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L’Arte che racconta pag
L’ARTE CHE RACCONTA
La Vittoria Alata
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È proprio vero quando si dice che non è necessario fare chilometri per conoscere le proprie origini. Solo in piazza del Foro, quindi a pochi passi dalla nostra scuola, abbiamo numerose testimonianze della nostra storia che è bene visitare proprio come abbiamo fatto noi di 3DL venerdì 18 marzo in uscita didattica. Come prima tappa abbiamo avuto l’onore di ammirare la meravigliosa Vittoria Alata, studiata precedentemente a lezione. Una statua così particolare non può che suscitare pensieri e sensazioni vari, anche all’interno di una stessa classe. Ha, secondo noi, infatti, intorno a sé un’aura di mistero da cui scaturiscono emozioni contrastanti. Da una parte l’imponenza della figura mette quasi in soggezione, dall’altra in alcuni ispira angoscia. Perché mai tali eleganti movimenti dovrebbero avere questi effetti? Forse perché il soggetto rappresentato suggerisce quasi una sensazione di vuoto, come se avesse molto da dire, ma fosse bloccato da qualcosa. In principio, la Vittoria Alata venne scambiata per un’affascinante Afrodite risalente al III secolo a.C, quindi, di origine greca, con il piede sull’elmo del suo amante Marte mentre e si specchiava in uno scintillante scudo sostenuto dalla sua mano.
Chissà cosa rivelerebbe oggi se
potesse parlare… si sistemerebbe le pesanti ali e racconterebbe come è diventata l'emblema della vittoria che oggi conosciamo. O come lo fosse già nel I secolo, come possiamo dedurre dal fatto che le ali e il corpo siano della stessa lega metallica. Il suo nome si scriveva sullo scudo dei vincitori, mentre il suo piede calcava l’elmo dei vinti. O forse scopriremmo cose da noi mai nemmeno immaginate, storie amorose mai raccontate, faide nascoste. Forse non è affatto un’immagine di vuoto e angoscia: è una sopravvissuta, uno dei pochissimi bronzi rinvenuti; sta a noi darle
vita, scavare a fondo e rendere quel mistero un punto di partenza per costruire la sua e la
nostra storia.
Il Museo di Santa Giulia
Il Museo Santa Giulia, in origine un antico monastero, costituisce un patrimonio artistico e culturale unico in Italia. Esso comprende innanzitutto la Chiesa di San Salvatore, un’importante testimonianza della presenza di centri di potere longobardi nel nostro territorio. Qui un elemento particolarmente interessante è la sequenza di colonne, che è un esempio di “spolia romane” e dimostra, quindi la pratica del reimpiego. Sono infatti stati riutilizzati dai longobardi dei resti romani di colonne e capitelli, per costruire la struttura. Sicuramente alla base c’era un concetto di utilità e praticità, ma dall’altra affascina l’evidente ammirazione che i longobardi nutrivano per questo popolo. La Chiesa di Santa Maria in Solario, invece, torna subito alla mente per la sua iconica cupola stellata, che crea un’atmosfera a mio parere particolarmente romantica, con luci calde e dorate che illuminano la Croce di Desiderio. Si tratta del più grande manufatto di oreficeria altomedievale esistente, con la sua enorme struttura in legno, rivestita da una lamina metallica, ma soprattutto ornata da 212 pietre, cammei e vetri colorati. Un sogno insomma! Da amante dei cristalli l’avevo sempre ammirata ancor prima di vederla... Prima di scoprire ciò che ci circonda, è bene quindi conoscere la propria città, e credo che questa uscita sia stata più illuminante di quanto si possa pensare. Penso che la possibilità di vedere dal vivo ciò che si studia nelle solite “quattro mura” scolastiche sia una grande risorsa; questo vuole essere quindi un appello
perché l’istruzione non sia solo fatta di parole, ma di esperienze importanti anche a km 0!
Ilaria Piceni, 3°DL
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