TRADIZIONI FIORENTINE di Riccardo Morandi
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Le strane coppie della ristorazione di Raffaella Galamini
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l mondo della ristorazione prova a reagire alla crisi innescata in città dall’emergenza Covid-19. Le nuove aperture fanno ben sperare, anche se ancora all’orizzonte non si registra la ripartenza dei flussi turistici dall’estero. Le attività commerciali e ricettive fanno affidamento sulla clientela locale e puntano a incuriosirla. In piazza Annigoni Duje aveva chiuso a novembre dopo la partenza del pizzaiolo Michele Leo (tre spicchi Gambero Rosso) e aveva avviato una profonda ristrutturazione. A fine gennaio ha riaperto con un nuovo nome Largo9, in ambienti ampliati e con una formula rivisitata a metà tra la pizzeria e il ristorante. Il nuovo corso di Largo9 è nel segno del pizzaiolo pluripremiato Gabriele Dani (tre spicchi Gambero Rosso) che ha scelto di dividersi tra Cecina e Firenze. Nel locale di Sant’Ambrogio è quindi approdata anche la pizza al vapore, specialità che contraddistingue Dani. Al bancone la barlady Ve-
ronica Costantino (ex Gunè) per proporre il food pairing con la pizza oltre che con i piatti del ristorante. In via Pier Capponi la voglia di specialità giapponesi incontra la cucina toscana. Ecco quindi I’Ssushi dove accanto a un tradizionale menù asiatico viene proposta anche la versione fusion nippo-italiana con specialità fiorentine rivisitate. Anche in centro c’è fermento e voglia di ripartenza. In via del Parione ha aperto l’osteria Latteria. Il nome è un omaggio alla storica insegna che si può ammirare all’ingresso del locale. Un ristorante con menù toscano (ma senza bistecca alla fiorentina) che punta sulla cucina povera e sul vino a mescita. Una formula che si presta a essere apprezzata dai fiorentini doc oltre che dai turisti. News anche sul fronte dell’estetica. A Campo di Marte in via Castelfidardo 7/r ha aperto Fede Little Beauty. A prendere l’iniziativa una giovane estetista Federica Mandia che ha deciso di puntare sui prodotti biologici e naturali e su un servizio di qualità e soprattutto in totale sicurezza per trattamenti viso/corpo.
Pizza&cocktail, fusion nippoitaliani e cucina toscana senza bistecca
Il pane
ei mesi scorsi mi è capitato, durante una cena in un ristorante amato più che dal cliente dal ristoratore, di assistere a una curiosa lettura del menù da parte di quest’ultimo. Il “senza” era la parola ricorrente, la miglioria. L’esclusione di qualcosa, anche abbastanza importante (tipo la pasta al burro senza burro), era la migliore bandiera: miracoli della cucina di oggi, la stessa che per esempio “destruttura e scompone” i piatti per fare sostanzialmente prima. Lo stesso modus di lettura applicato da un fiorentino sul cibo primo della tavola, il pane, diventa qualcosa di socialmente apocalittico. Ma veniamo a illustrare il fenomeno che per comodità chiameremo “LA GRANDE TRUFFA DEL PANE SENZA SALE”. Partiamo dal presupposto che il sale nel pane ESISTE e non è questione di letture: son 4 ingredienti numerati, che si completano. A Firenze tutto questo non esiste, a Firenze si fa il pane senza sale. Perché? Si sprecano le spiegazioni, sia storiche, citando i dazi sul sale dei secoli scorsi, che gastronomiche, arrampicandosi sugli specchi con “la sapidità del piatto fiorentino”. Ovviamente il finale su questa curiosa tradizione sta nell’orgoglio fiorentino che qualifica la propria pagnotta come “la migliore d’Italia”. Per il cittadino di Firenze il miglior pane è quello sciapo. Può cacciare brutte occhiate quando qualcuno compera una bozza pugliese, dare sguardi strani quando si trova davanti il panino ferrarese (che un pane fatto solo di briciole, è pura ansia). Mai e poi mai troverete qualcuno che a Firenze voglia il sale nel pane. Lo stesso sale che viene poi messo a chili nella schiacciata. Non abbiamo altre letture sulla questione, sappiamo solo che a Firenze anche togliere un ingrediente diventa virtù. Orgoglio senza sale.
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