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La Chimera

La triste vicenda di un’adolescente accusata di stregoneria alla fine del XVI secolo

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Con il romanzo storico La C himera, Sebastiano Vassalli, attraverso il racconto delle vicende della protagonista Antonia, fa capire ai lettori la realtà storica del XVI secolo, un secolo caratterizzato da incertezze, intolleranze e costanti soprusi da parte dei più potenti. Innanzitutto l’autore descrive la corruzione della Chiesa nel Cinquecento: un’ambiente poco spirituale, i cui membri aspiravano maggiormente al potere politico e alla ricchezza, tralasciando spesso la moralità; numerosi ecclesiastici, infatti, amavano lo sfarzo e per raggiungerlo conducevano una vita sempre meno casta, religiosa e corretta. Vassalli, a tal proposito, racconta fin da subito le vite peccaminose degli uomini di Chiesa, che non nascondevano minimamente i loro peccati; non seguivano le regole imposte e davano poca importanza alla fede religiosa, non esitando a unirsi a donne da cui nascevano figli illegittimi che venivano poi abbandonati nei modi e nei luoghi peggiori. Antonia stessa fu una vittima di questa tendenza: nacque, infatti, da un rapporto inammissibile. Per questo motivo, come era normale ai tempi, fu abbandonata, ma poi fortunatamente salvata da una balia che ne aveva sentito il pianto disperato. Venne successivamente battezzata con il nome di Antonia Spagnolini. La fanciulla trascorse l’infanzia da “esposta” nel convento di Novara, finché all’età di dieci anni non venne adottata da una coppia di calorosi contadini che la portarono a vivere con loro nella piccola cittadina di Zardino. Antonia dovette subito adattarsi alla nuova vita e si accorse immediatamente che la realtà che aveva visto e che le avevano fatto vedere al conven-

to era solo apparenza. Nel nuovo paese, infatti, c’erano falsi preti come don Michele, il quistone (ovvero un falso parroco, divenuto tale per vie illecite) oppure preti avidi come don Teresio, che obbligava tutti i fedeli a recarsi in chiesa per donare ingenti offerte di denaro. In questo contesto, Vassalli introduce anche la questione del traffico illecito delle reliquie: ai tempi, infatti, era molto diffuso falsificarle e far credere ai fedeli che fossero vere per poi richiedere offerte cospicue in cambio del privilegio di poterle guardare o toccare. Vassalli, tramite i personaggi del vescovo Bascapè e del monsignor Cavagna, entrambi ingannati da un sacerdote venditore di reliquie, evidenzia le difficoltà incontrate dalla Chiesa della Controriforma nell’estirpare questa pratica proficua e ben radicata nel territorio. Un altro episodio di corruzione in ambito ecclesiastico, sempre collegato alla vicenda di Antonia, si verificò quando la ragazza fu accusata di stregoneria e mandata sotto processo.

Il padre della giovane, resosi conto dell’impossibilità di affidarsi alla Giustizia, decise infatti di offrire la più preziosa tra le sue bestie in dono all’Inquisitore affinché potesse fermare le accuse.

L’Inquisitore non esitò a rifiutare, non perché fosse un uomo corretto, rispettoso della legge e della morale, ma soltanto perché ai suoi occhi il dono aveva un valore troppo basso. In secondo luogo La C himera permette di comprendere meglio la realtà storica del XVI secolo perché Vassalli nel romanzo descrive accuratamente il tema dell’ingiustizia sociale. Racconta, infatti, della condizione dei risaroli, uomini dall’aspetto miserabile, con deformità dovute a malattie fisiche o con problemi psichici, costantemente vestiti con stracci, trattati da schiavi peggio degli animali, abbandonati dalle proprie famiglie e completa-

mente esclusi dalla società. Lavoravano duramente nelle risaie in condizioni pietose. Appena Antonia li vide, provò una tale sofferenza da cercare subito un modo per farli scappare, ma non era possibile perché c’erano guardie dai modi violenti e scurrili a riportare subito indietro tutti i fuggitivi. La realtà della fine del Cinquecento era questa: i più deboli, i diversi erano destinati a una vita misera, priva di dignità. Questa era anche la vita dei capri espiatori: persone accusate ingiustamente e processate perché la loro condanna poteva essere la soluzione per mantenere tranquillo il popolo, che non ne poteva più di essere soffocato dalle tasse, dalle pestilenze e dal clima inclemente. Le rivolte popolari potevano in un certo senso essere fermate, individuando un colpevole su cui scaricare ogni responsabilità. Allo Stato faceva comodo.

Quando il capro espiatorio era innalzato sul rogo, infatti, la gente accorreva e, vedendo il male bruciare, si tranquillizzava, pensando che da quel momento in poi tutto sarebbe an-

dato per il verso giusto. Questa fu anche la sorte di Antonia, un capro espiatorio perfetto. Attraverso la storia di Antonia il lettore comprende meglio la vita di tutte quelle donne che, tra il XVI e il XVIII secolo, apparvero diverse e pericolose agli occhi del popolo e delle istituzioni al punto tale da essere accusate di stregoneria. Antonia, per esempio, si distingueva dagli altri per l’aspetto fisico: profondi occhi scuri, folti capelli neri, tratti mediterranei. Era bellissima e neppure la rasatura del capo, che a un certo punto le venne imposta, riusciva a nascondere la delicatezza dei suoi tratti. Arrivata a Zardino, tutti la guardavano con uno sguardo misto di stupore e indignazione: lei era qualcosa di mai visto e, di conseguenza, mostruoso. Durante l’Inverno in paese si diffusero storie che avevano come protagonisti animali selvatici, streghe e demoni, tutte creature del diavolo; per questo, quando Antonia iniziò a uscire di notte per incontrarsi con un camminante, un vagabondo di cui si era innamorata, fu immediatamente accusata di essere in relazione con Satana, di essere una strega e di uscire per partecipare al Sabba. Furono le donne invidiose, vestite perennemente di nero, pallide e magroline, e il resto del popolo superstizioso a spingere don Teresio a recarsi a Novara per denunciare la giovane di stregoneria. Nel XVI secolo un simile fatto era molto frequente. Migliaia di donne furono denunciate per poi essere processate e condannate. Dietro la paura della stregoneria si nascondevano altre motivazioni ben poco nobili: l’invidia; la paura che queste donne potessero diventare pericolose perché in grado di guadagnare del denaro autonomamente, per esempio svolgendo la professione di guaritrici e levatrici, o semplicemente per il bisogno di trovare un capro espiatorio, la cui morte avrebbe potuto riportare una sorta di ordine sociale. Leggere la storia di Antonia oggi ha un forte significato perché permette di dare voce e ricordare tutte le donne e agli uomini che hanno dovuto subire ingiustizie e violenze da parte delle principali istituzioni dell’epoca: lo Stato e la Chiesa.

Ivana Yaxing Lin, 4°A AFM

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