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Giocare a rugby pag
Giocare a Rugby. Un invito
Molti, soprattutto in Italia, considerano il rugby uno sport pericoloso, violento e assolutamente vietato ai bambini piccoli. Questi sono solo alcuni dei tanti pregiudizi che provengono dalle persone che non conoscono affatto questo sport. Il rugby, invece, incarna benissimo il concetto di disciplina sportiva: lealtà, condivisione, rispetto e tanto altro. Si tratta, inoltre, di uno sport versatile: adatto a tutti i tipi di genere, fisico ed età. Quindi, perché avvicinare il proprio figlio o figlia a questo sport? In primo luogo, il rugby è uno sport educativo, insegna a rispettare le regole e a non ingannare gli altri. Una delle regole federali, infatti, stabilisce che tutti i ragazzi entrino in campo a giocare, perché è inutile lasciare un ragazzo meno bravo in panchina, al contrario, entrare in campo gli permetterebbe di migliorare e, soprattutto, di sentirsi motivato a farlo. Il rispetto, in particolare verso l’arbitro, è importante: nessuno al di fuori del capitano può parlargli; se qualcuno lo fa ne patirà tutta la squadra. Come diceva Franco Ascantini (ex giocatore di rugby): “Essere rugbisti dovrebbe essere un modo per diventare cittadini della Repubblica Italiana; se non si educa la base, cosa ci fa distinguere dagli altri sport? Il rugby è l’attività di base per la formazione prima di tutto del cittadino, quello che bisogna insegnare ai bambini è il rispetto e l’educazione”. Pochi sport come il rugby sembrano avere a cuore la formazione umana, in quanto è uno sport che mette insieme il gioco di squadra, il contatto fisico, la velocità e la forza. Sempre a livello educativo, insegna a giocare bene, e non a focalizzarsi soltanto sulla vittoria. Quello che insegna ai bambini è giocare per divertirsi prima di tutto; il rugby permette di imparare che vincere vuol dire assegnare un compito a ciascun ragazzo e alla squadra e, portarlo a compimento, non arrivare primi ad un torneo. Un altro motivo per il quale avvicinare la propria figlia o figlio alla palla ovale è il fantastico “terzo tempo”. Questo è un fenomeno unico nel panorama sportivo; esso è il momento conviviale del dopo partita, e nel minirugby è ancora più importante: i bambini fraternizzano con gli altri e i genitori fanno nuove amicizie. Durante questo momento si mangia tutti insieme e si fa una vera festa. A livello di club questo fenomeno si svolge nella club house della squadra ospitante, come un pub vicino al campo; spesso nelle club house viene offerto un piatto di pasta e una bibita. Invece, a livello nazionale si svolge in sale dello stadio create apposta per questo evento. L’aspetto straordinario è che anche i tifosi possono partecipare: un’occasione per avvicinare gli atleti fare foto con loro o chiedere autografi. Con il “terzo tempo” il rugby insegna che le partite sono un gioco: ci si impegna, ma, soprattutto, ci si diverte nel rispetto degli altri. Questa usanza è stata resa nel tempo come un vero momento di incontro e amicizia tra gli avversari che, dopo una battaglia in campo stabiliscono, a volte, amicizie forti e stabili; di conseguenza, questo, aiuta il ragazzo a socializzare rispettosamente e ad aprirsi se è timido. In terzo luogo, è giusto mandare i propri figli a rugby perché non è uno sport pericoloso, anzi, insegna a cadere senza ferirsi. Ovviamente, dato che è uno sport di contatto ci si può fare male, ma l’incidenza degli infortuni è statisticamente più bassa di altre discipline come il calcio. Soprattutto, a differenza del calcio, nel rugby si lavora molto sulla prevenzione. Lo sport della palla ovale è uno dei pochissimi dove, a scontrarsi, sono due linee ben distinte di giocatori e, quindi, per segnare un punto si deve per forza “rompere” una di queste linee con la fisicità. Secondo una ricerca di Forbes del 2006, a livello di infortuni sportivi, il rugby precede attività come l’hockey sul ghiaccio, il basket, il baseball, il football americano, la ginnastica artistica, l’equitazione e gli sport di combattimento. Ovvio che tutto si ricollega: solo se si rispettano le regole alla perfezione il rischio di subire traumi è pari a zero. È inoltre da considerare il fatto che il rugby che si vede in televisione è diverso da quello che si insegna ai bambini; gli allenatori insegnano loro i movimenti per compiere le manovre più “rischiose”, ma senza applicarle. È importante, per giunta, insegnare loro a cadere, in quanto si tratta di un insegnamento fondamentale per lo sviluppo psicomotorio.
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Si potrebbe dire che il rugby sia uno stile di vita: a volte prendiamo una spinta e cadiamo a terra, a volte la meta sembra irraggiungibile, ma se lo vogliamo e abbiamo amici sicuri, insieme possiamo rialzarci e realizzare i nostri sogni. Awa Gaye, 4°D RIM