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l’Unità Laburista - Europa o barbarie - Numero 36 del 9 gennaio 2021

Femminicidio

Agitu

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Antonella BUCCINI

Inutile girarci intorno. Nascere femmina è un affare complicato. Lo è in questa parte del mondo più “fortunato” lo è ancora di più altrove. Se sei nera inquieti il doppio e devi difenderti anche dai razzisti, quelli concentrati in primo luogo sul colore ma anche da quelli che non sono razzisti... però... Se poi oltre a essere nera hai una voce potente per affermare quello che pensi, provare a raddrizzare le cose storte, realizzare il tuo sogno di pace e armonia, allora tutto diventa maledettamente difficile. E pericoloso. Agitu Ideo Gudeta è etiope e nel suo paese lotta contro le multinazionali che si impadroniscono delle terre dei contadini, complici le autorità, per sfruttarle con mo-

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noculture. Nel 2010, per sfuggire all'arresto, torna in Italia, dove si era laureata in sociologia e dove crede di essere al sicuro. È in Trentino che dà vita al suo progetto: salvare una razza di capre autoctona a rischio estinzione. E ci riesce. Recupera ettari di terre abbandonate per allevare in modo tradizionale i suoi animali. Mette in piedi un'azienda agricola, la Capra Felice, produce formaggi e insegna quest'arte antica ai giovani del luogo. Accoglie e dà lavoro ad immigrati. Nel 2015 la sua A- zienda rappresenta il Trentino all'Expo di Milano. Troppo per una donna, una donna nera, una donna esule. Ancora una volta, da ultimo due anni fa, i suoi animali sono aggrediti, lei insultata e minacciata di morte. Il processo mitiga le responsabilità dell'imputato negando l'aggravante razzista. Agitu è stata uccisa. Il responsabile è un uomo a cui aveva dato lavoro e dal quale probabilmente non si sentiva minacciata. L'ha violentata agonizzante. Sostiene il delitto d'impeto per uno stipendio non pagato. Ancora un femminicidio anche se non perpetrato da un compagno, un marito, un fratello. Da un uomo di colore, pane per i razzisti nostrani. Ed è riduttivo e fuorviante raccontare di Agitu come un e- sempio di integrazione che questo paese “concede” agli immigrati meritevoli. I buoni e i cattivi, dunque, come usiamo, “democraticamente”, classificare “gli invasori”. Come se Agitu fosse, e debba rimanere, per sempre e innanzitutto una rifugiata. Proviamo a cambiare prospettiva. Agitu Ideo Gudeta era una donna che aveva realizzato il suo sogno, era diventata un'imprenditrice di successo nell'assoluto rispetto dell'ambiente e non aveva mai smesso di lottare per i diritti umani. Non sfuggiamo neppure alla complessità e non affidiamoci ai consueti stereotipi, giudicando surrettiziamente la violenza di quel paese, il razzismo subito, infine l'assassinio, una sorte compatibile con un destino tutto sommato ineluttabile. In una recente intervista le fu chiesto se fosse felice e Agitu rispose “Io sono felice, si”.

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