l'Unità Laburista Numero 1 del 17 luglio 2019

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Numero 1 del 17 luglio 2019

Nazisti dell’Illinois e come trovarli


Sommario 

Benvenuti da Labour Italia - pag. 3 di Rosaria CATALETTO

Nazisti dell’Illinois e dove trovarli - pag. 8

di Umberto

DE GIOVANNANGELI

La necessità di un nuovo internazionalismo - pag. 15 di Aldo AVALLONE La bufala dei lavoratori che non si trovano - pag. 17 di Antonella GOLINELLI Quella Scuola in fondo a sinistra - pag. 20 SCOTTI DI UCCIO e Italo TESTA

Banali femminicidi - pag. 23 di Antonella GOLINELLI

Opinioni - da pag. 26

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di Umberto


l’Editoriale

BENVENUTI DA LABOUR ITALIA di Rosaria CATALETTO

Non è stato facile accettare di ricoprire la carica di Presidente di Labour Italia. Soprattutto nell’attuale momento storico, in cui la Sinistra non ispira propriamente sentimenti di fiducia. Ma tenaci più che mai siamo qui a raccontarvi una “storia 3


bella”. Labour Italia nasce sulla spinta di due forti emozioni: l’insofferenza di fronte al dissolvimento della Sinistra e l’entusiasmo di fronte al sogno di provare a riunire tutte quelle componenti che credono ancora nei principi del socialismo, quello vero, animato dallo stesso spirito che vide germogliare il Laburismo nato in Gran Bretagna e che oggi vive, in forme rinnovate, in Europa e nel mondo. Come nasce Labour Italia? Dall’incontro casuale di alcuni sognatori che iniziano a scrivere, a diffondere le proprie idee, la propria voce. Ritenevano di essere in pochi ma, strada facendo, si accorgono che di sognatori ne esistono ancora tanti. Da alcuni diventano decine, poi centinaia e, oggi, tanti. Perché la Sinistra, quella vera, nasce dal sentimento. Non siamo l’ennesimo partitino di Sinistra: abbiamo scelto di costituirci come Ente del Terzo Settore, forma giuridica incompatibile con quella di Partito. Siamo, piuttosto, ciò che fu la Società Fabiana per la nascita del Labour Party britannico: un brodo di coltura politico-culturale, uno starter che avvii il motore di un nuovo e moderno Partito Laburista italiano. Il nostro programma è semplice, basato sui principi fondamentali del Laburismo: lavoro, ambiente, sicurezza, sanità. Anni fa avremmo affermato che nei nostri obiettivi immediati ci sarebbe stato il principio di collettivizzazione dell’economia, con lo Stato nel ruolo di grande tutore dei diritti sociali e umani. Lo scenario attuale, che vede il liberismo egemone quasi ovunque, ci impone un fisiologico realismo negli obiettivi di breve termine. Ma il lavoro e i diritti dei lavoratori restano il punto focale della nostra idea politica. Il lavoro è ciò che rende libero l’uomo e Labour Italia agisce con l’obiettivo che tutti gli uomini siano garantiti dagli eccessi delle politiche liberiste. Siamo fermamente convinti che, nonostante la profonda crisi che stiamo vivendo, in un’Italia sempre più povera, l’unica reale alternativa sia il lavoro. Fino a qualche decennio fa, il nostro Paese era la quarta potenza industriale al mondo; oggi, purtroppo, non è più così. La globalizzazione ha spinto le grandi industrie a cercare accoglienza in luoghi dove le politiche fiscali e il basso costo del lavoro siano più favorevoli. Oggi nel nostro Paese sopravvive, soprattutto al Nord, un tessuto di medie e piccole imprese che riescono ancora a essere competitive sul mercato globale. La grande industria è di fatto andata via, nel silenzio impotente della politica. In questo deprimente contesto produttivo, abbiamo la fortuna di vivere in una delle 4


terre dove la bellezza dei paesaggi è inenarrabile, arricchita da innumerevoli beni artistici e culturali che la rendono unica al mondo. Il nostro patrimonio artistico e naturale, spesso abbandonato all’incuria, se curato adeguatamente, può rappresentare una fonte inesauribile di ricchezza, fornire lavoro e benessere. Continuando a seguire le forme del nostro “sogno”, vogliamo un’Italia senza muri, un’Italia con i porti aperti. Tutti gli uomini sono eguali e nessuno è superiore all’altro per razza. Noi vogliamo per tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri. Tutti i cittadini devono rispettare le leggi dello Stato siano essi indigeni o immigrati. Pretendiamo eguali condizioni di partenza per tutti. L’istruzione deve essere garantita a ogni citadino, a prescindere da etnia, colore della pelle, religione. Egualmente riteniamo che la sanità sia un diritto imprescindibile. Fino a pochi decenni fa il nostro sistema assistenziale fungeva da modello per gli altri paesi europei. Oggi viviamo sulla nostra pelle una sanità in sempre maggiore difficoltà con evidenti fratture tra Nord e Sud. Labour Italia non ha la pretesa di cambiare il mondo ma vuole dare voce e rappresentanza ai bisogni inascoltati degli ultimi – ma anche dei meno ultimi. Il divario tra ricchezza e povertà, in questi ultimi anni, è enormemente cresciuto. Una forbice aperta che noi vogliamo richiudere. E’ possibile. E’ possibile se ci si dissocia dalle lobby di potere che da oltre trent’anni imperversano privilegiando la politica dell’interesse di pochi nei confronti dell’interesse dei tanti. Labour Italia prova, giorno dopo giorno, a dare voce a chi voce non ne ha. Anche per questo è nata “l’Unità Laburista”, testata online edita da Labour Italia, completamente gratuita, che sarà il megafono delle vostre voci e delle vostre richieste. Colgo l’occasione, in questa sede, per invitarvi tutti – ma proprio tutti, al convegno/assemblea che si svolgerà il 21 settembre prossimo a l MAV, il Museo Archeologico Virtuale di Ercolano (NA). Vi parteciperanno esponenti del Laburismo europeo, sindacalisti ma, soprattutto, rappresentanti della società attiva e solidale. È assicurata al presenza di diversi leader della Sinistra parlamentare ai quali, questa volta, chiederemo non di parlare ma di sedere in platea e ascoltare la voce della gente comune. Vi aspettiamo in tanti e vi forniremo maggiori informazioni sull’evento nei prossimi giorni e settimane. 5


Sarà l’occasione per visitare uno dei territori più belli al mondo ma, soprattutto, per verificare che esiste ancora la possibilità d’una politica nuova eppure radicata in quegli antichi principi che una società civile non potrà mai mettere da parte. Quelli di eguaglianza, libertà e fratellanza. Vi aspettiamo.

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Inchiesta/Esteri

Nazisti dell’Illinois e dove trovarli di Umberto DE GIOVANNANGELI

Una strana dimenticanza s’aggira per il mondo della comunicazione e della politica occidentali. Un’anomalia semantica che prova a mascherare un imbarazzo inquietante, una reticenza pelosa, riassumibile così: se non è “islamico” non è terrorismo. Può essere “atto criminale”, “gesto folle”, partorito da una mente malata, ma guai a usare la parola terrorismo o terrorista. Donald Trump l’ha definito “un crimine d’odio”. Ma le parole che il presidente statunitense non riesce a pronunciare sono due: “suprematismo bianco”. Di questo universo impastato di odio antisemita, faceva parte John Earnest, il diciannovenne autore dell’attacco, il 28 aprile 2019, alla sinagoga di Poway, nella contea di San Diego, California, che ha provocato un morto e tre feriti. Come i suoi “eroi” anche Earnest ha postato prima dell’attacco il suo “manifesto”. Il killer l’ha riempito con copia/incolla, tesi a volte a posticce, parla di “rivoluzione”. In questo ha emulato Breton Tarrant, lo stragista della Nuo8


va Zelanda diventato suo ispiratore e modello. Nelle lunghe pagine cita anche Robert Bower, l’assassino responsabile del massacro alla sinagoga di Pittsburg avvenuta esattamente sei mesi fa. Il manifesto di Earnest è zeppo di dichiarazioni d’odio contro ebrei, musulmani, africano-americani, ispanici, immigrati e femministe, così come altri gruppi e minoranze. Ogni ebreo è responsabile del genocidio meticolosamente pianificato della razza europea, delira il diciannovenne terrorista. Earnest ripropone anche la teoria, molto popolare negli ambienti di estrema destra americani, del “complotto giudaico”, e cioè del piano pilotato dagli ebrei di “sostituire” americani bianchi con immigrati provenienti da altri Paesi. Nel documento, scriveva il Washington Post, Earnest rivendica di aver dato fuoco un mese fa a una moschea nella località californiana di Escondido, a poche miglia dalla sinagoga in cui è avvenuta la sparatoria. Gli estremisti del “white power” si passano il testimone, indicano a chi li vuole seguire cosa fare. Gli attentatori suprematisti amano l’esibizione mediatica, agiscono rivolgendosi sempre a un’audience a un pubblico che credono ricettivo alle loro idee, hanno sempre contatti con gruppi più o meno radicali. E a quel mondo appartiene anche Christopher Paul Hasson, 49 anni, tenente della guardia costiera americana, arrestato nella cittadina di Silver Spring in Maryland con la grave accusa di terrorismo interno. A fermarlo l'Fbi e i servizi investigativi della Guardia Costiera dopo che una indagine federale aveva portato alla luce un piano criminale per un attacco terroristico su larga scala contro civili e personaggi noti. Nel mirino anche una lista di giornalisti e politici democratici. Tra essi la speaker della Camera Nancy Pelosi, il leader dell'opposizione democratica al Senato Chuck Schumer, la deputata newyorkese Alexandria OcasioCortez, ma anche i giornalisti della Cnn Don Lemon e Chris Cuomo e della Msnbc Chris Hayes e Joe Scarborough. Nell'abitazione di Hasson, non distante da Washington, gli inquirenti hanno ritrovato una consistente scorta di 15 armi da fuoco e migliaia di munizioni, ma anche steroidi e ormoni. Rinvenuti nel suo computer lettere e documenti impregnati di odio e piani omicidi. Nella cronologia delle sue ricerche in rete c'erano "il miglior posto a Washington per vedere persone del Congresso" o anche "i giudici della Corte Suprema hanno la scorta?". L'uomo, che si è autodefinito un nazionalista bianco e filo-russo, era ossessionato da neo-fascismo e neonazismo. Hasson aveva anche studiato il manifesto di Anders Behring Breivik, il suprematista norvegese di cui era un ammiratore e che nel 2011 uccise 77 persone. Secondo la documentazione raccolta dalle forze dell'ordine e depositata al tribunale distrettuale del Maryland, l'obiettivo finale era quello di "stabilire una patria bianca".

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Le loro idee, le loro parole d’ordine, non sono estranee alle destre sovraniste in crescita in tutto il globo. Il mondo degli Earnest, dei Tarrant, dei Bower, è il mondo dei “suprematisti bianchi”, che possono contare su oltre 1022 siti che fanno riferimento a idee e pratiche razziste, che indottrinano e addestrano in rete gli affiliati e chi, anche se “cane sciolto”, vuole farsi giustizia da sé: aprendo il fuoco contro un centro in cui si pratica l’aborto, aggredendo persone di colore, e aprendo la caccia all’“islamico”. Gruppi che hanno come centro propulsivo gli Stati Uniti. I suprematisti bianchi sono cresciuti di numero dopo le presidenziali del 2016. Alcuni appartengono al gruppo Vanguard America, usano slogan razzisti, iconografie connesse a simboli del passato e ora sulla loro divisa, polo bianca e pantaloni khaki, molti hanno aggiunto il cappellino rosso con la scritta “Make America Great Again”, motto della campagna elettorale di Trump. Un’immagine che ha creato imbarazzo per la Casa Bianca. Attualmente sono 1124 gruppi razzisti che sostengono idee come la supremazia bianca basata sulla teorica superiorità di questa razza su africano-americani, ispanici, arabi o ebrei. Queste credenze, basate sull’odio, hanno fondamenta politiche e sociali che a volte partono da una base religiosa spesso legata al cristianesimo fondamentalista. Nel 2017, secondo i dati americani, il sessanta-settanta per cento degli omicidi di stampo politico, ideologico o religioso so10


no stati messi in atto da suprematisti bianchi o da gruppi di estrema destra, neonazisti. E sono largamente superiori a quelli commessi dagli estremisti islamici. È stato stimato che un numero tra le 150mila e le 200mila persone s’iscrivono a pubblicazioni razziste, partecipano alle loro marce e manifestazioni e donano denaro. Circa 150 programmi radiofonici e televisivi indipendenti sono trasmessi settimanalmente e raggiungono centinaia di migliaia di simpatizzanti. Saint Tarrant, il nuovo cavaliere crociato che “pulisce il mondo dalla feccia musulmana”. Ma anche James Mason, un membro del partito neonazista americano che idolatrava Hitler e Charles Manson, ispiratore del gruppo Atomwaffen, sospettato di diversi omicidi. O ancora il norvegese Andres Breivik, autore della strage di Utoya, o lo youtuber da 53 milioni di follower PewDiePie, accusato di antisemitismo. Sono questi gli eroi dei lupi solitari di destra che si radicalizzano in rete, nei canali come 8chan trovano manifesti preconfezionati per motivare le loro azioni e sul Deep Webcomprano armi, abbigliamento militare per entrare in azione, magari utilizzando Bitcoin per evitare di essere rintracciati o per finanziare le loro ricerche “sul campo”. Il nemico sono gli “infedeli”, i musulmani, gli ebrei, i gay, le donne. I target: le moschee, le sinagoghe, i luoghi di ritrovo di chi invece vive liberamente la sua vita. All’interno del movimento bianco suprematista, i gruppi neonazisti hanno registrato la crescita maggiore, aumentando del 22 per cento. I gruppi antimusulmani sono saliti per un terzo anno consecutivo. In South Carolina, ad esempio, secondo il Southern Poverty Law Center, operano almeno 19 “hate groups”, cioè i gruppi che fanno dell’odio la propria cifra. Tra quelli che operano attivamente sono compresi: neonazisti, miliziani del Ku Klux Klan, nazionalisti bianchi, neoconfederati, teste rasate di taglio razzista, vigilanti frontalieri. I gruppi neonazi nel 2008 erano 159, otto anni dopo sono saliti a 1384. Tra i più attivi: American Front, American Guard, Hammerskins, National Alliance, National Socialist American Labor Party, National Socialist Vanguard, Nsdap/Ao, White Aryan resistance. Il suprematismo bianco Usa corre anche sul web. Un recente studio del Simon Wiesenthal Center ha identificato più di dodicimila gruppi di odio xenofobo e antisemita sul web. La League of the South sul proprio sito avverte: “Se ci chiamerete razzisti, la nostra risposta sarà: e allora?”.

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L’amministrazione Trump ha tagliato i fondi per dieci milioni di dollari a diversi gruppi che combattono l’estremismo di destra negli Stati Uniti per un programma mirato alla de-radicalizzazione dei neonazisti Dagli Stati Uniti, il fenomeno dei 12


gruppi anti-islamici, che sempre più prendono il connotato militante di gruppi antimigranti, s’è esteso nel vecchio continente, in particolare nel Nord ed Est Europa. Un esempio sono i “Soldati di Odino”, un gruppo di estremisti di destra che pattuglia le strade della Finlandia con l’obiettivo di “proteggere gli abitanti del posto dagli immigrati”: una pratica che si sta iniziando a diffondere in altre nazioni scandinave e baltiche, suscitando preoccupazione nelle autorità. Questi autoproclamati “patrioti”, che prendono il proprio nome dal re degli dei della mitologia nordica, aspirano a diventare “gli occhi e le orecchie” dei poliziotti, i quali – secondo loro – farebbero oggi sempre più fatica a portare a termine i compiti loro assegnati. Dal Nord-Est al cuore dell’Europa: Gran Bretagna e Germania. Nel Regno Unito, l’estrema destra (suprematista, razzista, isolazionista, anti-migranti) fa proseliti e ha un seguito crescente. Materiale estremista è disponibile ovunque in rete. Un gruppo come National Action, quello che è nato per “celebrare” la morte della deputata laburista Jo Cox, conta su un centinaio di militanti, ma i suoi video su YouTube hanno quasi 2800 adepti. Proclamano una “White Jihad”, una guerra santa bianca, che significa rendere omogenea e aderente “ai valori tradizionali inglesi” questa terra che oggi invece ospita persone provenienti da ogni angolo del mondo ed è un crogiolo di culture. “I rifugiati non sono i benvenuti” si legge in uno dei loro proclami che va di pari passo alla proclamazione che “Hitler aveva ragione, i rifugiati devono tornare a casa”. Thomas Mair, 54 anni, l’assassino (16 luglio 2016) di Cox, era legato al gruppo suprematista bianco Springbok Club, visceralmente ostile all’Europa e simpatizzante del vecchio apartheid sudafricano. Le prove emerse al processo, conclusosi con la condanna all’ergastolo dell’assassino della quarantunenne deputata laburista, hanno dimostrato che Mair ha ucciso Jo Cox sulla spinta di un’ideologia neonazista, razzista e suprematista bianca. La polizia aveva trovato nella sua abitazione simboli e libri sul Terzo Reich, sul Sudafrica dell’apartheid e su movimenti razzisti di altri Paesi. Prima di Mair, ad entrare in azione (nel 2013) era stato Pavlo Lapshin, neonazista ucraino trapiantato a Birmingham, che uccise un’anziano musulmano e si preparava a piazzare esplosivi in varie moschee. Lapshin era un suprematista, così come David Copeland, l’uomo che ha ucciso tre persone in una serie di attacchi dinamitardi e voleva dare inizio ad una guerra civile nel Paese. Un altro dinamitardo – Ryan McGee – era un estimatore del Ku Klux Klan. McGee è stato fermato in tempo per evitare una strage. Come Ian Forman, che stava pianificando di attaccare una moschea, e passava ore nella sua camera da letto indossando cimeli nazisti e postando messaggi razzisti sul web. Il ministero dell’interno britannico ha dichiaro fuori legge un gruppo dell’ultradestra inglese denominato “National Action”, accusato di 13


progettare e istigare atti di violenza razzisti. Dal Regno Unito alla Germania. Qui è nato il movimento “Pegida” i “patrioti europei contro l’islamizzazione dei paesi occidentali” (Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes), movimento che sta catalizzando l’attenzione di tutti i discorsi riguardanti l’islamismo e l’anti-islamismo in Germania. Nel febbraio 2015, “Pegida” ha reintegrato nel suo comitato di direzione il leader del gruppo Lutz Bachmann, che si era dimesso il 21 gennaio dello stesso anno dopo che il giornale tedesco Bild aveva pubblicato una sua foto in cui mostrava un taglio di capelli e di baffi che ricordava quello di Hitler. Gli estremisti di destra – si legge nel rapporto – hanno scoperto come condurre la loro guerra via Intemet, come usare la “elecronic warfare”.Simili tattiche hanno indotto le autorità di alcuni Stati a mettere in guardia contro le derive terroristiche dello spettro dell’estrema destra. In più, la potenziale violenza è coltivata dai peggior tipi di giochi elettronici, diventati arma politica vera e propria utilizzata abilmente dai neo-nazi. Questi siti hanno un pubblico fedele e ampio, costituito non di semplici curiosi, ma di persone che sull’odio hanno costruito il proprio rapporto col mondo e usano Internet per ritrovarsi, scambiarsi informazioni, infiammarsi reciprocamente, creare steccati, alzare barriere, scavare fossati. E assaltare moschee. È l’internazionale del separatismo. Internazionale del terrore bianco.

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Ideologia

La necessità di un nuovo internazionalismo di Aldo AVALLONE

Il Manifesto del Partito Comunista, pubblicato nel 1848, si chiudeva con la famosa frase “Proletari di tutto il mondo unitevi”. Era un richiamo forte alla consapevolezza da parte dei popoli che la lotta di classe andava fatta contro la borghesia e che l’unica guerra ammissibile era quella dei proletari contro il capitalismo senza alcuna differenziazione nazionale. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Il comunismo reale è stato (giustamente) superato e il capitalismo dell’ottocento e del novecento è stato sostituito dal potere finanziario mondiale. Dopo il disastro delle dittature nazista e fascista e l’immane tragedia collettiva della seconda guerra mondiale sembrava che l’Europa avesse finalmente trovato la spinta giusta per procedere verso una graduale unione, dapprima economica e successivamente politica. Quest’impulso oggi ha trovato forti ostacoli che ne hanno irrimediabilmente bloccato il processo. Gli egoismi e le mire egemoniche di Germania e Francia, il grande processo migratorio che ci si illude di arrestare senza governarlo, la crescita esponenziale delle economie dei paesi del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), hanno portato a una rinascita del nazionalismo in tutti i paesi europei. Putin, Le Pen, Orban, Salvini e così via, non sono le cause ma gli effetti di un processo pericoloso di ritorno a un passato che si credeva superato. I risultati del referendum sulla brexit e i successi elettorali dei vari partiti di destra nei diversi stati europei mandano un messaggio forte a tutte le forze di sinistra che non deve essere assolutamente sottovalutato. Occorre una risposta unitaria che oltrepassi i confini nazionali, che miri a smontare, giorno dopo giorno, la propaganda che ha instillato nei popoli false paure e riporti al centro dell’interesse dei cittadini le loro reali necessità. I diritti del lavoro, l’ambiente, l’istruzione pubblica, l’accesso per tutti alle cure sanitarie sono solo alcuni dei bisogni che, ancora oggi nel 2019, necessitano 15


di una risposta forte. Non è più consentito a chi si richiama ai valori progressisti di tacere su questi punti. L’Unità laburista si impegna a essere pungolo costante affinché il dibattito pubblico ritorni ai temi che davvero interessano tutti i cittadini, per un nuovo internazionalismo che sconfigga le destre e che punti a modificare radicalmente l’Europa che dovrà essere quella dei popoli e non quella degli interessi della finanza internazionale.

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Lavoro

La bufala dei lavoratori che non si trovano di Antonella GOLINELLI

Allora, due autorevoli esponenti politici, due signore, si scambiano complimenti via twitter. Argomento: la richiesta insoddisfatta di 5.000 saldatori da parte di Fincantieri. Ma andiamo con ordine. Le due signore si scambiano complimenti e cortesie del tipo “tu dovresti far domanda”, l'una, “io un lavoro ce l'ho”, l'altra. E via cosi'. Uno scambio di delicatezze politiche che mi fa esclamare: ma andate a zappare il mare tutte due! Certo appare chiaro un qualche principio: le signore non sanno di cosa parlano; le signore nutrono un profondo disprezzo per il lavoro e i lavoratori manuali; le signore non capiscono nemmeno di cosa stanno parlando; le signore hanno ben poco di politico nell'argomento in questione. Anche in altri ma non mancherà occasione di approfondire, Purtroppo sono sicura. Ora, la vicenda prende avvio da un articolo del Sole 24ore in cui si attribuisce al presidente di tale azienda la lamentazione del fatto che cercano inutilmente 6.000 tecnici, diventati successivamente saldatori. Che uno di primo acchito dice: però! (non proprio, ma è uguale). Poi ci pensi su un attimo e ti chiedi: ma quanti cantieri ha Fincantieri in corso? Quante commesse ha? Perché 5.000 addetti o saldatori siano, sono comunque un mucchio. Ohi, un salda17


tore in 8 ore qualche decina di metri la fa. Moltiplicate per 5.000, sono chilometri. Ogni giorno. Ma vi pare possibile? Infatti viene smascherata la bufala. Nessuna posizione aperta se non qualche manager negli USA. Ma non si vergogna sta gente? PerchÊ si abbassano ad esibizioni tanto basse? A che pro? Per poi venire smentiti dalla sera alla mattina come niente. Mi chiedo se siano profondamente convinti siamo tutti imbecilli. Devono esserlo, non ho altra spiegazione possibile. C'e anche un altro strano fenomeno in giro. Adesso che si sono riaperti i concorsi, ricordo che lo stato è il maggior datore di lavoro ovviamente, si assiste allo strano fenomeno di imprenditori singoli e/o associazioni di categoria che cominciano i lamenti. Ahhh se vogliono il posto fisso... ahhh se poi non han coraggio per buttarsi nel mondo... ahhh se dobbiamo solo pagare delle tasse... li volete i servizi? Volete l'assistenza? Volete la sicurezza? E allora sarà meglio assumerli. Vi pare? Mi sorge il sospetto che il problema per questi, singoli o categorie, sia che si toglie, 18


coi concorsi, carne da macello da impiegare in azienda in una qualsiasi forma di sfruttamento, povera gente iper-formata da pagare una milza di cavallino con orari infiniti, per il loro personale arricchimento. Si tolgono forse risorse indigene o importate ad avidi Mr Scrooge? Certo potrebbe cominciare ad essere difficile reperire schiavi capaci da affibbiare a ditte in appalto. Perché di assumere direttamente con uno stipendio serio mai. Non sia mai detto che gli sfruttabili possano farsi una vita. Non scherziamo. Però vorremmo almeno mantenerci in vita, magari fermando le gru quando si avvicina una tempesta. Magari il gruista, in appalto, sopravvive e passata la tempesta è pronto per tornare in loco. E in tutto questo si inseriscono le due signore, che nel frattempo sono diventate tre, a scambiarsi insulti. Tanto, che problema c'è? Le unte del signore, sono tutte unte del signore pur appartenendo a due formazioni diverse, non hanno di questi problemi. Almeno non più. O non ancora. O temporaneamente. Vedremo. Una ha sostenuto il Jobs Act con forza inusitata, una non ha votato le reintroduzione, l'ultima credo lo abbia visto come un'opportunità. Io continuo a chiedermi come siano finite lì. Un po' l'ho capito, non credo fino in fondo.

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Scuola

Quella Scuola in fondo a sinistra di Umberto SCOTTI DI UCCIO e Italo TESTA

Il

rapporto INVALSI 2019 https://invalsi-areaprove.cineca.it/docs/2019/ Rapporto_prove_INVALSI_2019.pdf è un documento importante, perché fotografa in modo accurato le abilità degli studenti italiani in tre aree (Italiano, Matematica e Inglese). Prima di commentarli, facciamo una premessa: l’INVALSI, Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione, è un ente pubblico di ricerca; le tecniche di progettazione delle prove, la raccolta dei dati e il trattamento statistico sono in linea con i migliori risultati della ricerca internazionale. Sul piano scientifico, il documento è molto solido e le critiche un po’ velenose che si leggono qua e là sono prive di fondamento. Ancora un punto importante: le prove sono state somministrate a tappeto, ma il rapporto è basato sull’analisi di un campione significativo (come si fa per gli exit poll) che ha svolto il test in presenza del personale INVALSI. Ciò che gli studenti hanno prodotto, insomma, è farina del loro sacco. Vediamo di cosa parla il rapporto. Il Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca (MIUR) fissa nelle “linee guida” e nei documenti ad esse allegati non solo ciò che un tempo chiamavamo “il programma” delle varie discipline, ma anche l’indicazione delle abilità attese; cioè, fissa gli obiettivi formativi. In termini semplici, ciò significa che è definito in modo molto chiaro cosa gli studenti “dovrebbero sapere” ad ogni livello di istruzione. Inoltre, è specificato anche come graduare la valutazione di queste competenze, dal livello più alto a scendere. Le verifiche INVALSI non fanno altro che stabilire una corrispondenza tra le competenze dimostrate nei test e gli obiettivi fissati. Ciò detto, un occhio ai dati (ma saltate pure il paragrafo, ci tornerete dopo). Per semplicità, citiamo testualmente il rapporto solo a proposito dell’ultima classe della Scuola Secondaria Superiore: “Considerando il livello 3 (un livello fissato, come menzionavo, dalle linee guida del MIUR) come livello di adeguato raggiungimento 20


dei traguardi delle Indicazioni Nazionali e delle Linee Guida, (…) la quota di studenti che non arriva al livello 3 è in Italiano del 22% nel Nord Ovest, del 23% nel Nord Est, del 34% nel Centro, del 46% nel Sud, del 50% nel Sud e Isole; in Matematica le percentuali salgono, rispettivamente, al 27%, al 26%, al 43%, al 55% e al 60%”. Per l’Inglese, nella prova di ascolto “la percentuale di studenti che non raggiunge il livello previsto (B2) dalle Indicazioni Nazionali e dalle Linee Guida per il secondo ciclo è di circa il 50% nelle due macro-aree del Nord-Italia, del 64% nel Centro, del 79% nel Sud e di ben l’84% nel Sud e Isole”. Nella prova di lettura, “gli studenti che non raggiungono il livello B2 sono il 35% nelle due macro-aree del Nord-Italia, il 48% nel Centro, il 59% nel Sud e il 66% nel Sud e Isole”. Diavolo, questa sembra una catastrofe nazionale, prima ancora che regionale. La nostra opinione è che lo sfascio non dipenda dall’azione di questo o quel Governo, ma abbia radici molto profonde. Sorprendentemente, la Costituzione Italiana è molto vaga sul tema dell’istruzione: non prescrive allo Stato l’obbligo di formare i cittadini, ma solo il diritto dei cittadini ad essere formati. Sembra un paradosso: per ciò che leggiamo nella Carta, non sarebbe affatto un problema se metà della popolazione italiana non capisse l’Italiano! Per fortuna abbiamo il Trattato dell’Unione Europea, che menziona le esigenze connesse al raggiungimento di “un livello elevato di istruzione, formazione e tutela della salute umana” (Art. III-117). Questo è un principio molto bello, che ispira politiche mirate alla promozione culturale di tutti i cittadini, non solo dell’elite, con l’obiettivo dichiarato di migliorare le condizioni di vita e di inclusione sociale di ciascuno. Le Linee Guida dell’Unione in tema di istruzione, come effetto, sono molto ampie e puntuali. Il risultato è questo: il poco che il MIUR ha fatto di buono per la Scuola italiana negli ultimi anni è avvenuto solo grazie alla spinta delle raccomandazioni UE. Ahimè, gli sforzi sono stati insufficienti e i risultati miseri. La morale del racconto è questa. Se crediamo nei valori dell’inclusione e della promozione dei cittadini, dobbiamo sostenere l’azione del Parlamento Europeo: non è vero che non fa niente di utile! Anche se non sono leggi, le linee guida che emana influenzano moltissimo le leggi nazionali; quello dell’istruzione è solo un esempio. E tornando a noi: se la fabbrica va male, non ha molto senso prendersela con Cipputi; ne deve rispondere l’amministratore delegato. Al limite, se Cipputi non sa avvitare il bullone, la colpa è di chi lo ha messo là a fare un lavoro inadatto alle sue 21


competenze. Non se ne può più dello scaricabarile con la generazione di studenti sfaticati o di insegnanti inefficienti. È tutto sbagliato! La politica si riprenda le proprie responsabilità.

Proviamo a dire qualcosa di sinistra? Ci sbilanciamo: non bastano le chiacchiere del tipo “più risorse alla Scuola”. I soldi servono, eccome, ma devono essere spesi in modo mirato. Io ho in mente pochi punti: spostamento di risorse per promuovere il riequilibrio territoriale (anche la Lega vuole spostare risorse, ma nell’altro verso); contrasto all’abbandono scolastico e alle classi-ghetto; promozione dell’inclusione, con l’introduzione di una figura di area psicologico-sociale negli Istituti; promozione di piani di formazione del personale docente incentivati, col coinvolgimento delle Università e degli Enti di Ricerca; una nuova, profonda riforma delle classi di concorso per i docenti (urgentissima: i docenti hanno diritto alla migliore collocazione per valorizzare la propria professionalità e gli studenti hanno diritto alla migliore professionalità per crescere); democratizzazione del rapporto di lavoro: occorre tornare allo spirito di collaborazione e condivisione tra dirigenza e docenti, abbandonando in fretta il fallimentare modello di scuola-azienda. E tuttavia un Governo che li affrontasse tutti non risolverebbe ancora nulla senza un’azione forte di coinvolgimento dell’opinione pubblica. La Scuola è la fabbrica del nostro futuro, iniziamo a dirlo sottovoce, ma diciamolo a tutti.

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Donne

Banali femminicidi di Antonella GOLINELLI

Un'altra! Ne hanno ammazzato un'altra! Una praticamente tutti i giorni. Sempre ad opera di un parente o ex parente o quasi. Uno stillicidio. Questo è pure particolare. L'omarello esce di galera, si arma (sarebbe interessante scoprire se l'arma fosse sua o fornita e da chi), risale la spiaggia, entra in una serata di animazione in uno stabilimento balneare, urla alla ex moglie “ti ricordi di me?” e spara. Più volte, uccidendola e ferendo due donne e una bimba di tre anni. Scappa a piedi. Caccia all'uomo. Non lo prendono. Il soggetto un po' di ore più tardi si presenta davanti al carcere dal quale era appena uscito, spara tre colpi in aria e si costituisce. Che sceneggiata. Ora, l'omino in questione afferma serenamente non sia stato per gelosia ma per soldi. Perché e meglio? È meno omicidio? Nel tempo della fuga era emerso, mi pare di aver capito, che il Rambo savonese fosse in galera per aver incendiato il locale di lapdance della moglie che lui dice di aver finanziato, casa (di lei) e stalking. Pena di tre anni e qualcosa, dopo due fuori. Mi chiedo a questo punto: a) quali sono le pene per i piromani? Questo ha dato fuoco a due edifici, un filino pericoloso lo è; b) quali sono le pene per gli stalker? Ricordo molto bene l'esibizione di Angelino Jolie (Alfano) che rivendicava con orgoglio l'inasprimento delle pene. Non è servito a niente ma fa uguale. Apro una parentesi. Mi sono sempre chiesta: il raddoppio della pena se colti in flagranza di reato, per gli stalker, che valore ha – e come si coglie in flagranza uno stalker? - come pensava il soggetto di recuperare il denaro stroncando l'attività della moglie? - come pensa adesso di recuperare il denaro? 23


PerchĂŠ questa proprio non me la spiego. Temo che, come sempre, sia un problema di potere. Non di amore e gelosia e nemmeno di soldi.

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Opinioni

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Il valore sociale della casa: prima dei bisogni abitativi, parliamo dei contesti urbani - pag. 27 di Guglielmo PELLICCIOLI

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Al Bar Gran Vares - pag. 29 di Antonella BUCCINI

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Casa

Il valore sociale della casa: prima dei bisogni abitativi, parliamo dei contesti urbani di Guglielmo PELLICCIOLI

Sono cresciuto in una terra dove i padri e i nonni le case se le costruivamo da soli. Si comprava un pezzo di terra e si chiamavano gli amici, i parenti, i vicini a dare una mano. Chi per scavare le fondamenta, chi per tirare su i pilastri, chi a posare i solai e a tirare su i muri. Al sabato, nei giorni di festa e durante le ferie ognuno portava la propria competenza o attitudine. Era una mano che non ammetteva compenso ma la restituzione del favore al momento del bisogno. A volte ci si impiegava anche quattro o cinque anni per una semplice villetta di cinque vani. Arrivati al tetto si issava sul colmo un ramo di abete o di faggio a testimoniare che l’opera era compiuta. Tutti quelli che avevano partecipato al lavoro venivano per festeggiare la fine dei lavori di costruzione della casa. Si portavano su bottiglioni di vino, si tiravano fuori dalla cantina quei salami conservati apposta per l’occasione e dal fornai in piazza arrivavano ceste di pane, tanto pane. Tutti erano invitati alla festa e il padrone di casa vedeva realizzato il sogno della sua vita: dare un rifugio ospitale alla sua famiglia. Nei nostri paesi le case sono nate quasi tutte così e i figli o i nipoti, oggi, al massimo le rifiniscono o le ingrandiscono. In molte regioni d’Italia si fa ancora così.

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Questa è stata per decenni, forse per secoli, la politica della casa In Italia. L’uomo soddisfa un suo bisogno primario con la sussidiarietà cioè intervenendo in modo complementare laddove lo Stato non può, non riesce o non vuole metterci mano e impegno. Ho raccontato questa storia patria non per parlare di politica ma di società. La casa non è politica ma istanza di essere umani, di cittadini, di lavoratori che costituiscono una comunità. Dalla comunità nascono prima l’ambiente urbano e poi la città. La casa è l’organismo più piccolo tra tutti questi. L’ambiente urbano è l’entità maggiore ed è composta da una grandissima varietà di elementi diversi: una collezione sia di soggetti fisici sia di elementi di natura sociale, economica e culturale, tutti strettamente correlati. La città è l’insieme degli individui che hanno differenti età, formazioni culturali, occupazioni, redditi. stili di vita; ogni individuo interagisce continuamente con un gran numero di altri individui, per le ragioni più disparate. Gli individui occupano abitazioni di tipi differenti, si riforniscono in negozi differenti e svolgono le proprie occupazioni in ambienti fisici diversi. Tutti gli individui, o quasi, hanno bisogno di mezzi di trasporto per muoversi nell’ambiente urbano, in direzioni diverse, in orari diversi e per dovere esigenze di mobilità. Sono necessari inoltre trasporti di merce di tutti i tipi, continuamente e in tutte le direzioni. In tale ambiente composito, fisico e umano, le persone interagiscono le une con le altre a livello individuale ma subiscono anche l’influenza di gruppi sociali di varia natura, tra i quali anche quelli di natura amministrativa e politica. Si può definire questo insieme come un insieme complesso. Per capire la casa bisogna quindi partire da qui, da questo quadro macro per rendersi conto di cosa comporta costruire case, quartieri, agglomerati urbani, infrastrutture di servizio. Solo con una visione più generale e ordinata della casa, della città e del contesto urbana sarà possibile disegnare i fabbisogni abitativi dei cittadini per non creare ghetti o sistemi abitativi totalmente privi di valore sociale.

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Satira

Al Gran Bar Vares di Antonella BUCCINI

Il Palestra girò la pagina del quotidiano e sollevò lo sguardo su Gino (Ginetta per gli amici quando lui era assente) “Allora è tutto chiaro, ne diamo 42 e ne prendiamo 54”, quasi riflettendo tra sé disse il Palestra “Di che?” chiese il Gino distratto da un articolo sulla moglie di Icardi, quella gran logia intestardita di calcio “Di negher, no”. “Ah! perché?” “Come perché?” si sorprese il Palestra. “I 42 di quella criminale dell'Onge, Unge, Onghe o che, ce li togliamo dalle palle. Se li prende Malta che ci 29


manda i suoi”. Il Gino si soffermò sul cedimento del neon della scritta Gran Bar Vares. “Si ma ce ne prendiamo di più”, osservò “Ma allora sei proprio un testina”, sbottò il Palestra. Posò il giornale sul tavolino e tastò la collanina di semini di zucca intorno al collo muscoloso. Quasi un rosario, sorrise compiaciuto. “Scusa ma non erano 49?” “49? ma che dici?” Ora il Palestra era proprio incazzato. “Non dirlo mai più! 49 non esiste. 48, 50 o 4 e 9 si, 49 no”. “E' vero, che cujott, 49 sono i mil...”. “Zitto!” imprecò l'altro. “Ma vuoi vedere che sei uno sporco comunista o peggio una femminuccia radical scic?” gli sfuggì al Palestra. “Dai, non dire cazzate è che con te posso parlare: anzi sai che ti dico, noi siamo gente di cuore. Io mi sto dando da fare per piazzare i 117 cani”. “Che cani?” chiese insospettito il Palestra. Un altro nome in codice dei negher, intuì “Come non lo sai?. Dopo la ripulita dai negher sono rimasti 117 cani e se non gli troviamo casa vanno al canile!” “Ah.... quello! Si si lo so.” “Per non parlare poi dei 65 mil...” “Cazzo!” lo interruppe il Palestra, “ma allora sei scemo o che?” “Non sai neanche questo? A Mosca...” “Complotti!” urlò il Palestra. “Siamo forti, questi facia da cul ci vogliono far paura, ci vogliono distruggere, ecco cosa!” e scagliò un pugno sul tavolino che traballò in sincrono con la scritta Vares. “Eh, non ti scaldare” sussurrò il Gino. “Dicevo così: l'ho sentito in TV. Ma io avrei saputo come fare”. “Cioè?” chiese l'altro sospettoso. “Io li avrei cambiati in bot, non i nostri, quelli buoni, i tedeschi, e poi trasformati in microfilm: sai con la Russia, le spie...” 30


“Vai avanti”. “E per farli passare...” “Come?” “Nascosti negli abortini”. “?” “Sì, gli abortini, i portachiavi: i gadget del convegno di Verona...”

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