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l’Unità Laburista - Autunno Caliente - Numero 44 del 30 ottobre 2021

L’UNITA’ LABURISTA - 44

LA SCUOLA: PALESTRA DI DEMOCRAZIA

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DI ANTONIA SCIVITTARO

Credo di sfondare una porta aperta dicendo

che il rapporto tra l’individuo privato e la comunità, anche se formata da tanti singoli, è molto complesso e pieno di sfaccettature.

Anche nel mio piccolo è possibile notarlo. In particolare all’interno della scuola dove oggi, dopo molti mesi di Dad, torno a vivere una gran parte del mio quotidiano.

Io sono una semplice studentessa di secondo liceo, attenta al sociale e interessata alla politica. Vorrei condividere queste mie passioni con la mia “collettività”: i miei compagni di classe, i miei professori e la mia scuola. Nonostante questo mio desiderio, però impattarsi con la realtà, è sempre più complicato che fantasticare o pensare di fare qualcosa…

Recentemente ho vissuto un’esperienza che mi ha fatto realizzare questa complessità ancora più da vicino…

Il venticinque settembre appena trascorso c’è

stato lo sciopero globale per l’ambiente: il

“Friday for Future” e in tutte le città, erano previste manifestazioni per la difesa del nostro unico e indispensabile ecosistema.

Noi avevamo iniziato a parlarne solo pochi giorni prima, in parte per gli impegni scolastici e non, in parte a causa di una certa superficialità nel “farsi carico” i temi che riguardano il bene della collettività.

Confrontandoci fra noi studenti, non siamo arrivati a conclusioni particolarmente esaustive.

Riflettemmo sul fatto che, avendo solo 15 anni, molti genitori non avrebbero avuto piacere a

saperci ad una manifestazione. Non avevamo avuto il tempo per discutere approfonditamente il tema dell’inquinamento, poter scrivere striscioni o cartelli che avessero l’originalità del nostro pensiero e, non da ultimo, non sapevamo COME si partecipa ad una manifestazione.

Decidemmo di confrontarci con una delle nostre professoresse, per avere il suo parere sulla questione.

Il dibattito che ne sfociò fu decisamente più risolutivo di quanto non lo fossero stati i precedenti.

Insieme, riuscimmo a stabilire il piano che,

approssimativamente, avremmo dovuto seguire: se fossimo riusciti ad ottenere il permesso di scendere in piazza a manifestare, avremmo scioperato; se invece il permesso, ci fosse stato negato saremmo andati a scuola e avremmo discusso in classe il problema del cambiamento climatico…Nel caso della nostra presenza a scuola, avremmo voluto predisporre uno striscione sulla cancellata per dichiarare, pur non partecipando al corteo, la nostra solidarietà ai manifestanti e la nostra condivisione sui temi della protesta.

Per alcuni motivi che non abbiamo ben capito, ci è stato comunicato che non avremmo potuto farlo, né sarebbe stato consigliabile scrivere anche solo un cartellone da attaccare fuori alla porta della classe…

La situazione, a quel punto, ci era sfuggita di mano…. Scioperammo, ma solo in pochi, compresa me, andarono effettivamente alla manifestazione. I genitori avevano negato agli altri il permesso, nonostante avessimo già dichiarato che non saremmo andati a scuola... Insomma, una specie di sciopero “da casa…”

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Dopo quella giornata mi sono posta parecchie

domande: come eravamo arrivati alla comica soluzione di una manifestazione che si era ‘svolta’ (per così dire) stando ognuno per conto proprio?

Ho notato che le discussioni che si sono tenute solo fra studenti si sono rivelate inconcludenti. Questo, a causa del fatto che spesso tendiamo a parlarci addosso, senza darci il tempo di esprimere dei pensieri completi, e che pur essendo bravi ad ascoltare gli adulti, i professori, i genitori e a considerare le loro opinioni, come è giusto che sia; non riteniamo le nostre idee altrettanto valide.

le assemblee di classe, le assemblee d’istituto, i rappresentanti di classe e d’istituto, il collettivo studentesco ecc… parlare fra noi, confrontarsi, scambiarsi pareri è fonte di ricchezza, di progresso e di innovazione.

La scuola in tutte le sue parti (allievi,

professori, personale scolastico e apparato organizzativo) è quanto di più importante per la crescita dell’individuo e della collettività. È da qui che si comincia. Ed è da qui che i miei compagni ed io inizieremo la nostra crescita nella democrazia.

La scuola non dovrebbe aiutarci a crescere, a prendere decisioni, per poi diventare membri attivi e partecipi della società? Dov’era allora, il cortocircuito fra singolo e collettivo?

Nella mia scuola, come nella maggior parte delle scuole ci sono degli strumenti democratici che gli studenti possono richiedere per consultarsi tra loro: che vanno dall’assemblea di classe a quella di istituto… ma sappiamo usarli?

Il giorno prima dello sciopero, come ho

raccontato, avevamo parlato anche con una professoressa e le avevamo chiesto se fosse possibile appendere degli striscioni. Questa domanda, che io stessa posi, ora mi appare ingenua, perché mi sono resa conto che noi non conosciamo i “dispositivi” che abbiamo per esercitare nostri diritti in quanto studenti.

In questo modo ho capito che così non poteva andare bene, poiché la scuola è il luogo in cui si impara ad esercitare la democrazia, la discussione, il confronto, l’inserimento regolamentato del singolo all’interno della comunità, la relazione tra il privato cittadino e il pubblico.

La democrazia ripaga sempre, nonostante gli sforzi necessari per esercitarla. Nel microcosmo di questa mia esperienza, infatti, ho avuto modo di apprendere tanto: ho parlato con tanti studenti; mi sono confrontata con gli insegnanti e mi sono scontrata anche con le necessità della mediazione fra le parti coinvolte.

In particolare, ho capito che non conoscevo

le regole fondamentali per muoversi nella palestra della democrazia studentesca. Per questo motivo ho fatto delle ricerche riguardanti quali sono gli strumenti che gli studenti hanno per portare le proprie idee su un piano di confronto con “l’istituzione scuola”: lo statuto degli studenti,

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