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IL GIORNO DELLA MIA LAUREA
L’UNITA’ LABURISTA - 44
IL GIORNO DELLA MIA LAUREA
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DI LUCIA COLARIETI
Oggi è il giorno della mia laurea. È una bella
giornata di sole, il cielo è azzurro e sento un dolce vento che mi spettina i capelli.
Oggi è il giorno della mia seduta di laurea e io sono agitata, forse è normale che mi senta così in questo giorno.
Questa paura ho imparato pian piano a controllarla, fin dal primo giorno di università, e sono riuscita a giungere qui, non avrebbe senso fermarmi ora, la strada più lunga è stata fatta, i problemi sono alle spalle, devo solo concludere.
La nuvola di passaggio, che oscura per un
momento il cielo, mi distrae, sollevo gli occhi e mi ritrovo a quel maledetto esame per concludere il primo anno. Ne avevo già fatti cinque, tutti con il cuore sparito esangue tra le costole e lo stomaco in rivoluzione. Ero riuscita per ben cinque volte, dopo settimane in apnea sui libri, a scovare la mia voce rintanata tra le pieghe della gola e ad estirpare dalla cassaforte dei miei neuroni almeno una minima parte di tutto quello che avevo studiato. Ero riuscita a rientrare a casa, nonostante il desiderio di fuggire che mi fremeva nei muscoli, ero riuscita
a non ascoltare i commenti senza gratificazioni di mia madre. Avrei ogni volta voluto sprofondare, volatilizzarmi, essere trasparente e sorda, chiudevo la mia anima ermeticamente, impermeabile alla svalutazione che sentivo cadere su di me come una pioggia acida. Ogni nuova lezione, ogni nuovo libro mi scaricavano addosso tutte le aspettative dei miei genitori, di anni, di secoli, un carico di volta in volta più pesante.
Poi quel maledetto giorno l’esame non l’avevo
superato e il rientro a casa era diventato un pensiero inaffrontabile. Forse aveva ragione lei, mia madre, avevo sbagliato facoltà, quegli studi erano inutili, io non sarei mai stata all’altezza.
Ma oggi è il giorno della mia seduta di laurea,
tutto è pronto, là fuori: i tailleur, i sorrisi, la corona di alloro, i fiori, i pasticcini, lo spumante. Allora perché io sono quassù?
È un po’ di tempo che non so più bene Dove mi trovo, sarà la stanchezza, sarà la tensione, non sono più sicura di dove vivo, di dove sono viva.
Il morso dell’ansia mi aggredisce improvviso, gli occhi si annebbiano e il cuore sale alle tempie
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sbattendo violento e chiedendo di uscire. Tra le costole un nodo doloroso si stringe e l’aria si fa rarefatta mentre mille pungoli mi coprono le gambe costringendomi a cadere; mi riprendo.
Esattamente come quel giorno dell’esame non superato, non avevo alternative, mi dovevo riprendere per sempre, e ci sono riuscita. Ho costruito la mia nuova vita e ho superato le critiche insidiose di mia madre; quel giorno e ogni tanto tornavo a casa e le comunicavo il mio trenta e lode: non ha avuto più nulla da ridire. E così giorno dopo giorno ho costruito il mio castello: la paura, i sorrisi; la paralisi, l’euforia; la sconfitta, i sogni; l’impotenza, la fantasia; l’umiliazione, la difesa.
Ora che sono giunta fin qui, che sono quassù, non posso più tornare indietro, non posso più tornare al buio delle mie fobie; là fuori c’è fermento, mi aspettano.
fronte alle parole difficili di un professore, nessuno può stare con me nella solitudine profonda di una sedia dinanzi alla cattedra. Sono sola dietro un velo che m’impedisce di comunicare, di farmi vedere. Sono sola nel mio castello, dove ogni cosa è come la voglio io ma nessuno è qui in cima con me. Sono arrivata fin quassù, su questo tetto e nessuno mi cerca, tutti stanno aspettando la mia laurea.
Il cielo azzurro mi chiama alla sua vastità, al
suo silenzio. Per una volta sarò coraggiosa e chiuderò il discorso per sempre, come voglio io e non dovrò ascoltare le critiche. La strada più lunga è stata fatta, i problemi sono alle spalle ora devo solo volare.
Oggi era il giorno della mia seduta di laurea ma io sto volando libera nel cielo.
Oggi è il giorno della mia seduta di laurea e nessuno sa dove sono. Nessuno sa del dolore che ho dentro, nessuno mi vede, nessuno sa delle attese inutili fuori dall’aula senza il coraggio di entrare, nessuno conosce il senso di sconfitta di
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