigmentazione del pitone arboricolo del sud-est asiatico. Nuances vivide scelte anche per i modelli di portafoglio e porta-carte di credito in cui appaiono insieme i loghi di Bvlgari e di AMBUSH. A completare il tutto un bracciale in nappa strech che si arrotola al polso o al braccio.



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CHARLOTTE’S MAGIC TOUCH Testo Fabia Di Drusco

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harlotte Tilbury è finalmente arrivata in Italia, da Sephora, con il suo marchio beauty, recente oggetto di un (favoloso) deal con Puig. 3,6 milioni di follo ers su Instagram ‒ i suoi main competitors, Nars e Pat McGrath ne hanno rispettivamente 7, e , ‒ la makeup artist ha usato magistralmente YouTube per lanciare la sua linea nel 2013: «Ho fatto anche la blogger, quando le altre truccatrici non svelavano i loro segreti». I risultati parlano da soli: per il debutto da Selfridges della Magic Cream presentata in anteprima su YouTube cʼ una fila di 200 persone. «Nel mondo ne vendiamo un barattolo al minuto. A differenza di altri, che hanno un solo vero best seller, io ho altrettanto successo nello skincare come nel makeup. Questo perché sono sempre alla ricerca di nuove formule ultraperformanti, visito costantemente i laboratori di ricerca più avanzati, ma poi filtro tutto con il mio chimico in house». A 16 anni

Charlotte Tilbury arriva finalmente in Italia, da Sephora, con tutti i suoi best sellers, dal rossetto nudo Pillow talk alla Magic Cream è già assistente della superstar del makeup Mary Greenwell; il primo shooting importante è per L’Uomo Vogue, con Manuela Pavesi. In pochi anni lavora coi più grandi fotografi ‒ «Stava emergendo una ne wave di appassionati di make up, Mert & Marcus, Mario Testino» ‒, arriva a fare 40 sfilate a stagione, crea prodotti «per Rubinstein, Mac, Armani, Tom Ford, ma fin dall’inizio volevo avere il mio brand». Tra i lavori più outstanding cita: «Vogue Italia con la Vodianova, gli shooting con Tom Ford e con Kate Moss, Gisele su Pop magazine con Mert & Marcus, le ciglia dipinte sul viso per Miu Miu». E poi tutte le celeb, da Nicole Kidman a Salma Hayek, che la richiedono per il red carpet. «Non ho mai pensato di poter non avere successo perché il settore era sovraffollato. Ho riportato nell’industria il senso del divertimento, mentre gli altri marchi erano noiosi. Ho voluto un pack gioiello in oro rosa e sviluppato fino in fondo un’idea

per me ovvia, offrire prodotti “easy to use, easy to choose”; soprattutto creare percorsi di look, perché le donne, prima di un rossetto, comprano un look. In 28 anni nella moda non sono mai stata smentita: tutte vogliono trasformarsi in golden goddesses, o cool rock chicks. È così che sono diventata il n°1 da Selfridges scalzando Mac, ed è per questo che ho concepito il mio primo flagship store in Covent Garden come un incrocio tra Beauty Wonderland e un backstage». Lo skincare è nato insieme al makeup: «mio padre era un artista e mi ha inculcato il principio di preparare la tela prima di usare il colore». Charlotte tiene a sottolineare che i suoi prodotti sono usati da bambine di otto anni e signore di 80: «credo che il trucco sia una forma di empowerment, e non vedo perché una donna debba temere di usarlo a qualsiasi età. Ho adorato quando Jennifer Lopez ha detto: “Come è possibile che tu abbia creato una cipria che mi fa sembrare più giovane?”».


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LUXURY TREAT Testo Fabia Di Drusco

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Con il lancio di Sisleÿa L’Intégral Anti Age La Cure, Sisley apre un nuovo capitolo nella storia dell’antietà. Con una texture divina

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ono occorsi dieci anni di ricerca prima che Sisley lanciasse il suo soin antietà globale, Sisleya Global Anti Age, formula con oltre 50 ingredienti attivi tuttora best seller a oltre vent’anni di distanza. Nel 2016 il marchio francese ha lanciato Sisleÿa L’Intégral Anti Age, in grado di combattere anche i segni dell’invecchiamento comportamentale, avvalendosi delle ultime ricerche sull’epigenetica. Ed è ancora una volta a partire dalla ricerca, più precisamente da uno studio premiato nel 2016 dal Nobel per la medicina, che Sisley lancia oggi Sisleÿa L’Intégral Anti Age La Cure, quattro flaconi in cofanetto per quattro settimane di trattamento. Il claim? Una pelle completamente rigenerata, grazie alla riattivazione della sua

energia vitale, con risultati progressivi evidenti fin dalla prima settimana. All’inizio con un incarnato più luminoso, poi con un aumento di tonicità e levigatezza, fino a una decisa sensazione di pelle ridensificata e più elastica, con rughe e lineette d’espressione minimizzate. La Cure agisce sui mitocondri, i principali generatori di energia cellulare a partire dalla trasformazione dei nutrienti forniti dall’alimentazione. Con l’età e in condizioni particolari di stress, i mitocondri si deteriorano proprio come la rete connettiva che li collega, rendendo meno efficace il fisiologico meccanismo di autofagia, per cui le cellule autodistruggono le componenti alterate in modo da non intossicarsi. La Cure lavora simultaneamente sulla protezione dei mitocondri,

la riconnessione della loro rete e l’eliminazione di quelli danneggiati con un concentrato di attivi che vanno a colmare questi bisogni; rispettivamente gli estratti di foglie di gingko biloba e l’acetato della vitamina E, l’estratto di rizoma di mariposa blanca, l’estratto di peonia. Più altre sostanze armonizzanti del ciclo vitale cellulare per risincronizzare i bioritmi cutanei, conservare l’integrità del DNA cellulare e rigenerare tutti gli strati epidermici. Una texture divina (Sisley oblige) da massaggiare mattina e sera su viso e collo come primo cosmetico dopo la detersione, la cui consistenza fresca e acquosa all’inizio si svela poi ricca e setosa col massaggio. Un trattamento da ripetere almeno due volte l’anno, ai cambi di stagione o in momenti particolarmente stressanti.


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ieci album, un Oscar, due Golden Globe, un Bafta e 11 Grammy, una voce eccezionale e uno straordinario senso della mise en scene. Provocatoria, oltraggiosa, impegnata, Lady Gaga a 34 anni è un’icona globale. Ed è decisamente fuori dall’ordinario anche il suo istinto per la moda e l’immagine di moda, affinato dalla lunga complicità con lo stylist Nicola Formichetti. Negli anni Lady Gaga ha coinvolto nei suoi progetti fotografi come Terry Richardson e Steven Klein e indossato sul palcoscenico e sui red carpet abiti che hanno fatto sensazione, dal controverso meat dress di Franc Fernandez degli MTV Video Music Awards del 2010, ai nove look dell’ultima edizione dei premi MTV, firmati, tra gli altri, da Iris Van Herpen, il brand newyorchese Area e Valentino haute couture. Forte di una complicità nata con dream dresses come l’abito di piume di due anni fa per la prima a Venezia di “A star is Born” e con il ballgown di raso pervinca con lo strascico dei Golden Globes dello stesso anno, e di una condivisione di valori di «libertà, passione per l’arte, consapevolezza di sé e senso dell’uguaglianza», Pierpaolo Piccioli, il direttore creativo di Valentino, ha fatto della star il volto del nuovo profumo Valentino, Voce Viva. Un floreale boisé creato da Honorine Blanc e Amandine Clerc Marie, che dalla prima impressione frizzante di bergamotto, mandarino e zenzero sfuma nella dichiarata femminilità di un bouquet di fiori bianchi, fatto di assoluta di fiori d’arancio, gardenia e gelso-


YOUR SCENT, YOUR VOICE Testo Fabia Di Drusco Foto Arielle Bobb-Willis

The Lady (Gaga) in Red Lady Gaga indossa un abito in una particolare nuance di rosso con una punta di rosa acceso, dalla collezione Valentino Haute couture “Daydream” del novembre 2019.

Pierpaolo Piccioli, direttore creativo del mondo Valentino, racconta il nuovo profumo Voce Viva. Con la pop-star planetaria Lady Gaga come testimonial. «La donna che ho in mente quando creo per la Maison è innamorata della vita, con uno spirito libero, senza vincoli di categorie»

mino grandiflorum indiano, su una scia di sandalo, assoluta di vaniglia del Madagascar e muschio in overdose. ll flacone è sfaccettato con il motivo trademark dello stud, il dettaglio metallico ispirato al bugnato dei palazzi romani di ʼ 00 e ʼ 00, il particolare che rende immediatamente riconoscibili gli accessori del brand. Gli stud caratterizzano anche il tappo rosso e oro del flacone, di un rosso diverso però rispetto al classico rosso Valentino, acceso da una punta di rosa. L’Officiel Italia: Come descriveresti l’attuale donna Valentino? Pierpaolo Piccioli: Innamorata della vita, con uno spirito libero, senza vincoli di categorie. LOI: Come definiresti la bellezza? PP: L’umanità al massimo livello di purezza. LOI: Qual è la funzione del profumo? PP: Fungere da amplificatore della personalità di chi l’indossa. LOI: Perché lanciare in questo momento un nuovo profumo? PP: Sono sempre stato affascinato dai profumi. E, oggi più che mai, confidiamo nei nostri sensi. La nostra presenza nel mondo è diventata squisitamente sensoriale e istintiva. Voce Viva è un evento realmente totalizzante, un’evocazione sublime che coinvolge sia il corpo sia la mente. LOI: Come nasce il concept della fragranza Voce Viva? PP: Di tutti i sensi, ho scelto la voce, come primo violino d’orchestra. La voce è uno dei primi gesti comunicativi e un veicolo per ogni affermazione dʼindividualità. LOI: Come descriveresti l’universo di

Voce Viva e il suo messaggio? PP: L’universo: libero, imprevedibile, istintivo, forte. Il messaggio: l’immaginazione umana non ha confini. Viviamo i nostri sogni. LOI: Il nuovo profumo si ispira a una tua memoria olfattiva in particolare? PP: Più che olfattiva, la mia memoria nostalgica di Voce Viva è legata al concetto di voce. Molte voci del passato sono ancora vive in me e questo profumo me le ricorda tutte. LOI: Perché hai scelto di reinventare con una sfumatura di rosa il classico rosso Valentino per il packaging? PP: Nel mio lavoro la ricerca cromatica ha un ruolo essenziale e riflettere sul rosso ne ha sempre fatto parte. Per me ripensare il rosso significa essere pronto ad accettare il cambiamento della modernità e reagire con entusiasmo alle sfide quotidiane. LOI: Come hai scelto l’abito indossato da Lady Gaga nella campagna? PP: Volevo che fosse onirico e leggermente eccessivo, proprio come il mondo che condividiamo per questo progetto. LOI: Sei stato tra i primi a parlare di inclusività nella Haute Couture, tradizionalmente esclusiva. Quanto è importante per te? PP: L’inclusività è il mio principale obiettivo. Pur essendo tradizionalmente destinate a una precisa classe sociale, le creazioni della haute couture possono essere capite e apprezzate da una grande varietà di persone, di generi, età, Paesi diversi. Oggi, non è necessario “possedereˮ una creazione di haute couture per far parte di quel mondo.

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THE NOW

CHRISTINA AGUILERA

«Mi vado bene così», risponde a chi le dice come apparire. E, in occasione del remake di “Reflection”, fa il punto sul suo percorso, di donna e artista. «La glassa sulla torta? È lavorare con un manipolo di donne toste» Foto Dennis Leupold Testo Cristina Manfredi Styling e Produzione Ilaria Niccolini


Cover story

in apertura

SALVATORE FERRAGAMO_Lunga cappa di pelle. Orecchini con diamanti, Bulgari Alta Gioielleria. Cuissardes, Collini Milano.

in queste pagine

PRADA_Blazer di panno double con frange applicate sulle maniche. Bustier, La Perla. Cuissardes di vernice, Giuseppe Zanotti.

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È

molto più che una cantante Christina Aguilera. Newyorkese e baby diva del Mickey Mouse Club, insieme a Britney Spears, Justin Timberlake e an osling, agli inizi degli anni ʼ 0 il mondo scopre la sua voce nel 1 quando viene scelta per cantare “ eflectionˮ, una delle canzoni portanti del cartone animato “Mulanˮ, di cui appena uscito il remake in versione cinematografica. Il successo le piomba addosso con il primo singolo “ enie in a Bottleˮ, incalzato da altre hit come “Beautifulˮ, “Ain’t no ther Manˮ, “Cand manˮ. da collaborazioni epocali, a cominciare dalla cover di “Lady Marmaladeˮ per il film “Moulin ougeˮ insieme a il’ im, M a e Pink, passando per “Mo-

ves like aggerˮ con i Maroon e l’interpretazione in “Burlesqueˮ insieme a Cher. La vera grandezza di Christina trascende però anche la sua voce portentosa, perché riuscita dove falliscono in molti. a trovato il suo equilibrio, una luminosa forza interiore con cui ha fronteggiato chi voleva imporle una fisicità asciutta e stereotipata, minacciando una popolarità in picchiata se il pubblico l’avesse vista più in carne. «Io a dieta non mi ci metto, fatevene una ragione. Mi vado bene così», ha risposto. Un no di risonanza mondiale, un gran bel colpo assestato alla muraglia di pregiudizi su come una donna dovrebbe apparire. LʼOfficiel Italia: Com è stato reinterpretare oggi eflection ?

Christina Aguilera: Riprendere la canzone che ha dato il via a tutta la mia carriera stato come chiudere un meraviglioso cerchio. La prima volta che la registrai non avevo idea dei traguardi che avrei raggiunto in più di vent’anni di carriera. ggi sono madre, una donna realizzata, vivo una diversa condizione di scoperta del mio sé, di crescita e di definizione di nuovi obiettivi. LOI: Com è evoluta la tua voce negli anni? CA a mia missione quella di sfidare me stessa e il mio strumento. o un gusto molto eclettico da cui mi lascio guidare nell’esplorazione di stili e generi diversi, ciascuno con un intricato processo creativo. Mi hanno sempre affascinato le diverse sfumature, le consistenze e i suoni scaturiti


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dalla potenza o dalla tenerezza della voce. Con la voce puoi evocare tutta una serie di emozioni, impossibili da trasmettere con il solo parlare. Sono profondamente legata al blues e al soul, perché hanno un modo puro e sincero di trasmettere le sofferenze e gioie della mia infanzia caotica (Christina stata testimone delle ripetute violenze del padre Fausto nei confronti della madre Shelly Loraine Fidler, nda). Quella musica era autentica, riusciva a capirmi, prima ancora che io imparassi a comprendere me stessa. Col tempo, ho affinato le capacità, il mio strumento per scavare dentro quella verità. Le maschere non fanno per me, ho combattuto per non dovermi nascondere dietro un’immagine che qualcuno ritene-

va ideale. Una cantante ha bisogno di restare in contatto con le proprie emozioni, cantare significa continuare a evolvere, a crescere. a mia voce un dono e non l’ho mai presa alla leggera, mi impegno a condividerla con consapevolezza. LOI: li artisti non amano riascoltarsi... CA: Mi ci vuole del tempo prima di sentire una mia performance. Sul palco, mi calo del tutto nell’esibizione, canto di pancia. A volte non sai bene cosa salterà fuori, ti devi fidare delle sensazioni che provi e lasciarle emergere. I capolavori possono nascere da qualcosa di non del tutto impeccabile e fa paura esporsi tanto, ma non saprei fare altrimenti. Abbraccio la follia del momento. LOI: e dovessi descriverti attraverso

i tuoi pe i, quali sceglieresti? CA ’album “Bionicˮ mi rappresenta molto. Se entriamo in un ambito più sentimentale e vulnerabile, direi la canzone “I Amˮ. Tutto il disco riassume bene il mio modo di vedere la vita, ricco di sperimentazioni vocali che mi sono divertita a esplorare. LOI: eautiful è ancora oggi un pe o potentissimo. Quando reali asti la for a di quel brano? CA: Il giorno in cui mi ritrovai in studio con l’autrice del brano inda Perr ero emotivamente provata. ei si seduta al piano, si messa a suonare l’attacco e allʼistante mi sono sentita legata a quella canzone, ho capito che l’avrei cantata per tutta



Cover story

BOTTEGA VENETA_Abiti di cotone sovrapposti con frange. Veletta, Elie Saab. Anello "Bvlgari collezione serpenti" in oro bianco con diamanti, Bulgari. Guanti di pelle, Merola.

la vita. Credevo nel messaggio e il fatto di condividerlo con il mondo, anche se mi rendeva vulnerabile, il vero motivo per cui io canto. Voglio connettermi con gli altri, essere una fonte di ispirazione, dare agli altri una voce a cui poter associare un proprio significato, magari usando la musica come una terapia, come ho fatto io. Riuscire a fronteggiare le delusioni e le insicurezze diventa una forza, quando decidi di trasformare il tutto nel tuo super potere. LOI: Che cos è per te la belle a oggi? CA gnuno di noi un individuo a s e la gente ti giudica in base alle tue differenze, a ciò che ti rende unico, particolare. Devi accettare quella bellezza e al diavolo tutto il resto. La vera bellezza per me l’abilità di conoscerti e proiettare ci che sei in una luce inconfondibile. Non sempre carina, lontana dalla perfezione, però pura. LOI: a chi ancora non ci riesce, che consiglio daresti? CA: Siate gentili con voi stessi. Siamo tutti in cammino sul sentiero della ricerca interiore, il nostro lavoro di esseri umani e ognuno segue un percorso differente, perciò non ha senso fare paragoni. “Nuota nella tua corsia. Se perdi tempo a guardare oltre la tua spalla per vedere cosa fanno gli altri, la perdi di vista”, il miglior con-

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in queste pagine

MAX MARA_Lungo cappotto doppiopetto di lana e cashmere. Catsuit, personale. Collier "Bvlgari collezione Serpenti" in oro bianco con ac uamarina, zaffiri e diamanti, Bulgari Alta Gioielleria. Cuissardes, Giuseppe Zanotti.

siglio che mi sia stato dato. Proviamo ad ascoltare le cose che ci risuonano dentro. Ci vuole tempo per superare il rumore e arrivare a percepirsi davvero. Concediamoci di essere ciò che siamo. Mi sono spesso scontrata con le mie ansie e con l’essere ipercritica verso me stessa, ma non ho mai smesso di cercare nuovi modi di spingermi oltre, senza tralasciare di proteggermi. LOI: Alcune delle tue perfomance sono diventate leggendarie. Cosa ricordi della versione di Lad armalade ? CA Per me stato un punto di svolta, ho sentito che stavo prendendo il controllo del mio potere personale. o cantato sen-

za paura e infischiandomene dei limiti e di cosa avrebbe pensato la gente. Sono stata teatrale, sopra le righe e ho intrapreso il viaggio marcando io la rotta. o fatto vedere di cosa ero capace, come donna, come artista. poi lavorare con un manipolo di donne toste stata la glassa sulla torta. LOI: dello show indimenticabile con ritne pears e adonna? CA uanto mi sono divertita, stato un grande momento di pop-culture cantare “ ike a irginˮ con la mia amica d’infanzia Britney e con Madonna, ne andrò per sempre fiera. LOI: Che effetto ti ha fatto invece esi-

birti con i olling tones? CA: Stare sul palco con Mick Jagger ha qualcosa di epico, resta uno dei miei duetti preferiti di sempre. ui elettrico quando canta, ho capito perch una leggenda. A un certo punto mi ha afferrata da dietro e mi ha spinta in avanti, una sensazione scioccante ed eccitante allo stesso tempo. LOI: Qual è l insegnamento più importante che cerchi di trasmettere ai tuoi figli, a Liron e ummer ain? Voglio che si sentano sicuri, protetti, liberi di esprimersi. Li ascolto, li supporto e li rispetto nel loro percorso di definizione di sé. Nel farlo, credo di trasmettere


Cover story

VALENTINO_Cappotto ricamato all over di micro paillettes in Techno Tricotine, top di micro paillettes. Collana "Bvlgari collezione Cinemagia" in oro bianco con diamanti e onice, Bulgari Alta Gioielleria. Catsuit, Commune Bonum. Hair stylist: Sami Knight. Make up artist: Etienne Ortega. Assistenti fotografi: Tommy Blanco e Winston Kingstro. Digital operator: Kevin Leupold. Production: FTL Moda e CORY COUTURE.

94 loro anche un senso di compassione e la capacità di comprendere gli altri, al di là di ciò che emerge in superficie. LOI: Come reagiscono quando ti vedono on stage? Sono super attenti, si vede che assorbono tutto quello che vedono, che digeriscono i miei diversi ruoli e come il pubblico reagisce e si unisce, attraverso la mia musica e la mia voce. Quando siamo insieme, tutto gira intorno a loro, sono il mio mondo, ma devono rispettare il fatto che la mamma deve lavorare, perché si va in scena. LOI: Cosa ti rende felice oggi? CA: La vicinanza della mia famiglia, le nuove esperienze, la scoperta di posti non conosciuti e il vedere le cose attraverso gli occhi dei miei bambini. Amo guardarli mentre dormono pacifici, mi piace prendermi cura di me, farmi un bel bagno immersa nella schiuma, ricevere massaggi. poi ci sono gli amici, il buon vino e le risate, le nuotate notturne, il Giappone con i ciliegi in fiore. Sono felice quando raggiungo un obiettivo, quando prendo coscienza di qualcosa di me che ancora non sapevo e quando divento una fonte di ispirazione per gli altri. se mi chiedi che cosa mi aspetto dal futuro, ti rispondo che per me il meglio deve ancora arrivare.



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THE NOW

ELODIE «Il mio vissuto è il bagaglio più importante che ho... E lo difendo». Regina della scena musicale con “This is Elodie”, la cantante si racconta. «Credo che la bellezza dovrebbe essere più spontanea, dovremmo essere tante e diverse» Foto Alberto Zanetti Testo Silvia Frau Styling Ramona Tabita



Cover story

in apertura

PHILOSOPHY DI LORENZO SERAFINI_Abito di velluto stampato con frange e stivali.

MIU MIU_Body di maglia con ricami e zip centrale.

nelle pagine successive da sinistra

PRADA_Giacca di lana e cintura di pelle. BOTTEGA VENETA_ Abito di paillettes.

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e la musica è un modo per evadere la sua, in questa strana estate, ha portato un momento di necessaria leggerezza. Elodie, interprete romana, che ha incantato con la sua presenza il Lido in occasione della 77ma Mostra del Cinema di Venezia, continua ad essere la protagonista della scena musicale italiana. Il singolo “ uaranàˮ disco d’oro con 16 milioni di stream e 19 milioni di views; quarto singolo consecutivo al primo posto nella classifica airpla arone dopo “Pensare Maleˮ, disco di platino, “Margaritaˮ feat Marracash , doppio disco di platino e “Andromedaˮ, disco d’oro, presentato durante la 70ma edizione di Sanremo , tutti contenuti nel suo ultimo progetto discografico: “This is lodieˮ. d l’unica artista donna presente nella Top200 Italia di Spotyfy con tre brani ai già citati “Margheritaˮ e “ uaranàˮ si aggiunge infatti il featuring in “Cicloneˮ di Takagi e etra, anch’esso disco d’oro. La sua storia è ormai nota: nata da una coppia mista, mamma creaola della Guadalupa (parte dei territori d’ ltremare francese e padre ita-

liano musicista di strada, è cresciuta in una periferia degradata romana, prima di affrontare la scuola di “Amiciˮ e raggiungere il successo. Oggi vive a Milano, città dove è stato scattato questo servizio. L’Officiel Italia: In queste pagine sembri ritratta in un luogo esotico, distante da quello dove siamo... Elodie: È vero siamo alla periferia di Milano, in un posto dove non ero mai stata, sembra quasi di essere in Africa. LOI: Ci sono stati momenti della tua vita in cui hai trasformato la realtà nella quale ti trovavi in un posto immaginario? E: Sai? Non ci avevo mai riflettuto, ma credo proprio di sì. Sono una persona molto pragmatica ma anche fantasiosa, legata alle immagini, mi piace portarmi in altri luoghi è un modo per rilassarsi. Anche se sono molto legata alla realtà. LOI: E per sfuggire da situazioni difficili (penso a quando eri più giovane)? E: No, il mio modo di sfuggirle è dimenticare, non so se è giusto, ma è così. LOI: Quanto è importante che i testi che interpreti siano vicini al tuo modo

d’essere/a quello che senti? E: Sono un’interprete, non ho questa esigenza (nel mentre si sentono alcuni rumori, l’attenzione di Elodie si sposta per alcuni secondi «Amore, se stai qui mi distrai » . Il mio lavoro, riprende a parlare, sorridendo questo. poi sono molto empatica, posso anche raccontare quello che non è inerente alla mia vita e a quanto ho vissuto. LOI: C’è una canzone che senti essere più “tua”? E: Andromeda (testi Mahmood e Dardust, nda , scritta proprio per me, da un amico che mi conosce molto bene. Una canzone che parla di me. LOI: Cosa vuol dire, invece, interpretare la moda? Ti piace, t’interessa, hai degli stilisti che segui? E: Mi piace la moda, mi dà la possibilità di sentirmi bella e mi aiuta a caratterizzarmi. Ultimamente sto vestendo molto Versace, l’ho sognato fin da quando ero piccola, perché la sua è una donna strong, imperativa. Mi piace sentirmi forte, il vestito così diventa quasi un’armatura, mi sento come una amazzone...


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Cover story

nelle pagine predenti da sinistra

VERSACE_Top asimmetrico di ecopelle. JW ANDERSON_ Lungo abito di lana con scollo drappeggiato. Scarpe di pelle metallizzata, Prada.

ALEXANDER McQUEEN_Abito monospalla di seta, orecchini e collana tribale. Hair stylist e Make up artist: Ginevra Pierin. Assistenti fotografo: Chiara Quadri e Antonio Ordan. Assistente stylist: Giulia Cova.

104 almeno in questo momento. LOI: Qual è invece il tuo rapporto con la bellezza? E: La bellezza è carattere, è particolarità, dettaglio. Ora rincorriamo spesso degli stereotipi, sempre più sessualizzati, con corpi sempre più vicini all’immagine che vorrebbe un uomo (non voglio però, dicendo questo, fare di tutta l’erba un fascio . Credo che la bellezza dovrebbe essere più spontanea, dovremmo essere tante e diverse. Non sempre in cerca di approvazione ma con l’accettazione del difetto, della particolarità. Ora invece si ricorre alla chirurgia estetica… Al contrario penso che la moda stia cercando donne differenti, di carattere, che raccontino una storia. LOI: Si parla tanto di inclusività… E: Credo che chi è abituato alla vera bellezza, come il mondo del cinema e quello della moda, vede quanto sta succedendo e necessita di prendere una posizione. Per questo credo che non sia una parola abusata, semplicemente che, in alcuni ambienti, si senta il bisogno di dirlo a voce più alta. LOI: Sembri avere un carattere molto forte. Quanto ti è servito l’aver do-

vuto lottare nella vita? A posteriori hai mai pensato che cose che in passato avevi valutato come negative poi ti siano servite? E: Si, probabilmente se avessi avuto un altro tipo di storia, sarei stata meno attrezzata, ma questo non lo saprò mai. Tutto quello che ho vissuto lo voglio ricordare, voglio rimanere spontanea, vicina a quello che sono stata, ho paura di cambiarmi, di perdere lo sguardo della bambina che ero. Il mio vissuto è il bagaglio più importante che ho, lo difendo. LOI: Nelle interviste spesso dici che stai lavorando tanto. Quanto serve la regola, l’impegno, lo studio nella tua professione? ide Anche se sono un po’ disordinata faccio sempre delle cose e mi impegno tanto; bisogna dedicare al proprio lavoro – per lavoro intendo anche fare introspezione – tanto tempo, anche se ognuno di noi lo fa in modo diverso. Il lavoro deve essere amato, e io amo il mio lavoro, amo le persone con cui lavoro, diventa quindi anche una questione di rispetto. LOI: Questo numero è in edicola dopo Heroes, il concerto a sostegno dei la-

voratori della musica a cui partecipi. Quanto è importante appoggiare la categoria in questo momento? E: C’è una credenza strana sul mondo dello spettacolo, come se fossimo gente che lavora poco. Inoltre non ci sono solo gli artisti, che sono l’ultima parte, ci sono tante persone che lavorano 8, 10, 12 ore al giorno, che non sono meno importanti e che hanno famiglie da mantenere. LOI: Come è andata l’estate? E: Ci sono stati buoni risultati, ed è importante, però siamo tutti un po’ tesi e non riesco a gioirne troppo. Dobbiamo capire dove stiamo andando. Vorrei vedere la fine di tutto questo. Intanto, continuo a fare musica, è importante lavorare, mi dà la possibilità di sentirmi utile. LOI: Nella tua carriera hai avuto importanti feat, con chi ti piacerebbe condividere progetti in futuro? E: Le collaborazioni dipendono molto dal momento, devono esserci le giuste condizioni, continuerò a farne altre, credo anzi siano state molto importanti per me. E spero di lavorare di nuovo con alcune persone con cui ho già collaborato. Anche se per ora preferisco tenermi, e non fare nessun nome.



THE NOW

KAT GRAHAM

«Ci sono label che amo, ma se le donne di colore non sono rappresentate, smetto di indossare il brand». Votata al women empowerment, volontaria per la UNHCR e dedita alla meditazione, l’attrice parla di moda, bellezza e (soprattutto) di inclusione Foto Filip Koludrovic Testo Giorgia Cantarini Styling Marco de Lucia



Cover story

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ttrice, ballerina, cantante, Kat Graham è in prima linea per la difesa delle donne, volontaria per le missioni dell’agenzia internazionale per i rifugiati e dedita della meditazione. E una passione per la moda che abbraccia le Maison più blasonate e quelle emergenti. Con un occhio particolare alla sostenibilità, Kat è infatti executive producer di un documentario sulla moda che opera per salvaguardare il pianeta. In questo a tu per tu, si capisce che ne è passato di tempo dal set di “The Vampire Diaries”. Kat ci tiene a dire che ha scelto progetti cinematografici di differenti livelli, dai più impegnati ai più leggeri. “Cut Throat City” di RZA, con Ethan Hawke e Wesley Snipes, racconta la storia di una rapina a New Orleans dopo l’uragano Katrina. E recita anche nel dramma d’epoca di Mark Amin “Emperor”, che segue la vera storia di Shields Green, uno schiavo in fuga sullo sfondo della guerra civile. Oltre all’imminente “Operation: Christmas Drop” di Netflix previsto per novembre 2020, dove Kat è un funzionario del Congresso, ha partecipato come voce di April O’Neil ne “Il destino delle Tartarughe Ninja” e sfoggerà la sua vena comica anche nel film di accompagnamento in uscita per il 2021 su Netflix. L’Officiel Italia: Cosa ne pensi della bellezza in questi tempi? Cosa vuol dire essere considerate belle? Kat Graham: Ho un pubblico molto vasto e giovane e dico sempre loro: seguite il vostro viaggio e il vostro percorso con grazia e date importanza a ciò che conta per voi, ecco cosa è bello. Credo che il vero bello provenga da dentro e si rifletta nel nostro aspetto, essere attraenti è invece la manifestazione esterna della tua anima, e penso che sia importante che noi, nella moda, lo esprimiamo. Ad esempio, come donna di colore, mi è stato detto spesso che i miei capelli erano un problema: dovevano ap-

parire in un certo modo, perché altrimenti non andavano bene, non erano piacevoli da guardare; ma guardali adesso! In questo servizio fotografico sono liberi e al naturale, come dovrebbero essere. È importante capire che si tratta di celebrare le nostre peculiarità e tutti i tuoi piccoli dettagli, che spesso sono considerati difetti. Non compromettere chi sei veramente solo per conformarti a vecchi standard ormai in disuso. LOI: Quali progressi sono stati fatti nel corso degli anni per la definizione di un nuovo concetto di bellezza? KG: Penso che sia difficile dire cosa sia cambiato di più nel settore della moda, sicuramente in termini d’inclusione e diversità ci sono stati dei grossi passi avanti. Parlando specificamente dell’essere afro-americani, in questi anni soprattutto con il movimento Black Lives Matter e quello che sta succedendo qui negli USA proprio ora e a livello internazionale, ha iniziato a cambiare il modo in cui le persone vedono le discriminazioni e la tolleranza. Si tratta di un processo educativo che deve andare avanti su tutta la linea. Dobbiamo chiederci perché ci sono solo pochi profili LGBTQ rappresentati, così come quelli di persone con disabilità. Non bisogna celebrare diversi tipi di bellezza ma i diversi tipi di persone. Se iniziamo a cambiare questa concezione, una ragazza che ha difficoltà fisiche, o una ragazza che non ha lo stesso colore della pelle della maggior parte delle modelle immortalate sui magazine, imparerà ad apprezzarsi di più. LOI: Quanto è difficile essere donna, di colore e attrice a Hollywood? Si parla spesso di discriminazione e ineguaglianza di compensi. KG: Sfortunatamente, è qualcosa che ho dovuto affrontare nella mia carriera. Ci sono stati momenti in cui ero l’unica persona di colore in un cast e sono stata trattata in modo diverso sia a telecamere accese

in apertura, da sinistra

BLAZÉ_Blazer doppiopetto. FILA_Maglione a collo alto e gonna in panno di lana. Fashion research by luisaviaroma.com.


in alto

in basso

SALVATORE FERRAGAMO_Cappa lineare in cashmere e lana dal taglio a vestaglia, con cintura di pelle in vita.

DIOR_Giacca in pelle, camicia in popeline di cotone, gonna a pieghe con stampa astratta, cintura con fibbia monogram e stivaletti.

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Cover story

in alto

in basso

FILA_Giacca in piuma d'oca con chiusura a fibbia. Hair and Make up: lisa Rampi. Production: Federica Fragnoli @ luisaviaroma.com

BOTTEGA VENETA_Abito in maglia con cintura in pelle intrecciata. Special thanks to Cristiana Canosa & Alberta Carafa @ Comune di Ortona (CH).


che spente. È una sfida a Hollywood, stiamo ancora lottando per la parità di retribuzione e l’unica soluzione è continuare a denunciarlo e incoraggiare la diversità anche nei team degli sceneggiatori, dei registi e dei dirigenti delle majors. Fondamentale anche che ogni qualvolta ci sia una storia che ha un punto di vista femminile sia una donna a raccontare quella storia. LOI: Durante la quarantena hai usato i tuoi social per parlare di mental health con l’aiuto della meditazione. Raccontaci perché. KG: Ho sempre fatto meditazione, ma sono rimasta stupita di come, durante la quarantena, sia stata utile non solo per me, ma anche per il mio pubblico. Dopo aver ricevuto una serie di messaggi soprattutto di ragazze giovani, che stavano affrontando un momento difficile della loro vita, ho deciso di creare un gruppo di benessere incentrato su questi argomenti: Modern Nirvana. La salute mentale è stigmatizzata e anche il modo in cui se ne parla è spesso sbagliato. La meditazione aiuta rendendoti consapevole del tuo valore. In quarantena mi sono messa a disposizione, come coach certificato, e una volta alla settimana ho fissato una Zoom call internazionale con 10 persone in tutto il mondo, provenienti da diversi Paesi scelti tra i miei follower. Una telefonata molto privata per parlare dei nostri sentimenti e della salute mentale. LOI: Che ruolo ha la moda oggi? Quale il tuo rapporto? KG: Ci sono label che amo, ma se mi rendo conto che le donne di colore non sono rappresentate smetto di indossare quel brand. Sono un grande fan di Maria Grazia Chiuri ma c’è una ragione dietro il mio amore per Dior, non si limita a rappresentare un solo tipo di donna, non cerca di rendere le donne di colore tutto ciò che non siamo. LOI: Parli spesso di quanto ami l’Italia, cosa rende così speciale il tuo

rapporto con il nostro Paese? KG: Sono nata in Svizzera e, anche se sono cresciuta in America, ho un legame forte con l’Europa e l’Italia. Cultura, arte, moda, voglio assorbire tutto. Il mio Fashion Director, e gran parte del team, è italiano: il suo spirito e la sua energia sono fondamentali. Collaborando con l’UNHCR in Svizzera, vorrei poter venire più spesso e stabilirmi per qualche mese nel vostro Paese. LOI: Appoggi anche marchi sostenibili ed emergenti? KG: Sto lavorando a un documentario chiamato “Fashionhood” diretto da Luke O’ Sullivan di cui sono Executive Producer nel quale si parla proprio di sostenibilità, raccontando storie di persone che in questo settore s’impegnano a fare la differenza per il bene del pianeta. L’anno scorso ho collaborato con il designer Christopher John Rogers per realizzare un abito fatto di tessuti riciclati. Se le persone inquinassero meno con i loro comportamenti e le aziende usassero tessuti sostenibili, con meno chimica, sarebbe una svolta. C’è molto spazio per educare noi stessi e supportare i piccoli marchi che hanno a cuore questi argomenti e il nostro mondo. LOI: I tuoi progetti per il futuro? KG: Sono una donna votata al women empowerment e parlo apertamente di temi importanti e profondi come in “Emperor” e “Cut Throat city“, ma ho anche un lato goliardico che traspare quando impersono April O’Neil (con tanto di parrucca viola!) nella serie sulle tartarughe Ninja. Mi sento fiera che gli sceneggiatori abbiano scelto una protagonista di colore come amica delle tartarughe. E ancor di più di partecipare per UNCHR ad altre missioni umanitarie dopo quelle in Siria, Guatemala, Somalia, Uganda, Etiopia. LOI: La tua tartaruga Ninja preferita? Michelangelo, ovviamente! (Traduzione a cura di Margherita Meda)

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FALL

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2020

MODA

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THE CREW_Karmen Pedaru, Paul Empson, June Nakamoto, Vaquel Tyies, Kristin Zakala, Mae Lapres, Kari, DOMEN & VAN DE VELDE, Pablo Patanè, Nana Ouyang, Yu

Cong, Gaultier Desandre Navarre, Sam Rollinson, Carla Guler, Anna Waz, Jasmine Tookes, Greg Lotus, Danny Santiago, Eleonora Pezzoni, Lorenzo Marcucci, Giulio Martinelli.


Fashion

ONE NIGHT IN PARIS Tra le luci della Ville Lumière, Karmen Pedaru evoca il fascino à la française degli scatti più iconici di Helmut Newton. Tra le stanze del rinnovato Hôtel de Crillon e i Quai de la Seine, sotto lo sguardo della Tour Eiffel Foto Paul Empson Styling June Nakamoto



Fashion

in apertura

SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO_Blazer strutturato, camicia a stampa leopardo, leggings di vinile e mules con fibbia gioiello. Occhiali da sole, Celine.

GUCCI_Mini abito di satin con profili a contrasto, cappello, guanti, collana e scarpe di pelle. Reggicalze e calze velate, Falke. Super model: Karmen Pedaru @ Next Paris.

DOLCE & GABBANA_Abito a rete con applicazioni di maglia crochet, orecchini, bustier di satin, culotte e scarpe. Calze velate, Falke. Location: HĂ´tel de Crillon, Paris.




Fashion

CHANEL_Top e shorts di tweed, spilla e cintura gioiello, collant con logo ricamato all over. Scarpe, Christian Louboutin.

PRADA_Cappotto di montone, cintura di pelle e gonna di panno double con spacco. Reggicalze e collant, La Perla.


Fashion

LOUIS VUITTON_Abito di pelle con cut out. Bijoux, Tania Zerdok; stivali, Isabel Marant.

ISABEL MARANT_Mini abito monospalla e boots con borchie. Orecchini, Pro ect.




Fashion

BURBERRY_Tuta con giacca destrutturata e scarpe a stampa check all over. Basco di lana, BenoĂŽt Missolin. Hair stylist: Paolo Ferreira using Leonor --Greyl Serum de Soie.

BALMAIN_Top di pelle con collo intrecciato e pantaloni. Make up artist: Christina Lutz @ B-Agency. Assistenti fotografi: Jalen James e NominoĂŤ Queinnec. Assistente stylist: Vera Kloo.


Fashion

ALBERTA FERRETTI_Blazer e pantaloni di pelle, top con collo a ruches, cintura di metallo e stivali di suede. Occhiali da sole, Celine. Bi ou , Tania Zerdok.

FENDI_Cappotto di pelle con spalle strutturate. Reggiseno, culotte, reggicalze e gonna di tulle, La Perla; sandali con cinturino alla caviglia, Christian Louboutin.



Fashion

UNITED COLORS OF MODERN BEAUTY Ritratti dalle cromie accecanti e intense, ispirati alle opere pittoriche di Andy Warhol e ai suoi portrait seriali dagli sfondi gridati. Per dipingere una bellezza globale, vestita seguendo un dialogo tra opposti

Foto DOMEN & VAN DE VELDE Styling Pablo PatanĂŠ




in apertura

VERSACE_Abito argento di metal mesh con dettagli di crystal mesh e spalline imbottite. Modella: Vaquel Tyies @ Nologomanagement.

8 MONCLER RICHARD QUINN_Trench, leggings e pumps a stampa floreale. Orecchini Versace. Model: Kristin Zakala @ Fabbrica Milano.

THOM BROWNE_Giacca sartoriale, camicia dal taglio maschile e foulard. Cappello, Bonfilio. Model: Mae Lapres @ d'managementgroup.


ALBERTA FERRETTI_Abito di seta con ampie maniche. Cintura, Elie Saab. Gonna, Ashi Studio.

MAX MARA_Camicia di organza con rouches e pantaloni di panno di lana e cashmere.




ZUHAIR MURAD_Tuxedo di paillettes con revers di raso. Model: Kari @ Next Models Milano. Hair stylist: Joeri Rouffa. Make up artist: Fausto Cavaleri using Guerlain. Casting director: Giusy Natale. Production Passepartout4U. Assistenti fotografi: Annelien Geenen e Marvis Chan.

N°21 BY ALESSANDRO DELL'ACQUA_Abito di paillettes. Clutch, Iris Noble. Assistente hair: Nicole Poede. Assistenti make up: Nicolò Iovino, Giuseppe Paladino, Simone Piacenti, Simone Gammino e Antonio Navoni. Assistenti stylist: Lisa Tedeschini e Yasmin Maiara Leite de Melo.



Fashion

SWIMMING COOL Una piscina surrealista immersa in un asettico bianco siderale. Palcoscenico su cui l’attrice, musicista e pop star cinese Nana Ouyang diventa protagonista di un racconto ispirato ai paesaggi fantastici di de Chirico Foto Yu Cong Styling Gaultier Desandre Navarre


in apertura

LOUIS VUITTON_Bikini top a stampa "LV Escale", bracciali e anelli "LV Volt". Pantaloni con cintura, Calvin Luo. Stivali in pelle, Belle. In tutto il servizio foulard, Shuxuan G.

MIU MIU_Gonna di denim con applicazione di cristalli. Giacca senza collo, Shushu/Tong. Stivaletti di vernice, Roger Vivier. Borsa a bauletto, A.Cloud. Talent: Nana Ouyang.

VALENTINO_Top a collo alto completamente ricamato di paillettes. Giacca bolero di fresco di lana, Calvin Luo. Leggings, St&Sat. Anfibi di pelle, Let's Diet.




LOUIS VUITTON_Giacca a quadri con sciarpa ricamata, pantalone di tessuto tecnico e scarpe metallizzate. Costume da bagno, Shuxuan G.

LANVIN_Giacca di lana e gonna di tweed. Orecchini, Roger Vivier. Guanti, Shuting Qiu. Executive producer: Elliott Foote.


AIGLE X KOCHÉ_Top con maniche di pizzo e pantaloni. Collana di perline, Pronounce X Undetected. Bracciale e anello, Mingr. Assistente fotografo: Zhang Jun. Retouch: Color Lab.

JIL SANDER_Gilet di lana jacquard. Cappello, Laurence & Chico. Hair stylist: He Zhiguo. Make up artist: Xin Miao. Set design: JXXX. Location: Shangai. Local Production: Jessica Chen & Xu.



Fashion

LIKE A GIANT DOLL


Foto Carla Guler Styling Anna Waz

Abiti frou frou, ruches ed esplosioni di tulle. Sam Rollinson, come una moderna Alice in Wonderland, gioca con proporzioni e volumi over, nuances pastello e colori primari


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in apertura da sinistra

PRADA_ Giacca di gabardine re-nylon, cintura "Prada Vanity" di saffiano e stivali abito, Atelier Zuhra. BALMAIN_ Abito con ma i ruches.

FENDI_Pull di lana a collo alto e stivali di neoprene abito a frange, Bottega Veneta orecchini di metallo, Louis Vuitton.

TOGA_Giacca di seta con lavorazione ruches con collo a ma i fiocco. Model: Sam Rollinson @ Select Model Management.


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ALEXANDER McQUEEN_Abito di popeline di cotone con strascico, bandoliera e cuissardes cerchietto, Prada.

GIAMBATTISTA VALLI_Abito e headpiece. Hair stylist: Brady Lea @ Premier Hair & Makeup using Olaple . Make up artist: Maria Asadi.


Fashion

VINTAGE MANIA VS SEASON MUST-HAVE A conversation about fashion, tra le architetture lineari di LA. Collezioni di brand storici versus hot pieces dalle passerelle internazionali. Indossati da Jasmine Tookes, in un dialogo di seduzione crepuscolare Foto Greg Lotus Styling Danny Santiago



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in apertura

TOM FORD_Abito di tulle stretch ricamato. In tutto il servizio: scarpe, Christian Louboutin.

DOLCE & GABBANA_Cappotto vintage di paillettes con frange e bottoni gioiello.

OSCAR de la ReNTa_Gonna con inserti di piume. Guanti, Valentino Garavani. Top, personale.



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ROBERTO CAVALLI_Costume e cappa vintage. Super model: Jasmine Tookes @ The Lions NY. Hair stylist: Elsa. Make up artist: Fidel Gonzalez @ Opus Beauty. Producer: Daniele Carettoni.

AUGUSTO MANZANARES_Body ricamato. Cintura corsetto, Saint Laurent by Anthony Vaccarello. Retouching: Lara Chrome. Assistente stylist: Alexa Safran.



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GIVENCHY_Body e giacca vintage. Guanti di pelle, Valentino Garavani.

ERES_Costume intero. Stola con ruches architettoniche, Alberta Ferretti.



Fashion

WHEN COUNTRY MEETS PUNK Sex Pistols attitude e campagna inglese. Atmosfere underground e suggestioni bucoliche. In un vortice di carrĂŠ scozzesi e latex, dark leather, catene metalliche e combat boots. God save the now punk Foto Lorenzo Marcucci Styling Giulio Martinelli



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in apertura

ETRO_Giacca da smoking e pantaloni sartoriali di lana tartan. Body di lattice, FBLD. Nastro MSGM. Anfibi Dr. Martens Bas uiat.

a sinistra

STELLA McCARTNEY_Abito di viscosa a stampa quadri e stivali "Emilie" in eco alter nappa.

a destra

ROY ROGER'S_Giacca di lana check. Body e gonna late , FBLD. Anfibi Dr. Martens Bas uiat.

MSGM_Trench in eco pelle stampa struzzo, camicia di cotone stampato, minigonna di paillettes e foulard di seta a pois. Body e gonna di late , FBLD.

GUCCI_Cappotto di lana a quadri con bottoni di velluto, harness di pelle, calzini di lana e scarpe con cinturino.



MIU MIU_Cardigan e abito di lana jacquard, borsa "Miu Belle" in pelle matelassĂŠ. In tutto il servizio anelli, Ale ander Mc ueen. Collant a rete, Calzedonia

LOUIS VUITTON_Cappa di pelle su abito di lana con motivo monogram, borsa "Mini Capucines" e scarpe "LV Beaubourg" di pelle.

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a sinistra

ALEXANDER McQUEEN_Cappotto sartoriale a quadri in principe di Galles con pannelli a contrasto di seta di lana.

a destra

VERSACE_Body di cotone minigonna di cady di seta.

stampato

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MAISON MARGIELA_Cappotto doppiopetto di flanella a uadri con maniche in fodera di twill, gonna di chiffon doppiato di tulle e guanti di pelle. Sneakers con tacco Maison Margiela Reebok.

DOLCE & GABBANA_Tuta di lana elasticizzata con bavero incrociato, canotta di cotone a coste, borsa con cintura di metallo e boots di pelle.



SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO_Body di lattice, gonna di lana a quadri, cintura corsetto di vernice e cuissardes. Model: Eleonora Pezzoni @ Special Management.

HERMĂˆS_Cardigan di seta a costine, gonna kilt di pelle con inserti di lana tartan e bauletto di pelle. Anfibi Dr. Martens Bas uiat. Hair stylist: Chiara Bussei using Tigi, make up artist: Riccardo Morandin using Make Up For Ever entrambi @ WM-Management. Assistente fotografo: Liam Hughes. Digital operator: Lorenzo Catapano. Assistente stylist: Adele Baracco.

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2020

EXTRA

N ° 34

THE CREW_Marie-Lou Gomis, Axle Jozeph, Gaultier Desandre Navarre, Gabrielle Caunesil, Fabia Di Drusco, Paolo Musa, Fabrizio Finizza, Mélanie Thierry, Eric Guillemain, Julien Welter, Schanel Bakkouche, Pierre Hardy,

Paul Andrew, Julia Toledano, Gherardo Felloni, Jean-Étienne Prach, Edgardo Osorio, Sandra Choi, Fabio Ducci, Ruben Baghdasaryan, Leonardo Veloce, Alessandra Faja, Thom Browne, Cristina Manfredi, Emma Louise Swanson.


Fashion

THE UNIQUE ATTITUDE OF HAUTE COUTURE Il sogno dell’alta moda, in una stagione sui generis segnata da grandi assenze complice la situazione globale, si trasforma in una sinfonia bourgeois. Scandita da un daywear spettacolare e da un eveningwear semplicemente fascinoso. Punteggiati da architetture sfavillanti e da sculture di haute joaillerie Foto Axle Jozeph Styling Gaultier Desandre Navarre



CHANEL HAUTE COUTURE_Lungo cappotto di tweed ricamato con strass e bottoni gioiello, scarpe in pelle con nastri di gros-grain. Model : Marie-Lou Gomis @ The Claw.

nella pagina accanto

AZZARO COUTURE_Robe manteau di broccato interamente ricamato a mano con pizzo lurex e cristalli. Cappello "Derek" di pelle, Maison Michel. Orecchini e spilla "Vossi" in oro bianco e diamanti, Cartier Alta Gioielleria.

in apertura

CHANEL HAUTE COUTURE_Giacca/ tunica di t eed con profili a catene e ricami, stivale/pantalone di suede con ricami di camelie.



MAISON MARGIELA ARTISANAL DESIGNED BY JOHN GALLIANO_ Cappotto doppiopetto e spolverino della collezione Recicla indossati con calze termoisolanti, cappello, borsa e sandali tabi su stivali tartan tabi.

nella pagina accanto

DOLCE & GABBANA ALTA MODA_ aftano di cady ricamato con rafia e cristalli. Maxi cappello di paglia. DOLCE & GABBANA ALTA GIOIELLERIA_ Parure "Mimosa" in oro giallo con peridoti, citrini, tsavorite, diamanti, perle e smeraldi.



GIAMBATTISTA VALLI HAUTE COUTURE_Mini abito di paillettes laccate con cappa di point d'espirt e scarpe di satin.

nella pagina accanto

DIOR HAUTE COUTURE_Lungo abito di tulle drappeggiato ricamato con citazione di Marcel MariĂŤn "White and mute, dressed in the thoughts that you lend me". Maschera fatta a mano di foglie di cristalli Swarovski, BAROQCO Couture Jewelry. Bracciale "Lumiere" in oro bianco e diamanti, Van Cleef & Arpels.



ALEXANDRE VAUTHIER COUTURE_ Trench di cotone, top di chiffon e pantaloni. Collana "Zip Antique Ondée" in oro giallo, smeraldi, spinelli e diamanti; bracciale "OpArt" in oro giallo, smeraldi, lapislazzuli, onice e diamanti, Van Cleef & Arpels. Guanti Causse. Sandali, Christian Louboutin. Casting editor: Elliott Foote. nella pagina accanto

ALEXANDRE VAUTHIER COUTURE_ Giacca di gabardine con maxi spalle e spilla di cristalli a forma floreale handmade by Maison Lemarié. Collier "Sinopé" in oro bianco zaffiri, lapislazzuli e diamanti, anello "Chasselas" in platino, diamanti e lacca, Cartier Alta Gioielleria. Hair stylist: Clara Costenoble. Make up artis: Maëlys Jallali e Alexia Amzallag. Assistente fotografo: Emma Vadon. Location: Le Petit Oiseau Va Sortir Studio, Paris.



Pe o p l e

A PRIVATE CONVERSATION Ha un milione di follower su Instagram ma Gabrielle Caunesil, modella e imprenditrice, preferisce una vita lontana dai riflettori, sulle colline bolognesi. Apprezza l’eleganza di Giogio Armani e anche il suo nuovo profumo, che come lei è molto attento alla sostenibilità Testo Fabia Di Drusco Foto Paolo Musa Styling Fabrizio Finizza

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asta un’occhiata all’account Instagram di Gabrielle Caunesil per rendersi conto che, nell’ordine: 1) è molto innamorata 2) adora il mare, la Tour Eiffel e il suo cane 3) sembra felice in mezzo alla natura e particolarmente tra i campi di grano che circondano la sua casa. Ma andiamo con ordine. Nata a Parigi 28 anni fa, Gabrielle studia psicologia, viaggia in tutto il mondo facendo la modella, vive in Australia, a Londra e a New York, costruendosi una community internazionale grazie ai social utilizzati come un book del suo lavoro. «Fare la modella mi ha dato la possibilità di viaggiare, di incontrare tanta gente affascinante come il fotografo Alex Bramall, che è stato uno dei primi con cui è veramente scattata una

intesa e che è stato anche il fotografo del mio matrimonio, e Greg Swales, quello delle Kardashian, che nelle sue immagini riesce a far vibrare il colore come in un quadro. Ma con il tempo fare la modella si è rivelato estremamente limitante in termini di espressione del mio gusto». Su Instagram Gabrielle ha un milione di followers, ma non si riconosce particolarmente nel ruolo di influencer: «Mi definirei piuttosto un direttore creativo, sono una persona molto privata, non mi piace dare la mia vita in pasto al pubblico, prima di venire in Italia usavo i social media in maniera esclusivamente professionale, condividevo il mio lavoro e basta. All’inizio da voi ho trovato molto difficile gestire il gossip incalzante che mi riguar-

dava»… Già, il gossip, scatenato dalla relazione, poi matrimonio, con Riccardo Pozzoli, l’ex fidanzato di Chiara Ferragni, comunemente considerato lʼartefice della sua affermazione iniziale. «Ho incontrato Riccardo in America, non sapevo chi fosse né sapevo chi fosse Chiara Ferragni. Quindi non sono stata attratta dall’idea di poter diventare un’influencer superstar con il suo aiuto, anzi probabilmente se l’avessi saputo sarebbe stato un deterrente, non so, comunque Riccardo è l’amore della mia vita, è dolce, gentile, generoso e in fondo molto privato. Innamorandomi di lui mi sono anche innamorata dellʼItalia, sono stata io a volermi trasferire qui, a Riccardo sarebbe andato benissimo vivere in America». Qui significa sui colli



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bolognesi, scelti per la prossimità con l’azienda produttrice della linea di abbigliamento di Gabrielle, La Semaine Paris, lanciata lo scorso novembre: «Il nome del brand traduce l’idea di base, creare look per la vita di tutti i giorni. Lo considero un marchio lifestyle prima ancora che di moda, espressione della mia estetica, del mio amore per Parigi e il sud della Francia dove vive la mia famiglia, una specie di quintessenza dello stile francese, a partire da Brigitte Bardot e Catherine Deneuve, l’attrice di due film che hanno for-

mato il mio stile, “Belle de jour” e “Les Demoiselles de Rochefort”. Trovo che le donne francesi riescano a essere sensuali senza essere sfacciatamente sexy, mi piace che siano sempre leggermente imperfette, spettinate al punto giusto, sempre in bilico tra cazzutaggine e fragilità. La moda francese mi influenza in senso lato, dallo smoking di Saint Laurent allo stile di Coco Chanel, si tratta di un’interiorizzazione di una certa allure, di una certa attitude piuttosto che di citazioni specifiche. I miei valori aziendali sono

femminismo e sostenibilità, lo swimwear è realizzato in plastica dell’oceano riciclata, l’etichetta si può piantare e diventa un fiore, quest’inverno lanceremo lo sportswear sempre sostenibile, maglieria e denim sono fatti con materiale riciclato. Il denim è trattato con un lavaggio a laser e non ad acqua (particolarmente inquinante, nda), e a ogni acquisto sul sito aiutiamo la riforestazione in un villaggio del Kenya. Ho lanciato il marchio pensando di diffonderlo solo online, non ho progetti sul retail». L’outfit favorito? «Vado paz-


in apertura

Lungo abito di tessuto doppiato di chiffon ricamato, Giorgio Armani. Coperta con iniziali ricamate, personale. a sinistra

Completo di tweed e cappello, Giorgio Armani

al centro

Giacca di tessuto ricamato con colletto alla coreana, Giorgio Armani.

al destra

Tuta di denim, La Semaine Paris.

nella pagina successiva da sinistra

Giacca ricamata, Giorgio Armani; jeans, La Semaine Paris. Cardigan di lana eco sostenibile e denim, La Semaine Paris. Pantaloni di cristalli, Giorgio Armani. Hair stylist: Cinzia Bozza @ Luciano Colombo using Steampod 3.0 by L'OréalPro. Make up artist: Donatella Ferrari using Armani Beauty.

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za per il tweed, onnipresente in quello che faccio, un amore che deriva da mia nonna, la mia icona fashion in assoluto. Non si può sbagliare con una giacca di tweed, i jeans e un top». Ambassador Unicef Italia, Gabrielle è impegnata nell’iniziativa di raccolta fondi, sempre Unicef, NextGen: «Non tutti sanno che l’Unicef, nato per i bambini, lavora anche coi giovani adulti per aiutarli a trovare l’indipendenza economica, il primo progetto è stato l’implementazione di un Innovation Labs in Libano per fornire agli adolescenti siriani,

palestinesi e libanesi percorsi di apprendimento di skills digitali e imprenditoriali». Torniamo alla casa. «Volevamo provare la vita di campagna e al tempo stesso essere vicini all’azienda partner della mia linea. Appena abbiamo visto questa casa ce ne siamo innamorati, intanto per la posizione, è isolata in mezzo ai campi di grano ma in 15 minuti di macchina sei a Bologna. Adoro che in ogni stanza ci siano soffitti diversi, storici. Preferendo il vintage al moderno, ho voluto mantenere i vecchi mobili della famiglia che ce l’ha venduta.

La mia stanza favorita è il bagno, immagino che qualcuno potrebbe definirlo kitsch nella sua palette rosso e oro, ma a me fa impazzire. Di mio ho portato i libri, le candele, e un proiettore per guardare i film in giardino d’estate». Vestita da Armani al suo matrimonio e sui red carpet, Gabrielle ha con lo stilista, «una relazione personale amicale. Per me è sempre stato “il” designer italiano per antonomasia, e trovo la sua moda un’espressione di eleganza pura. Anzi, da Armani l’eleganza è una cultura aziendale, le persone hanno un’educazio-


ne rara, e credo ci sia stata molta eleganza nel suo modo di gestire l’emergenza Covid, come nel suo fare tanto, ad esempio in termini di sostenibilità, senza strillarlo continuamente. Adoro Armani Privé, i suoi abiti da sera con perle e ricami sono un sogno a occhi aperti, ma amo molto anche i pantaloni di velluto a vita alta, le giacche, sono da sempre innamorata del makeup, usavo il fondotinta Luminous Silk fin da quando facevo la modella per la sua estrema naturalezza». Logico che Gabrielle sia stata tra le prime a ricevere

il nuovo profumo Armani, My Way, lanciato a settembre. Testimonial l’attrice portoricana Adria Arjona, autori Carlos Benaim (cui dobbiamo Eternity for Men di Calvin Klein e l’Eau de Magnolia di Malle), e Bruno Jovanovic (altro favorito di Frédéric Malle, per cui ha creato il profumo ispirato a Dries Van Noten). «Detto da una che il profumo lo usa poco, solo per le occasioni speciali, My Way mi piace per la sua freschezza e il flacone, con il suo tappo blu intenso levigato come un ciottolo, mi fa pensare all’oceano».

On her way Allineati con quelli di Gabrielle Caunesil, i valori del profumo My Way: il flacone è ricaricabile e riciclabile, le materie prime derivano dal commercio equo e solidale, e sono coltivate e lavorate con metodi sostenibili. Il jus è radioso di bergamotto di Calabria e fiori d’arancio egiziani, con un cuore di tuberosa indiana, gelsomino grandiflorum e gelsomino sambac, e un fondo di vaniglia bourbon del Madagascar, cedro e muschi bianchi. L’alcol è a base vegetale, ottenuto dalla barbabietola, mentre la tuberosa di Mysore è estratta in esclusiva con un metodo di distillazione molecolare in modo da ritenerne solo alcune caratteristiche. I fiori d’arancio sono sottoposti a una tecnica di enfleurage moderno, esclusivo IFF, dove l’estrazione a freddo è effettuata con la continua infusione dei fiori in essenza di arancio amaro.




Pe o p l e

THE BEAUTY OF SHYNESS Estremamente timida tanto da apparire severamente algida, Mélanie Thierry è l’unica star femminile del nuovo film di Spike Lee, “Da 5 Bloods”. Scelta quasi per caso e trasformata in eroina di libertà e indipendenza

Foto Eric Guillemain Testo Julien Welter Styling Schanel Bakkouche


Overview

in apertura

CHANEL_Giacca di lana con ricami sulle spalle.

MIU MIU_Top di chiffon ricamato, pull di lana e spilla. Orecchini, Viltier.

CELINE BY HEDI SLIMANE_Camicia di seta, pull di lana, gonna di velluto e cuissardes di pelle. Collana "Heritage", Bulgari.

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R

itratta, fin da quando era una bambina, dall'obiettivo di Peter Lindbergh, Helmut Newton e Paolo Roversi, Mélanie Thierry quando si è presentata al casting parigino per il film di Spike Lee, “Da 5 Bloods” (Come fratelli, Netflix), sapeva che il regista, vincitore di un Oscar, stava cercando il suo opposto. vvero unʼattrice francese sulla ventina, alta, magra e decisamente con una grande carica di glamour. Si è presentata portando in dote i suoi 38 anni, il suo metro e 58 centimetri di altezza e il suo viso da bambina senza trucco. Ma anche la sensualità delle sue labbra e una carriera nel cinema, prima in Italia con Giuseppe Tornatore nella “La leggenda del pianista sull’oceano”, poi in patria ma non solo (ha lavorato anche con Terry Gilliam in “The Zero Theorem” ed è stata al fianco di Benicio del Toro

in “Perfect Day”). «Inspiegabilmente quando ho varcato la soglia dello studio ho avuto una bella sensazione. La produzione mi ha richiamato per un secondo provino e tre settimane dopo eravamo in Thailandia per le prove. Con quale miracolo ci sono riuscita? Sinceramente non lo so e ho ancora tanta paura di deludere chi mi sta intorno. Sono unʼanima timida, nonostante gli shooting e la mia carriera di attrice. In realtà questa mia timidezza non traspare. Passa per freddezza, rigidità. Mi piacerebbe sapere come si fa. Penso a Ingrid Bergman quando mandò una lettera a Roberto Rossellini, dove gli scrisse: “Non parlo italiano ma posso dire ti amo”. Capisco che le abbia risposto: “Vieni!”. Forse Spike Lee ha visto in me un lato caratteriale che si sposava perfettamente al personaggio delicatamente forte del suo film». Nella

pellicola “Da 5 Bloods”, Mélanie Thierry interpreta uno sminatore francese che si oppone allʼingombrante eredità della sua ricca famiglia di coloni in Vietnam. La sua missione entra in conflitto con quella di un gruppo di veterani afroamericani, tornati nel delta del Mekong, dove hanno combattuto nel 1968. Scoperto un Vietnam ormai globalizzato (trasferito per le riprese nel nord della Thailandia, a Chiang Mai, nda), cercano di risolvere una vecchia disputa alla loro maniera. «Il mio personaggio si chiama Hedy Bouvier, una contrazione tra Hedy Lamarr e Jacqueline Bouvier! Il nome di Bouvier viene naturale a un americano come Spike Lee. Ma nella mia testa vedo Hedy più simile a una discendente di Aurore Clément, che interpretava una proprietaria terriera francese in Indocina, tra i personaggi dellʼ“Apocal pse o ” di



ALEXANDER McQUEEN_Cappotto di pelle. Top di seta, Celine by Hedi Slimane. Collana "Heritage" Bulgari.

CELINE BY HEDI SLIMANE_Giacca doppiopetto gessata, cintura di cuoio e cuissardes. Cintura di pelle, Brunello Cucinelli. Orecchini "Heritage" Bulgari. Hair stylist: Rudy Marmet @ Call My Agent. Make up artist: Mayia Alleaume @ Calliste. Production: Margaux Huguet @ 2B Management.

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Francis Ford Coppola. “Da 5 Bloods”», ha aggiunto ancora lʼattrice francese, «usa la guerra del Vietnam per evocare il razzismo culturale negli Stati Uniti, il traffico di armi, la sopravvivenza degli ideali politici e il dissenso nella comunità nera americana. Spara letteralmente in ogni angolo e ricorda la difficile situazione dei soldati afroamericani mandati al fronte». Il Vietnam ha ricordato a Mélanie Thierry Marguerite Duras, cresciuta in Indocina, e che ha interpretato in uno dei film della sua carriera che ama maggiormente: “La douleur” di Emmanuel Finkiel. Il ruolo di Hedy Bouvier le ha anche regalato la sensazione di essere una novizia, lei che nel cast era quasi lʼunica francese e lʼunica donna bianca. «Spike ee fa una ripresa, a volte due, ma raramente tre... Sul set ognuno è responsabile del

proprio ruolo e questo è fondamentale, perché gli attori sono troppo spesso infantili. Allʼinizio questo modo di lavorare mi ha un poʼ sorpreso e turbato, ma poi mi ha mostrato quanto, dietro il mio lato eccessivamente emotivo e sensibile, possa essere nascosto un carattere più forte di quanto io stessa possa pensare. Ora capisco meglio cosa si aspetta un regista da me e mi sento più abile nellʼesprimere i sentimenti davanti alla cinepresa. A forza di perseveranza, ho superato uno alla volta i miei limiti». La sua eroina preferita rimane Jeanne Moreau in “Jules et Jim” di François Truffaut, perché incarna un ideale di libertà e indipendenza; quello che Mélanie Thierry ha inseguito in tutta la sua vita. « o lʼimpressione che per forgiare il proprio gusto, per trovare te stesso e per determinare a quale

famiglia vuoi appartenere, ci voglia del tempo. Tanto meglio se il pubblico o chi mi segue non riesce a etichettarmi. Questo mistero lascia spazio anche allʼimmaginazione, dandomi la possibilità di mettere insieme progetti molto diversi tra loro». Nel segno di quella libertà tanto ricercata e voluta. «Non sono cresciuta con il mito delle attrici, non ho mai avuto feticci, e ho anche visto pochi film, non ho avuto un’adolescenza cinefila, ho passato quegli anni in una fattoria, amavo gli animali. Sono stata prima una campagnola, poi una parigina e, quando ho incontrato il mondo che alla fine sarebbe diventato il mio, l’ho trovato magnifico e spaventoso insieme. Ma c’è qualcosa di talmente bello in questo mestiere che ti dà il desiderio di andare avanti, di non mollare, di far parte di questa comunità».



Conversation

GAME OF SHOES Forme audaci, colori saturi, dettagli innovativi. I designers in testa alla wish list delle appassionate di scarpe raccontano la loro storia, cosa rende i loro modelli unici e i loro shoemakers di riferimento Testo Fabia Di Drusco Illustrazioni Ruben Baghdasaryan

S

ono i designers che firmano le scarpe più viste sui red carpet e ai piedi delle donne “in the kno ˮ nella vita reale. non poteva mancare lʼAD di una delle realtà produttive più importanti del mondo e la designer emergente, e determinata.

Pierre Hardy, Hermès

Pierre Hardy è direttore creativo delle calzature Hermès dal ’90, ha lanciato la sua linea signature nel ’99, e dal 2001 disegna anche la gioielleria della Maison. el ’ ha introdotto in collezione la sneaker, subito portata in passerella da Martin Margiela, novità assoluta per un brand del lusso. Dal 2001 al 2012, continuando a lavorare per Hermès, ha disegnato il footwear Balenciaga nell’era di icolas hesqui re. L’Officiel Italia: Cosa rende una scarpa Hermès immediatamente riconoscibile? Il colore? La geometria? Pierre ard Intanto l’altissima qualità dei materiali e poi un’emozione, una sottile dialettica, una ricorrente tensione tra il già visto e il nuovo, tra il far riconoscere e il sorprendere, un dettaglio sottile che faccia Hermès, uno stitch, un particolare in metallo. Colore e geometria sono tratti distintivi che utilizzo nel mio lavoro, ma vorrei ricordare che quando ho iniziato il range dei colori era molto ridotto. Comunque sempre questione di twist and play, di stravolgere e giocare con i codici della Maison che sto continuando a scoprire negli archivi. LOI: Cosa non deve mai esserci in un modello Hermès? P on ci sono limiti, oggi tutto possibile. Dieci, 1 anni fa avrei potuto rispondere, perché il pubblico era più stiff, più conservativo. Sicuramente deve essere un oggetto che duri nel tempo e senza compromessi nella qualità. LOI: Qual è il modello più significativo della stagione?


P Dal punto di vista della spettacolarità sicuramente la pump con il tacco Cha ne d’Ancre, dove i kno ho dei due settori in cui lavoro si fondono in modo organico, con la stessa naturalezza e immediatezza di rapporto che c’è tra la mia mano destra e la sinistra, in uno scambio continuo dʼidee e dettagli tra scarpa e gioiello. Ma da un punto di vista personale è molto difficile da dire, perché metto la stessa energia e creatività in tutto quello che faccio. LOI: E i modelli più significativi negli anni? P Dal punto di vista del successo il sandalo ran, un best seller da 2 anni, cosa che non avrei mai potuto prevedere quando l’ho disegnato. naturalmente gli stivali da cavallerizza con il lucchetto della Kelly, reinterpretati ogni stagione introducendo sempre nuovi dettagli. Credo sia questo l’idea di qualcosa che puoi trovare solo da Hermès, uno stile organico, che si evolve sempre. parlo di evoluzione ovviamente, non di progresso. LOI: I tuoi disegni sono la base su cui viene realizzato il prodotto in fabbrica... P Sì, la scarpa viene continuamente rapportata al disegno finch non identica. I disegni per la fabbrica non sono illustrazioni impressionistiche o belle immagini, ma un dettaglio architettonico per far capire come impostare il lavoro. o sketch finale lo faccio in scala 1 1, per controllare proporzioni e bilanciamento. LOI: Sul tuo Instagram ci sono opere di Frank Stella, Ettore Sottsass, Ólafur Elíasson... Sono citazioni per affinità estetica? O si può parlare di ispirazione? P Cerco sempre di non essere troppo letterale con l’arte, ma impossibile prescindere da quella contemporanea che un esperimento su nuove forme di bellezza e nuove combinazioni di forme. on posso spiegare perch amo certa arte, ma cerco di trovarne l’equivalenza nella moda. LOI: Da Margiela a Nadège Vanhée-Cybulski, come ha influito sul tuo approccio alla collezione il lavorare con designers così diversi? P a maggior parte della collezione foot ear realizzata molto prima che si cominci a pensare alla sfilata, poi c’è una parte realizzata ad hoc per lo sho . Martin Margiela voleva una scarpa sola, ean-Paul aultier ne voleva mille, ognuna fatta di cinque modelli e colori mi ati fra loro. LOI: Chi ti piace fra i designers di scarpe contemporanei o del passato? P Mi piace molto Andr Perugia scoperto da Paul Poiret e collaboratore di lsa Schiaparelli, Christian Dior, Pierre Cardin, ivench , nda , così poetico. trovo geniali le Walter Steiger anni ʼ 0. LOI: Perché hai lanciato la tua linea? PH: Quando ho lanciato la mia linea lavoravo anche da Balenciaga, facevo tantissima ricerca e dovevo lasciar cadere molte idee interessanti perch non “fittavanoˮ con il mondo degli stilisti di riferimento. ho pensato di fare un marchio che mi permettesse di sviluppare queste idee invece di abbandonarle. LOI: Come cambia il tuo modo di lavorare tra footwear e gioielleria? PH: Fin da bambino adoravo disegnare, era l’unica cosa che volevo fare. uindi la base di partenza identica, il disegno. Ma in una scarpa molto già stabilito, e io devo giocare con tutta una serie di restrizioni, mentre la gioielleria è una vertigine, puoi fare un oggetto minuscolo, leggerissimo, quasi invisibile e subito dopo un oggetto voluminoso che può ornare qualsiasi parte del corpo. LOI: Sei stato un ballerino. Questo ha influito in qualche modo sulla tua maniera di concepire le scarpe? PH: Forse in senso lato, per una maggior consapevolezza della postura. a scarpa qualcosa che aggiungi al tuo cor-


po per cambiarlo e cambiare lʼattitude. LOI: C’è un modello che sogni di realizzare? PH: Intendi la scarpa impossibile? Io adoro camminare a piedi nudi, sono mediterraneo, amo il caldo, odio l’inverno e l’obbligo di portare le scarpe... ssere barefoot il mio paradiso perduto il sandalo greco antico la cosa che vi si avvicina di più.

Paul Andrew, Ferragamo

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Paul Andre direttore creativo di erragamo dal 201 . Il suo ingresso nel brand data da tre anni prima, come design director della calzatura. ista l’entità dell’impegno, Andre ha dovuto prendere “la difficile decisione” di “mettere in pausa” il marchio che porta il suo nome, fondato nel 2013, una linea di scarpe di un’eleganza essenziale in una palette di colori outstanding. L’Officiel Italia: I processi di creazione della collezione di scarpe e di quella di ready to wear procedono in modo indipendente pur nell’ovvia interrelazione? Paul Andre Sia per la mia formazione sia per la storia del marchio sono le scarpe a dettare e definire la silhouette, e le proporzioni di cappotti, gonne, pantaloni. Il mio letteralmente un processo creativo from toe to head. ’obiettivo era ovviamente trovare un equilibrio tra accessori e read to ear ho scelto una costruzione sartoriale molto forte e definita, con silhouette sottili e allungate, adattandola ai diversi archetipi di donna. ho mantenuto quella gioia del colore che ha sempre fatto parte della storia del brand. LOI: Nella F/W 20-21 ci sono molti capi in pelle... PA Mi ha colpito che ci fosse così poca pelle nel loro read to ear. Personalmente amo costruire capi in pelle estremamente portabili e confortevoli, tramandabili per generazioni. LOI: Quali sono i modelli più significativi della stagione? PA Direi la iva sling back e il iva stretched boot, estremamente confortevole, agile, con un tacco forte. LOI: Salvatore Ferragamo è stato un maestro assoluto della calzatura, di un’inventività e una creatività inesauribili, dal sandalo Rainbow di Judy Garland a quello invisibile in n lon, al tacco a piramide degli anni ʼ ... Come ci si confronta con un heritage così impressionante? PA In archivio ci sono circa 1 mila scarpe, che sarebbe davvero stupido ignorare. Parto sempre da loro, ma in un senso più concettuale che letterale. Ad esempio, prendi il sandalo invisibile del ʼ47, in n lon, una platform così straordinariamente femminile. on mi interessa imitarlo, ma pensare a come Salvatore ha sfidato la gravità nell’immaginarlo. LOI: Oltre a Ferragamo ci sono altri shoemakers che giudichi particolarmente interessanti? PA erragamo sempre stato il mio designer di riferimento in assoluto, di lui mi affascinano non solo il genio creativo, ma il suo superare tutti gli ostacoli, la povertà, la guerra, i problemi economici. Ma trovo particolarmente interessanti anche Charles ourdan e Maud rizon, che negli anni ʼ70 e ʼ 0 hanno cambiato il modo di costruire le scarpe LOI: È diverso il modo in cui lavoravi per la tua linea da come lavori per Ferragamo? PA ella mia linea c’erano tutti i miei interessi, per l’arte, l’architettura, la natura, c’era la mia ossessione per il colore. LOI: Hai cominciato a lavorare da McQueen. Cosa ti è rimasto di quell’apprendistato? PA icordo il mio tempo da Mc ueen come un momento di straordinaria apertura. Io venivo da una scuola molto strutturata, da Mc ueen c’era una libertà creativa folle, non c’era neanche un calendario. ì ho capito che non puoi mettere limiti al design, alla creatività lui non ha mai ceduto al merchandising. LOI: Come definiresti lo stile Ferragamo?

PA erragamo non trend , non ostentatorio, non volgare sofisticato e timeless. si fonda su un attento equilibrio tra maschile e femminile: al punto che spesso disegno contemporaneamente le due collezioni. on mi ha mai affascinato lo street ear, non ho mai spinto sulla sneaker, la gente vuole essere casual e lo stile funzionale la mia priorità, ma il mio casual non ha nulla a che fare con lo sports ear. LOI: È più semplice disegnare l’uomo o la donna? PA Il mens ear più immediato perch uso me stesso come punto di riferimento, con la donna è una fantasia, anche se lavoro con molte donne. LOI: Uno degli obiettivi che ti eri dato agli inizi era dare coesione al brand. Ritieni di esserci arrivato? PA itengo che sia coesivo per quanto riguarda sfilata e campagna, ma per esserlo veramente devi poter entrare in un negozio e avere la sintesi del brand in un colpo dʼocchio. erragamo per una realtà fatta di 0 stores in tutto il mondo, e di un pubblico tra i 1 e i 0 anni per cui a volte difficile essere troppo coerenti, o forse non neanche il caso di esserlo. LOI: Hai un forte commitment nei confronti della sostenibilità. PA Io penso sia fondamentale ridurre l’impatto sull’ambiente. Abbiamo implementato l’upcycling degli avanzi di pellame che usiamo per patch ork e decorazioni. Siamo stati tra i primi a usare la fibra d’arancia, che dà un filato molto simile alla seta. Produciamo nylon con bottiglie di plastica riciclata, tutta la pelle proviene da animali che sono stati uccisi per l’alimentazione, usiamo raramente pellami esotici. Il vero problema la colorazione delle pelli c’ un programma di riduzione del consumo d’acqua e stiamo usando più tinture vegetali. Sono consapevole che siamo solo all’inizio, ma siamo estremamente motivati a proseguire in questa direzione.

Julia Toledano, Nodaleto

Americano, mediterraneo, minimalista. o stile di odaleto incarna un’identità ibrida tra se appeal e rigore. Made in enice, ma basato tra Parigi e os Angeles, odaleto un brand portatore sano di glamour e linee scultoree, guidato dal design di Julia Toledano e dall’immaginazione di livier eone. livier si abbina perfettamente a ulia, riflettendo e plasmando lʼidentità visiva di odaleto, navigando attraverso lʼarchitettura e la cultura pop, il cui motto «la leggerezza dellʼessere». ià ai piedi di celeb come Dua ipa e Bella adid, odaleto diventato in soli due anni un marchio cult. LʼOfficiel Italia: Cosa significa odaleto? sta per? ulia Toledano odaleto l’anagramma del mio cognome e già dalla prima collezione il brand unʼode alla mia eredità. icorda i Toledano originari della Spagna e poi trasferitisi in Marocco negli anni ʼ 0. Il nostro colore simbolo fin dal debutto una tonalità mandarino, stato preso in prestito dai tramonti di Malaga e Casablanca, la città dove nato mio padre Sidne C di M , lʼatmosfera del sogno americano negli anni Settanta, l’estetica parigina anni ’ 0 dove sono cresciuta e ho studiato moda . LOI: Ti piacciono i tacchi massicci squadrati, perché? Qual è la scarpa icona della stagione invernale? T Tutto stato pensato in bilico tra punta quadrata, plateau e due listini sottili che si allacciano alla caviglia. e Bulla Babies sono la scarpa iconica e best-seller fin dalla prima collezione: un inno all infanzia e all adolescenza. Pura ma maliziosa, questa scarpa incarna una giovane donna che esce di nascosto per andare a ballare; cambia il look ma tiene addosso le sue “babies”. erranno lanciate ora in una nuova versione con tacco mini trapezio e uno maxi! LOI: I tuoi pensieri sulla sostenibilità. T molto importante per noi avere la tracciabilità della manifattura delle scarpe. Infatti lavoriamo a livello locale unicamente con una fabbrica italiana a conduzione familiare. Ci teniamo a mantenere questo vecchio modo, perch fare una scarpa unʼarte e soste-


nibilità far durare il più possibile un oggetto speciale. LOI: Quali sono gli shoe designer che ammiri di più? Quale modello di calzature avresti voluto inventare? T Manolo Blahnik, Sergio ossi, ivier e molti altri Avrei voluto inventare i o-go boots di Andr Courr ges verso la fine degli anni ʼ 0, stivali a metà polpaccio, bianchi e con tacco squadrato flat. el 1 , la canzone di anc Sinatra “These Boots Are Made for Walkinˮ si riferiva proprio a quel modello di stivali che tornato di moda a metà degli anni ʼ 0 e che ha ispirato la mia versione con plateau. Giorgia Cantarini

Gherardo Felloni, Roger Vivier

Direttore creativo di oger ivier dal marzo 201 , herardo elloni ha iniziato a lavorare giovanissimo con abrizio iti da elmut ang, poi diventato assistente di abio ambernardi da Miu Miu, dove stato 10 anni nel 200 andato da Dior, per tornare dopo cinque anni da Miu Miu. Aveva pensato di diventare architetto, ha studiato da tenore, si è comprato un faro all’isola del iglio. Per lui la Maison fondata nel ʼ 7, acquistata da Della alle nel 2001, sempre stata un punto di riferimento, non solo per l’iconica décolleté con fibbia oversize placcata cromo creata nel ʼ per la collezione Mondrian di Yves Saint aurent, ma per l’inesauribile inventiva del fondatore, creatore del tacco Boule di strass come del tacco a spillo, e i cui modelli avevano sedotto Marlene Dietrich, lizabeth Ta lor, ackie enned come la regina lisabetta, che gli aveva commissionato i sandali dai tacchi coperti di rubini indossati il giorno dell’incoronazione. L’Officiel Italia: I tuoi possedevano una fabbrica di scarpe... La passione per la calzatura è nata lì? herardo elloni vero che a quattro anni andavo a giocare in fabbrica, ma è stato da Prada che ho capito che mi piacevano le scarpe, perché hanno un potere enorme sulla silhouette: non esiste un abito senza la scarpa, cambiando la scarpa cambia il personaggio, la proporzione dell’abito e l’attitudine della donna. Il portamento dell’attrice dipende dalla scarpa. Io vedo l’enorme differenza in tutto l’atteggiamento di un’attrice che si toglie il tacco alto per girare un primo piano. LOI: Cosa significa per te lavorare per Vivier? ivier sempre stato un’ispirazione assoluta, entrare nel suo archivio era il mio sogno nel cassetto. on ci sarebbe stato il e ook senza la scarpa di ivier, con la punta e il tacco a spillo che prima non si riusciva a fare. lui che ha inventato il tacco irgule, il tacco Banane. uando Catherine Deneuve mette le scarpe con la fibbia cromata in “Belle de our”, ivier cambia la silhouette degli anni ʼ 0, con una scarpa comoda, tondeggiante, disegnata per camminare. oi oggi la consideriamo elegante, allora era disinvolta. Mi piace dire che sono fortunato, il marchio mi corrisponde, c’è una specie di alchimia tra il mio immaginario e quello di oger ivier. Come me lui adorava il cinema, il teatro, ammirava Joséphine Baker anche se lei non è mai stata una sua cliente. Per raccontare le mie scarpe io uso attrici, non modelle, mʼinteressa la personalità di chi le indossa. ivier manca di abbigliamento, quindi di silhouette dovevo metterci persone vere. LOI: Infatti per comunicare il marchio hai realizzato degli shorts con la stessa Deneuve, con Susan Sarandon, con Christina Ricci. o sempre adorato Christina. ’unico abito che ho immaginato in vita mia stato per lei, per la cena degli scar. ’ho fatto realizzare in un atelier a Parigi, con il collo a camicia abbottonato, come lo porto io per permettermi di indossare i miei collier, verde smeraldo e vagamente vittoriano perch lei così intrinsecamente oth, vedi i suoi ruoli più celebri, “ a famiglia Addams” a “Sleep ollo ”, nda , ricamato di cristalli neri e con lo strascico. LOI: Hai cominciato con le scarpe ma da anni ormai disegni borse e gioielli. Hai pensato a una capsule di abbigliamento?

In apertura HERMÈS_Pump

con tacco Chaîne d'Ancre. stretched boot. In basso NODALETO_Bulla Babies. In alto FERRAGAMO_Viva


Mi piacerebbe. o cominciato a creare borse e gioielli da Miu Miu, anche se il passaggio dalle scarpe alle borse non è naturale né scontato, nelle scarpe ci entri dentro, ti cambiano la silhouette, nelle borse ci metti dentro le cose. Per quanto riguarda i gioielli mi sono sempre divertito a farli. Anzi, il mio maggior divertimento in assoluto. LOI: È vero che la passione per i gioielli ti è venuta osservando Manuela Pavesi? (Fashion editor di Vogue Italia nell’epoca pre-Sozzani, consulente di Miuccia Prada, fotografa di moda, nda). Dopo che l’hai vista, cito testualmente, “in collana di smeraldi su giacchina di n lon verde i e ? Manuela era semplicemente ipnotica, aveva la capacità di portare qualsiasi cosa e farla diventare totalmente contemporanea, prendeva una collana dell’ 00, l’abbinava a una giacchina di n lon di ike e alle zeppe. stata lei a mandarmi alla storica gioielleria Pennisi dove ho iniziato a comprare i miei primi gioielli. LOI: Tu hai lavorato con creativi d’eccezione. Cosa ti è rimasto di ognuno di loro? Con iti ho imparato la concettualità da elmut ang, che un genio, ho capito che non aveva senso l’enfasi sul prodotto, il savoir faire. Che quello che contava veramente era la concettualità, tanto più come la sua, mai drammatica, pesante, ma meravigliosamente leggera come nei suoi eans sporcati con la tinta dell’imbianchino. Da Miu Miu ho imparato la bellezza degli opposti e abbandonato qualsiasi approccio snob alla bellezza, del resto Miuccia Prada stata la prima a vedere la bellezza nel trash, lavorare per lei è stato un lungo esercizio di elasticità mentale. Da alliano ho imparato la velocità e ho capito cosa fosse il glamour, parola che detesto, ma il suo era un glamour esagerato e sublime, da scenografo totalmente distante dalla realtà. All’opposto af Simons voleva rendere tutto reale, mi ricordo la sua prima sfilata di alta moda, meravigliosa: voleva le modelle con le mani in tasca e scarpe comode. Da lui ho imparato la leggerezza, direi che af trovava la potenza nella leggerezza. Con la mia seconda esperienza da Miu Miu ho imparato a gestire un brand e sono stato una delle poche persone cui sia stata data la possibilità di esprimersi all’interno del gruppo Prada. Cosa di cui sono estremamente grato. LOI: Tornando a Vivier qual è il modello più significativo della F/W 20-21? I cuissards. Potrei dirti quelli con i ricami di piume e cristalli, ma in realtà i cuissards in generale. i ha inventati ivier, e Brigitte Bardot ne ha incarnato alla perfezione lo spirito. ra il ʼ 7, il ʼ , questi stivali alla coscia coglievano la voglia di cambiamento e di emancipazione del momento. Immagino che ivier si fosse ispirato ai cortigiani del ʼ700, in ogni caso non esistevano prima di lui. gni stagione cerco di reinterpretare un tema caratteristico di ivier, avevo la sensazione che questi stivali mancassero da troppo. LOI: Prima accennavi all’archivio di Vivier. Com’è? Immenso. anche Dior, per cui ivier ha lavorato dal ʼ al ʼ , ne possiede uno vastissimo. All’inizio mi ci sono immerso, ma definirei il mio un rapporto disinvolto: non ho mai lavorato con il vintage perch vecchio. Il suo lavoro mi piace ricordarlo, lo guardo da 20 anni sui libri, non prendo mai i modelli di una volta in mano. LOI: Per dirla con un eufemismo, non trovi che ci siano molte somiglianze tra le scarpe dei grandi marchi del lusso? a scarpa un oggetto piccolo, fatto di piccoli dettagli, dove la differenza la fanno i millimetri. na differenza infinitesimale nello scollo di una pump ti cambia tutto, è un gioco di precisione e di occhio. Spero che un modello ivier sia sempre riconoscibile come tale. LOI: E veniamo ai codici della Maison… o iniziato a lavorare a 1 anni, e capire come trasmettere agli altri le proprie idee la cosa più complessa. Io ho una griglia



Overview

nel mio cervello con tutto quello che oger ivier deve sempre avere e quello che non ci deve essere mai. Ci deve essere sempre una componente ironica, un modello non deve essere mai noioso, mai banalmente scuro, per me il nero un colore on ci deve essere tristezza, o niente di trash, l’eventuale clin d’oeil al cattivo gusto deve essere stradigerito. poi naturalmente c’ tutto il savoir faire di Della alle, il comfort, la leggerezza LOI: E per quanto riguarda la sostenibilità? ispetto a chi mi ha preceduto ho introdotto un modo di lavorare con molti meno prototipi. Ma direi che una Maison di nicchia è sostenibile per definizione, basti pensare che produciamo i cuissardes praticamente su ordinazione

Jean-Étienne Prach, Massaro

Nelle pagine precedenti ROGER

VIVIER_Cuissardes con Belle Vivier. HAUTE COUTURE_Décolleté bicolore. In basso AQUAZZURA_Proust Pump. In alto CHANEL

ntrata a far parte nel 2002 della galassia dei M tiers d’art di Chanel, la Maison di bottier sur mesure Massaro è stata fondata a Parigi nel 1 4 da Sebastien Massaro, cui succede il figlio azare. a boutique di rue de la Pai frequentata dagli aristocratici di tutta uropa e da Marlene Dietrich, e la Maison realizza le scarpe che accompagnano gli abiti di ionnet e Schiaparelli come la ballerina con l’elastico creata originariamente per Madame r s e resa celebre da Brigitte Bardot. uando il timone passa al figlio di azare, a mond, tra le clienti ci sono le donne più esigenti dell’epoca, da Barbara utton a Wallis Simpson a Mona Bismarck. el ʼ 7 abrielle Chanel gli chiede una scarpa che allunghi la gamba e accorci il piede. lui riesce nel piccolo miracolo, con una sling back dal tacco di sei centimetri in capretto beige e punta in satin nero che si affermerà come una delle icone del brand. egli anni ʼ 0 Massaro continua a inventare calzature che uniscono audacia, raffinatezza e virtuosismo tecnico per arl agerfeld da Chanel, ma anche acroi , Mugler, Dior dell’era ohn alliano, Ala a. na legac straordinaria, testimoniata da un archivio di mila modelli di cui una cinquantina risalenti all’ 00. e parliamo con l’amministratore delegato ean- tienne Prach. L’Officiel Italia: Come vi organizzate tra la produzione per la couture e il su misura? ean- tienne Prach avoriamo per tre mesi all’anno sulla Couture, e il resto del tempo sul bespoke LOI: Siete l’unico marchio a fare calzature bespoke? P Per quanto riguarda l’uomo ci siamo noi, obb e Berluti, per la donna non mi viene in mente nessun altro. LOI: Qualche dettaglio sulla tipologia di clientela? P fatta al 7 di donne, le europee hanno in media 4 , 0 anni, ma tra le asiatiche abbiamo clienti di 20. LOI: Come si svolge la creazione di una scarpa su misura? P C’ una grande attenzione all’anatomia, per la donna facciamo due fittings e due prototipi. Dal primo appuntamento al primo fitting passano circa due mesi, ne occorrono altri due per il secondo e ancora due per la consegna finale. n tempo giustificato se si pensa che occorrono almeno 30 ore di lavoro su una scarpa da donna, e 0 su quella da uomo. Per ogni fase di lavorazione c’ un artigiano specializzato, il formier che realizza le forme in legno e il tacco, il coupeur che taglia i singoli pezzi che compongono la scarpa, il piqueur che li assembla, l’ouvrier de pied che mette insieme la suola con il resto e il finisseur che dà la cera o la patina. LOI: Cosa fa la differenza tra una scarpa Massaro e un modello di un altro marchio? P ltre al savoir faire, la qualità dei materiali e la presenza interna di un reparto di ortopedia per il massimo confort. LOI: I modelli più outstanding realizzati per Chanel? P Tantissimi, vista l’inesauribile creatività di arl. uando nel 2014 port la sneaker nella haute couture siamo stati subissati dalla domanda e ricordo dei modelli favolosi realizzati nel 201 interamente ricamati da esage. orse la richiesta più challenging fu


quando agerfeld ci port una foto del uggenheim di Bilbao e pretese una scarpa simile al tetto in titanio del museo. Il risultato fu una platform estremamente complicata da realizzare, ma sublime LOI: Parlando di sostenibilità... P on usiamo più pelli esotiche dalla sfilata dei M tiers d’Art a e York. stiamo lavorando per introdurre una suola completamente biodegradabile inventata da una compagnia italiana.

Edgardo Osorio, Aquazzura

’Instagram di dgardo sorio una carrellata di suites di alberghi favolosi, piscine hollywoodiane, mete esotiche in uno spirito jet setter anni ʼ70, interni di un lusso stravagante, alla Ton Duquette con lui spesso in tu edo portato benissimo , sempre circondato da donne bellissime, meglio se in abito da sera e con i suoi sandali alti di cristallo o le sue pump di raso. Solo ogni tanto appaiono i suoi modelli per Aquazzura, il sandalo Papillon, struttura minimal verde smeraldo su cui si posano farfalle ricamate, la Bow Tie in raso rosso fuoco ato in Colombia, cresciuto tra Miami e ondra, sorio studia al ondon College of ashion e alla Central Saint Martins, e inizia a lavorare giovanissimo da erragamo, poi da Caovilla e da oberto Cavalli. «Sapevo che ero un creativo e che volevo lavorare nella moda su qualcosa di tutto mio fin da quando avevo 10 anni. , una volta iniziato, ho capito in fretta che mi interessavano gli accessori e non i vestiti», racconta. L’Officiel Italia: E hai scelto di stabilirti a Firenze, a Palazzo Corsini. dgardo sorio Sono arrivato in Italia a 1 anni, ho iniziato a lavorare da Ferragamo e ho provato immediatamente la strana sensazione di aver già vissuto qui in un’altra vita, e poi per chi fa accessori irenze la città per eccellenza. Ci sono altri distretti produttivi, il eneto, Parabiago, le Marche, per certi versi apoli, ma in Toscana hai la più grande concentrazione di artigiani e concerie del mondo. Considero Aquazzura un marchio italiano a tutti gli effetti e vivo qui perch per me la vicinanza al prodotto fondamentale e adoro passare il mio tempo in fabbrica con gli artigiani. LOI: Hai lanciato Aquazzura nel 2011 a 25 anni, e secondo la leggenda, la prima collezione, la P/E 12, è andata subito sold out da Barneys. o lanciato il brand contemporaneamente all’affermarsi dei social media, e il passaparola delle donne che amavano le mie scarpe ha acquisito una risonanza esponenziale. LOI: Hai fatto tante capsule, con Claudia Schiffer, Olivia Palermo, Poppy Delevingne. Sono state tutte collaborazioni organiche, nate dall’amicizia con donne che ammiro profondamente. Sono un uomo che disegna per le donne e ho un bisogno continuo di feedback, e di confrontarmi con altri punti di vista. LOI: C’è un modello outstanding nella F/W? ’inverno più che mai una stagione di forte contrasto tra il giorno, dove ho introdotto per la prima volta carrarmati e combat boots, inusuali per me, e la sera, dove forse la scarpa più glamorous è la Proust Pump, una decolleté di raso con stelle e luna di strass e tacco a clessidra. LOI: E ripercorrendo la storia del brand? a nostra pump iconica la Bo Tie, sensuale, leggera, ma in generale credo che il nome Aquazzura evochi istintivamente un sandalo se , una d collet o una flat allacciata alla caviglia. LOI: La passione del colore è una caratteristica di Aquazzura Amo il colore, mi affascina culturalmente, il blu lein, il color Aqua sono parte costituente del mio immaginario. Del resto anche la donna che si veste rigorosamente di nero se vuole osare il colore lo farà con la scarpa. LOI: Tu hai sempre puntato anche sulla scarpa bassa. Sì, perch ho sempre creduto nella possibilità di coniugare

sensualità e confort, anche se quando ho iniziato a fare scarpe basse l’idea della se flat era un ossimoro. LOI: La tua passione per il design d’interni, evidentissima nelle tue boutiques, ti ha portato a collaborare con De Gournay (marchio di carte da parati dipinte a mano, nda). Hai altre collaborazioni in vista? Sto lavorando su una collezione casa che sarà lanciata l’anno prossimo. Siamo in un momento storico in cui la gente ha di nuovo voglia di investire sulla casa, di ricevere chez soi, di curare la propria tavola come il proprio armadio guardaroba. LOI: E il previsto lancio delle borse? ’estate prossima. Sarà molto speciale, fuori dalle regole, non intendo lanciare un qualsiasi modello “safe” in mille varianti di colore.

Sandra Choi, Jimmy Choo

Sandali iperse , flat aggraziate, pump ultra femminili, stivali che infondono al passo sicurezza e determinazione, un uso magistrale di strass, frange, colore on c’ da stupirsi se da 2 anni le scarpe di imm Choo sono oggetto del desiderio di molte, da un personaggio fictional come Carrie Bradsha di “Se and the Cit ” a ate Middleton. Dietro al successo del brand, prodotto in Italia, c’ Sandra Choi, che ha iniziato giovanissima a lavorare nel negozio londinese dell’ ast nd dove lo zio imm Choo creava modelli fatti a mano per un’elite esigente di cui faceva parte anche ad Di. el ’ , quando nasce il brand read to ear e apre il primo negozio in Motcomb street, Sandra diventa direttore creativo, ruolo che continuerà a mantenere dopo il ritiro dello zio nel 2001. L’Officiel Italia: Qual è il modello più interessante della F/W 20? Sandra Choi a pump Marcela. ealizzata in pelle o serpente goffrato, questa scarpa dalla linea ipergrafica e dall’asimmetrica punta quadrata ricorda le sfaccettature del gioiello simbolo di imm Choo, e si appoggia su un nuovo tacco, lo Scoop. LOI: C’è un best seller assoluto del brand? SC a Minn la nostra scarpa più iconica. essun’altra scarpa stata indossata più spesso sui red carpet di tutto il mondo. LOI: Quali sono le caratteristiche distintive di un modello Jimmy Choo, quelle che lo rendono immediatamente riconoscibile rispetto ad altri brand? SC Stile, glamour e una sicurezza di s inimitabili. LOI: Quali sono le innovazioni più significative introdotte nel corso degli anni? SC Abbiamo sempre cercato di essere innovativi nel design, introducendo nel tempo diverse tipologie di tacco, come il Kick Heel della stagione scorsa, un tacco di nuove proporzioni, che si assottiglia in prossimità della suola. abbiamo introdotto anche vere innovazioni tecnologiche, come gli stivali riscaldati o ager, controllabili via app per tenere i piedi sempre al caldo. OI: Quali sono i designer di scarpe che ammiri maggiormente? SC oger enri ivier sempre stato una fonte di ispirazione. adoro Terry de Havilland, con il suo design esuberante e i suoi colori accesi. a lavorato per figure straordinarie come David Bo ie e Bianca Jagger, sperimentando incessantemente, trasmettendo un senso di audacia e divertimento.

Fabio Ducci, OLG

AD di n ard u ur roup , abio Ducci a capo della branca italiana del gruppo giapponese n ard u ur oldings nato nel 2012 dalla fusione di ib azienda tessile che negli anni d’oro ha prodotto Armani, Montana, Moschino, aultier, elmut ang e S billa e Iris il calzaturificio di lu ur shoes esploso negli anni ʼ 0 con il successo della Mouse di Marc acobs . ltre ad alcune linee di abbigliamento, produce il foot ear dei marchi di proprietà il Sander e oseph ondon, e su licenza le scarpe

197


A sinistra JIMMY A destra JW

CHOO_Marcela Pump. ANDERSON_Sandalo con tacco perla

di Proenza Schouler, See b Chlo , ochas, lie Saab e W Anderson, e ha lanciato due proprie linee, WD e Carlotha a . a manifattura principale sulla iviera del Brenta e poi c’ il sito produttivo dedicato alla realizzazione delle lu ur sneakers di uitton, Balenciaga, Yves Saint aurent, ucci e Chanel. L’Officiel Italia: Facciamo il punto sui marchi? abio Ducci Proenza Schouler performa molto bene, in particolare dopo che i due designers ack McCollough e azaro ernandez hanno smesso di attorcigliarsi troppo attorno alla loro coolness. a molto bene W Anderson, perch quando il direttore creativo di un brand è capace di conferirgli un’impronta ben definita il mercato reagisce favorevolmente. ochas in questo momento un po’ fermo, da quando Interparfums che ne proprietario ha deciso di interrompere il rapporto con Alessandro Dell’Acqua, che ne stato il direttore creativo negli ultimi cinque anni. chiaro che si tratta di rilanciarlo; le scarpe hanno funzionato molto bene finché Alessandro non stato troppo distratto da 21. See b Chlo fa numeri importanti, e ci tengo a ricordare che noi produciamo anche le scarpe di Chlo , nate in Iris, ma la cui licenza stata ripresa quattro anni fa dalla Maison, nell’ambito di un progetto complessivo volto a ri-marcare con forza l’identità del brand, e il tipo di donna emancipata che lo contraddistingueva alla nascita, quando era considerato la “sorella giovane” di Chanel. LOI: Come riuscite a gestire le diverse identità dei marchi senza rischiare una sorta di cannibalizzazione? D fondamentale mantenere le linee ben separate, evitando sovrapposizioni di filiere e team. gni brand seguito da un responsabile della ricerca, personale tecnico e modellista dedicati. Il nostro è un lavoro di co-creazione che è autentica espressione di brand partners. A un marchio con lie Saab, che non ha una specifica competenza sulla calzatura, noi assicuriamo un supporto stilistico, con la proposta di designer freelancers che collaborano con noi, più una struttura interna di ricerca e stile. Per W Anderson,

che ci invia i propri disegni tecnici, partiamo invece direttamente dalla realizzazione dei prototipi. a nostra struttura progettuale e di sviluppo assolutamente comparabile a quella dei grandi gruppi del lusso: realizziamo tutti i prototipi all’interno senza avvalerci di subfornitori, e abbiamo sempre investito sui macchinari più avanzati. aturalmente ci occupiamo anche di ricerca e approvvigionamento delle materie prime, di produzione e distribuzione, e abbiamo appena inaugurato il nostro sito di e-commerce, Blancah. LOI: Cosa vi ha spinto a fondare due marchi interni? D a volontà di creare calzature riciclabili e sostenibili, dalla filiera trasparente. Per lanciare WD abbiamo scoperto un mondo di nuovi fornitori, in Spagna, Portogallo, uropa dell’ st e sa. In ogni calzatura WD c’ un numero che sta a indicare la percentuale di materiali riciclati utilizzati rispetto alla totalità di quelli effettivamente presenti nel prodotto finito. una rivoluzione complessa perché bisogna arrivare a sostituire praticamente tutto il materiale tradizionale, compresi rivetti e anellini. o definirei un laboratorio di sperimentazione che ci aiuta a mantenere un approccio critico verso noi stessi. LOI: Producete anche le linee di Francesco Russo e Samuele Failli. D Conosco Samuele da quando collaborava con Prada dove io ho lavorato per anni. a sua donna di riferimento la stessa di rancesco usso, ma ho voluto dare ad entrambi un’opportunità, non c’era motivo di optare all’origine per l’uno o per l’altro. LOI: Ha ancora senso parlare di superiorità della calzatura italiana? D In Spagna e in Brasile ci sono distretti interessanti e sarebbe ottuso non continuare a guardarsi intorno, ma in 32 anni di lavoro un livello qualitativo paragonabile a quello italiano non l’ho mai riscontrato da nessun’altra parte. Credo che l’Italia mantenga il primato soprattutto per la competenza tecnica del personale. il Covid ha dimostrato che le filiere produttive lunghe scombinano drammaticamente la gestione delle aziende in caso di problemi seri.


Special thanks Cosimo Buccolieri & Simone Guidarelli

I N VE S TI N EL L’A M O R E DONA ORA

www.thechildrenforpeace.org | #itsallaboutlove

MASTRO_CHECK ADV.indd 199

15/09/20 19:52


Must-have

THE CHIC CODE Foto Leonardo Veloce Styling e Set Design Alessandra Faja

200

Suggestioni mutuate dai roaring ’20, tra frangiature danzanti, jais, architetture déco e linearità futuribile. A raccontare un’eleganza severamente raffinata


201


202

in apertura da sinistra

PRADA_Scarpe con frange di perline. SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO_Tracolla “Elise” in pelle stampa cocco. FENDI_Borsa “Peekaboo IseeU East-West” con intarsio di perline.

CHANEL_Borsa piccola in pelle effetto matelassé impreziosita da pietre colorate e perle, con lunga tracolla a catena realizzata in metallo dorato.

JIMMY CHOO_Mule “Bing” in suède con dettagli di perle e cristalli. JIL SANDER BY LUCIE AND LUKE MEIER_Borsa “Goji” in pelle con chiusura in metallo dorato.


Must-have

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204

SALVATORE FERRAGAMO_Sandalo a listini in nappa metallizzata. CELINE BY HEDI SLIMANE_Bauletto “Tambour” in pelle.

LOUIS VUITTON_Borsa “Petite Malle” in tela monogram con dettagli metallici a catena e tracolla regolabile.


Must-have

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Must-have

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VALENTINO GARAVANI_Mule “Atelier Rose Edition” in nappa ricamata con petali effetto 3d. HERMÈS_Borsa “Cavalleria” in pelle Tadelakt.


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Must-have

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VALENTINO GARAVANI_Mono orecchino in metallo e cristalli. MIU MIU_Borsa “Miu Belle”.

GUCCI_Borsa hobo “Jackie 1961” realizzata in pelle total white.


Conversation

IL GIOCO DELLE COPPIE Testo Cristina Manfredi Foto Emma Louise Swanson

Dialogo con Thom Browne, profeta delle uniformi che evidenziano la personalità, con l’ossessione per la qualità e il gusto per una moda fatta di ripetizioni. Dove l'ironia gioca un ruolo da protagonista

C

he esperienza la prima intervista telefonica con Thom Browne. Il suo personal assistant aveva organizzato tutto alla perfezione, io mi ero preparata con un filo di agitazione all’incontro a distanza con l’allora fresco vincitore del CFDA Menswear Designer of the Year 2006 (premio ottenuto di nuovo nel 2013 e 2016) e personaggio dirompente del menswear del momento. Ero pronta a intavolare filosofiche di-

squisizioni sul significato recondito dei suoi completi dalla giacca impeccabile, camicia immacolata, cravatta giudiziosa e spiazzanti calzoni tagliati ben sopra le caviglie o addirittura al ginocchio come il più scanzonato dei bermuda, solo che lui elargiva parole col contagocce. Niente a che vedere con le bizze di attori e rockstars troppo nevrotici per articolare un pensiero di senso compiuto, semplicemente Browne racchiudeva il suo pen-

siero in frasi-bonsai. Quando nel gennaio del 2009 finalmente lo incrociai di persona a Firenze come guest designer della 75esima edizione di Pitti Immagine Uomo mi aspettavo un incontro lampo, di pura sostanza e zero fronzoli. Mi ritrovai davanti un uomo cordiale, sorridente nello spiegare il perché avesse riempito uno degli ampi saloni dell’Istituto di Scienze Militari Aeronautiche di impiegati retrò, intenti a picchiettare


su vecchie macchine da scrivere nei loro stilosissimi outfit grigi. Questo è Thom Browne, preciso fino a sfiorare l’ossessione per la qualità dei materiali e la lavorazione dei capi. Essenziale nell’aver codificato unʼuniforme da terzo millennio, con lo scopo dichiarato di evidenziare e non appiattire la personalità di chi la indossa, azzerando ogni distrazione vestimentaria. Immaginifico per come costruisce l’impianto surreale

e ipnotico delle sue sfilate, dove uomini e donne (il womenswear l’ha lanciato nel 2014) vedono le proprie forme esasperarsi in un archetipo, un’idea che cammina, perché la collezione vera e propria, quella che il pubblico compra e indossa con passione, la mostra soltanto in showroom. E dotato di un adorabile sense of humor. L’ultimo défilé fisico, a Parigi nella primavera scorsa, era stato il primo in versione co-ed, con i modelli e

le modelle appaiati in passerella e vestiti allo stesso modo. Una fashion arca di Noé in cui accogliere le diverse specie di stile, accompagnate da una serie di bizzarri animali: le borse costruite a regola d’arte, con le forme di giraffe, galline, coniglietti, ippopotami, elefantini, paperelle, ranocchi e soprattutto lui, Hector l’adorato bassotto tedesco di Thom e del suo compagno, il curatore del Costume Institute del Met-Metropolitan Museum


of Art di New York, Andrew Bolton. Quello che era nato qualche anno prima come un gioco, ossia dedicare un accessorio al proprio pet del cuore, si è trasformato in un successo di vendita. L’ennesima dimostrazione di quanto Browne riesca a sintetizzare nel proprio lavoro leggerezza e rigore, due caratteristiche più che mai necessarie per affrontare un mondo tanto scombussolato. L’Officiel Italia: Che effetti ha avuto

sulla tua creatività la pandemia ancora in corso? Thom Browne: In verità nessuno in particolare, ho però dovuto ripensare tutto il nostro metodo di lavoro. E nel farlo ho apprezzato, come credo sia accaduto a molti, ciò che di buono avevamo in passato. Sono convinto che cercheremo di tornare al più presto alle nostre vecchie abitudini, io per esempio non vedo l’ora di poter rivedere liberamente le

persone, senza più dovermi limitare a incontri virtuali. LOI: In queste ultime settimane nelle boutique sono arrivati i capi della F/W 20-21, ossia l’ultima collezione pre-Covid, che messaggio vorresti arrivasse al pubblico tramite loro? TB: Mi piace portare la gente a riflettere quando si confronta con il mio lavoro, ma non voglio cadere nella seriosità, per questo aggiungo sempre un tocco


in apertura

Due look dalla collezione F/W 2020/21 di Thom Browne, la prima presentata con uno show co-ed uomo e donna durante la fashion week di Parigi dello scorso marzo.

Un'immagine scattata nel backstage dello show di Thom Bro ne a raffigurare gli animali-ancella che hanno animato la sfilata-happening ispirata all'arca di Noé.

213

ironico. Voglio provocare, interessare, anche affascinare. Mi piace ripetere un’idea fino al punto di renderla quasi fastidiosa. La ripetizione crea rigidità, che a sua volta genera una sensazione di incomodo ed è lì che la faccenda si fa interessante. TB: L’effigie di Hector e degli altri animali è dunque lo stratagemma per non prendersi troppo sul serio? TB: Ho iniziato a far produrre le prime

borse per puro divertimento, ma poi i clienti si sono accorti di quanta cura ci fosse nella loro realizzazione e di come siano anche facilmente interpretabili. Magari all’inizio può intimorire l’idea di presentarsi ad esempio in ufficio con un porcellino al braccio, invece basta portare l’accessorio senza farsi troppi problemi. Gli animali di per sé simboleggiano innocenza e purezza, in questo caso credo rappresentino bene l’autenticità

dell’intuizione che sta dietro al prodotto. LOI: In quest’epoca così incerta, che cosa sogna Thom Browne? TB: Di poter continuare a fare ciò che sto facendo ora. Se mi fermo a guardare la strada percorsa, mi rendo conto di non essere cambiato molto rispetto agli esordi. E sono fiero dei traguardi raggiunti, pur mantenendo sempre i piedi ben piantati per terra. L’unica differenza è che oggi sono un po’ più vecchio e stanco.


N. 34

FALL

IS S UE

2020

CAST

8 MONCLER RICHARD QUINN moncler.com ACNE STUDIOS acnestudios.com

A.CLOUD acloud-official.com

ADRIENNE LANDAU adriennelandau.com ALAÏA maison-alaia.com

ALBERTA FERRETTI albertaferretti.com

ALEXANDER McQUEEN alexandermcqueen.com

ALEXANDRE VAUTHIER COUTURE alexandrevauthier.com

BOTTEGA VENETA bottegaveneta.com BULGARI bulgari.com BURBERRY it.burberry.com CALVIN LUO calvinluo.us CALZEDONIA calzedonia.com CAREL carel.fr

DOLCE & GABBANA dolcegabbana.com DOLCE & GABBANA ALTA GIOIELLERIA dolcegabbana.com DOLCE & GABBANA ALTA MODA dolcegabbana.com DR. MARTENS drmartens.com DUNHILL dunhill.com ELIE SAAB eliesaab.com EMILIO PUCCI emiliopucci.com

CARTIER ALTA GIOIELLERIA cartier.it

EMPORIO ARMANI armani.com

CASABLANCA casablancaparis.com

ERES eresparis.com

CAUSSE causse-gantier.fr

ETRO etro.com

CELINE BY HEDI SLIMANE celine.com

FALKE falke.com

CHANEL chanel.com

FBLD fbld.eu

CHANEL HAUTE COUTURE chanel.com

FENDI fendi.com

CHRISTIAN LOUBOUTIN eu.christianlouboutin.com

FILA fila.com

COLLINI MILANO collinimilano.com

GIAMBATTISTA VALLI giambattistavalli.com

BENOîT MISSOLIN benoitmissolin.com

COMMUNE BONUM communebonum.com

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BLAZÉ blaze-milano.com

DIOR dior.com

GUCCI gucci.com

BONFILIO pas ualebonfilio.com

DIOR HAUTE COUTURE dior.com

HERMÈS hermes.com

APC apc.fr

AQUAZZURA aquazzura.com ASHI STUDIO ashistudio.com

ATELIER ZUHRA atelier-zuhra.com

AZZARO COUTURE azzaro.com BALMAIN balmain.com

BAROQCO COUTURE JEWELRY baroqco.com

MODERN BEAUTY FALL | WINTER 2020

BRUNELLO CUCINELLI brunellocucinelli.com


HÔTEL de CRILLON rosewoodhotels.com/en/hotel-de-crillon

MAISON MARGIELA maisonmargiela.com

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MAISON MARGIELA ARTISANAL DESIGNED BY JOHN GALLIANO maisonmargiela.com

PACO RABANNE pacorabanne.com

TELFAR telfar.net

PINKO pinko.com

THE LABEL EDITION thelabeledition.com

PHILOSOPHY DI LORENZO SERAFINI philosophyofficial.com

THOM BROWNE thombrowne.com

ISABEL MARANT isabelmarant.com JACQUEMUS jacquemus.com JIL SANDER jilsander.com JIMMY CHOO jimmychoo.com JULIE DE LIBRAN juliedelibran.com JUNYA WATANABE comme-des-garcons.com JW ANDERSON jwanderson.com KENZO kenzo.com KOCHÉ koche.fr LA PERLA laperla.com LA REDOUTE laredoute.fr LA SEMAINE PARIS lasemaineparis.com LANVIN lanvin.com

MAISON MICHEL michel-paris.com MARC JACOBS marcjacobs.com MARINA RINALDI it.marinarinaldi.com MARQUES’ ALMEIDA marquesalmeida.com

PORTS 1961 ports1961.com PRADA prada.com

TIFFANY & Co. tiffany.com TOGA toga.jp TOM FORD tomford.com

MASSARO massaro.fr

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MAX MARA it.maxmara.com

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MEROLA merolagloves.it

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MICHAEL KORS COLLECTION michaelkors.it

REPETTO repetto.com

MINGR mingr.com

ROGER VIVIER rogervivier.com

MIU MIU miumiu.com

ROY ROGER’S royrogers.it

MOLLY BRACKEN mollybracken.com

SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO ysl.com

VANESSA SEWARD vanessaseward.com

SALVATORE FERRAGAMO ferragamo.com

VAQUERA vaquera.nyc

SCHIAPARELLI schiaparelli.com

VERSACE versace.it

MSGM msgm.it

TOD’S tods.com VACHERON CONSTANTIN vacheron-constantin.com VALENTINO valentino.com VALENTINO GARAVANI valentino.com VAN CLEEF & ARPELS vancleefarpels.com VANESSA BRUNO vanessabruno.com

LARDINI lardini.com

N°21 BY ALESSANDRO DELL’ACQUA numeroventuno.com

LAURENCE & CHICO laurenceandchico.com

NEMOZENA nemozena.com

STELLA McCARTNEY stellamccartney.com

VETEMENTS vetementswebsite.com

LEMAIRE lemaire.fr

NODALETO nodaleto.com

SHUSHU/TONG shushutongstudio.com

VILTIER viltier.com

LOEWE loewe.com

OFF-WHITE off---white.com

SHUTING QIU shutingqiu.com

Y/PROJECT yproject.fr

LOUIS VUITTON it.louisvuitton.com

OLG onwardluxurygroup.com

SWAROVSKI swarovski.com

ZUHAIR MURAD zuhairmurad.com

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Per un secolo intero questo magazine è stato la voce ufficiale della moda, iniziando la sua avventura editoriale come house organ della Haute Couture di Parigi, evolvendosi in un’ampia famiglia di pubblicazioni internazionali. Il primo numero, lanciato nell’autunno del 1921, era già redatto in tre lingue (Francese, Inglese e Spagnolo) e oggi L’Officiel esiste e viene pubblicato in più di venti Paesi nel mondo. Con un focus specifico sullo stile e sui fenomeni che la moda crea, L’Officiel è sopravvissuto a numerose rivoluzioni, a una Guerra Mondiale e non ha mai cessato le sue pubblicazioni durante i disordini globali e le crisi che hanno colpito quest’ultimo secolo. Esplorando le tecnologie

e le arti del momento, dall’illustrazione alla fotografia, dal video making ai social media come Instagram, la sua missione è sempre stata quella di raccontare la cultura della moda con un occhio al passato e uno sguardo sul futuro. In questo mondo in profondo e veloce cambiamento, abbiamo voluto evocare e riscoprire un approccio diretto e puro alla moda, promuovendo un dialogo costruttivo di culture differenti, continenti, generi ed etnie. Questa sezione globale de L’Officiel vuole celebrare la moda con grande rispetto, partendo da una domanda: che cosa rappresenta oggi il French style in una cultura cosmopolita? Senza concentrarsi su ciò che ci divide, ma piuttosto su ciò che ci unisce.


A NEW ENERGY/ A NEW WORLD

Shayna McNeill & Alton Mason insieme per raccontare la nuova moda, tra fashion heritage e joie de vivre. Photography CASS BIRD Styling STELLA GREENSPAN




IN APERTURA DI SERVIZIO, PER ALTON: Blazer, shirt e pantaloni: tutto TELFAR; fascia da smoking, GIORGIO ARMANI; boots, JAMES VELORIA. PER SHAYNA: Abito, GUCCI; boots, LEMAIRE; cintura e orecchini, PILGRIM VINTAGE. IN QUESTA PAGINA: Blazer, pants e necklace: tutto BERLUTI. NELLA PAGINA ACCANTO: Giacca di paillettes, VAQUERA; cappello piumato, NEW YORK VINTAGE; broche, PILGRIM VINTAGE.


IN QUESTA PAGINA, PER ALTON: Blazer, DUNHILL; turtleneck, DAVID HART; leggings in latex, SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO. PER SHAYNA: Blazer, blouse e leggings in latex: tutto SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELO; earrings, LAURA LOMBARDI.




IN QUESTA PAGINA: Sweater, APC; bodysuit, ALAÏA; camicia, SARAH APHRODITE; berretto, NEW YORK VINTAGE; braccialetto, PILGRIM VINTAGE; collant, CHANEL; anelli, TIFFANY NELLA PAGINA ACCANTO, PER ALTON: coat,MARC JACOBS; shirt, APC. PER SHAYNA: Giacca, canotta, gonna e collant: tutto JUNYA WATANABE; boots, LEMAIRE.

& Co.



IN QUESTE PAGINE, PER ALTON: Jacket, pull

e jeans: tutto APC; camicia, PAUL STUART. PER SHAYNA: Jacket, pull e jeans: tutto APC; camicia, PAUL STUART; anelli, CARTIER.


IN QUESTA PAGINA: Dress, SCHIAPARELLI;

guanti, WING + WEFT. NELLA PAGINA ACCANTO, PER SHAYNA: Jacket, ADRIENNE LANDAU; top and brief: tutto FENDI; cintura, SARAH APHRODITE; collant, FALKE; calze, WE LOVE COLOR; shoes, MARC JACOBS; orecchini, LAURA LOMBARDI. Jacket, ADRIENNE LANDAU; pantaloni, BEAUFILLE; cintura, ARTEMAS QUIBBLE; boots, CELINE BY HEDI SLIMANE.

PER ALTON:

MODELS: Shayna

McNeill e Alton Mason @ IMG MODELS; MAKE UP ARTIST: Frank B; HAIR STYLIST: Dylan Chavles; MANICURIST: Lolly Koon.

SET DESIGN: Marla Weinhoff Studio; CUSTOM PAINTING: OLIPHANT RETOUCHING: Gloss; VIDEO EDITOR: Val Thrasher c/o

STUDIO; PRODUCTION: Tali Magal @ FREEBIRD PRODUCTIONS; VIDEOGRAPHER: Tyler Kohlhoff; VIDEO EDITOR: Tyler Kohlhoff; MUSIC: Stelios; Emily Spiegelman; VIDEO COLOR: Cody Kent; VISUAL DIRECTOR: Miriam Herzfeld; POST PRODUCTION DIRECTOR: Patrick Kinsella.




È il segreto che il mondo intero invidia alla Francia. Uno stile unico che sfida ogni spiegazione, ogni manuale, ogni analisi. Sempre decisa nelle sue parole, Coco Chanel amava ricordare che: «La moda passa di moda, lo stile mai». E Yves Saint Laurent aveva adattato questa battuta a modo suo: «Le mode passano, lo stile è eterno». Due grandi leggende della moda made in France, così radicalmente opposte nel loro approccio estetico, hanno condotto nella loro vita, e nella loro carriera, una ricerca quasi esistenziale: definire lo stile à la française. Complesso, speciale, necessariamente fuori dal comune, sfugge a chi ne è alla ricerca con troppa fatica. Graal moderno, un’attitudine che dà vita a una personalità decisa raccontata da un abbigliamento unico. Per avvicinarci a questa concetto, abbiamo chiesto a tre donne eccezionali, con sguardi unici e assolutamente personali sulla e della moda, di mettere in scena lo “stile francese”, raccontandolo in tre storie di moda dall’anima differente. La designer Julie de Libran, trasformata in stylist in queste pagine speciali, ha immaginato un racconto di moda sexy e cool scegliendo come modella Tina Kunakey. Cresciuta tra Aix-en-Provence e San Diego, Julie ha studiato e lavorato a Milano con Gianfranco Ferré, Gianni Versace e Miuccia Prada, prima di tornare a Parigi per lavorare accanto a Marc Jacobs da Louis Vuitton e poi diventare il direttore artistico di Sonia Rykiel. Fino all’ultima avventura: la creazione del marchio Julie de Libran con cui è riuscita ad affinare il suo look tipicamente parisienne, in contrasto con gli altri linguaggi di moda che l’hanno circondata nella sua lunga carriera. La stilista Vanessa Seward, nonostante sia nata in Argentina e cresciuta a Londra, incarna a modo suo lo stile francese,

che ama follemente. Il suo è uno spirito che oscilla tra couture e casual, senza tempo ma legato a doppio filo con gli anni Settanta. Ha cementato il suo gusto tra l’atelier di Chanel e quello di Saint Laurent, prima di diventare direttrice artistica per otto anni di Azzaro, Maison simbolo di una certa eleganza francese decisamente glam. Per questo progetto ha creato una fashion story dal profumo vintage, ispirato a giovani e combattive studentesse, mutuate dagli anni ’70, interpretate dalla bellezza giovane e cool di Zoé Lenthal. Ultra chic. A chiudere il terzetto, Laure Hériard Dubreuil. Brillante parigina laureata in economia, in mandarino e, poi, in merchandising al FIT-Fashion Institute of Technology, ha fondato a Miami nel 2007 il concept store di lusso The Webster, con cui ha sviluppato una importante piattaforma di e-commerce. Per questo progetto ha creato un racconto estetico a sua immagine e somiglianza: artistico, passionale, funny e un po’ rock, un ponte ideale tra Usa e Francia, costruito chiamando a raccolta un casting speciale di amici musicisti e performer. Infine, per incarnare l’ideale di french style, l’attrice Lyna Khoudri, protagonista del nuovo film di Wes Anderson girato in Francia “The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun”, ha reinterpretato lo spirito New Wave, uno stile senza tempo e così moderno evocato nei Seventies da Anna Karina, la musa-amante di Jean-Luc Godard. Quattro storie di moda che dimostrano, ognuna a modo suo, che Henry de Montherlant aveva ragione quando ha scritto: «La vera forza dello stile sta nel sentimento». In questo caso quello coltivato all’ombra della Tour Eiffel.

—Delphine Valloire

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Tina Kunakey interpreta l’ésprit di Parigi con lo styling di Julie de Libran. Photography SONIA SIEFF


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IN QUESTE PAGINE: Abito a IN APERTURA: Giacca di lana, fascia

frange, JULIE DE LIBRAN; scarpe, MIU MIU. di maglia, culotte e gonna ricamata: tutto MIU MIU; collier, JULIE DE LIBRAN; sneakers, VALENTINO GARAVANI. STYLING: Julie de Libran.

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IN QUESTA PAGINA: Giacca e pantaloni, SCHIAPARELLI. NELLA PAGINA ACCANTO: Top di paillettes, VALENTINO; collana di metallo, VALENTINO GARAVANI.

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IN QUESTA PAGINA: Pull di lana a NELLA PAGINA ACCANTO: Maglia di

collo alto, gonna e borsa cintura: tutto KENZO. jersey, top e lunga gonna di pelle: tutto ALAĂ?A.

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IN QUESTA PAGINA: Blusa e pantaloni di seta stampati, sandali: tutto PRADA. NELLA PAGINA ACCANTO: Body a costine, gonna traforata e sandali: tutto JACQUEMUS.

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IN QUESTA PAGINA: Giacca, canotta e jeans: tutto CELINE BY HEDI SLIMANE; anello, BULGARI; sciarpa e stivali , ISABEL MARANT. NELLA PAGINA ACCANTO: Pull a collo alto, gonna, orecchini di metallo, borsa “Kelly” e scarpe con fibbia: tutto HERMÈS. HAIR STYLIST E MAKE UP ARTIST: Harold James; DIGITAL OPERATOR: Fred Bergue @ Numi; ASSISTENTE HAIR E MAKE UP: Pier Arno; ASSISTENTE STYLIST: Kenzia Bengel; ASSISTENTE FOTOGRAFA: Vivian

Daval.

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Zoé Lenthal svela l’allure française con lo styling di Vanessa Seward. Photography MAXWELL GRANGER


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QUI SOPRA E NELLA PAGINA ACCANTO: Abito

bustier con camelia, CHANEL; cerchietto personale sullo s ondo della oto: abito con profili a contrasto, MIU MIU. NELLA FOTO A DESTRA: Camicia, SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO; cintura, gonna e stivali, personali. IN APERTURA: Abito di paillettes, CELINE BY HEDI SLIMANE; cintura, VANESSA SEWARD. STYLING: Vanessa Seward.

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IN QUESTA PAGINA: NELLA PAGINA ACCANTO:

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Camicia e gonna di denim, VANESSA SEWARD; collana, cintura e stivali, personali. amicia a righe con fiocco, CELINE BY HEDI SLIMANE; pantaloni, DIOR; cintura, personale.


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IN QUESTA PAGINA: Abito di paillettes, CELINE BY HEDI SLIMANE; cintura, VANESSA SEWARD. NELLA PAGINA ACCANTO: Camicia in denim, VANESSA SEWARD; gonna ampia, CHANEL; stivali, personali. HAIR STYLIST:

Margot Moine; MAKE UP ARTIST: Virginie Hullaert;

ASSISTENTE FOTOGAFO:

Benjamin Bill; ASSISTENTE STYLIST: Kenzia Bengel.

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Cosa succede quando lo stile francese si unisce con l’attitude easy di Los Angeles? Laure Hériard Dubreuil ha svelato questo mix eclettico con un cast di French expats. Photography CHANTAL ANDERSON


SOKO è una cantautrice, cantante e attrice che ha recentemente lanciato il suo terzo album, “Feel Feelings.” shirt, CASABLANCA; jeans, RE/DONE; sunglasses con montatura colorata, LOEWE X PAULA’S IBIZA. STYLING: Laure Hériard Dubreuil.

IN QUESTA FOTO INDOSSA;

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JUDITH GODRÈCHE un importante attrice, star del film he ernight eciter nel film he limb , in uscita negli sa il prossimo mese di ottobre. IN QUESTA FOTO INDOSSA: amicia, ACNE STUDIOS; pantaloni, LHD; orecchini, MONICA SORDO. NELLA PAGINA ACCANTO, SOKO INDOSSA: Giacca a fantasia leopardata, GUCCI; maglione a dael sfumature multicolor, LOEWE X PAULA'S IBIZA.

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ALEXA FALLICA e ALEC BE sono gio ani talenti emergenti ome modella e musicista produttore, rispetti amente, stanno cercando di ridefinire la nuo a genera ione di moda e musica IN QUESTA FOTO INDOSSANO: Maglioni, LHD. NELLA PAGINA ACCANTO, SOKO E JUDITH GODRÈCHE INDOSSANO RISPETTIVAMENTE: Pull a fantasia multicolor, LOEWE X PAULA'S IBIZA; camicia in cotone white, ACNE STUDIOS.

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SONIA AMMAR è modella, attrice e musicista. IN QUESTA FOTO INDOSSA: Suit dal taglio maschile, VETEMENTS. op in cotone, KHAITE; camicia dal taglio lineare, ACNE STUDIOS..

NELLA PAGINA ACCANTO ALEXA E ALEC INDOSSANO, RISPETTIVAMENTE:

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ISABELLE SAUBADU è una stylist e una designer multitasking. DON RAPH un e calciatore di entato pittore astratto uta, FENDI; occhiali e orecchini personali; camicia, GUCCI; pantaloni, OFF-WHITE; cappello personale.

IN QUESTA FOTO INDOSSANO, RISPETTIVAMENTE:

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IN QUESTA FOTO SONIA INDOSSA;

Suit dal taglio maschile, VETEMENTS; shoes, CELINE BY HEDI SLIMANE. multicolor, LHD; bag crossbody, MARQUES' ALMEIDA; sneakers personali.

NELLA PAGINA ACCANTO SONIA INDOSSA: Abito

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IN QUESTA FOTO JUDITH INDOSSA: NELLA PAGINA ACCANTO ALEXA INDOSSA:

ardigan, LHD; gonna, GALVAN; collier, JENNIFER MEYER; orecchini, MONICA SORDO. Abito lineare con fantasia astratta, PROENZA SCHOULER; bracciale design, CHANEL.

HAIR STYLIST: Holly Mills; MAKE UP ARTIST: Sandy Ganzer; PRODUCER: hianna ule CASTING: Anna Jozwiak; ASSISTENTE FOTOGRAFO: Kalea allo ay ASSISTENTE STYLIST: Linda Addouane, Gigi Freyeisen.

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Paris by Lyna L’attrice Lyna Khoudri in un’atmosfera da Nouvelle vague à la Jean-Luc Godard. Photography MARILI ANDRE


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IN QUESTA PAGINA: Body

di maglia, MIU MIU. NELLA PAGINA ACCANTO:Cappa di tessuto tartan, LOUIS VUITTON; abito con ricamo di cristalli Swarovski, EMPORIO ARMANI; blusa, CELINE BY HEDI SLIMANE ; collant, FALKE; scarpe, REPETTO. IN APERTURA: Camicia di seta e maglia di lana, PINKO. STYLING: Vanessa Bellugeon.

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IN QUESTE PAGINE: Cappotto

di lana e cashmere, MAX MARA; pull con colletto a camicia, MOLLY BRACKEN; gonna, NEMOZENA; calzini, CALZEDONIA; scarpe, CAREL.

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TUTTI i riflettori sono puntati sul DEBUTTO del

film THE FRENCH DISPATCH OF THE LIBERTY, KANSAS EVENING SUN del regista WES ANDERSON e, INEVITABILMENTE, sulla GIOVANE attrice FRANCO-ALGERINA LYNA KHOUDRI, che interpreta JULIETTE. «Quando ho girato il film, non avevo ancora ricevuto il César for “Papicha” di Mounia Meddour. Wes non mi aveva mai visto su uno schermo. Tutto è iniziato con un video da inviare alla produzione. Una sera mi sono filmata con il mio cellulare. Dovevo presentarmi, raccontare le mie azioni militanti. Ho parlato della partecipazione a una occupazione nella mia scuola superiore di Saint-Ouen: saltavo le lezioni e andavo a ballare per strada con i miei amici». Tre settimane dopo, Lyna supera il primo casting a Parigi senza sapere nulla del ruolo. In attesa di una risposta dalla produzione, gira un cortometraggio con gli amici in Algeria. «Era la mia prima volta nel deserto, sono rimasta sbalordita. Il resto del mondo mi sembrava molto lontano. Una sera ho finalmente controllato le mie e-mail. Il mio agente mi stava cercando dappertutto per dirmi che ero stata presa. Ma non sapevo ancora nulla del mio ruolo! Né chi sarebbero stati i miei partners». Lyna si ritrova così ad Angoulême, per le prove in costume. La caccia al tesoro per scoprire il suo personaggio continua. «C’era mistero su tutto. Ogni nome inserito nel cast era incredibile... Tilda Swinton, Bill Murray, Willem Dafoe, Frances McDormand. E ho capito solo in seguito che Timothée Chalamet avrebbe interpretato il mio ragazzo». Sul set, Lyna ha solo le sue righe, una quindicina di pagine. «Poi ho ricevuto la mia parte della sceneggiatura, che era di quaranta pagine, ma mai la trama completa. Solo il team tecnico lo aveva. Una volta mi sono imbattuta in Bill Murray che mi ha parlato delle sue riprese del giorno... Insieme siamo riusciti a capire un po’ della storia. Ma solo alla proiezione finale ho scoperto la trama nella sua interezza». In “The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun”, Lyna Khoudri è Juliette, una studentessa che vive un surreale maggio del 1968. Con un casco da motociclista in testa, si batte per i suoi diritti di donna indipendente e determinata, che litiga costantemente con il suo ragazzo, un Timothée Chalamet che è anche molto impegnato socialmente. Durante le riprese, ogni sera in hotel l’atmosfera è quella di un grande cinema. «Nella hall c’erano sempre diversi DVD a nostra disposizione. Una sera Wes mi ha detto: “Hai visto “Una gita in campagna” di Jean Renoir?” “No”. “Allora guardalo”. Entrai nella mia stanza e lo guardai subito. Dopo averlo divorato mi sono buttata su “Le Pont du Nord” di Jacques Rivette. È stato il punto di riferimento per il mio ruolo, soprattutto il casco da motociclista e la giacca di pelle dell’eroina interpretata da Pascale Ogier. Juliette è

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ribelle come Ogier nel film. E poi “Le Pont du Nord” è un po’ magico. Mi ha nutrito. È impressionante vedere l’amore di Wes per la cultura popolare francese. Sa esattamente come dialogare con questa restando il regista americano che è. Tutto è controllato. La sua precisione è impressionante». Dopo il film di Anderson, Lyna ha interpretato il ruolo solare e spontaneo di Diana nel cortometraggio “Gagarine” di Fanny Liatard e Jérémy Trouilh. «Questo è un film umanistico sulle periferie e delle periferie. Un lavoro onirico e positivo». Anche Lyna è cresciuta in periferia. «Sono nata in Algeria nel 1992, nel mezzo del decennio buio dell’estremismo. Con la mia famiglia abbiamo dovuto lasciare il Paese. Mio padre, un giornalista molto impegnato, era in pericolo. Ma la mia coscienza politica è nata con i disordini del 2005. Davanti a casa mia è andata a fuoco una fabbrica. Abbiamo dovuto dormire in albergo per una settimana. In quel momento ho capito che ero dalla parte della rivolta». Ma Lyna non si arrende. «Quando sei ad Algeri, senti l’anima della città, l’Impero Ottomano, la Francia di Haussmann, gli ultimi cinquant’anni più arabeggianti». Questa miscela di culture è scritta nell’anima di Lyna. E l’Algeria per lei è anche storia e, in particolare, colonizzazione. «La guerra e la colonizzazione algerina sono una follia orribile. Ho letto mille libri sull’argomento che mi hanno portato a scoprire Aimé Césaire, Frantz Fanon... Questi scrittori di protesta mi hanno fatta crescere. Ho capito da dove venivo e chi ero veramente grazie a loro». L’Algeria e l’Oriente sono tatuati all’interno del polso di Lyna. «È una mano di Fatima. L’ho scelta perché sono molto superstiziosa: respinge le cattive energie». Sull’altro polso un braccialetto di filo rosso con una perla. «Mia madre ama le perle coltivate. Ho avuto solo perle coltivate come regalo di compleanno da quando sono nata, e il filo rosso nella religione ebraica è un simbolo di protezione». Oggi Lyna sta preparando il suo prossimo ruolo per un film internazionale ancora top secret. «Due ore di nuoto e un’ora di sollevamento pesi al giorno. È molto più intenso dei miei dieci anni di jazz moderno... Volevo fare la ballerina. Era la mia passione prima del cinema». Cinque minuti dopo aver trascorso ore a parlare di cinema, Lyna mi manda un sms: «Ovviamente tra i miei cult c’è “Adele H. - Una storia d’amore” di François Truffaut… Non abbiamo parlato di Isabelle Adjani ma lei è parte di me».

—Virginie Apiou


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IN QUESTA PAGINA: Blouse, LILI SIDONIO; cintura “Prada Vanity”, PRADA, gonna di pelle a ruota, THE LABEL EDITION; calze, FALKE; scarpe, REPETTO; orologio, SWAROVSKI. NELLA PAGINA ACCANTO: pull marinière in cotone, MIU MIU. NELLE PAGINE PRECEDENTI: Abito di velluto con ricami di cristalli Swarovski, EMPORIO ARMANI; blusa di seta, CELINE BY HEDI SLIMANE; collant, FALKE; scarpe, REPETTO.

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In queste pagine. Abito di velluto con ricami di cristalli Swarovski, EMPORIO ARMANI; blusa di seta, CELINE BY HEDI SLIMANE; collant, FALKE; scarpe, REPETTO. HAIR STYLIST: Nabil

Harlow; MAKE UP ARTIST: Gregoris; ASSISTENTE FOTOGRAFO: Enzo Le Hen; ASSISTENTE STYLIST: Cindy Lucas.

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Un incontro con due designer visionari francesi: il leggendario Pierre Cardin e il giovane e talentuoso Simon Porte Jacquemus. di PAMELA GOLBIN


SPJ: No, non proprio. In realtà tutto deve avere un senso senza dimenticare il lato umano. Non decido di organizzare una sfilata in tre settimane solo perché me ne viene voglia. Penso al mio team e alla sostenibilità di quello che faccio.

Come descriveresti il successo? È lavoro. È lavorando che ho avuto successo. Discrezione, ambizione, saper tacere e guardare le cose con realismo. SPJ: La mia squadra è il mio più grande successo. Anche essere copiato è una forma di successo. Quando si viene imitati dai grandi marchi del fast fashion significa che abbiamo uno stile riconoscibile che la gente compra e indossa. PG: PC:

Cosa si è comprato con il suo primo grande assegno? Ho pagato i miei 300 dipendenti! Ogni 28 del mese mi assaliva il panico. PG: PC:

Possiamo descrivervi entrambi come persone fortunate? Sono consapevole del mio successo. Ma anche del mio lavoro. Non è come Dior che aveva dei partners finanziari... PG: PC:

Quando avete iniziato, avete pensato a una donna in particolare o più a un universo?

PG:

Siamo in Provenza, a Lacoste, al Café de Sade con Pierre Cardin, 98 anni, proprietario del locale e decano della moda francese ancora in attività, e Simon Porte Jacquemus, 30 anni, lo stilista di cui tutti parlano, che rivendica con forza l'influenza esercitata su di lui dal maestro. Ciò che li accomuna, ora come ieri, è il fatto di lavorare in modo diverso rispetto agli altri, aggirando i percorsi prestabiliti per lanciarsi e volare sulle proprie ali. PAMELA GOLBIN: Fatto ormai raro a Parigi, siete entrambi indipendenti, a capo delle vostre case di moda. PIERRE CARDIN: Lo sono sempre stato. Non ho mai avuto un capo. Avevo i soldi per farlo. Non avevo bisogno di aiuto. SIMON PORTE JACQUEMUS: Per me è stato per scelta. Certamente non avevo molti soldi, ma non volevo far parte di un grande gruppo. Ho detto no a tutti i marchi e a tante proposte di società finanziarie.

Per ora? No, è una scelta deliberata. Amo la mia libertà: la sfida più grande per un designer è rimanere libero. L’ho sempre vista come un’indipendenza vitale. PC: Concentro su di me tutte le responsabilità. Ho sempre tenuto per me i problemi. Le gioie, la felicità, le feste erano per gli altri. La gente si annoia in fretta delle nostre difficoltà. Non sono le loro. SPJ: Ho sempre condiviso la positività in modo che l’energia del marchio risplenda sugli altri. Quindi lo capisco. PG:

SPJ:

È difficile essere allo stesso tempo un creativo e CEO di un’azienda? PC: Sì, ma alcuni sono capaci di entrambe le cose. (ride) È proprio il mio caso. SPJ: Anche per me è importante trovare un equilibrio. La mattina mi occupo delle responsabilità finanziarie e i pomeriggi sono dedicati alla creazione. Non possiamo vivere sempre in una bolla. Bisogna stare nel mondo reale. PG:

PG:

Alcune decisioni artistiche vengono prese per motivi finanziari?

LA GENTE SI ANNOIA IN FRETTA delle nostre DIFFICOLTÀ... non sono LE LORO. —PIERRE CARDIN

PC: Né a una donna né a un universo. Piuttosto a una forma, a un volume. Un’idea, una silhouette portabile, soprattutto portabile. SPJ: Penso a un’idea generale, una storia con un titolo come Godard con “Il disprezzo”. È qualcosa di molto francese. Raccontare una storia e stare anche vicino alle persone. Da giovane avevo un’ossessione per le donne, ma era legata a una donna in particolare, mia madre che aveva mantenuto il suo cognome, Jacquemus.

Hai lanciato recentemente l’abbigliamento maschile? Sì, perché volevo raccontare storie di uomini. All’inizio mi veniva spontaneo con le donne. Ma ho avuto bisogno di tempo per capire cosa volevo raccontare attraverso le collezioni maschili. PG:

SPJ:

Monsieur Cardin, cosa ci racconta della moda maschile? Sono stato il primo a lanciare il prêt-à-porter maschile. E poi, sono sempre stato il primo... e gli altri sono stati i secondi, giusto? PG: PC:

Monsieur Cardin, c’è stata una retrospettiva sul suo lavoro al Brooklyn Museum. Cosa pensa delle sue creazioni esposte nei musei? PC: Beh, è il riconoscimento del mio lavoro, l’iniziazione al come e al perché sono diventato Pierre Cardin. Non è stato un caso. È il lavoro, il senso di responsabilità e una certa personalità. Bisogna creare la propria personalità. PG:

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Sade. Ho detto di sì senza pensarci. Possiedo anche il Palazzo Bragadin, a Venezia, dove ha soggiornato Giacomo Casanova. PG: Monsieur Cardin, può parlarci dei famosi couturier del dopoguerra che frequentava... PC: Conoscevo Dior prima che creasse il suo marchio quando era un antiquario. Era timido. PG: PC:

Al contrario di Balmain, che non era timido affatto. No! Era un playboy!

Cristóbal Balenciaga? Sì, lo conoscevo, ma era sempre molto discreto. Molto riservato. SPJ: Signor Cardin, se ricordo bene mi aveva raccontato che Christian Dior ha sognato per tutta la vita di essere Balenciaga. PC: Esattamente. Una volta mi disse: “Avrei voluto essere Balenciaga, sempre”. PG: PC:

Simon, so che stai conservando con cura le tue collezioni. In effetti, duplico tutto. È importante, ma è troppo presto per fare una mostra. Ho solo 30 anni. Non ci penso molto, anche se conservarle è, in un certo senso già pensarci. Quando ero più giovane, sognavo di diventare un grande designer, ma oggi voglio solo fare le cose bene, stare attento a quello che succede e rimanere vicino ai miei clienti. Creo la mia collezione dall'inizio alla fine, da una cintura a un abito o a un cappotto. PG:

SPJ:

PG: Sei stato a casa di monsieur Cardin, al Bubble Palace di Théoulesur-mer (nel sud della Francia)... SPJ: È stato fantastico. Ho vissuto un sogno. Era un’euforia. In realtà, sono un fan da anni. Nella mia visione estetica, non so come spiegarlo... è uno dei miei riferimenti in assoluto. PC: Oh sì, è una scultura in cui si può vivere. È magica. SPJ: Mi sono sentito a casa! C’erano le ceramiche di Picasso, e io sono ossessionato da Matisse e Picasso. PG: PC:

E Chanel Oh... preferirei non parlare di lei. Era gelosa di me. Ero estremamente bello, giovane e avevo talento. E lei aveva, purtroppo, una certa età... SPJ: Ah, la gelosia nella moda, è molto forte. PC: Ogni volta diceva: “Chi è questo giovanotto? Come si chiama?”. Anche se le ero già stato presentato più di venti volte e ci mettevano uno accanto all’altro a ogni cena. Comunque, diceva solo cose brutte sulle persone. Gelosa e cattiva... SPJ: Tutto quello che non voglio essere. PC: Ma aveva un grande senso dell’umorismo. SPJ: A vent’anni, quando ho iniziato, ho sentito alle feste e ai PG: PC:

Monsieur Cardin, come è finito qui, a Lacoste? Mi è stato offerto di comprare il castello del marchese di

In questa pagina, dall’alto in senso orario: Un ritratto di Simon Porte Jacquemus, il designer nel bac stage della sua sfilata spring summer , due momenti del d fil di arsiglia nel , un loo dallo sho in Pro en a del , un outfit della sfilata “ a bombe”del e il finale della sfilata spring summer n apertura di ser i io, dall alto in senso orario: n ritratto di Pierre ardin durante uesta inter ista con ersa ione, imon Porte ac uemus alla fine della sfilata spring summer , un ritratto di imon durante uesta inter ista con ersa ione e Pierre nel suo atelier durante gli anni

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Sì, i suoi disegni sono bellissimi! Anch’io amo Courrèges. È una delle mie più grandi ispirazioni. Courrèges e lei. PC: Cosa ti ha ispirato in lui? SPJ: La semplicità dei colori e delle forme. Per me il suo lavoro era davvero primitivo, un po’ come Picasso. C’è qualcosa d'ingenuo che mi ha parlato subito. PC: Aveva uno stile. SPJ:

Per lei è meglio essere alla moda o avere uno stile? Avere stile, ovviamente! Lo stile fa un marchio. La moda è temporanea. PG: PC:

n uesta pagina, dall alto in senso orario: n loo Pierre ardin del , lo stilista al la oro nel suo atelier con una modella durante gli anni , un portrait degli anni , un groupage di modelle con indosso la colle ione del , una crea ione couture del , un outfit alta moda del e un ensemble del

Monsieur Cardin, che consiglio darebbe a Simon? Lavorare in silenzio e non ascoltare gli altri. Ascoltare la propria coscienza. Se si conta sugli altri, non si riesce. PG: PC:

ESSERE COPIATO è una FORMA DI SUCCESSO. SIGNIFICA CHE ABBIAMO UNO STILE riconoscibile.

Simon, quale domanda vorresti porre a Pierre Cardin? C’è qualcosa che vorrebbe cambiare? PC: (cantando Edith Piaf): “No, non rimpiango nulla!” SPJ: (Ride) Me lo aspettavo! PC: "Né il bene né il male, per me è tutto uguale!" (Traduzione a cura di Alice Teso) PG:

SPJ:

—SIMON PORTE JACQUEMUS

cocktail party gli sguardi cattivi delle vecchie generazioni. Mi sono detto che avrei fatto l’esatto contrario. Sosterrò i giovani come faccio con Ludovic (de Saint Sernin, nda). Mi rifiuto di pensare che vogliano sostituirmi. Se perdessi la mia posizione, sarebbe colpa mia e non di un giovane assetato di successo... PC: Qual è la situazione a Parigi? Ci sono dei giovani come te in questo momento? SPJ: Da un paio d’anni ci sono in un certo senso più persone. Davvero. Dieci anni fa non eravamo molti. Parigi era un po’addormentata ed è vero che ora le cose si stanno muovendo. La fratellanza è dura in questo settore? C’è sempre stata gelosia. C’era Courrèges che mi piaceva e che aveva molto, molto talento.

PG: PC:

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Fétiche.

Per un secolo, questo magazine ha anticipato e previsto i trend delle passerelle, ha annunciato decenni di sobrietà e momenti di moda fl m o nt. Ma soprattutto ogni stagione ha messo l’accento sui m st e, gli oggetti più chic su cui investire. Quest’anno la prospettiva è cambiata ed è arrivato il ostro momento di scegliere. Mentre stanno iniziando i prossimi 100 anni de iel, abbiamo deciso di farvi diventare fashion editor selezionando gli items più cool dalle passerelle dell’ t nno in erno . Et voilà! Le Instagram stories pubblicate sui nostri rofili so i l sono state oggetto di oltre mil risposte da tutto il mondo. Naturalmente, lo stile di ogni Paese è differente e ha delle caratteristiche uniche nell’interpretazione dei trend. Ma gli accessori delle prossime pagine sono quelli universalmente considerati i più desiderabili, capaci di combinare la coolness contemporanea, l’heritage di ogni griffe. Tra i boots easy à la Dior e i nuovi classici, come la borsa Jackie rilanciata da i, le preferenze hanno determinato il m r io e i lori nascosti dietro la carta velina di ogni shopping bag. Perché la cerimonia di scartare un oggetto appena uscito dal negozio sarà uno dei momenti più attesi dell’ t nno.

n o in

Photography JENNIFER LIVINGSTON 284



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IN QUESTA PAGINA: Tote bag intrecciata, BOTTEGA VENETA. NELLA PAGINA ACCANTO: Décolleté Alma in pelle con decoro in metallo, SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO. IN APERTURA: Iron boots in pelle, DIOR.

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IN QUESTA PAGINA: Boots in pelle con suola importante, VALENTINO GARAVANI. NELLA PAGINA ACCANTO: Borsa "Peekaboo" in pelle nera e dettagli dorati, FENDI.

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IN QUESTA PAGINA: Pumps total white con dettagli sporty e logo, PRADA. NELLA PAGINA ACCANTO: Borsa "Dauphine" vestita con il nuovo motivo Since 1854, LOUIS VUITTON.

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IN QUESTA PAGINA: Bag geometrica in pelle con catena in metallo dorato, CELINE BY HEDI NELLA PAGINA ACCANTO: Borsa "Jackie 1961" in versione small, GUCCI.

SLIMANE.

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IN QUESTA PAGINA: Boots stringati in vitello, SALVATORE FERRAGAMO. NELLA PAGINA ACCANTO: Borsa "Olympia" in pelle soft, BURBERRY. RETOUCHING: Picture House; VISUAL DIRECTION: Miriam Herzfeld; POST PRODUZIONE DIRECTOR: Patrick Kinsella.

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Looking Back: nel 1964, René Gruau usò le frange per prevedere il futuro. Nel creare i numeri e le cover de L’Officiel durante gli anni, Andrée Castanié e Georges Jalou hanno visto di tutto, raccontato di tutto e previsto tutto. Spesso chiedevano a René Gruau di illustrare le copertine del magazine. L’artista autodidatta era in grado di catturare perfettamente le ultime tendenze della moda nei suoi disegni charmant a inchiostro, ispirati in maniera diversa dall’arte di Toulouse-Lautrec o dalla calligrafia giapponese. Negli anni ’60, il fashion system si era completamente dimenticato delle frange. Che avevano fatto la loro ultima, e seria, apparizione sulle gonne flapper dei ruggenti anni ’20. Tuttavia, per la copertina de L’Officiel del dicembre 1964, Gruau scelse di raffigurare un abito scarlatto ornato di frange. Voleva tributare un omaggio alle giacche del momento, quelle lavorate a maglia di Jean Patou,

ma cercava con il suo tratto di raccontare anche il ritorno delle rifiniture da atelier proprie degli anni ’50. Gruau stava respirando l’air du temps e prevedendo il futuro: le frange furono infatti protagoniste di una grande rinascita tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, come dimostrano le pagine dei numeri del dicembre 1969 e del settembre 1971 de L’Officiel. Quelle sottili, danzanti e geometriche linee di tessuto sono state la stars di un decennio. Diventando protagoniste assolute grazie a materie, forme, dimensioni e colori differenti. Guardando a quella frangia rossa raccontata in un disegno, Gruau pensò a un passato blasonato, celebrò il presente e, soprattutto, predisse un futuro in quel momento ancora sconosciuto. —Hervé Dewintre


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