Lungarno n. 94 - aprile 2021

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Aprile 2021

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FIND YOUR DIFFERENCE

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Sommario 04

Editoriale La Serenata

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Fiori a Fiorenza

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Affissioni artistiche per superare la crisi

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Sulla strada di Ferlinghetti

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Novità d'arte in città Missive selvatiche

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“L’imbroglio di carta” della macelleria Falaschi L'edicola diventa libreria

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Serra Yilmaz "Le ragazze di San Frediano" alla scoperta di Firenze

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Barba Fantasy Uovo Studios, la cellula d’arte polifunzionale

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Luoghi abbandonati:

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Lo bello stile NoCost - La cravatta di Rodolfo Siviero Lavignetta

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Personaggi fiorentini - Il conte Razza (È) tutto nei termini

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La posta di Sigismondo Froddini - È tempo di allergia, ma a cosa? Amorazzi - Cat Lady

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Decoriamo la Pasqua in modo naturale Il mignolo verde - Dieci piccole piantine

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Produzioni in evoluzione: Bottegacinema Up&Down

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Frastuoni

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Kúthà, tra libri e arte Brevi cronache librarie - Racconti fiorentini con la scusa di un libro

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Intervista a Bruno Casini Minimondo

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A Firenze il primo store ecofriendly Tradizioni Fiorentine: Lo scoppio del carro

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Palati fini - Pastiera Spirito liquido - Aperitivo rivoluzionario o rivoluzionato?

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Oroscopo


LA SERENATA

EDITORIALE

di Matilde Sereni

di Jacopo Aiazzi

L’Odissea Volume II è un grande poema epico del XXI secolo d.C. Narra le vicende riguardanti l’eroico popolo toscano durante la Guerra di Troia (arcaico latinismo per definire l’attuale burocrazia). Era il tempo della pazienza e dell’astuzia. Il mondo era preda di una pandemia letale e, tra richieste di sussidi, iter di prenotazione per gli agognati vaccini e la necessità di un’identità digitale, i popoli avevano fame di chiarezza. “Che si mangino i clickbait!” rispose il drago. Era un tempo surreale, in cui non mancavano di certo i mezzi per avere le risposte... ma si guadagnava nel non darle. Fu così che, nella città di Florentia e nella Toscana tutta, i cittadini si ingegnavano giorno e notte per trovare stratagemmi adatti ad aggirare ostacoli studiati appositamente per snervare anche i più valorosi. Sveglie alle cinque del mattino nel “giorno del clic-day”, postazioni multiple per prenotare quando una cura quando un bonus, prelievi da pochi centesimi per riuscire a ricevere un rimborso di pochi spicci, scervellamenti per avere i fondi per creare eventi nell’era del distanziamento sociale. Il risultato, come prevedibile, non fu appagante per nessuno e quindi uscimmo a riveder le stalle. Si fa per scherzare. Sappiamo bene che ognuno di noi sta facendo il possibile per uscire per lo meno sano di mente da questa situazione, ma a volte è davvero difficile mantenere la fiducia, che, a mio avviso, resta la base per ogni relazione duratura. 
Che poi basta poco: abbiamo così tanto bisogno di buone notizie, che ci basta l’annuncio del grande ritorno dell’Estate Fiorentina, con eventi online e in presenza da giugno a settembre, per tirare una boccata d’ossigeno a pieni polmoni e tornare ad avere speranza (senza Franceschini). 
Buona lettura.

Affittasi centro storico a prezzo inaccessibile

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ffittasi ampio spazio in pieno centro storico, superficie calpestabile dai viali di circonvallazione all’ex cinta muraria. Il riconoscimento, da parte dell’Unesco nel 1982, di patrimonio dell’umanità rende l’immobile di pregio. All’interno non ci sono servizi utili alla residenza, ma la vista sui monumenti storici è impagabile. Il prezzo, non trattabile, è inaccessibile per tutti». Questo potrebbe essere l’annuncio con cui Firenze prova a far rivivere il suo centro storico. Nei giorni scorsi, persino il Sindaco Nardella ha lasciato trasparire, in un’intervista al Corriere Fiorentino, un “leggero” fastidio per la situazione attuale, dicendosi deluso per la mancata disponibilità dei proprietari di immobili ad abbassare i prezzi d’affitto e definendo la scelta “irresponsabile e inaccettabile”. Già, perché i proprietari degli immobili in affitto a Firenze sembrano preferire il mancato guadagno di un anno, piuttosto che calare la propria rendita mensile, con il terrore che una volta abbassato il prezzo non possa risalire. Preparatissimi in materia economica, specializzati nella legge della domanda e dell’offerta, pecchiamo forse da sempre di empatia. Sicuramente di autocritica. Il mix esplosivo tra spirito bottegaio e pandemia ha solo accelerato un processo di spopolamento del centro storico già innescato da anni, tra l’invisibilità degli scarsi servizi e la nascita come funghi di bar e ristoranti, che in tempi non sospetti fecero parlare di modello mangificio per la città. A vent’anni, ad esempio, vedevo la pedonalizzazione del Duomo come un risultato positivo, ambiente e traffico; invece si è rivelato essere un’immane tragedia, dividendo la città con uno spartiacque tra periferia/residenti e centro/turisti. In tempi non sospetti, su queste pagine intervistammo un giovane universitario in affitto nel centro: per sopperire all’alto costo aveva escogitato un sistema che consisteva nel pagare ogni mese con qualche giorno di ritardo. Dopo due anni aveva risparmiato un intero mese di affitto, senza che il proprietario dell’immobile si accorgesse di niente. Un escamotage che oggi sembra meno sbagliato di ieri. L’esempio riguarda l’affitto di un alloggio, mentre il Sindaco si riferiva agli affitti commerciali, ma, da che mondo è mondo, quando il turismo si azzera, senza residenti i negozi chiudono.

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IN COPERTINA

SOLO, TUTTI ASSIEME! di Edoardo Nardin

Edoardo Nardin nasce a Pordenone nel 1983. Si laurea con lode come organizzatore dell’arte e dello spettacolo alla facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze, con tesi sui finanziamenti alla cultura. Naturalizzato toscano, oggi è un artista che porta i suoi spettacoli e la sua arte in Italia e nel mondo. La natura di Nardin è un eclettismo che riesce a far sfumare i confini tra i diversi linguaggi espressivi, un funambolismo artistico con cui si muove tra le diverse tecniche da lui utilizzate. Divide la sua ricerca artistica fra arti visive e arti performative: è giocoliere, acrobata, clown, equilibrista e, quando non calca le assi di un palcoscenico, disegna e sperimenta diverse tecniche fra la pittura, l’illustrazione e l’installazione artistica. www.edoardonardin.it shop.edoardonardin.it instagram: edoardonardin facebook: edoardo nardin

Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Firenze n. 5892 del 21/09/2012 N. 94 - Anno X - Aprile 2021 - Rivista Mensile ISSN 2612-2294

Proprietario: Associazione Culturale Lungarno Editore: Tabloid Soc. Coop. • Firenze • N. ROC 32478 Direttore Responsabile: Jacopo Aiazzi Stampa: Tipografia Baroni e Gori srl • Prato Nessuna parte di questo periodico può essere riprodotta senza l’autorizzazione scritta dell’editore e degli autori. La direzione non si assume alcuna responsabilità per marchi, foto e slogan usati dagli inserzionisti, né per cambiamenti di date, luoghi e orari degli eventi segnalati. Lungarno ringrazia Marco Battaglia e la type foundry Zetafonts per aver concesso, rispettivamente, l’utilizzo delle font Queens Pro e Monterchi.

I contenuti di questo numero sono a cura dell’Associazione Culturale Lungarno. Per la loro realizzazione hanno collaborato: Michele Baldini, Alect, Matteo Chiapponi, Daniele Pasquini, Camilla Guidi, Alessia Quercioli, Martina Vincenzoni, Valentina Messina, Tommaso Chimenti, Daniel C. Meyer, Virginia Landi, Giulio Garosi, Marco Tangocci, Davide Di Fabrizio, Teresa Vitartali, Lafabbricadibraccia, Tommaso Ciuffoletti, Marcho, Spazioposso, Francesca Corpaci, Marianna Piccini, Walter Tripi, Caterina Liverani, Gabriele Giustini, Raffaella Galamini, Carlo Benedetti, Giulia Focardi, Susanna Stigler, Riccardo Morandi, Marta Staulo, Andrea Bertelli, Lulaida, Francesca Arfilli e Edoardo Nardin. Caporedattore: Riccardo Morandi Editor: Arianna Giullori L’Associazione Culturale Lungarno ringrazia la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze per il contributo a sostegno delle attività culturali svolte.


Fiori a Fiorenza un tappeto floreale per salvare le api di Michele Baldini illustrazione di Alect

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nche quest’anno Firenze si tinge di viola, ma per difendere le api e la biodiversità, chiedendo un contributo a tutti i residenti grazie a un concorso. Sì, perché non tutti sanno che è possibile, nel proprio piccolo (balcone, terrazza o davanzale) svolgere mensilmente un piccolo gesto per permettere alle api di sopravvivere, dato il loro progressivo spopolamento. Sono circa quindici le piante che ogni mese possono essere offerte ai preziosi insetti anche senza essere pollici verdi professionisti: dal tulipano all’erba cipollina, dal rosmarino al flox, alla calendula e la malva alla – giustappunto – facelia. Quest’ultima decora 15 rotonde cittadine in questa “maledetta” primavera, così come – per chi aderirà – i balconi. “Fiori a Fiorenza” è infatti giunto alla seconda edizione: lanciato dal Comune di Firenze per premiare il balcone più bello, è organizzato con la Società Toscana di Orticultura e i cinque Quartieri, con il sostegno delle Farmacie Fiorentine Afam. In particolare, le Farmacie Comunali di Firenze distribuiranno ai cittadini i semi di facelia da piantare sui

propri balconi, mentre la semina della pianta viola nelle rotonde e lungo gli argini dell’Arno sarà realizzata dalla direzione Ambiente. Al Piazzale arriva l’installazione “Bee the Change”, a forma di ape e realizzata grazie alla sponsorizzazione di Aboca, healthcare company che parte dalle proprie coltivazioni biologiche per ricavare le sostanze vegetali con cui realizza prodotti efficaci e sicuri per la salute. “Un pacchetto di iniziative per sensibilizzare i cittadini – ha detto l’assessore Del Re -, non solo un elemento di bellezza per le nostre case e per la nostra città, ma anche un contributo alla tutela della biodiversità. Firenze è città amica delle api e per questo abbiamo voluto accompagnare questa seconda edizione del concorso dei balconi fioriti, con la semina della facelia, gradita alle api, nelle rotonde e sugli argini dell’Arno e con una installazione di fiori al Piazzale, che vuole invitare tutti ad essere quel motore di cambiamento per un nuovo modello di sviluppo più sensibile all’ambiente e al pianeta in cui viviamo. La semina ha l’obiettivo di creare un habitat urbano favorevole alle api, che con la loro incessante attività di impollinazione garantiscono la continuità degli ecosistemi e la biodiversità anche in ambiente urbano”. “Fiori a Fiorenza” ha preso il via il

21 marzo e si chiuderà il prossimo 21 giugno. Per partecipare sarà sufficiente inviare una foto del balcone fiorito, indicando la zona e il quartiere di riferimento. A valutare i balconi più belli saranno per il 60% una giuria tecnica e per il 40% una giuria popolare. La giuria tecnica sarà presieduta dal presidente della Società toscana di Orticultura Alberto Giuntoli. Saranno premiati i primi 10 classificati, due per quartiere. La premiazione si terrà il 24 giugno presso la sede della Società toscana di Orticultura a Villa Bardini. Tutte le informazioni per partecipare al concorso sono disponibili su www.societatoscanaorticultura.it, e saranno diffuse anche tramite materiale informativo che sarà distribuito dalle Farmacie comunali della città unitamente ai semi di facelia. “Già lo scorso anno - ha ricordato l’assessore Del Re -, con la firma di un accordo con l’associazione degli apicoltori che ha sede a Firenze e con la Regione Toscana, abbiamo lanciato un grido d’allarme per richiamare l’attenzione su un settore gravemente in crisi negli ultimi anni a causa dei cambiamenti climatici. Firenze, per il richiamo internazionale che ha, può aiutare il settore anche con azioni e campagne di comunicazione ”.

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Affissioni artistiche per superare la crisi di Matteo Chiapponi

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asseggio per le strade di una Firenze sospesa tra l’attesa per la ripartenza e il timore di un’altra chimera che sfugge beffarda tra annunci, ristori e zone rosse più o meno intense. Molte certezze sono state spazzate via dal tornado che si è abbattuto sul mondo e persino le nostre città non sono più le stesse. In questo periodo le strade avrebbero dovuto essere tappezzate da manifesti di mostre, eventi, concerti della rockstar di turno, adesso rimangono solo cartelloni rugginosi in attesa di tempi migliori. Viene da chiedersi: come se la passeranno gli attacchini durante la crisi? A Livorno un operaio affissatore ha lanciato un appello su Facebook: “SUPPORT YOUR LOCAL SERVIZIO DI AFFISSIONI!”. Gli operai della ditta che si occupa del servizio sono infatti in ferie forzate e se entro l’estate non avranno almeno cinquemila manifesti da attaccare, l’azienda rischia di chiudere. La sua proposta è semplice: destinare una piccola parte dei ristori pervenuti nelle casse del Comune per l’affissione di manifesti di rilevanza sociale, artistica o di pubblica

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utilità. Una bella idea, come ce ne sono tante, ma che stavolta ha attivato un’eco tale che il Comune di Livorno ha deciso di sedersi a un tavolo e ragionare di questa possibilità. Niente di certo ancora, fanno sapere, ma almeno il messaggio è arrivato a destinazione e si cerca una soluzione che salvi la paga di molti lavoratori. L’assessore alla Cultura del Comune di Livorno Simone Lenzi non si sbilancia sul buon esito dell’operazione (“Stiamo definendo”) ma commenta così l’appello dell’operaio livornese: “Le restrizioni alla mobilità hanno procurato un ovvio danno anche al settore delle affissioni. Pensiamo però che tutti questi spazi bianchi possano costituire un’opportunità per iniziative culturali di vario genere. Stiamo lavorando ad alcuni progetti in questo senso: se non ci sono le pubblicità è giusto che ci sia altro”. A Firenze la situazione è leggermente diversa perché le affissioni di pubblica utilità sono gestite dalla Sas Spa che, occupandosi non solo di affissioni ma di servizi alla strada in generale, ha permesso ai lavoratori di svolgere altre attività e di non venire penalizzati dalla crisi delle affissioni. Per quanto riguarda invece la pubblicità il Comune di Firenze fa sape-

re che dal 28 settembre 2020 è esecutiva una manovra eccezionale di detassazione di tutte le attività danneggiate dal Covid; nel settore delle affissioni pubblicitarie in particolare è stato varato un taglio del 25% su base annua della CIMP (Canone Installazione Impianti Pubblicitari) in considerazione della minore circolazione delle persone e quindi del minor valore della pubblicità per le imprese che pagano il tributo. Lo sconto alle imprese vale circa 1 milione di euro. Insomma, città che vai e fronte per superare la crisi del settore che trovi, si potrebbe dire. Se per Livorno ci possiamo appassionare per la particolare proposta delle affissioni artistiche e di pubblica utilità, non possiamo dire che Firenze non abbia scelto una strada potenzialmente efficace. Perché, oltre al dramma del lavoro che oggi ci unisce tutti, si aggiunge quella giungla di bacheche rugginose e spaiate che già si intravedono per le nostre strade e che certo non aiutano l’umore.

A Livorno una proposta per risollevare le affissioni pubbliche


Sulla strada di Ferlinghetti di Daniele Pasquini

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awrence Ferlinghetti è scomparso lo scorso 22 febbraio, a 101 anni. Poeta, editore e libraio, il più longevo tra gli artisti che negli anni ’50, nell’America del dopoguerra, dette vita al sogno rivoluzionario della “Beat Generation”. Il movimento artistico di Jack Kerouac, Allen Ginsberg e Gregory Corso non sarebbe esistito, probabilmente, senza di lui. La scena letteraria che da San Francisco e dalle strade d’America segnò una rivoluzione culturale all’insegna dell’anticonformismo, della sperimentazione psichedelica, del pacifismo e della liberazione spirituale infatti vide in Ferlinghetti non solo una delle voci più credibili, ma anche un fondamentale megafono: figlio di un italiano, a 33 anni Ferlinghetti fondò a San Francisco la libreria e casa editrice City Lights, ancora oggi meta di pellegrinaggio laico nella città californiana. La City Lights è stata un vero tempio della controcultura letteraria: lì facevano tappa gli scrittori del gruppo, lì continua a riversarsi gente da tutto il mondo, affascinata da quel messaggio di pace e ribellione. Forse è eccessivo parlare di “generazione” per definire un gruppo sparuto di autori visionari, ma

l’eco che quei ragazzi americani avrebbero fatto risuonare nella società pare giustificare la definizione. A fare il paio con il celebre On the road di Kerouac tra le pietre miliari della letteratura del Novecento c’è sicuramente Howl, il capolavoro di Ginsberg: un lungo poema che nel ‘56 costò ad autore e editore (proprio Ferlinghetti) un arresto per oscenità, e un processo in cui per la prima volta fu fatto appello al “1st amendment” tanto caro alla democrazia americana. Forse più celebre per il suo ruolo di editore (e protettore, e guida) che non per la sua attività poetica, Ferlinghetti per sette decenni ha continuato a tenere in vita il mito di una scena letteraria originale e irripetibile. Autore di una trentina di libri e raccolte, il testo più celebre di Ferlinghetti è probabilmente A Coney Island of the mind. L’ultimo è Little Boy, pubblicato in Italia dalla fiorentina Clichy. Ma non è questo l’unico legame del poeta con Firenze. Il mito della casa editrice e libreria californiana trovò infatti, per un breve periodo, una nuova vita in Oltrarno. A inizio anni ’90 Antonio Bertoli, all’epoca direttore del Teatro Studio di Scandicci, ospitò Ferlinghetti per un reading in città. Da quel contatto nacque la collaborazione che portò all’apertura, in San Niccolò, della prima succursale al mondo della libreria-casa editrice ameri-

cana. City Lights Italia fu fondata a Firenze nel 1997 da Bertoli e Marco Cassini (all’epoca pater di Minimum Fax): un luogo che ha visto passare migliaia di persone e che ha ospitato personaggi come Patti Smith, Laurie Anderson, Jack Hirschman, John Giorno, Fernanda Pivano, Gregory Corso, Antonio Tabucchi. L’esperienza si chiuse nel giro di sette anni, con una parabola breve e gloriosa, pienamente in spirito Beat. Cessata l’attività della libreria, il marchio City Lights Italia fu acquistato da Giunti, che lo inserì nel proprio catalogo. Oggi della vitalità originaria di quel progetto resta giusto un vago ricordo, e il saluto commosso alla lunga esistenza di Ferlinghetti è un’occasione buona per far memoria di visioni e speranze mai esaurite. Come scrisse il poeta, da giovane, quasi 70 anni fa: «[...] e aspetto in perpetuo una rinascita dello stupore». (Il verso finale è tratto dall’edizione italiana di A Coney Island of the Mind, traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan, Minimu Fax)

Scomparso a 101 anni il mito della Beat Generation che mise radici a Firenze

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MISSIVE SELVATICHE di Martina Vincenzoni

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a cassetta delle lettere non ha mai perso il suo fascino, nonostante la crescita di comunicazioni telematiche abbia causato la quasi esclusiva presenza di menù di pizzerie da asporto e volantini con vacue promesse immobiliari. Un’idea interessante per variare questo pattern è quella delle Missive Selvatiche: se siete fortunati, vi può capitare di ricevere in regalo del tutto casuale un pacchetto che contiene tre opere d’arte donate dai rispettivi autori. Fotografie, illustrazioni, poesie, collage…

Novità d’arte in città di Camilla Guidi

disegni di Alessia Quercioli

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Art Accounts to Follow on Instagram Now”. Si intitola così l’articolo apparso sul quotidiano statunitense The New York Times lo scorso febbraio nel quale il critico d’arte Jason Farago inserisce il Museo Stibbert proprio tra i 5 account d’arte da seguire immediatamente su Instagram. Farago, partendo da una riflessione sul cambio di prospettiva che la pandemia ha portato con sé in relazione alla funzione che Instagram può svolgere per le istituzioni museali, confessa che dopo un’iniziale avversione e diffidenza per il mezzo è ormai dell’idea che qualora il museo riesca a concepire i propri account social come estensioni dei propri programmi culturali e non solo come mezzi di promozione, allora essi possono avere un valore reale e compartecipare alla missione del museo stesso. Il primo caso che Farago riporta è proprio quello dello Stibbert (“il più eclettico e allettante museo di Firenze”) che, dalla splendida villa in collina in cui ha sede, mostra attraverso il proprio canale Instagram la vasta eredità del collezionista anglo-italiano Frederick Stibbert. Un successo, dunque, per il profilo social del museo che esibendo gli straordinari dettagli della

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propria collezione genera curiosità e aumenta il desiderio di tornare presto a frequentare quel luogo. Altro luogo in cui tornare presto è Palazzo Strozzi, che il 15 aprile inaugurerà la sua nuova mostra intitolata American Art 1961-2001, una grande rassegna curata da Vincenzo de Bellis e Arturo Galansino sull’arte americana tra due momenti storici decisivi, quali l’inizio della Guerra del Vietnam e l’attentato dell’11 settembre 2001. Saranno esposte per l’occasione più di 80 opere di 55 artisti americani (tra cui nomi celebri come Andy Warhol, Mark Rothko e Roy Lichtenstein) per scoprire attraverso i linguaggi diversi della pittura, fotografia, video, scultura e installazioni, la ricca e sfaccettata produzione artistica americana del secondo Novecento. Infine, giovedì 18 marzo sono cominciate le visite della nuova edizione di Museo è comunità – progetto di inclusione multiculturale pensato per i Musei del Bargello e curato dall’associazione culturale L’immaginario – che si svolgono una volta a settimana per 12 settimane consecutive. Questa terza edizione ha coinvolto un gruppo di 8 persone italiane e straniere e affronta le opere della collezione del Museo di Palazzo Davanzati, inseguendo il presupposto che il museo possa rendersi luogo di scambio e incontro non solo tra epoche diverse ma anche tra culture e provenienze.

L’idea è di Pamela Maddaleno e Alessia Castellano e risale alle scorse feste natalizie e dopo le edizioni curate insieme a Margherita Nuti del collettivo pratese, è in corso la realizzazione della terza edizione a cui si aggiunge un collettivo fiorentino coordinato da Michelle Davis e Giulia Iaquinta. “È un progetto di resistenza artistica – ci racconta Margherita Nuti - nato dall’esigenza di un gruppo di artisti di condividere il proprio lavoro in un momento di forte disagio”. Arte e pubblico sono infatti forzatamente separati da tempo e l’idea di raggiungere le persone nelle loro case vuole ridare dignità anche all’esperienza fisica dell’arte. Più di 50 artisti stanno spontaneamente raggiungendo, con le loro opere, le città di Prato, Pistoia, Firenze, Roma, Bologna e Torino, e l’elenco è in costante espansione. In un momento in cui la società agisce in base al principio per cui l’arte sarebbe un bene non essenziale, la prima dimensione da sacrificare, “noi vogliamo porre delle domande: cosa accade se un’opera si trova in un luogo dove non si suppone dovrebbe essere? Cosa accade se si riceve un regalo che non è stato richiesto? E cosa accade se un artista mette la propria opera nelle mani del caso, se non si sa più chi sono i fruitori e non si è più certi di ricevere un riscontro da questi ultimi? Sono domande alle quali non abbiamo risposta ma che riteniamo giusto farsi in un momento in cui si può finalmente rimettere tutto in discussione”. La reazione più comune è lo stupore rispetto alla gratuità del dono. Un modo gentile ma diretto per ricordare il ruolo degli artisti nella società e chiederci: a quanto ancora siamo disposti a rinunciare?


L’EDICOLA DIVENTA LIBRERIA di Valentina Messina

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“L’imbroglio di carta” della macelleria Falaschi

di Michele Baldini

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an Miniato (Pisa) 2021. Per me che lo conosco praticamente dalla nascita, non suona certo strano scrivere di un macellaio che proprio quest’anno ha fatto uscire un libro-catalogo contenente circa 130 riproduzioni originali di locandine e manifesti di film, rielaborato con uno stile grafico ed editoriale degno del miglior testo di Enrico Ghezzi. Qualche tempo fa ho però tentato di scrivere una breve recensione per l’edizione online e in effetti la cosa ha fatto (positivamente) impressione. Il titolo è “L’imbroglio di carta” e sarebbe davvero riduttivo chiamarlo catalogo. Lo studio a monte del volume include con una incredibile sensibilità il lavoro di professori, grafici, fotografi ed esperti, supervisionati da lui, Andrea. “Questo progetto nasce nel 2009 ed è rimasto per parecchio tempo in stand by, preso e ripreso più volte” mi dice. Lo fa durante una merenda galeotta nel suo “retrobottega”: il punto ristoro fino a prima del lockdown aperto al pubblico e locale di culto, oltre che eccellente dal punto di vista di prodotti serviti. Ma è anche un bel punto di vista e basta, dato che l’affaccio del terrazzo è proprio sulla tipica e verde campagna toscana dell’entroterra samminiatese, terra di tartufo, ormai già sapete. Forse, mi confida, è però proprio questo

stimolo, il promuovere un qualcosa di unico, come un libro che raccoglie una delle sue principali passioni, a tenere la rotta di giornate che altrimenti scorrerebbero una uguale all’altra, all’insegna di conti da far tornare sempre più rocambolescamente e l’angoscia costante di non sapere come andrà a finire. Ma torniamo a noi, dicevo che non mi suona strano perché in quella macelleria di cose – per chi la conosce già – ne abbiamo viste: diversi concerti di swing e jazz per esempio, con le band proprio dietro ai banconi della carne, una di questi eventi addirittura in trasferta e per l’esattezza a Panzano in Chianti, in compagnia di un altro macellaio-star, il Cecchini. A memoria c’è altro: ho assaggiato un gelato alla salsiccia e ho partecipato all’iniziativa “Vegetariano in macelleria”. Tutte cose per cui potete tranquillamente pensare che questo articolo non sia una spudorata marchetta. E se il libro si può richiedere anche dal sito della macelleria, è raccomandabile tirare la cinghia finché si può tirare e farsi appena possibile una gita fuori porta, magari cercare lui, Andrea, e – dopo qualche burbero scambio di considerazioni dell’ultim’ora – cercare di abbracciarne le passioni, come il cinema, senza trascurare i consigli su un buon bicchiere di vino e la buona tavola. Io consiglio di seguirlo su instagram, al profilo “Guido Falaschi” (che poi sarebbe il suo bisnonno, fondatore nel 1927 della macelleria che ne porta ancora il cognome).

ntri in edicola per comprare un quotidiano e torni a casa con un reportage di viaggio, un saggio di Pasolini o un classico russo. Succede all’angolo tra viale dei Mille e via Pacinotti, all’edicola trasformata in chiosco dei libri. L’idea è venuta a Luigi Palloni, rigattiere da oltre trent’anni e proprietario dell’edicola-libreria dell’usato nel quartiere Campo di Marte. “Sono nel settore dei mercati dal 1990” – racconta. “Entro nelle case e compro oggetti di ogni tipo, anche se la mia passione sono sempre stati i libri”. Anche se ha il volto semi coperto dalla mascherina, si intuisce nel suo sguardo la giovinezza di chi ama il mestiere che fa e lo svolge con passione, con i suoi alti e bassi. Ride, scherza, parla dei suoi clienti più affezionati e confessa che “se a una persona non piace il lavoro che fa: si vede!” quindi cerca di farlo sempre con grinta ed energia. “Forse sono i libri a rendermi giovane…!”

Impegnato nei mercati tutta la settimana (lo trovate in S. Ambrogio lunedì e sabato, alla Coop di Gavinana il mercoledì, e in piazza Libertà ogni giovedì), Luigi ha pensato bene di “ingaggiare un’aiutante”. È qui che entra in scena Valentina Cheli, trentottenne che ha sempre lavorato nel campo dell’abbigliamento come commessa, ma che ha dovuto fronteggiare la crisi lavorativa dovuta al Covid-19. Oltre a essere una cliente fIssa dei mercati di Luigi, ora gestisce il chiosco del libro di viale dei Mille, un vero e proprio passaggio di testimone, basato sulla fiducia e sull’amore per la lettura, che hanno in comune. “Con mia grande sorpresa, e dopo un anno non troppo facile, oggi lavoro a stretto contatto con una delle mie passioni...i libri! E mi sento di dire che tutti i libri usati che vendiamo hanno una storia da raccontare, non solo perché meritano una seconda vita, proprio come noi; ma anche perché molto spesso all’interno vengono lasciati, per chi avrà la fortuna di trovarli, lettere, cartoline, segnalibri... una sorta di piccoli scrigni da scoprire” – conclude Valentina. Dalla narrativa ai gialli, dai libri di storia ai saggi scientifici, fino a quelli di moda, di cucina, di giardinaggio: in questa edicola trasformata in libreria, dove si effettua un ricambio dei titoli con cadenza settimanale, potrete trovare tutto a 2 euro. Sono aperti da lunedì a venerdì dalle 8 alle 13.00 e sabato fino alle 18.00. Li trovate su FB e IG con edicola.vialedeimille 9


Serra Yilmaz “Dopo Parigi e Istanbul ho scelto Firenze”

di Tommaso Chimenti

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abbiamo conosciuta e apprezzata attraverso i film di Ferzan Ozpetek, da “Harem Suare” passando per “Le fate ignoranti”, da “La finestra di fronte” a “Saturno contro”, da “Un giorno perfetto” fino a “Rosso Istanbul”. Ma noi fiorentini abbiamo anche avuto la fortuna di poterla vedere dal vivo, da vicino grazie alla Compagnia Pupi e Fresedde che, prima con “L’Ultimo Harem”, per più di dieci stagioni consecutive, e successivamente con “La bastarda di Istanbul”, l’hanno portata sul palco del Teatro di Rifredi. Da qualche anno Serra Yilmaz ha eletto Firenze a sua seconda casa. Come ha vissuto questo anno di lockdown dal punto di vista personale e lavorativo? Non ha potuto calcare i palcoscenici dei teatri, ha invece preso parte a qualche pellicola? “Dal punto di vista personale me ne sono fatta una ragione, il primo momento è stato di sconforto e preoccupazione per non poter lavorare. In una telefonata mia figlia, che abita in Australia, mi disse: “Più ti preoccupi meno dormi, meno dormi meno forte sarà la tua immunità, anche se ti preoccupi non cambia niente. Stai tranquilla”. È stato un

consiglio molto saggio, imparo molto da mia figlia. Mi sono detta vediamo che cosa succede. Mi sento molto fortunata perché vivo in un palazzo dove ci conosciamo tutti e ci siamo frequentati, mantenendo la distanza, in una grande terrazza e in giardino, e con un amico abbiamo cenato sempre insieme e ogni sera ci siamo guardati una serie tv o un film. Non ho lavorato, la mia tournée del “Don Chisciotte” con Alessio Boni si è interrotta il 23 febbraio. E non ripartirà prima di gennaio 2022. Ho però avuto due collaborazioni con il Teatro di Rifredi, “Occidente” con Ciro Masella, piece di Remi De Vos, e un laboratorio su un romanzo argentino che il regista Angelo Savelli aveva ridotto. Lavori che mi hanno permesso di tenermi su di morale”. Qual è il suo rapporto con l’Italia e con Firenze in particolare? “Sono cresciuta bilingue con il francese. Quando avevo undici anni è arrivata nel mio quartiere una famiglia con padre di

Scarperia e madre francese con tantissimi figli. Io sono figlia unica e questa famiglia, che arrivava da Strasburgo, così numerosa era molto affascinante per me. Mi sono integrata subito con loro e alla fine parlavo più o meno italiano per averlo sentito così a lungo, anche se tra noi comunicavamo in francese. I miei primi viaggi in Italia sono stati a Firenze e nel Mugello e quindi per me l’Italia per tantissimi anni è stata sinonimo di Firenze e Toscana per i quali ho un particolare amore. E quando quattro anni fa ho deciso di vivere in Italia, abitavo tra Istanbul e Parigi, mi sono posta la domanda se andare a Roma o a Firenze, e alla fine ho scelto Firenze che è veramente la città dove mi sento a casa, e sono molto felice della mia scelta”. L’intervista completa è consultabile sul sito lungarnofirenze.it.

“LE RAGAZZE DI SAN FREDIANO” ALLA SCOPERTA DI FIRENZE di Daniel C. Meyer

“Ltornate: oggi si chiamano Giu-

e Ragazze di San Frediano” sono

lia e Vittoria e fanno le guide turistiche, cantrici dei segreti e delle bellezze della nostra città. Tutto ha inizio nel 2018, quando le due, entrambe classe ’90 e amicissime di lunga data, laureate una in Diritto (Giulia) e una in Lettere (Vittoria), lasciano tutto per diventare guide turistiche, e creano “qualcosa di nuovo, e di nostro”. Punto di partenza l’amato Oltrarno, e prime “vittime”

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amici, parenti e conoscenti; piano piano - ma neanche tanto - la voce corre, e le “Ragazze di San Frediano” diventano sempre più ricercate. Ogni piccolo luogo, ogni dettaglio, diventa l’appiglio per una storia: le ragazze, da “aede” della bellezza di Firenze, come moderne cantastorie tramandano oralmente la tradizione e costruiscono la narrazione assieme al loro pubblico, vero e proprio “coro” come nel teatro greco; un processo partecipato, che unisce arte, letteratura, cinema e vita di tutti giorni, “tante storie che diventano un’unica storia”.

I loro itinerari già dicono tutto: “L’Oltrarno”, “Passeggiata nella Firenze medievale”, “Firenze e il suo fiume”, “Le statue ci parlano”, “Tra processi e condanne” (dedicato alla storia giuridica), e poi un nuovo percorso dedicato a Dante. Una riscoperta della meraviglia, del tempo e della calma: lo scopo è quello di entrare in sintonia con l’opera d’arte e l’ambiente che la circonda. Perché il bello è più vicino a noi di quanto non sembri… ma alle volte serve qualcuno per ricordarcelo.


UOVO STUDIOS, LA CELLULA D’ARTE POLIFUNZIONALE di Virginia Landi

“H

o iniziato dopo aver annusato un odore che non conoscevo. Quando ho scoperto essere quello dei colori a olio… Il resto è venuto da solo”. La frase è quella che si legge sul sito personale di Bue2530 e racconta l’inizio della storia che lo porta fino a Uovo Studios, nuovo studio di tatuaggi e spazio di 240 metri quadrati a Pontassieve. Bue2530 è street artist dal 1997, da quando era solo un ragazzino e disegnava tra le vie delle città con la sua crew, da quando in Italia non c’era Internet e la varietà dei murales si poteva vedere solo sulle riviste men-

Barba Fantasy

di Virginia Landi

sili. Poi arriva la passione per l’arte, diventa tatuatore, illustratore, pittore, costruisce macchinette per tatuaggi, comincia a maneggiare la ceramica, discipline della stessa famiglia che possono coesistere in un luogo unico. Uovo Studios è un ambiente polifunzionale, uno sguardo di insieme e un progetto che nasce dall’esigenza di contenere le sue espressioni artistiche, dal quadro al tattoo, in una galleria in cui saranno ospitate le performance di diversi artisti. Tra i suoi disegni si riconoscono tratti e sfumature estremamente differenti tra loro: “non c’è qualcosa in particolare a cui mi ispiro. Disegno quello che mi succede, esasperando linee e anatomie, forme fresche, a volte simpatiche, che si mescolano liberamente e non si identificano in uno stile unico”— racconta Bue2530. “Prendete l’esempio del tatuaggio; è una delle arti più povere, ma si lascia affascinare dalla pittura, da icone che si influenzano a vicenda. Voglio che le persone in questo studio possano fruire di manifestazioni artistiche diverse, che circolano libere e senza costrizioni.” Un’immersione tra pareti e oggetti dal design vintage in un punto di incontro che racchiude, proprio come un uovo, i lavori che gli appartengono.

U

n universo fantastico raccontato attraverso le avventure colorate di un “Omino vestito di Rosso”, un viaggio fiabesco fin sulla luna, come solo un sognatore potrebbe fare. È “Barba Fantasy”, l’ultimo albo pubblicato da Km Edizioni, casa editrice indipendente di Firenze specializzata in libri per bambini, interamente disegnato da Edoardo Nardin, artista dai mille volti, oggi anche autore per l’infanzia. Evoluzione creativa del suo spettacolo teatrale “Barba Fantasy Show“, il progetto nasce da uno slancio di ricerca verso nuove forme espressive. “Il libro è ispirato al mio spettacolo “Barba Fantasy Show”, debuttato nel 2016 — racconta l’autore. “Dopo anni ho sentito l’esigenza di sperimentare una modalità di fruizione nuova, che è cresciuta soprattutto quando non è più stato possibile presentarlo dal vivo. Mi piace indagare sulla trasversalità dei linguaggi, rivelano i modi in cui si può animare un progetto artistico”. Arti visive e performative accendono le sue ispirazioni, in un continuo dialogo fra i linguaggi espressivi più vari, con i quali racconta di sé e dei suoi lavori. Nella ricchezza del testo, spiccano i temi legati alla dimensione del circo ma anche quelli che affrontano l’amore e l’identità di genere, o celebrano il

viaggio, la curiosità e l’emozione della scoperta che contraddistingue i bambini ma sa coinvolgere anche gli adulti. “Il mondo dei bambini l’ho conosciuto prima attraverso lo studio e poi con l’esperienza diretta, ho lavorato a Dynamo Camp, sono operatore ludico pedagogico di circo e l’ho insegnato per tanti anni” — prosegue Nardin. “Con loro ho scoperto uno spazio fatto di meraviglia in cui gli adulti possono lasciarsi trasportare per osservare il presente da angolazioni e prospettive diverse, a volte dimenticate”. Il volume, che contiene anche un omaggio a Bruno Munari - la prefazione non a caso è di Silvana Sperati, presidente dell’omonima Associazione fondata nel 2001- è soprattutto un inno alla fantasia.“La fantasia è un’alleata importantissima dell’agire quotidiano, è senza retorica, è un pensiero laterale, è cercare alternative. Viene spesso attribuita all’infanzia ma non ha età. Davanti agli ostacoli e ai momenti difficili, come quello che stiamo vivendo, è una mano tesa in nostro aiuto”. Un progetto illustrato attraverso le caratteristiche “faccine”, ormai tratto distintivo dell’autore, che suggerisce ai lettori di tornare a sperimentare la propria creatività e a farne alleata nella vita quotidiana.

Un libro per bambini da 0 a 100 anni, l’inno alla fantasia di Edoardo Nardin

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LUOGHI ABBANDONATI Foto e testo di Giulio Garosi

EX FABBRICA CAMPOLMI Costruita nel 1902 tra viale Etruria e via Canova, era una fabbrica di concimi. Distrutta da un incendio nel 1984 è in stato di abbandono da più di venti anni. Tanti i tentativi di recupero, tutti caduti nel vuoto.

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LO BELLO STILO NOCOST a cura di Firenze NoCost

Firenze NoCost che scrive di moda per Lungarno? Sì, la realtà surclassa la fantasia. Partendo da un capo di abbigliamento la guida (anti)turistica più pazza che ci sia ci racconta il passato e il presente di grandi uomini e lucenti donne che Firenze l’hanno resa unica e senza tempo. Perché lo (bello) stile è tutto. www.nocost.guide

La cravatta di Rodolfo Siviero IERI

OGGI

di Marco Tangocci e Davide Di Fabrizio

di Teresa Vitartali

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ettete insieme un agente segreto formidabile, un critico d’arte e un intellettuale. Aggiungete un goccio di spirito romantico e una manciata di fascino. Il risultato, se riuscite a figurarvelo, è il dott. Rodolfo Siviero, la cui storia merita di essere raccontata. Nato nel 1911, da ragazzo si trasferì a Firenze dove studiò arte e divenne agente dei servizi segreti italiani. Toccato con mano cosa era il regime mussoliniano, Siviero divenne convinto antifascista e riferimento dell’intelligence anglo-americana. Nei panni dell’informatore si espose al punto da venire incarcerato nella (purtroppo) nota villa Triste, dove subì durissime torture. Dopo la guerra venne nominato dal nuovo governo “ministro plenipotenziario” col compito di recuperare le molte opere d’arte italiane che erano state requisite dai nazisti. Fino alla morte, il soprannominato “007 dell’arte” lavorò con infallibile fiuto per riportare tra le braccia italiane le opere trafugate. Peccato che Siviero restò gradualmente più isolato e con mezzi sempre minori, e tuttavia non rinunciò a denunciare con passione le scarse attenzioni governative dedicate al problema del recupero del patrimonio artistico. A consolarci rimane la splendida casa di Rodolfo Siviero, ovvero un museo gratuito -perché così voleva- che espone la sua magnifica collezione privata di pezzi d’arte di ogni epoca e genere, accomunati da un genuino e incondizionato gusto per il bello. Per l’arte, per l’avventura, per una cultura libera, lunga vita a Rodolfo Siviero.

LAVIGNETTA

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odolfo Siviero era un eroe italiano. Ha salvato molti capolavori dell’arte italiana e, guardando le foto che lo ritraggono, raramente lo troverete senza quello che evidentemente era il suo capo di vestiario preferito: la cravatta. La cravatta del critico d’arte, ma anche dell’intellettuale, del ministro, dell’antifascista. Parliamo d’altronde di un accessorio principalmente maschile, simbolo di sofisticatezza e di eleganza. Come concetto nacque addirittura ai tempi degli antichi romani, diffondendosi successivamente prima come capo d’abbigliamento militare, poi come classico indumento borghese nelle corti d’Europa. Nei primi anni del Novecento numerose riviste di moda definirono la cravatta come l’accessorio più raffinato che un uomo avesse potuto indossare, anche se intorno agli anni 90 ha finalmente avuto il suo momento di splendore anche nel guardaroba femminile. Secoli di storia e di rivoluzioni, di guerre e di mode… no! Nulla è riuscito a mettere in ombra la tradizione universale di questo capo di vestiario, cambiato nelle misure ma in fondo sempre lo stesso. A Firenze si possono trovare cravatte degne di questo nome qui: SCALI SARTORIA E CAMICERIA in via Marconi 11r SARTORIA VANNI in via dei Fossi 51/r CRAVATTIFICIO FIRENZE, in via dei Calzaiuoli 25/r PRINCIPE DI FIRENZE, in via del Sole 2 STEFANO RICCI, in via dei Pescioni 1

di Lafabbricadibraccia

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PERSONAGGI FIORENTINI di Tommaso Ciuffoletti illustrazione di Marcho

(È) TUTTO NEI TERMINI di Michele Baldini e Virginia Landi

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resenze e assenze, materialità e virtualità. Nell’epoca di opposti dualismi nascono anche le forme ibride, o per meglio dire, fluide. La lingua si adegua, perde il genere, il numero, la differenza tra ciò che rappresenta il sentimento e la percezione e ciò che rappresenta l’esperienza e la fruizione. E allora ecco qua, come al solito, due termini, con l’inglese di cui ci appropriamo e l’italiano che sconvolgiamo.

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Il Conte Razza

ualche tempo fa è capitato che un signore che fa il professore, ha detto di una signora che fa la politica che lei è “una pesciaiola”. Nel dirlo ha marcato molto la p iniziale, sì da trasmettere un vago senso di sdegno nei confronti della signora e, evidentemente, del mestiere di pesciaiolo. Di fronte alle timide notazioni di coloro che stavano interloquendo col signor professore, il nostro ha provato ad addrizzare goffamente il tiro dicendo “io i pesciaioli li conosco andavo a prendere il pesce dal Conte Razza”. Ed ecco che la vicenda, fin qui degna di nient’altro che d’un pietoso oblio, ci permette di trattar del Conte Razza, che di sicuro fu personaggio notevole. Il suo vero nome era Renzo Propidi e fu pescivendolo di un mercato di San Lorenzo di tanti anni fa. Più donnaiolo che pesciaiolo. Un mito che conobbi quando era già vecchio e in malo arnese, ma capace di conservare il fascino di uno di cui si diceva avesse sedotto la Pampanini. Seduttore come tutti i grandi venditori. Uomo da mercato e da rione. Di lui mi raccontarono che in gioventù fu partigiano e che quando la Fiorentina vinse lo scudetto nel 1969, per tener fede a una scommessa, regalò di tasca sua 400kg di pesce, che distribuì con l’aiuto di Picchio De Sisti. Ché si può esser pesciaioli o professori, ma signori si nasce. E il Conte Razza lo nacque. In cuor mio ho solo un piccolo sogno: quello di un giovane professore universitario, che già degnamente ciuffato e azzimato, andava a prendere il pesce dal Conte Razza. E questi che gli rifilava le più sacrosante delle inculate. Amen.

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Ghost Game / goʊst geɪm / dall’inglese Ghost Game [loc. s.le m.]: gioco fantasma. Nella nuova quotidianità omologata, sono molte le circostanze che ci accomunano con il resto del mondo: ad esempio l’assenza di qualsiasi tipo di evento che, come sappiamo, sia diverso da andare a fare la spesa o attività fisica all’aperto. In particolare il Ghost Game è una gara sportiva a porte chiuse, senza spettatori, come quelle che si sono disputate negli ultimi tempi per evitare assembramenti. La parola comparsa sul Wall Street Journal per descrivere le partite della Bundesliga è una traduzione dal tedesco Geisterspiel e una situazione inedita a cui molti non trovano giustificazione, tanto che il Borussia Mönchengladbach ha riempito gli spalti del Borussia Park con i ritratti fotografici in cartone dei suoi tifosi. E voi per quale evento vi piacerebbe poter essere legalmente sostituiti da un vostro carton… Ehm, quali sono le cose che più vi manca di fare in questo periodo? Mi manchi come un concerto /mi manki kome un kontʃèrto/ [fig. ret.] Livorno (per l’esattezza Rotonda dell’Ardenza), inizio febbraio 2021: la scritta in stampatello nero compare sullo spazio un tempo riservato ai manifesti pubblicitari. L’autore del testo si chiama Gabriele Milani, quello della foto “che ha fatto il giro del web” Francesco Luongo. Subito virale, è ormai diventata espressione comune, paradigma dell’assenza e della mancanza, e il mantra di tutti i lavoratori e del pubblico dello spettacolo bloccati dal Covid-19 e dai decreti. Mi assumo la responsabilità di associare alla lettura del pezzo l’ascolto della canzone “Promiscuità” de TheGiornalisti.


AMORAZZI

~ QUASI UNA POSTA DEL CUORE ~ a cura di Francesca Corpaci illustrazione di Costanza Ciattini

La posta di SIGISMONDO FRODDINI a cura di SpazioPosso

È tempo di allergia, ma a cosa? Caro Dott. Froddini, l’arrivo della primavera in genere mette le persone di buon umore, ma io mi sento molto triste, malinconico e affaticato. Mi sento stanco di tutta questa situazione e neanche le belle giornate più lunghe e soleggiate, mi alleggeriscono. Sento la mancanza della vita di prima, degli abbracci, del contatto e non riuscendo a vedere una fine la cosa mi sta abbattendo sempre di più. Cosa posso fare? La ringrazio per il supporto. Giulio Caro Giulio, l’arrivo della primavera è vero che si accompagna alle giornate di sole e di luce e, se da un lato c’è chi ne gioisce, dall’altro c’è chi starnutisce. È la stagione delle fioriture e per una buona parte di noi è il periodo più faticoso per via delle tante allergie. Questo per dire che la lettura degli eventi non è mai così lineare e oggettiva e sicuramente non è l’unico che si sente affaticato e stanco. È comprensibile il suo stato d’animo e forse non è un caso se inizia a sentirlo proprio adesso, a un anno dall’inizio della pandemia. Come ogni evento, nel bene e nel male, gli anniversari portano con sé vissuti emotivi intensi che ci riattivano ricordi ed emozioni. È facile ripensare a un anno fa con nostalgia, malinconia, tristezza e senso di affanno, così come è facile, immagino, sfogliare foto di un passato che sembra così lontano per provare poi gli stessi stati d’animo. La realtà esterna non possiamo cambiarla, ma su quella interna possiamo lavorarci. I fiori, per poterli vedere, prima devono essere seminati, poi richiedono nutrimento e tempo e solo alla fine sbocciano. Potrebbe essere questo il momento della semina Giulio? Non possiamo togliere le mascherine e non possiamo, ancora, abbracciarci... però può seminare qualcosa che per lei valga la pena coltivare all’interno delle relazioni umane. Quali possono essere altri canali per sentire il calore dell’altro? Provi a uscire dalla modalità di pensiero abituale, perché il rischio è di restare ancorato al passato, a quello che c’era e che ora vorrebbe, sperimentando però soltanto affaticamento in una partita che già in partenza non promette bene. Lo sa che in Sri Lanka, India, Giappone, Cina e diversi paesi dell’America Latina cresce il fiore di Kadupul? È noto anche come Regina della Notte, che è un fiore di cactus raro e bellissimo, circondato da folclore e leggende grazie alla sua fioritura notturna. Questo fiore sboccia infatti soltanto di notte e svanisce con l’arrivo del mattino. Caro Giulio, la sfido a ispirarsi al fiore Kadupul, che germoglia e cresce con la luce, per mostrare la sua bellezza e valore con il buio. Inviate le vostre domande, crisi e drammi esistenziali a spazioposso@gmail.com. Il dott. Sigismondo Froddini vi risponderà in questo spazio.

Cat lady

C’era una volta me, che - alla soglia dei 40 - non ho ancora rimediato uno straccio di fidanzato. Tutti sembrano accoppiarsi con facilità. Non io. Salto un turno. O due. O tre. “Stacce”, direbbero a Roma. Diciamo pure che, con questa pandemia a sorpresa, la vita di relazione è diventata roba da élite: bonus riservato a chi si è accaparrato un partner per tempo. Fortunelli. Chi, invece, è attualmente sprovvisto di compagnia, da mesi deve fare i conti con la socialità di un detenuto in isolamento, e non resta che guardare alle app di dating. Ma bisogna proprio? No, perché io non gliela posso fare. E allora mi chiedo: esiste una strada diversa? Una vecchia ricetta della nonna, ormai dimenticata ma pur sempre efficace? Altrimenti comincio a cercarmi un gatto. O due. O tre. Cat lady de mi corazón, premesso che il clima generale fiaccherebbe qualsiasi individuo sano di mente, ti prego, non abbatterti. Scendi dal toboga di depressione e ansia su cui ti sei imbarcata e, prima di continuare la tua pazza corsa verso il baratro, considera giusto tre cose. 1) Non essere accoppiatə a 40 anni non significa niente e lo sai anche tu, è la pressione sociale che ti fa delirare. Rifletti cat lady, cosa ti manca davvero? Se il problema è la solitudine non sarà unə fidanzatə a risolverlo, soprattutto in tempi di reclusione forzata. Che ne dici invece di unə conquilinə? Sì, a 40 anni. Puoi farci tutto quello che faresti con unə compagnə a parte scopare, e quando ne hai abbastanza basta chiudere la porta. Se la questione però è il sesso, o il desiderio di una relazione con più alto tasso di coinvolgimento, arriviamo dritti al punto 2) ovvero: le app di dating. La buona notizia è che non sono l’unica alternativa alla canna del gas: puoi sempre usare Instagram come Tinder se ti fa sentire meglio, tanto ormai lo fanno tutti. O bazzicare luoghi ameni e ariosi e dare un’occhiata a cosa passa il convento. Se i risultati non pagano, però, prova a fare un passo fuori dalla tua comfort zone e scaricati un’app che proprio non ti disgusti. Lo so che sono piene di casi umani, ma ti assicuro che anche il mondo fuori è così. Un’ultima cosa (alias punto 3): pensaci bene prima di prendere un gatto. Se dopo un po’ ti rompi le palle, bloccarlo sui social non basterà Affidate dubbi, dilemmi e inconfessabili segreti in forma 100% anonima a: tellonym.me/amorazzi. Ogni mese il vostro amichevole amorazzo di quartiere risponderà in questo spazio.

Camilla Biondi, Arturo Mugnai, Federica Valeri 15


Decoriamo la Pasqua in modo naturale testo e illustrazione di Marianna Piccini

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prile. La Pasqua si avvicina e i negozi si riempiono di decorazioni in poliestere e uova di cioccolato avvolte in enormi fogli di plastica non riciclabile. Diciamocelo, dal punto di vista ambientale non proprio il massimo per festeggiare una festa che simboleggia la vita e la rinascita. Ma non preoccupatevi, se state cercando un’alternativa a questo tipo di uova e/o decorazioni siete nel posto giusto. Oggi infatti vedremo insieme come tingere in modo naturale le uova di gallina (meglio se bianche e biologiche) che potranno poi essere usate sia come decorazione che come ottimo spuntino. I colori che si possono ricavare con le piante sono davvero tanti, vediamoli insieme. Per tingere le uova di giallo vi basterà immergerle per 30/60 minuti in un bicchiere con acqua e polvere di curcuma, per tingerle di rosa in un infuso freddo molto forte di karkadè o nel succo di barbabietola rossa, per tingerle invece

di viola/celeste nel succo di mirtillo, mentre il colore verde lo potete ottenere da un decotto di ortica o spinaci. Se volete usarle come decorazione, una volta tinte con infusi freddi e lasciate asciugare, dovete svuotarle. Con una puntina o un ago praticate due forellini, uno su ogni estremità. Facendo attenzione a non rompere l’uovo soffiate da uno dei due fori fino a che dall’altro non uscirà il liquido interno che potete poi riusare per preparare una gustosa frittata. Potete anche sperimentare con impronte di fiori e foglie facendo aderire queste ultime all’uovo e inserendoli in una calza leggera di nylon per tenerli insieme durante la tintura. Una volta svuotati potete usarle come preferite, appese a dei rami freschi in un vaso formano ad esempio un bellissimo centrotavola. Se invece volete usare le uova come spuntino potete bollirle direttamente nel colore - sono tutti colori naturali che possono essere ingeriti senza problemi - facendole diventare sode oppure svuotarle come spiegato prima e poi riempirle di cioccolata liquida da uno dei due forellini praticati. Insomma, siate creativi!

IL MIGNOLO VERDE: DIECI PICCOLE PIANTINE illustrazione e testo di Walter Tripi

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ero è che in questa rubrica si vuole diffondere, e non reprimere, la voglia di cimentarsi con le piante, i fiori e tutto ciò che la natura, spinta da qualche accorgimento dell’umano mignolo, può regalarci. Altrettanto vero è che amiamo la verità e, più ancora, siamo dannatamente affezionati alle curiosità. Dunque eccoci a svelare qualche retroscena di quelle belle piante d’appartamento che sembrano tanto innocue ed eleganti quanto l’Inghilterra di Agatha Christie... prima che ci scappi l’intrigo. Il rosa oleandro, così romantico, contiene in ogni sua parte glicosidi tossici per gli umani: senz’altro da non ingerire, e ancor meno da bruciare, fosse anche per fare un dispetto al vostro ex. Altrettanto amato per gli appartamenti è l’Asparagus, con le sue chio-

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me fluenti e puntute: in questo caso, a causa della saponina, può essere dannoso per cani e gatti e far passare qualche fastidiosa ora sul water a voi. La Dieffenbachia è una pianta il cui nome potrebbe non dirvi niente, ma che con tutta probabilità avrete incontrato: cattura tipicamente l’occhio di mamme e nonne nei negozi di giardinaggio per arredare qualche bell’angolo di casa. Quale potrà mai essere il problema, dunque? Semplice: i cristalli di ossilato di calcio, che possono provocare, se ingeriti, dall’intorpidimento fino ai problemi respiratori. E ancora a proposito di mamme e nonne: dite la verità, anche alle vostre piacciono da morire le azalee giusto? Come dar loro torto. L’importante è non ingerirne le foglie: infiammazioni, convulsioni, in qualche caso si può

addirittura arrivare al coma. Simili, se non peggiore, le stelle di Natale. Ma qual è dunque l’obiettivo finale di questo pezzo? Consigliare forse di lasciar perdere il verde in casa? Giammai: semplicemente, suggerire attenzione e approfondimento, nonché confermare ciò che già sapevate e cioè che anche le cose più belle possono sempre nascondere qualche insidia. Un buon inizio, per mettersi al sicuro, è non pretendere di mangiarle.


Produzioni in evoluzione: Bottegacinema di Caterina Liverani

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o scorso autunno con la Toscana in zona rossa, una ragazza sfreccia nella notte a bordo della sua bicicletta di ritorno da un set pubblicitario. Lei è Zoe Giudice: 30 anni, milanese naturalizzata fiorentina, che da 6 anni lavora a Bottegacinema, la casa di produzione fondata da Paolo e Tommaso Pratesi nel 2002 nel pieno centro di Firenze.

up&down

Da Milano a Firenze ma passando per Roma. “Sono nata a Milano quindi la pubblicità è nel mio DNA. Ho frequentato il corso di produzione al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Da lì è iniziato il lavoro nel cinema, nel settore della produzione; l’esperienza più bella è stata il set de La Grande Bellezza. Un lavoro intenso

di cui ricordo la lunga preparazione per le scene girate di notte in dei posti incredibili e con moltissime comparse. Giravamo dalle 6 del pomeriggio alle 6 del mattino. Per chi fa produzione è la più preziosa delle occasioni. Poi ho cambiato strada e ho scelto Firenze e Bottegacinema dove sono impiegata come Producer Interna da circa 6 anni”. Di cosa ti occupi nello specifico? “Bottegacinema è una casa di produzione che progetta e produce soprattutto spot pubblicitari e filmati aziendali. La sua forza è quella di seguire ogni lavoro in tutte le sue fasi: dalla parte creativa alla pianificazione fino alla produzione, ovvero il set o la realizzazione in CGI e la post produzione e il montaggio”. Cosa è accaduto lo scorso autunno, e come è cambiato il vostro approccio? “A fine novembre, mentre eravamo in zona rossa, era tutto pronto per girare uno spot

per la Kinder Ferrero destinato al mercato estero. Due giorni di riprese in esterna, per cui abbiamo attuato tutte le misure di sicurezza, che hanno dato vita al primo spot tv Kinder girato in Italia con live action e attori totalmente a controllo remoto. Sia l’agenzia che il cliente non erano fisicamente presenti ma dovevano essere costantemente connessi controllando il girato in tempo reale. Avevamo quindi una camera principale per l’azione e una per il backstage, tramite la quale loro potevano osservare il nostro lavoro. Ora in molti si stanno organizzando in tal senso e uno dei primi problemi che si pone è la necessità di fare due scouting per le location: uno per le riprese e uno per valutare la qualità del segnale di connessione a internet che è diventato vitale. Nello stesso periodo abbiamo lavorato a dei video di animazione e computer grafica per una grossa convention virtuale, sviluppando tutto in tempi stretti e con molti collaboratori in smartworking. Capitava spesso di finire molto tardi e mi sono ritrovata a rientrare a casa dal centro, dove si trova la sede di Bottegacinema, in una Firenze davvero spettrale”. Un segnale molto positivo per tutta l’industria legata alla produzione di contenuti audio e video. “Considero una grande fortuna l’aver potuto lavorare in queste circostanze. Il mondo del video e dell’intrattenimento andrà avanti nonostante tutto e in qualunque sua forma proprio per l’attrazione verso immagini e suoni che appartiene a noi esseri umani. Le tecnologie sono in continua evoluzione. Noi abbiamo avuto un notevole incremento di richieste di video e computer grafica e una netta diminuzione di shooting tradizionali. Questo fenomeno già si registrava prima del Covid e ora è aumentato. Le aziende stanno cercando soluzioni a minor budget e il rischio è che ci si affidi a microproduzioni composte da una sola persona con prezzi più economici. Per garantire la riuscita di un progetto è invece importante che ci sia una pluralità di specialisti, anche in considerazione delle norme che devono essere osservate. C’è un altro tipo di protocollo di sicurezza che va garantita al cliente, cioè quella digitale: noi facciamo continui backup con strutture apposite. A questo servono le case di produzione”.

L’orizzonte di gloria

Il viale del tramonto

SOUND OF METAL Alla fine il cinema ce l’ha fatta. Con le sale ancora chiuse e le premiazioni in streaming, un film per quanto tristemente relegato alla visione su una piattaforma (Prime Video) è riuscito a superare tutti gli ostacoli e le barriere che inficiano il coinvolgimento totale, che solo la sala può regalare, per consegnarsi a noi come un ricordo prezioso. Si tratta di Sound of Metal che, non a caso, è una bellissima riflessione sulla fragilità, sul doversi adattare a qualcosa che non avremmo mai immaginato e sull’incertezza di quello che verrà.

L’ULTIMO BACIO Muccino con la sua regia dinamica portò una ventata di freschezza nella stasi in cui versava il cinema italiano di inizio millennio, ma si rese altresì colpevole dell’inizio della fine: i film sui trentenni. Terrorizzati, strepitanti, nervosi e infantili con lavori inspiegabilmente brillanti e famiglie altoborghesi si ingegnavano per rovinare la propria vita e, possibilmente, quella altrui. C’è chi pensa che all’insopportabile protagonista Carlo un anno di pandemia avrebbe fatto bene e chi mente.

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F R AST U O N I di Gabriele Giustini

ARLO PARKS “Collapsed in Sunbeam”

ADRIAN YOUNGE “The American Negro”

SERENA ALTAVILLA “Morsa”

Il mercato discografico inglese, come d’altronde quello di tutti gli altri paesi, tra cui il nostro, vive spesso di hype creato da discografici e addetti del settore, tra cui molte figure che iniziano a tartassarci su quanto sia bello il brano x dell’artista y che loro hanno ascoltato e che non vedono l’ora che anche noi, poveri sfigatelli, si abbia la fortuna di ascoltare. Molte volte poi, lo sfigatello di turno, si ritrova con un pugno di mosche in mano, perché dietro l’hype non c’è nulla. Sarà per il prossimo giro. Il rischio che anche Arlo Parks potesse essere fra quelle del pugno di mosche, c’era tutto, ma il suo debutto “Collapsed in Sunbeams” mette a tacere qualsiasi preconcetto. Arrivato dopo un paio di ep e soprattutto dopo un biglietto da visita di lusso come ‘Cola’, canzone d’esordio del 2018, il disco si muove trasversale tra pop, trip-hop e soul, figlio anche dell’eredità meticcia della stessa Arlo. Sono molti i momenti di classe – uno su tutti quello di ‘Caroline’, brano magnifico – ma è la scrittura, asciutta e alla ricerca di una luce tra cinismo e ottimismo, sorprendente per una ventenne, a rivelare un’artista vera, lontana anni luce da un hype plastificato. Se proprio dobbiamo cercare un pelo nell’uovo in mezzo a tanta bellezza, lo si trova forse in una produzione, in alcuni brani, eccessivamente levigata. Ma è roba da vecchi brontoloni.

Adrian Younge è un polistrumentista, compositore di colonne sonore e produttore con uno studio analogico e un negozio di dischi a Los Angeles. È un membro di The Midnight Hour e ha prodotto per grandi dell’intrattenimento come Jay Z, Kendrick Lamar e Wu Tang Clan. Ha realizzato una serie di uscite collaborative per la sua etichetta Jazz Is Dead ma ancora non aveva pubblicato un vero e proprio album in senso tradizionale. “The American Negro” è quindi, in qualche modo, il suo debutto e soprattutto, un disco importantissimo. È un lavoro che dettaglia la psicologia sistemica e malevola che affligge la gente di colore ed il risultato creativo più sofferto di Younge che disseziona la chimica dietro il razzismo cieco, usando la musica come mezzo per restituire dignità e autostima alla sua gente. Younge è un tipo che composto musiche per spettacoli televisivi come Luke Cage della Marvel e film come Black Dynamite. Possiede l’etichetta discografica/boutique, Linear Labs, ed è co-proprietario di Jazz Is Dead. Per The American Negro, Younge non solo ha scritto, ma ha suonato ogni strumento della sezione ritmica dell’album; ha anche diretto un’orchestra di 30 elementi e li ha registrati nel suo studio analogico. Se amate il soul classico di Marvin Gaye, il jazz di Roy Ayers ma anche le ultime produzioni più moderne di cose tipo Mourning [A] BLKstar e Sault, è il disco per voi.

Con “Morsa”, arriva finalmente al suo esordio solista in italiano, Serena Altavilla, da tanti ormai una delle voci più preziose del nostro paese. Prima con i progetti art/rock Baby Blue/Blue Willa, poi con i Solki, passando tra mille collaborazioni, tra cui Mariposa e Calibro 35, Altavilla ha sempre dimostrato una versatilità fuori dal comune ed un timbro pulito e affascinante che rimanda agli anni ‘60/’70. Proprio con i Calibro 35, nel 2013 alla Pergola di Firenze, fu eccezionale come ospite in occasione di “Indagine sul cinema italiano del brivido”. Era la prima volta che la sentivamo cantare nella nostra lingua e speravamo che prima o poi questo diventasse il suo nuovo percorso. Abbiamo dovuto aspettare otto anni e, grazie anche all’aiuto in fase di scrittura di Patrizio Gioffredi (collettivo John Snellimberg), quelle parole che erano sulla punta della lingua sono finalmente uscite e diventate “Morsa”. La produzione, ben equilibrata e mai invadente, è stata curata da Marco Giudici (Any Other), mentre i musicisti coinvolti ruotano attorno alla figura di Enrico Gabrielli dei Calibro 35, oltre allo stesso Giudici, la compagna di progetto Adele e altri. Se la voce di Serena rimanda a quella delle grandi voci femminili italiani degli anni ’60, i suoni sorprendono per freschezza e attualità, indagando in chiave moderna tra pop, inserzioni elettroniche, arrangiamenti raffinati e musica leggera. Abbiam dovuto aspettare un po’, ma ne è valsa la pena.

Transgressive

Jazz Is Dead

FRASTUONI SU SPOTIFY

Black Candy Records

La playlist di Frastuoni è su Spotify. Aggiornata settimanalmente, contiene una selezione dei migliori brani sia italiani che internazionali, in linea con i gusti della rubrica. In copertina Arlo Parks. Scansiona il QR code per accedere direttamente e segui la pagina Facebook di Lungarno per rimanere aggiornato. Per reclami, segnalazioni e pacche sulle spalle, scrivi a frastuoni@lungarnofirenze.it 18


BREVI CRONACHE LIBRARIE di Carlo Benedetti

Racconti fiorentini con la scusa di un libro

Kúthà, tra libri e arte di Raffaella Galamini

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i scrive Kuthà, si legge arte&libri: all’apparenza è una piccola libreria indipendente ma dietro questa realtà, aperta l’anno scorso in via Celso al Poggetto tra un lockdown e l’altro, si nasconde un progetto ben più grande. Uno spazio dove il mondo dei libri dialoga con l’arte e l’artigianato. L’idea è venuta a due fiorentini d’adozione: Daniela, 27enne siciliana e Roberto, 30 anni, sardo. I due si sono conosciuti a Firenze dove erano venuti a studiare filosofia. Accarezzavano l’idea di realizzare uno spazio d’incontro per le persone del quartiere tra libri, quadri e artigianato e alla fine l’hanno trovato. Quando Daniela si è assopita sull’autobus, salvo svegliarsi all’improvviso e scendere alla fermata davanti al cartello “affittasi”, i due hanno capito che era il momento di provarci. Così ecco la scelta del nome Kùthà, la maschera africana che campeggia sul logo di questo posto singolare e, per certi versi, unico e riesce a esprimerne le molte anime. Lo spazio creato può essere definito ibrido e innovativo, nella sua idea di accostare il mondo dei libri a quello dell’arte, sottolineando l’artigianalità dell’uno e dell’altro. Sugli scaffali dando una rapida occhiata ai titoli dei volumi ci si accorge che l’offerta è variegata e trasversale: libri per bambini e per ragazzi, giochi e pop up per i più piccoli, testi che affrontano temi come filosofia, crescita personale, benessere, gialli, psicologia, saggi di varia natura, storia, architettura, storia dell’arte e fotografia. Nelle sale i quadri degli artisti che Kuthà abitualmente ospita: basti pensare alla recente mostra collettiva tutta al femminile in occasione della giornata internazionale della donna. Chi desidera dipingere e disegnare trova inoltre tanti prodotti professionali. Sempre nel segno dell’artigianalità si spiega la collaborazione con Mae Bottega Artigiana che espone i suoi capi d’abbigliamento a rappresentare l’eccellenza dell’arte tessile. Per informazioni: http://www.kutha-artelibri.com/

- Immagina che, quando ero giovane, si poteva viaggiare dove si voleva. - Anche a Scandicci Nova? - Scandicci Nova? Certo, ma anche Roma, o Istanbul o perfino Tokyo. - E che posti sarebbero? - Come faccio a spiegarti: Tokyo è un posto che te prendi la Faentina, arrivi a Ravenna, attraversi l’Adriatico, poi i Balcani, poi il Mar Nero, poi il Mar Caspio, poi il deserto del Gobi, poi la Mongolia e sei in Corea. Da li fai duecento chilometri di mare e entri in Giappone. Giri a sinistra e sei arrivato. Guardavamo il Ponte Molto Vecchio e i polli nelle botteghe appese sull’Arno mentre il sole tramontava. Mio nipote rideva, non credeva a quasi nulla di quello che gli raccontavo. - E Tokyo era bellissima, ci sono stato: c’erano templi e feste e tutti si inchinavano. Adoravano i fiori, erano ossessionati da quelli di ciliegio rosa. E mangiavano, mangiavano sempre. La fila scorreva lenta, ma non avevamo altro da fare. A me piaceva soprattutto quando ci fermavamo alla bocca degli Uffizi: osservavo le giovani coppie che riempivano le case popolari di bambini, due o sfratto. A meno che tu non fossi musulmano o comunista, allora ti pagavano per non avere figli. - E poi c’erano i giapponesi che venivano qua: a studiare, a dipingere, a vedere… – come la chiamavamo? – tutte le cose belle, insomma. Tutte le cose che fanno pensare. Le parole di prima iniziavano a farsi sfuggenti. Era così diverso. La fila proseguiva sul Lungarno, oltre Ponte Molto Vecchio, Ponte Sàntrini, e poi spariva in via Tornabuoni. - Dici che oggi ci tocca? – mi chiedeva mio nipote quando iniziava a fare buio. - Chi lo sa, tesoro mio? A volte avevamo visto l’insegna che lampeggiava, una volta così vicino che riuscivo a leggerla senza occhiali. - Magari stasera a casa ti preparo un sushi, ti va? - E cos’è il sushi?

Laura Imai Messina, Tokyo tutto l’anno. Viaggio sentimentale nella grande metropoli Einaudi Saggi, 2020 – 19,00€ 19


CITTÀ IN MUSICA di Giulia Focardi foto di Antonio Viscido

Intervista a Bruno Casini

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pprofittiamo di questi mesi di “attesa” per conoscere meglio i protagonisti della scena musicale fiorentina, come Bruno Casini: personaggio di assoluto rilievo del panorama culturale italiano, scrittore, ufficio stampa, operatore e divulgatore culturale. Marzo 2020 - Aprile 2021: è passato un anno dall’inizio di questo disastro. Come lo hai vissuto? “Un anno strano, di riflessione in cui tutto il mondo dello spettacolo si è fermato e ancora purtroppo non sappiamo quando riprenderà. Un anno di silenzio e smarrimento, certo dopo 40 anni di attività culturale nella musica e nel teatro, essersi fermato è stato un trauma: sogno la notte di andare ai concerti, quelli oceanici, alla Woodstock per intenderci. In quest’anno mi sono rimboccato le maniche e sto lavorando sul mio archivio mettendo in ordine tutti i materiali accumulati. Un amarcord di quello che ho combinato nella vita, delle avventure musicali e non, e poi spazio alle presentazioni on line dei miei libri, rigorosamente on line”. Sei stato un protagonista degli anni ’80. Cosa ti manca di quel periodo? “Ho vissuto in maniera intensa gli anni ‘80,

MINIMONDO testo e foto di Susanna Stigler

Il tempo ci sfugge ma il segno del tempo rimane (Le rane - Baustelle)

43°46’34.7”N 11°12’39.3”E

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sia sul lavoro ma anche sul piano personale, li ho bruciati, mi sono formato, è stato il mio laboratorio di vita, ma poi ho continuato a fare le stesse cose fino ad oggi, per questo non rimpiango nulla. Mi manca però il ritmo culturale con cui affrontavamo il mondo, l’energia con cui mettevamo in piedi progetti ed eventi pazzeschi non pensando al budget; avevamo voglia di imparare, costruire, lasciare segni sul nostro percorso di vita. Dormivamo pochissimo, anzi niente, la nostra mission era vivere notte e giorno. Nelle nuove generazioni, che stimo e seguo con attenzione, vedo una mancanza di riflessione, approfondimento: i social, le nuove forme comunicative, le nuove tecnologie molto spesso impigriscono le letture, la ricerca, la costruzione di un progetto. Sono utili ma non bi-

sogna farne troppo uso”. Quali sono i tuoi ricordi più importanti? “In questo periodo si guarda molto indietro ma si pensa anche al futuro. I ricordi sono tanti, troppi: mi mancano i viaggi in giro per il mondo, mi manca l’Oriente, che ho attraversato negli anni ‘70, dal Marocco all’Afghanistan. Mi manca il clubbing, il nomadismo notturno, le vacanze culturali a Umbria Jazz, le maratone teatrali di Luca Ronconi e di Peter Brook, i festival pop e tutti i “parchi Lambro” a cui ho partecipato, ballare, vedere quattro film in un giorno al cinema. Oggi penso a un nuovo tempo post Covid, penso che dopo la tragedia arrivi la festa, dopo la clausura arrivi una nuova esplosione della nostra vita. Spero di tornare a ballare molto presto!”.


TRADIZIONI FIORENTINE di Riccardo Morandi

Lo Scoppio del Carro

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A Firenze il primo store ecofriendly di Raffaella Galamini

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l negozio del futuro ha aperto ai primi di marzo a Firenze. Il nuovo store Benetton, di fronte alla stazione di Santa Maria Novella, “sposa” la sostenibilità e il basso impatto ambientale. Il punto vendita di circa 160 metri quadrati è stato costruito con materiali naturali di recupero: così il pavimento è realizzato con ghiaia del fiume Piave e legno di scarto dei faggi abbattuti dalla tempesta Vaia. Un occhio di riguardo c’è anche per le pitture murali che hanno proprietà antibatteriche, antimuffa e antismog. Persino i bottoni inutilizzati, mescolati con idro-resina, diventano pedane e basi espositive; la lana riciclata si trasforma in decoro per le tende dei camerini. Le vetrine sono sostituite da pannelli trasparenti e dotate di schermi a Led, anche loro a basso impatto ambientale. Infine grazie a sensori, intelligenza artificiale e analisi dei dati si ottiene un efficientamento energetico e una riduzione dei consumi del 20 per cento. In linea con la filosofia del negozio

anche l’assortimento: sono in vendita capi sostenibili United Colors of Benetton in cotone biologico, riciclato o BCI (Better Cotton Initiative), nylon rigenerato, fibre naturali. Le shopper sono di cotone biologico, lavabili e riciclabili, o di carta proveniente da foreste FSC (Forest Stewardship Council). A fine febbraio in via Capo di mondo 10 ha aperto Ma.Mà, pizzeria d’asporto. La formula del locale punta su farine di grano selezionato (no ogm) da coltivazioni lontane dalle aree industriali e su una lenta lievitazione dell’impasto. Dal campo al cliente finale: questo l’obiettivo di Ma.Mà. In menù i grandi classici (marinara, napoli, margherita, salsiccia e friarelli) e qualche novità come la Mamà, il panotto toscano, la crudaiola. New entry nella strada delle cento botteghe: in via Gioberti 4/r è sbarcato lo storico marchio Cavalieri, biancheria per la casa dal 1955. Nel negozio fiorentino un vasto assortimento di completi letto e copriletti, trapunte e piumini, cuscini arredo, asciugamani e accappatoi, tovaglie e tanto altro.

In zona via Gioberti la biancheria per la casa di Cavalieri e la pizzeria Ma.mà

e domandate a un fiorentino a caso quale sia l’associazione visiva fra Firenze e una bandiera impugnata, forse il 98% vi risponderebbe citando Gabriel Omar Batistuta, che soleva esultare stringendo l’asta che si pone agli angoli del campo. Niente di più miope. Il combattente crociato Pazzino de’ Pazzi issò quasi mille anni fa la bandiera cristiana a Gerusalemme, dando vita alla più importante manifestazione pubblica di Firenze. Presto detto il perché: il Pazzi ricevette tre schegge del Santo Sepolcro, le portò a Firenze e la sua fortunatissima (?) famiglia pensò bene di rendere, con queste tre pietre, il Sacro Fuoco di Gerusalemme a tutti i cittadini. Da qui nacque questa splendida tradizione di portare un cassettone del Cinquecento (perché il Carro è quello) in Piazza Duomo a Pasqua, trainato da due bovi, caricarlo di mortaretti e vedere se un razzo a forma di colomba riesca ad andare e tornare dal sagrato al bussolotto in questione. In pratica a Pasqua la città di Firenze diventa come Salvador de Bahia: si mescolano religione e tradizione, paganesimo e cristianità. Il Carro dorme un anno nel suo deposito in Porta a Prato, dentro un edificio dalle porte enormi, calibrate per essere tipo le porte di casa di Piero Fassino, e si sveglia in quel giorno. La tradizione di questa esplosione del nostro “Litte Boy” in Piazza Duomo determina per i fiorentini tutti i fasti dell’anno. Tifiamo per la Colombina, Firenze ne ha bisogno di fortuna. #2021.

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PALATI FINI testo e illustrazione di Marta Staulo

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Pastiera

he c’entrano le sirene con la Pasqua? Fulgide influencer già spiaggiate ai Tropici? Autoambulanze che corrono da chi si è arrostito un dito durante una grigliata? Niente di tutto ciò, si parla - ancora - di dolci. Non è facile immaginare delle sirene all’opera in cucina, ma la storia narra di una sirena di nome Partenope, sulle cui spoglie sarebbe nata Napoli, alla quale gli abitanti di quello che, era all’epoca, un villaggio rendevano omaggio per il suo canto, donandole tutti i frutti della propria baia: il grano della Campania Felix, la ricotta dei pascoli, l’acqua e il miele dei fiori, gli agrumi della costiera, le uova simbolo di rinascita. Questi ingredienti vennero offerti dalla sirena al cospetto degli Dei che crearono la pastiera e che incaricarono la sirena di farne omaggio ai napoletani. In epoca greco-romana preparazioni simili all’odierna pastiera venivano portate in processione dalle Sacerdotesse della Dea Cerere, entità che ancora viene associata in astrologia al tema del nutrimento. Poi accadde che i riti dedicati alla Madre Terra venissero nei secoli estirpati dal Cattolicesimo alla ricerca di nuove relazioni che da materiche, profumate di fiori e di latte, diventavano inspiegabilmente relegate a leggende che risiedevano nell’alto dei cieli. Addirittura, c’entrano a quanto pare i culoni delle monache del convento di San Gregorio Armeno, che nel XVII secolo si dice covassero sulla sfoglia per farla riposare prima della stesura. Una ricetta che si gioca tra sacro e profano in campo femminile: da un lato le sirene, le cui urla facevano perdere la testa, dall’altro le monache, i cui sospiri erano fatti di sole preghiere, egualmente inarrivabili dal genere maschile, ma diametralmente opposte e unite nella celebrazione della rinascita.

SPIRITO LIQUIDO di Andrea Bertelli

Aperitivo rivoluzionario o rivoluzionato?

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a pandemia ha aperto ed esasperato nuove frontiere dell’aperitivo. Rendendo sempre più difficile creare occasioni per brindare in ristretta compagnia, per salvarsi da un pernicioso alcolismo solitario. Ma a volte al peggio non c’è mai fine e a Firenze se si giunge al supermercato il venerdì dopo le 16:00, rimane solo la vista del reparto alcolici transennato. È l’ultima perniciosa minaccia, la variante astemia. I virologi sostengono provochi attacchi di cuore e scatti di rabbia stile Rambo, ci sono stati casi di momentanea follia, i pazienti gridavano: “Non ci avrete mai sobri”. Dopo il pub no, il cocktail bar, figuriamoci. Chi ricorda quella sensazione paradisiaca di avere i gomiti su un bancone? A questo punto cosa dobbiamo aspettarci, un nuovo proibizionismo? La formazione di nuovi gruppi clandestini, Brigate di Solidarietà Alcolica. Rinchiusi negli scantinati della città ad aspettare una partita di liquore distillato nel garage del prozio o nella vasca da bagno della nonna? Apertuta di speakeasy e distribuzione di fiaschette, tasche segrete nei cappotti. Ondate di giovani zombie deliranti all’assalto del reparto alcolici dalla pausa pranzo del venerdì fino alle 15.59, ricreando scenari da videogioco che Ken Shiro scansati. Ma la sete non ci avrà, gin tonic sul davanzale, negroni dal balcone, birre dalle finestre. In alto i calici, in videochiamata, a distanza nei parchi o in strada, (mi raccomando prima delle 16:00). Mutuo soccorso alcolico. Nel frattempo, dall’alto di Palazzo Vecchio, un violino suona in un’atmosfera spettrale ed echeggiano risate, su una Firenze che arde dalla sete. Benvenuti nella zona sobria. Prosit!

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OROSCOPO di Lulaida illustrazioni di Francesca Arfilli

ARIETE (21 marzo - 19 aprile) Siete molto scoraggiati, svogliati ma con picchi di nervosismo inquietanti. Dovete darvi una calmata ragazzi: avete una certa età e mettersi sempre in situazioni complicate non fa più al caso vostro. Cercate invece di prendere del tempo per voi, rilassatevi e se potete andate in un Buen Retiro per qualche giorno. Personaggio storico: Napoleone Bonaparte

BILANCIA (23 settembre - 22 ottobre) Ce l’avete fatta e se mi avete un po’ ascoltato, avete invertito la rotta della vostra vita. Siete dei visionari voi, guardate al di là delle apparenze, delle cose che vi circondano. La vostra mente ora è ancora più libera e andare oltre il possibile è vicino. Solo un consiglio, portatevi un po’ di cioccolata, magari non la troverete dove arriverete. Personaggio storico: Richard Feynman

TORO (20 aprile - 20 maggio) Torellini, in questo mese potete sorridere e prendervela comoda. Finalmente avete avuto il coraggio di azioni e parole coerenti, così che adesso sentite di avere il mondo ai vostri piedi. Bene! Anche se ricordatevi sempre di non sbandierare troppo quanto siete felici. Personaggio storico: Aristotele

SCORPIONE (23 ottobre - 21 novembre) Cari scorpioni, lo so è dura, anzi durissima. Vi sentite un po’ come quei topolini che corrono senza mai arrivare. Come sempre ricordate che non siete soli in questo universo, anzi. Forse dovreste imparare a guardare al di là del vostro naso. Alzate gli occhi al cielo perché nelle cose ordinarie a volte si nasconde lo straordinario. Personaggio storico: Isaac Newton

GEMELLI (21 maggio - 20 giugno) Sempre sul piede di guerra: ma perché non vi rasserenate? Se in questo mese sarete meno aggressivi e progetterete il futuro con un po’ di calma, vedrete che la seconda parte dell’anno vi vedrà vincitori. Dovete allenarvi alla pazienza, una dote rara, ma che fa la differenza. Personaggio storico: Che Guevara

SAGITTARIO (22 novembre - 21 dicembre) Se lo scorso mese avete sperimentato la noia, adesso potrete invece gioire di come quel duro momento e quella costanza vi abbiano forgiati e preparati al momento che sta per accadere. Siete sereni e in pace, come mai prima d’ora: questo stato d’animo aiuterà non solo voi, ma ogni persona che avrete vicino. Personaggio storico: Mahatma Gandhi

CANCRO (21 giugno - 22 luglio) Contrariamente a quello che si pensa spesso di voi, non siete affatto tonti, siete buoni e disponibili, ma sapete riconoscere chi avete davanti. Riuscite a capire la personalità e gli intenti del vostro interlocutore e di conseguenza vi comportate. State attenti dunque, il mese di aprile sarà un po’ insidioso, ma ve la caverete. Personaggio storico: Winston Churchill

CAPRICORNO (22 dicembre - 19 gennaio) Avete una marcia in più, o per lo meno ne siete convinti e va bene così, perché la convinzione nella vita è tutto, soprattutto in periodi faticosi e difficili. Perché per una volta non siete generosi e provate a coinvolgere in questo vostro stato di grazia anche chi vi circonda? Fidatevi, non ve ne pentirete. Personaggio storico: Albert Einstein

LEONE (23 luglio - 23 agosto) Ve ne starete al sole, a godere l’aria fresca del mattino, con tutta la forza e la convinzione che possedete. Aprile sarà il mese in cui dominerete lo zodiaco: solo una postilla importante, non fatevi troppa pubblicità, ricordatevi sempre che i 30 giorni di grazia finiranno. Fatene buon uso. Personaggio storico: Cleopatra

ACQUARIO (20 gennaio - 19 febbraio) Solitamente tranquilli, adesso siete in preda a un mood molto vendicativo: siete decisi a farvi valere, non con la vostra grazia, ma con toni rudi, azioni forti e incontrovertibili. Non so bene chi vi ha pestato i piedi, ma questa volta qualcuno deve averla combinata grossa, tanto che non avrà il vostro perdono. Passerà. Personaggio Storico: Nerone

VERGINE (24 agosto - 22 settembre) Marzo è stato sottotono, ma adesso potrete respirare un po’. Anzi, in questo periodo vi sentite molto più produttivi e vogliosi di cambiamenti. La vostra mente va veloce, non si ferma mai, nemmeno quando potrebbe farlo: è la vostra indole, un vulcano reattivo pronto a esplodere. Personaggio storico: Thomas Edison

PESCI (20 febbraio - 20 marzo) Avete in pugno la situazione, o per meglio dire così pensate, sì perché in realtà potreste spassarvela invece di creare e crearvi congetture che al momento non sono utili. Lo dico per voi e per la salute mentale di chi vi è vicino. Ma si sa, spesso non ascoltate altra opinione al di fuori della vostra. Buona fortuna e “Alle armi”!! Personaggio storico: Niccolò Machiavelli

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FACOLTÀ DI CREARE FASHION & COMMUNICATION SCHOOL

Creatività, didattica laboratoriale, tecnologie innovative, project works e stage per una formazione accademica e professionalizzante nei settori Moda e Comunicazione.

Diamo futuro alle tue idee www.modartech.com


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