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l’Unità Laburista - Europa o barbarie - Numero 36 del 9 gennaio 2021

Europa

Come si è giunti all’attuale stadiodell’integrazione europea

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Giovan Giuseppe MENNELLA

Alcuni dei primi passi per un’idea di unione politica dell’Europa furono compiutinella piccola isola di Ventotene. E che passi. Erano lì riuniti alcuni dei migliori in-

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telletti italiani. E pour cause, perché la macchina repressiva fascista, incarnata dal pur capace dirigente poliziesco Arturo Bocchini, aveva commesso l’errore di radunarvi troppe intelligenze, che ebbero così modo di confrontare le loro varie opinioni e progredire nell’amalgamarle e perfezionarle, tenendosi pronti all’azione politica da intraprendere dopo la caduta della dittatura.

L’isola doveva passare alla storia in particolare come il luogo dove fu pensato il Manifesto federalista europeo, scritto da alcuni di quegli intellettuali, cioè Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Erano comunisti, ma Spinelli già non lo era più, socialisti, liberali di varie tendenze, anarchici. La varietà di opinioni a- veva stimolato più feconde riflessioni.

Non solo i personaggi citati, ma anche altri parteciparono alle discussioni e alle e- laborazioni del progetto, in un clima intellettuale fervido e stimolato dalla varietà delle loro opinioni e tendenze. Nell’isola fu scritto da Spinelli, Rossi e Colorni il Manifesto federalista europeo, che fu poi stampato a Roma nell’Agosto 1943. Il famoso documento prevedeva che alla caduta dei fascismi si sarebbero restaurate le democrazie, superati gli Stati nazionali e istituita una federazione europea. L’obiettivo di fondo doveva essere quello di prevenire nuove sanguinose e catastrofiche guerre tra gli Stati, dopo le esperienze delle due guerre mondiali che avevano devastato e dissanguato il continente europeo.

L’idea federalista in funzione della pace trovava un illustre precedente nelle ultime, profetiche, pagine de “La storia d’Europa nel secolo XIX” di Benedetto Croce, scritta nel 1932. Il filosofo aveva previsto, sulla base del solo ragionamento razionale, l’ineluttabilità dell’istituzione, in un futuro non lontano, degli Stati Uniti d’Europa, organismo in cui gli Stati nazionali si sarebbero dovuti fondere senza però perdere le peculiarità culturali e civili di ognuno, come gli Antichi Stati italiani

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si erano fusi nello Stato unitario nazionale italiano sorto nel 1861.

Nel Manifesto gli estensori si augurarono anche la sopravvivenza nel dopoguerra dello spirito rivoluzionario, se non di un vero e proprio partito, che si era sviluppato nella lotta al nazifascismo.

La necessità di una Federazione unitaria europea era dettata anche dalla lucida consapevolezza che, dopo la perdita di centralità causata dalla guerra civile tra gli Stati europei durata dal 1914 al 1945, l’Europa sarebbe stata condizionata pesantemente dall’azione di potentati extraeuropei e, quindi, si doveva unire se voleva continuare ad influire nelle decisioni mondiali.

Dopo la guerra Spinelli si trasferì per qualche tempo in Svizzera, dove si lega di amicizia con Ignazio Silone, un altro fuoruscito dal Partito comunista, e aderì al Partito d’Azione, erede politico del Movimento Giustizia e Libertà.

Proprio Spinelli, rientrato in Italia nel maggio del 1945 e iscrittosi al Partito d’Azione, erede di Giustizia e Libertà, cominciò insieme agli altri suoi compagni, l’incessante opera di organizzazione e sensibilizzazione per realizzare le idee federaliste del Manifesto.

Insieme ad Andrè Malraux fu organizzata una conferenza federalista europea, nel corso della quale fu dichiarata la ferma opposizione a limitate e parziali unioni solo economiche e normative tra gli Stati europei, a favore di una vera e propria federazione europea che travalicasse i poteri degli Stati nazionali. La mera cooperazione tra Governi in possesso della piena sovranità nazionale in semplici organismi burocratici, quali poi furono l’OCSE e il Consiglio d’Europa, non sarebbe stata sufficiente per una piena integrazione politica del continente

Sarà sempre questo il discrimine e il punto determinante di frizione tra le due vi-

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sioni della Unione dell’Europa, il superamento o meno degli Stati nazionali. Il dissidio, o meglio la diversità di vedute, dura ancora ai nostri giorni. Ancora oggi sembra davvero improbabile che Capi di Stato, Primi Ministri e occupatori di posti di potere degli Stati nazionali decretino da se stessi la loro estinzione. Anzi, in alcuni casi, si sta tentando assai di recente di far nascere nuovi Stati nazionali dalla partizione di Stati già esistenti, come la Catalogna rispetto alla Spagna e la Scozia rispetto alla Gran Bretagna, anche se, nel caso della Scozia, l’indipendenza di quest’ultima potrebbe rivelarsi positiva per l’Europa, alla luce delle ultime dichiarazioni della Premier scozzese che ha previsto, dopo l’indipendenza, la cancellazione della Brexit e il rientro nell’Europa unita.

Assistiamo così, ancora ai nostri giorni, ad una situazione istituzionale in cui l’odierna Unione europea, così come è stata realizzata, somiglia pericolosamente a quelli che erano gli Stati Uniti d’America prima della Guerra Civile, cioè una “casa divisa”, come la definì Lincoln in un famoso discorso. Una Confederazione in cui ogni Stato fa parte per se stesso e può bloccare qualunque decisione. Così si crea l’impossibilità di prendere decisioni comuni se non all’unanimità, con la conseguente paralisi operativa sulle sfide importanti di un mondo che cambiava ai tempi di Lincoln, e che oggi cambia ancora più velocemente. Le sfide importanti erano per gli Stati Uniti del XIX Secolo la schiavitù, la tariffa doganale, i lavori pubblici, le ferrovie da costruire verso l’Ovest, la Banca centrale, i suoli liberi da assegnare ai pionieri. Per l’Europa di oggi sono la politica fiscale comune, gli investimenti produttivi con particolare riguardo alla green economy, la politica di regolazione dei flussi migratori etc.

Nel settembre del 1945 Spinelli e Rossi si trovano in minoranza nel Movimento federalista europeo che abbandonano nel 1946 per aderire al Movimento per la Re-

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pubblica, insieme a un altro personaggio importante come Ugo La Malfa. Nel 1948, al congresso del Movimento federalista europeo, lanciano a tutti i partiti politici italiani, coinvolti nelle elezioni del 18 aprile, un messaggio perché esprimano tutti insieme l’adesione al Movimento federalista europeo.

Comunque, da allora in poi nel dopoguerra, il percorso dell’integrazione europea va avanti, non certo secondo gli auspici e le proposte di Spinelli e Rossi, ma con provvedimenti burocratici che non intaccano la sovranità degli Stati nazionali. Nel 1949 è istituito a Londra il Consiglio d’Europa, nel 1951 è istituita la CECA, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, con la partecipazione di Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo.

La CECA può essere considerata il vero inizio della Comunità europea come poi si è andata sviluppando fino ad oggi. Fu istituita con il Trattato di Parigi del 18 a- prile 1948 ed entrò in vigore il 23 luglio 1952, voluta dai francesi Schumann e Monnet, dal tedesco Adenauer e dall’italiano De Gasperi. Il Trattato aveva recepito il cosiddetto “Piano Schumann”, dal ministro francese Robert Schumann, ispirato a sua volta dalle riflessioni e proposte del ministro Jean Monnet. Consisteva nel mettere in comune le risorse produttive di due materiali strategici come il carbone e l’acciaio, presenti in grande quantità proprio ai confini di tanti Stati europei come Francia, Germania e Benelux e per il possesso dei quali proprio quegli Stati, a cominciare da Francia e Germania, si erano combattuti, sanguinosamente e inutilmente, per secoli. Anzi, per un millennio intero, dai figli di Carlo Magno alle due guerre mondiali del ‘900 che non pochi storici considerano una vera e propria Guerra Civile europea o una seconda Guerra dei trent’anni, durata dal 1914 al 1945.

Non a caso, due dei politici fautori del Trattato, De Gasperi e Schumann, erano ori-

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ginari proprio di quelle Regioni di confine, il Trentino e l’Alsazia, per cui gli europei si erano combattuti inutilmente ed un terzo, Jean Monne, era stato uno dei delegati alla Conferenza di pace di Parigi del 1919 ed uno dei pochissimi ad avere capito l’errore di umiliare ed emarginare dal contesto europeo la Germania. Posizione condivisa con un altro importante intellettuale, presente a sua volta nella delegazione inglese, John Maynard Keynes, che l’espresse nel suo scritto “Le conseguenze economiche della pace” dopo essersi dimesso polemicamente dalla delegazione.

Per l’impegno di Spinelli, come consigliere politico del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, è proposta da quest’ultimo, insieme ad altri politici europei, l’istituzione della CED, l’esercito comune europeo. Con grandissima delusione di Spinelli la CED però venne bocciata nel 1954 dall’Assemblea Nazionale francese, in un accesso di nazionalismo fuori tempo massimo, al canto della marsigliese. Più che altro per ragioni e umori di politica interna, visto che era il periodo in cui la IV Repubblica e l’opinione pubblica erano lacerati fortemente sull’atteggiamento da tenere rispetto a quello che restava della politica coloniale e di potenza nazionalista, messe alla prova dai drammatici sviluppi bellici in Indocina ed in Algeria.

Intanto, in quegli anni, i federalisti continuarono a battersi per un federalismo europeo che annullasse la sovranità degli Stati nazionali, appoggiando il governo italiano nell’adesione all’idea di Europa unita, contro i socialisti e i comunisti. Anche se la posizione dei federalisti non fu mai pregiudizialmente anticomunista; secondo loro anche le democrazie occidentali potevano essere criticate, nel caso adottassero politiche sbagliate.

Nel 1957, il 25 marzo, furono firmati i Trattati di Roma, istitutivi rispettivamente della Comunità Economica Europea CEE e della Comunità europea dell’Energia Atomica TCEEA, entrambe in aggiunta alla preesistente Comunità del Carbone e

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dell’Acciaio CECA. Furono i primi organismi federalisti ufficiali, di carattere sostanzialmente ancora solo economico. Il dissidio tra federalisti politici per una vera Federazione politica e federalisti auspicanti un gradualismo di azione che dovesse partire esclusivamente dall’economia, sembrò risolto provvisoriamente a favore dei secondi. I federalisti fautori di una vera integrazione politica non lesinarono la loro delusione, indirizzando aspre critiche a quella che considerarono una beffa dei mercati e dei burocrati.

Nel 1979, alle prime elezioni europee, fu eletto deputato europeo il più accanito tra i fautori del federalismo politico di piena integrazione europea, vale a dire Altiero Spinelli. Fu creato da loro il Club del Coccodrillo, di ispirazione federalista spinta, che auspicò un nuovo Trattato europeo e i suoi membri proposero una mozione parlamentare finalizzata alla costituzione di un Comitato speciale per la preparazione di un nuovo Trattato, destinato ad essere in tutto, salvo che nel nome, una Costituzione europea. L’intendimento fondamentale era quello di riformare da cima a fondo le istituzioni dando molto più potere al Parlamento, prevedendo un vero potere legislativo europeo, in capo al Parlamento, e un vero potere esecutivo, in capo a un governo europeo che decidesse per tutti senza attendere l’unanimità di tutti gli Stati.

Nel nuovo Parlamento europeo eletto nel 1984 i federalisti elaborarono il cosiddetto “Piano Spinelli” che fu approvato a grande maggioranza il 14 febbraio 1984 come Progetto di Trattato istitutivo dell’Unione europea. Previde esclusivamente la creazione di una Conferenza intergovernativa. I Parlamenti nazionali non ratificarono il Trattato. Comunque, negli anni ’80 l’entusiasmo dei federalisti politici convinse il Presidente francese Mitterrand a rinunciare all’atteggiamento di ostilità nei confronti di una Europa che non fosse solo quella strutturata nell’ambito intergo-

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vernativo delle cancellerie degli Stati nazionali. In molti governi europei il mutato atteggiamento francese fornì la spinta per far progredire ulteriormente il processo di integrazione

I federalisti criticarono fortemente la situazione di stallo. Altiero Spinelli prese a prestito un episodio da “Il vecchio e il mare” di Hemingway paragonando l’Europa al vecchio pescatore e gli inconcludenti progetti di integrazione federale al grande pesce tenuto in mare per troppi giorni e ridotto, per i morsi dei pescecani, ad una nuda lisca all’arrivo della barca in porto. I politici responsabili sarebbero dovuti u- scire in mare aperto con tutti i mezzi a disposizione per pescare il pesce dell’integrazione politica e portarlo rapidamente in porto evitando gli assalti dei pescecani.

Il suo ricordo è stato rimosso dai Partiti politici ma è tuttora presente nella cultura e nelle speranze dei giovani che sempre più numerosi si spostano in Europa e si sentono sempre più cittadini europei.

Comunque, il “Piano Spinelli” e il conseguente “Progetto di Trattato istitutivo dell’Unione europea” costituirono una base per l’Atto unico europeo del 1986, che aprì i confini nazionali al mercato comune, nonché per il Trattato di Maastricht del 1992 con cui nacque l’Unione europea come la conosciamo oggi.

Il Trattato di Maastricht previde i tre pilastri delle Comunità europee (CE), cioè il mercato comune europeo, l’unione economica e monetaria e altre competenze aggiunte in seguito, oltre alle già esistenti politiche comuni del carbone e dell’acciaio e a quella atomica, della politica estera e di sicurezza Comune (PESC) e della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (GAI). Nella PESC e nella GAI i poteri del Parlamento europeo, della Commissione Europea e della Corte di Giu-

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stizia erano limitati rispetto a quelli del Consiglio dell’Unione europea che comprendeva i ministri degli Stati nazionali, cioè uno di quegli organismi burocratici intergovernativi tanto osteggiati da Spinelli.

Poi ci furono il Trattato di Nizza sui diritti dei cittadini europei, il Trattato di Amsterdam che irroga sanzioni per gli Stati che non rispettino le regole, il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, entrato in vigore il primo dicembre 2009 sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Nonostante non tutte le idee ambiziose dei federalisti siano divenute realtà, hanno perseguito accanitamente l’obiettivo di un governo europeo sovranazionale con il fine di evitare altre guerre e di unire i paesi del continente in un’Europa federale. I suoi pensieri hanno ispirato molti cambiamenti nell’Unione, in particolare l’aumento significativo dei poteri del Parlamento europeo.

All’epoca della crisi del debito sovrano della Grecia, le istituzioni europee, ma soprattutto le volontà politiche dei più importanti Stati componenti, hanno dimostrato di non aver compreso appieno l’indispensabilità di un’azione comune a favore degli Stati in difficoltà economica. Il risultato fu che, intorno al 2010, non fu travolto solo il bilancio della Grecia, ma furono esposti alla speculazione finanziaria, in un perverso gioco del domino, i debiti sovrani anche di Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda, con perdite economiche notevoli che si sarebbero potute evitare in caso di una comune ed efficace azione di sostegno delle istituzioni europee congiunte. Solo le dichiarazioni rassicuranti e responsabili del Governatore della BCE Mario Draghi, valsero a scongiurare un crollo ancora più pericoloso. Non c’è chi non ricordi il famoso bazooka che Draghi assicurò di voler usare, affermando che avrebbe fattoi “wathever it takes” per salvare l’economia europea.

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Nell’ultimo periodo, infine, all’indomani delle ultime elezioni europee del 2019, un’eco delle lotte e degli auspici dei federalisti politici si è potuto cogliere nelle proposte di un “Green New Deal” per l’Europa. Questo progetto rinforza ulteriormente gli auspici della neoeletta Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per un nuovo patto per un’Europa più sostenibile che intrecci lo sviluppo con la salvaguardia ambientale. Ci si propongono tre obiettivi: 1) decarbonizzare l’economia europea, 2) fermare il degrado della biodiversità, 3) garantire un’occupazione lavorativa decente a quanti più cittadini possibile ma fermando il degrado climatico. Tutto ciò anche con il sostegno di green bonds da parte della Banca Centrale.

Il clima sembra ulteriormente migliorato in concomitanza con la pandemia di Sars Cov 2 del 2019-2020. Infatti sono state stanziate abbastanza in fretta, pur dopo o- scillazioni ed esitazioni iniziali, enormi somme per il Recovery Plan e per il Piano di ammodernamento delle Sanità pubbliche. Tuttavia, queste utili e indispensabili decisioni rapide e unitarie dell’Europa sembrano essere state determinate non tanto da un cambiamento delle leggi fondamentali e delle istituzioni in senso maggiormente federalista, quanto piuttosto da una volontà politica mutata rispetto agli e- goismi e alle esitazioni che avevano portato alla grave crisi finanziaria degli anni intorno al 2010. Tanto vero che gli iniziali dinieghi di Polonia e Ungheria sono stati travolti da evidenti pressioni politiche, più che da un ormai istituzionale superamento dell’unanimismo degli Stati membri.

Oggi, quindi, il processo di integrazione europea vive una fase decisiva. Si può ben dire che se non va avanti fino alla creazione di una organizzazione che travalichi i poteri principali degli Stati nazionali, è destinato fatalmente a tornare indietro e a subire uno scacco forse definitivo.

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